Botanica - PDF
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Questo documento fornisce una panoramica della botanica, con particolare attenzione alla struttura e alle funzioni delle cellule vegetali. Sono descritti i processi metabolici, l'accrescimento vegetale e le funzioni della parete cellulare.
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La botanica è la disciplina della biologia che studia le forme di vita del mondo vegetale. I vegetali sono organismi autotrofi (capaci di autoprodursi il cibo) con superfici esterne molto estese per riuscire a comunicare con l’ambiente esterno il loro accrescimento è i...
La botanica è la disciplina della biologia che studia le forme di vita del mondo vegetale. I vegetali sono organismi autotrofi (capaci di autoprodursi il cibo) con superfici esterne molto estese per riuscire a comunicare con l’ambiente esterno il loro accrescimento è indefinito, verso l’alto per raggiungere la luce (rami) e verso il basso per i nutrienti (radici) possiedono un’organizzazione decentrata con organi capaci di avere più funzioni la loro circolazione è aperta C’è una stretta relazione tra piante, uomo e ambiente. Le piante, infatti, hanno l’abilità di organicare sostanze, ovvero trasformare sostanze inorganiche, a bassa energia, in sostanze organiche, ad alta energia, grazie all’energia solare. Dal punto di vista della nutrizione, gli organismi autotrofi si avvalgono dei processi di chemiosintesi e fotosintesi. La nutrizione eterotrofa, invece, si distingue in saprofitismo, parassitismo e simbiosi. Le cellule delle piante svolgono due principali funzioni metaboliche: o anaboliche = sintesi di sostanze complesse con il consumo di energie (fotosintesi) 6CO2 + 6H2O + luce → C6H12O6 + 6O2 o cataboliche = degradazione di sostanze complesse con liberazione di energia (respirazione cellulare) C6H12O6 + 6O2 - ATP → 6CO2 + 6H2O La cellula - struttura generale Come in tutti gli organismi animali, la cellula vegetale è l'unità morfologica e funzionale fondamentale degli organismi vegetali. Ha diverse caratteristiche che la distinguono dalla cellula animale e sono: o una forma geometrica rigida o il grande contenuto d’acqua nel vacuolo o la presenza di alcuni organuli (parete cellulare, vacuolo, plastidi), assenti invece nella cellula animale La forma delle cellule vegetali è varia: si possono distinguere cellule fortemente allungate in una direzione (prosenchimatiche) e cellule estese ugualmente nelle tre direzioni dello spazio (isodiametriche o prosenchimatiche). Concetto di superficie relativa La cellula è un sistema aperto che interagisce costantemente con l'ambiente esterno attraverso la membrana plasmatica. La sopravvivenza della cellula, infatti, dipende dalla capacità di realizzare scambi continui con l'ambiente circostante. Grandezza e forma devono assicurare un elevato rapporto superficie/volume (superficie relativa). Saranno quindi più favoriti organismi pluricellulari di forma poliedrica per agevolare il contatto con l’ambiente circostante. Nei vegetali però sono presenti cellule molto grandi, sfavorevoli quindi al rapporto S/V. Questo problema però è superato grazie alla presenza del vacuolo centrale, che occupa quasi la totalità del volume della cellula. Il principio grande volume con poco protoplasma (citoplasma, citoscheletro e organuli) domina tutta l’anatomia delle piante. A causa delle grandi masse d'acqua coinvolte, le cellule vegetali necessitano di un sistema di contenimento, rappresentato dalla parete cellulare. La parete cellulare conferisce alle cellule vegetali una forma e una struttura ben definite. Accrescimento Nelle piante esistono due tipologie di cellule cellule giovanili o meristematiche = hanno un alto indice nucleo-cellula, pareti sottili, contiene proplastidi (o plastidi indifferenziati), i vacuoli sono ancora piccoli ed è ancora in grado di dividersi. Queste sono le cellule artefici dell’accrescimento in lunghezza dei fusti e delle radici cellule adulte o differenziate = hanno un basso indice nucleo-cellula, pareti spesse, i loro plastidi sono differenziati, i vacuoli si sono espansi mentre le cellule hanno perso la capacità di dividersi. Le cellule vegetali si sviluppano attraverso: accrescimento per divisione = viene aumentato il numero di cellule non differenziate partendo dal fusto o dalla radice accrescimento per distensione = viene aumentata la dimensione della cellula che subisce anche un differenziamento diventando cellula adulta. Si tratta di un accrescimento inteso e molto rapido. Parete cellulare È caratteristica delle piante, anche se manca nelle alghe unicellulari mobili e nelle cellule riproduttive. Funzioni e caratteristiche: o conferisce forma alla cellula o protegge e sostiene il protoplasto o esercita una contropressione elastica che bilancia la pressione osmotica (turgore) o ha funzione di difesa o è una struttura dinamica che cambia in relazione allo sviluppo cellulare o è un complesso intreccio molecolare costituito principalmente da cellulosa, emicellulose, pectine e, in alcuni casi, lignina o è una struttura porosa che permette il passaggio di acqua, ioni e piccole molecole o appartiene al comparto apoplastico, ovvero un sistema continuo e interconnesso di spazi extracellulari nella pianta La parete si forma ex novo e la sua formazione avviene in tre momenti: formazione della lamella mediana, formazione della parete primaria ed infine formazione della parete secondaria. Lamella mediana Durante la mitosi si aggiungono ai microtubuli del fuso mitotico, dal centro verso l’esterno microtubuli più corti a costituire il fragmoplasto. I microtubuli del fragmoplasto servono per orientare e guidare vescicole provenienti dall’apparato di Golgi. Le vescicole, arrivate in posizione, si fondono tra loro e il fragmoplasto si dissolve. A questo punto tra le due cellule figlie rimane un setto che non appartiene né all’una né all’altra: è la lamella mediana. La lamella mediana ha la funzione di tenere unite le cellule tra loro nella formazione del tessuto. Questa funzione, definita cementante, è dovuta alla composizione chimica della lamella mediana, ovvero sostanze pectiche e proteine. Parete primaria La parete primaria si forma quasi contemporaneamente alla lamella mediana, posizionandosi internamente ad essa. È sintetizzata individualmente da ciascuna cellula figlia e accompagna l’accrescimento per distensione, con il quale le cellule figlie raggiungono le dimensioni finali e diventano cellule adulte. La parete è formata da materiale fibrillare (ovvero fibrille di cellulosa) immerso in una matrice formata da acqua, emicellulose, sostanze pectiche, proteine strutturali (estensine) ed enzimatiche (perossidasi, espansine, transglicosilasi, idrolasi, ossidoreduttasi). La matrice è preponderante sul materiale fibrillare e le fibrille di cellulosa disposte secondo una tessitura dispersa fanno in modo che l’accrescimento l’accrescimento cellulare non sia ostacolato. La cellulosa (polimero del β-glucosio) è ideale come materiale fibrillare perché è lineare e poco estensibile, raggiunge elevato grado di polimerizzazione, le catene si associano tra loro a formare microfibrille ed è estremamente stabile. La cellulosa viene sintetizzata da un sistema multi enzimatico chiamato cellulosa sintetasi, a livello del plasmalemma. Sintetizza le singole fibrille di cellulosa che si appaiano formando le microfibrille che a loro volta si appaiano e formano le macrofibrille. Parete secondaria Terminata la formazione della parete primaria inizia la formazione di quella secondaria. La parete secondaria ha la funzione di rafforzare e dare una forma alla cellula, per questo il materiale fibrillare diventa preponderante sulla matrice. La parete secondaria è generalmente formata da tre strati, ciascuno caratterizzato da un diverso orientamento delle fibrille di cellulosa: o tessitura fibrosa = fibrille disposte parallelamente all’asse cellulare o tessitura elicoidale = fibrille disposte obliquamente rispetto all’asse cellulare o tessitura anulare = fibrille disposte perpendicolarmente all’asse cellulare. Questa disposizione permette alla parete di acquisire grande rigidità. L’ispessimento parietale, tuttavia, non impedisce la comunicazione tra cellule adiacenti. Queste comunicazioni sono garantite dalla presenza dei plasmodesmi e dall’assottigliamento della parete cellulare in corrispondenza dei porocanali Modificazioni secondarie La conquista delle terre emerse da parte delle piante ha fatto sì che venissero elaborate modificazioni della parete cellulare in base alla funzione che esse dovranno svolgere. Queste modificazioni si formano al termine della sintesi della parete e comportano la deposizione di sostanze incrostanti (che si depositano nella matrice) oppure di sostanze apposte (che si accumulano a ridosso della parete). Le tipologie di modificazioni sono: lignificazione = la lignina si sostituisce alla molecole d'acqua all'interno della matrice, incrostandola; questa sostituzione può interessare la parete a tutti i livelli, conferendo ad essi resistenza meccanica soprattutto agli sforzi di pressione. Le cellule lignificate sono cellule morte cutinizzazione = è dovuta ad un impregnazione di cutina che interessa la parete esterna delle cellule epidermiche della pianta, conferendo impermeabilità. In ambienti aridi, l’eccessiva deposizione di cutina va a formare uno strato esterno chiamato cuticola. La cellula in questo caso rimane viva suberificazione = contro la parete primaria vengono apposte delle lamelle di suberina che, essendo di natura grassa, rende la pianta impermeabile all’acqua, ai gas e conferisce anche resistenza contro i parassiti. Questa modificazione interessa l’intera parete cellulare. Ne derivano così cellule morte e ripiene d’aria gelificazione = può essere un processo fisiologico, dovuto a mucillagini che aumentano l’idrofilia della parete, oppure un processo patologico, dovuta a gomme prodotte in seguito a ferite mineralizzazione = consiste in una deposizione di sostanze inorganiche che possono insinuarsi negli spazi interfibrillari o incrostare la parete internamente o esternamente. La mineralizzazione si divide in due categorie: la silicizzazione, che conferisce ai tessuti un aspetto tagliente, e la calcificazione, che conferisce ruvidità pigmentazione = è un impregnazione della parete con sostanze pigmentanti di natura fenolica (flobafeni). La pigmentazione è spesso associata alla morte della cellula anche se conferisce resistenza alla marcescenza. Vacuolo Il vacuolo è un organulo esclusivo della cellula vegetale utilizzato da essa come cisterna. Nelle cellule adulte occupa il 90% dello spazio interno. Nelle cellule giovani i vacuoli sono numerosi e di piccole dimensioni (provacuoli), mentre nelle cellule mature il sistema vacuolare può ridursi a un unico grande vacuolo. La sua struttura è abbastanza semplice: è delimitato da un’unità di membrana, detta tonoplasto, che contiene una soluzione acquosa, chiamata succo vacuolare. Il tonoplasto è una membrana asimmetrica, ricca di proteine che mediano trasporti (ossia proteine carriers, acquaporine e pompe di protoni). Il succo vacuolare contenuto all’interno del tonoplasto ha pH acido e contiene acqua, sostanze in soluzione, sostanze in sospensione, inclusi solidi e liquidi. Le funzioni del vacuolo sono diverse: funzione osmotica funzione di contenitore polivalente (o come dispensa o come cestino) riempimento dei vuoti = durante la crescita cellulare, il vacuolo deve aumentare di dimensioni per evitare la formazione di spazi vuoti funzione meccanica = mantenimento del turgore cellulare che permette la consistenza delle piante e dei movimenti di turgore di cellule specifiche come: la regolazione degli scambi gassosi tramite l’apertura e la chiusura degli stomi, i movimenti di apertura e chiusura di fiori e foglie (nictinastie), i movimenti rapidi (seismonastie) e i movimenti di orientamento direzionale (tropismi) funzione litica = il vacuolo presenta anche un’attività metabolica legata alla presenza di enzimi litici (proteasi, fosfatasi, nucleasi, glicosidasi) funzione omeostatica = grazie al vacuolo viene preservata la funzionalità del citoplasma controllando il pH, consentendo la resistenza al freddo (l’aumento della concentrazione del succo vacuolare abbassando così il punto di congelamento), al secco e al sale (grazie alla presenza di molecole idrofile e all’aumento della concentrazione dei soluti nel vacuolo) Funzione osmotica Quando parliamo di questa funzione è necessario conoscere il significato del termine osmosi. Per osmosi intendiamo la diffusione di acqua secondo il gradiente di concentrazione attraverso una membrana semipermeabile. Le membrane biologiche si comportano come membrane semipermeabile. La differenza di concentrazione di ioni/molecole tra succo vacuolare e ambiente esterno determina se l’acqua sarà in entrata o uscita. In una condizione ipertonica, l’acqua fuoriesce dal vacuolo. Questo riduce il suo volume e conduce al distacco del plasmalemma dalla parete cellulare, portando il vacuolo ad uno stato di plasmolisi. Entro certi limiti, la plasmolisi è reversibile. In una soluzione ipotonica, il vacuolo recupera il suo volume iniziale e torna a esercitare pressione contro la parete cellulare, un processo noto come deplasmolisi. La pianta recupera così la turgidità, ovvero la rigidità e la forza delle sue cellule, che permette ai tessuti di rimanere ben distesi e alla pianta di mantenere la sua forma e posizione eretta. Funzione di contenitore polivalente Il succo vacuolare può contenere una grande varietà di sostanze. Molti prodotti di scarto del metabolismo spesso, anziché venire riversati all’esterno o rimanere nel citoplasma, vengono segregati all’interno del vacuolo. Oltre a fungere da “cestino della spazzatura”, il vacuolo può essere considerato anche la dispensa della cellula. Nel vacuolo, infatti, la cellula può raccogliere vari tipi di molecole detti inclusi vacuolari. Gli inclusi vacuolari si dividono in inclusi liquidi e inclusi solidi. Inclusi liquidi: sali inorganici rilasciati nel citoplasma tramite portatori specifici acidi organici, ovvero metaboliti in eccesso prodotti da ciclo Krebs zuccheri → funzione di riserva e osmotica aminoacidi → funzione di omeopatica e riserva azoto proteine enzimatiche = idrolasi coinvolte nella funzione litica olii eterei (o “olii essenziali” o “essenze”) → funzione vessillare e di difesa glicosidi = prodotti di una condensazione tra una molecola di zucchero e un composto non zuccherino → funzione detossificante e di difesa flavonoidi = pigmenti frequenti nei fiori, nei frutti e in alcune foglie → funzione vessillare alcaloidi = composti azotati con attività farmacologica per l’uomo e gli animali → funzione di difesa e riserva di azoto o di prodotti di rifiuto dell’azoto tannini → funzione di difesa resine = miscugli di diverse sostanze chimiche. Generalmente sono solide, colorate, fondenti al calore, non volatili. Costituiscono essudati di piante e si ottengono per incisione delle cortecce → funzione protettiva contro la putredine e gli attacchi di parassiti. La concentrazione di alcune sostanze nel succo vacuolare può superare la soglia di solubilità in acqua. Queste sostanze precipitano andando a creare gli inclusi solidi contenuti nel vacuolo. Inclusi solidi: granuli di aleurone = riserve proteiche localizzate prevalentemente nei semi. Durante la maturazione del seme si ha disidratazione con conseguente concentrazione e precipitazione delle sostanze proteiche: prima precipitano composti di fosforo a formare il globoide, successivamente precipitano le globuline a formare il cristalloide, infine restano le albumine solubili a formare la matrice amorfa cristalli di ossalato di calcio = possono avere forme diverse (druse, rafidi, stiloidi, sabbia cristallina). → funzioni di: sequestro di calcio dal citoplasma, detossificazione dall’eccesso di acido ossalico, difesa contro gli erbivori. Plastidi I plastidi sono organuli tipici delle cellule vegetali, autotrofe, eucariotiche (mancano quindi nei procarioti e nei funghi). Nelle cellule meristematiche i plastidi sono presenti ma ancora indifferenziati, mentre nelle cellule adulte si differenziano con funzioni specifiche in relazione a tessuto). Tutti i plastidi hanno una morfologia generale che comprende: o un doppio involucro formato da una membrana esterna e una interna o lo stroma in cui si trovano ribosomi, RNA, DNA circolare o la definizione come organuli semiautonomi, in quanto sono in grado di riprodursi per divisione e svolgere la sintesi di alcune proteine. Dipendono comunque dalla sintesi diretta dal nucleo cellulare, quindi lo sviluppo di un plastidio è sotto il duplice controllo del DNA nucleare e del DNA plastidiale. I plastidi vengono suddivisi, in base al loro tipo di metabolismo, in: cromatofori (pigmentati) fotosinteticamente attivi o cloroplasti cromatofori fotosinteticamente inattivi o cromoplasti plastidi incolore o proplastidi o leucoplasti (amiloplasti, elaioplasti) o ezioplasti Differenziamento dei plastidi I proplastidi rappresentano lo stadio giovanile nei plastidi delle cellule dei meristemi primari. Vengono definiti totipotenti in quanto si possono differenziare in ciascun tipo di plastidio in base al tessuto di cui la cellula entrerà a far parte. Sono molto piccoli e incolori, in quanto mancano di clorofilla, ma contengono il suo precursore: la protoclorofilla. Il loro stroma può contenere piccoli granuli di amido e tilacoidi rudimentali, chiamati protilacoidi, che possono essere molto ridotti o talvolta completamente assenti. Il differenziamento del proplastidio a cloroplasto è determinato da: fattori esogeni (o ambientali) o fattori endogeni (legati al genoma della cellula). In presenza di luce aumenta il volume plastidiale, si formano i tilacoidi, inizia la sintesi proteica e lipidica, la protoclorofilla diventa clorofilla (le protoclorofillide, insieme alla luce, danno il clorofillide che, associato al fitolo, da la clorofilla) e gli altri pigmenti vengono sintetizzati ex novo. Cloroplasti I cloroplasti sono plastidi di forma lenticolare, contenenti lo stroma (matrice liquida) in cui sono immersi i tilacoidi, sacculi appiattiti delimitati da membrana. I tilacoidi si dispongono gli uni sugli altri a formare pile chiamate grana (singolare: granum), collegate tra loro da tilacoidi singoli noti come integrana. Il numero di grana per cloroplasto e il numero di tilacoidi per granum variano in base all’ambiente luminoso in cui si trova la pianta. Sulle membrane tilacoidali, infatti, avvengono le reazioni della fase luminosa della fotosintesi. Quanto più la pianta è adattata all’ambiente d’ombra, tanto più elevato deve essere il numero di grana per cloroplasto e il numero di tilacoidi impilati nei granum, in modo da assorbire quanta più luce possibile. Viceversa, in una pianta adattata a grandi quantità di luce avrà un sistema granale meno esteso. Nello stroma sono anche presenti DNA plastidiale, RNA, ribosomi, granuli di amido primario, gocce lipidiche e gli enzimi coinvolti nella fase oscura della fotosintesi. La cattura della luce è possibile grazie a molecole capaci di assorbire determinate lunghezze d’onda dello spettro visibile. Questo compito è affidato ai pigmenti fotosintetici o plastidiali. Essi sono: clorofille = si divide in due diversi tipi di clorofille (A, B) e si trova negli organismi verdi eucarioti capaci di fotosintesi ossigenica. Sia A che B sono formate da un anello porfirinico modificato, con al centro un atomo di magnesio, e da una catena idrofoba che ancora la molecola alle membrane tilacoidali carotenoidi = sono pigmenti definiti accessori che conferiscono il colore giallo-arancione. Sono molecole costituite da una lunga catena di atomi di carbonio che termina con due anelli. Nel processo fotosintetico consentono di assorbire lunghezze d’onda diverse da quelle assorbite dalle clorofille. Proteggono la clorofilla dalla foto-ossidazione. Si dividono in caroteni (molecole non ossigenate) e xantofille (molecole ossigenate) ficobiline = pigmenti fotosintetici idrosolubili presenti in cianobatteri e alghe rosse. Come i carotenoidi, esse consentono l'assorbimento della luce con lunghezze d’onda non coperte dalla clorofilla, aiutando così a massimizzare la fotosintesi. Si suddividono in: ficocianina e ficoeritrina (utile in ambienti acquatici profondi). La composizione dei pigmenti di una pianta determina quali lunghezze d’onda della luce più efficaci per attivare la fotosintesi. Questo insieme di lunghezze d’onda è chiamato spettro d’azione e varia in base ai pigmenti presenti nelle piante. Poiché nessun pigmento assorbe la luce verde, questa viene riflessa ed è per questo che le foglie ci appaiono verdi. Fotosintesi ossigenica La fotosintesi ossigenica avviene nel cloroplasto ed è un processo endoergonico che immagazzina l’energia luminosa nei legami chimici di composti organici. Ne possiamo distinguere due fasi strettamente collegate (una fornisce le fonti energetiche necessarie e l’altra la materia prima da trasformare): fase luminosa = La luce viene catturata e convertita in forme utili per la cellula (ATP e NADPH) grazie ai tilacoidi, più precisamente dai pigmenti. I pigmenti accessori catturano l’energia luminosa e la trasferiscono, passando di pigmento in pigmento, fino a una molecola speciale di clorofilla capace di effettuare la reazione di fotolisi dell’acqua: 2H2O → O2 + 4H+ + 4e- Con l’energia fornita dalla luce, la molecola d’acqua viene scissa: o gli ioni H+ vengono accumulati nel lume tilacoidale e forniscono l’energia necessaria per produrre ATP a partire da ADP o gli elettroni vengono trasferiti tramite una catena di trasportatori fino al NADP+, che viene ridotto a NADPH o l’O2 viene liberato come sottoprodotto fase oscura = ATP e NADPH forniscono l’energia per l’organicazione del carbonio. Questa fase avviene grazie all’attività di numerosi enzimi stromatici (tra cui la rubisco), più precisamente grazie ad una serie di reazioni che compongono il ciclo di Calvin-Benson. L’attività fotosintetica comporta anche un progressivo aumento della concentrazione di zuccheri nel cloroplasto. Poiché questi zuccheri sono osmoticamente attivi, potrebbero richiamare acqua nel cloroplasto fino a farlo scoppiare. Tale situazione viene evitata attraverso la condensazione del glucosio, che viene trasformato in amido primario. Leucoplasti Sono plastidi incolori, metabolicamente attivi con funzione di riserva che non svolgono fotosintesi, inoltre sono completamente privi di un sistema di membrane interne. I leucoplasti, in base al tipo di riserva che contengono, si dividono in: amiloplasti = si trovano nei parenchimi amiliferi di semi, di fusti, di radici, di frutti. Non contengono alcun sistema di membrane interne e, di conseguenza, mancano quasi completamente di un sistema tilacoidale. Il loro stroma è caratterizzato dalla presenza di enzimi per la sintesi e l’idrolisi dell’amido secondario di riserva. Gran parte del loro stroma è occupato da granuli di amido II. Gli amiloplasti possono originarsi direttamente dai proplastidi o derivare dalla trasformazione di cloroplasti. In alcune circostanze, quando esposti alla luce, essi possono diventare cloroplasti lipidoplasti = sono plastidi con riserva lipidica e derivano dal cloroplasto che si disorganizza, perdendo la clorofilla e trasformandosi in una goccia d’olio voluminosa. Amido secondario (amido II) L’amido è un polisaccaride e rappresenta la riserva glucidica più importante dei vegetali. In gene è legato alla presenza di clorofilla B. Nelle piante superiori l’amido II di riserva si accumula sotto forma di granuli nelle radici, nei fusti, nei semi. L’amido è costituito da due polimeri dell’α-glucosio: amilosio = polimero a catena lineare caratterizzato da legami α-1,4-glicosidici. La catena è ripiegata su se stessa a formare un’elica. È solubile in acqua calda amilopectina = polimero ramificato, caratterizzato da legami α-1,6-glicosidici nei punti di ramificazione e da legami α-1,4-glicosidici nelle porzioni lineari. È completamente insolubile in acqua ed è il principale polimero presente nell'amido. L’amido si colora elettivamente con il liquido di Lugol. Durante la fotosintesi, il glucosio prodotto viene in parte utilizzato e in parte conservato sotto forma di amido primario (o di transizione). In seguito, questo amido viene idrolizzato, dando origine al saccarosio, che viene trasportato agli organi di riserva. Qui, grazie agli amiloplasti, il saccarosio viene convertito in amido secondario. Cromoplasti Sono plastidi fotosinteticamente inattivi poiché privi di clorofilla. Mancano di un sistema tilacoidale, anche se possono avere qualche membrana interna. Hanno un elevato contenuto lipidico ma un basso contenuto di RNA, ribosomi e proteine. Pur non possedendo clorofilla, i cromoplasti devono il loro colore alla presenza di elevate concentrazioni di carotenoidi. La tonalità cromatica varia a seconda del tipo di carotenoidi predominanti: β-carotene (colorazione arancione), xantofille (colorazione gialla) e licopene (colorazione rossa). La funzione dei cromoplasti è vessillare, ossia attrarre gli impollinatori attraverso colori vivaci. Per questo motivo, sono presenti nelle cellule di numerosi fiori e frutti. I cromoplasti possono derivare: direttamente dal differenziamento di proplastidi, dalla degenerazione dei cloroplasti o da leucoplasti. Trasformazione del cloroplasto in cromoplasto → Durante la maturazione dei frutti, il colore verde iniziale cambia progressivamente a causa della trasformazione irreversibile dei cloroplasti in cromoplasti. Questa trasformazione comporta: demolizione della clorofilla sintesi ex novo di pigmenti carotenoidi scomparsa del sistema tilacoidale formazione di gocce lipidiche o di cristalli costituiti da pigmenti carotenoidi. Ezioplasto Sono i plastidi di piante verdi cresciute al buio. Hanno tutte le caratteristiche generali dei plastidi poichè contengono pochi tilacoidi e aggregati paracristallini di membrane tubolari (corpo prolamellare). Al corpo prolamellare è associata la protoclorofilla. L’ezioplasto si converte in cloroplasto sotto stimolo luminoso, trasformando la protoclorofilla in clorofilla e riorganizzando il corpo prolamellare nel sistema tilacoidale. Stadio finale di sviluppo dei plastidi Durante la senescenza autunnale, la clorofilla nelle foglie viene degradata, mentre i carotenoidi restano, causando il cambiamento di colore. Nel cloroplastoil sistema tilacoidale viene demolito e le sostanze utili sono trasportate in altri organi della pianta. Si forma così un gerontoplasto, un plastidio alterato simile al cromoplasto, che perde la capacità di convertirsi in un’altra forma di plastidio e di dividersi. Istologia Vegetale L'istologia vegetale studia l'organizzazione dei tessuti e dei pseudo-tessuti negli organismi vegetali. Durante l'evoluzione, le piante hanno sviluppato strutture sempre più complesse: da organismi unicellulari (protofite) a forme più organizzate come tallofite e cormofite. L’energide è l’entità funzionale di un organismo, formato dal nucleo e dal citoplasma associato. Il nucleo dirige i processi cellulari, mentre il citoplasma esegue le attività necessarie per la vita della cellula. Quando il volume del citoplasma diventa troppo grande per essere gestito da un solo nucleo, la cellula si divide, mantenendo così l'efficienza. Per questo, nel mondo dei vegetali, esistono cellule formate da più energidi. La loro formazione avviene mediante due processi distinti: apocizio = si verifica quando avvengono divisioni nucleari multiple non seguite da citodieresi. In questo caso i nuclei rimangono nello stesso citoplasma, ma ciascun nucleo controlla una parte specifica del citoplasma che lo circonda Esempio → alcune tallofite (con talli filamentosi, laminari, complessi e cormoidi), cellule embrionali nelle piante sincizio = accade quando cellule inizialmente separate si fondono, riassorbendo le loro pareti cellulari e formando una singola cellula con più nuclei Esempio → tubi laticiferi delle papaveracee. Organismi unicellulari Gli organismi unicellulari (come alghe mobili e immobili, cianobatteri e lieviti) rappresentano i livelli più semplici di organizzazione in cui tutte le funzioni vitali vengono svolte in un’unica cellula. Gli aggregati cellulari sono il risultato di un’associazione postgenita di cellule, ovvero cellule separate e indipendenti si aggregano successivamente alla loro origine. Esistono due tipi di aggregati cellulari: colonie = si tratta di aggregati cellulari originatisi per semplice associazione di organismi unicellulari in cui ciascuna cellula costituisce un organismo indipendente cenobi = sono aggregati cellulari più evoluti delle colonie, in quanto tra le cellule esiste una comunicazione grazie alla presenza di sottili ponti citoplasmatici. In alcuni casi, vi è anche una primitiva suddivisione del lavoro tra cellule vegetative e cellule riproduttive. Organismi pluricellulari Negli organismi pluricellulari a mitosi cessa di essere necessariamente legata alla riproduzione, diventando un processo strettamente connesso alla crescita della pianta (associazione congenita). Gli organismi vegetali pluricellulari si suddividono in Tallofite e Cormofite. Tallofite Le tallofite non possiedono organi veri, poiché il loro "corpo" (tallo) non è suddiviso in radici, fusto e foglie. Il tallo è formato da pseudotessuti, che non hanno funzioni specifiche. Le tallofite meno evolute presentano un’organizzazione semplice con cellule uguali sia morfologicamente sia funzionalmente, mentre quelle più evolute hanno cellule specializzate per funzioni specifiche. Le cellule che costituiscono i talli più complessi possono unirsi in agglomerati compatti, formando pseudotessuti come i plectenchimi e gli ifenchimi. Questo permette di ottenere una primitiva specializzazione del lavoro, visibile in strutture come i cauloidi, i filloidi e i rizoidi. Cormofite Le cormofite, invece, hanno il “corpo” (cormo) suddiviso in radici, fusto e foglie e quindi possiedono organi veri. Il cormo è caratterizzato da tessuti veri, specializzati nello svolgimento di funzioni specifiche. Tessuti veri Per tessuti veri si intendono aggregati cellulari derivati dall’associazione congenita di cellule madri che si sono divise nelle tre direzioni dello spazio, creando una struttura ben organizzata. Le cellule che costituiscono i tessuti veri presentano specializzazioni morfo-funzionali (fragmoplasto, lamella mediana, plasmodesmi, porocanali, punteggiature, spazi intercellulari, parete pluristratificata). Inoltre, esse presentano spazi intercellulari per gli scambi gassosi che si formano attraverso 3 modalità: schizogena = gli spazi si formano attraverso la separazione delle cellule adiacenti lungo le loro pareti cellulari. Questo processo avviene durante la crescita, quando le pareti cellulari si distaccano lungo la lamella mediana (lo strato che mantiene unite le cellule) generando spazi vuoti regolari e delimitati da cellule intatte lisigena = gli spazi si formano per distruzione di alcune cellule all'interno di un tessuto che si disgregano completamente, lasciando uno spazio vuoto nel punto in cui si trovavano. Gli spazi risultanti sono irregolari poiché derivano da cellule morte rexigena = per rotture meccaniche di cellule o tessuti, a causa della pressione interna o di cambiamenti strutturali, si creano gli spazi vuoti intracellulari irregolari. I tessuti veri si dividono in tessuti meristematici e tessuti adulti. Certe volte alcune cellule adulte mostrano caratteristiche diverse rispetto a quelle del tessuto in cui si trovano e vengono definite idioblasti. Tessuti meristematici Le piante sono caratterizzate da un accrescimento indefinito per la presenza di cellule che mantengono la capacità di dividersi. Queste sono le cellule meristematiche, cellule totipotenti non differenziate in grado cioè di dare origine a qualsiasi tipo di tessuto. I meristemi sono le regioni della pianta costituite da tessuti meristematici. In base al tipo di tessuto si distinguono due tipi di meristemi: meristemi primari e meristemi secondari. Meristemi primari Sono meristemi già presenti nell’embrione e permangono per tutta la vita della pianta; da essi prendono origine i tessuti adulti. Sono responsabili dell’accrescimento longitudinale (accrescimento primario) della pianta e si dividono in: meristemi apicali = sono i principali responsabili dell’accrescimento in lunghezza della pianta e per questo sono localizzati all’apice del fusto e della radice meristemi intercalari = sono i meristemi inseriti tra i tessuti adulti della pianta. Anch’essi contribuiscono all’accrescimento in lunghezza del fusto poiché si trovano a livello dei nodi del fusto (culmo) Meristemi secondari Si tratta di meristemi che non sono presenti nell’embrione ma che compaiono durante lo sviluppo della pianta. Sono i meristemi che determinano l’accrescimento in diametro del fusto e della radice (accrescimento secondario). Le cellule che caratterizzano i meristemi secondari derivano da cellule già differenziate che riacquistano la capacità di dividersi (sdifferenziamento). I meristemi secondari si dividono in: meristemi cambiali = sono i meristemi che effettivamente determinano l’accrescimento in diametro di fusti e radici. Vengono a loro volta divisi in: cambio cribro-vascolare (cambio), che svolge la sua funzione in posizione interna, e cambio subero-fellodermico (fellogeno), attivo in posizione periferica meristemoidi = sono cellule singole o piccoli gruppi di cellule adulte che, riacquisendo la capacità di divisione, danno origine ai peli pluricellulari e agli apparati stomatici meristemi avventizi = derivano da cellule adulte che riprendono l’attività di divisione in seguito a stimoli esterni e sono responsabili della formazione dei tessuti cicatriziali e delle radici avventizie. Tessuti adulti Le cellule derivate dai meristemi primari e secondari vanno incontro al differenziamento e acquisiscono caratteristiche morfologiche/biochimiche fondamentali per lo svolgimento di una determinata funzione. Esistono cinque tipologie di tessuti adulti: parenchimatici, tegumentali, meccanici, conduttori e segregatori. Tessuti parenchimatici I tessuti parenchimatici costituiscono la struttura tissutale fondamentale della pianta. Vengono detti tessuti di riempimento e sono alla base di gran parte dei tessuti molli della pianta. Possono essere sia di origine primaria (quindi derivare dai meristemi primari), sia di origine secondaria (quindi derivare dai meristemi secondari), inoltre possono modificare la propria funzione, assolvere più funzioni o anche sdifferenziarsi. Sono cellule vive, di forma variabile, con intensa attività metabolica, parete primaria sottile e ampi vacuoli. In base alla funzione svolta dalle cellule, questi tessuti si distinguono in: o parenchima clorofilliano o parenchima di riserva o parenchima aerifero o parenchima acquifero o parenchima conduttore. Parenchima clorofilliano Il parenchima clorofilliano è un tessuto specializzato nella fotosintesi, presente negli organi verdi della pianta. È costituito da cellule ricche di cloroplasti, con pareti sottili per favorire l’assorbimento della luce. La forma delle cellule varia a seconda dell’organo di cui fa parte (cilindriche, lobate o tondeggianti). È sempre di origine primaria, quindi si trova esclusivamente nel corpo primario della pianta. Parenchima di riserva I parenchimi di riserva sono tessuti specializzati nell’accumulo di sostanze di riserva. Sono presenti in organi di riserva e in varie parti della pianta, come fusti, radici, frutti e semi. Possono essere sia di origine primaria che secondaria. Le riserve si accumulano: negli amiloplasti → amido secondario o di riserva nei vacuoli → carboidrati e sostanze proteiche nella parete cellulare → emicellulose Nei semi, si trovano riserve di amido secondario negli amiloplasti, riserve proteiche nei granuli di aleurone e riserve di grassi nel citoplasma. Parenchima aerifero Il parenchima aerifero è tipico delle piante acquatiche e presenta ampi spazi intercellulari o canali aeriferi, che facilitano la diffusione e circolazione dell’aria nelle porzioni sommerse della pianta. Può avere origine primaria o secondaria e svolgere funzioni aggiuntive, come: aerenchima amilifero se le cellule contengono amiloplasti clorenchima aerifero se le cellule contengono cloroplasti e svolgono la fotosintesi Il parenchima aerifero favorisce anche il galleggiamento di alcuni organi, specialmente delle piccole piante acquatiche, che in tal modo riescono a portare le foglie fuori dall’acqua. Parenchima acquifero Il parenchima acquifero è un tessuto specializzato nell'immagazzinamento di acqua, tipico delle piante grasse. È caratterizzato da cellule con vacuoli ricchi di mucillagini, polisaccaridi idrofili che trattengono l'acqua e la rilasciano gradualmente. Può avere origine primaria o secondaria. Parenchima conduttore Il parenchima conduttore consente il trasporto trasversale di sostanze ed è formato da cellule allungate perpendicolari all'asse longitudinale della pianta. Ha origine prevalentemente secondaria e costituisce i raggi midollari del cilindro centrale di fusto e radice. Tessuti tegumentali I tessuti tegumentali sono anche detti tessuti di rivestimento e sono quei tessuti che proteggono le piante dagli agenti esterni e regolano i flussi di sostanze. Si dividono in: tessuti tegumentali esterni primari → epidermide, rizoderma ed esoderma tessuti tegumentali interni primari → endoderma tessuti tegumentali esterni secondari → sughero Tessuti tegumentali esterni primari Fanno parte del corpo primario della pianta, quindi derivano da meristemi primari. Epidermide L’epidermide è lo strato più esterno delle foglie e dei fusti erbacei, derivato dal protoderma. È composta da cellule vive, senza spazi intercellulari, con un grande vacuolo e plastidi indifferenziati (differenziati in cloroplasti solo nelle piante d’ombra). La parete esterna è rivestita di cutina, che forma la cuticola, più spessa nelle piante di ambienti aridi. Solitamente monostratificata, può essere pluristratificata in piante di luoghi secchi. Le funzioni dell’epidermide sono: limitare la perdita d’acqua proteggere dagli gli agenti patogeni difendere i tessuti interni da danni meccanici e da quelli causati dall'irradiazione e dal calore eccessivo. Le formazioni epidermiche sono essenzialmente due: formazioni tricomatose ⤵ o peli o tricomi = derivano dall’allungamento verso l’esterno di alcune cellule epidermiche e variano per morfologia e funzione. Possono essere peli vivi (secretori o ghiandolari, producono sostanze odorose o urticanti) o peli morti (pluricellulari o unicellulari, ripieni d’aria, riflettono la luce solare in eccesso) o papille = escrescenze epidermiche che tappezzano i petali di molti fiori e conferiscono l’aspetto vellutato di questi. Si tratta di cellule vive, colorate per la presenza di pigmenti vacuolari o plastidiali o squame assorbenti = spesso a forma di “scudo”, servono ad assorbire acqua o emergenze = alla loro formazione prendono parte anche tessuti sottoepidermici. Sono emergenze, ad esempio, gli aculei delle rose stomi → si tratta di coppie di cellule a forma di salsicciotto (cellule di guardia) che delimitano un’apertura detta rima stomatica. Gli stomi regolano gli scambi gassosi tra pianta e ambiente. A differenza delle altre cellule epidermiche, le cellule di guardia contengono cloroplasti e svolgono la fotosintesi. La differenza di ispessimento della parete di queste cellule fanno sì che l’aumento del turgore cellulare comporti l’apertura della rima stomatica. Viceversa, quando il turgore diminuisce la rima stomatica si chiude. Possono posizionarsi in zone diverse sia sulla lamina fogliare che rispetto al piano dell’epidermide, inoltre varia anche il loro tipo di distribuzione (in file parallele o sparsi). Le piante regolano i flussi idrici tramite due meccanismi principali: traspirazione e guttazione. La traspirazione è la perdita di acqua sotto forma di vapore attraverso gli stomi. Questo processo, guidato da un gradiente di potenziale idrico, permette il trasporto di acqua e nutrienti dalle radici alle foglie e contribuisce alla regolazione termica. Gli stomi modulano l'apertura grazie a variazioni osmotiche che coinvolgono l'accumulo di potassio e l'ingresso di acqua nelle cellule di guardia. La guttazione avviene invece quando l'umidità atmosferica è elevata e si elimina acqua liquida tramite gli idatodi, aperture sempre aperte posizionate sulla superficie fogliare. Questo meccanismo, anche se alimentato dalla pressione radicale, richiede energia metabolica. Inoltre, le piante sviluppano adattamenti come epidermide sottile, peli vivi, stomi su protuberanze e idatodi per ottimizzare la regolazione idrica. Gli idatodi sono connessi allo xilema per eliminare acqua e sali. Rizoderma Il rizoderma è il tessuto tegumentale esterno della radice, presente nella zona di attivo assorbimento dell'acqua, ovvero nella zona pilifera. Si compone di cellule vive, con pareti sottili, costituite principalmente da cellulosa e pectina, non cutinizzate. In questa zona, si sviluppano estroflessioni chiamate peli radicali (unicellulari e vivi) che hanno la funzione di assorbire acqua e ioni dal suolo. Gli stomi sono assenti. Il rizoderma riveste una zona limitata ma fondamentale della radice e ha una vita breve. Esso viene infatti sostituito dalle cellule dell'ultimo strato del cilindro corticale, chiamato esoderma quando lo strato pilifero si lacera Esoderma L’esoderma è un tessuto tegumentale esterno presente nella radice, situato al di sopra della zona pilifera, dove avviene l’attivo assorbimento di acqua. Deriva dalla modificazione e suberificazione delle pareti delle cellule più esterne del cilindro corticale della radice. Questo tessuto sostituisce il rizoderma quando lo strato pilifero si lacera. Le cellule dell’esoderma possono essere vive nelle radici giovani o morte e ripiene d’aria nelle radici mature. Tuttavia, l’esoderma non forma uno strato continuo: alcune cellule, dette di permeazione, rimangono prive di suberina per consentire gli scambi tra i tessuti radicali interni e l’ambiente esterno. Tessuti tegumentali interni primari Vi è un solo tessuto tegumentale interno di origine primaria: l’endoderma. Endoderma L’endoderma, presente nelle radici, nei rizomi e nei fusti di piante acquatiche, costituisce l’ultimo strato del cilindro corticale. È formato da cellule vive, prive di spazi intercellulari. Esse agiscono come un filtro grazie alle bande del Caspary, strisce di suberina localizzate nella zona pilifera della radice. Le bande del Caspary, impregnando le pareti radiali e trasversali, regolano il passaggio delle soluzioni assorbite dai peli radicali verso il sistema di conduzione. L’endoderma si sviluppa in 3 stadi: stadio primario = nella zona pilifera della radice, l’endoderma presenta cellule con pareti primarie sottili, di natura cellulosica, e bande del Caspary localizzate sulle pareti radiali e trasversali stadio secondario = nella porzione della radice dove la zona pilifera si è lacerata, l’endoderma subisce una deposizione di suberina su tutta la parete cellulare stadio terziario = in alcuni casi, sulle pareti radiali e tangenziali delle cellule si depositano cellulosa e lignina, conferendo rigidità e, di conseguenza, una funzione prevalentemente meccanica al tessuto. Permangono i punti di permeazione per consentire il passaggio di soluti. Tessuti tegumentali esterni secondari Vi è un solo tessuto tegumentale esterno di origine secondaria: Il sughero. Sughero Il sughero, prodotto dal fellogeno (cambio subero-fellodermico), è un tessuto tegumentale che, durante l'accrescimento secondario, sostituisce l’esoderma nella radice e, insieme al fellogeno e al felloderma, forma il periderma che rimpiazza l’epidermide nel fusto. Le sue cellule sono cellule morte, in quanto le loro pareti sono modificate con lamelle di suberina. Poiché la suberina è una sostanza di natura grassa, il sughero è impermeabile a acqua e gas, conferendo isolamento e protezione contro parassiti e agenti chimici. Le cellule, prismatiche e appiattite, sono disposte in strati continui interrotti da lenticelle, aperture che favoriscono gli scambi gassosi. Le lenticelle si formano quando il fellogeno, in corrispondenza di uno stoma, produce un tessuto parenchimatico che spinge contro l'epidermide, causandone la lacerazione. Le cellule esposte all'aria muoiono e vengono rimpiazzate da nuove cellule parenchimatiche prodotte dal fellogeno: la lenticella è aperta consente gli scambi gassosi durante il periodo vegetativo (primavera ed estate). Alla fine dell'estate, il fellogeno chiude la lenticella formando uno strato di sughero. In primavera il ciclo ricomincia. Tessuti meccanici I tessuti meccanici hanno fatto la loro comparsa quando le piante colonizzarono la terraferma. Infatti, sulla terraferma le piante devono resistere agli sforzi meccanici dovuti al loro stesso peso, al piegamento, oltre che alle forze di trazione e di pressione. Lo stereoma è l'insieme dei tessuti meccanici che garantiscono il sostegno di un organo. La loro funzione deriva da significative modificazioni della parete cellulare. Nelle piante giovani, il turgore cellulare è sufficiente per mantenere la posizione eretta, ma nelle piante adulte questo non basta. Per sorreggersi, le piante sviluppano ispessimenti delle pareti cellulari, dando così origine ai tessuti meccanici o di sostegno. Le caratteristiche comuni tra le cellule dei tessuti meccanici sono l’ispessimento parietale e l’assenza di spazi intercellulari. I tessuti meccanici si possono dividere in: collenchima sclerenchima.