Botanica PDF - Struttura della cellula vegetale

Summary

Questo documento di botanica esplora la struttura della cellula vegetale, partendo dalle microalghe fino alle piante superiori. Vengono trattati argomenti come il cloroplasto, la parete cellulare, la cellula e la comunicazione cellulare. Il testo fornisce informazioni dettagliate e introduce concetti chiave della biologia vegetale.

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BOTANICA Ci occuperemo degli organismi eucariotici fotosintetici che comprendono le alghe e le piante (dai muschi fino alle piante superiori come le piante da fiori). Partiremo dalle microalghe fino ad arrivare alle piante superiori. LA CELLULA VEGETALE Gli studiosi hanno ipotizzato l’esistenza di un...

BOTANICA Ci occuperemo degli organismi eucariotici fotosintetici che comprendono le alghe e le piante (dai muschi fino alle piante superiori come le piante da fiori). Partiremo dalle microalghe fino ad arrivare alle piante superiori. LA CELLULA VEGETALE Gli studiosi hanno ipotizzato l’esistenza di un gruppo di antenati primordiali da cui si sono formati i domini e si sono differenziati i supergruppi. Si tratta dell’albero e a be del dominio Eukarya e rappresenta la posizione degli organismi eucariotici fotosintetici (autotrofi). In verde sono circondati i gruppi di alghe che vengono chiamate protisti. Questi sono distribuiti in diversi supergruppi. Sia le alghe che le piante terrestri condividono la cellula vegetale. Questa non è uguale in tutti gli organismi autotrofi, ma la struttura più evoluta e specializzata. La cellula vegetale, essendo cellula eucariotica presentano il nucleo, l’apparato del Golgi, i mitocondri e naturalmente tutto il sistema delle membrane interne (reticolo endoplasmatico liscio e rugoso) e la membrana citoplasmatica che è uguale sia negli organismi autotrofi che negli animali che nei funghi. Cosa hanno di diverso? Cloroplasto: sono posizionati vicino alla membrana in modo che si trovano verso la luce in modo che nessun’atra struttura cellulare blocchi l’arrivo della luce. Vacuolo: è una struttura cellulare importante che è presente anche negli animali e nei funghi ma qui sono sempre molto piccoli. Nella cellula vegetale invece il vacuolo può occupare l’80/90% del volume cellulare. Parete cellulare: costituita da cellulosa che si trova solo negli organismi autotrofi e soprattutto nelle piante. Nelle alghe è già diversa la composizione. La cellulosa è quindi caratteristica della cellula vegetale evoluta. La parete è esterna alla membrana. Lo spazio tra la membrana e la parete è importantissimo nei rapporti che la cellula ha con il mondo esterno. Zone di passaggio per la comunicazione tra due cellule adiacenti. Le cellule comunicano tra loro proprio attraverso queste aperture. Cellula - Brevi cenni storici Robert Hooke fu il primo ad aver dato il nome alla cellula lavorando sul sughero. Nelle sue ricerche si è sempre aiutato con un microscopio creato da lui in modo da poter analizzare più dettagliatamente le strutture e in particolare il sughero. - Nel 1670 Hooke introduce il termine “cell”: spazio delimitato da una parete, cella. - Nel 1838 Schleiden si rese conto che tutti i vegetali sono costituiti da cellule. - Nel 1840 Schwann capì che tutti i tessuti animali sono costituiti da cellule e tutti gli organismi hanno un organizzazione cellulare. - Nel 1840 Virchow comprese che le cellule possono originarsi solo da cellule preesistenti. Generalità sulla cellula vegetale La cellula eucariotica fotosintetica è costituita quindi da una parete cellulare, un nucleo, i mitocondri, il vacuolo, i cloroplasti piuttosto allungati. All’interno dei cloroplasti sono presenti dei granuli di amido. L’amido è il composto di riserva delle piante. Il vacuolo è uno spazio all’interno del citoplasma delimitato da una membrana che si chiama tonoplasto. I cloroplasti presentano due membrane, questo Tonolasto, membrana del vacuolo, è ciò che ci fa comprendere l’esistenza di una singola teoria endosimbiosi. I cloroplasti sono quindi il risultato di una simbiosi che ha previsto l’inglobamento di un organismo molto simile ad un organismo batterico capace di fare fotosintesi (simile ai cianobatteri) da parte di una cellula. Questa doppia membrana è quindi il risultato della membrana dell’organismo che ha acquisito il batterio e la membrana del batterio stesso. Il cloroplasto mantiene quindi una sua autonomia biologica. Parete cellulare Si tratta di una sostanza amorfa che si frappone tra due cellule attigue. La parete è molto rigida ed è costituita da macrofibrille di cellulosa. Queste sono legate tra di loro attraverso due molecole: la pectina e l’emicellulosa che fanno da legante tra le macrofibrille. Nella parte più esterna della parete, c’è una zona maggiormente ricoperta da pectina che costituisce la lamella mediana. Questo è uno strato che permette che due cellule attigue siano attaccate. Questa lamella è molto importante anche perché quando il frutto matura, la lamella viene degradata per rendere il frutto più mangiabili. L a a d a Funzioni della parete cellulare: - Limita l’espansione del protoplasto. Questo perché la cellula vegetale tende ad aumentare in grandezza grazie all’azione del vacuolo. La parete cellulare quindi blocca questa espansione. - Difende la cellula da organismi patogeni per le cellule vegetali. Sono infatti pochi gli organismi di degradare la cellulosa. - Determina la forma della cellula. Questa informazione è contenuta nel genoma della cellula determinata. Le cellule non sono tutte uguali nella forma - Contribuisce alla consistenza dei tessuti, infatti prendendo ad esempio le cellule del tronco, le pareti delle cellule devono avere caratteristiche specifiche. - I diversi tipi di cellule vegetali vengono identificati anche sulla base della struttura delle pareti poiché struttura e funzione sono collegate. Il composto più abbondante della parte è la cellulosa (ma lo è anche a livello globale), polisaccaride costituito da centinaia di molecole di glucosio unite con legame β 1—> 4 glicosidico. Questo polimero si riunisce in microfibrille le quali sono costituite da micelle, riarrangiamenti ordinati cristallini di microfibrille. A partire dai polimeri di cellulosa, uniti Polimero di cellulosa da legami idrogeno, si formano delle micelle. Le micelle hanno una struttura cristallina. Le micelle si uniscono e formano le microfibrille che unendosi formano le macrofibrille che costituiscono la parete. Le macrofibrille sono poi tenute vicine da pectina ed emicellulosa. È presente anche un canale di comunicazione chiamato punteggiatura poiché è visibile al microscopio con dei punti. Questo attraversa completamente le pareti. La parete presenta anche delle glicoproteine che sono costituite da un materiale proteico e zuccherino. La disposizione delle fibrilla di cellulosa influenza il tipo di accrescimento della cellula. Il messaggio della forma viene mandato dal DNA che, tramite una serie di comunicazioni cellulari, permette la distribuzione delle fibrille. - Se la distribuzione delle fibrilla è casuale, la cellula tende a crescere in modo isodiametrico. Il risultato sarà una cellula tondeggiante. -Se abbiamo una distribuzione delle fibrille parallela nelle pareti laterali e casuali nelle pareti superiori e inferiori, quando la cellula cresce la parete tenderà a svilupparsi in senso longitudinale. Le pareti latrali tenderanno ad essere più rigide perché la disposizione parallela delle fibrille è più soggetta a legami idrogeno che bloccano la struttura. Altri componenti della parete sono: - Callosio: polisaccaride cheti deposita in risposta a ferite o stress. È coinvolto anche nella divisione cellulare e nello sviluppo del tubetto pollinico. - Lignina: conferisce durezza e resistenza alla compressione, rende impermeabili le pareti e ostacola l’ingresso di patogeni. - Cutina, suberina e cere: son sostanze grasse utili alla protezione degli strati esterni dei tessuti. In particolare proteggono dalle radiazioni, dai raggi solari e anche dai patogeni. Esistono due tipologie di parete: - La parete primaria, chiamata così perché viene prodotta per prima (in bianco). La presenza di pectina ed emicellulosa conferiscono a questa parete elasticità e capacità di espansione. Tra le pareti primarie esiste la lamella mediana. - La parete secondaria, che è presente in alcune piante e che è suddivisa in tre strati (gli strati colorati). Non tutte le cellule sono così, dipende dal tessuto considerato. Maggiore è la presenza della parete secondaria, maggiore è la rigidità della cellula. Come abbiamo detto, la parete Si possono formare pareti primarie e secondaria è tristratificata: secondarie nello strato S3 le fibre sono messe in parallelo secondino schema ben preciso, nello strato S2 le fibre sono messe in senso opposto, nello strato S1 è presente un reticolo di fibrille che conferiscono una resistenza elevata alla parete secondaria. La parete primaria in questo caso presenta le macrofibrille di cellulosa disposte casualmente per cui la cellula si è allargata in senso isodiametrico. È presente anche la lamella mediana tra le pareti primarie delle varie cellule. Le cellule comunicano tramite canali che prendono il nome di plasmodesmi e che attraversano la parete e le lamelle mediane. In questa immagine è anche visibile la lamella mediana (sottile strato quasi trasparente). a. Sono visibili dei fori, chiamati punteggiature, attraverso cui passano i plasmodesmi. Si parla di campi di punteggiature primari perché si tratta di tanti fori vicini che coinvolgono la parte primaria. Al di sotto della lamella mediana c’è la parete primaria, ma sono presenti anche degli ispessimenti di parete primaria. Questa non viene depositata in modo continuo, bensì in modo discontinuo per dare spazio ai campi di punteggiatura primaria. b. È visibile la cellula con le varie cellule attigue e possiamo notare la parete primaria (strato bianco) e la parete secondaria è invece la parte in giallo. La parete secondaria è molto spessa e discontinua poiché deve lasciare il passaggio ai plasmodesmi. c. È un ingrandimento dell’immagine b. È visibile la lamella mediana, la parete primaria e la parete secondaria. È anche visibile il canale che presenta una membrana della punteggiatura. d. A volte la punteggiatura nella sua cavità è un pò più complessa nella forma quindi aumenta l’ingrandimento del canale tra le due cellule. Comunicazione cellulare I plasmodesmi Il plasmodesma è l’insieme del citoplasma che passa. Il desmotubulo è il filamento costituito da reticolo endoplasmatico. Manicotto citoplasmatico Sono visibili i canali. I pla strutture complesse plasmodesmi sono caratterizzati da un desmotubulo manicotto e questo è anche visibile trasversalmente. Nella Visione longitudinale Visione trasversale sezione trasversale infatti vediamo il desmotubulo e il manicotto che è costituito da citoplasma. cellula Il reticolo endoplasmatico si stringe e si infila nel canale collegandosi con il reticolo endoplasmatico dell’altra cellula. Questo è interno al citoplasma per Parete cellulare cui il plasmalemma della cellula si mette in continuo con l’altra cellula e quindi si forma il manicotto di citoplasma. L’analisi ultrastrutturale ha messo in evidenza la presenza di proteine globulari di membrana connesse da strutture a raggiera. Queste cellula proteine creano un filtro che funziona come lo scarico del lavandino. Questo filtro non è statico, è attivo per cui i plasmodesmi possono chiudersi o aprirsi per poter gestire il flusso delle sostanze e delle informazioni chimiche e genetiche. Per verificare che le cellule comunicano attraverso i plasmodesmi, fu utilizzato lo stame cioè l’organo sessuale maschile di una pianta chiamata Tredescàntia. Lo stame è costituito a una fila di cellule, la tecnica utilizzata si basa sull’iniezione di disodio fluorescina in un filamento di stame. Una volta iniettata questa fluorescina, questa si è diffusa nelle cellule vicine in pochissimo tempo per cui questo ci ha fatto comprendere che il plasmodesma era il canale di passaggio. Il plasmodesma è una struttura particolarmente attiva: - Permette il passaggio di RNA e quindi gioca un ruolo nella coordinazione delle fasi di sviluppo e crescita delle piante. - Permette il passaggio di corrente elettrica che può essere più o meno intensa a seconda della densità e del numero di plasmodesmi. Questo perchè nella membrana plasmatica vi è una differenza di potenziale. - Filamenti di actina corrono lungo il plasmodesma e giocano un ruolo nella contrazione del suo lume regolando l’ampiezza dell’apertura. Si distinguono: - Plasmodesmi primari: si formano durante la citodieresi e la formzione della parete primaria. - Plasmodesmi secondari: si formano dopo la citodieresi. Questi sonomolto importanti per mettere in comunicazione cellule che non provengono dalla stessa linea cellulare. Possiamo individuare due ambiti di circolazione delle sostanze: Simplasto e Apoplasto. Grazie ai plasmodesmi i protoplasmi delle cellule vegetali sono tutti comunicanti. L’insieme di tutti i protoplasmi e dei loro plasmodesmi rappresenta un complesso che prende il nome di Simplasto. Il movimento delle sostanze all’interno di questo complesso si chiama trasporto simplastico. Gli spazi rimanenti che avvolgono il simplasto rappresenta l’Apoplasto che comprende anche il sistema di pareti. In questo caso si parla di trasporto apoplastico. Plastidi Il termine plastidi è un termine generico, nella cellula vegetale si parla di cloroplasti cioè plastidi che possono svolgere la fotosintesi. Questi si trovano molto vicini alla membrana cellulare in modo da poter migliorare la ricezione della luce. Nella pianta l’organo che è specializzato nella fotosintesi è la foglia. Quando la foglia è attiva la vediamo verde perchè i cloroplasti presentano la clorofilla che è un pigmento verde. Nei paesi in cui vi è alternanza di stagione, durante la stagione autunnale e invernale, la clorofilla perde attività e la foglia perde colore verde e diventa giallo rossastra perchè i pigmenti che sono associati alla clorofilla vengono messi in evidenza. Questo avviene perchè la clorofilla si degrada e quindi vengono messi in evidenza principalmente carotenoidi o antocianine. Questa osservazione non è osservabile nei paesi equatoriali perchè le piante non sono soggette a cambiamenti stagionali. I cl la i i d all i e i della l ce disp più In questa immagine, i cloroplasti rispondono all’intensità della luce. Nel caso a) i cloroplasti si dispongono in corrispondenza della membrana plasmatica lungo tutta la superficie delle cellule. Nel caso b) i cloroplasti si distribuiscano sulle pareti laterali modo che la luce non arrechi Si distribuis togonalmente alla danno al cloroplasto stesso a causa della forte intensità della luce. Il movimento dei cloroplasti all’interno della cellula non è una caratteristica di tutti gli organismi fotosintetizzanti, ma è soprattutto legato alle piante terresti e ad alcune alghe che si avvicinano molto dal punto di vista evolutivo alle piante terrestri. La maggior parte delle alghe sono caratterizzate da cloroplasti molto grandi e sono meno efficienti nei movimenti all’interno della cellula. Si tratta di un cloroplasto addossato alla membrana cellulare. Vediamo l’involucro del cloroplasto che è costituito da due membrane e poi degli assembramenti che sono chiamati grana e sono costituiti da vescicole impilate. Nei grana sono impilate come delle monete appiattite. Un grana comunica con un altro grana tramite delle vescicole allungate che attraversano lo stroma cioè il liquido in cui sono immerse. Le vescicole sono chiamate tilacoidi: tilacoidi granari se fanno parte della grana, tilacoidi stomatici se attraversano lo stroma per mettere in comunicazione due grana. Il cloroplasto è anche ricco di corpi oleosi e di granuli di amido, quest’ultimo serve soprattutto alla funzionalità del cloroplasto. Caratteristiche generali del cloroplasto: - Vitalità a sè, cioè quando la cellula si divide si dividono anche i cloroplasti grazie alla presenza del DNA circolare simile a quello dei batteri. La sistematica molecolare della pianta è basata sull’analisi del DNA dei cloroplasti. Nella famiglia dei plastidi sono presenti, oltre ai cloroplasti, anche i cromoplasti. Questi hanno delle caratteristiche ben precise: - Sono privi di clorofilla - Sintetizzano e accumulano carotenoidi - Determinano il colore dal giallo al rosso di fiori, foglie e frutti. (il rosso del pomodoro è dato dalla presenza di tanti cromoplasti, i pomodori verdi invece non sono ancora maturi per cui presentano anche dei cloroplasti e inoltre presentano delle molecole zuccherine che evitano di essere beccati dagli uccelli o dai vermi). - Possono derivare dal differenziamento dei cloroplasti. - Il cromoplasto presenta un fenomeno adattativo che non solo coinvolge i frutti ma anche i fiori. I colori dei fiori attirano gli uccelli che cibandosi, si cibano anche del seme. Il seme passando dall’intestino e poi trovandosi nelle feci può quindi germogliare. Ci sono dei plastidi chiamati leucoplasti che sono privi di pigmenti e il loro essere bianchi è dovuto al fatto che possono contenere amido (e in questo senso si chiamano amiloplasti) oppure possono accumulare olii e proteine. È visibile le pareti delle cellule, la lamella mediana, alcuni mitocondri e diversi amiloplasti. Questi contengono l’amido. Ad esempio la patata sono molto ricche di amiloplasti. A seconda dell’organo considerato cambia la composizione dei plastidi. Gli aminoplasti possono assumere fame diverse a seconda della deposizione dell’amido. Relazione tra plastidi ne tra plastidi I plastidi sono forme diverse dello stesso orfanello che a seconda delle zone in cui si di sviluppo dei plastidi trova cambia la sua funzione. a. L’organello immaturo prende il nome di proplastidio che presenta due membrane. b. La membrana interna si invagina, man mano queste invalidazioni si allungano e si staccano formando delle vescicolette. c. Queste vescicolette si impilano formando dei tilacoidi d. Si formano tilacoidi granari e stomatici. e. Man mano ilcloroplasto matura e abbiamo la struttura classica del cloroplasto maturo con stroma etilacoidi granari e stromatici. f.A seconda di certe condizioni, il cloroplasto può trasformarsi in cromoplasto; la clorofilla può silenziarsi nelle sue attività e vengono fuori i pigmenti carotenoidi. Il cromoplasto può anche tornare ad essere cloroplasto. g. Il cromoplasto può arricchirsi di olii o proteine e diventare amiloplasto. Quest’ultimo a sua volta può tornare ad essere cromoplasto. Il proplastdio può dare origine sia al cloroplasto che direttamente al cromoplasto o all’amiloplasto. È direttamente il cloroplasto a diventare cromoplasto? Chi si occupa di questo passaggio, nel senso, chi si occupa di produrre carotenoidi e disattivare la clorofilla? Si verifica questo passaggio in base: - al programma di sviluppo di una cellula (nel tempo evolutivo i due programmi, quello cellulare e quello del plastidio si sono integrati) - Ai fattori endogeni (ormoni, nutrienti) - Ai fattori ambientali (luce e temperatura). Teoria evolutiva - endosimbiosi primaria e secondaria Nel caso dell’endosimbiosi primaria, una cellula eucariotica primitiva, un protoeucariote, ha inglobato attraverso una forma di fagocitosi, un cianobatterio cioè un procuriate capace di fare fotosintesi. Questo è stato inserito all’interno della cellula e si è instaurata una stretta associazione. Nel caso dell’endosimbiosi secondaria abbiamo un eucaristie eterotrofo che ha inglobato un alga unicellulare. L’alga inizia a perdere gli organelli e alla fine rimane un cloroplasto che origina dall’alga che è stata fagocitata che è circondata da 3 o 4 membrane. Vacuolo È evidente la presenza di tannino. Questa è una sostanza prodotta dalle piante per difendersi Il vacuolo dall’attacco di microorganismi. Le piante la usano quindi come Strutture e antibiotico, noi invece lo utilizziamo organelli nel vino. Il tannino è una molecola della cellula molto complessa che viene compartimentata all’interno del Occhio al vacuolo perchè altrimenti nella vacuolo cellula sarebbe tossica. Questo ci fa comprendere che il vacuolo è un compatimento che contiene metaboliti secondari, come il tannino. Il vacuolo ha anche la funzione di tenere la cellula sempre in funzione con un indice di turgidità elevato. Questo perchè contenendo composti osmoticamente attivi, si gonfia e preme il resto degli organelli sulla parete. Questo è il caso di piante metaforicamente attive. Il vacuolo contiene molte sostanze: - Metaboliti secondari - Pigmenti: antocianine ad esempio che sono responsabile dei colore di foglie, frutti e fiori. Questi pigmenti a volte hanno anche un potere antiossidante sfruttabile dall’uomo ma importante anche per le piante stesse. - Deposizione di sali come ad esempio l’ossalato di calcio. Un esempio di cellule con vacuoli ricchissimi di sali e di pigmenti sono la parte esterna della cipolla. I sali vengono utilizzati per gestire l’osmosi. Il vacuolo perde l’acqua o la concentra per mantenere la turgidità della cellula. Citoscheletro: Microtubuli, filamenti di actina e filamenti intermedi Anche le cellule vegetali hanno un citoscheletro costituito da microtubuli, filamenti di attiva e filamenti intermedi. Nelle cellule vegetali i microtubuli svolgono un ruolo nell’allineamento delle microfibrille di cellulosa che costituiscono la parete. Nell’immagine b) è visibile la membrana plasmatica della cellula e sezioni di microtubuli. e a ea e de e La disposizione delle fibre sulla parete è importante per lo sviluppo della cellula: forma e funzione. Le fibrille sono prodotte grazie all’attività di un complesso enzimatico intermembrana a forma di rosetta che viene chiamato celluloso sintetasi. La rosetta fa da collettore di molecole di glucosio (UDP-glucosio) che entrano nel complesso enzimatico e vengono assemblate tramite legami idrogeno. Questa disposizione è dovuta al fatto che il complesso enzimatico si muove nella membrana e mano a mano va lasciando all’interno della cellula la fibra. Si muove secondo uno schema scheletrico dovuto alla disposizione di microtubuli che si trovano al di sotto della membrana. Questi microtubuli, nel citosol, hanno la funzione di “binari”. In questo modo la parete è il risultato d’un messaggio del DNA che ci indica il modo in cui deve essere formata. Nelle cellule vegetali i filamenti di actina svolgono delle funzioni particolari. Sono coinvolti nella costruzione della parete e nelle correnti citoplasmatiche. Questi fialmenti si trovano nel citoplasma. Le correnti citoplasmatiche servono al movimento delle molecole, al posizionamento dei plastidi, alle vescicole del golgi, alla divisione delle cellule. Nucleo Il nucleo della cellula vegetale ha una grandissima variabilità. Il numero di cromosomi variano a seconda della specie. Per esempio Arabidopsis thaliana presenta 10 cromosomi. Questa pianta rappresenta il modello di studio su cui vengono fatti moltissimi studi. Le piante hanno una grande capacità di adattamento che è dato anche dal gran numero di cromosomi e di informazioni genetiche. Questo permette anche dei cambiamenti fenotipi e fisiologici in base anche alle esigenze dell’ambiente in cui si trovano. E c e e e ea a da ( e eae e a a ) Una caratteristica del nucleo è la possibilità di trovarsi in una condizione di polipoidi (considerata letale negli animali). Molte specie vegetali invece presentano questa caratteristica e non crea dei danni. La poliploidia è una condizione che proviene da un errore che avviene nella meiosi. Per esempio Negotiana tabacum è poliploide. l’organismo poliploidi ha delle caratteristiche convenienti: è più grande per cui la biomassa si sviluppa di più, produce più frutti, è più resistente all’attacco dei microorganismi. L’uomo proprio per queste caratteristiche seleziona delle linee cellulari poliploidi. Un grande gruppo tassonomico come ad esempio le graminacee sono poliploidi. Ciclo cellulare - comportamento del nucleo Una volta che la cellula si divide, va incontro a delle fasi: G1. S, G2 e mitosi. - G1: in questa fase, cellule dei tessuti ad intensa attività mitotica possono bloccarsi a causa di particolari condizioni ambientali (in inverno) ed entrare in quiescenza. - S: in questa case si ha la duplicazione del DNA. In questa fase, alcune piante vanno incontro ad un processo di endoreduplicazione in cui il DNA viene duplicato più volte e si ha la formazione di nuclei giganti come per esempio nel fagiolo (Phaseolus vulgaris) che ha 8192 copie di ogni singolo gene. La fase più delicata del ciclo cellulare della pianta è il processo di divisione. A d a telofase compare il fragmoplasto, sistema di interfase microtubuli a forma di botte Una cellula vegetale che va in mitosi e quindi verso la citogenesi deve affrontare una serie di problemi: a. La presenza del vacuolo: questo può occupare anche il 90% della cellula e questo provoca uno schiacciamento del nucleo che è così addossato alla membrana. Questa cellula può dividersi in modo equo se il nucleo si trova al centro b. Il citoplasma, aiutato da filamenti di actina comincia a produrre delle briglie citoplasmatiche con il ruolo di dividere il vacuolo in frammenti più piccoli. c. I vari vacuoli si distribuiscono uniformemente nella cellula. Le briglie citoplasmatiche, nella parte mediana della cellula, forma un disco che circonda il nucleo e divide la cellula in due parti. Questo disco prende il nome di Fragmosoma. Questo avviene nelle ultime fasi dell’interfase. Il fragmosoma è uno strato citoplasmatico che si forma per confluenza delle biglie citplasmatiche. d. Il fragmosoma circonda il nucleo e divide in due le aree con i vacuoli. e. Avviene la divisione del nucleo per cui la fase mitotica. Si forma la piastra cellulare, cioè uno strato di vescicole che poi preludono la formazione della membrana che divide le due cellule. Vi è la presenza di microtubuli che formano una specie di botte e si posizionano intorno alla cellula e aiutano la separazione dei due nuclei. Il Fragmoplasto (costituito da microtubuli) si sviluppa e la cellula è pronta a dividersi in due con la formazione della membrana, delle lamelle mediane e della parete cellulare. Divisione della cellula vegetale La maggior parte degli organismi hanno cellule che s dividono mediante la crescita verso l’interno della parete cellulare e (se presente) e successivo de a a e e strozzamento della membrana cellulare e taglio delle fibre del fuso. Nelle cellule dei muschi e delle piante vascolari e in alcune alghe, la divisione avviene con la formazione di una piastra cellulare. Si forma poi il fragmoplasto che è rappresentato da una specie di gabbia di microtubuli tra i due nuclei. Le cellule delle piante, già a partire dai muschi e anche in alcune alghe, la formazione della parete avviene in maniera centrifuga. a. All’inizio della profase i quattro cromosomi appaiono come lunghi filamenti, irregolarmente dispersi nel nucleo. b. Con il progredire della profase i cromosomi si accorciano e si ispessiscono, fino a che ciascuno appare costituito da due filamenti (cromatidi) tenuti insieme dal centromero. c. A profase avanzata, da entrambi i lati di ciascun cromosoma, a livello del centromero, si sviluppano i cinetocori. Infine scompaiono il nucleolo e l’involucro nucleare. d. La metafase inizia con la comparsa del fuso nell’area precedentemente occupata dal nucleo. Durante questa fase i cromosomi migrano verso il piano equatoriale del fuso. Nel pieno della metafase, i centromeri dei cromosomi giacciono su tale piano. e. L’anafase inizia quando si separano i centromeri dei cromatici fratelli. questi, chiamati ora cromosomi figli, iniziano a muoversi verso i poli opposti del nucleo. f. La telofase inizia quando i cromosomi figli hanno completato la loro migrazione. È visibile il fragmoplasto quindi i microtubuli che si formano e che tengono i nuclei separati. Il fragmoplasto è importante per far avvenire in mondo corretto la divisione. Nelle forme più primitive non c’è il fragmoplasto quindi spesso questa divisione non avviene provocando dei danni alle cellule. In questa immagine, sono visibili le due cellule, i cromosomi despiralizzati che si sono divisi. Vediamo le vescicole prodotte dalla apparato del Golgi. Queste si sono addensate nella zona equatoriale rilasciando delle sostanze utili per produrre la lamella mediana, la parete ecc. In basso sono visibili i cloroplasti con i tilacoidi e i mitocondri. I due punti che prevedono un’intensa attività mitotica sono l’apice della radice e l’apice del germoglio. In questa fotografia è visibile la divisione delle cellule in un apice radicale. Uno degli apici che cresce più velocemente è l’apice della cipolla (Allium). Da sinistra verso destra si possono vedere le varie fasi della mitosi. In cellule di radice di lattuga, che mostrano l’associazione del reticolo endoplasmatico con la piastra cellulare in via di sviluppo e l’origine dei plasmodesmi. a.Stadio relativamente iniziale, con numerose piccole vescicole di Golgi che si stanno fondendo ed elementi tubolari del reticolo endoplasmatico liscio, sparsi qua e là. b.Stadio avanzato della formazione della piastra cellulare che evidenzia persistenti e strette relazioni tra il reticolo endoplasmatico e le vescicole che si formano. Durante la consolidazione della piastra cellulare, i tubuli del reticolo endoplasmatico cominciano ad essere intrappolati. c. Plasmodesmi costituiti dalla membrana plasmatica, che ne delimita il canale, e un tubulo (desmotubulo) del reticolo endoplasmatico che attraversano il plasmodesma. Un altro elemento caratteristico della cellula vegetale in divisione è la formazione della banda preprofasica costituita da microtubuli. Essa scompare prima del completamento del fuso mitotico. - Durante l’interfase i microtubuli sono localizzati al di sotto della membrana plasmatica. - Si comincia a vedere una banda centrale chiamata prepofasica - La banda sparisce ed è maggiormente visibile il fuso mitotico. - Formazione del fragmoplasto in corrispondenza del quale si forma la piastra cellulare. Cambiamenti della distribuzione dei microtubuli nel ciclo cellulare e formazione della parete cellulare durante la citodieresi. Divisione della cellula vegetale Distribuzione dei microtubuli durante la divisione del nucleo (mitosi) e del citoplasma (citodieresi) a. Nell’ interfase, durante l’aumento di volume e la differenziazione cellulare, i microtubuli giacciono immediatamente al di sotto della membrana plasmatica. b. Poco prima della profase, una banda di microtubuli a forma di anello, la banda preprofasica, circonda il nucleo, nel piano corrispondente al piano equatoriale del futuro fuso mitotico e i microtubuli del fuso cominciano ad assemblarsi ai lati opposti del nucleo. c. Durante la metafase i microtubuli si organizzano per formare il futuro fuso mitotico. d. Durante la telofase, tra due nuclei figli, i microtubuli si organizzano in un fragmoplasto. All’equatore del fragmoplasto si forma la piastra cellulare, che deriva dalla fusione delle vescicole del Golgi, trasportate in questa regione dai microtubuli del fragmoplasto. e. Quando la piastra cellulare matura al centro del fragmoplasto, questo e la piastra cellulare in via di sviluppo si accrescono in senso centrifugo, fino a raggiungere la parete della cellula in divisione. f. All’inizio dell’interfase, i microtubuli si irradiano, in senso centrifugo, dall’involucro nucleare verso il citoplasma. g. Ciascuna cellula figlia forma la sua parete primaria. h. Con l’aumento di volume delle cellule figlie la parete della cellula madre si lacera. Nei punti (g) e (h), i microtubuli sono di nuovo posizionati immediatamente al di sotto della membrana plasmatica, dove hanno una funzione nell’orientazione delle nuove fibrille di cellulosa, in via di formazione. CENNI SULLA FOTOSINTESI La fotosintesi è il processo attraverso il quale l’energia solare viene trasformata in energia chimica. Nella figura è mostrato il cloroplasto di una delle cellule della foglia dell’Amaranto. Sono visibili i tilacoidi granari e tilacoidi stromatici. Inoltre sono visibili dei granuli di amido che servono alla pianta e in particolare al cloroplasto per le sue funzionalità. Il cloroplasto è diviso in due aree di funzioni: I tilacoidi hanno la funzione di catturare la luce grazie alla clorofilla. Questo è un pigmento. Ci sono vari tipi di clorofilla: la clorofilla a che è molto comune ed è strutturata in modo da poter stare all’interno dei tilacoidi. Tutte le reazioni che servono per la produzione di glucosio avvengono nello stroma che è un liquido in cui sono immersi i tilacoidi. Nelle alghe e nelle piante acquatiche come per esempio Elodea canadensis, può esserci la produzione di ossigeno durante la fotosintesi. L’ossigeno proviene dalla scissione dell’acqua e non dalla CO2. L da a c d ac a da a CO2 In seguito ad una semidei esperimenti, si è potuto notare che le 6 molecole di ossigeno presenti nei prodotti provengono dalla scissione della molecola di acqua. Delle 6 molecole dell’anidride carbonica, il C va a finire nel glucosio, 6 molecole di ossigeno finiscono nel glucosio e le altre 6 finiscono nella molecola di acqua che viene rilasciata. Delle 12 molecole di acqua, 12 atomi di idrogeno finiscono nella molecola di ossigeno, altre 12 vanno a finire nella molecola di acqua e si formano anche 6 molecole di ossigeno. I prodotti della fotosintesi non sono solo glucosio e ossigeno, ma anche acqua. Ne viene consumata un pò e un pò ne viene prodotta. Infatti le piante durante le reazioni fotosintetiche l’acqua è un prodotto di scarto; l’ossigeno oltre ad essere scartato può anche essere utilizzato per la respirazione. Nel 1937, il biochimico Robin Hill dimostrava che cloroplasti isolati, quando esposti alla luce, erano capaci di produrre O2 in assenza di CO2. Questo rilascio di O2, conosciuto come reazione di Hill avviene solo quando i cloroplasti sono illuminati e forniti di un accettare artificiale di elettroni. Questo dava la prova che l’ossigeno prodotto nella fotosintesi proviene dall’acqua. Lo studio della fotosintesi ha visto importanti nobel: - Nel 1956 Calvin e i suoi collaboratori hanno disegnato il pathway dell’assimilazione del carbonio nella fotosintesi usando il C14. - Nel 1960 Woodward sintetizza la clorofilla - Nel 1984 tre ricercatori studiano il sistema fotosintetico di un batterio e usano i raggi X trovando il centro di reazione fotosintetica e determinandone la struttura. Newton separò la luce in uno spettro di colori visibili facendola passare attraverso un prisma e in questo modo dimostrò che la luce bianca è costituita da un certo numero di colori diversi. In seguito fu dimostrato che la luce è una piccola parte dello spettro elettromagnetico. Alla base del processo fotosintetico ci sono i pigmenti, Cenni sulla fotosintesi cioè sostanza che assorbono la luce. Un esempio di pigmento è la clorofilla (clorofilla a e b). Tra i pigmenti che contribuiscono ci sono i carotenoidi. d’asso Sopra è rappresentato lo spettro di azione, sotto è a b rappresentato lo spettro di assorbimento. Sulle ascisse vediamo le lunghezze d’onda che vanno dal blu al rosso. Lo spettro di assorbimento mostra d l’assorbimento in % di luce da parte di una sostanza, Spettro d grafico che alle varie lunghezze d’onda. Se prendiamo la clorofilla a questa ha dei picchi, nell’azzurro e nel rosso, la d da e i clorofilla b presenta invece dei picchi differenti. Tendenzialmente succede che i vari pigmenti tendono ad avere spettro di assorbimento diverso cercando di riuscire a catturare tutto lo spettro visibile. Lo spettro d’azione invece riporta le % di efficacia delle diverse lunghezze d’onda in reazione ai pigmenti per le diverse lunghezze d’onda. Quindi c’è una sommatoria dei picchi dei pigmenti. Correlazione tra spettro di azione e spettro di assorbimento. Esperimento effettuato nel 1882 da Engelmann che misuralo spettro d’azione della fotosintesi nell’alga filamentosa Spirogyra. Lo studioso utilizzava la velocità di produzione di ossigeno per misurare la velocità di fotosintesi. A differenza dei suoi successori non disponeva di strumenti elettronici sensibili per la determinazione dell’ossigeno per cui come indicatore di ossigeno scelsebatteri mobili che sono attratti dall’ossigeno. Egli sostituì lo specchio e il diaframma con un apparato microspettrale che produceva un minuscolo spettro di colori che era proiettato sl vetrino sotto il microscopio. Dispose un filamento di cellule alcali sul vetrino orientato parallelamente alla diffusione dello spettro. I batteri sensibili all’ossigeno si raccoglievano principalmente nelle zone del filamento illuminate dalla luce violetta e da quella rossa. Si può notare che lo spettro d’azione per la fotosintesi corre parallelo allo spettro di assorbimento della clorofilla (indicato dalla linea spessa nera). Engelmann concluse che la fotosintesi dipendeva dalla luce assorbita dalla clorofilla. La luce viene recepita da un pigmento che deve essere colorato e deve avere una certa energia e quando viene colpito dalla luce si eccita. Quando si trova nello stato eccitato perde energia. Parte di questa energia si disperde in calore, parte serve per le reazioni della fotosintesi e parte viene recepita da altri pigmenti che si trovano nell’intorno. Ad esempio alcuni pigmenti che si trovano nell’intorno della clorofilla a (come i carotenoidi) che servono a recuperare l’energia che viene persa e non sfruttata completamente. Ci sono diversi tipi di clorofille, quelle da ricordare sono: Clorofilla a: è presente in tutti gli organismi autotrofi compresi i batteri fotosintetici (cianobatteri). Presenta una coda idrofoba che quindi deve trovarsi in un ambiente con degli strati lipidici e quindi si trova nella membrana. La testa invece rimane verso l’alto proprio come fosse un’antenna. Clorofilla b: è considerato un pigmento accessorio che è presente nei cloroplasti insieme alla clorofilla a, ma non in tutti gli organismi fotosintetici. In questo caso il radicale CH3 è sostituito con CHO. Questo cambia le caratteristiche chimico- fisiche rispetto alla clorofilla a. Altri pigmenti utili alla funzione della clorofilla sono: - Carotenoidi: pigmenti liposolubili (si trovano nelle membrane dei tilacoidi) con azione antiossidante che si trovano nei cloroplasti e nei cianobatteri. Si dividono in due categorie: caroteni e xantofille. Mangiando tante carote, la pelle diventa più arancione proprio perchè si attaccano ai grassi della pelle. - Ficobiline: pigmenti idrosolubili che si trovano nei cloroplasti delle alghe rosse e nei cianobatteri. Si dividono in ficocianine e ficoeritrine. In natura quindi ci sono diversi picchi che cercano di prendere tutto lo spettro ma la nicchia ecologica per le piante terrestri vanno dai 400 ai 480. Ci permette di vedere tutto lo spettro in senso generale. MECCANISMI ALLA BASE DELL’EVOLUZIONE NELLE PIANTE La selezione naturale è stata una teoria molto interessante sviluppata da Darwin; la cosa molto importante che ha portato allo sviluppo di questa teoria è stato l’accumulo di informazioni che Darwin ha potuto raccogliere e che poi ha portato alla pubblicazione del libro sull’origine delle specie. Questa teoria molto importante, più o meno nello stesso periodo fu formulata anche da Wallace. Le Galapagos, arcipelago costituito da 13 isole vulcaniche, rappresentò il laboratorio che ha permesso di mettere a punto la teoria e di osservare le relazioni e i meccanismi di evoluzione tra gli esseri viventi. La selezione naturale opera sull’intero individuo che deve rimanere capace di riprodursi e di avere prole fertile. Con la selezione artificiale vengono selezionati pochi carattere utili all’uomo e non necessariamente l’individuo rimane capace di riprodursi. È questo l’esempio del cavolo. Esistono delle condizioni ecologiche, la pressione selettiva, che portano a selezionare gli esseri viventi più adatti per quel determinato ambiente. Un esempio è la crescita di Agrostis Tenuis che cresce nei campi minerari. In questo caso, la concentrazione molto alta di metalli pesanti nel suolo è un tipo di pressione selettiva. Solo quelle piante che presentano una tolleranza per questi inquinanti ambientali possono sopravvivere e vivere in questi ambienti. La pressione selettiva può portare a modificazioni evolutive anche molto rapide; per esempio in alcune zone il pascolo ha selezionato popolazioni di piante di taglia minore, e questo è avvenuto in pochi anni. Cause dell’evoluzione - Selezione naturale dovuta alla pressione selettiva. - Mutazioni: modificazioni ereditarie del genotipo (cambiamento casuale o indotto da fattori chimico-fisici di un allele o di interi cromosomi) - Accoppiamento non casuale - Deriva genetica - Flusso genico: immigrazione o emigrazione di individui in età riproduttiva. Parlando di mutazione, un esempio è una pianta che ha AA: colore azzurro, aa: colore bianco. L’individuo bianco deriva da un processo di auto-impollinazione tra due individui portatori del carattere recessivo. Questo processo può creare una varietà che se si isola può anche creare una specie nuova. L’ accoppiamento/fecondazione non casuale porta alla riduzione della frequenza degli eterozigoti e all’aumento degli omozigoti. Nelle piante è determinato da auto-impollinazione o inincrocio cioè l’unione sessuale di individui strettamente imparentati. Questo può succedere in popolazioni che formano degli ammassi molto stretti. La deriva genetica per effetto del fondatore: quando abbiamo una popolazione costituita da un pool genico che presenta un certo numero di alleli. Se una sotto- popolazione di individui viene trasferita in un’isola, questa popolazione avrà delle frequenze di alleli diversi e con poca diversità. Clini ed ecotipi riflettono l’adattamento all’ambiente e possono essere all’origine della formazione di specie nuove. Il cline, è una modificazione genetica graduale che segue un gradiente ambientale; l’ecotipo è la presenza in ogni gruppo di popolazioni di una specie geneticamente distinta e adattata a specifiche condizioni ambientali. La specie è un gruppo di popolazioni naturali i cui membri sono inverecondi tra loro e non possono incrociarsi con membri di gruppi simili. Ciò porta all’isolamento genetico. Questo concetto non è sempre applicabile alle piante, infatti specie anche morfologicamente distinte possono dare ibridi fertili come per esempio alcune specie del genere Plantus: Platanus orientalis e platanus occidentalis. Queste due specie si distinguono per alcune caratteristiche morfologiche. Ad esempio il platanus occidentali ha una foglia larga conio margine dentellato e i frutti sono portati in capolini singoli; il platanus orientalis ha invece una foglia più stretta con delle incisioni più accentuate nella foglia e inoltre i frutti sono portate in coppie. Nel 1670 è stata osservata la presenza di un ibrido favorito dall’uomo con l’introduzione delle due specie in entrambi i continenti. L’ibrido presenta una foglia con una lamina piuttosto ampia e un incisione lungo il margine molto evidente e con i frutti portati in coppia. Questo ibrido prende il nome di Platanus x hybrida. Come si formano le specie? - Speciazione allopatrica: separazione di una popolazione di organismi per blocco del flusso genico tra gruppi di individui conspecifici - Speciazone simpatrica: speciazione senza isolamento del flusso genico in particolare geografico. - Speciazione parapatrica: popolazione distribuita in una certa area del territorio, al margine del territorio ci sono delle caratteristiche fortemente diverse. Alcune caratteristiche della speciazione allopatrica nelle piante: - Una specie che dissemina o disperde il polline su lunga distanze può separarsi in specie diverse solo a grandi distanze (separazione geografica). - Una specie che si disperde su brevi distanze può differenziarsi in specie diverse a brevi distanze (anche senza separazione geografica). È importante vedere che l’interruzione del flusso genico condiziona la formazione di specie nuove in popolazioni che disseminano in maniera diversa. Si possono distinguere due tipi di tipologie di barriere: - Barriere pre-zigotiche: registrate prima della formazione dello zigote. Isolamento di habitat: popolazioni che vivono in habitat differenti e non si incontrano. Isolamento comportamentale: È presente poca affinità tra una popolazione e gli agenti impollinatori: Trasferimento temporale: le rispettive fasi riproduttive avvengono in stagioni o in periodi del giorno diversi. Differenze strutturali a livello delle strutture riproduttive impediscono il trasferimento di materiale genetico. Trasferimento gametico: i gameti maschili e femminili sono tra loro incompatibili. - Barriere post-zigotiche: registrate dopo la formazione degli zigoti. Ridotta vitalità degli ibridi: gli ibridi non si sviluppano oppure gli individui non raggiungono la maturità sessuale. Ridotta fertilità degli ibridi: gli ibridi producono gameti funzionali. Degenerazione degli ibridi: la progenie degli ibridi è poco vitale o sterile. La speciazione simpatica può avvenire grazie al fenomeno della poliploidia. Questa può avvenire a causa di: - Errori durante la separazione degli omologhi. - Mancata citodieresi. I cromosomi si dividono in modo appropriato durante la mitosi o la meiosi ma la citodieresi non avviene. I meccanismi dell’evoluzione nelle piante presentano delle peculiarità legate alla biologia delle piante per cui un fenomeno che viene contemplato e che permette la speciazione simpatrica è la poliploidia. La poliploidia si raggiunge in due modi: attraverso l’atopoliploidia o attraverso l’allopoliploidia. Autopoliploidia È il tipo di poliploidia che conduce alla formazione di nuove specie come risultato di un raddoppiamento del numero cromosomico all’interno di un singolo individuo. dia L’organismo si autofeconda. Ciò che può succedere è: A.I cromosomi di un organismo diploide non si separano durante la meiosi (non disgiunzione). In questo caso si formano gameti diploidi. B.L’unione di due gameti diploidi prodotti dallo stesso individuo o da individui diversi della stessa specie, produrrà un individuo autopoliploide, tetrapoliploide (4n). Benché questo individuo possa essere in grado di Unione di 2 gameti diploidi, prodotti dallo Indvdu riprodursi sessualmente, esso sarà riproduttivamente stesso individuo o da individui diversi riprod isolato isolato dalla specie parentale diploide. ± Allopoliploidia È il risultato di un incrocio tra due specie differenti che producono un ibrido interspecifico. Tele ibrido è normalmente sterile poiché i cromosomi non possono appaiarsi al momento della meiosi (non avendo omologhi), condizione indispensabile per produrre gameti vitali. Primo caso. A.Un organismo che sia un ibrido tra due diverse specie, ibrido interspecifico, originatosi da due gameti aploidi può crescere normalmente perchè le sue mitosi sono normali. Tuttavia, non potrà riprodursi sessualmente perchè durante la meiosi i cromosomi non possono appaiarsi. B. Se successivamente si verifica un fenomeno di autopoliploidia e raddoppia il numero di cromosomi, questi possono appaiarsi durante la meiosi. Di conseguenza, l’ibrido (un allopoliploide), potrà produrre gameti diploidi funzionali e avrà dato origine a una nuova specie in grado di riprodursi sessualmente. Secondo caso. Si formano anche delle serie che hanno numeri cromosomici completamente diversi. -Nella prima specie si forma un gamete con 7 cromosomi di cui solo due possono appaiarsi. - Nel momento in cui questo gamete incontra i gameti della specie B che sono normali, questi si possono unire e dare origine ad un ibrido fertile, vitale, allopoliploide che presenta un numero cromosomico 10. ± La poliploidia è un carattere selezionato naturalmente, infatti le piante poliploidi sopravvivono più a lungo. L’uomo può stimolare l’insorgenza di questa caratteristica nelle piante di particolare interesse servendosi ad esempio della colchicina. Questa è estratta dal Colchicum autunmnale. La colchicina inibisce la formazione dei microtubuli all’interno della cellula e impedisce la separazione dei cromosomi durante la meiosi. L’ibridazione e la spedizione simpatrica attraverso la polipoidi sono fenomeni importanti nelle piante ed hanno abituo un ruolo nell’evoluzione delle angiosperme (piante da fiore). Il 47%-70% delle piante a fiore sono poliploidi e si stima che nelle graminacee l’80% sia poliploide. SISTEMATICA CLADISTICA E MOLECOLARE Lo studio della diversità biologica e della sua storia evolutiva si chiama sistematica. L’obiettivo fondamentale della sistematica è quello di scoprire tutti i rami dell’albero filogenetico dei viventi, l’albero genealogico, che mostra le relazioni di discendenza tra gli organismi con alla base una singola specie ancestrale. Un aspetto importante della sistematica è la tassonomia, che si occupa dell’identificazione, denominazione e classificazione della specie. Secondo Linneo, le categorie tassonomiche erano: - Piante: non si muovono, non mangiano, si accrescono in modo indefinito. All’interno di questa categoria erano compresi anche i funghi, le alghe e i batteri. - Animali: si muovono, mangiano, crescono fino ad una certa dimensione. Comprendeva anche i protozoi. - Minerali Linneo nel 1753 pubblicò un volume dedicato alle piante, Species plantarum. In questo volume egli descriveva ogni specie in lingua latina attraverso una frase di dodici parole. Egli considerò queste frasi descrittive, o polinomi, come nomi appropriati per la specie e rese permanente il sistema binomio di nomenclatura. A fianco del polinomio egli scrisse una parola, il genere, in modo da formare una designazione breve per la specie. Ad esempio per la Nepeta cataria, il termine Nepeta indica la specie mentre cataria il genere. Oggi si è obbligati a indicare una specie con un nome binomio, sistema inventato da Linneo ma poi fruttato da suoi successori. Oggi, bisogna far riferimento al codice della nomenclatura botanica che presenta una serie di articoli di legge. Nel processo di studio sistematico di una pianta si fa riferimento ad un esemplare tipo: si tratta di un campione vegetale, che è stato essiccato, che viene utilizzato come base per la comparazione. È custodito in un museo o erbario. Ogni specie ha un esemplare tipo che è stato designato dalla persona che ha originariamente dato il nome alla specie. Le specie sono divise in sottospecie o varietà, simili tra loro ma che differiscono per una o più caratteristiche e che presentano un nome costituito da 3 parti. Categorie tassonomiche proposte da De Candolle: - Le specie sono raggruppate in generi - I generi sono raggruppati in famiglie - Le famiglie sono raggruppate in ordini - Gli ordini sono raggruppati in classi - Le classi sono poi state organizzate in divisioni - Nel 1993, al 15° congresso internazionale di Botanica si è deciso di introdurre il Phylum al posto del termine divisioni. (phylum e divisioni sono sinonimi). Un taxon (taxa plurale) rappresenta il gruppo tassonomico a qualsiasi livello. La regolarità nella forma dei nomi per i differenti taxa rende possibile riconoscerli come nomi a quel livello gerarchico. Desinenze per le piante: Famiglia: -aceae (es. Asteracaea) Ordini: -ales (se. Poales) Classe: -eae. In alcuni testi -opsida (es. Monocotyledonae) Phylum: -phyta (es. Anthophyta) La classificazione artificiale, adottata da Linneo, ha come obiettivo la classificazione sulla base di uno o pochi caratteri. La classificazione naturale rispecchia accuratamente le relazioni evolutive tra gli organismi e ha come obiettivo l’individuazione del clade (un raggruppamento monofiletico). Un clade è composto da un antenato e da tutti i suoi discendenti, pertanto un genere dovrebbe includere tutte le specie discendenti dall’antenato comune più recente. Analogo discorso vale per la famiglia. La classificazione filogenetica ha come obiettivo di attribuire nomi formali solo ai gruppi monofiletici benché non necessariamente ogni gruppo monofiletico debba avere un nome. Quando si rendono disponibili nuove informazioni, gli studiosi a volte si rendono conto che certi gruppi tassonomici non sono monofiletici. Esistono due tipi di questi gruppi: - I gruppi parafiletici: include i discendenti di un antenato comune ma non tutti i discendenti. Nella classificazione filogenetica a questi gruppi non vengono attribuiti nomi formali. - I gruppi polifiletici: gruppo con due o più antenati ma che non include il reale antenato comune di tutti i suoi membri. I protisti sono un gruppo parafiletico. Questo perchè per esempio presenta degli antenati comuni con le piante o con i funghi ma né funghi né piante sono compresi tra i protisti. Solo i gruppi monofiletici possono essere designati con un nome formale accettato tassonomicamente. Sistematica cladistica Il metodo di classificazione più utilizzato oggi è la Cladistica: analisi filogenetica che cerca di comprendere le relazioni filogenetiche (relazione tra i cladi). Il risultato di un’analisi cladistica è un cladogramma, che fornisce una rappresentazione grafica di un modello di lavoro, o ipotesi, delle relazioni filogenetiche in un gruppo di organismi. Si considerino quattro diversi gruppi di piante: le antoceronte, le felci, i pini e le querce. Per ognuno di questi gruppi, sono stati selezionati per l’analisi quattro caratteri omologhi. Poiché possiedono un embrione, le antocerote sono correlate agli altri tre gruppi di piante che presentano anch’essi embrioni. Tuttavia, le antocerote sono prive di molti caratteri che accomunano gli altri tre gruppi come ad esempio xilema e floema. Infatti le felci, i pini e le querce hanno un sistema vascolare: si stima di vasi conduttori attraverso cui passa la linfa grezza (acqua e sali minerali) e la linfa elaborata (ricca di glucosio). La linfa grezza passa nello xilema, la linfa elaborata nel floema. Visto che le antocerote non presenta un sistema vascolare, ipotizziamo che sia più primitivo rispetto agli altri. Il carattere embrione è quindi condivisoelldaa tutti e ai gruppi c ee di i piante, iig i il carattere nuovo è lo xilema e il floema. La cladistica: - Analizza se un carattere è condiviso o derivato (embrione è condiviso, xilema e floema è derivato) - Individua le sinapomorfe: caratteri nuovi presenti nell’antenato comune e in tutti i gruppi suoi discendenti. Taxon Xilema e Legno Semi fiori floema Antocerote _ _ _ _ TUTTI Felci + _ _ _ HANNO UN Pini + + + _ EMBRIONE Querce + + + + Per semplificare le cose, ai caratteri sono stati attribuiti soltanto due stati differenti: presente (+) e assente (—). Per produrre un albero evolutivo è necessario che questo sia radicato cioè l’albero deve avere una direzione: dai caratteri più antichi ai più recenti. In questo modo è possibile riconoscere gli stati derivati e condivisi che definiscono i gruppi monofiletici. Per radicare un albero, si impiegano gli outgroup. Un outgroup è un taxon che è strettamente correlato al gruppo in studio (che prende il nome di ingroup), senza tuttavia farne parte. Le antocerote possono essere impiegate come outgroup ritenendo che la loro divergenza dall’antenato comune sia avvenuta prima di quella degli altri gruppi in considerazione. ± I cladiogrammi implicano quindi che i gruppi all’estremità dei rami adiacenti hanno condiviso un antenato comune. Tali gruppi vengono chiamati sister group. Le querce condividono un antenato più recente con i pini che non con le felci. La posizione relativa dei taxa su un cladiogramma indica il loro tempo di di ingroup divergenza relativa. deri ti Percorso per disegnare un albero filogenetico o cladogramma: Radicare l’albero (indivduando un outgroup) Individuare il carattere ancestrale Individuare il carattere derivato Individuare la posizione relativa che indica il tempo di divergenza. Sistematica molecolare Si basa sulla sequenza dei nucleotidi del DNA. Può rilevare le differenze in geni omologhi (che derivano dallo stesso gene ancestrale). Queste differenze sono dovute ad accumulo di mutazioni neutre secondo un tasso costante nel tempo. Tali differenze non sono il risultato della selezione; infatti le mutazioni sono neutre e si sono accumulate contestualmente alla separazione delle linee evolutive. Poiché il numero di sequenze di acidi nucleici ottenute da una grande varietà di specie aumenta ogni giorno, le informazioni su queste sequenze vengono immesse nelle banche dati, principalmente in GenBank progetto del NCBI. Così è possibile effettuare comparazioni dettagliate tra grandi numeri di taxa. La sistematica molecolare ci ha permesso di scoprire che piante che erano state messe in ordini o generi diversi, in realtà dovevano trovarsi nello stesso taxon. Esempio è quello dell’ordine Malpighiales. Per esempio la Rafflesia e l’Euforbia pulcherrima. Questi due generi fanno adesso parte dello stesso ordine. Altro esempio è quello del Nelumbo e del Platanus che fanno parte dell’ordine Proteales. Le piante hanno 3 genoma: genoma nucleare, genoma mitocondriale circolare e il genoma plastidiale. Quest’ultimo ha una grandezza che va dai 135 ai 160 mila pb ed è quello che viene tenuto in considerazione per la sistematica molecolare. Per gli animali è il genoma mitocondriale, per i funghi è quello nucleare. Uno dei motivi è che la gestione del genoma nucleare delle piante è molto complicato. Se considero dei geni che mutano velocemente posso distinguere più taxa ridotti nelle dimensioni; le specie possono essere facilmente individuate in mutazioni che si verificano velocemente. Se invece devo guardare gli ordini o le classi mi interessano organismi con geni che mutano più lentamente. Nel caso della Nicotiana tabacum, l’analisi del gene della rubisco (enzima coinvolto nel ciclo di calvin) mi è utile per il riconoscimento di gruppi tassonomici ampi perchè è una proteina che non varia velocemente ma che è il più possibile stabile. Se invece guardo il gene che codifica per l’ATP questo è utile per distinguere gruppi in angiosperme e quindi più ristretti. Ciò vuol dire che le mutazioni sono ± maggiori. Molti genomi sono stati completamente disegnati come questo del tabacco. Se considero gli animali, vado a guardare il genoma mitocondriale. Il gene usato è il cox1 che codifica per il citocromo ossidasi. Per ogni organismo posso avere un baar-code che legato all’organismo in questione. Il codice a barre può essere diverso anche tra organismi della stessa specie appartenenti a varietà differenti. Nelle piante i geni che vengono considerati sono quelli della rubisco e di MatK, anche le piante possono presentare i codici a barre. L’analisi basata sulla cladistica associata alla sistematica molecolare ci permette alla fine di realizzare gli alberi filogenetici. L’albero filogenetico da cui stiamo partendo è quello in cui sono distinti i domini. Il dominio è una categoria tassonomica al regno e ai supergruppi. I tre domini che troviamo sono: - Bacteria - Archea - Eukarya Tra questi domini possiamo ipotizzare un Bacteria Archaea Eukarya antenato comune intorno ai 4 miliardi di caratteristica anni fa. Tipo di cellula procariotica procariotica eucariotica Membrana nucleare Assente Assente presente Numero di cromosomi 1 1 Più di 1 Tipo di DNA Circolare Circolare lineare Regni organelli Assenti Assenti presenti citoscheletro Assente Assente presente Plantae Fungi Animalia Protista Fotosintesi con clorofilla Presente Assente presente ± ± PROTISTI Si tratta di organismi molto importanti dal punto di vista ecologico perchè rappresentano la componente maggiore degli organismi fotosintetici. Le alghe presentano una biomassa molto più ampia rispetto agli altri organismi. Questi organismi vivono in acqua e sono principalmente distribuiti in mare; si tratta di organismi che assorbono e fissano la maggiorate dell’anidride carbonica necessaria per la fotosintesi. I protisti comprendono eucarioti che non posseggono quei caratteri distintivi degli organismi appartenenti ai regni dei Fungi, delle Plantae e degli Animalia. La maggior parte dei biologi si trova d’accordo nel ritenere che funghi, vegetali e animali siano derivati da antichi protisti e che lo studio dei protisti attuali faccia luce sull’origine di questi gruppi importanti. Oltre alla loro importanza evolutiva, alcuni protisti sono rilevanti in quanto causano malattie in vegetali e animali, altri hanno un importante rilievo ecologico. Il gruppo dei protisti è un raggruppamento artificiale costituito da protisti autotrofi (alghe) e protisti eterotrofi. I protisti si trovano in tutti i supergruppi e la maggior parte di questi contiene esclusivamente protisti. Ci sono alcuni supergruppi, come gli Staminopila, gli Alveolata, gli Excavata che nte presentano solo protisti. Questo vuol dire che si tratta degli organismi più presenti, prendendo in considerazione gli eucarioti. ± Chi sono i protisti ? Gruppo che include i seguenti organismi che hanno poco in comune tra loro: - “Animali” unicellulari, tradizionalmente chiamati protozoi. - Alghe - Oomiceti, mixomiceti, dictiosteliomiceti estromessi dal regno dei funghi. Il gruppo dei protisti è resituale: comprende tutti quegli organismi che non hanno trovato posto in raggruppamenti più definiti come le piante, i funghi, gli animali. Le caratteristiche condivise da tutti i protisti sono: - Sono tutti eucarioti - Hanno una riproduzione sessuale e asessuale - Si muovono in acqua tramite flagelli e ciglia (struttura 9+2) o movimenti ameboidi (con delle eccezioni) - Sono organismi unicellulari, coloniali o pluricellulari ma non organizzati in tessuti Sono caratterizzati da una grande diversità morfologica. È quindi probabile che gli eucarioti più evoluti provengano da una tipologia di protisti abbastanza basilare: Grypania. È presente sotto forma di un fossile spiralato ed è considerato il più antico organismo eucaristie pluricellulare. È molto lungo e sottile: 2 mm di diametro e o,5 m di lunghezza. Si hanno evidenze scientifiche che organismi complessi come le piante, funghi e gli animali discendano da una cellula ancestrale protista. Si presenta degli strati del Precambriano che risale a 2 miliardi di anni fa. Se considero tutti i protisti nel loro insieme posso notare che presentano tutti i cicli riproduttivi che poi ritrovo anche negli organismi superiori. Nei protisti c’è una grande sperimentazione di tante tipologie di cicli riproduttive, di molecole utili alla conservazione dell’energia (amido, glicogeno ecc) o una grande sperimentazione riguardo i pigmenti. Possiamo quindi capire che l’evoluzione è partita da qui e ha portato ad alcuni organismi che si sono specializzati in alcune cose. I cicli riproduttivi: - Ciclo aplonte: in cui si ha una generazione aploide. In Cicli riproduttivi seguito alla fecondazione che prevede la fusione di due gameti, lo zigote va subito in meiosi per produrre 4 cellule aploidi che hanno la funzione di produrre l’individuo aploide. C’è una diversa direzione rispetto ai gameti. Questo ciclo viene chiamato “a meiosi zigotica”. Molti esempi di funghi. E alghe riproduttivi - Ciclo diplonte: l’individuo è diploide. Lo zigote che proviene dalla fecondazione produce mitoticamente una biomassa vitale. Questa avrà delle cellule specializzate che andranno in contro a meiosi formando 4 gameti che saranno poi le cellule sessuali. Questa situazione la troviamo spesso negli animali ma anche nei protisti e nelle alghe. Chiamato anche ± Meiosi “a meiosi gametica” dallo produzio - Ciclo aplodiplonte: è il ciclo più complesso caratteristico delle diplonte piante e di molte alghe. È chiamato anche “a meiosi sporica” perchè è caratterizzato dalla produzione delle spore. Lo zigote produce un individuo diploide che prende il nome di sporofìto. ± ± Alcune delle sue cellule vanno in meiosi e producono delle spore (non gameti). Queste spore sono aploidi e producono una generazione aploide che prende il nome di gametofìto. Questo è un individuo che produce gameti pronti per la fecondazione. È un ciclo ad alternanza di generazione. Il ciclo aplodiplonte può presentare 2 generazioni: - Isomorfe dove la forma aploide e la forma diploide non sono distinguibili morfologicamente (es. Ulva lactuca) - Eteromorfe dove la forma aploide è distinguibile da quella diploide (es. Felci) Protisti autotrofi comunemente chiamati alghe La distribuzione dei protisti autotrofi coincide con quella dei protisti in generale. Le alghe marine, principalmente il fitoplancton, producono il 70-80% dell’ossigeno atmosferico. Le alghe hanno diverse potenzialità biotecnologiche ambientali. Vengono utilizzate nella fitodepurazione e nella produzione di biocarburanti. c’è una ricaduta anche in ambito farmacologico, nutrizionale. Per esempio per allungare il periodo di permanenza degli astronauti vengono sfruttate le alghe verdi che da una parte danno ossigeno all’ambiente e dall’altra possono integrare l’alimentazione. Molte specie di alghe sono mixotrofe cioè hanno la capacità di essere anche eterotrofe a seconda delle condizioni. GLI EUGLENOIDI Siamo nel supergruppo degli Excavata. Gli euglenoidi comprendono 80 generi e 800-1000 specie. Circa un terzo dei generi, come la comune Euglena, contengono cloroplasti. La similarità tra i plastidi delle Euglenoidi e quelli delle alghe verdi (entrambi contengono clorofilla a e b insieme a diversi carotenoidi) suggeriscono che i plastidi delle euglenoidi siano derivati da alghe verdi endosimbionti. La struttura di Euglena (organismo modello) mostra molte delle caratteristiche generali tipiche delle euglenoidi. Ad eccezione del genere Colacium, le euglenoidi sono unicellulari. Euglena, come la maggior parte delle euglenoidi non presenta una parete cellulare né altre strutture rigide che rivestono la membrana plasmatica. La membrana è rinforzata da strisce proteiche che sono disposte elicoidalmente. Queste strisce formano una struttura chiamata pellicola che può essere flessibile o rigida. La pellicola flessibile di Euglena permette alla cellula di cambiare la propria forma, facilitando i movimenti negli habitat fangosi dove lo spostamento dovuto ai flagelli è più difficoltoso. Sito di Le cellule di Euglena hanno due flagelli: un lungo Strisce proteinacee Rubisco dalmente flagello singolo che emerge dalla base di una depressione anteriore denominata cisterna (o tasca flagellare) e un secondo flagello non emergente che si trova all’interno della cisterna. La cisterna è anche utile per eliminare l’acqua in eccesso grazie alla presenza di vacuoli contrattili che sono vicini alla cisterna. I vacuoli si contraggono e l’acqua fuoriesce dalla cisterna: questo perché Euglena vive nelle acque dolci ed essendo una cellula con un’alta potenzialità osmotica, la funzione della cisterna è molto importante per mantenere la cellula al giusto grado osmotico. Accanto alla cisterna si trova lo stigma o macchia oculare: è un “organo”, in genere rosso, che costituisce nelle euglenoidi un sistema sensibile alla luce. Il cloroplasto presente nell’euglena è piuttosto grosso, anche perchè l’euglena non è un organismo specializzato a fare la fotosintesi poiché è mixotrofa quindi il cloroplasto ha una forma poco evoluta. Nel citoplasma delle euglenoidi si formano granuli di un tipico polisaccaride chiamato paramilon, che è sempre costituito da glucosio. I plastidi delle euglenoidi, al pari dei plastidi di molte alghe verdi e di altre alghe, posseggono una regione ricca di proteine, il pirenoide, che è il sito della rubisco e di altri enzimi coinvolti nel processo fotosintetico. Gli euglenoidi presentano anche forme pluricellulari come per esempio Colacium. Negli euglenoidi possiamo trovare anche il genere Trichelomonas che presenta una struttura esterna simile ad una parete (periplasto) composta di minerali di ferro e manganese. LE CRIPTOFìTE Rientrano nel supergruppo chiamato “piante e forme algali affini” che contiene anche le piante terrestri. Si tratta di organismi unicellulari, flagellati presenti sia nelle acque marine che nelle acque dolci. Il nome loro assegnato è appropriato poiché le loro piccole dimensioni spesso le rendono difficili da individuare. Come le euglenoidi, queste necessitano di alcune vitamine per la crescita e presentano sia membri pigmentati e fotosintetizzanti che membri privi di pigmenti che si nutrono per fagocitosi inglobando particelle organiche e batteri. Sono l’esempio di come eucarioti privi di pigmenti possano ottenere i cloroplasti da eucarioti endosimbionti. Vi sono prove che dimostrano che le criptofìte sono il risultato della fusione tra una cellula eterotrofa ed una autotrofa in in’asociazione endosimbiontica secondaria. Infatti il cloroplasto delle criptomonadi contiene pigmenti che sono tipici di cianobatteri e delle alghe rosse. Il cloroplasto è circondato da 4 membrane. Il nucleomorfo è un nucleo ridotto; è stato interpretato come ciò che resta del nucleo di una cellula di alga rossa. Il nucleomorfo è alloggiato in una rientranza del cloroplasto. Si ritiene che il nucleomorfo sia un nucleo vestigia appartenente all’endosimbionte (cellula di alga rossa) fagocitato da un ospite eterotrofo; questo perchè presentano dei pigmenti tipici delle alghe rosse. La più esterna delle 4 membrane che circondano il cloroplasto è il reticolo ± endoplasmatico plastidiale. La connessione tra la membrana nucleare e le membrane del cloroplasto non è visibile nel piano di questa sezione. LE APTOFITE Appartengono anch’esse al supergruppo delle “piante e forme algali affini”. Le aptofìte sono organismi del fitoplancton, principalmente marine, anche se sono note alcune forme di acqua dolce e terrestri. Questo phylum è costituito sia da flagellati unicellulari e coloniali, che da cellule singole e colonie non mobili. La struttura caratteristica più distintiva delle alghe aptofìte è l’ aptonema, struttura filiforme che si estende fuori dalla cellula insieme a due flagelli di eguale lunghezza. Esso è strutturalmente diverso da un flagello. Sebbene nell’ aptonema siano presenti i microtubuli, essi non presentano la disposizione 9+2 tipica dei flagelli e delle ciglia degli eucarioti. L’ aptonema può curvarsi e spiralizzarsi ma non può battere come un flagello. In alcuni casi, esso permette alla cellula dell’aptofita di catturare particelle di cibo, funzionando come canna da pesca. In altri sembra aiutare la cellula a evitare gli ostacoli. Un’altra caratteristica delle alghe aptofite è la presenza di scaglie piccole e appiattite sulla superficie esterna della cellula. Queste scaglie sono costituite da materiale organico o da materia organica calcificata. Il genere Primnesium è noto per essere capace di formare fioriture tossiche che uccidono pesci ed altre forme di vita marina. Un esempio è l’alga killer che produce sostanze molto tossiche. Esistono anche i coccolitofori (Emiliana huxleyi) che sono circondati da pareti di carbonato che si fossilizzano e caratterizzano gli strati geologici. A volte sono caratterizzati da importanti fioriture, ad esempio nel caso di Phaeocystis che presentano una sostanza mucillaginosa che quando il mare è mosso produce delle schiume. I DINOFLAGELLATI Appartengono al supergruppo degli “alveolata”. Questo supergruppo è caratterizzato dalla presenza di piccole cavità legate alla membrana plasmatica (alveoli) al di sotto della superficie cellulare. La maggior parte delle dinoflagellate è unicellulare e biflagellata; sono quindi organismi formati da una singola cellula con due flagelli che battono all’interno di due solchi: un solco circonda il corpo dell’organismo come una cintura e il secondo è perpendicolare al primo; l’organismo quindi gira su se stesso. Sono note 4000 specie sia marine che di acqua dolce. Un’altra caratteristica è che sono mixotrofe e quindi possono svolgere la fotosintesi ma anche l’ingestione di materiale organico presente nell’ambiente circostante, questo gli conferisce una grande adattabilità. Essi si riproducono attraverso una divisione longitudinale e ciascuna cellula figlia riceve un flagello e un pezzo di parete. Le placche sono di cellulosa e si trovano nelle vescicole al di sotto della membrana (negli alveoli). Le dinoflagellate che vivono in pieno oceano spesso presentano ampie ed elaborate placche a forma di vela che contribuiscono e si al loro galleggiamento. Altre dinoflagellate hanno placche di cellulosa molto sottili, o non ne hanno nessuna, e perciò non sembra che possiedano una teca. Altra caratteristica dei dinoflagellati è il fatto che possono vivere in simbiosi con il polipi o con i molluschi. In particolare le Zoxantelle, entrano in associazione simbiotica mutualistica e assicurano l’approvvigionamento di ossigeno ai polipi o ai molluschi. Le zooxantelle sono le responsabili primarie della produttività fotosintetica che rende possibile la crescita delle barriere coralline nelle acque tropicali che sono povere di nutrienti. In un metro cubo di tessuto corallino ci possono essere fino a 30.000 dinoflagellate simbionti. Anche i colori sgargianti sono dovuti a questa associazione simbiontica. I dinoflagellati producono una sostanza, la luminescenza, che li rendono bioluminescenti. Gli amminoacidi prodotti dai polipi stimolano le dinoflagellate a produrre glicerolo anziché amido. Il glicerolo viene utilizzato dal corallo per la respirazione. STRAMENOPILI FOTOSINTETICI Gli stramenopili sono accumunati dalla presenta dei mastigonemi (peli simili a pagliuzze) su uno dei flagelli. Il termine “Stramenopili” deriva dal termine greco capelli di paglia. In questi organismi noti anche come eterocliti (che a. significa “flagelli differenti”), il flagello con tali particolari peli è lungo e l’altro è corto e liscio. Le analisi molecolari hanno a i i conne ione che c confermato la stretta connessione che c’è tra tutti i gruppi di Sinura petersenii stramenopila. Inoltre, ulteriori studi hanno confermato che tali stramenopili fotosintetici siano anche strettamente correlati a diversi cladi di protisti eterotrofi privi di plastidi. Diatomee Sono organismi che si trovano all’interno del supergruppo degli stramenopila. Si tratta di organismi unicellulari o coloniali molto importanti come costituenti del fitoplancton. Esse contribuiscono al 25% per la fissazione globale del carbonio, sono quindi tra le principali protagoniste del benessere del nostro pianeta. La parete cellulare è formata da silice per cui vi sono moltissime evidenze fossili di specie ormai estinte. Una caratteristica peculiare è la presenza di una parete formata da due parti che sono conosciute come frustuli e che consistono di due metà sovrapposte. La due parti sono: un’epivalva (la parte superiore) e un’ipovalva (la parte inferiore). I primi fossili risalgono a 180 milioni di anni fa; fossili importanti si presentano negli strati geologici risalenti a 100 milioni di anni fa. Le diatomee possono essere sorprendentemente abbondanti, anche su piccole superficie e sono particolarmente ricche dal punto di vista della biodiversità infatti presentano circa 285 generi. Le forme delle diatomee sono più geometriche e a seconda della simmetria abbiamo due tipologie di forme: - Simmetria radiale: ottengo sempre una visione speculare disegnando anche una serie infinita di piani. - Simmetria bilaterale o pennate: il piano di simmetria è uno solo. Si può osservare il rafe, scanalatura centrale in cui può passare l’acqua. A questo livello non ci sono i flagelli e la diatomea si muove grazie al passaggio dell’acqua. - Singole cioè unicellulari - Coloniali La diatomea presenta due frustuli, l’epivalva e l’ipovalva. Il problema della diatomea si riproduce principalmente in modo asessuale. Succede che mano a mano che si divide mitoticamente, la sua popolazione diminuisce in numero fino a raggiungere una dimensione minima che non può più dividersi. A questo punto scatta la riproduzione sessuale. Come mai succede questo ? Durante la divisione cellulare ogni cellula riceve metà frustulo della cellula madre e ne costruisce l’altra metà. Quindi metà delle cellule figlie eredita l’epivalva e deve costruire la propria ipovalva e in questo caso si mantiene ± tore S.p.A. Copyright © 2013 7 | 41 la linea uguale alla cellula madre; la cellula che eredita l’ipovalva, la utilizza come epivalva e quindi si deve costruire l’ipovalva ma sarà più piccola in dimensioni. Quando non riesce più a riprodursi miticamente scatta la riproduzione sessuale. La cellula si differenzia in cellula maschile o femminile producendo il gamete maschile e femminile. I gameti posseggono i flagelli. I gameti maschili entrano nella cellula uovo, si forma uno zigote. Questo porta ad un ingrossamento della cellula. I frustuli rimangono piccoli e adesi alla cellula. Essi sono visibili come due cappellini. Lo zigote si divide in due asessualmente e ogni cellula produce una sua epivalva e ipovalva riprendendo la sua dimensione originaria. Questo è un ciclo gametico e oogamo perchè la cellula uovo è grande e ferma. Tramite un cambio riproduttivo viene RAVEN, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2013 7 | 42 ripresa la dimensione originaria. Le diatomee possono avere diverse applicazioni come ad esempio nella medicina legale. Infatti una peculiare applicazione della botanica consiste nell’identificazione delle diatomee in tessuti di soggetti rinvenuti in acqua. La ricerca delle diatomee oltre che contribuire alla diagnosi di causa di morte per annegamento consente di identificare la zona in cui è annegato il soggetto e, nel caso di rinvenimento di diatomee sugli indumenti e sulla cute, i tratti d’acqua attraversati dal cadavere. Lo scheletro di silice permette la loro identificazione anche in materiale estremamente putrefatto. Alghe Brune, classe Pheophyceae Si tratta di un gruppo quasi interamente marino che comprende le più grandi macroalghe marine. Esse dominano le coste rocciose delle regioni più fredde del globo. Le alghe brune sono costituite da un tallo cioè una struttura vegetativa semplice relativamente indifferenziata, non si può parlare di tessuti. Il loro composto di riserva è il carboidrato laminarina o l’amido a seconda dei gruppi. Sono caratterizzate da un pigmento, la fucoxantina, che conferisce il colore bruno/ dorato. Alcune alghe brune presentano un tallo a forma di lamine e creano degli ambienti di Alghe brune rifugio per altre specie, ma ci sono anche delle alghe brune che sono più semplici e che presentano un fallo filamentoso ramificato semplice come per esempio Ectocarpus. Sargassum muticum è un’alga bruna che caratterizza il mar del Sargassi. È Tallo filamentoso ramificato aggregato a caratte

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