Il Pregiudizio Contemporaneo PDF
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Marco Brambilla, Federica Durante
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Questo documento presenta un'analisi sulle evoluzioni del pregiudizio contemporaneo. Il focus è sui cambiamenti nei pregiudizi nei confronti dei gruppi sociali tradizionalmente discriminati, evidenziando la diminuzione della manifestazione esplicita del pregiudizio negli ultimi decenni. L'analisi discute inoltre dell'automaticità, dell'ambivalenza, della natura indiretta di questo fenomeno sociale e mette in luce i concetti principali e le ricerche
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# Il pregiudizio contemporaneo Marco Brambilla, Federica Durante ## 2.1 Introduzione * Negli anni settanta, ottanta e novanta numerose ricerche hanno mostrato un aumento dei livelli di tolleranza nelle società democratiche verso categorie sociali tradizionalmente discriminate. * Per esempio, negli...
# Il pregiudizio contemporaneo Marco Brambilla, Federica Durante ## 2.1 Introduzione * Negli anni settanta, ottanta e novanta numerose ricerche hanno mostrato un aumento dei livelli di tolleranza nelle società democratiche verso categorie sociali tradizionalmente discriminate. * Per esempio, negli anni cinquanta vi era una sostanziale diffidenza verso i leader politici afroamericani nella popolazione americana. * Negli anni novanta tale diffidenza era quasi del tutto scomparsa. * La riduzione della manifestazione esplicita del pregiudizio è altresì evidente nella ricerca denominata Princeton Trilogy. * Studenti iscritti all'Università di Princeton hanno valutato diversi gruppi etnici (fra i quali gli afroamericani, i turchi e i cinesi) in tre rilevazioni nell'arco del XX secolo. * Nella prima rilevazione, condotta nel 1933, oltre il 75% degli intervistati considerava le persone di colore come pigre e trascurate. * Tale percentuale è scesa progressivamente nelle rilevazioni successive. * Un cambiamento simile è altresì emerso riguardo alla segregazione scolastica e all'integrazione sociale. * Inizialmente oltre il 60% degli intervistati era favorevole alla segregazione scolastica e riteneva che le persone bianche dovessero ricevere un trattamento preferenziale nel mondo del lavoro. * Nelle successive rilevazioni quasi tutti gli intervistati riportavano opinioni di maggiore inclusività. * Simili cambiamenti sono stati rilevati anche nei confronti di altri gruppi sociali. * Nel 1933 la minoranza turca era considerata crudele e minacciosa (quasi il 50% degli intervistati). * Nelle successive rilevazioni tale credenza era largamente respinta. * Atteggiamenti ostili e di rifiuto inizialmente espressi verso il gruppo dei cinesi sono progressivamente diminuiti, lasciando spazio a comportamenti meno discriminatori. * Altre ricerche, sempre condotte in Nord America, hanno rilevato un crescente rifiuto degli atteggiamenti sessisti e degli stereotipi negativi associati alle minoranze sessuali. * Negli anni settanta, infatti, il lavoro femminile fu maggiormente accettato rispetto a quanto emerso in rilevazioni precedenti. * Nel 1973 iniziarono i primi tentativi di derubricazione dell'omosessualità dall'elenco delle patologie mentali (avvenuta poi nel 1990). * Simili risultati sono rintracciabili anche in ricerche condotte in Europa. * Un'indagine condotta in quattordici Paesi europei nei primi anni Novanta chiedeva agli intervistati se avessero difficoltà ad avere dei vicini di casa appartenenti a diverse minoranze. * Rispetto a indagini simili condotte nei decenni precedenti, gran parte dei rispondenti non mostrava alcuna obiezione. * La riduzione degli atteggiamenti ostili verso le minoranze sembra essere stata in parte determinata dagli interventi politico-sociali attuati nelle società democratiche dopo la Seconda guerra mondiale. * Ciò ha indubbiamente contribuito a ridurre l'espressione manifesta del pregiudizio, rendendo quest'ultima socialmente inaccettabile e normativamente sanzionabile. * Questo può erroneamente condurci a pensare che, nel corso degli anni, il pregiudizio sia progressivamente scomparso. * Tuttavia, la condanna sociale dell'espressione manifesta del pregiudizio ha portato a una mutazione della sua espressione, più che a un suo declino. * In altre parole, i cambiamenti politico-sociali emersi a partire dagli anni settanta hanno determinato l'insorgenza di forme più indirette, sottili e subdole di pregiudizio. * Tali forme sono difficilmente rilevabili mediante le misure self-report, ovvero interviste e questionari, tradizionalmente impiegate dalle ricerche in quest'ambito. * Quest'ultima coincide con la tendenza delle persone a fornire risposte in linea con le norme sociali, indipendentemente dalla loro reale opinione. ## 2.2 L'automaticità * Lo sviluppo di nuove metodologie e modelli teorici provenienti, soprattutto, dalla psicologia cognitiva, ha permesso agli psicologi sociali, tra gli anni ottanta e novanta, di indagare a fondo le caratteristiche delle forme più sottili di pregiudizio. * Devine (1989), sollecitata dalla distinzione fra processi cognitivi automatici e controllati nell'elaborazione delle informazioni sociali, ne ha analizzato le implicazioni per quanto concerne il pregiudizio. * I processi automatici si caratterizzano per mancanza di consapevolezza, intenzionalità, controllo e sono pertanto efficienti. * In altre parole, i processi automatici operano al di fuori della consapevolezza, poiché non siamo in grado di controllarne l'attivazione oppure non siamo consapevoli dell'influenza che essi possono esercitare sulle nostre risposte. * Tali processi si caratterizzano per il basso impiego di risorse cognitive e per tale ragione governano molte delle nostre attività quotidiane. * I processi controllati, al contrario, sono intenzionali, richiedono attenzione attiva e un certo sforzo da parte dell'individuo. * Si tratta di processi che vengono utilizzati quando gli Individui devono impiegare strategie comportamentali consapevoli. * Bargh (1994) sostiene che, mentre gli stereotipi vengono automaticamente attivati in presenza di un gruppo stereotipato, le risposte non pregiudizievoli sono il risultato dell'attivazione contemporanea di due processi intenzionali, ovvero l'inibizione delle risposte negative congruenti con lo stereotipo e l'attivazione di quelle non pregiudizievoli. * L'automaticità di queste risposte è spiegata soprattutto in base al fatto che gli stereotipi sociali sono fortemente radicati nel tessuto sociale e rappresentano, pertanto, delle strutture cognitive immediatamente disponibili che si attivano automaticamente. * Gli stereotipi operano fin dall'infanzia. * La categorizzazione sociale, responsabile dell'insorgenza degli stereotipi, emerge precocemente. * Alcuni studi hanno colto l'attivazione di stereotipi etnici su persone di sesso opposto, su individui che parlano una lingua diversa dalla propria oppure su persone obese già in età prescolare. * A ciò si aggiunge l'accentuata reiterazione degli stereotipi nel corso dello sviluppo e della socializzazione che ne favorisce il consolidamento in età adulta. * Devine (1989) afferma che le persone con alto e basso pregiudizio sono ugualmente a conoscenza degli stereotipi sociali, ma differiscono nella motivazione a controllare o meno gli effetti della loro attivazione automatica. * Le persone con basso livello di pregiudizio sono più motivate a sopprimere o controllare le loro reazioni automatiche negative e dissociarle dalle effettive risposte nei confronti di una minoranza o di un membro di un altro gruppo. * Le persone ad alto livello di pregiudizio non sono motivate a inibire le reazioni automatiche. * Devine (1989) chiese ai partecipanti di rispondere a una scala di pregiudizio verso le persone di colore; dai risultati emerse che alcuni individui riportavano alti livelli di pregiudizio, mentre altri livelli molto bassi. * In una seconda fase dell'esperimento, i partecipanti venivano esposti subliminalmente (tramite la tecnica del priming; vedi capitolo 3) ad alcune parole in grado di attivare gli stereotipi associati alle persone di colore. * Per metà dei partecipanti la lista delle parole era composta all'80% da attributi in grado di attivare gli stereotipi degli afroamericani, per l'altra metà tale percentuale era del 20%. * Le parole comparivano sullo schermo a una velocità tale per cui i partecipanti non riuscivano a elaborarne il contenuto semantico. * In seguito, tutti i partecipanti svolgevano un secondo compito in quale era chiesto di formarsi un'impressione su una persona la cui appartenenza etnica era ignota e che metteva in atto una serie di comportamenti ambigui. * Tali comportamenti potevano essere interpretati come guidati dall'aggressività – costrutto fortemente associato allo stereotipo delle persone di colore – o attribuiti a un'altra causa che escludeva qualsiasi disposizione aggressiva del target. * I risultati mostrano che, indipendentemente dal loro livello di pregiudizio, i partecipanti interpretavano il comportamento del target come determinato dall'aggressività soprattutto quando esposti all'80% di attributi stereotipici. * Le persone ad alto e basso pregiudizio non differivano tra loro in termini di attivazione delle conoscenze stereotipiche. * In compiti nei quali le persone possono controllare le loro risposte (per es., rispondendo a un questionario), emergono effettivamente differenze tra individui ad alto e basso pregiudizio. * Tuttavia, quando la capacità di monitorare consapevolmente le risposte attivate dagli stereotipi è preclusa, le differenze fra persone a basso e alto livello di pregiudizio scompaiono. * Devine (Plant, Devine, 1998) ha specificato la natura della motivazione che spinge le persone con basso livello di pregiudizio a inibire le risposte pregiudizievoli. * Accanto a una motivazione interna, che dipende essenzialmente dalla condivisione di norme e valori egualitari, quella esterna consiste invece nel desiderio di evitare reazioni negative conseguenti all'inosservanza delle norme a favore delle minoranze. * Se dunque entrambe le motivazioni inducono gli individui a mostrarsi privi di pregiudizi, i processi sottostanti risultano notevolmente differenti. * Mentre, infatti, nel primo caso risulta cruciale la convalida di ideali egualitari e antidiscriminatori, nel secondo vi è invece un'adesione solo apparente a questi ultimi. * Le credenze stereotipiche, proprio perché rappresentano un modello culturale radicato, sono difficili da inibire anche nel caso di coloro con alta motivazione ad apparire privi di pregiudizi. * Così quando le persone si attivano emotivamente, sono stressate, arrabbiate o semplicemente non hanno accesso a risposte non viziate da pregiudizio, il pattern di discriminazione tende a riaffiorare. * Cambiare le norme sociali può influenzare il modo in cui le persone agiscono intenzionalmente, ma le forme automatiche di pregiudizio possono comunque plasmare percezioni e comportamenti difficili da controllare. ## 2.3 L'ambiguità * Una delle cornici teoriche all'interno delle quali si ritiene che un individuo non sia consapevole dei propri pregiudizi è quella del razzismo avversivo o riluttante (aversive racism; Gaertner, Dovidio, 1986). * Gli autori di questa teoria ritengono che i razzisti riluttanti siano coloro che, a livello consapevole, simpatizzano con le vittime di ingiustizie passate, sostengono i principi dell'uguaglianza e si considerano sinceramente non prevenuti verso gli afroamericani e le minoranze etniche. * A livello inconsapevole, hanno cognizioni e sentimenti negativi verso tali target che provocano loro disagio, ansia e talvolta paura. * La categorizzazione sociale etnica è, infatti, largamente automatica: senza sforzo o controllo, gli individui differenziano spontaneamente le persone in base all'etnia; l'attivazione di categorie etniche è innescata dalla mera presenza effettiva o simbolica di una persona appartenente all'outgroup. * Come già detto,. tali categorie sono associate a stereotipi negativi che si apprendono precocemente (Devine, 1989), anche se la maggior parte della società civile occidentale ha oggi maggiori convinzioni concernenti equità, giustizia sociale e uguaglianza. * Tuttavia, a causa di una serie di normali processi cognitivi, motivazionali e socioculturali che promuovono i pregiudizi intergruppi, la maggior parte dei bianchi sviluppa anche alcuni sentimenti negativi o convinzioni sui neri di cui non è consapevole o che cerca di dissociare dalla propria immagine di sé come individuo senza pregiudizi. * Poiché i razzisti riluttanti sostengono consapevolmente i valori egualitari e credono veramente di non avere pregiudizi, non agiscono in modo discriminatorio in una situazione sociale in cui la risposta normativamente appropriata (non viziata da pregiudizio) è chiara. * Tuttavia, quando sussiste ambiguità, e dunque non è evidente quale sia il comportamento appropriato, o quando si può giustificare o razionalizzare una risposta negativa sulla base di un fattore diverso da quello etnico, allora i razzisti riluttanti possono mettere in atto comportamenti discriminatori senza intaccare la propria immagine di sé. * Per esempio, quando in un processo di selezione lavorativa le competenze dei candidati neri sono indubbiamente qualificanti non vi è discriminazione nei confronti di tali candidati. * Tuttavia, quando le qualifiche dei candidati sono meno ovvie e la decisione appropriata è più ambigua, allora si può osservare un bias di preferenza verso i candidati bianchi che presentano esattamente le stesse competenze di quelli neri. * Poiché la realtà sociale è spesso intrinsecamente ambigua, situazioni di questo tipo sono frequenti. * All'interno di questa cornice teorica, sono stati condotti diversi studi nell'ambito del comportamento prosociale. * I risultati di una meta-analisi (ovvero un tipo di ricerca nella quale vengono combinati i risultati di numerose ricerche precedenti, al fine di conferire robustezza alle stime ottenute) mostrano, per esempio, come i bianchi americani aiutino meno i connazionali neri quando possono razionalizzare le loro scelte, ovvero quando l'aiuto può essere visto come troppo rischioso, lungo, difficile, impegnativo. * Lo sviluppo di tecniche indirette di misurazione del pregiudizio (cioè che aggirano la consapevolezza; vedi capitolo 3) ha permesso di studiare questo tipo di bias più approfonditamente. * In particolare, si è potuta osservare la differenza fra ciò che viene espresso in modo diretto e in modo indiretto. * Dovidio, Kawakami e Gaertner (2002), per esempio, hanno mostrato che, mentre gli atteggiamenti espliciti dei bianchi (misurati con scale self-report di pregiudizio) predicevano le loro espressioni verbali, dunque controllabili, in interazioni diadiche con partner neri, gli atteggiamenti per lo più negativi misurati a livello indiretto (attraverso la misurazione dei tempi di reazione) predicevano i loro comportamenti non verbali. * Inoltre, i partner neri davano più peso al comportamento non verbale che a quello verbale nel formarsi un'impressione sia del partner bianco sia dell'interazione stessa. * Per di più, il riconoscimento da parte dei membri del gruppo di minoranza della discordanza tra il comportamento verbale positivo enon verbale negativo influenzò anche quanto ritenessero di potersi fidare del partner bianco. * Questo studio, oltre a evidenziare gli effetti non sempre coerenti degli atteggiamenti manifesti e più indiretti, mostra quanto possano divergere le prospettive dei membri del gruppo di maggioranza vs minoranza quando si trovano in interazione tra loro. * Il pregiudizio avversivo, oltre a essere difficile da controllare perché, appunto, inconsapevole, può manifestarsi in tutte le situazioni ove esiste ambiguità. * Le sue conseguenze possono essere estremamente dannose quando, per esempio, coinvolgono l'ambito della salute. * Esiste infatti un corpus di studi che indaga gli effetti del razzismo avversivo sulle decisioni prese da medici bianchi che, generalmente, si considerano privi di pregiudizi. * Attraverso metodi di misurazione indiretta, si è osservato che l'aspetto negativo inconsapevole si lega alla qualità inferiore delle cure coronariche per i pazienti neri, alla minore prescrizione di antidolorifici (capaci di creare dipendenza) per alleviare il dolore, al minore tempo che i medici bianchi, in media, dedicano ai pazienti neri e alla qualità più povera delle loro interazioni con questi pazienti, che a loro volta sono meno soddisfatti dell'interazione. * Nel suo insieme, la ricerca attuale rivela che gli aspetti inconsapevoli contribuiscono in modo significativo al pregiudizio, modellando il trattamento dedicato alle minoranze. * In conclusione, poiché le premesse di base del razzismo avversivo non sono legate né a uno strumento specifico (per es., una scala di pregiudizio) né necessariamente al contesto politico degli Stati Uniti, i suoi principi teorici sono adatti allo studio dei comportamenti dei gruppi dominanti verso le minoranze anche in altri contesti che, però, devono condividere, al pari degli Stati Uniti, forti valori sociali egualitari. ## 2.4 La natura indiretta * Lo studio del pregiudizio contemporaneo, oltre a coinvolgere processi automatici e situazioni di ambiguità, ne indaga la natura indiretta. * Gran parte dei lavori su questo aspetto ha considerato l'atteggiamento nei confronti delle persone di colore negli Stati Uniti. * Kinder e Sears (1981) sono stati i primi a postulare l'esistenza di forme più indirette di pregiudizio che hanno definito “razzismo simbolico”. * Esso è caratterizzato da una miscela di sentimenti negativi verso le persone di colore e si esprime in una resistenza al cambiamento dello status quo relativamente alle relazioni fra maggioranza bianca e minoranza nera. * Secondo gli autori, l'origine del razzismo simbolico non risiederebbe nelle relazioni negative fra persone bianche e nere, ma sarebbe l'esito di una socializzazione etnica. * In altre parole, il razzismo simbolico si sedimenta fin dall'infanzia costituendo, gradualmente, un sostrato favorevole all'adesione, in età adulta, a un sistema di convinzioni anti-black (vedi capitolo 8). * Questa forma di pregiudizio si esprimerebbe in modo meno manifesto del pregiudizio tradizionale. * In particolare, esso è caratterizzato dalla negazione che la discriminazione delle persone di colore sia ancora presente, dalla convinzione che esse non si impegnino a sufficienza per superare le difficoltà da affrontare nella società e per questo ottengono più di quanto danno e meritano. * Simile al razzismo simbolico è la teoria del razzismo moderno di McConahay (1986). * Quest'ultimo, riferito anch'esso al rapporto che intercorre fra bianchi e neri americani, è caratterizzato dal rifiuto da parte delle persone bianche dei principi tradizionali del vecchio razzismo, quali il segregazionismo e la rappresentazione stereotipica delle persone di colore come stupide e pigre. * Paradossalmente, tuttavia, benché il razzista moderno dichiari di condividere i principi dell'egualitarismo, conserva però degli elementi affettivi ostili verso i neri, che si concretizzano nelle convinzioni che essi violino i valori ritenuti importanti dalla maggioranza, godano di vantaggi ingiustificati, avanzino richieste non eque e che, pertanto, i diritti da loro raggiunti siano immeritati. * Gli effetti di tale rifiuto comportano l'adesione ai valori tradizionali dell'individualismo e l'opposizione a misure che contrastano l'ineguaglianza sociale. * Il razzista moderno discrimina dunque indirettamente, ovvero non dichiarandolo apertamente e senza apparire pregiudizievole. * A ciò va aggiunta l'inconsapevolezza di nutrire pregiudizi, proprio perchè il razzista moderno identifica il pregiudizio con i principi del razzismo manifesto di vecchio stampo (inferiorità dell'outgroup e sostegno alla segregazione). * La sovrapposizione della teoria del razzismo moderno con quella del razzismo simbolico è evidente. * Entrambe le teorie ritengono che le origini del pregiudizio siano rintracciabili nel clima culturale piuttosto che in precise relazioni negative intercorse fra maggioranza bianca e minoranza nera. * Tutte e due le teorie, inoltre, sottolineano che i bianchi nordamericani hanno accettato le norme antirazziste volte a combattere il segregazionismo e che pertanto il pregiudizio verso le persone di colore non sarebbe rilevabile con questionari e interviste volte ad indagare la condivisione dei principi tradizionali del vecchio razzismo. * Al riguardo McConahay (1986) elaborò una scala del razzismo moderno (Modern Racism Scale, MRS) volta a cogliere le componenti più indirette del pregiudizio verso le persone di colore (tabella 2.1). * Questa scala differisce dalle vecchie scale di pregiudizio, poiché non contempla aspetti legati al vecchio razzismo, quali per esempio le credenze che le persone appartenenti ai gruppi minoritari siano meno intelligenti, pigre o discendano da popolazioni geneticamente inferiori. * Essa, invece, tiene conto di aspetti più indiretti, come la negazione della discriminazione delle persone di colore (item 1), l'idea che esse avanzino richieste non necessarie (dall'item 2 al 5) e godano di vantaggi ingiustificati (item 6-7). * Questa scala è fra le più utilizzate nella ricerca che si è avvalsa di misure carta e matita. * È importante tuttavia sottolineare che altri studi hanno avanzato diverse critiche rispetto all'impiego della scala, dal momento che essa non distingue fra atteggiamenti verso le politiche governative e il pregiudizio etnico. * Infatti, gli atteggiamenti nei confronti delle politiche etniche governative non sono necessariamente un'operazionalizzazione del pregiudizio verso le persone di colore, altrimenti il rischio è quello di confondere il conservatorismo politico con il pregiudizio verso le minoranze etniche (che possono coesistere e talvolta essere collegati, ma non sempre coincidere). * Inoltre, la scala risente di alcuni ancoraggi alla specifica realtà americana che rendono possibile solo un utilizzo parziale della stessa in altri contesti. ## 2.5 L'ambivalenza * Le ricerche sul pregiudizio contemporaneo indicano altresì che questo può essere ambivalente. * L'ambivalenza è un costrutto prevalentemente indagato nell'ambito degli atteggiamenti ed è comunemente definita come il possedere simultaneamente valutazioni positive e negative verso lo stesso oggetto di atteggiamento. * Nell'ambito della ricerca sul pregiudizio, tale oggetto è costituito da un gruppo sociale. * Uno dei primi autori che impiegò il costrutto di ambivalenza in psicologia sociale fu Katz, che utilizzò il termine per indicare la condizione psicologica nella quale una persona si trova quando ha sia posizioni positive, amichevoli e tolleranti, sia negative, ostili e denigratorie verso un gruppo (Katz, Hass, 1988). * Partendo dallo stereotipo caratterizzante i neri come persone pigre e senza la motivazione necessaria per migliorare la propria condizione sociale ed economica e considerando come l'atteggiamento dei bianchi verso questo gruppo fosse migliorato a partire dagli anni quaranta del secolo scorso, Katz e Hass (1988) arrivarono a formulare la teoria del razzismo ambivalente.. * Gli autori mettono in evidenza l'importanza degli aspetti valoriali predominanti negli Stati Uniti dell'epoca. * In particolare, sottolineano la coesistenza all'interno dello stesso individuo di cognizioni pro (derivanti da ideali di egualitarismo e giustizia sociale) e contro (derivanti dall'etica protestante che enfatizza la devozione al lavoro, i traguardi personali e la disciplina) la popolazione afroamericana. * Secondo Katz, più polarizzate in senso positivo e contemporaneamente negative sono tali cognizioni, più forte è l'ambivalenza, vissuta dall'individuo come un disagio psicologico che necessita di essere risolto. * La direzione che può prendere la risoluzione di queste cognizioni conflittuali dipende dal contesto, che fornisce agli individui indizi situazionali su quali cognizioni far prevalere e, conseguentemente, agire. * Il razzismo ambivalente si differenzia da quello simbolico sopra descritto per ciò che concerne l'origine del conflitto che sperimenta l'individuo. * Nel primo caso, esso scaturisce tra cognizione positiva e negativa; nel secondo, è il risultato di un conflitto tra l'aspetto affettivo (negativo) e quello cognitivo/valoriale. * Più recentemente è stata avanzata l'idea che gli atteggiamenti ambivalenti nei confronti di gruppi sociali possano essere esperiti dagli individui non come aspetti conflittuali, ma, bensì, complementari e in grado di sosteners reciprocamente nel perpetuare stereotipi e pregiudizi. * È questo il tipo di ambivalenza concettualizzata nel modello del contenuto degli stereotipi (Stereotype Content Model, SCM; Fiske, Cuddy, Glick, Xu, 2002). * Fiske e collaboratori (2002) interrogandosi sulle dimensioni principali attorno alle quali si forma il giudizio sociale ne individuano due: "calore" e "competenza". * Infatti, nella letteratura psicosociale, sebbene talvolta indicate con nomi e sfumature concettuali diverse, queste dimensioni ricorrono. * Con calore (indicato anche come communion) si intendono tutti quegli aspetti di una persona o di un gruppo sociale nei termini di amichevolezza, socievolezza, sincerità, buone intenzioni, fiducia. * La competenza (nota anche come *agency*) si percepisce invece nei termini di intelligenza, abilità, capacità, creatività, efficacia. * Queste due dimensioni, considerate come i *Big Two* del giudizio e della percezione sociale (Abele, Wojciszke, 2014), sono, secondo lo SCM, quelle attorno alle quali si forma il contenuto di tutti gli stereotipi, perché ci forniscono informazioni fondamentali per la nostra sopravvivenza. * Attraverso la dimensione del calore valutiamo le intenzioni benevole o ostili degli altri; attraverso la competenza valutiamo la loro capacità di mettere in atto tali intenzioni. * Alcuni gruppi sono valutati sia come calorosi sia come competenti (principalmente l'ingroup e altri gruppi di riferimento all'interno di una società); altri, all'opposto, sono valutati come incompetenti e freddi (solitamente i gruppi più marginalizzati come i senza tetto). * La maggior parte degli stereotipi concernenti i gruppi sociali ha un contenuto misto, ossia che questi vengono percepiti come competenti ma privi di calore, oppure come molto calorosi ma incapaci. * È in questo giudizio misto, con valutazioni positive su una dimensione e negative sull'altra, che si colloca l'ambivalenza degli stereotipi e dei pregiudizi che ne scaturiscono. * Gli autori sostengono che queste valutazioni miste non sono vissute come conflittuali perché coinvolgono due dimensioni separate. * Inoltre, il lato negativo dello stereotipo è oscurato da quello positivo, dando l'illusione che ogni gruppo abbia qualcosa di positivo, nascondendo, allo stesso tempo, le implicazioni che l'aspetto negativo può avere sul perpetuarsi di queste visioni stereotipiche, sulle relazioni intergruppi e, in ultimo, sul mantenimento delle gerarchie sociali. * È stato infatti osservato che, nella comunicazione, è comune omettere le informazioni negative su target sociali mentre si enfatizzano le informazioni positive (ossia, stereotipizzazione per omissione). * Tuttavia, quando sono coinvolti calore e competenza si verifica un fenomeno noto come *innuendo effect* ("effetto allusivo"). * Quando vengono fornite solo informazioni positive sul calore o sulla competenza, le persone tendono a dedurre gli aspetti negativi della dimensione che viene omessa (Bergsieker, Leslie, Constantine, Fiske, 2012). * Per cui, descrivere una donna unicamente come empatica, socievole e amichevole conduce all'inferenza che essa sia poco intelligente, competente e capa- ce. * Le autrici hanno esaminato i dati della Princeton Trilogy, già menzionata nel primo paragrafo di questo capitolo.. * Studenti universitari di Princeton hanno riportato gli stereotipi di 10 gruppi etnici e nazionali durante gli studi condotti nel 1932, 1950 e 1967, ai quali sono stati aggiunti nuovi dati. * Bergsieker e collaboratrici (2012) hanno esaminato l'omissione degli aspetti negativi negli stereotipi storici dei gruppi, molti dei quali avevano contenuti ambivalenti con calore o competenza marcatamente negativi. * I risultati dimostrano che i partecipanti hanno progressivamente omesso le dimensioni negative per 75 anni – in concomitanza con l'intensificarsi delle norme antipregiudizio – mentre le dimensioni dello stereotipo neutre e positive sono rimaste costanti. * Le persone possano non comprendere le implicazioni di uno stereotipo ambivalente, queste cognizioni sono consapevoli e lo SCM si colloca nel dominio dei processi controllati (vedi il paragrafo 2.2 di questo capitolo). * È importante sottolineare che lo SCM tratta principalmente di stereotipi culturali, largamente condivisi e/o conosciuti all'interno di una determinata società. * Se queste visioni dei gruppi sono note, e dunque tutti i cittadini di una medesima società sono in grado di descrivere gli stereotipi associati ai gruppi sociali nei termini di competenza e calore, da dove nasce questo consenso? * Fiske e collaboratori (2002) ritengono che gli stereotipi culturali derivino dalle relazioni sociostrutturali tra i gruppi. * In particolare, credono che i gruppi siano percepiti come più competenti nella misura in cui sono potenti e di alto status. * Al contrario, i gruppi sono percepiti come incompetenti nella misura in cui sono privi di potere e di basso status. * Inoltre, i gruppi sono ritenuti calorosi e ben intenzionati nella misura in cui non competono con gli altri, mentre sono percepiti come portatori di cattive intenzioni e, quindi, basso calore se competono. * Dunque, a partire da status (alto vs basso) e livello di competizione (alto vs basso) di un gruppo sociale è possibile predire il contenuto dello stereotipo associato a tale gruppo.. * La combinazione di questi fattori sociostrutturali dà luogo a quattro tipologie di contenuto dello stereotipo, riassunte in tabella 2.3. * Come illustrato nel capitolo 1, il pregiudizio è caratterizzato da una componente cognitiva a cui se ne associa una affettiva. * Gli autori del modello hanno, infatti, previsto pattern affettivi associati ai suddetti pattern di combinazione di contenuto. * Gruppi stereotipizzati come sia competenti sia calorosi che, come detto, sono solitamente l'ingroup e gruppi di riferimento, elicitano orgoglio, ammirazione e rispetto, dando luogo a quello che gli autori definiscono un pregiudizio di ammirazione, interamente positivo. * Gruppi di basso status e che competono, per esempio, per le risorse pubbliche (per es., i beneficiari dell'assistenza sociale, secondo la visione americana) vengono percepiti come privi sia di calore sia di competenza ed elicitano emozioni solamente negative come disprezzo, disgusto, rabbia, appunto, un pregiudizio di disprezzo. * I gruppi stereotipizzati in modo ambivalente, invece, hanno anche un pattern di emozioni che può essere considerato come ambivalente, in quanto mescola emozioni sia positive sia negative. * Secondo Fiske e collaboratori (2002), i gruppi percepiti come alti in calore (non competono) ma bassi in competenza (basso status) sono solitamente visti in modo benevolo perché inoffensivi, elicitando sentimenti di pietà e compassione, ma non di rispetto. * Per esempio, gli anziani e i bambini sono oggetto di uno stereotipo ambivalente come quello poc'anzi descritto e sono dunque target di un pregiudizio paternalistico. * Al contrario, gruppi di successo (per es.. gli asiatici americani), dunque di alto status , ma percepiti in competizione, sono considerati competenti ma privi di calore; sono dunque rispet- tati per la loro competenza ma temuti per l'assenza di calore, suscitando sentimenti di invidia e risentimento, appunto, un pregiudizio invidioso. * Pertanto, le ipotesi alla base del modello sono: (a) competenza e calore percepiti differenziano gli stereotipi; (b) molti stereotipi includono attribuzioni miste/ambivalenti di competenza e calore; (c) i gruppi sono percepiti come competenti nella misura in cui sono di alto status e come calorosi nella misura in cui non competono con gli altri; (d) pietà, invidia, disprezzo e ammirazione (e le emozioni a essi collegate) differenziano le quattro combinazioni di calore e competenza percepite. * Tutte queste ipotesi sono state confermate nel lavoro del 2002 e in successivi lavori sia su campioni studenteschi sia su campioni rappresentativi della popolazione statunitense. * Per la sua facilità di implementazione (vedi di seguito), questo modello è stato testato in tantissimi Paesi del mondo sia da Fiske e collaboratori (2002) sia da ricercatori indipendenti. * I risultati in generale lo supportano, anche se emergono alcune variazioni tra Paesi. * Prima di passare ad aspetti più empirici e metodologici, concludiamo con un altro elemento che si lega al pregiudizio e che è stato discusso nel capitolo 1: il comportamento discriminatorio. * Il BIAS map (Behaviors From Intergroup Affect and Stereotypes), proposto da Cuddy, Fiske e Glick (2007), ipotizza una serie di tendenze comportamentali destinate ai gruppi oggetto dei quattro pregiudizi sopra descritti. * Dalla letteratura esaminata dagli autori emergono due dimensioni che catturano un'ampia gamma di comportamenti intergruppi: attivo vs passivo, riguardante l'intensità del comportamento; facilitazione vs danno, che riguarda la valenza del comportamento. * Per ciò che concerne la distinzione attivo-passivo, i comportamenti tendono a essere messi in atto con uno sforzo, un impegno, un intento e un'intensità relativamente maggiori o minori. * La distinzione facilitazione-danno, invece, differenzia il comportamento prosociale e di aiuto dal