Diritto Costituzionale PDF
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Questo documento fornisce una panoramica del diritto costituzionale, descrivendo il concetto di diritto in senso soggettivo e oggettivo, e spiegando gli argomenti principali e i concetti correlati, come le fonti del diritto, l'organizzazione costituzionale, e le libertà e diritti costituzionali.
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DIRITTO COSTITUZIONALE DIRITTO Il termine ha un significato polisemico e viene spiegato in almeno due modi: SOGETTIVO: posizione di un individuo con pretese rispetto a qualcun’altro; OGGETTIVO: diritto inteso come un insieme di norme giuridiche, dette ordinamento. Tra i due significat...
DIRITTO COSTITUZIONALE DIRITTO Il termine ha un significato polisemico e viene spiegato in almeno due modi: SOGETTIVO: posizione di un individuo con pretese rispetto a qualcun’altro; OGGETTIVO: diritto inteso come un insieme di norme giuridiche, dette ordinamento. Tra i due significati vi è una forte interdipendenza perché non si può dire “E' mio diritto” utilizzando il diritto in senso oggettivo se non si ha in mente di avanzare una pretesa che trova origine in una norma giuridica. Ogni nostro comportamento può essere giudicato secondo le regole di ciascun ordinamento, ma non è sempre detto che queste regole siano tutte compatibili; il nostro ordinamento riconosce e garantisce le formazioni sociali, cioè altri ordinamenti che si formano nella società, ma solo il diritto statuale può prevedere l'uso della forza fisica: chiunque altro intendesse utilizzarla per far rispettare le proprie regole, compierebbe un reato. Se chiedessimo ad un giurista di darci il significato di diritto ci direbbe che è l'insieme delle regole poste dallo Stato e fornite dalla coercizione. Da un lato sta il diritto “vero” cioè quello dello Stato, fatto di “vere” norme il cui rispetto è garantito dalla forza pubblica, dall'altro stanno i fenomeni paragiuridici costituiti da norme sociali. Se lo chiedessimo ad sociologo del diritto ci direbbe che non è altro che una delle possibile tecniche del controllo sociale, attraverso le quali un certo soggetto cerca di condizionare e guidare i comportamenti degli individui. Se invece ci rivolgessimo ad un filosofo del diritto, potremmo sentirci dire che è un sistema di segni linguistici e come tale va analizzato. Oppure che è espressione di una legge naturale eterna dalla quale il legislatore non è libero di distaccarsi. (Il termine diritto indica cose diverse a seconda del contesto in cui viene utilizzato, ad esempio in diritto costituzionale viene inteso come una disciplina di studio, ma è molto di più dell'insieme delle regole che lo Stato ha posto, perché è anche l'insieme delle interpretazioni che di esse hanno dato i giudici chiamati a disciplinare un determinato caso. Il diritto inteso come materia alla fine non è poi così tanto diverso da quello inteso come regola, tutto gira intorno all'esigenza di elaborare una norma che regolamenti un certo comportamento.) L'oggetto specifico del diritto costituzionale può essere diviso in 4 argomenti: FONTI DEL DIRITTO: meccanismi con cui si producono le norme giuridiche; ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE: i rapporti tra gli organi costituzionali e quelli tra lo Stato e il popolo LIBERTA' E DIRITTO COSTITUZIONALI; GIUSTIZIA COSTITUZIONALE. Il diritto costituzionale è un ramo del diritto che si occupa di quella parte del diritto che ha a che fare con la Costituzione, quindi si occupa del potere e dei suoi limiti. Ciò che assume rilievo è il mezzo attraverso cui si esercita ed è per questo che si differenziano in: POTERE ECONOMICO: si avvale del possesso di certi beni necessari o percepiti come tali in una situazione di scarsità, per indurre coloro che non li posseggono a comportarsi in un certo modo; POTERE IDEOLOGICO: si avvale del possesso di certe forme di sapere per esercitare una forma di influenza sui membri di un gruppo, inducendoli a compiere o meno certe azioni; POTERE POLITICO: per imporre la propria volontà può ricorrere alla coercizione fisica. Lo Stato che incarna la figura del potere politico, può far rispettare le sue leggi ricorrendo ad apparati repressivi: il potere politico è dunque il potere sociale che permette a chi lo detiene di imporre la propria volontà ricorrendo alla forza legittima. Per qualificarlo il riferimento alla forza fisica è necessario: l'uso della forza fisica è una risorsa estrema, perché normalmente non si obbedisce al comando in quanto ne deriverebbe un'imposizione fisica, ma perché si ritiene moralmente obbligatorio. STATO Stato è il nome dato ad una particolare forma storica di organizzazione del potere politico, che esercita il monopolio della forza legittima in un determinato territorio e si avvale di un apparato amministrativo. Nasce e si afferma in Europa tra il XV e il XVII secolo e si differenzia dalle precedenti forme per la presenza di 2 caratteristiche: concentrazione del potere in un determinato territorio e da un'unica autorità; presenza di un'organizzazione amministrativa in cui opera una burocrazia professionale. La spinta alla concentrazione del potere è nata come reazione alla dispersione del potere nel sistema feudale: la società non era composta da individui ma da comunità minori che si sforzavano, assieme ai signori feudali, di avere garanzie dei diritti e dei privilegi conquistati nei confronti dei signori di un livello più elevato. Da ciò derivano 2 implicazioni: Il diritto non è lo stesso per tutti: vi era una molteplicità di sistemi giuridici e quindi un individuo poteva essere giudicato in maniera diversa; Le comunità principali operavano come “custodi delle leggi tradizionali” fatte da accordi con il principe e da consuetudini: i parlamenti medioevali erano luoghi nei quali il principe e i corpi della nazione dialogavano e il loro consenso era necessario. Lo Stato si avvale di 3 elementi costitutivi: SOVRANITÀ: lo Stato moderno è un apparato centralizzato stabile che ha il monopolio in un determinato territorio. Esistono due tipologie di sovranità: INTERNA: supremo potere di comando in un determinato territorio. Possono esistere diversi centri di potere all'interno dello Stato, ma nessuno è pari o superiore ad esso; ESTERNA: indipendenza dello Stato rispetto a qualsiasi altro Stato. Questi due aspetti sono particolarmente intrecciati: infatti lo Stato non potrebbe vantare il monopolio della forza legittima su un dato territorio se non fosse indipendente dagli altri Stati. Dopo l'affermazione dello Stato moderno si è posta la questione su chi effettivamente esercitasse il potere e ne sono derivate 3 teorie: SOVRANITÀ' DELLA PERSONA GIURIDICA: teoria supportata dai giuristi tedeschi ed italiani, che configurano lo Stato come persona giuridica quindi come un vero e proprio soggetto titolare di sovranità. Da una parte serviva a dare una legittimazione di carattere oggettivo allo Stato: il sovrano non è più il re ma un ente astratto. Dall'altra parte poteva risolvere il conflitto tra il principio monarchico e quello popolare; Secondo lo Statuto Albertino il sovrano non era né il re né il popolo, bensì lo Stato medesimo. SOVRANITÀ' DELLA NAZIONE: è una delle invenzioni più importanti del costituzionalismo francese dopo la rivoluzione: l'ordine che la precedeva era quello dello Stato assoluto, fondato sull'identificazione dello Stato nel Re. Con l'ordine politico introdotto dalla rivoluzione cessa questa identificazione e al posto del Re viene messa la Nazione. La sovranità nazionale è nata con due funzioni specifiche: - Contro la sovranità del Re; - Nazione=collettività omogenea che metteva fine alla divisione del Paese in ordini sociali. SOVRANITÀ' POPOLARE: si deve a Rousseau che faceva coincidere la sovranità con la volontà generale che era identificata con la volontà del popolo sovrano. Il principio sfocia in una visione iper-democraticistica dell'organizzazione politica per la quale il popolo doveva esercitare direttamente la sua sovranità senza ricorrere alla delega del potere ai rappresentanti. Uno degli elementi che accomuna tutte queste teorie è il rifiuto di una qualsiasi legge fondamentale, capace di vincolare il sovrano. Se l'agire dello Stato poteva essere disciplinato e circoscritto attraverso leggi si trattava di autolimiti che il sovrano si imponeva e che poteva modificare a suo piacimento. (Il costituzionalismo del ‘900 ha visto l'affermazione del principio di sovranità popolare: la Costituzione italiana afferma all'Art.3 che “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La sovranità del popolo ha perduto però quel carattere di assolutezza che aveva nel secolo precedente a causa di 3 circostanze: SISTEMA RAPPRESENTATIVO: non si esercita direttamente ma si eleggono, a suffragio universale, i propri rappresentanti; COSTITUZIONI RIGIDE: hanno un'efficacia superiore alla legge e possono essere modificate solo attraverso un processo complesso; ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: a seguito delle due guerre mondiali si è sviluppato un processo di limitazione giuridica della sovranità esterna degli Stati, avviato attraverso la creazione dell'ONU e con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. La limitazione della sovranità diventa sempre più evidente con la creazione dell'UE alla quale gli Stati membri hanno trasferito poteri rilevanti al loro interno(fare norme giuridiche etc..); non si possono però sostituire allo Stato(Corte Cost. Tedesca,1993, ha stabilito che rimangono al Parlamento tedesco funzioni e poteri di valore sostanziale).) TERRITORIO: lo Stato deve esercitare la propria sovranità all'interno di un determinato territorio, se un altro soggetto volesse esercitarla nel medesimo ambito spaziale sarebbero messe in discussione la sovranità e l'esistenza dello Stato stesso. La precisa delimitazione del territorio di uno Stato è la condizione essenziale per l'esercizio della sua sovranità e per assicurare l'indipendenza di ciascuno Stato. Il diritto internazionale ha elaborato un corpo di regole che servono a delimitare l'esatto ambito territoriale di ogni Stato: TERRAFERMA: porzione di territorio delimitata da confini naturali o artificiali determinati da Trattati Internazionali; MARE TERRITORIALE: fascia di mare costiero sottoposta alla sovranità di un determinato Stato. Tradizionalmente si estendeva fino al punto massimo in cui lo Stato riusciva ad esercitare la propria forza: una volta era di circa 3 miglia, ma con lo sviluppo della tecnologia bellica si è espanso a 12. Non a tutti gli Stati va bene questo accordo però; PIATTAFORMA CONTINENTALE: è lo zoccolo continentale, cioè la parte di fondo marittimo di profondità costante che circonda le terre emerse prima che la costa sprofondi negli abissi marini. La regola è che gli Stati possano riservare a loro l'utilizzo esclusivo delle risorse naturali a patto che sia assicurata la libertà delle acque; NAVI E AEROMOBILI BATTENTI BANDIERA ITALIANA. Lo Stato però ha perduto il controllo di alcuni fattori presenti sul suo territorio e la possibilità che tali fattori superino i confini non dipende dalla sua volontà: è particolarmente evidente se si pensa al mercato unico europeo dove lo Stato ha perso il potere di poter trattenere al suo interno alcuni fattori produttivi. Tra i vari Stati membri si è creato uno spazio senza frontiere interne ispirato al principio di un'economia di mercato aperta e senza concorrenza. POPOLO: è uno status a cui la Costituzione riconnette una serie di diritti e doveri; è la condizione per l'esercizio dei diritti connessi alla titolarità della sovranità da parte del popolo, ma è anche fondamento di alcuni doveri costituzionali. La Costituzione stabilisce che nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici(Art.22). Si può acquisire: IUS SANGUINIS: la acquista il figlio di padre o madre dalla cittadinanza italiana, qualunque sia il luogo di nascita; IUS SOLI: la acquista colui che è nato sul suolo italiano da genitori ignoti o apolidi(senza cittadinanza) o che nato da genitori stranieri non ottenga la cittadinanza dei genitori sulle base delle leggi degli Stati a cui essi appartengono; NATURALIZZAZIONE: lo straniero nato in Italia che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se entro un anno dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana; MATRIMONIO: coniuge di un/a cittadino/a italiano/a qualora risieda in Italia da almeno due anni o che siano decorsi almeno tre anni dal matrimonio( i tempi sono dimezzati se ci sono figli); dallo straniero che vanti un genitore o un ascendente di secondo grado che sia cittadino italiano per nascita; dallo straniero che abbia raggiunto la maggiore età, adottato da cittadino italiano e risiedente nel territorio nazionale da almeno 5 anni dopo l'adozione; dallo straniero che abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato per almeno 5 anni; dallo straniero dopo almeno 10 anni di regolare residenza in Italia; dal cittadino di uno dell'UE dopo almeno 4 anni di residenza nel territorio italiano; dall'apolide dopo 5 anni di residenza. FONTI Fonte(linguaggio comune)=sorgente inesauribile di determinate sostanze o situazioni; Fonte(linguaggio giuridico)=indica gli strumenti per la produzione del diritto. È l'atto o il fatto idoneo a costruire, estinguere o modificare l’ordinamento giuridico; è l'ordinamento che indica i modi in cui si forma e si innova e questo pone il problema di come si costituisca l'ordinamento stesso e questo varia a seconda delle condizioni storiche: gli ordinamenti PRIMITIVI si sono formati probabilmente attraverso una lenta evoluzione dalle tradizioni ad un diritto basato sulla volontà di un determinato organo o soggetto a cui la comunità ha riconosciuto poteri normativi; gli ordinamenti MODERNI si istituiscono tutti attraverso il processo costituente, quindi è la Costituzione stessa che indica gli atti che possono produrre il diritto(cioè le fonti); non tutte le fonti possono produrre diritto, essendo un ordinamento con una struttura gerarchica, infatti è la Costituzione che indica le fonti immediatamente inferiori: FONTI PRIMARIE: leggi e gli atti ad esse equiparate: saranno queste a regolamentare le fonti inferiori. Vengono regolate dalla Cost. agli Art.70-81; FONTI SECONDARIE. Nel sistema italiano esistono 3 tipologie di fonti del diritto: FONTI SULLA PRODUZIONE: danno le caratteristiche della fonte del diritto. Stabiliscono come e chi fa una fonte del diritto; FONTI DI PRODUZIONE: introducono una regola nell’ordinamento. Devono essere conformi alle fattispecie delle fonti sulla produzione; Queste due devono avere un rapporto di coerenza, cioè non ci devono essere antinomie. Le prime devono essere gerarchicamente sovraordinate rispetto alle seconde, tranne nel caso della fonte al vertice dell’ordinamento. FONTI DI COGNIZIONE: hanno la funzione di far conoscere le regole e si distinguono in: PRIVATE: o non ufficiali, sono quelle fornite da soggetti pubblici(es. Ministeri) o privati(es. Case editrici) e possono essere cartacee o digitali. Le notizie pubblicate non avranno valore legale perché servono alla conoscenza delle norme in vigore; UFFICIALI: ce ne sono diverse: GAZZETTA UFFICIALE:dove vengono pubblicati dal Ministero della Giustizia tutti gli atti normativi dello Stato; BOLLETTINI UFFICIALI: a livello regionale; GAZZETTA UFFICIALE UE: a livello europeo. Il testo pubblicato nelle gazzette ufficiali sarà quello che diventerà legge e che quindi sarà obbligatorio per tutti. Gli atti normativi devono essere pubblicati ufficialmente perché i cittadini possano venirne a conoscenza; appunto per questo non entrano in vigore immediatamente ma vi è la vacatio legis da rispettare(15gg) dopo la quale l'atto avrà forza legge e varrà la presunzione che la legge non ammette ignoranza. Le fonti si possono classificare anche in base alla struttura: FONTI ATTO: sono i comportamenti consapevoli e volontari che danno luogo ad effetti giuridici; non solo implicano un agire volontario ma serve l'agire volontario di un soggetto abilitato dall'ordinamento giuridico. Questi atti hanno 2 caratteristiche: EFFETTI: hanno la capacità di porre norme vincolanti per tutti; COMPORTAMENTI: devono essere imputabili a soggetti a cui lo stesso ordinamento riconosce il potere di porre in essere tali atti. La norma di riconoscimento attribuisce ad un determinato organo il potere di emanare un determinato atto normativo e affinché quest'ultimo sia vincolante deve essere conoscibile. La forma tipica dell'atto è data da: INTESTAZIONE DELL’AUTORITÀ' EMANANTE; NOME DELL'ATTO; PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DELL'ATTO: sequenza di atti preordinata al risultato finale(emanazione dell'atto normativo). I procedimenti variano in base al tipo di fonte, e qualsiasi atto che non rispetti questo procedimento avrà un vizio di forma. L'atto è diviso in articoli che sono a loro volta divisi in commi(paragrafi) e sono spesso corredati da una rubrica che ne indica l'argomento. FONTI FATTO: sono tutte le altre fonti che l'ordinamento riconosce e di cui ordina o consente l'applicazione, non perché sono la volontà di un determinato soggetto ma perché esistono. Sono quegli eventi naturali che producono conseguenze rilevanti per l'ordinamento. Una volta si poteva dire che la consuetudine fosse la fonte fatto per eccellenza: nasce soprattutto in ordinamenti primitivi da un comportamento sociale ripetuto nel tempo fino al punto che se ne scordi la sua origine; nasce da un errore perché si crede che la regola esista quando in realtà non c’è. Per diventare fonte del diritto deve avere due requisiti: OGGETTIVO: ripetizione di un determinato comportamento nel tempo, l’ordinamento non dice quante volte debba ripetersi ma lo stabilisce il giudice; SOGGETTIVO: riguarda i soggetti che agiscono tenendo un comportamento di convinzione(opinion iuris). Le consuetudini si distinguono in 3 categorie: PRAETER LEGEM: la consuetudine può operare in materie non regolamentate dalla legge. In questo caso non crea problemi; SECUNDUM LEGEM: la consuetudine è nella regola stabilita dalla legge. In questo caso non crea problemi; CONTRA LEGEM: la consuetudine è in contrasto con la legge e non può essere seguita. Esempi: l'Art.1 delle preleggi, spiegando la gerarchica delle fonti fa riferimento agli usi, i quali sono consuetudini, le quali nel nostro ordinamento sono poste in fondo(sono ammesse solo se non c'è una norma superiore). In alcune disposizioni del codice civile sono esplicitamente richiamati gli usi; questo vale soprattutto in materia contrattuale(modi, luoghi, tempo etc..). In alcuni casi è possibile che gli usi dispongano diversamente dalla regola fissata dal codice e che la abroghino. L'Art.10.1 della Costituzione fa riferimento alle consuetudini internazionali cioè a norme che non hanno origine nei trattati ma in regole non scritte né poste da un soggetto, ma sono ritenute obbligatorie dalle generalità degli Stati. Il giudice che accerta l'esistenza di una norma del genere deve applicarla nell'immediato come se fosse una regola interna. Nonostante la consuetudine sia la fonte fatto per eccellenza, non è quella più importante nel nostro ordinamento, infatti le fonti fatto sono tutte quelle che producono norme richiamate dal nostro ordinamento, ma non prodotte dai nostri organi: NORME UE: non solo sole norme scritte e volute dagli organi europei ma delle vere e proprie fonti atto, tuttavia non essendo prodotte da organi del nostro ordinamento noi le consideriamo fonti fatto. NORME DIRITTO INT. PRIVATO: sono norme che regolano l'applicazione della legge quando i soggetti sono collegati ad ordinamenti giuridici diversi. In certi casi il giudice deve applicare leggi di un altro paese: queste fonti sono fonti atto per l'ordinamento di appartenenza, ma per il nostro sono fonti fatto. Il principio di esclusività attribuisce allo Stato il potere esclusivo di riconoscere quali atti e fatti possono produrre norme nell'ordinamento. Per consentire alle norme prodotte da fonti di altri ordinamenti di operare all'interno del nostro, esiste la tecnica del rinvio: è lo strumento per il quale l'ordinamento di uno Stato rende applicabili al proprio interno norme di altri ordinamenti. Esistono 2 tipologie di rinvio: FISSO: detto anche materiale, è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale richiama un determinato atto in vigore in un altro ordinamento. Si dice fisso perché recepisce uno specifico e singolo atto ordinando ai giudici di applicare le norme ricavabili da quell'atto come se fossero interne all'ordinamento; se l'atto subisce variazioni queste non produrranno effetti a meno che non venga emanato un apposito atto di recepimento; MOBILE: detto anche formale, è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale richiama, non uno specifico atto, ma una fonte di esso; con questo tipo di rinvio l'ordinamento si adegua a tutte le modifiche che si producono nell'altro ordinamento. Dal punto di vista dell'applicazione del diritto, tra le due tecniche vi è una notevole differenza: mentre il rinvio fisso pone ai giudici solo il compito di interpretare il testo normativo come se fosse un atto interno, quello mobile pone anche il compito di tener conto delle variazioni apportate. INTERPRETAZIONE Il nostro sistema giuridico è costruito su una gerarchia delle fonti e l’ordinamento ha la pretesa della completezza: pretende di occuparsi di ogni fattispecie che si verifica all’interno del paese, ma questo è impossibile perché il mondo esterno cambia quotidianamente. Per essere completo dovrebbe avere una regola specifica per ogni fattispecie e dovrebbe trovare dei meccanismi per regolarle: l’Art.12 delle Preleggi individua le varie regole, si occupa dell’interpretazione e dà una regola generale le fattispecie non espressamente regolate. L'atto normativo è un documento scritto dotato di determinate caratteristiche, attraverso il quale il legislatore esprime la sua volontà di disciplinare una determinata materia; l'atto è articolato in enunciati attraverso i quali il legislatore, che è di regola un organo politico collegiale, cerca di esprimere la sua volontà normativa. È una cosa sbagliata pensare che gli atti scritti possano avere un significato preciso e univoco, il linguaggio è una questione complessa perché le singole parole possono avere significati diversi a seconda del contesto e di conseguenza bisogna distinguere: APPLICAZIONE: di una norma generale ed astratta ad un caso particolare e concreto(sillogismo giuridico); Il fatto può essere compiuto da qualunque e in qualsiasi circostanza e di conseguenza per il comportamento tenuto ci deve essere una conseguenza: si applica la norma al fatto. La norma è il frutto dell'interpretazione delle disposizioni e il fatto va costruito qualificando i singoli eventi e comportamenti secondo le varie categorie. INTERPRETAZIONE: si attribuisce un senso alla norma, ma non sempre risulta chiara e quindi il legislatore può aggiungere nuove disposizioni per precisarne il significato(interpretazione autentica). Il legislatore però non può sostituirsi agli interpreti perché glielo impedisce il principio della separazione dei poteri: di conseguenza l'aggiunta di norme che rendano più chiara l'interpretazione non è interpretazione ma legislazione perché si emana una disposizione in cui viene detto che bisogna intendere una disposizione in un certo modo. L’interpretazione è l’attività principale del giurista, che gli consente di risolvere i casi, perché gli permette di passare dalla disposizione alla norma. Ci sono due premesse da cui ricaviamo una conseguenza: SILLOGISMO GIURIDICO. Per interpretare si hanno dei criteri: INTERPRETAZIONE LETTERALE: si fa riferimento alle parole del testo “Nell’applicare le leggi non si può attribuire altro senso se non quello del significato delle parole...”; INT. SECONDO LA VOLONTA’ DEL LEGISLATORE: si fa riferimento alla volontà del legislatore “...e dall’interpretazione del legislatore”. Per farlo dobbiamo collocarci nel periodo storico in cui è stata scritta la disposizione attraverso i LAVORI PREPARATORI che sono dei documenti in cui vi è la discussione che ha portato alla creazione della norma, oppure ATTUALIZZANDO ciò che intendeva il legislatore o RAZIONALIZZANDO la sua volontà; INTERPRETAZIONE SISTEMATICA: le regole si inseriscono in un sistema, prima o dopo ad altre regole: per capire una certa regola bisogna capire quella che la precede. Si parte da una regola e si va ad analizzare tutto il contesto; INTERPRETAZIONE CONFORME: si interpretano le regole l’una in relazione all’altra. Il limite principale dell’interpretazione è anche il suo inizio, ovvero la lettera “Il significato delle parole nella loro connessione”. L’ordinamento però ha delle lacune in cui un caso non ha la sua regola esplicita e quindi ci sono delle regole che ci spiegano come si fa: METANORME(Art.12): il primo comma dà dei criteri per l’interpretazione delle fattispecie non disciplinate dal diritto: PROCEDIMENTO ANALAGICO: si analizza il caso e si cercano dei casi analoghi(analogia legis). si cerca di ragionare sulla ratio legis cioè il motivo per cui quella regola dà una determinata disposizione. Può essere che non si trovino casi analoghi: INTERPRETAZIONE SISTEMATICA: si trovano aspetti comuni di una regola attraverso anche i PRINCIPI GENERALI DELL’ORDINAMENTO; ANTINOMIE Le antinomie sono i contrasti tra norme e si verificano quando le disposizioni esprimono significati tra loro incompatibili, è quindi compito dell'interprete risolverle individuando la giusta norma da applicare; possono esistere due tipologie di antinomie: ANTINOMIA APPARENTE: si verifica il significato delle regole facendo un’interpretazione sistematica. Se stabiliscono la stessa cosa possono coesistere; ANTINOMIA REALE: dopo l’interpretazione sistematica le due norme danno disposizioni diverse. Per individuare i criteri che risolvono le contraddizioni bisogna utilizzare i CRITERI DELLA RISOLUZIONE DEI CONFLITTI E DEI CONTRASTI. Sono di 4 tipologie: 1. CRITERIO GERARCHICO: in caso di contrasto tra due norme si deve preferisce quella che, nella gerarchia delle fonti, occupa il posto più elevato. È un criterio indiscutibile negli ordinamenti moderni perché sono strutturati secondo una pluralità di fonti, disposte su diversi gradini gerarchici: la Costituzione all'Art.134 stabilisce che la Corte di Cassazione giudica della “legittimità costituzionale della legge e degli atti aventi forza legge” e le Preleggi stabiliscono che la legge prevale sul regolamento(Art.4) e che quest'ultimo sulla consuetudine(Art.8); La prevalenza della norma superiore su quella inferiore si chiama annullamento, cioè la dichiarazione di illegittimità che un interprete pronuncia nei confronti di un atto o di una norma, la quale perde validità(la validità consiste nella conformità di un atto o di un negozio giuridico rispetto alle norme che lo disciplinano). L'atto invalido è un atto viziato: questi vizi possono essere di due tipi: FORMALI: riguardano la forma dell'atto(emanato da un organo non competente etc..); SOSTANZIALI: riguardano i contenuti normativi della disposizione, quindi le norme. La disposizione sarà viziata perché si creano delle antinomie. In linea generale quando un giudice dichiara un'illegittimità questa dichiarazione ha effetti generali: l'atto annullato non può essere più applicato a nessun rapporto giuridico anche se questo è sorto prima dell'annullamento. A differenza dell'abrogazione l'annullamento non opera solo per il futuro ma anche per il passato, ma è applicabile solo ai rapporti pendenti, cioè quei rapporti che si possono ancora sottoporre ad un giudice, e non a quelli esauriti; in genere i rapporti si chiudono per: PRESCRIZIONE: per decorso del tempo; DECADENZA: perdita della possibilità di esercitare il diritto; ACQUIESCENZA: per volontà dell'interessato; GIUDICATO: rapporto definito con una sentenza non più imputabile. 2. CRITERIO DELLA COMPETENZA: non è un criterio prescritto, ma esplicativo perché serve a spiegare com'è organizzato il sistema delle fonti e non ad indicare come risolvere le antinomie. Se dovessimo utilizzarlo per risolvere i contrasti si potrebbe dire che dà la preferenza alla norma competente; 3. CRITERIO DELLA SPECIALITÀ': in caso di contrasto tra due norme si deve preferire la norma speciale a quella generale, anche se quest'ultima è successiva. La preferenza non si manifesta né con l'abrogazione né con l'annullamento, infatti le norme in conflitto rimangono entrambe valide, l'interprete deve solo scegliere quale norma applicare, quindi si deroga; questo però non è altro che uno dei possibili esiti, infatti: NORMA GENERALE SUCCESSIVA O HANNO LA STESSA GERARCHIA: si preferisce la norma speciale: si deroga quella generale; NORMA GENERALE SUCCESSIVA E SUPERIORE ALLA SPECIALE: si preferisce la norma generale superiore: quella speciale è illegittima; NORMA GENERALE SUCCESSIVA E INFERIORE ALLA SPECIALE: si preferisce la norma speciale superiore: quella generale è illegittima; NORMA SPECIALE SUCCESSIVA E HANNO LA STESSA GERARCHIA: si preferisce la norma speciale: quella generale è abrogata; NORMA SPECIALE SUCCESSIVA E GENERALE E' SUPERIORE: si preferisce la norma generale superiore: quella speciale è illegittima; NORMA SPECIALE SUCCESSIVA E GENERALE E' INFERIORE: si preferisce la norma speciale superiore: quella generale viene abrogata o derogata. 4. CRITERIO CRONOLOGICO: in caso di contrasto tra due norme si deve preferire quella più recente a quella più antica. È un criterio indiscutibile negli ordinamenti moderni perché non è possibile scrivere una legge che valga per sempre, ma essa deve adeguarsi al cambiamento. La prevalenza della nuova norma su quella vecchia si chiama abrogazione, cioè la cessazione dell'efficacia della norma giuridica precedente(l’efficacia della norma consiste nell'idoneità di un fatto o un atto a produrre effetti giuridici. La norma diventa efficace quando la disposizione di cui tratta entra in vigore). Vige il principio di irretroattività degli atti normativi cioè che essi dispongono solo per il futuro e non hanno effetti per il passato ed è disciplinato dall'Art. 11 delle Preleggi “La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo” questo principio però non è ben percepito dalla Costituzione che vieta la retroattività delle norme penali incriminatrici all'Art.25.2 “Nessuno può esser punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Di conseguenza il principio imposto dalle Preleggi può essere derogato, cioè viene limitato il suo campo di applicazione. La vecchia norma perde efficacia dal giorno dell'entrata in vigore della nuova disposizione solo per i rapporti giuridici che sorgono dopo quel giorno, mentre per tutti quelli che si sono verificati prima varrà la vecchia norma. L'effetto abrogativo può essere prodotto da fenomeni assai diversi e l'Art.15 delle Preleggi gli elenca: ABROGAZIONE ESPRESSA: per dichiarazione espressa del legislatore. È il contenuto di una disposizione, solitamente si tratta di uno degli articoli finali della legge in cui viene detto “sono abrogate le seguenti disposizioni”; ABROGAZIONE TACITA: per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti. In questo caso non viene disposta dal legislatore, ma deriva dal fatto che quest'ultimo non si è curato di eliminate le disposizioni vecchie prima di emanare quelle nuove. Sarà quindi compito del giudice fare pulizia, che dovrà ritenere valida la norma successiva e abrogare quella precedente; in questo caso varrà solo per il singolo giudizio e non vincola gli altri giudici; ABROGAZIONE IMPLICITA: perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore. È simile a quella tacita, infatti non c'è una disposizione che dichiari l'abrogazione della legge precedente, ma è l'interprete che capisce il legislatore abbia riformato la materia e che la vecchia legge debba ritenersi abrogata. Diversa dall'abrogazione è la deroga, che nasce da un contrasto tra norme di tipo diverso: la norma derogata è una norma generale mentre quella derogante è una norma particolare. La differenza tra abrogazione e deroga è che la norma abrogata perde efficacia per il futuro e riprende a produrre effetti solo se il legislatore emana un'ulteriore disposizione che lo disciplini, mentre la norma derogata non perde la sua efficacia ma viene limitato il suo campo di applicazione. Simile alla deroga vi è la sospensione dell'applicazione di una norma cioè la sospensione limitata ad un certo periodo a singole categorie o zone. RISERVA DI LEGGE E' lo strumento con cui la Costituzione regola il concorso delle fonti nella disciplina di una determinata materia; l'obiettivo è quello che in una certa materia manchi una disciplina che vincoli il comportamento degli organi del potere esecutivo: impone al legislatore di disciplinare una determinata materia, impedendo che essa sia disciplinata da atti che siano gerarchicamente inferiori alla legge. Acquisisce un significato preciso solo nelle Costituzioni rigide perché i limiti imposti da quest’ultime alla funzione legislativa possono imporsi al legislatore e in caso causare illegittimità. È attraverso la riserva di legge che si produce la complessità e la differenziazione dell’ordinamento che si tenta di spiegare con il criterio di competenza. Il principio di legalità affonda le sue radici nello Stato di diritto:ogni limitazione della libertà che viene riconosciuta a ciascun individuo deve avvenire per mezzo della legge. Questo principio prescrive che l’esercizio di qualsiasi potere pubblico si fondi su una precedente norma attributiva della competenza: deve assicurare un uso regolato e non arbitrario del potere. La riserva di legge è una delle regole limitative del potere legislativo poste dalla Costituzione e questo meccanismo opera in diversi modi: RISERVE PER ATTI DIVERSI DALLA LEGGE: sono rare e sono: PER LEGGE COSTITUZIONALE: l’Art.138 introduce un particolare procedimento per la revisione costituzionale; le leggi formate con questo procedimento hanno la riserva di disciplinare alcune regole, come l’approvazione degli Statuti speciali; PER REGOLAMENTI PARLAMENTARI; RISERVA DI LEGGE FORMALE: impone che sulla materia intervenga il solo atto legislativo prodotto attraverso il procedimento parlamentare, quindi sono riservate all’approvazione parlamentare tutte quelle leggi che rappresentano strumenti attraverso i quali il Parlamento controlla l’operato del Governo, il quale stipula i trattati internazionali, predispone i bilanci previa approvazione del Parlamento(quest’ultimo decide quali poteri dare al Governo). siccome gli atti equiparati alla legge formale sono atti del Governo, se non vi fosse una riserva di legge formale, quest’ultimo potrebbe approvare il suo stesso operato. RISERVE ALLE FONTI PRIMARIE: prescrivono che la materia da esse considerata sia disciplinata dalla legge ordinaria escludendo o limitando l’intervento di atti di livello gerarchico inferiore(cioè dei regolamenti). Si assicura che la disciplina di materie particolarmente delicate venga decisa con la garanzia del procedimento parlamentare. A seconda dei rapporti tra legge e regolamento si distinguono: RISERVA ASSOLUTA: esclude qualsiasi intervento di fonti sub-legislative dalla disciplina della materia, che dovrà essere regolata dalla legge formale ordinaria o da atti ad essa equiparata; queste si trovano soprattutto nella parte della Costituzione dedicata alle libertà fondamentali perché sono rivendicate contro il potere detenuto dal Governo e dalle strutture dei pubblici poteri che dipendono da quest’ultimo; RISERVA RELATIVA: non esclude che alla disciplina della materia concorra anche il regolamento amministrativo, però richiede che la legge disciplini almeno i principi a cui il regolamento deve attendersi: ponendo la riserva di legge la Costituzione pone un vincolo al legislatore e al potere esecutivo. RISERVE RINFORZATE: sono un meccanismo con cui la Costituzione pone ulteriori vincoli al legislatore in modo che le eventuali leggi che intendessero comprimere la sfera di libertà degli individui, potranno essere considerate legittime solo a condizione che siano razionalmente giustificabili, e si possono distinguere: PER CONTENUTO: quando la Cost. prevede che una determinata regolamentazione possa essere fatta da una legge ordinaria solo con contenuti particolari - Art. 14.3: consente al legislatore di dettare regole speciali per le ispezioni domiciliari solo per “motivi di sanità e incolumità pubblica” e per “fini economici e sociali”; - Art. 16.1: consente al legislatore di limitare la libertà di circolazione ma solo con regole che dispongano “in generale per motivi di sanità o di sicurezza”; - Art. 43: consente alla legge “a fini di utilità generale” di nazionalizzare determinate categorie di imprese. PER PROCEDIMENTO: prevedono che la disciplina debba seguire un procedimento aggravato rispetto al normale procedimento legislativo. Questo è per limitare il potere della maggioranza politica nei confronti delle minoranze: - Art. 7: prevede che i rapporti Stato-Chiesa possano essere modificati solo dopo un accordo tra le due parti. Durante la formazione della legge ci sarà un aggravamento perché l’iniziativa legislativa sarà anticipata da un accordo tra Governo e Santa sede; - Art. 8: prevede una situazione simile per le intese tra Governo e culti acattolici; - Art. 116.3: prevede che la legge formale, approvata in maggioranza assoluta, “sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata” si possano riconoscere a determinate regioni “forma e condizioni particolari di autonomia” riguardanti alcune specifiche materie; - Art. 132 e 133: prevedono vari procedimenti per modificare le circoscrizioni territoriali delle Regioni, Provincie e dei Comuni, attraverso la consultazione delle assemblee elettive locali e della popolazione interessata. COSTITUZIONE Il termine Costituzione viene impiegato dai giuristi con significati diversi: FUNZIONE DESCRITTIVA: indica gli elementi che caratterizzano un determinato sistema politico. Ogni società ha una sua Costituzione e di conseguenza non si può comprendere ciò che accade in quel sistema senza la conoscenza analitica della sua Costituzione; Utilizzata soprattutto dai sociologi e dai politologi perché essi sono interessati a come un sistema politico concretamente vive, piuttosto che alle sue premesse normative. MANIFESTO POLITICO: le Costituzioni vengono richieste e concesse a furor di popolo, negate e riaffermate delle diverse sommosse. Ognuno di questi accadimenti storici si chiude aprendo il processo costituente: i temi e i problemi che hanno portato alle lotte laceranti cercano una conferma in una nuova Costituzione. Quest'ultima così intesa è il documento fondamentale che segna il trionfo di un ideale; In questo caso, fanno riferimento gli storici e i filosofi che sono interessati a comprendere la genesi di un documento così significativo per la storia e il pensiero politico. Quindi gli interessa ricostruire gli eventi politici e le idee che hanno ispirato i padri del testo costituzionale. TESTO NORMATIVO: la Costituzione è una fonte del diritto da cui derivano diritti e doveri. Questa è quella che applicano i giudici e a cui tutti facciamo riferimento quando rivendichiamo i nostri diritti fondamentali. Se tutti i sistemi politici hanno una costituzione in senso descrittivo, non tutti hanno anche un testo normativo chiamato Costituzione che è un fenomeno particolarmente recente, frutto del costituzionalismo, che fece della Costituzione scritta un documento irrinunciabile. La sua emanazione segna la fine del potere costituente, cioè il potere libero, ed inizia il potere costitutivo. Il primo viene definito libero perché non è regolato da leggi, anche se non è sempre vero: con il referendum istituzionale del 1946 si poneva il limite preciso alle scelte che l'Assemblea costituente poteva compiere in Italia. Nel penultimo articolo della Costituzione(Art.138) si vieta di modificare, con gli stessi strumenti della revisione costituzionale, la “forma repubblicana; qualche monarca pensava si potesse aggirare abrogando l'art.139 e sostituendo legittimamente le istituzioni repubblicane con quelle monarchiche. Questo però è un ragionamento formalistico perché la decisione presa dal popolo con il referendum istituzionale, non può esser rinnegata senza rompere la legalità costituzionale ed innescare una rivoluzione. Il nuovo regime dovrebbe ottenere il consenso: INTERNO: nessun regime può durare a lungo se utilizza solo forza fisica e violenza. Quindi le regole che si vogliono introdurre devono essere condivise dalla maggioranza; ESTERNO: si esprime attraverso il riconoscimento internazionale, dove lo Stato acquisisce l'approvazione degli altri Stati; ma questo deriva essenzialmente da valutazioni politiche che non incidono sulla personalità giuridica di quest'ultimo. Il regime per affermarsi deve fornire garanzie e la maniera per farlo è racchiuderle nella Costituzione e confermarsi come ordinamento legittimo. Bisogna fare una distinzione tra: COSTITUZIONI FLESSIBILI: non prevedono un procedimento particolare per la loro modifica, infatti basta il normale procedimento legislativo. Sono tipiche del' 800 ed erano quelle che venivano concesse al popolo dal sovrano, che giurava di rinunciare ad esercitare il potere da solo e che la legge non sarebbe più stata l'espressione della sua volontà ma il prodotto di un procedimento formale; solitamente erano brevi perché erano concepite con la funzione di manifesto, per acquistare il consenso ma non possedevano una particolare forza regolativa; COSTITUZIONI RIGIDE: dispongono per la loro modifica un procedimento particolare rispetto a quello per la formazione delle leggi ordinarie. E' normale che la prevalenza della Costituzione sulla legge ordinaria sia garantita da un giudice che ha il compito di non consentire che vengano applicate leggi non in linea con la Costituzione. Tipiche del ‘900 e sono anche costituzioni lunghe perché non si limitano a disciplinare regole generali, ma contengono i principi e disposizioni analitiche che riguardano un sacco di materie. La Costituzione rigida è una Costituzione garantita perché viene garantita la prevalenza delle sue norme rispetto a qualsiasi altra regola. Esistono due tipi di garanzie: REVISIONE COSTITUZIONALE: è sempre più gravosa del normale procedimento legislativo: se per fare una legge basta la maggioranza parlamentare , per modificare la Costituzione bisogna raggiungere consensi più ampi. Questi procedimenti sono dunque diversi da paese a paese perché è diversa la genesi della Costituzione. L'introduzione di un procedimento così gravoso non avrebbe senso se non vi fosse un'autorità che verifichi queste procedure: nella stragrande maggioranza dei casi questo compito è affidato ai giudici; CONTROLLO DI LEGITTIMITÀ'. (La Corte Costituzionale non solo si occupa del rispetto delle norme da parte del legislatore ma anche della rigidità della forma di stato e di governo; ma i tratti che la Costituzione impiega per definirli sono pochi rispetto al rapporto fra gli organi costituzionali. Intorno ai 139 articoli vi sono numerose componenti: LEGGI COSTITUZIONALI: non sono molte ed alcune vengono emanate per modificare le singole disposizioni della Costituzione, altre sono previste dalla Costituzione stessa e riguardano questione più specifiche; TRADIZIONI: la storia costituzionale moderna pone le sue radici nell'Inghilterra del ‘600, per cui quando si parla di determinati argomenti non solo si usa una terminologia consolidata nel tempo ma si evocano anche modelli precisi di cui si è sperimentata a fondo la loro funzionalità; CORTE COSTITUZIONALE: rappresenta un lavoro di continua specificazione del significato delle disposizioni costituzionali in relazione a tutti gli infiniti casi che le vengono proposti. Per difendere la sua credibilità deve mantenere un certo livello di coerenza nelle proprie decisioni; LEGISLAZIONE ORDINARIA: esiste un'ampia legislazione di completamento della materia costituzionale: è la stessa Costituzione, che attraverso la riserva di legge impone alla legge ordinaria di disciplinare determinate materie. Inoltre nella parte dei diritti fondamentali richiama nozioni che sono elaborate della legislazione di settore.) La Costituzione Italiana entrò in vigore il 1° gennaio del 1948, approvata dall'Assemblea costituente che venne eletta in contemporanea al referendum istituzionale. Il fatto che il testo venne approvato al 90% da un'assemblea politicamente divisa spiegherebbe alcune caratteristiche: LUNGA: si è dovuto sommare e non selezionare il consenso, gli interessi e i valori dei diversi componenti; APERTA: non pretende di individuare il punto d'equilibrio tra i diversi interessi, ma si limita ad elencarli; Si compone inoltre di parti diverse: abbiamo i principi fondamentali che sono 12 articoli che contengono un complesso di norme di principio non collegate tra loro, ma poste l'una accanto all'altra. Una seconda sezione pone le garanzie delle libertà individuali e di quelle economiche; segue poi la parte dedicata all'organizzazione costituzionale dello Stato e alla disciplina della pubblica amministrazione, della magistratura, delle regioni e delle garanzie costituzionali La Costituzione rappresenta il vertice della gerarchia delle fonti nell’ordinamento italiano: è il fondamento di validità delle fonti primarie di cui detta la disciplina. È rigida e il suo mutamento è soggetto ad un procedimento particolare con il quale vengono anche approvate le altre leggi costituzionali che la Cost. stessa prevede per la sua integrazione. Ci sono due procedimenti: ORDINARIO: prevede una sola deliberazione a maggioranza relativa(consegue un numero di voti superiore a quelli ottenuti da un’altra opzione) di ciascuna Camera sullo stesso testo, seguita da una promulgazione da parte del Presidente della Repubblica; COSTITUZIONALE: prevede due deliberazioni successive da parte di ciascuna Camera: la prima a maggioranza relativa, ed il progetto è destinato a viaggiare tra Camera e Senato tante volte quanto basti per ottenere il consenso sullo stesso testo. La seconda può essere effettuata solo dopo 3 mesi dalla prima e i regolamenti delle Camere vietano che vengano apportate delle modifiche al testo precedentemente approvato. Esistono due alternative: MAGGIORANZA QUALIFICATA: se il consenso sulla riforma è ampio. Bastano i 2/3 dei voti dei membri; MAGGIORANZA ASSOLUTA: se il consenso non è ampio bastano i voti della metà più uno dei membri. In questo caso verrà pubblicato sulla Gazzetta e dopo tre mesi si potrà chiedere un referendum costituzionale, in modo da sottoporre il testo all’approvazione popolare. Questo lo possono chiedere: 500.000 elettori, 5 consigli regionali, 1/5 dei membri di una Camera. Non tutta la Costituzione è revisionabile, il limite esplicito alla revisione è posto nell’Art.139 “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”; se si collega strettamente al referendum istituzionale bisognerebbe utilizzare un’interpretazione restrittiva per stabilire il significato di “forma repubblicana”: scelta della Repubblica alla Monarchia. Se invece si utilizza un’interpretazione estensiva, si fa riferimento non solo al carattere elettivo del Capo dello Stato, ma anche al principio di sovranità popolare. L’interpretazione estensiva è quella che ha prevalso maggiormente in Italia a cui viene connesso l’Art.1: quindi la forma repubblicana è inscindibile dal carattere democratico della Repubblica; il limite quindi si allarga tenendo conto del - carattere elettivo e rappresentativo delle istituzioni; - libertà ed uguaglianza; - libertà di espressione, associazione, riunione etc.,. Un’altra via d’interpretazione è stata elaborata sulla base dell’interpretazione di altri articoli: - Art.2: dichiara inviolabili diritti dell’uomo; - Art.13; - Art. 5: dichiara la Repubblica “una e indivisibile”. Nel 1971 la Corte Costituzionale aveva affermato che le norme provenienti da altri ordinamenti che vengono ammesse nel nostro attraverso rinvii non possono violare i principi supremi dell’ordinamento costituzionale e ha inoltre negato l’ingresso di norme internazionali consuetudinarie incompatibili con i principi e i diritti fondamentali riconosciuti dalla nostra Cost. Nel 1982 era giunta a dichiarare illegittima una legge di esecuzione dei Patti Lateranensi per violazione del diritto di difesa. LEGGE FORMALE La legge formale è l’atto normativo prodotto dalla deliberazione delle Camere e promulgato dal Presidente della Repubblica; in passato è stata la fonte del diritto per eccellenza, fino al punto di diventare sinonimo di diritto. Si indica sia la legge che è sullo stesso gradino della Cost.(legge costituzionale) sia quella immediatamente inferiore(legge ordinaria). Gli atti con forza legge sono atti normativi che non hanno la forma della legge ma sono equiparati a quest’ultima: hanno la stessa posizione gerarchica e possiedono sia la forza attiva(possono abrogare) sia quella passiva(essere abrogate); sono fonti che possono sostituirsi alla legge laddove la Costituzione non ponga una riserva di legge formale. Leggi formali ed atti aventi forza legge costituiscono le fonti primarie a cui si contrappongono quelle secondarie, poste ad un gradino inferiore e costituite da regolamenti amministrativi. L’Art.70 dice che “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” mentre gli Art.71-74 dettano la disciplina di massima del procedimento di formazione della legge formale. Rispetto alla regola che attribuisce alle Camere la funzione legislativa, gli atti con forza legge rappresentano un’eccezione perché rappresentano i casi in cui la funzione legislativa non è svolta in forma legislativa(questa frase l’hanno capita solamente chi ha scritto il libro di merda e lo Stefano che l’ha ripetuta). come deroga alla regola costituzionale gli atti con forza legge non possono essere previsti da fonti che non abbiano il rango costituzionale: infatti è la stessa Costituzione ad indicare le eccezioni: - Art.75: Referendum abrogativo; - Art.76: Decreto legislativo delegato; - Art.77: Decreto-legge; - Art.78: Decreti del Governo in caso di guerra. A questi atti le leggi costituzionali che hanno approvato gli Statuti delle regioni speciali hanno aggiunto “il decreto di attuazione dello statuto”. Eventuali innovazioni devono essere introdotte con una legge costituzionale. ITER LEGISLATIVO Questo procedimento è una serie coordinata di atti rivolti ad uno stesso risultato, ossia la legge formale. Gli atti di cui si compone sono: 1. INIZIATIVA LEGISLATIVA: consiste nella presentazione di un progetto(disegno se presentato dal Governo, proposte in tutti gli altri casi) di legge ad una Camera e si divide in 2 parti a) TESTO dell’articolo che il proponente sottopone all’esame della Camera; b) RELAZIONE che accompagna l’articolato e che ne illustra gli scopi e le caratteristiche. L’iniziativa è riservata ad alcuni soggetti indicati dalla Costituzione: a) INIZIATIVA GOVERNATIVA: il Governo è l’unico soggetto che ha il potere di iniziativa su tutte le materie. Su alcune materie l’iniziativa è riservata al Governo, mentre per i trattati internazionali non si può dire che sia riservato a quest’ultimo ma non si possono immaginare altri soggetti. b) INIZIATIVA PARLAMENTARE: ogni deputato e ogni senatore possono presentare progetti di legge alla Camera a cui appartengono, salvo per materie la cui iniziativa è riservata al Governo; c) INIZIATIVA POPOLARE: il progetto può essere proposto da 50.000 elettori(raccolta firme entro 6 mesi). non vi sono limiti tranne che per le materie esclusive al Governo; d) INIZIATIVA REGIONALE: viene riconosciuto ai Consigli Regionali il potere di presentare progetti di legge alle Camere. Non è indicato alcun limite particolare; e) INIZIATIVA DEL CNEL: può presentare delle proposte e non vi sono limiti. L’iniziativa non crea mai un obbligo per la Camera di deliberare: il progetto è presentato stampato ai membri della Camera a cui il presidente dà notizia, ma la sua discussione dipende dalla valutazione politica della Conferenza dei capigruppo a cui spetta il potere di selezionare gli argomenti da trattare: a pratica dell’insabbiamento non è un fenomeno patologico della vita parlamentare ma il risultato del disinteresse dei capigruppo nei confronti della proposta. 2. DELIBERAZIONE LEGISLATIVA: l’Art. 72.1 vieta che un progetto di legge sia discusso direttamente dalla Camera: deve essere esaminato da una commissione permanente competente. Le funzioni che la commissione è chiamata a svolgere sono diverse a seconda della sede in cui è chiamata ad esaminare il progetto. Si distinguono 3 funzioni: a) PROCEDIMENTO ORDINARIO: per commissione referente. Il presidente della commissione o il relatore da lui incaricato espongono le linee generali della proposta di legge, provocando una discussione generale su di essa. Si passa poi alla discussione di ciascun articolo e alla votazione degli eventuali emendamenti (in questa fase si può procedere alla formazione di un comitato ristretto per una migliore formulazione dell’articolato). Alla fine il testo viene approvato assieme ad una relazione finale che spiega i lavori svolti; in aula la discussione procede per tre letture: la prima è introdotta dai relatori e consiste nella discussione generale e può concludersi con un esito negativo. In caso contrario si passa alla seconda che prevede la discussione dei singoli articoli, eventuali emendamenti e l’eventuale approvazione del testo definitivo. La terza lettura consiste nell’approvazione finale dell’intero testo di legge. La maggioranza che viene chiesta è quella semplice o relativa; b) PROCEDIMENTO PER COMMISSIONE DELIBERANTE: o legislativa. È prevista dall’Art.72.3 e consente alla commissione di assorbire tutte le fasi del procedimento di approvazione sostituendo l’aula: l’assemblea esaurisce le tre letture senza che il progetto debba essere votato e discusso. Data la particolarità ci sono delle garanzie: - alcune materie sono escluse da questo procedimento. Al comma 4 viene prescritto il procedimento per le proposte costituzionali, per le leggi in materia elettorale, per leggi di delegazione legislativa, per le leggi d’approvazione dei bilanci; - per la composizione della commissione deliberante, il comma 3 dispone che sia seguito il criterio della rappresentanza proporzionale dei gruppi parlamentari; - per l’assegnazione della proposta alla commissione, nel Senato la decisione spetta al presidente e non è opponibile, mentre nella Camera il regolamento prevede che il presidente abbia un potere di proposta che si considera accettata se nessuno chiede di sottoporla al voto dell’assemblea. c) PROCEDIMENTO PER COMMISSIONE REDIGENTE: è detto anche misto. Non è previsto dalla Costituzione ma dai regolamenti parlamentari, con differenze tra Camera e Senato, il tratto comune è che sgrava l’assemblea dalla discussione e approvazione degli emendamenti, riservando all’aula l’approvazione finale. Valgono le stesse garanzie che circondano il procedimento per commissione deliberante. d) Oltre a questi procedimenti i regolamenti delle Camere prevedono delle procedure abbreviate per l’esame dei progetti di legge dichiarati urgenti; non sono procedimenti diversi ma meccanismi di riduzione delle tempistiche. Esauriti i lavori di una Camera il progetto viene trasmesso all’altra dove il procedimento di revisione ricomincia da capo: essa è libera di apportare modifiche al testo, così il procedimento potrà viaggiare da una camera all’altra (navetta) fino a quando non si sarà giunti ad un accordo. 3. PROMULGAZIONE: conclusa la fase dell’approvazione, la legge sarà perfetta ma non ancora efficace; l’efficacia è data dalla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica: sarà il Governo a trasmettergli la legge. Il presidente svolge un controllo formale e sostanziale: ha il potere di rinviare la legge alle Camere con un messaggio motivato. È da considerare che: a) Sia l’atto che l’eventuale messaggio di rinvio devono essere controfirmati dal Governo; b) Il rinvio può essere compiuto una volta sola. L’Art.74.2 dice che “Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”. Il potere di rinvio non è un potere di veto, ma solo una forma di controllo con richiesta di riesame. Alla promulgazione segue la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e dopo 15 gg. entrerà in vigore. Riprendere da qui - rivedere la RISERVA DI LEGGE REFERENDUM Il referendum è la richiesta fatta dal corpo elettorale di esprimersi direttamente su una determinata questione; è uno strumento di democrazia diretta(il primo referendum abrogativo è stato nel 1974 sulla legge del divorzio); la Costituzione prevede quattro tipi di referendum: ABROGATIVO: è lo strumento con cui il corpo elettorale può incidere direttamente sull’ordinamento giuridico attraverso l’abrogazione di leggi o atti con forza legge o le singole disposizioni in esse contenute. Al corpo elettorale è data la possibilità di contestare le scelte compiute dalla maggioranza dei rappresentanti dell’elettorato stesso. È una forma di legislazione negativa perché serve solo a togliere le disposizioni di legge, ma il fatto che vengano eliminate non esclude il fatto che se ne possano introdurre delle altre. Questo referendum richiede un procedimento lungo e difficile, l’Art.75 disciplina che esso possa essere posto da 500.000 elettori o da 5 consigli regionali e di conseguenza si differenzia: a) RICHIESTA POPOLARE: l’iniziativa parte da un gruppo di promotori i quali depositano presso la Cancelleria della Corte di Cassazione il quesito che intendono sottoporre referendum; ne viene data notizia in Gazzetta Ufficiale ed entro 6 mesi devono essere raccolte le firme debitamente autenticate e depositate presso la cancelleria; b) RICHIESTA REGIONALE: i consigli di almeno 5 regioni devono approvare la richiesta a maggioranza assoluta; la richiesta va depositata da appositi delegati, presso la Cancelleria della Cassazione. Le richieste vanno depositate tra l’1 gennaio e il 30 settembre, non possono essere depositate nell’anno precedente alla scadenza ordinaria della legislatura e nei 6 mesi successivi alla convocazione dei comizi elettorali. Presso la Cassazione si costituisce l’Ufficio centrale per il referendum che esamina le richieste per giudicare la conformità alla legge. Entro il 31 ottobre può rilevare le eventuali irregolarità che possono essere sanate, questa fase deve chiudersi entro il 15 dicembre con una decisione definitiva dell’Ufficio sulla legittimità dei quesiti: quelli dichiarati illegittimi vengono trasmessi alla Corte Costituzionale per il giudizio di ammissibilità. Il parametro di giudizio non è la legge ordinaria ma la Cost.: l’Art. 75.2 prevede che alcune materie siano escluse dal referendum. La decisione della Corte deve essere pubblicata entro il 10 febbraio dell’anno successivo. Se la Corte dichiara ammissibile il referendum il Presidente deve fissare il giorno della votazione tra il 15 aprile e il 15 giugno. L’ufficio centrale accerta che alla votazione abbia preso parte la maggioranza degli aventi diritto al voto, altrimenti fallisce la legge, e accertata la somma di voti validi favorevoli proclama il risultato del referendum: se è favorevole il Presidente con il proprio decreto dichiara l’avvenuta abrogazione che viene immediatamente pubblicato sulla Gazzetta e l’abrogazione avrà effetto il giorno successivo; il Presidente della Repubblica su iniziativa del Governo può ritardare l’entrata in vigore per un termine non superiore a 60 giorni. Le procedure si interrompono: - In caso di scioglimento anticipato delle Camere il procedimento riprende un anno dopo l’elezione; - In caso in cui la legge venga abrogata prima dello svolgimento del referendum, l’ufficio dichiarerà che le operazioni non avranno più corso. APPROVATIVO/SOSPENSIVO: CONSULTIVO: DI REVISIONE COS.: CONTROLLO DI COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI L’Art.134.1 dice che la Corte Costituzionale “giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza legge, dello Stato e delle Regioni”, questo ha posto alcuni problemi interpretativi: 1. Si deve chiarire cosa si intende per legge: si intendono gli atti che hanno la forma della legge e il grado gerarchico delle fonti primarie e anche le leggi costituzionali, anche se poste in una posizione gerarchica differente. Al giudizio di legittimità si estende non solo ai vizi formali(violazione delle regole procedurali) ma anche a quelli materiali(violazione dei limiti posti dalla Cost.). Se non ci fosse la possibilità di provocare un giudizio di legittimità sulle leggi di revisione , il rispetto dei limiti imposti dall’Art.139 resterebbe soltanto alla buona volontà delle forze politiche o al controllo politico del corpo elettorale. I vizi si distinguono in: a) FORMALI: riguardano il procedimento di formazione dell’atto legislativo: colpiscono gli atti che hanno seguito un procedimento diverso rispetto a quello prescritto dalla Costituzione. Questi vizi invalidano l’intero atto, ma in certi casi è possibile che colpiscano le singole disposizioni; b) MATERIALI: riguardano i contenuti normativi dell’atto legislativo: non colpiscono l’atto ma le singole disposizioni, le quali risulteranno viziate perché il loro contenuto normativo risulta in contrasto con le norme ricavabili dalle disposizioni costituzionali. 2. Un altro problema è stato quello inerente all’impugnamento delle sole leggi successive o anche quelle precedenti alla Cost.; davanti alla Corte: le leggi antecedenti possono essere impugnate solo per vizi materiali, quindi non possono essere considerati incostituzionali atti approvati con procedure che risultino diverse da quelle della Costituzione. 3. L’indicazione degli atti aventi forza legge sta a significare che sono escluse dal sindacato di legittimità costituzionale le fonti-fatto: sono escluse non solo le consuetudini, ma anche le norme proventi da altri ordinamenti. 4. Che gli atti sindacabili debbano avere forza di legge significa che la tipologia degli atti di cui la Corte può giudicare la legittimità è chiusa; comprende i decreti-legge, i decreti legislativi. Sono esclusi i regolamenti dell’esecutivo e gli altri regolamenti amministrativi. Qualche problema pratico si pone per l’impugnazione dei decreti-legge , perché se non vengono convertiti in tempo la decadenza ha effetto su tutti i rapporti sorti sulla sua base: viene meno l’oggetto dell’impugnazione e la Corte dichiarerebbe la questione inammissibile. Se venisse convertito in legge, vi sarebbe una novazione della fonte: la Corte ha stabilito che in questo caso la questione si trasferirebbe direttamente alla legge. Le ipotesi rimangono 2: a) Che il decreto venga impugnato e giudicato dalla Corte nei 60 gg. di vigenza provvisoria(i tempi sono ristretti ed è difficile che si possa verificare) oppure in sede di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato; b) Che il decreto venga reiterato contro quanto stabilito dalla stessa Corte. Le leggi regionali sono equiparate alle leggi dello Stato: non esistono atti con forza di legge regionali, infatti la Corte ha negato di poter sindacare i regolamenti interni dei Consigli regionali ritenendoli estranei alle fonti dell’ordinamento generale. DIRITTO DI UGUAGLIANZA L’Art.3 enuncia il principio di uguaglianza e ne dà una formulazione complessa: nel primo comma si esprimono il principio di uguaglianza formale e il nucleo forte del principio di uguaglianza. L’uguaglianza formale stabilisce che: “si devono trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni diverse” questo principio si dice formale perché è enunciato come formula astratta. Questa prescrizione si rivolge al legislatore a cui viene vietato di creare privilegi o discriminazioni ingiustificate: siccome il diritto si occupa degli uomini e dei loro comportamenti, e gli uomini son tutti diversi e diverse le situazioni che essi creano, non vi è mai uguaglianza o diseguaglianza assoluta ma somiglianza o dissomiglianza. Il nucleo forte del principio di uguaglianza vieta distinzioni “di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali” il nucleo forte non comporta un divieto assoluto al legislatore di introdurre differenziazioni basate sui fattori indicati, ma vieta di farne il motivo di una discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà. Nel secondo comma si esprime il principio di eguaglianza sostanziale la quale punta a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che impediscono l’eguale godimento dei diritti e delle libertà. Mentre il principio di uguaglianza formale sembra promettere leggi il più generali e astratte possibili, quello sostanziale sembra volere leggi che tendano a provvedere alle singole situazioni di svantaggio; i due principi di uguaglianza si limitano e completano a vicenda perché quello sostanziale impedisce l’eccesso di rigore dell’uguaglianza formale mentre quello formale impedisce alle azioni positive di diventare a loro volta fonte di ingiustizia.