Conoscenze preliminari - Percezione, temporalità, emozione PDF
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This document provides introductory knowledge on perception, temporality, and emotion. It discusses various concepts related to these topics, including phenomenological perspectives on perception and the role of perception in human experience.
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PERCEZIONE E FENOMENOLOGIA ¡ Nel detto fenomenologico “alle cose stesse” c’è un implicito richiamo al tornare al mondo della percezione il quale è antecedente ad ogni concettualizzazione e interpretazione scientific...
PERCEZIONE E FENOMENOLOGIA ¡ Nel detto fenomenologico “alle cose stesse” c’è un implicito richiamo al tornare al mondo della percezione il quale è antecedente ad ogni concettualizzazione e interpretazione scientifica «Quando lo scienziato dice ‘questo pezzo di platino è in verità un complesso di atomi con questa e questa FENOMENOLOGIA E caratteristica, dotato di questi e questi stati di PERCEZIONE movimento e così via’, egli determina, con tali affermazioni, pur sempre questa cosa qui che egli vede, che ha in mano, che pone sul piatto della bilancia e così via, oppure parla in generale di cose di tal sorta. Tutti i giudizi sulla realtà che lo scienziato fonda, rimandano a semplici percezioni e ai ricordi, e si riferiscono al mondo che giunge ad una prima datità in tale semplice esperienza. FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE Ogni fondazione mediata, così come è compiuta dalla scienza, si basa proprio su una datità immediata, ed i vissuti in cui la realtà giunge a immediata datità sono la percezione, il ricordo e, secondo una certa immediatezza, anche l’attesa e gli atti simili all’attesa» [E. Husserl, La cosa e lo spazio (1907), p. 7] ¡ Nel richiamo alla percezione è sottesa una critica allo scientismo ovvero alla tendenza diffusa a assumere un atteggiamento apparentemente radicale ma in realtà solamente astratto, non tenendo conto che la percezione è la modalità di relazione intenzionale che permette un accesso diretto al mondo FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE ¡ D’altronde nella vita quotidiana non interagiamo con oggetti teorici ideali, bensì con oggetti d’uso, con tavoli, libri, computer etc. ¡ La nostra conoscenza del mondo scaturisce attraverso una prospettiva in prima persona e senza questa prospettiva la scienza non sarebbe possibile FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE «La percezione non è una scienza del mondo, non è nemmeno un atto, una presa di posizione deliberata, ma è lo sfondo sul quale si staccano tutti gli atti ed è da questi presupposta. Il mondo non è un oggetto di cui io posseggo nel mio intimo la legge di costituzione, ma è l’ambiente naturale, il campo di tutti i miei pensieri e di tutte le mie percezioni esplicite. La verità non “abita” soltanto l’uomo interiore o meglio non v’è un uomo interiore: l’uomo è nel mondo, e nel mondo egli si conosce. Quando ritorno in me a partire dal dogmatismo del senso comune o dal dogmatismo della scienza, io trovo non un nucleo di verità intrinseca, ma un soggetto votato al mondo» [M. Merlau-Ponty, Fenomenologia della percezione, (1945); tr. it. di A. Bonomi, Bompiani, Milano 20094, p. 19]. FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE ¡ Persino i risultati scientifici più esatti presuppongono l’evidenza del mondo della vita relativo a un soggetto ¡ La conoscenza scientifica come conoscenza in terza persona dipende dalle osservazioni e dalle esperienze degli individui: è una conoscenza condivisa da una collettività di soggetti d’esperienza FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE ¡ Husserl distingue tre modalità d’intendere un oggetto o uno stato di cose: signitiva, immaginativa, percettiva ovvero: 1. Posso parlare dell’albero di mele presente nel giardino presente nel giardino di mia nonna che non ho mai visto ma di cui mi hanno raccontato 2. Posso vedere un disegno dell’albero di mele 3. Posso percepire direttamente l’albero di mele Per Husserl queste modalità di riferirmi a un oggetto non sono disconnesse le une dalle altre ma hanno una specifica relazione gerarchica che dipende dalla loro capacità di restituirci l’oggetto OPERAZIONI SIGNITIVE, IMMAGINATIVE, PERCETTIVE ¡ Il livello più basso è quello signitivo e si costituisce attraverso un atto linguistico: gli atti signitivi sono privi di contenuto intuitivo diretto e non mostrano l’oggetto in carne ed ossa ¡ Negli atti immaginativi o pittorici abbiamo un certo contenuto intuitivo (l’immagine dell’albero di mele rappresentata nel disegno) ma sempre in maniera indiretta. Gli atti immaginativi o pittorici si rivolgono ad un oggetto che ha una certa somiglianza con l’oggetto così come appare da una certa prospettiva ¡ Attraverso la percezione abbiamo l’oggetto in maniera diretta LA PERCEZIONE CI METTE DI FRONTE AGLI OGGETTI STESSI PERCEZIONE SENSIBILE «Intendendo la percezione “sensibile” in senso ristretto, è afferrato direttamente o presente in se stesso un oggetto che si costituisce nell’atto percettivo in modo semplice [schlicht]. Ma con ciò si vuol dire quanto segue: l’oggetto è immediatamente dato anche nel senso che esso, in quanto percepito con questo determinato contenuto oggettuale, non si costituisce in atti relazionali, connettivi o comunque articolati che sono fondati in altri atti i quali portano alla percezione oggetti di altro genere. Gli oggetti sensibili si presentano nella percezione in un atto di un solo grado» [E. Husserl, Ricerche logiche, (1901), cit., p. 448]. FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE ¡ Una peculiarità dell’approccio fenomenologico al carattere intenzionale della percezione è rivolta a sottolinearne la natura diretta ¡ Tutti i tipi presentificazione, siano essi ricordi o immaginazioni sono derivati da una presentazione ¡ I fenomenologi respingono le teorie rappresentazionaliste della percezione come ad esempio quella proposta da Locke FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE «Non ho la pretesa di insegnare, ma di indagare, e perciò non posso fare altro che confessare, ancor qui, che la sensazione esterna e quella interna sono le sole vie che io possa trovare per le quali la conoscenza passa all’intelligenza. Queste soltanto, a quanto io riesco a scoprire, sono le finestre per le quali la luce riesce a penetrare in questa camera oscura. Poiché a mio credere, l’intelligenza non è molto dissimile da una stanzuccia del tutto chiusa alla luce, nella quale sono state lasciate soltanto alcune piccole aperture da cui possono entrare le forme visibili esterne: [se le immagini che entrano in questa camera oscura potessero fermarvisi], rimanervi così bene ordinate da potervele ritrovare all’occorrenza, essa rassomiglierebbe molto all’intelligenza dell’uomo, per quanto riguarda tutti gli oggetti della vista e le corrispondenti idee» [J. Locke, Saggio sull’intelletto umano (1690), Laterza, Roma-Bari 1972, p. 92] FENOMENOLOGIA E PERCEZIONE ¡La coscienza non è un contenitore di rappresentazioni che assomigliano agli oggetti esterni ¡Credere ciò conduce al problema dell’omuncolo. ¡Scrive Husserl: «L’io non è un omuncolo in una scatola che guarda le immagini e poi qualche volta lascia la scatola per confrontare gli oggetti esterni e interni ecc. Per un simile io contemplatore di immagini l’immagine stessa sarebbe qualcosa di esterno, richiederebbe che coincidesse essa stessa con un’altra immagine interna, e così via ad infinitum» [E. Husserl, Transzendentaler Idealismus. Texte aus dem Nachlass (1908-1920), Husserliana XXXVI, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht 2003, p. 106] PERCEZIONE E TEORIA DELLE IDEE Gli oggetti immediati della percezione non sono fisici, non sono entità specifiche ma idee ovvero rappresentazioni. Nel caso delle allucinazioni o delle illusioni non percepiamo oggetti fisici percettivi Di tale avviso è Hume il quale osserva: «Il tavolo reale che vediamo sembra diminuire di dimensioni mano a mano che ci allontaniamo da esso; ma il tavolo reale che esiste in maniera indipendente a noi non si altera. Pertanto l’unica cosa presente alla mente non è altro che l’immagine, non il tavolo reale» FENOMENOLOGIA DEL CONTESTO ¡ Le sensazioni possono essere 1. Elementi meramente passivi e necessitano dell’intervento della soggettività per essere codificate 2. Forme di organizzazione che si strutturano a livello passivo e si manifestano con una forma complessa ¡ In ambito fenomenologico si è soliti distinguere due tipologie di percezione: una percezione del primo piano [Vordergrundswahrnehmung] e una percezione dello sfondo [Hintergrundswahrnehmung]; l’attenzione rende possibile lo slittamento dall’Hintergurnd al Vordergrund ¡ Il contesto influisce in maniera decisiva sulle nostre dinamiche percettive ILLUSIONE DI MÜLLER-LYER L’ILLUSIONE DI EBBINGHAUS «La percezione immanente e quella trascendente non si distinguono soltanto per il fatto che nel primo caso l’oggetto intenzionale, che è presente in carne e TRA IMMANENZA E ossa, è effettivamente immanente al percepire, mentre TRASCENDENZA nel secondo caso non lo è; […] È dunque un errore di principio credere che la percezione (e alla sua maniera ogni genere di intuizione della cosa) non raggiunga la cosa stessa. Quest’ultima non ci sarebbe data in sé e nel suo essere-in-sé. Apparterrebbe a ogni esistente la possibilità di principio di essere semplicemente intuito così com’è, e in particolare di essere percepito in una percezione adeguata, capace di offrire la cosa in carne e ossa senza la mediazione delle “manifestazioni”. Dio, il soggetto fornito di una conoscenza assolutamente perfetta e quindi di ogni possibile percezione adeguata, possiederebbe naturalmente quella TRA IMMANENZA E percezione della cosa in sé che a noi, nature finite, è TRASCENDENZA negata. Questa concezione è assurda. Essa suppone che tra immanente e trascendente non sussista nessuna differenza essenziale e che quindi, nella postulata intuizione divina, una cosa spaziale sia una componente effettiva dell’intuizione stessa, sia dunque essa stessa un vissuto, appartenente alla corrente dei vissuti, alla corrente della coscienza divina [E. Husserl, Idee I, (1913), cit., p. 100 e ss.] «La cosa spaziale, che noi vediamo, è in tutta la sua trascendenza qualcosa di percepito, qualcosa di dato alla coscienza nella sua presenza in carne e ossa. Non è che al suo posto sia data una immagine o, un segno. Non si sostituisca dunque al percepire una coscienza del segno o di immagine. […] negli atti immediatamente intuitivi noi intuiamo “qualcosa in se stesso”; non costruiamo sulle loro apprensioni delle apprensioni di grado superiore, non vi è TRA IMMANENZA E nulla di dato alla coscienza rispetto a cui ciò che è intuito potrebbe servire da “segno” o da “immagine” […] TRASCENDENZA Alla percezione della cosa inerisce inoltre, e anche questa è una necessità essenziale, una certa inadeguatezza. Una cosa può principio essere data solo “unilateralmente”, il che significa solo incompiutamente, imperfettamente in un senso generico, ma in quel senso che è prescritto dalla presentazione per adombramenti» (E. Husserl, Ibidem). PERCEZIONE E APPERCEZIONE ¡ L’appercezione presuppone ed è fondata su una percezione. “Appercepire” significa afferrare qualcosa che va al di là di ciò che è effettivamente percepito ¡ Nella percezione si ha un’esperienza diretta della datità dell’oggetto mentre nell’appercezione si percepisce un senso dell’oggetto, una sua caratteristica ¡ Nella percezione di questa slide voi percepite direttamente ciò che è appare scritto e appercepite, la luce attraverso la quale l’immagine viene proiettata dal proiettore alla superficie PERCEZIONE E APPERCEZIONE ¡ La percezione richiede un orizzonte di senso che è co-inteso e appreso ¡ Nelle Lezioni sulla sintesi passiva, Husserl definisce l’appercezione come la coscienza che afferra qualcosa che non è presente in maniera originaria ¡ L’Appercezione richiede una certa consapevolezza delle proprietà, dei profili, degli orizzonti che non sono dati attraverso la percezione sensibile ¡ Mentre vi trovate seduti qui di fronte a me non siete solo consapevoli di essere in un’aula ma siete anche consapevoli di essere in aula del polo didattico di Via D’Azeglio, il quale si trova nella zona centrale di Parma, una città dell’Emilia Romagna, regione del centro-nord dell’Italia PERCEZIONE E APPERCEZIONE ¡ Secondo la fenomenologia esiste una correlazione trascendentale tra ciò che è inteso e ciò che viene appercepito ed è quindi co-inteso ¡ Distinzione tra Ding, Gegenstand, Sache, Objekt TEMPORALITÀ (CONOSCENZE PRELIMINARI) LOCKE: RIFLESSIONE E IDENTITÀ PERSONALE «Per trovare in che cosa consista l’identità personale, dobbiamo considerare per che cosa sta la parola persona; e sta, credo, per un essere pensante intelligente, dotato di ragione e di riflessione, che può considerare se stessa come se stessa, cioè la stessa cosa pensante, in diversi tempi e luoghi, il che accade solamente mediante quella coscienza che è inseparabile dal pensare e, a me risulta, essenziale ad esso, giacché è impossibile che qualcuno percepisca, senza percepire che percepisce. Quando vediamo, udiamo, odoriamo, gustiamo, sentiamo, meditiamo o vogliamo qualcosa, sappiamo di farlo. Così avviene sempre per ciò che riguarda le nostre sensazioni e percezioni presenti, e così ciascuno è per se stesso ciò che chiama io: poiché non si considera in questo caso se lo stesso io continui nella stessa sostanza o in sostanze diverse. LOCKE: RIFLESSIONE E IDENTITÀ PERSONALE Infatti, poiché la coscienza accompagna sempre il pensare ed è ciò che fa sì che ognuno sia quello che egli chiama io, distinguendo con ciò se stesso da tutti gli altri esseri pensanti, in questo solo consiste l’identità personale, cioè nel fatto che un essere razionale è sempre lo stesso. E fin dove questa coscienza può essere estesa indietro ad una qualsiasi azione o pensiero del passato, fin lì giunge l’identità di quella persona; si tratta dello stesso io ora e allora ed è dallo stesso io – lo stesso di quello attuale che ora riflette su di esso – che quell’azione vene compiuta» (J. Locke, Saggio sull’intelletto umano, Libro II, Capitolo XXVII, § 11). TEMPO E MEMORIA ¡ Viviamo in un mondo coerente e dotato di significato perché abbiamo la capacità di orientarci nel flusso dell’esperienza senza perderci in esso ¡ Una delle scoperte fondamentali delle ricerche sulla memoria è che la memoria non è una facoltà mentale singola bensì composta da un insieme di processi distinti e dissociabili 1. Memoria episodica ovvero il nostro ricordo delle vacanze passate 2. Memoria di lavoro cioè la capacità di leggere e ricordare un numero di telefono a otto cifre per un tempo sufficiente a premere i tasti sul telefono 3. Memoria procedurale per esempio il ricordo di come si fa ad andare in bicicletta 4. Memoria semantica ovvero il ricordo del nome dell’attuale presidente del Consiglio TEMPO E MEMORIA Il ruolo centrale della temporalità nell’esperienza è confermato attraverso le tecniche di brain imaging ovvero se si monitora il cervello di persone alle quale viene chiesto di svolgere compiti di memoria diversi, si è osservato che le aree del cervello interessate sono differenti Nel caso dell’amnesia anterograda o della perdita della memoria non si tengono a mente eventi nuovi abbastanza a lungo affinché la memoria episodica li catturi La temporalità e certe strutture temporali sono assolutamente essenziali per l’esperienza, la percezione e l’azione TEMPORALITÀ E SOGGETTO «Non vi sono problemi dominanti e problemi subordinati: sono tutti concentrici. Analizzare il tempo non significa trarre le conseguenze di una concezione prestabilita della soggettività, ma accedere attraverso il tempo alla sua struttura concreta. Se comprenderemo il soggetto, non lo comprenderemo nella sua pura forma, ma cercandolo nell’intersezione delle sue dimensioni» [M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, (1945), cit., p. 526]. Se vogliamo comprendere il carattere dinamico delle nostre esperienza non possiamo ignorare il ruolo del tempo TEMPORALITÀ E FLUSSO DI COSCIENZA Il flusso della coscienza è un insieme di esperienze unificate sia in ogni istante temporale sia nel corso del tempo, sia sincronicamente sia diacronicamente ¡ Come si ha coscienza del tempo? ¡ Nella vita di tutti i giorni, assumiamo tutti di fare esperienza diretta del mutamento e della persistenza. Quest’aspetto è maggiormente evidente se prendiamo in considerazione un oggetto temporale come una melodia in quanto per percepire un oggetto come perdurante nel tempo, le fasi successive della coscienza devono in qualche modo essere unite esperienzialmente ¡ Si tratta di comprendere come è possibile questa connessione senza cadere nella trappola del regresso all’infinito DAINTON E LA CONSAPEVOLEZZA SIMULTANEA B. Dainton in un’opera intitolata “Stream of Consciousness: Unity and Continuity in Conscious Experience” (Routledge: London 2000), perfezionando un’idea già proposta d Hermann Lotze e William James, formula il principio della consapevolezza simultanea. Secondo questo principio, sono simultaneamente consapevole di qualcosa di più della singola porzione di un oggetto temporale, la quale è esperita come tale solo se è afferrata simultaneamente da un istantaneo atto unitario di coscienza Quando siamo consapevoli di qualcosa dotato di estensione temporale ovvero qualcosa che comprende il passato immediato, la consapevolezza in quanto tale deve necessariamente essere collocata nel presente: deve essere puntiforme e istantanea TEMPORALITÀ E PERSONA «La verità è che come certe piante, crescendo, si sdoppiano, così, faccia faccia con il bambino sensitivo che unicamente ero stato, c’era adesso un uomo del tutto opposto, pieno di buon senso, severo verso la sensibilità morbosa degli altri, un uomo somigliante a ciò che i miei genitori erano stati per me. Evidentemente, poiché ciascuno deve far continuare in sé la vita dei suoi, l’uomo posato e beffardo che all'inizio non esisteva dentro di me si era poi aggiunto a quello sensibile, ed era naturale che io fossi a mia volta così come i miei genitori erano stati. TEMPORALITÀ E PERSONA Inoltre, nel momento in cui si formava, questo nuovo io trovava bell’e pronto il proprio linguaggio nel ricordo di quello, ironico e rimbrottante, [che mi era stato rivolto, che io dovevo adesso rivolgere agli altri], e che fluiva affatto naturalmente dalla mia bocca, sia ch’io l’evocassi per mimetismo e associazione di ricordi, sia che le delicate e misteriose incrostazioni del potere genetico avessero a mia insaputa disegnato in me, come sulla foglia di una pianta, le stesse intonazioni, gli stessi gesti, gli stessi atteggiamenti che erano stati di coloro dai quali ero uscito» [M. Proust, La Prigioniera, in Alla ricerca del tempo perduto, Mondadori, Milano 1989, p. 498] TEMPO FENOMENOLOGICO «La proprietà essenziale, che il titolo “temporalità” esprime per i vissuti in generale, non indica soltanto qualcosa che universalmente appartiene a ogni vissuto, ma anche una forma necessaria che unisce i vissuti tra loro. Ogni vero vissuto è necessariamente qualcosa che dura; e con questa durata si inserisce in un infinito continuo di durate, un continuo riempito. Esso ha necessariamente un orizzonte temporale riempito e onnilateralmente infinito. Il che significa che esso rientra in un’unica infinita “corrente di vissuti”. Ogni singolo vissuto, per esempio il vissuto di una gioia, come può cominciare, così può finire e concludere la sua durata. Ma la corrente dei vissuti non può né cominciare né finire. TEMPO FENOMENOLOGICO Ogni vissuto, come essere temporale, è un vissuto del suo io puro. Da qui la possibilità che l’io diriga il suo sguardo puro su questo vissuto e lo afferri come veramente esistente o come perdurante nel tempo fenomenologico» [E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. Volume I. Introduzione generale alla fenomenologia pura, (1913), tr. it. a cura di V. Costa, Einaudi, Torino 2002, p. 186]. TEMPORALITÀ E EVIDENZA «Lo studio della corrente dei vissuti viene realizzato, da parte sua, attraverso diverse specie di atti riflessivi di struttura particolare, che appartengono a loro volta alla corrente dei vissuti e che possono e debbono diventare oggetto di analisi fenomenologiche attraverso corrispondenti riflessioni di grado superiore. Infatti, queste analisi sono fondamentali per l’elaborazione di una fenomenologia generale e per raggiungere l’evidenza metodologica che l’è assolutamente indispensabile» [E. Husserl, Idee I, cit., p. 187]. CARATTERE STRUTTURALE DEL TEMPO «La temporalità è evidentemente una struttura organizzata ed i tre pretesi “elementi” del tempo: passato, presente, avvenire, non devono essere considerati come una collezione di “data” di cui bisogna fare la somma – per esempio come una serie infinita di “adesso” dei quali gli uni non sono ancora e gli altri non sono più – ma come dei momenti strutturali di una sintesi originale. Altrimenti incontriamo subito questo paradosso: il passato non è più, l’avvenire non è ancora, quanto al presente istantaneo si sa che non è affatto, che è limite di una divisione infinita, come il punto senza dimensione. CARATTERE STRUTTURALE DEL TEMPO Così tutta la serie si annulla e doppiamente, perché per esempio, l’“adesso” futuro è un nulla in quanto futuro e si realizzerà in nulla quando passerà allo stato di “adesso” presente. Il solo metodo possibile per studiare la temporalità è di affrontarla come una totalità che regge le strutture subordinate e che conferisce ad esse il loro significato» [J.P. Sartre, L’essere e il nulla, (1943), il Saggiatore, Milano 2002, p. 145]. «La temporalità è spesso considerata come alcunché di indefinibile. Tutti ammettono peraltro che essa è prima di tutto successione. E la successione, a sua volta, può essere definita come un ordine il cui principio ordinatore è la relazione prima-dopo. La molteplicità temporale IL TEMPO è una molteplicità ordinata secondo il prima- dopo. Conviene dunque, per cominciare, COME considerare la costituzione e le esigenze dei SUCCESSIONE termini prima e dopo. E ciò che chiameremo la statica temporale, perché queste nozioni di prima e dopo possono essere considerate sotto un aspetto strettamente ordinativo ed indipendentemente dal cambiamento propriamente detto» [J.P. Sartre, L’essere e il nulla, cit., p. 169]. «Dobbiamo comprendere il tempo come soggetto e il soggetto come tempo. Evidentemente, questa temporalità originaria non è una giustapposizione di eventi esteriori, essendo la potenza che li mantiene insieme allontanandoli l'uno dall’altro. La soggettività ultima non è temporale nel senso empirico della parola: se la coscienza del tempo fosse fatta di stati di coscienza che si succedono, per avere coscienza di questa successione occorrerebbe una nuova coscienza, e così via. Siamo quindi TEMPO E costretti ad ammettere “una coscienza che, per SOGGETTO essere autocoscienza, non abbia più dietro a sé nessuna coscienza”, che, di conseguenza, non sia dispiegata nel tempo e il cui “essere coincida con l’essere per sé”. Possiamo dire che la coscienza ultima è “senza tempo”, nel senso che non è intratemporale» [M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, (1945), tr. it. di A Bonomi, Bompiani, Milano 203, p. 540]. «Il tempo è alla lettera il senso della nostra vita, e, come il mondo, non è accessibile se non a colui che vi è situato e che ne sposa la direzione. Ma l’analisi del tempo non era solamente un’occasione per ripetere quanto avevamo detto a proposito del mondo. Essa chiarisce le precedenti analisi, in quanto fa apparire il soggetto e TEMPO E l’oggetto come due momenti astratti di una SOGGETTO struttura unica che è la presenza. Attraverso il tempo si pensa l’essere: infatti, attraverso i rapporti tra il tempo soggetto e il tempo oggetto si possono comprendere quelli fra il soggetto e il mondo» [M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 549]. «Non: il tempo è, ma: l’esser-ci temporalizza in quanto tempo il suo essere. Il tempo non è cosa che compare in una qualunque parte dall’esterno come cornice degli avvenimenti del mondo; né qualcosa che ronza da qualche parte all’interno TEMPO E della coscienza, ma è ciò che rende possibile l’essere avanti a sé nell’essere già presso di sé, ESSERE cioè ciò che rende possibile l’essere della cura. A ben guardare, il tempo, così come lo conosciamo quotidianamente e del quale teniamo conto, non è altro che il si al quale l’esser-ci nella sua quotidianità scade. L’essere nell’essere-con-gli-altri nel mondo, e ciò e ciò TEMPO E vuol dire anche nello svelamento insieme con gli altri dell’unico mondo nel quale siamo, è l’essere nel si ed è ESSERE un determinato tipo di temporalità» [M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo, (1925), tr. it. di R. Cristin, il melangolo, Genova 1999, p. 397]. «La persona vive senz’altro nel tempo, e nel tempo compie, variando i suoi atti; non vive, però nel tempo fenomenico immediatamente dato nel flusso dei processi psichici interiormente percepito, e nemmeno TEMPO E nel tempo obiettivo della fisica, nel quale non ci sono né “rapido” né “lento”, né durata (perché la durata PERSONA figura soltanto come caso limite della successione) e non ci sono nemmeno le dimensioni fenomeniche del presente, del passato e del futuro, perché gli stessi punti di passato e futuro del tempo fenomenico vengono considerati “come” possibili punti del presente. Dal momento che la persona compie la sua esistenza solo nell’esperire le sue possibili esperienze, non ha senso pretendere di TEMPO E afferrarla nelle esperienze già vissute. Finché PERSONA guardiamo a queste “esperienze” per così dire, e non all’esperire le esperienze, la persona rimane del tutto trascendente» [M. Scheler, Il Formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, (1913-1916), tr. it. di R. Guccinelli, Bompiani, Milano 2013, p. 751]. Tempo fenomenologico è tempo posseduto da un vissuto considerato non come isolato ma come parte di un flusso di coscienza Temporalità come qualità che appartiene a ogni vissuto TEMPORALITÀ E COSCIENZA Temporalità come forma che connette i vissuti tra loro La corrente dei vissuti è analizzabile attraverso atti riflessivi di natura particolare CONOSCENZE PRELIMINARI EMOZIONE E SENTIMENTO Stato, atto per il quale un essere vivente avverte il EMOZIONE valore che una situazione determinata possiede per la PATHOS (GR), sua vita AFFECTUS O PASSIO (LAT), Ogni affezione dell’anima che sia accompagnata dal EMOTION (EN), piacere o dal dolore EMOTION/ GEMÜT (DE) Emozione come reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata che comporta una variazione a livello somatico, vegetativo e psichico Emozioni primarie Emozioni (gioia, dolore, secondarie o sociali tristezza, paura, (imbarazzo, gelosia, rabbia sorpresa, colpa, orgoglio) TIPOLOGIE DI disgusto) EMOZIONI Emozioni di fondo (benessere, malessere, calma, tensione) Le emozioni sono complicate collezioni di risposte chimiche e neurali e hanno un ruolo regolatore Sono processi determinati biologicamente, dipendenti da dispositivi cerebrali predisposti in modo innato STRUTTURA DELLE EMOZIONI Le emozioni usano il corpo come teatro influenzando, allo stesso tempo, la modalità di funzionamento di numerosi circuiti cerebrali Si prova un’emozione quando l’organismo elabora certi oggetti o situazioni con uno dei suoi dispositivi sensoriali, o quando la mente di un organismo evoca alla memoria certi oggetti o situazioni SENTIMENTO FEELING (EN), SENTIMENT (FR), GEFÜHL (DE) 1. Spesso usato come sinonimo di emozione 2. «Opinione»: nel senso in cui si dice «ho il sentimento che qualcosa non va» ovvero nell’accezione di impressione 3. La fonte delle emozioni ovvero il principio, la facoltà, l’organo da cui scaturiscono le emozioni (senso morale, funzione affettiva, facoltà desiderativa) CARTESIO LE PASSIONI DELL’ANIMA (1649) Articolo XVII «Dopo aver esaminato così tutte le funzioni che appartengono unicamente al corpo, è facile rendersi conto che non resta niente in noi che dobbiamo attribuire alla nostra anima, ad eccezione dei nostri pensieri, che sono principalmente di due tipi: cioè, gli uni sono le azioni dell’anima, gli altri sono le passioni. Quelle che chiamo sue azioni, sono tutti i nostri atti volontari, poiché sperimentiamo che essi vengono direttamente dalla nostra anima e sembrano dipendere solo da essa. Come, al contrario si possono, generalmente definire sue passioni, tutti i tipi di percezioni o conoscenze che si trovano in noi, perché spesso non è la nostra anima che le fa tali quali sono, e le riceve sempre dalle cose che sono rappresentate da esse» Articolo XXIV CARTESIO «Le percezioni che riferiamo al nostro corpo, o ad LE PASSIONI alcune sue parti, sono quelle che abbiamo della fame, DELL’ANIMA della sete, e dei nostri altri appetiti naturali; alle quali possiamo aggiungere il dolore, il calore, e le altre (1649) affezioni che sentiamo come nelle nostre membra, e non come negli oggetti che sono fuori di noi» Articolo XXV «Le percezioni che riferiamo solamente all’anima, sono quelle i cui effetti si sentono come nell’anima stessa, e delle quali solitamente non si conosce nessuna causa prossima, a cui le si possa riferire. Tali sono i sentimenti di gioia, di collera, e altri simili, che a CARTESIO volte sono eccitati in noi dagli oggetti che LE PASSIONI muovono i nostri nervi, e talvolta anche da altre cause. Ora benché tutte le nostre percezioni, tanto DELL’ANIMA quelle che riferiamo agli oggetti che sono fuori di noi, (1649) quanto quelle che riferiamo alle diverse affezioni del nostro corpo, siano veramente passioni riguardo alla nostra anima, quando assumiamo questo termine nel suo significato più generale, tuttavia, si è soliti limitarlo a indicare soltanto quello che si riferiscono all’anima stessa» HUTCHESON (1694-1746): SENTIMENTO E MORALE «The nature of human action cannot be sufficiently understood without considering the affections and passions; or those modifications, or actions of the mind consequent upon the apprehension of certain objects or events, in which the mind generally conceives good or evil» «Objects, actions, or events obtain the name of good, or evil, according as they are the causes, or occasions, mediately, or immediately, of a grateful, or ungrateful perception to some sensitive nature» ¡ Mediante la sensazione non si ricevono solo immagini o rappresentazioni ma anche alcuni sentimenti di piacere e dispiacere ¡ Emozioni, sentimenti o azioni sui quali noi HUTCHESON riflettiamo o osserviamo in altri si configurano come (1694-1746): percezioni di approvazione o disapprovazione SENTIMENTO E «These moral perceptions arise in us as MORALE necessarily as any other sensations; nor can we alter, or flop them, while our previous opinion or apprehension of the affection, temper or intention of the agent continues the same» ¡ Senso: determinazione mentale che si manifesta involontariamente ed è accompagnata da percezione del piacere o del dispiacere I SENTIMENTI ¡ Il titolo «passione» o «affetto» si riferisce a quelle SECONDO modificazioni o azioni della mente che derivano HUTCHESON dall’apprensione di certi oggetti o eventi in cui la mente riesce, in maniera generale, a concepire il bene e il male ¡ Le emozioni sono un tipo particolare di sensazione SENTIMENTI ED EMOZIONI: DAVID HUME «I dolori e i piaceri corporei sono l’origine di molte passioni, sia quando vengono provati sia quando sono considerati dalla mente; eppure sorgono originariamente nell’anima, o nel corpo, comunque lo si voglia chiamare, senza alcun pensiero o percezione che li preceda. Un attacco di gotta produce una lunga serie di passioni, come l’angoscia, la speranza, la paura; che tuttavia non deriva immediatamente da alcune affezioni o idee. Le impressioni di riflessione si possono suddividere in due generi: quelle calme e quelle violente. Appartengono al primo genere il senso del bello e del deforme nelle azioni, nelle composizioni, e negli oggetti esterni. Al secondo genere, invece, appartengono le passioni di amore e di odio, di angoscia e di gioia, di orgoglio e d’umiltà. Questa suddivisione è tutt’altro che esatta. I rapimenti della poesia e della musica assurgono spesso alle vette più alte; mentre le altre impressioni, che propriamente si chiamano passioni, possono degradarsi in un’operazione tanto scialba da diventare, in certo modo, SENTIMENTI impercettibile. […] Se gettiamo uno sguardo alle ED EMOZIONI: passioni, non possiamo che dividerle in dirette e DAVID HUME indirette. Per passioni dirette io intendo quelle che sorgono immediatamente dal bene o dal male, dal dolore o dal piacere. Per indirette, invece, quelle che derivano dai medesimi princìpi, ma unite ad altre qualità» «Siccome vizi e virtù non si possono scoprire con la semplice ragione, o confrontando le idee, deve essere in forza di una qualche impressione o sentimento che suscitano, che noi riusciamo a tracciare la differenza tra di essi. Le nostre decisioni sulla rettitudine e la depravazione morale sono evidentemente HUME E IL percezioni, e siccome tutte le percezioni sono impressioni o idee, l’esclusione di una è un argomento convincente a favore MORAL SENSE dell’altro. Quindi, la moralità è più propriamente sentita che giudicata; sebbene questa sensazione o sentimento sia di solito così morbido e gentile, che tendiamo a confonderlo con un’idea, secondo la nostra abitudine a considerare identiche le cose che si assomigliano fortemente tra loro» [D. Hume, Trattato sulla natura umana, Bompiani, Milano 2001, p. 931] «Siccome le impressioni distintive, con le quali conosciamo il bene o il male morale, non sono altro che particolari dolori o piaceri ne segue che in tutte le indagini su queste distinzioni morali, sarà sufficiente mostrare i principi che ci fanno sentire soddisfazione o disagio alla vista di certe qualità, per farci capire il motivo per cui una certa qualità sia lodevole o disdicevole. HUME E IL Un’azione, un sentimento, una qualità sono virtuosi o viziosi: perché? Perché la loro vista suscita un piacere o un dolore MORAL SENSE di tipo particolare. Dunque, nel dare ragione del piacere o del dolore, spiegheremo sufficientemente il vizio e la virtù. Possedere il senso della virtù non è altro che sentire una soddisfazione di un particolare genere dalla contemplazione di una certa qualità. Proprio questo sentire costituisce la nostra lode e ammirazione. Noi non andiamo oltre; né ci chiediamo la causa della soddisfazione» [Ivi, pp. 931-933] ADAM SMITH SENTIMENTI MORALI (1759) «Infatti come provare dolore e angoscia di qualsiasi genere provoca la più grande sofferenza, così rappresentarci o immaginare di provarlo suscita un certo grado della stessa emozione, in proporzione alla vivacità o alla debolezza della rappresentazione» «La folla quando guarda in alto verso un funambolo che danza, istintivamente si contorce, dimena e oscilla i corpi come vede fare da lui, e come sente che dovrebbe fare se fosse nella sua situazione» «La simpatia non sorge tanto dalla vista della passione quando dalla vista della situazione che la suscita. Proviamo a volte, al posto di un altro, una passione della quale lui stesso sembra del tutto incapace, perché ADAM SMITH quando ci mettiamo nei suoi panni, quella passione SENTIMENTI sorge in noi dall’immaginazione, nonostante non sorga in lui dalla realtà. Arrossiamo per la sfrontatezza e la MORALI (1759) rozzezza di un altro, nonostante egli stesso sembri non rendersi conto dell’inappropriatezza del suo comportamento, perché non possiamo evitare di sentire la vergogna di cui ci saremmo coperti se fossimo stati noi a comportarci in una maniera così assurda» KANT E IL SENTIMENTO MORALE (1797) «Il sentimento morale è la sensibilità per il piacere o il dispiacere derivante semplicemente dalla coscienza dell’accordo o del contrasto tra la nostra azione e la legge del dovere. Ogni determinazione dell’arbitrio, tuttavia, procede dalla rappresentazione dell’azione possibile, attraverso il sentimento di piacere o dispiacere che fa prendere interesse a quest’azione o al suo esito, fino all’atto. Ora la condizione estetica (la sollecitazione del senso interno) è o un sentimento patologico o un sentimento morale. Il primo è quel sentimento che precede la rappresentazione della legge, il secondo è quello che può soltanto seguirla. In verità non esiste il dovere di avere un sentimento morale o di acquisirlo: infatti questo sentimento è alla base della consapevolezza dell’obbligazione, affinché si possa divenire consapevoli dell’impostazione implicita nel concetto di dovere. Piuttosto, ogni uomo (in quanto essere morale) è originariamente dotato di questo sentimento, e l’unica obbligazione a tale riguardo quella di coltivarlo e di rafforzarlo grazie all’ammirazione per la sua imperscrutabile origine, la qual cosa si ottiene mostrando in che modo esso, a prescindere da qualsiasi eccitamento KANT E IL patologico e in tutta la sua purezza, venga sollecitato al massimo con la sola rappresentazione razionale. È SENTIMENTO improprio chiamare questo sentimento senso MORALE (1797) morale, poiché con il termine “senso” si intende comunemente una facoltà teoretica di percezione riferita a un oggetto fisico, mentre al contrario il sentimento morale (come il piacere e il dispiacere in generale) è qualcosa di semplicemente soggettivo che non fornisce alcuna conoscenza» «Contrariamente a quanto si usa dire, non abbiamo un “sesto senso” per il bene e il male (etici) come non KANT E IL l’abbiamo per la verità; ciò che abbiamo è caso mai la SENTIMENTO sensibilità con cui il libero arbitrio è messo in MORALE (1797) movimento della ragione pura pratica (e dalla sua legge), e questo è ciò che chiamiamo sentimento morale» NIETZSCHE E L’ILLUSIONE MORALE (1878-1881) «Tutti i giudizi sul valore della vita sono svolti illogicamente e sono pertanto ingiusti. L’impurità del giudizio sta innanzitutto nella maniera in cui il materiale si presenta, cioè molto incompleto, poi nella maniera in cui viene da esso formata la somma, e terzo, nel fatto che ogni singola parte del materiale è a sua volta il risultato di un conoscere non puro, e quest’ultima cosa invero per necessità assoluta. La conoscenza di un uomo, per esempio, per quanto egli possa esserci vicino non può mai essere completa al punto da avere, noi, un diritto logico a una valutazione globale dell’uomo; tutte le valutazioni sono avventate e devono esserlo. Infine il metro con cui misuriamo il nostro essere non è una grandezza invariabile; noi abbiamo stati d’animo e oscillazioni, e tuttavia dovremmo conoscere noi stessi come misura fissa per valutare giustamente il rapporto di una qualsiasi cosa con noi. Forse risulterà da tutto ciò che non si dovrebbe affatto giudicare; ma se soltanto si potesse vivere senza giudicare, senza nutrire avversioni o inclinazioni– poiché ogni sentimento di avversione è collegato a una valutazione, e altrettanto lo è ogni NIETZSCHE E sentimento di inclinazione. Un impulso verso L’ILLUSIONE qualcosa o contro qualcosa, senza il sentimento di MORALE volere ciò che è bene di rifuggire da ciò che è nocivo, un (1878-1881) impulso senza una specie di apprezzamento conoscitivo del valore dello scopo non esiste nell’uomo. Noi siamo già in partenza essere illogici e perciò ingiusti e possiamo conoscere ciò: è questa una delle più grandi e insolubili disarmonie dell’esistenza» [F. Nietzsche, Umano troppo umano (1878), § 32] «Abbi fiducia nel tuo sentimento! Ma i sentimenti non sono niente di ultimo, di originario; dietro ai sentimenti stanno giudizi e apprezzamenti di valore che abbiamo NIETZSCHE E ereditato nella forma di sentimenti (tendenze, L’ILLUSIONE antipatie). L’ispirazione che discende dal sentimento è nipote di un giudizio – e spesso di un falso giudizio! In MORALE ogni caso non del tuo proprio giudizio. Aver fiducia nel (1878-1881) proprio sentimento, significa obbedire al proprio nonno e alla propria nonna e ai loro progenitori, più che agli dei che sono in noi: la nostra ragione cioè e la nostra esperienza» WILLIAM JAMES (1842-1910) «Abitualmente si crede che, nelle forme grezze dell’emozione, l’impressione psichica recepita dalla percezione di un oggetto determinato ci provochi uno stato mentale chiamato emozione, e che quest’ultima implichi una certa manifestazione somatica. Al contrario, secondo la mia teoria, l’eccitazione somatica segue direttamente la percezione da cui è causata, e la coscienza che abbiamo di questa eccitazione nel momento in cui accade costituisce, precisamente, l’emozione. Di solito si esprime così: abbiamo perso il nostro patrimonio – ci affliggiamo e piangiamo; incontriamo un orso – ci spaventiamo e fuggiamo; un nemico ci attacca incollerito – ci infuriamo e lo colpiamo Conformemente all’ipotesi che difendo, l’ordine di questi WILLIAM accadimenti, deve essere ulteriormente distinto, come dire, che al primo stadio mentale non succede immediatamente il JAMES secondo; tra i due ci devono essere le manifestazioni (1842-1910) somatiche; perciò, è più razionale esprimersi così: ci sentiamo afflitti perché piangiamo; ci arrabbiamo perché colpiamo, tremiamo perché ci sentiamo afflitti, infuriati o spaventati. Se le manifestazioni somatiche non What is an emotion?, succedessero immediatamente alla percezione, quest’ultima sarebbe, per la sua forma, un atto puramente cognitivo, in «Mind», vol. 9 No. pallido, privo di colore e «calore» emozionale. In tal caso, 34, 1884, pp. 188-205 potremmo vedere un orso e decidere che è meglio mettersi a correre, potremmo arrecare un’offesa e considerare giusto preparare un colpo, ma senza sperimentare per esso paura e indignazione» WALTER BRADFORD CANNON (1871-1945) «Se differenti emozioni forti possono manifestarsi nell’attività diffusa di un solo ramo del sistema autonomo, ramo che accelera il lavoro del cuore, frena i movimenti dello stomaco e degli intestini, provoca la costrizione dei vasi sanguigni, rizza il pelo, genera la liberazione di zucchero e la secrezione di adrenalina, allora si può considerare che le condizioni somatiche che, come hanno supposto gli psicologi, possono permettere di differenziare certe emozioni da altre, non sono valide per questo obiettivo e bisogna cercare dette condizioni in qualunque posto tranne che negli organi interni […] Noi non diremo, come ha fatto James, “siamo afflitti perché piangiamo”, ma che piangiamo di pena o di gioia, o a causa di una gran collera o di un sentimento di tenerezza; quando esiste uno di questi differenti stati emozionali, gli impulsi nervosi si dirigono per le vie simpatiche verso i distinti organi interni, comprese le ghiandole lacrimali. Nella paura, la collera o la gioia smisurata, per esempio, le reazioni che si producono negli WALTER organi interni sembrano troppo uniformi per fornire un BRADFORD mezzo adatto a distinguere questi stati che, almeno nell’uomo, sono influenzati da diverse tonalità soggettive. CANNON Per questa ragione, sono incline a pensare che le modificazioni viscerali comunicano semplicemente al complesso emozionale una sensazione più o meno (1871-1945) indefinita, ma, senz’altro persistente, di queste perturbazioni degli organi che abitualmente, non si affacciano alla nostra coscienza» [W. Cannon, The James- Lange Theory of Emotions: a Critical Exam and an Alternative Theory, in «American Journal of Psychology», 84, 1927, pp. 155-158]. I SENTIMENTI SECONDO DAMASIO (2018) «I sentimenti sono esperienze mentali, e per definizione sono coscienti: non avremmo una loro conoscenza diretta, se non lo fossero. Ma i sentimenti differiscono da altre esperienze mentali per diversi aspetti. Come prima cosa, il loro contenuto si riferisce sempre al corpo dell’organismo in cui emergono. I sentimenti ritraggono il suo interno – lo stato degli organi interni e delle operazioni interne – e, come abbiamo affermato, le condizioni in cui le immagini dell’interno vengono create ne fanno qualcosa di altro rispetto alle immagini che ritraggono il mondo esterno. In secondo luogo, come risultato di queste particolari condizioni, la raffigurazione dell’interno – vale a dire l’esperienza del sentimento – è impregnata da un tratto speciale, la cosiddetta valenza. Essa traduce la condizione della vita direttamente in termini mentali, istante per istante. Rileva inevitabilmente la condizione come buona, come cattiva o come qualcosa di intermedio. Quando, per esempio, sperimentiamo una condizione favorevole alla I SENTIMENTI continuazione della vita, la descriviamo in termini SECONDO positivi e la definiamo piacevole; quando la condizione DAMASIO (2018) non è favorevole, descriviamo l’esperienza in termini negativi e parliamo di spiacevolezza. La valenza è l’elemento che definisce il sentimento, e per estensione gli affetti» [A. Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi, Milano 2018, pp. 120-121]