Summary

Questi appunti sintetizzano il contenuto di un libro di testo di biologia vegetale, coprendo argomenti come l'introduzione alla botanica, i metaboliti secondari e la struttura della cellula vegetale. Gli appunti includono informazioni su fotosintesi, processi evolutivi e funzioni di importanti metaboliti secondari come alcaloidi, terpenoidi e composti fenolici.

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BIOLOGIA VEGETALE APPUNTI SINTETIZZATI DAL LIBRO- CAPITOLO 1 – UN’INTRODUZIONE ALLA BOTANICA LA CONOSCENZA DELLA BIOLOGIA VEGETALE È FONDAMENTALE PER AFFRONTARE LE SFIDE AMBIENTALI E SOCIALI DEL FUTURO, COME SOTTOLINEATO DALLE RICERCHE E DALL’EVOLUZIONE DELLA BOTANICA. LA BOTANICA CONTINUERÀ A...

BIOLOGIA VEGETALE APPUNTI SINTETIZZATI DAL LIBRO- CAPITOLO 1 – UN’INTRODUZIONE ALLA BOTANICA LA CONOSCENZA DELLA BIOLOGIA VEGETALE È FONDAMENTALE PER AFFRONTARE LE SFIDE AMBIENTALI E SOCIALI DEL FUTURO, COME SOTTOLINEATO DALLE RICERCHE E DALL’EVOLUZIONE DELLA BOTANICA. LA BOTANICA CONTINUERÀ A GIOCARE UN RUOLO CRUCIALE NELLE DECISIONI POLITICHE E SCIENTIFICHE FUTURE, INFLUENZANDO LA NOSTRA VITA E QUELLA DEL PIANETA Albert Szent-Györgyi, premio Nobel, ha descritto la fotosintesi come una “piccola corrente alimentata dalla luce solare”, un processo che cattura l’energia solare per produrre zuccheri e rilasciare ossigeno. Questo meccanismo inizia quando un fotone colpisce la clorofilla, eccitando un elettrone e avviando un flusso che converte l’energia solare in energia chimica. Solo alcuni organismi, come piante, alghe e batteri, sono in grado di effettuare la fotosintesi, ma tutti gli esseri viventi dipendono da questo processo. Le piante non sono solo fondamentali per l’alimentazione, ma forniscono anche ossigeno, materiali come legno e carta, farmaci e migliorano la qualità della vita attraverso giardini e parchi. Grazie alla ricerca botanica e all’ingegneria genetica, possiamo migliorare le piante per renderle più resistenti e utili, come nel caso dei vaccini o di alimenti più nutrienti. La vita sulla Terra potrebbe essere comparsa molto presto, con resti fossili risalenti a 3,5 miliardi di anni fa, come le stromatoliti formate da cianobatteri. Non è chiaro se la vita si sia originata sulla Terra o sia arrivata dallo spazio, ma le scoperte su Marte, come l’acqua ghiacciata, suggeriscono che anche altri pianeti possano aver ospitato la vita. Marte mostra segni di un ciclo dell’acqua, con vapore che si forma al mattino e precipita di notte. Sebbene non siano stati trovati segni di vita, il Phoenix Mars Lander ha rivelato che l’acqua salata scorre sotto la superficie nei mesi caldi, aumentando la possibilità di vita su Marte. La vita sulla Terra potrebbe essere nata da semplici molecole organiche formatesi grazie a fulmini, energia solare e gas. Queste molecole si sarebbero aggregate in strutture simili a cellule primitive, che usavano molecole organiche come fonte di energia. Con l’evoluzione, queste cellule hanno acquisito la capacità di crescere, riprodursi e trasmettere le loro caratteristiche alle generazioni future. Gli organismi autotrofi, capaci di produrre nutrimento attraverso la fotosintesi, sono emersi per adattarsi alla scarsità di risorse organiche. I primi organismi fotosintetici svilupparono pigmenti per catturare l’energia solare e conservarla in molecole organiche. Prove di organismi fotosintetici risalgono a 3,4 miliardi di anni fa, poco dopo l’origine della vita. Charles Darwin, nella sua opera Sull’origine delle specie, scrisse che tutti gli esseri viventi discendono da una forma primordiale di vita comparsa miliardi di anni fa. Gli autotrofi sono alla base della vita sulla Terra, poiché catturano l’energia solare e la trasferiscono a tutte le altre forme di vita. La fotosintesi ha trasformato l’atmosfera terrestre, liberando ossigeno dalle molecole d’acqua. Tra 2,7 e 2,2 miliardi di anni fa, l’ossigeno ha cominciato ad accumularsi nell’atmosfera, e circa 700 milioni di anni fa, i suoi livelli sono aumentati significativamente, favorendo la vita sulla superficie e la colonizzazione delle terre emerse. L’ossigeno atmosferico ha avuto due effetti principali: ha portato alla formazione dello strato di ozono (O₃), che protegge dai raggi UV, consentendo la vita fuori dall’acqua circa 450 milioni di anni fa, e ha permesso la respirazione ossidativa, che fornisce molta più energia rispetto ai processi anaerobici. Prima dell’accumulo di ossigeno, esistevano solo cellule procariotiche, come gli Archaea, capaci di vivere in ambienti estremi. Alcuni procarioti sono eterotrofi, altri, come i cianobatteri, sono autotrofi. L’aumento dell’ossigeno atmosferico è stato accompagnato dalla comparsa delle prime cellule eucariotiche, con nucleo e organelli specializzati. Gli organismi eucarioti sono apparsi circa 2,1 miliardi di anni fa e si diversificarono 1,2 miliardi di anni fa. La comparsa delle piante, dei funghi e degli animali pluricellulari risale a circa 650 milioni di anni fa. Le piante terrestri si sono adattate alla scarsità di acqua evolvendo strutture per raccogliere, conservare e trasportare l’acqua, come radici, fusto e foglie. Il sistema vascolare, composto da xilema e floema, è essenziale per il trasporto di acqua e nutrienti. Le piante annuali hanno un ciclo vitale di un anno, mentre quelle perenni sviluppano fusti legnosi che riducono la perdita d’acqua. Le foglie sono ricoperte da una cuticola cerosa che impedisce la disidratazione e contengono stomi che regolano lo scambio di gas. Le piante hanno anche sviluppato un sistema riproduttivo protetto, con semi che difendono gli embrioni dalla disidratazione e dai predatori. Le piante vascolari, con un sistema radicale, fusto e foglie specializzate per la fotosintesi, hanno permesso la loro sopravvivenza sulle terre emerse. Le piante hanno trasformato il pianeta, creando diversi ecosistemi e biomi come foreste, deserti e tundre, ognuno con una propria biodiversità. Gli ecosistemi dipendono dagli organismi fotosintetici, che fungono da base per le catene alimentari. Le piante sono anche cruciali per i cicli biogeochimici, come quelli dell’azoto e del fosforo. Cambiamenti in un ecosistema possono compromettere l’equilibrio, ma la fotosintesi rimane un processo centrale nella sua stabilità. L’evoluzione della botanica, a partire dai primi studi medici, ha portato alla sua moderna forma di disciplina scientifica. La botanica si divide in diverse aree come fisiologia vegetale, morfologia, ecologia, genetica e biologia molecolare, e studia anche la simbiosi tra piante e altri organismi, come batteri e funghi. Nel XXI secolo, le sfide globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento richiedono risposte innovative. Tecnologie come il fitorisanamento e la biotecnologia, che creano piante resistenti e con caratteristiche utili, offrono soluzioni per l’ambiente e l’agricoltura. La biologia vegetale sta migliorando anche la fotosintesi e riducendo la perdita d’acqua nelle piante, con potenziali benefici per la sostenibilità agricola. Gli spazi verdi nelle città, come il parco High Line di New York, sono esempi di come gli ambienti naturali possano migliorare la qualità della vita urbana. Inoltre, le piante stanno contribuendo anche alla creazione di plastiche biodegradabili e alla produzione di vaccini. APPUNTI SINTETIZZATI DAL LIBRO – I METABOLITI SECONDARI (CAPITOLO 2) INTRODUZIONE I composti prodotti dalle piante sono stati indicati come metaboliti/prodotti primari o secondari.  i metaboliti primari sono i prodotti che si ritrovano in tutte le cellule vegetali (amminoacidi, zuccheri, carboidrati, acidi nucleici)  i metaboliti secondari hanno una distribuzione piuttosto limitata all’interno e nella specie della pianta ed agiscono come segnale chimico che permette alla pianta di rispondere agli attacchi ambientali. Hanno diversi ruoli tra cui: - Agiscono come sostanze di difesa contro gli erbivori, i patogeni o i competitori. - Forniscono protezione alla pianta contro le radiazioni solari. - Aiutano la pianta nella dispersione del polline e dei semi. I metaboliti secondari non sono uniformemente distribuiti in tutte le piante. vengono prodotti in diversi siti all’interno della cellula e conservati poi nei vacuoli, e, sintetizzati in un organo specifico/tessuto o tipo di cellula con un determinato stadio dello sviluppo. Le fitoalessine sono composti antimicrobici prodotti solo a seguito di una ferita o di un attacco da parte di batteri e funghi. Esistono tre classi principali di metaboliti secondari: - Alcaloidi - Terpenoidi - Composti fenolici ALCALOIDI Sono tra i più importati composti farmacologicamente attivi impiegati in medicina. Infatti, hanno un sorprendente effetto fisiologico e psicologico sull’uomo. Nel 1806 fu identificato il primo alcaloide: la morfina (papaver somniferum). Essa viene estratta dal papavero da oppio e viene utilizzata in medicina come analgesico, infatti allevia il dolore, oppure viene utilizzato come sedativo per la tosse. Gli alcaloidi principali sono l’atropina, la morfina, la cocaina (erytroxulum coca), la caffeina(coffea) e la nicotina(nicotiana tabacum). LA COCAINA La cocaina viene estratta dalla pianta di coca, che cresce sulle pendici orientali delle Ande in Bolivia e Perù. Le foglie di questa pianta venivano masticate per ridurre la fame e la stanchezza in condizioni ambientali difficili. Questo modo di utilizzare le foglie di coca è meno pericoloso rispetto all’uso della cocaina tramite fumo, inalazione o iniezione. L’uso frequente della cocaina e dei suoi derivati (crack) può provocare gravi danni fisici e psicologici, portando anche alla morte. LA CAFFEINA La caffeina è presente in piante come il caffè (coffea arabica), il thè (camellia sinensis) e il cacao (theobroma cacao), è un comune eccitante. La caffeina nelle piante del caffè sono tossiche per insetti e funghi. Inoltre inibisce la germinazione di semi vicini ed ostacolando la crescita di altre piantule competitori (allelopatia) LA NICOTINA La nicotina è un altro stimolante, proviene dalle foglie della pianta di tabacco (nicotiana tabacum). Esso è un alcaloide tossico noto per gli effetti dannosi del fumo di sigaretta. Viene sintetizzata nelle radici e accumulata nelle foglie e, dove agisce come deterrente contro erbivori e insetti (funge da fitoalessina) ATROPINA L’atropina è un alcaloide che viene usato come uno stimolante cardiaco, per dilatare le pupille nelle visite oculistiche e come antidoto contro l’avvelenamento da gas nervini. I TERPENOIDI O TERPE NI (SI TROVANO IN TUTTE LE PIANTE) La classe dei terpenoidi è la più abbondante tra i metaboliti secondari. Il terpenoide più semplice è l’idrocarburo isoprene. Vengono classificati in base al numero di unità isopreniche monoterpeni ISOPRENE È un gas rilasciato dalle foglie ed è responsabile della foschia azzurrognola. APPUNTI SINTETIZZATI DAL LIBRO – LA CELLULA VEGETALE – CAPITLO 3 INTRODUZIONE La vita ha origine quando ha origine la cellula. Le cellule sono le unità fondamentali della vita, sia dal punto di vista della struttura che della funzione. Gli organismi più piccoli sono composti da singole cellule, quelli più grandi da migliaia di miliardi di cellule, ciascuna delle quali vive un’esistenza parzialmente indipendente. La parola “cellula” è stata usata per la prima volta in senso biologico, 340 anni fa. Nel XVII secolo, rilevò che il sughero e altri tessuti ROBERT HOOKE (SCIENZ IATO INGLESE) vegetali sono costituiti da piccole cavità separate da pareti. Egli chiamò queste cavità “cellule”, ovvero piccole camere. Nel 1838, giunse alla conclusione che tutti i tessuti MATTHIAS SCHLEIDEN (BOTANICO TEDESCO) vegetali sono costituiti da insiemi organizzati di cellule. 1839, estese le osservazioni di schleiden ai tessuti THEODOR SCHWANN (ZOOLOGO) animali e avanzò l’ipotesi che tutti gli organismi viventi avessero un organizzazione cellulare. 1858, espresse in termini generali il concetto che le RUDOLF VIRCHOW cellule possono originarsi soltanto da cellule preesistenti (teoria di Darwin anno dopo) Ciascuna cellula viva è un’unità autonoma, delimitata da una membrana esterna, la membrana plasmatica o plasmalemma (membrana cellulare). Essa controlla il passaggio di materiali all’interno e all’esterno della cellula, rendendo così possibile alla cellula di differire biochimicamente e strutturalmente dall’ambiente che la circonda. All’ interno della membrana plasmatica vi è il citoplasma, che include, nella maggior parte delle cellule, organelli ben distinti e molecole in soluzione e sospensione. Ogni cellula contiene il DNA (acido deossiribonucleico) che porta in codice le informazioni genetico. PROCARIOTI ED EUCARIOTI Si possono riconoscere due diversi gruppi di organismi: procarioti ed eucarioti. Questi termini derivano dalla parola greca κάρυον (karyon) che significa “nocciolo” (nucleo). PROCARIOTI: Sono rappresentati dagli archea e dai batteri. Le cellule procariotiche differiscono notevolmente da quelle eucariotiche, in quanto mancano di nucleo, cioè il loro DNA non è circondato da un involucro membranoso. Il DNA si presenta sotto forma di una grossa molecola circolare, in cui sono legate debolmente varie proteine. Questa molecola identificata come cromosoma batterico, è localizzata in una regione chiamata nucleotide. I procarioti mancano anche di organelli specializzati delimitati da membrana, che svolgono funzioni specifiche EUCARIOTI: Nelle cellule eucariotiche i cromosomi sono circondati da un involucro, costituito di due membrane, che li separa dagli altri componenti cellulari. Il DNA è lineare e strettamene associato a speciali proteine, gli istoni, e forma numerosi cromosomi, più complessi dei cromosomi batterici. Le cellule eucariotiche inoltre, sono suddivise in distinti compartimenti che svolgono differenti funzioni. CELLULA PROCARIOTE CELLULA EUCARIOTE DIMENSIONE DELLA CELLULA Generalmente da 1 a 10 micrometri Generalmente da 5 a 100 micrometri (MISURATA LUNGO L’ASSE MAGGIORE) INVOLUCRO NUCLEARE assente presente DNA Circolare, nel nucleotide Lineare, nel nucleo ORGANELLI (MITOCONDRI E assenti Presenti CLOROPLASTI) CITOSCCHELETRO (MICROTUBULI E assente presente FILAMENTI DI ACTINA) LA CELLULA VEGETALE: UNA VISIONE D’INSIE ME La cellula vegetale consiste di norma di una parete cellulare più o meno rigida e di un protoplasto. La parola "protoplasto" deriva da protoplasma, termine con cui si indica il contenuto della cellula, cioè la materia vivente. Il protoplasto costituisce l'unità di protoplasma relativa a una cellula e consiste di citoplasma e nucleo. Il citoplasma include organelli ben distinti delimitati da membrana (quali cloroplasti e mitocondri), sistemi di membrane (reticolo endoplasmatico e apparato di Golgi) e organelli sprovvisti di membrana (quali ribosomi, filamenti di actina e microtubuli). Il resto del citoplasma, il "succo cellulare", o matrice citoplasmatica, in cui sono sospesi il nucleo, i vari organelli e i sistemi di membrane è chiamato citosol. Il citoplasma è delimitato da una membrana singola, la membrana plasmatica. La membrana plasmatica svolge numerose e importanti funzioni:  separa il protoplasto dall'ambiente esterno;  media il trasporto di sostanze all'interno e all'esterno del protoplasto  coordina la sintesi e l'assemblaggio delle microfibrille di cellulosa della parete cellulare;  rivela e facilita le risposte a segnali ormonali coinvolti nel controllo della crescita e della differenziazione cellulare. Le cellule vegetali nel loro citoplasma sviluppano una o più cavità generalmente piene di liquido, i vacuoli. I vacuoli sono circondati da una membrana singola, il tonoplasto. In una cellula vegetale viva il citoplasma è in continuo movimento; all'interno di esso si possono osservare correnti, di intensità variabile, che trascinano passivamente gli organelli e le varie sostanze in sospensione. Questi movimenti, noti come correnti citoplasmatiche, o ciclosi, perdurano per tutta la vita della cellula e facilitano gli scambi di materiale all'interno della cellula e tra cellula e ambiente. IL NUCLEO Nel protoplasto delle cellule eucariotiche il nucleo è spesso la struttura più evidente. Esso compie due importanti funzioni:  controlla lo svolgimento delle attività della cellula, determinando quali molecole proteiche debbano essere prodotte e in quale momento;  racchiude la maggior parte delle informazioni genetiche della cellula e le trasmette alle cellule figlie con la divisione cellulare.  L'insieme delle informazioni genetiche immagazzinate nel nucleo viene indicato come genoma nucleare. Informazioni genetiche si trovano anche nel DNA dei plastidi (genoma plastidiale) e nel DNA dei mitocondri (genoma mitocondriale). Il nucleo della cellula è racchiuso da una doppia membrana chiamata involucro nucleare, che presenta pori in corrispondenza dei punti in cui le membrane interna ed esterna si uniscono. Questi pori permettono il passaggio diretto di materiali tra il nucleo e il citoplasma e hanno una struttura complessa, rappresentando il più grande complesso sopra-molecolare delle cellule eucariotiche. La membrana esterna dell'involucro è in continuità con il reticolo endoplasmatico, un sistema di membrane che svolge un ruolo cruciale nella sintesi di molecole per la cellula, rendendo l'involucro nucleare una porzione specializzata di questo reticolo. All'interno del nucleoplasma, o matrice nucleare, si osservano sottili filamenti e granuli di cromatina, composta da DNA e proteine, principalmente istoni. Questa cromatina contiene l'informazione genetica della cellula e, durante la divisione nucleare, si condensa formando cromosomi visibili al microscopio. Nei nuclei non in divisione, i cromosomi si attaccano a siti sulla superficie interna dell'involucro nucleare. Negli organismi eucariotici, il contenuto di DNA per cellula è notevolmente superiore rispetto ai batteri. Le specie di organismi variano per numero di cromosomi nelle cellule somatiche. Ad esempio, Machaeranthera gracilis ha 4 cromosomi per cellula, mentre altre specie come Arabidopsis thaliana, Brassica oleracea e Triticum vulgare hanno un numero diverso di cromosomi. Una felce del genere Ophioglossum possiede il numero di cromosomi più elevato tra le piante. Le cellule riproduttive, come i gameti e le meiospore, contengono solo metà dei cromosomi rispetto alle cellule somatiche, un numero detto aploide (o "corredo semplice"), mentre le cellule somatiche hanno un numero diploide ("corredo doppio"). Quando una cellula possiede più di due corredi di cromosomi, è detta poliploide, con combinazioni come 3n, 4n, 5n, …, etc. Al microscopio ottico, spesso si vedono solo i nucleoli nel nucleo, che appaiono come strutture sferiche. Ogni nucleolo contiene RNA e proteine in abbondanza, insieme a grandi anse di DNA chiamate organizzatori nucleolari, che provengono da specifici cromosomi. Questi organizzatori nucleolari sono i punti in cui si formano le subunità dei ribosomi, che poi attraversano i pori dell'involucro nucleare e vengono trasferite nel citosol, dove si assemblano in ribosomi completi. I RIBOSOMI SI FORMAN O NEL CITOSOL E SONO I SITI DI SINTESI DELLE PROTEINE I ribosomi sono particelle costituite da proteine e RNA, di cui l'RNA rappresenta circa il 60% della massa totale. Ogni ribosoma è composto da una subunità grande e una piccola, che vengono sintetizzate nel nucleo e poi trasportate nel citoplasma per assemblarsi. Nei ribosomi, gli amminoacidi si legano per formare le proteine, e sono abbondanti nelle cellule con alta attività metabolica. Si trovano liberi nel citosol o legati al reticolo endoplasmatico, mentre plastidi e mitocondri contengono ribosomi più piccoli, simili a quelli dei procarioti. Durante la sintesi proteica, i ribosomi attivi si aggregano formando polisomi o poliribosomi, specialmente nelle cellule che producono grandi quantità di proteine, con molti polisomi legati al reticolo endoplasmatico o all'involucro nucleare. Tutti i ribosomi di un organismo sono strutturalmente e funzionalmente identici e differiscono solo per le proteine che sintetizzano. CLOROPLASTI E ALTRI PLASTIDI I plastidi sono organelli tipici delle cellule vegetali, insieme ai vacuoli e alla parete cellulare, e svolgono ruoli importanti nei processi di fotosintesi e accumulo di sostanze. Tra i plastidi più comuni ci sono i cloroplasti, i cromoplasti e i leucoplasti. Ogni plastidio è racchiuso da un involucro formato da due membrane e al suo interno presenta un sistema di membrane composto da sacchi appiattiti, chiamati tilacoidi, immersi in una sostanza fondamentale o matrice, chiamata stroma, che è più o meno omogenea. La quantità di tilacoidi varia a seconda del tipo di plastidio. I cloroplasti sono i plastidi che svolgono la fotosintesi. Vengono classificati in base ai pigmenti che contengono, tra cui la clorofilla e i carotenoidi. La clorofilla è il pigmento responsabile del colore verde dei cloroplasti, mentre i carotenoidi sono pigmenti gialli o arancioni che, nelle foglie verdi, vengono mascherati dalla clorofilla, più abbondante. I cloroplasti sono presenti nelle piante e nelle alghe verdi. Nelle piante hanno forma di dischi con un diametro di circa 4-6 micrometri e si trovano in gran numero, con una singola cellula del mesofillo, ovvero la regione mediana della foglia, che ne può contenere da 40 a 50. In un millimetro quadrato di foglia si trovano circa 500.000 cloroplasti. All'interno della cellula, i cloroplasti si dispongono con la loro superficie maggiore parallela alla parete cellulare e possono riorientarsi in risposta alla luce. La struttura interna del cloroplasto è complessa. Lo stroma è attraversato da un sistema elaborato di tilacoidi, che formano un unico sistema interconnesso. I tilacoidi sono organizzati in grana (singolare: granum), che sono serie di tilacoidi a forma di disco simili a pile di monete, e in tilacoidi stromatici (o tilacoidi intergranari), che attraversano lo stroma parallelamente all'asse maggiore del cloroplasto. I pigmenti clorofilliani e carotenoidi sono incorporati nelle membrane dei tilacoidi. All'interno dei cloroplasti delle alghe verdi e delle piante sono presenti anche granuli di amido e piccole gocciole lipidiche rivestite di proteine. I granuli di amido rappresentano riserve temporanee e si accumulano solo quando la pianta o l'alga svolgono attivamente la fotosintesi. In caso di esposizione prolungata al buio, per esempio per almeno 24 ore, i granuli di amido possono scomparire, poiché vengono convertiti in zuccheri per fornire carbonio ed energia alle parti della pianta che non sono in grado di fotosintetizzare. Tuttavia, i granuli di amido ricompaiono generalmente dopo 3 o 4 ore di esposizione alla luce. I cloroplasti sono organelli semiautonomi, poiché contengono alcuni dei componenti necessari per la sintesi di una parte dei loro polipeptidi, ma non di tutti. Presentano somiglianze con i batteri, tra cui la presenza di DNA sotto forma di nucleoidi, che sono aree trasparenti prive di granuli ma ricche di DNA. A differenza dei batteri, che possiedono una singola molecola di DNA, i cloroplasti contengono diverse copie di DNA, che, come quello batterico, non è associato a istoni. I ribosomi dei batteri e dei plastidi sono circa due terzi più piccoli rispetto a quelli presenti nel citoplasma delle cellule eucariotiche, e sia i batteri che i cloroplasti si riproducono per scissione binaria. La formazione dei cloroplasti e dei pigmenti associati richiede il contributo sia del DNA nucleare che di quello plastidiale, anche se il nucleo mantiene il controllo generale. Mentre alcune proteine del cloroplasto sono codificate al suo interno, la maggior parte è codificata dal DNA nucleare, prodotta nel citosol e poi trasportata nei cloroplasti. I cloroplasti sono fondamentali per la produzione di cibo e combustibili poiché realizzano la fotosintesi, utilizzando energia luminosa e anidride carbonica per produrre carboidrati. Sono anche coinvolti nella sintesi di aminoacidi, acidi grassi e metaboliti secondari e accumulano temporaneamente l'amido. CROMOPLASTI: CON PIG MENTI, MA PRIVI DI C LOROFILLA Anche i cromoplasti (dal greco chroma: "colore") sono plastidi provvisti di pigmenti. Di forma variabile, sono privi di clorofilla ma sintetizzano e accumulano pigmenti carotenoidi, che sono spesso responsabili del colore giallo, arancione o rosso di molti fiori, delle foglie senescenti, di alcuni frutti e di alcune radici, come le carote. Possono essere il risultato della differenziazione di cloroplasti preesistenti, attraverso la degradazione della clorofilla, la scomparsa dei tilacoidi e l'accumulo di masse di carotenoidi, come avviene durante la maturazione di molti frutti (per esempio, pomodori e peperoncini). Le funzioni precipue dei cromoplasti non sono state ancora chiarite, anche se è noto che le cellule che li contengono attirano, a volte, insetti e altri animali che si sono coevoluti con essi, avendo un ruolo fondamentale nell'impollinazione incrociata delle piante a fiore e nella dispersione dei frutti e dei semi. LEUCOPLASTI: PLASTI DI PRIVI DI PIGMENTI I leucoplasti, tra i plastidi maturi, sono i meno differenziati: infatti sono privi di pigmenti e di un elaborato sistema di membrane interne. Alcuni, noti come amiloplasti, sintetizzano amido, mentre altri, spesso, sono capaci di accumulare altri tipi di sostanze, fra cui oli e proteine. PROPLASTIDI: I PREC URSORI DEGLI ALTRI PLASTIDI I proplastidi sono plastidi non ancora differenziati, di dimensioni ridotte e dal colore in genere pallido o verde chiaro, presenti nelle cellule meristematiche in divisione di radici e germogli. Questi proplastidi rappresentano la fase iniziale dei plastidi specializzati, come i cloroplasti (per la fotosintesi), i cromoplasti (che contengono pigmenti) e i leucoplasti (per l'accumulo di sostanze di riserva). In condizioni di oscurità, i proplastidi possono sviluppare all'interno dello stroma uno o più corpi prolamellari, strutture tubulari semicristalline. I plastidi contenenti questi corpi sono detti ezioplasti, caratteristici delle cellule di piante cresciute al buio. Quando esposte alla luce, queste cellule vedono gli ezioplasti trasformarsi in cloroplasti, mentre le membrane dei corpi prolamellari si evolvono in tilacoidi, necessari per la fotosintesi. Nei semi, i proplastidi degli embrioni diventano inizialmente ezioplasti e, con l'esposizione alla luce, completano la loro evoluzione in cloroplasti.I plastidi sono organelli molto versatili e capaci di rispondere agli stimoli ambientali in modo da ottimizzare il consumo energetico della pianta, trasformandosi da un tipo a un altro in base alle necessità. La loro riproduzione avviene per scissione binaria, processo che li divide in due parti uguali, simile a quello dei batteri. Nelle cellule meristematiche, i proplastidi si dividono in concomitanza con la divisione cellulare, mentre nelle cellule mature la maggior parte dei plastidi proviene dalla divisione di plastidi già differenziati. MITOCONDRI I mitocondri, simili ai plastidi, sono delimitati da una doppia membrana; quella interna si piega formando creste che aumentano la superficie per le reazioni chimiche. Di dimensioni più piccole rispetto ai plastidi, i mitocondri variano molto in forma e dimensione. Svolgono il ruolo principale nella respirazione cellulare, che produce energia in forma di ATP, fondamentale per tutte le cellule eucariotiche. Le cellule vegetali hanno tra 100 e 1000 mitocondri, in base alla necessità di ATP. Oltre alla respirazione, i mitocondri partecipano alla sintesi di aminoacidi, vitamine e acidi grassi e regolano la morte cellulare programmata. Questo processo implica il rigonfiamento dei mitocondri e il rilascio del citocromo c, una proteina coinvolta nel trasporto degli elettroni, che attiva enzimi capaci di degradare il protoplasto. I mitocondri sono organelli dinamici: ruotano, si contraggono, si spostano e si dividono, spesso posizionandosi nelle aree di maggiore richiesta energetica, come vicino alla membrana plasmatica attiva nel trasporto o alla base dei flagelli nelle alghe mobili. Come i plastidi, i mitocondri sono semiautonomi, contenendo DNA, RNA, ribosomi simili a quelli batterici e il necessario per sintetizzare alcune delle proprie proteine. Il loro DNA è circolare e localizzato in regioni chiamate nucleoidi. Nelle cellule vegetali, l'informazione genetica è distribuita in tre compartimenti: nucleo, plastidi e mitocondri, con il nucleo che contiene la maggior parte delle informazioni genetiche. I MITOCONDRI E I CL OROPLASTI SI SONO ORIGINATI DA BATTERI Le somiglianze tra batteri, mitocondri e cloroplasti delle cellule eucariotiche suggeriscono che questi organelli derivino da antichi procarioti che si sono insediati in cellule più grandi e sono diventati simbiotici. Questi procarioti, dotati di meccanismi per convertire l’energia ambientale, hanno offerto alle cellule ospitanti capacità respiratorie e fotosintetiche, conferendo loro un vantaggio evolutivo. Oggi, tutti gli eucarioti possiedono mitocondri e quelli autotrofi hanno anche cloroplasti, probabilmente acquisiti tramite eventi simbiotici indipendenti. In cambio della protezione offerta dalle cellule ospitanti, questi antichi procarioti hanno permesso agli eucarioti di colonizzare ambienti terrestri e acque acide, dove sono assenti i cianobatteri procarioti ma abbondano le alghe verdi eucariotiche. PEROSSISOMI I perossisomi, detti anche microcorpi, sono organelli sferici di 0,5-1,5 micrometri, delimitati da una singola membrana e privi di sistemi membranosi interni. Presentano una matrice granulare, a volte contenente un corpo proteico cristallino, e sono spesso associati al reticolo endoplasmatico. Nonostante possano autoduplicarsi, a differenza di plastidi e mitocondri non possiedono né DNA né ribosomi, quindi dipendono dall'importazione di materiali per crescere e accumulare proteine. Esistono due tipi di perossisomi: alcuni svolgono un ruolo nella fotorespirazione e si trovano nelle foglie verdi vicino a mitocondri e cloroplasti, mentre altri, chiamati gliossisomi, sono coinvolti nella conversione dei grassi in saccarosio durante la germinazione dei semi. VACUOLI I vacuoli sono organelli circondati da una singola membrana, detta tonoplasto, e sono tra le strutture distintive delle cellule vegetali. Possono formarsi dal reticolo endoplasmatico, ma il tonoplasto e le principali proteine vacuolari derivano dall’apparato di Golgi. Al loro interno, i vacuoli contengono un liquido noto come succo cellulare, composto prevalentemente di acqua e diverse sostanze come ioni inorganici (calcio, potassio, cloro, sodio e fosfato), zuccheri, acidi organici e aminoacidi. In alcuni casi, accumulano specifici composti in concentrazioni elevate, tanto da formare cristalli visibili, come quelli di ossalato di calcio, che assumono diverse forme. Nei primi stadi di crescita, le cellule vegetali immature possiedono molti piccoli vacuoli; man mano che la cellula si espande, i vacuoli si fondono in un unico grande vacuolo centrale, che può occupare oltre il 90% del volume cellulare. Questa grande dimensione permette alla cellula di ridurre la quantità di citoplasma attivo, ricco di azoto e dispendioso dal punto di vista energetico. Inoltre, crea un ampio contatto tra il sottile strato di citoplasma rimanente e l’ambiente esterno, aumentando l’efficienza nella gestione delle risorse. Uno dei ruoli principali del vacuolo è generare pressione interna o turgore, grazie al quale le cellule mantengono rigidità, contribuendo alla stabilità strutturale della pianta. Il tonoplasto svolge un ruolo chiave nel regolare il passaggio delle sostanze tra il vacuolo e il citoplasma, contribuendo al mantenimento della pressione di turgore e alla conservazione delle sostanze immagazzinate. Oltre a ciò, i vacuoli fungono da riserva di metaboliti primari come zuccheri e acidi organici e, nei semi, di proteine di riserva. Essi accumulano anche metaboliti secondari tossici come nicotina e tannino, sostanze di difesa contro patogeni, parassiti ed erbivori. Questi composti tossici, presenti in alte concentrazioni nei vacuoli, aiutano la pianta a difendersi da organismi nocivi. I vacuoli contengono anche pigmenti solubili in acqua, tra cui le antocianine, responsabili dei colori intensi di alcuni frutti, fiori e foglie, come rosso, viola e blu. Durante l’autunno, il colore rosso vivo di alcune foglie è dovuto alla formazione di antocianine in risposta alle basse temperature, mentre la clorofilla si degrada. In piante senza pigmenti antocianici autunnali, i carotenoidi giallo-arancioni già presenti nei cloroplasti diventano visibili quando la clorofilla si degrada, creando le tipiche colorazioni autunnali. Infine, i vacuoli svolgono una funzione digestiva simile a quella dei lisosomi nelle cellule animali, degradando macromolecole e riciclando i componenti cellulari. Possono anche inglobare e degradare interi organelli come mitocondri e plastidi, permettendo alla pianta di riciclare i materiali cellulari secondo necessità. RETICOLO ENDOPLASMAT ICO Il reticolo endoplasmatico (ER) è una rete complessa di membrane che si estende attraverso tutto il citosol, giocando un ruolo cruciale nel trasporto e nella sintesi di molecole all'interno della cellula. Si presenta come un sistema tridimensionale di membrane parallele, delimitanti uno spazio interno (lumen) che può variare in dimensioni a seconda del tipo di cellula e della sua attività. Esistono due tipi principali di ER: il reticolo endoplasmatico ruvido (RER) e il reticolo endoplasmatico liscio (SER), che coesistono spesso nella stessa cellula, interconnessi tra loro e capaci di trasformarsi e adattarsi in base alle necessità cellulari. RETICOLO ENDOPLASMATICO RUVIDO (RER) Il RER è costituito da cisterne appiattite, la cui superficie esterna è ricoperta da ribosomi (poliribosomi), ed è particolarmente abbondante nelle cellule che sintetizzano proteine. Le cellule specializzate nella produzione di proteine (come quelle ghiandolari) presentano un RER ben sviluppato. I ribosomi aderenti alla superficie del RER sono responsabili della sintesi proteica destinata al trasporto all'esterno della cellula, o alla membrana plasmatica, o agli organelli intracellulari come i lisosomi. RETICOLO ENDOPLASMAT ICO LISCIO (SER) Il SER, privo di ribosomi, è coinvolto principalmente nella sintesi dei lipidi, tra cui fosfolipidi e steroidi. È anche importante nel metabolismo del calcio (Ca²⁺), nella detossificazione di sostanze chimiche e nell'immagazzinamento degli ioni. Le cellule che producono ormoni steroidei, come le cellule delle ghiandole endocrine, hanno un SER sviluppato. RETICOLO ENDOPLASMA TICO CORTICALE Il reticolo endoplasmatico corticale si trova vicino alla membrana plasmatica e sembra svolgere un ruolo importante nella regolazione del calcio intracellulare. È coinvolto in vari processi fisiologici, come lo sviluppo cellulare, e può interagire con il citoscheletro per stabilizzare la cellula. Questo tipo di ER è associato a cambiamenti nel metabolismo e nella crescita cellulare: cellule in fase di sviluppo o fisiologicamente attive tendono ad avere una maggiore quantità di ER corticale rispetto a cellule quiescenti. RELAZIONE CON IL NUCLEO Il reticolo endoplasmatico è in contatto diretto con la membrana nucleare. Durante la mitosi, l'involucro nucleare si frammenta, e le membrane dell'ER ruvido diventano indistinguibili da quelle del nucleo. In seguito, durante la telofase, l'ER contribuisce alla formazione di nuovi involucri nucleari. COMUNICAZIONE CELLUL A-CELLULA Il reticolo endoplasmatico nelle piante è interconnesso tra cellule adiacenti attraverso canali citoplasmatici chiamati plasmodesmi. Questi canali attraversano le pareti cellulari e permettono il passaggio di molecole e segnali, favorendo la comunicazione tra le cellule. SINTESI DEI LIPIDI E CORPI OLEOSI Nel reticolo endoplasmatico si svolge anche la sintesi dei lipidi, essenziale per la membrana cellulare e altre funzioni metaboliche. I corpi oleosi, che si formano dal reticolo endoplasmatico, sono piccole gocce lipidiche presenti nel citoplasma, particolarmente abbondanti in frutti e semi. Queste goccioline sono una riserva energetica per la pianta in fase di sviluppo e contengono principalmente oli vegetali, che possono costituire una parte significativa del peso di alcuni semi (come quelli di girasole, sesamo e lino). Sebbene a volte vengano considerati organelli, i corpi oleosi non sono delimitati da una membrana propria, quindi non sono veri e propri organelli. APPARATO DI GOLGI L'apparato di Golgi (o complesso di Golgi) è un organello cellulare costituito da un insieme di corpi di Golgi o pile di Golgi (dette anche dittiosomi), che sono formati da sacculi appiattiti a forma di dischi, chiamati cisterne, disposti in pile. Nelle cellule vegetali, l'apparato di Golgi è costituito da più pile separate che rimangono attive durante la mitosi e la citodieresi, a differenza delle cellule dei mammiferi, dove i corpi di Golgi sono accentrati. Questi sacculi sono interconnessi da tubuli e si presentano in una struttura altamente dinamica e polarizzata. Ogni pila ha due facce distinte: la faccia di formazione (cis), rivolta verso il reticolo endoplasmatico, e la faccia di maturazione (trans), rivolta verso la membrana plasmatica. FUNZIONI DELL'APPARA TO DI GOLGI L'apparato di Golgi svolge un ruolo centrale nel trasporto e nella modificazione delle proteine e dei lipidi, e nel loro imballaggio in vescicole. È coinvolto principalmente nei seguenti processi: 1. Secrezione e sintesi dei polisaccaridi: Nei vegetali, l'apparato di Golgi è coinvolto nella sintesi e secrezione di polisaccaridi non cellulosici della parete cellulare, come emicellulose e pectine. Questi polisaccaridi sono prodotti nelle diverse cisterne dell'apparato di Golgi in sequenza e vengono successivamente trasportati verso la membrana plasmatica o i vacuoli. 2. Sintesi e secrezione di glicoproteine: Le glicoproteine, prodotte dal reticolo endoplasmatico ruvido (RER), vengono trasferite alla faccia di formazione del Golgi tramite vescicole di transizione. All'interno dell'apparato di Golgi, le glicoproteine sono modificate e "impacchettate" in vescicole di trasporto, per essere dirette verso la faccia di maturazione, e infine rilasciate nel vacuolo o sulla superficie cellulare. 3. Produzione di vescicole: L'apparato di Golgi "impacchetta" anche le proteine vacuolari in vescicole rivestite, mentre le glicoproteine e i polisaccaridi destinati alla secrezione vengono imballati in vescicole lisce, che si spostano verso la membrana plasmatica. Quando queste vescicole raggiungono la membrana, si fondono con essa, liberando il loro contenuto nella parete cellulare attraverso un processo chiamato esocitosi. 4. Endocitosi: Alcune sostanze possono essere trasferite dalla parete cellulare al reticolo trans di Golgi o ai vacuoli mediante vescicole endocitotiche primarie (endosomi), attraverso la membrana plasmatica, in un processo noto come endocitosi. INTERCONNESSIONE CON IL SISTEMA DI ENDOMEMBRANE Il reticolo endoplasmatico e l'apparato di Golgi fanno parte del sistema di endomembrane, un sistema interconnesso di membrane che include la membrana plasmatica, l'involucro nucleare, il reticolo endoplasmatico, l'apparato di Golgi, il tonoplasto (membrana vacuolare) e le vescicole. Questo sistema consente il trasporto di materiale all'interno della cellula e tra i vari compartimenti. Le vescicole di transizione, provenienti dal reticolo endoplasmatico, trasportano materiale verso l'apparato di Golgi, mentre le vescicole di secrezione, derivate dal reticolo trans del Golgi, contribuiscono a formare la membrana plasmatica o il vacuolo. POLARIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DEL GOLGI L'apparato di Golgi è altamente polarizzato: la faccia di formazione (cis) riceve proteine e lipidi dal reticolo endoplasmatico, mentre la faccia di maturazione (trans) è coinvolta nell'ulteriore modificazione e nel traffico finale di queste molecole. Il reticolo trans del Golgi è un compartimento specializzato che gioca un ruolo fondamentale nel destinare le molecole modificate verso i loro luoghi di destinazione finale, che possono essere la superficie cellulare, i vacuoli o altre parti della cellula. CITOSCHELETRO Il citoscheletro è una rete di filamenti proteici che si estende nel citosol di tutte le cellule eucariotiche, svolgendo un ruolo fondamentale in molte funzioni cellulari. Nelle cellule vegetali, il citoscheletro è costituito principalmente da microtubuli, filamenti di actina e, in alcune cellule, filamenti intermedi. I microtubuli sono filamenti proteici cavi, formati dalla tubulina, e sono coinvolti in processi cruciali come la divisione cellulare, il movimento degli organelli e il sostegno della forma cellulare. I filamenti di actina, più sottili, contribuiscono al movimento cellulare, alla divisione cellulare durante la citodieresi e al sostegno meccanico della cellula. I filamenti intermedi, più resistenti, forniscono resistenza meccanica alla cellula e la proteggono dallo stress, anche se il loro ruolo nelle cellule vegetali non è completamente compreso. Il citoscheletro è essenziale per il supporto strutturale, la divisione cellulare, il movimento degli organelli e vescicole, la crescita e differenziazione cellulare e la regolazione meccanica, mantenendo la cellula stabile e permettendo la risposta a cambiamenti fisiologici e ambientali. I MICROTUBULI SONO STRUTTURE CILINDRICH E I microtubuli sono strutture cilindriche costituite da subunità di tubulina, una proteina. Ogni microtubulo è formato da 13 protofilamenti disposti a elica attorno a una parte centrale cava. I protofilamenti sono orientati nella stessa direzione, creando una struttura con polarità, con un'estremità che cresce più rapidamente (positiva) e una che cresce lentamente (negativa). I microtubuli sono dinamici, passando attraverso fasi di dissociazione, riformazione e riarrangiamento durante il ciclo cellulare e la differenziazione. L'assemblaggio dei microtubuli avviene in specifici centri organizzatori, come la superficie del nucleo e il citoplasma corticale. Durante la crescita e differenziazione cellulare, i microtubuli corticali regolano l'allineamento delle microfibrille di cellulosa nella parete cellulare, determinando la direzione della distensione della cellula. Inoltre, orientano le vescicole di secrezione verso la parete in crescita. Durante la divisione cellulare, formano le fibre del fuso, che sono cruciali per il movimento dei cromosomi e la formazione della piastra cellulare. Infine, i microtubuli sono componenti fondamentali dei flagelli e delle ciglia, che determinano il loro movimento. I FILAMENTI DI ACTIN A CONSISTONO DI DUE CATENE LINEARI DI MOLECOLE DI ACTINA A FORMA DI ELICA I filamenti di actina, o microfilamenti, sono strutture polari composte dalla proteina actina, con un diametro di 5-7 nanometri. Presentano un'estremità positiva (+) e una negativa (-), e si associano spazialmente ai microtubuli, cambiando configurazione durante il ciclo cellulare. Possono essere singoli o disposti in fasci, e sono coinvolti in diverse attività cellulari, come la costruzione della parete cellulare, la crescita apicale del tubetto pollinico, il movimento degli organelli, la secrezione mediata da vescicole e la gestione delle correnti citoplasmatiche. I flagelli e le ciglia sono strutture filiformi che emergono dalla superficie delle cellule eucariotiche. I flagelli sono più lunghi e poco numerosi, mentre le ciglia sono corte e numerose. Nei protisti, i flagelli permettono il movimento nell'acqua, mentre nelle piante si trovano solo nei gameti maschili di alcune specie. Ogni flagello ha una struttura interna caratterizzata da nove coppie di microtubuli esterni che circondano due microtubuli centrali, organizzazione 9+2. Il movimento dei flagelli è causato da un meccanismo di slittamento dei microtubuli, che scivolano uno sull'altro senza contrarsi, creando una curvatura nel flagello. I flagelli nascono da corpi basali nel citoplasma, che presentano una struttura simile ma con tubuli organizzati in triplette anziché in coppie. PARETE CELLULARE La parete cellulare delle cellule vegetali è una struttura rigida che limita l'espansione del protoplasto e impedisce la rottura della membrana plasmatica quando il protoplasto aumenta di volume per l'assorbimento di acqua da parte del vacuolo. Essa determina le dimensioni, la forma della cellula e la consistenza del tessuto, contribuendo alla forma degli organi della pianta. In passato, si pensava che la parete cellulare fosse solo un prodotto esterno e inattivo, ma oggi è noto che essa svolge funzioni specifiche, tra cui l'assorbimento, il trasporto e la secrezione di sostanze, e può agire come difesa contro i patogeni, attivando risposte di resistenza, come la produzione di fitoalessine e lignina. Il principale componente delle pareti cellulari è la cellulosa, costituita da polimeri di glucosio legati tra loro. Questi polimeri si organizzano in microfibrille che si uniscono per formare filamenti resistenti. La cellulosa conferisce alla parete una resistenza maggiore di quella di una lamina d'acciaio di uguale spessore. La struttura della parete cellulare include anche una matrice di molecole non cellulosiche, come emicellulose, pectine e glicoproteine. Le emicellulose legano le microfibrille di cellulosa e limitano l'estensibilità della parete, mentre le pectine, presenti nei primi strati della parete primaria e nella lamella mediana, conferiscono plasticità e flessibilità alla parete cellulare, essenziali per la distensione della cellula. Una volta che la cellula ha cessato la sua distensione, le pectine si legano a ioni calcio per impedire ulteriori stiramenti. Un altro polisaccaride importante della parete è il callosio, che si forma rapidamente in risposta a danni meccanici o patogeni, occludendo i plasmodesmi tra le cellule. Il callosio è anche presente durante lo sviluppo dei tubetti pollinici e nelle piastre cellulari durante la divisione cellulare. Le pareti cellulari contengono anche glicoproteine, come le estensine, che sono coinvolte nella distensione della parete, anche se sembra che contribuiscano ad aumentarne la rigidità. Gli strati della parete primaria sono ricchi di enzimi, come perossidasi, fosfatasi, cellulasi e pectinasi, che svolgono funzioni specifiche nel rimodellamento della parete. Infine, la lignina, presente nelle pareti di cellule che hanno una funzione di sostegno o meccanica, conferisce rigidità e resistenza alla compressione. Sostanze grasse come la cutina, la suberina e le cere si trovano nelle pareti dei tessuti di protezione, come l'epidermide e il sughero, e hanno la funzione di ridurre la perdita d'acqua dalla pianta. MOLTE CELLULE VEGETALI HANNO UNA PARETE SECONDARIA IN AGGIUN TA ALLA PARETE PRIMARIA Le pareti delle cellule vegetali variano notevolmente per spessore, a seconda del ruolo della cellula nella pianta e della sua età. La parete primaria si forma inizialmente e durante la crescita della cellula. La regione che unisce le pareti primarie di cellule adiacenti è chiamata lamella mediana, composta principalmente da pectina. Talvolta è difficile distinguere la lamella mediana dalla parete primaria, specialmente quando le cellule sviluppano pareti secondarie spesse, in cui le due pareti primarie adiacenti, la lamella mediana e il primo strato della parete secondaria, sono chiamate lamella mediana composta. La parete primaria viene depositata mentre la cellula cresce ed è composta da cellulosa, emicellulose, sostanze pectiche, proteine e acqua, ma può anche contenere lignina, suberina o cutina. Le cellule in divisione e quelle coinvolte in attività metaboliche, come la fotosintesi e la respirazione, hanno solo pareti primarie. Queste cellule sono in grado di cambiare forma, dividersi e rigenerarsi. Le pareti primarie non sono uniformemente ispessite, ma presentano aree meno ispessite chiamate campi di punteggiature primarie, che contengono i plasmodesmi, canali citoplasmatici tra cellule adiacenti. La parete secondaria si deposita dopo che la parete primaria ha smesso di crescere e viene formata dal protoplasto all'interno della parete primaria. Essa è presente soprattutto nelle cellule specializzate per il sostegno e la conduzione dell'acqua. La parete secondaria contiene più cellulosa rispetto alla primaria, ed è quindi più rigida e meno estensibile. La matrice della parete secondaria è composta da emicellulose, mentre le proteine strutturali e gli enzimi che sono abbondanti nelle pareti primarie sono scarsi nelle secondarie. La parete secondaria può essere divisa in tre strati: esterno, mediano e interno (S1, S2, S3), che differiscono per l'orientamento delle microfibrille di cellulosa. La rigidità della parete secondaria è aumentata dalla struttura laminata, e nelle cellule dello xilema secondario, o legno, si trova frequentemente la lignina. A differenza della parete primaria, che presenta campi di punteggiature, la parete secondaria ha solo punteggiature singole. Queste punteggiature si formano in aree non corrispondenti ai campi di punteggiature della parete primaria. Nelle pareti secondarie lignificate, l'acqua può passare solo attraverso le punteggiature, dove le cellule sono separate dalle pareti primarie. Ogni punteggiatura di una cellula corrisponde generalmente a una punteggiatura della cellula adiacente, formando una coppia di punteggiature. Esistono due principali tipi di punteggiature nelle cellule con pareti secondarie: quelle semplici e quelle areolate, dove la parete secondaria si inarca sulla cavità della punteggiatura. LA CRESCITA DELLA PA RETE CELLULARE COMPORTA INTERAZIONI TRA LA MEMB RANA PLASMATICA, LE VESCICOLE DI SECREZIONE E I MICROTUBULI La crescita delle pareti cellulari vegetali avviene sia in spessore che in superficie ed è un processo complesso regolato dal protoplasto. Durante la crescita, la parete primaria deve essere abbastanza duttile da espandersi in modo appropriato, ma deve anche mantenere una certa rigidità per contenere il protoplasto. Per permettere questo accrescimento, la struttura della parete deve rilassarsi, fenomeno che è controllato da proteine chiamate estensine e da ormoni specifici. Per fornire l'energia necessaria alla crescita, la cellula aumenta la sintesi proteica, la respirazione e l'approvvigionamento idrico. Le microfibrille di cellulosa vengono depositate strato su strato sulla superficie della parete già formata. Nelle cellule che crescono uniformemente in tutte le direzioni, le microfibrille si dispongono casualmente, formando un reticolo irregolare. Invece, nelle cellule che crescono principalmente in lunghezza, le microfibrille delle pareti laterali si dispongono perpendicolarmente all'asse di allungamento della cellula. La sintesi delle microfibrille di cellulosa è operata dalla cellulosa-sintasi (o cellulosoma), complessi enzimatici situati nella membrana plasmatica. Questi complessi si presentano come rosette costituite da sei particelle disposte in un esagono, che attraversano la membrana. Durante la sintesi della cellulosa, i complessi si muovono lungo la membrana, espellendo le microfibrille verso l'esterno, dove vengono integrate nella parete cellulare. Il movimento delle rosette è guidato dai microtubuli corticali sotto la membrana plasmatica, anche se il meccanismo esatto di connessione tra i complessi e i microtubuli è ancora sconosciuto. Le rosette vengono inserite nella membrana plasmatica grazie a vescicole di secrezione provenienti dal reticolo trans del Golgi. I componenti della matrice della parete cellulare, come emicellulose, pectine e glicoproteine, sono trasportati verso la parete mediante vescicole di secrezione. La composizione della matrice cambia in base allo stato di sviluppo della cellula: ad esempio, le pectine sono abbondanti nelle cellule che stanno crescendo, mentre le emicellulose sono più presenti nelle cellule che hanno cessato di crescere. Le estensine, una classe di glicoproteine, sono particolarmente coinvolte nel processo di distensione della parete cellulare. I PLASMODESMI SONO CANALI CITOPLASMATICI CHE CONNETTONO I PROTOPLASTI DI CELLULE ADIACENTI I plasmodesmi sono canali citoplasmatici che connettono i protoplasti di cellule adiacenti, permettendo il passaggio di sostanze tra le cellule. Questi canali sono stati osservati per la prima volta al microscopio ottico, ma la loro natura è stata compresa solo con l'avvento del microscopio elettronico, che ha rivelato la loro struttura come canali molto stretti (circa 30-60 nanometri di diametro), delimitati dalla membrana plasmatica e attraversati da un tubulo dell'endoplasmatic reticulum (ER), noto come desmotubulo. Nella parete cellulare, i plasmodesmi sono concentrati in aree chiamate campi di punteggiature primarie o tra coppie di punteggiature. Molti plasmodesmi si formano durante la divisione cellulare, quando tubuli dell'ER vengono intrappolati nella piastra cellulare che si sviluppa tra le due cellule figlie. Anche nelle cellule che non sono in fase di divisione si formano plasmodesmi. Queste strutture consentono il passaggio di vari tipi di sostanze, come zuccheri, aminoacidi e molecole segnale, da una cellula all'altra. APPUNTI SINTETIZZATI DAL LIBRO- CAPITOLO 4 – IL MOVIMENTO DELLE SOSTANZE DENTRO E FUORI LA CELLULA INTRODUZIONE Le cellule sono separate dall’ambiente circostante da una membrana plasmatica che regola il passaggio di sostanze. Nelle cellule eucariotiche, altre membrane interne separano i compartimenti cellulari. Le membrane non sono impermeabili, ma permettono il trasporto selettivo di molecole, essenziale per i processi metabolici. Inoltre, mantengono differenze nel potenziale elettrico e nella concentrazione chimica, che sono forme di energia fondamentale per la cellula. L’acqua è la sostanza più comune all’interno e intorno alla cellula, e la sua regolazione è cruciale per il trasporto attraverso le membrane. PRINCIPI DEL MOVIMEN TO DELL'ACQUA Il movimento dell'acqua nel mondo sia vivente che non vivente è governato da tre processi di base: flusso di massa, diffusione e osmosi. IL FLUSSO DI MASSA È IL MOVIMENTO GLOBALE DI UN FLUIDO Il flusso di massa è il movimento delle molecole di un liquido, che si spostano nella stessa direzione a causa di differenze di potenziale idrico. Il potenziale idrico è l’energia potenziale dell’acqua, che dipende dalla sua posizione, dalla pressione e dalla concentrazione di soluti. L’acqua si sposta sempre da un’area con potenziale idrico più alto a una con potenziale più basso. Ad esempio, l’acqua che scende da una cascata ha un potenziale idrico maggiore in cima e inferiore alla base. La pressione può influenzare il potenziale idrico, come quando si schiaccia un contagocce, facendo muovere l’acqua verso una zona di potenziale inferiore. Nel contesto delle piante, il flusso di massa è essenziale per il trasporto della linfa, che è una soluzione di zuccheri e soluti disciolti. La linfa si muove dal floema, dove è prodotta nelle foglie, verso altre parti della pianta, grazie alla differenza di pressione. Il potenziale idrico, misurato in pascal (Pa) o megapascals (MPa), aiuta a spiegare il movimento dell’acqua in vari ambienti. Il potenziale idrico dell’acqua pura è zero, mentre in una soluzione acquosa con soluti, il potenziale idrico è negativo. Maggiore è la concentrazione di soluti, più basso sarà il potenziale idrico. LA DIFFUSIONE PORTA ALLA DISTRIBUZIONE UNIFORME DI UNA SOSTANZA La diffusione è un processo in cui le molecole si spostano da una zona ad alta concentrazione a una zona a bassa concentrazione, cercando di uniformare la distribuzione delle sostanze. Ad esempio, se si aggiungono gocce di colorante in un recipiente d’acqua, le molecole del colorante si distribuiscono gradualmente in tutto il recipiente. Le molecole si muovono autonomamente e a caso, ma in un’area con più molecole, ci sarà una maggiore probabilità che le molecole si spostino verso l’area a bassa concentrazione, determinando un movimento netto. Quando tutte le molecole sono distribuite uniformemente, non vi è più un movimento netto, ma continuano comunque a muoversi casualmente. Questo equilibrio si verifica quando non esistono più gradienti di concentrazione. La diffusione avviene sempre secondo il gradiente di concentrazione, ossia da una zona di alta concentrazione a una di bassa concentrazione. Il movimento è più rapido quando il gradiente di concentrazione è più ripido e in gas piuttosto che in liquidi, poiché le molecole sono più distanti e hanno maggiore energia cinetica. In relazione al potenziale idrico, quando in una zona di un recipiente c’è una maggiore concentrazione di molecole di colorante, ci sarà una minore concentrazione di molecole d’acqua, quindi un potenziale idrico basso. Le molecole d’acqua si sposteranno quindi dalla zona con potenziale idrico più alto (acqua pura) verso quella con potenziale idrico più basso, dove c’è una maggiore concentrazione di soluti. L’equilibrio viene raggiunto quando il potenziale idrico si uniforma in tutto il recipiente. Le principali caratteristiche della diffusione sono che le molecole si muovono in modo indipendente, il movimento è casuale e il risultato finale è una distribuzione uniforme delle sostanze nel sistema. LE CELLULE E LA DIFF USIONE L’acqua, l’ossigeno, l’anidride carbonica e alcune altre piccole molecole semplici possono diffondere liberamente attraverso la membrana plasmatica. L’ossigeno e l’anidride carbonica, essendo molecole non polari, sono solubili nei lipidi e attraversano facilmente il doppio strato lipidico della membrana. Anche le molecole di acqua, pur essendo polari, riescono a passare attraverso la membrana grazie ad aperture temporanee che si formano nei lipidi della membrana. Molecole polari non cariche, se abbastanza piccole, possono diffondere attraverso queste aperture. La permeabilità della membrana alle molecole è inversamente proporzionale alla loro dimensione, il che suggerisce che le aperture siano abbastanza piccole e la membrana funzioni come un setaccio. La diffusione è il principale metodo attraverso cui le sostanze si spostano all’interno delle cellule. Tuttavia, la diffusione è un processo lento, particolarmente inefficace su lunghe distanze, motivo per cui la dimensione della cellula è limitata. Per migliorare l’efficienza del trasporto di materiali, molte cellule utilizzano correnti citoplasmatiche che accelerano questo processo. La diffusione è più efficace quando c’è un gradiente di concentrazione ripido, ossia una differenza di concentrazione significativa su una breve distanza. Le cellule mantengono questi gradienti grazie alle loro attività metaboliche. Ad esempio, in una cellula fotosinteticamente inattiva, l’ossigeno viene consumato al ritmo con cui entra, mantenendo un gradiente di concentrazione dall’esterno verso l’interno. Al contrario, l’anidride carbonica prodotta dalla cellula diffonde verso l’esterno, creando un gradiente opposto. All’interno della cellula, le molecole e gli ioni vengono prodotti in una zona e utilizzati in un’altra, creando gradienti di concentrazione che favoriscono il movimento delle sostanze verso il sito di utilizzo. L’OSMOSI È IL MOVIME NTO DELL’ACQUA ATTRA VERSO UNA MEMBRANA SELETTIVAMENTE PERMEABILE La membrana selettivamente permeabile permette il passaggio di alcune sostanze e blocca il passaggio di altre, un concetto che è fondamentale per vari processi biologici. Uno dei processi che dipende da questa caratteristica è l'osmosi, un tipo di movimento delle molecole d'acqua attraverso una membrana semipermeabile. Nel contesto dell'osmosi, l'acqua si sposta da una zona di alto potenziale idrico (dove la concentrazione di soluti è bassa, quindi la concentrazione di acqua è alta) a una zona di basso potenziale idrico (dove la concentrazione di soluti è più alta e quindi la concentrazione di acqua è più bassa). Il potenziale idrico è un parametro che misura la tendenza di una soluzione a cedere o acquisire acqua. Il movimento dell’acqua, quindi, avviene per cercare di equilibrarsi e ridurre la differenza di concentrazione tra i due lati della membrana. Un aspetto importante è che il potenziale idrico dipende dalla concentrazione di soluti (molecole o ioni disciolti) e non dalla natura di ciò che è disciolto. La presenza di piccole particelle, come gli ioni sodio, ha lo stesso effetto sul potenziale idrico quanto la presenza di soluti più grandi, come le molecole di zucchero, se disciolti alla stessa concentrazione. Questo significa che le soluzioni con una maggiore concentrazione di soluti hanno un potenziale idrico più basso, mentre quelle con una concentrazione minore di soluti hanno un potenziale idrico più alto. Quando l'acqua si sposta per osmosi attraverso una membrana semipermeabile, c'è un aumento di pressione sul lato con maggiore concentrazione di soluti. Questo fenomeno continua finché non si raggiunge un equilibrio, cioè quando il potenziale idrico diventa uguale su entrambi i lati della membrana. Tuttavia, se viene applicata una pressione esterna sulla soluzione più concentrata, essa può contrastare il movimento naturale dell'acqua. La pressione osmotica è la pressione che deve essere applicata per fermare il flusso d’acqua dovuto all’osmosi. In altre parole, la pressione osmotica è la misura della forza necessaria per fermare il flusso di acqua attraverso una membrana semipermeabile. Il potenziale osmotico o potenziale del soluto, che è negativo, è l'aspetto del potenziale idrico che descrive la tendenza dell'acqua a muoversi in risposta alla presenza di soluti. OSMOSI E ORGANISMI V IVENTI Il movimento dell’acqua attraverso la membrana plasmatica, causato dalle differenze di potenziale idrico, rappresenta una sfida cruciale per gli organismi, in particolare per quelli che vivono in ambienti acquatici. Questo movimento può causare problemi a seconda che il potenziale idrico della cellula sia ipotonico (più alto), isotonico (simile) o ipertonico (più basso) rispetto all’ambiente circostante. Ad esempio, gli organismi unicellulari che vivono in acqua salata tendono ad essere isotonici rispetto al loro ambiente. Tuttavia, molti organismi vivono in ambienti ipotonici. Nei protisti come Euglena, che vive in acqua dolce e non ha una parete cellulare, l’interno della cellula è ipertonico rispetto all’ambiente circostante. Di conseguenza, l’acqua entra nella cellula per osmosi. Se l’acqua entra in quantità eccessiva, potrebbe causare la rottura della membrana plasmatica. Tuttavia, Euglena risolve questo problema grazie a un organello specializzato, il vacuolo contrattile, che raccoglie l’acqua in eccesso e la espelle dalla cellula attraverso una contrazione ritmica. LA PRESSIONE DI TURG ORE CONTRIBUISCE ALLA COMPATTEZZA DELLA CELLULA VEGETALE Quando una cellula vegetale viene immersa in una soluzione ipotonica con un potenziale idrico relativamente alto, il protoplasto si espande e la membrana plasmatica si tende, esercitando una pressione contro la parete cellulare. Tuttavia, la cellula vegetale non si rompe grazie alla rigidità della parete cellulare, che fornisce supporto meccanico. Le cellule vegetali concentrano soluzioni ricche di sali nei loro vacuoli e possono accumulare anche zuccheri, acidi organici e aminoacidi. Questo provoca l’assorbimento di acqua per osmosi, creando una pressione idrostatica interna. Tale pressione, che agisce contro la parete cellulare, conferisce alla cellula una forma turgida e compatta. La pressione che si sviluppa all’interno della cellula vegetale a seguito dell’osmosi è nota come pressione di turgore. Questa pressione è contrapposta dalla pressione meccanica della parete cellulare, chiamata pressione di parete. Il turgore è fondamentale per le piante, in particolare per sostenere le parti non legnose. L’accrescimento delle cellule vegetali si basa principalmente sull’assorbimento di acqua, che provoca un incremento del volume cellulare grazie all’espansione del vacuolo. Per consentire questo aumento di volume, la parete cellulare deve rilassarsi, riducendo la sua resistenza alla pressione di turgore. Nella maggior parte delle cellule vegetali, il turgore si mantiene perché vivono in un ambiente con elevato potenziale idrico. Tuttavia, se un tessuto vegetale turgido viene immerso in una soluzione con basso potenziale idrico, come una soluzione concentrata di zucchero o sale, l’acqua esce dalla cellula per osmosi. Questo processo causa il restringimento del vacuolo e del protoplasto, che si separano dalla parete cellulare, fenomeno noto come plasmolisi. La plasmolisi è reversibile se la cellula viene immersa in acqua pura, poiché le membrane cellulari, come il tonoplasto e la membrana plasmatica, sono altamente permeabili all’acqua. Invece, le pareti cellulari sono permeabili sia all’acqua sia ai soluti. Quando le cellule perdono turgore, le foglie e i fusti possono afflosciarsi o avvizzire, come accade spesso nelle foglie di lattuga in condizioni di disidratazione. STRUTTURA DELLA MEMBRANA CELLULARE Le membrane cellulari condividono una struttura di base comune, costituita da un doppio strato lipidico in cui sono inglobate proteine globulari. Alcune di queste proteine attraversano il doppio strato e sporgono su entrambi i lati, con la parte interna idrofoba e le parti esterne idrofile. Le due superfici della membrana presentano una composizione chimica differente. Ad esempio, nelle cellule vegetali si trovano principalmente fosfolipidi e steroli come lo stigmasterolo, con distribuzioni asimmetriche nei due strati. Le proteine di membrana possono essere transmembrana o periferiche. Le prime, dotate di porzioni idrofobe, attraversano il doppio strato lipidico, mentre le seconde, prive di regioni idrofobe, si associano alla superficie. Le proteine transmembrana e quelle legate ai lipidi sono chiamate proteine integrali, alcune delle quali ancorate al citoscheletro. La membrana è fluida, consentendo il movimento laterale di proteine e lipidi, che formano mosaici dinamici, da cui deriva il modello del mosaico fluido. Studi recenti propongono un modello alternativo in cui la membrana risulta meno fluida e con un maggiore impacchettamento di proteine e lipidi, organizzati in complessi funzionali. Sulla superficie esterna delle membrane eucariotiche si trovano oligosaccaridi legati a proteine (glicoproteine) o a lipidi (glicolipidi), importanti per il riconoscimento di molecole come ormoni e proteine virali. Le proteine transmembrana possono avere configurazioni semplici, con una singola elica che attraversa il doppio strato, o strutture più complesse con ripetuti passaggi attraverso la membrana. Il doppio strato lipidico fornisce la struttura di base e l’impermeabilità della membrana, ma le proteine ne determinano le funzioni principali. Le membrane contengono una proporzione variabile di lipidi e proteine, in base alla loro funzione. Ad esempio, le membrane coinvolte nella conversione energetica, come quelle dei mitocondri e dei cloroplasti, sono composte fino al 75% da proteine. Tra queste, alcune catalizzano reazioni, altre trasportano molecole e ioni, e altre ancora fungono da recettori o trasduttori di segnali. TRASPORTO DI SOLUTI ATTRAVERSO MEMBRANE Le membrane cellulari regolano il passaggio di sostanze attraverso il doppio strato lipidico, consentendo la diffusione semplice di piccole molecole non polari come ossigeno e anidride carbonica, e di piccole molecole polari non cariche come l’acqua. Tuttavia, le molecole polari più grandi e gli ioni necessitano di proteine di trasporto per attraversare la membrana, evitando il contatto con la regione idrofoba. Queste proteine, altamente selettive, si dividono in tre classi principali. Le pompe utilizzano energia, derivante da ATP, elettricità o luce, per trasportare attivamente sostanze contro il gradiente elettrochimico. Un esempio è rappresentato dalle pompe protoniche nelle cellule vegetali, che creano un gradiente di protoni utile per il cotrasporto di altri soluti. I carrier legano specifici soluti, subendo modifiche conformazionali per trasportarli attraverso la membrana. Possono funzionare come sistemi di uniporto, trasportando un solo soluto, o come sistemi di cotrasporto, accoppiando il trasferimento di due soluti nella stessa direzione (simporto) o in direzioni opposte (antiporto). Le proteine canale formano pori pieni d’acqua, che consentono il passaggio rapido di ioni inorganici specifici. Questi canali presentano un meccanismo di apertura e chiusura, detto gating. Tra le proteine di membrana vi sono anche le acquaporine, che facilitano il movimento dell’acqua e di piccoli soluti neutri attraverso la membrana, accelerando processi importanti come l’espansione cellulare o il trasporto dell’acqua durante la traspirazione. Il trasporto passivo avviene secondo il gradiente di concentrazione o elettrochimico e non richiede energia. Può avvenire per diffusione semplice o, più comunemente, mediante diffusione facilitata attraverso proteine carrier o canali. Il trasporto attivo, invece, consente il movimento di soluti contro il gradiente elettrochimico e richiede energia. Questo processo può essere primario, quando l’energia è fornita direttamente dall’ATP, o secondario, quando l’energia deriva dal gradiente generato da un trasporto attivo primario. TRASPORTO MEDIATO DA VESCICOLE Le proteine di trasporto delle membrane plasmatiche, pur essendo altamente specializzate per il passaggio di ioni e piccole molecole polari, non possono trasportare grandi molecole come proteine, polisaccaridi o particelle di grandi dimensioni, come microrganismi e residui cellulari. Queste sostanze sono trasportate attraverso il trasporto mediato da vescicole, un processo in cui vescicole originate dalla membrana plasmatica inglobano e spostano tali materiali. Durante l’esocitosi, le vescicole secretorie, formatesi nel reticolo trans del Golgi, si fondono con la membrana plasmatica rilasciando il loro contenuto verso l’esterno. Questo processo è essenziale per trasportare componenti della matrice della parete cellulare, come emicellulose, pectine e glicoproteine, che vengono depositati nella parete cellulare in crescita. Anche altre sostanze, come i polisaccaridi viscosi che lubrificano le radici o gli enzimi digestivi delle piante carnivore, sono trasportati per esocitosi. Tali enzimi, prodotti nel reticolo endoplasmatico, vengono veicolati alla membrana tramite vescicole. Nel processo inverso, l’endocitosi, materiali esterni vengono inglobati all’interno della cellula mediante la formazione di vescicole. Esistono tre principali tipi di endocitosi: fagocitosi, pinocitosi ed endocitosi mediata da recettori. La fagocitosi consiste nell’inglobare grandi particelle solide, come batteri o residui cellulari, attraverso vescicole di grandi dimensioni derivate dalla membrana plasmatica. Questo processo è comune in organismi unicellulari come le amebe, ma si verifica anche nelle radici delle leguminose, dove i batteri Rhizobium vengono inglobati nei peli radicali per la formazione di noduli. La pinocitosi, invece, coinvolge l’introduzione di liquidi nell’ambiente cellulare attraverso piccole vescicole. Questo processo avviene in quasi tutte le cellule eucariotiche ed è continuo, consentendo l’assorbimento di fluidi dall’esterno. L’endocitosi mediata da recettori implica il legame di molecole specifiche a recettori proteici situati in fossette rivestite, aree specializzate della membrana plasmatica ricoperte internamente da clatrina. Dopo il legame, le fossette si approfondano, formando vescicole rivestite che trasportano sia le molecole legate ai recettori sia i recettori stessi. Una volta all’interno della cellula, le vescicole perdono il loro rivestimento di clatrina e si fondono con organelli intracellulari, come il Golgi o piccoli vacuoli, per rilasciare il loro contenuto. Inoltre, le porzioni di membrana utilizzate per formare le vescicole vengono spesso riciclate verso la membrana plasmatica, insieme ai lipidi e alle proteine, inclusi i recettori. COMUNICAZIONI CELLUL A-CELLULA Finora, il trasporto delle sostanze dentro e fuori le cellule è stato considerato nel contesto di cellule singole e isolate immerse in un ambiente acquoso. Tuttavia, negli organismi pluricellulari, questa situazione è rara. Le cellule sono infatti organizzate in tessuti, gruppi di cellule specializzate che svolgono funzioni comuni. Questi tessuti, a loro volta, si combinano per formare organi, strutture dotate di una conformazione specifica che le rende idonee a svolgere determinate funzioni. LA TRADUZIONE DEL SE GNALE È IL PROCESSO MEDIANTE IL QUALE LE CELLULE USANO MESSAGGERI CHIMICI PER COMUNICARE FRA LORO Il successo degli organismi pluricellulari dipende dalla capacità delle cellule di comunicare tra loro per collaborare, formando tessuti e organi funzionali. Questa comunicazione avviene principalmente tramite segnali chimici, sostanze sintetizzate all’interno delle cellule e trasportate verso altre cellule. Nelle piante, i segnali chimici includono principalmente gli ormoni, messaggeri chimici prodotti da specifiche cellule o tessuti per regolare funzioni di altre parti della pianta. Per essere efficaci, queste molecole devono essere abbastanza piccole da attraversare la parete cellulare. La membrana plasmatica gioca un ruolo fondamentale nel riconoscimento di questi segnali. Quando le molecole segnale raggiungono la cellula bersaglio, possono entrare tramite processi di endocitosi o legarsi a recettori specifici sulla superficie esterna della membrana. Spesso, i recettori sono proteine transmembrana che, legandosi al segnale (primo messaggero), si attivano generando segnali interni (secondi messaggeri). I secondi messaggeri, come lo ione calcio e l’AMP ciclico (negli animali e funghi), amplificano il segnale e innescano modifiche chimiche nella cellula. Il processo di traduzione del segnale si articola in tre fasi principali: ricezione, trasduzione e induzione. Nella ricezione, un ormone o altro segnale chimico si lega al recettore specifico. Nella trasduzione, viene prodotto un secondo messaggero, come lo ione calcio (Ca²⁺), che amplifica il segnale e attiva la risposta cellulare. Lo ione calcio, rilasciato dal vacuolo o dal reticolo endoplasmatico attraverso canali specifici, si combina con la calmodulina, una proteina chiave che, insieme al calcio, attiva enzimi e induce numerosi processi cellulari. I PLASMODESMI CONSEN TONO ALLE CELLULE DI COMUNICARE I plasmodesmi sono canali citoplasmatici che connettono i protoplasti di cellule vegetali adiacenti, consentendo una comunicazione diretta e il trasporto di sostanze. L’insieme dei protoplasti collegati dai plasmodesmi costituisce il simplasto, mentre il trasporto attraverso le pareti cellulari è noto come trasporto apoplastico. I plasmodesmi possono formarsi durante la citocinesi, come plasmodesmi primari, quando una porzione del reticolo endoplasmatico rimane intrappolata nella piastra cellulare in formazione. Possono anche formarsi successivamente in pareti preesistenti, in questo caso sono chiamati plasmodesmi secondari. Questi ultimi sono spesso ramificati e connessi tra loro attraverso cavità nella lamella primaria, permettendo comunicazioni tra cellule non derivate dalla stessa linea cellulare. Osservati al microscopio elettronico, i plasmodesmi appaiono come canali allineati alla membrana plasmatica, attraversati da un desmotubulo, una struttura tubolare strettamente associata al reticolo endoplasmatico delle cellule adiacenti. Il desmotubulo è più stretto rispetto al reticolo endoplasmatico e presenta una struttura centrale compatta. Intorno al desmotubulo si trova il manicotto citoplasmatico, che rappresenta la principale via per il trasporto delle sostanze. Questo è suddiviso da proteine globulari che formano strutture a raggiera tra la membrana plasmatica e il desmotubulo stesso. I plasmodesmi sono molto più efficienti nel trasporto di sostanze rispetto alla via alternativa che attraversa la membrana plasmatica, la parete cellulare e la membrana di una seconda cellula. Sostanze come zuccheri, aminoacidi e molecole segnale possono attraversarli facilmente, grazie a un limite di esclusione di circa 800-1000 dalton. Tuttavia, ci sono barriere semipermeabili in alcune regioni del simplasto, chiamate domini simplastici, che regolano il passaggio delle sostanze. Oltre al trasporto passivo, i plasmodesmi svolgono un ruolo attivo nel controllo del movimento intercellulare. Possono trasportare anche macromolecole come proteine e RNA, contribuendo alla coordinazione della crescita e dello sviluppo della pianta. La loro permeabilità sembra essere regolata dalla deposizione e degradazione di callosio alle loro estremità e da proteine come actina e miosina, che potrebbero agire attraverso un meccanismo contrattile per modificare l’ampiezza del canale. APPUNT SINTETIZZATI DAL LIBRO - LA RESPIRAZIONE (IN GENERALE) - CAPITOLO 6 INTRODUZIONE ATP è la molecola che fornisce energia in tutti gli organismi viventi. Viene utilizzata in molti processi cellulari, come la sintesi di molecole organiche, il movimento dei flagelli, le correnti citoplasmatiche e il trasporto attivo di molecole attraverso la membrana cellulare. In seguito, descriveremo come la cellula ossida i carboidrati e usa l’energia rilasciata per formare ATP. Questo processo avviene principalmente nei mitocondri e mostra come la cellula realizzi specifici processi biochimici. GENERALITÀ SULL’OSSI DAZIONE DEL GLUCOSIO Le piante immagazzinano i carboidrati, ricchi di energia, come saccarosio o amido. Prima della respirazione cellulare, questi vengono trasformati in monosaccaridi, come glucosio e fruttosio. La respirazione inizia con il glucosio, che viene ossidato per rilasciare energia. L’ossidazione del glucosio comporta la perdita di elettroni e la formazione di acqua, liberando energia quando gli elettroni passano da un livello energetico più alto a uno più basso. Il glucosio può essere ossidato sia in presenza di ossigeno (aerobicamente) che in assenza di ossigeno (anaerobicamente), ma la massima energia si ottiene con l’ossigeno. La reazione globale di ossidazione del glucosio è: C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O + Energia In aerobiosi, questa reazione è molto esotermica, liberando 686 kcal/mole. In assenza di ossigeno, il processo diventa fermentazione e produce meno energia. La respirazione comprende glicolisi, formazione di acetil CoA dal piruvato, il ciclo dell’acido citrico e la catena di trasporto degli elettroni. Durante la glicolisi, il glucosio viene diviso in due piruvati, che successivamente diventano acetil CoA. Nel ciclo dell’acido citrico, l’acetil CoA è completamente ossidato a CO2, e gli elettroni liberati passano alla catena di trasporto degli elettroni. Qui, l’energia viene usata per produrre ATP attraverso la fosforilazione ossidativa. Gran parte dell’energia liberata, tuttavia, viene dissipata come calore, in accordo con la seconda legge della termodinamica. LA GLICOLISI Nella glicolisi, il glucosio (a sei atomi di carbonio) viene diviso in due molecole di piruvato (a tre atomi di carbonio) attraverso dieci stadi, ognuno catalizzato da un enzima specifico. Questo processo, che avviene nel citosol (e nei plastidi nelle piante), è anaerobico e comune a tutti gli organismi viventi. La glicolisi è considerata un processo primitivo, poiché precede l’ossigeno atmosferico e la formazione degli organelli cellulari. La via glicolitica è un insieme di reazioni sequenziali, ognuna catalizzata da un enzima specifico, che porta alla formazione di ATP e NADH. Questi due composti rappresentano il guadagno energetico della glicolisi. La glicolisi inizia con una fase preparatoria che richiede energia sotto forma di ATP. Durante i primi stadi, due ATP vengono consumati per trasformare il glucosio in glucosio-6-fosfato, poi in fruttosio-6-fosfato, e infine in fruttosio-1,6-bisfosfato. Fino a questo punto, non è stata liberata energia, ma è stato consumato ATP. Nel quarto stadio, la molecola di glucosio viene divisa in due molecole a tre atomi di carbonio: gliceraldeide 3-fosfato e diidrossiacetone fosfato. Quest’ultimo viene convertito in gliceraldeide 3-fosfato, così da avere due molecole di gliceraldeide 3-fosfato. A partire dal sesto stadio, si inizia a produrre energia: NAD+ viene ridotto a NADH, conservando energia negli elettroni del NADH. Negli stadi successivi, ATP viene prodotto tramite la fosforilazione a livello del substrato, con un guadagno netto di 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio, poiché due ATP sono stati consumati nei primi stadi. ALLA FINE DELLA GLIC OLISI GRAN PARTE DELL’ENERGIA DELLA MOLE COLA DI GLUCOSIO È ANCORA PRESENTE NELLE DUE MOLECOLE DI PIRUVATO La glicolisi converte una molecola di glucosio in due molecole di piruvato secondo la seguente reazione: Glucosio + 2NAD+ + 2ADP + 2P → 2 Piruvato + 2 NADH + 2H+ + 2 ATP + 2H2O Durante questo processo, una molecola di glucosio viene scissa in due molecole di piruvato, con la formazione di due molecole di ATP e due molecole di NADH. Inoltre, viene prodotta acqua quando l’ADP si combina con il fosfato per formare ATP. Il guadagno energetico netto è quindi di due molecole di ATP e due molecole di NADH. Le due molecole di piruvato contengono 546 kcal, rispetto alle 686 kcal presenti in una mole di glucosio. Quindi, circa l’80% dell’energia iniziale del glucosio rimane nelle molecole di piruvato. In condizioni aerobiche, le due molecole di NADH possono essere utilizzate nel mitocondrio per produrre ulteriori ATP, servendo come donatori di elettroni nella catena di trasporto degli elettroni. APPUNTI SINTETIZZATI DAL LIBRO-LA FOTOSINTESI INTRODUZIONE La fotosintesi è il processo che cattura l’energia luminosa del Sole e la trasforma in energia chimica, rendendola disponibile per gli organismi viventi. Questo meccanismo è fondamentale per la vita sulla Terra, poiché rappresenta il principale punto di ingresso dell’energia nella biosfera. Ogni anno, gli organismi fotosintetici producono oltre 250 miliardi di tonnellate di zuccheri. Tuttavia, l’importanza della fotosintesi non si limita a questa enorme produzione: è grazie a questo processo che il flusso costante di energia solare viene mantenuto, contrastando il decadimento naturale dell’energia, come descritto dalla seconda legge della termodinamica. I cloroplasti delle cellule eucariotiche giocano un ruolo centrale in questa trasformazione energetica. Senza la fotosintesi, il ritmo della vita sul pianeta si arresterebbe gradualmente. FOTOSINTESI: UNA PROSPETTIVA STORICA La comprensione della fotosintesi ha avuto una lunga evoluzione storica. Gli antichi greci, come Aristotele, credevano che le piante traessero nutrimento esclusivamente dal terreno. Jan Baptista van Helmont, nel XVII secolo, dimostrò sperimentalmente che il terreno non era sufficiente per la crescita delle piante, ma attribuì erroneamente tutto il merito all’acqua, ignorando il ruolo della CO₂. Successivamente, Joseph Priestley scoprì che le piante rigenerano l’aria consumata dalla combustione e dalla respirazione animale, intuendo il loro ruolo nel mantenere l’aria respirabile. Jan Ingenhousz confermò che questo processo avveniva solo in presenza di luce solare e nelle parti verdi delle piante. Propose inoltre che l’anidride carbonica fosse scissa durante la fotosintesi per formare ossigeno e carbonio, una teoria poi dimostratasi imprecisa. Il lavoro di C.B. van Niel sui batteri fotosintetici rivelò che l’ossigeno liberato durante la fotosintesi proveniva dall’acqua e non dalla CO₂. Questa ipotesi fu confermata da Robin Hill nel 1937, che dimostrò che i cloroplasti isolati potevano rilasciare ossigeno in assenza di CO₂, e da Ruben e Kamen nel 1941 con l’uso di isotopi dell’ossigeno. La fotosintesi si compone di due fasi: una dipendente dalla luce e una indipendente. F.F. Blackman, nel 1905, dimostrò che le reazioni indipendenti dalla luce sono influenzate dalla temperatura e controllate da enzimi, mentre quelle dipendenti dalla luce richiedono l’energia solare. Nell’equazione generale della fotosintesi, l’acqua funge da donatore di elettroni, producendo zuccheri e ossigeno, mentre l’energia luminosa è essenziale per il processo. LA NATURA DELLA LUCE Circa 300 anni fa, Isaac Newton dimostrò che la luce bianca è composta da diversi colori, separandola in uno spettro visibile tramite un prisma. La luce si rifrange, cioè si piega, con angoli diversi quando passa attraverso il prisma, permettendo la separazione dei colori dal violetto al rosso. Nel XIX secolo, James Clerk Maxwell spiegò che la luce fa parte di un ampio spettro elettromagnetico, che include tutte le radiazioni, dalle più corte, come i raggi gamma, alle più lunghe, come le onde radio. Ogni radiazione ha una lunghezza d’onda, che influisce sull’energia: le onde con lunghezze d’onda più corte, come il violetto, hanno maggiore energia rispetto a quelle con lunghezze più lunghe, come il rosso. LA LUCE HA CARATTERISTICA DI ONDA E DI P ARTICELLA Intorno al 1900, emerse l’idea che il modello ondulatorio della luce non fosse completamente adeguato. Un esperimento chiave fu condotto nel 1888, quando si osservò che una lamina di zinco esposta alla luce ultravioletta diventava carica positivamente, poiché la luce espelleva elettroni dagli atomi del metallo. Questo fenomeno, noto come effetto fotoelettrico, si verificava in tutti i metalli, ma ogni metallo aveva una lunghezza d’onda critica specifica per cui il fenomeno si manifestava. La luce, o altra radiazione, doveva avere una lunghezza d’onda uguale o minore per attivarlo. Alcuni metalli, come sodio, potassio e selenio, richiedevano luce visibile per produrre elettroni, un principio sfruttato in dispositivi come esposimetri e cellule fotoelettriche. Il modello ondulatorio della luce, però, aveva un problema: ipotizzava che l’intensità della luce fosse direttamente proporzionale alla sua capacità di espellere elettroni. Tuttavia, l’effetto fotoelettrico dipendeva solo dalla lunghezza d’onda della luce, non dalla sua intensità. Un raggio di luce debole con la lunghezza d’onda giusta poteva espellere elettroni, mentre un raggio più intenso ma con lunghezza d’onda inadeguata non lo faceva. Inoltre, l’intensità della luce influenzava solo il numero di elettroni emessi, non la velocità con cui venivano espulsi. Nel 1905, Albert Einstein propose la teoria corpuscolare della luce, suggerendo che la luce fosse costituita da particelle di energia chiamate fotoni. L’energia di un fotone è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda: i fotoni della luce violetto, ad esempio, hanno circa il doppio dell’energia di quelli della luce rossa. I modelli ondulatorio e corpuscolare della luce non sono in conflitto, ma complementari, poiché ciascuno descrive diversi aspetti del comportamento della luce. IL RUOLO DEI PIGMENTI L’energia luminosa, per essere utilizzata dai sistemi viventi, deve essere prima assorbita da una sostanza chiamata pigmento. I pigmenti assorbono specifiche lunghezze d’onda della luce e riflettono o trasmettono quelle che non assorbono. Se un pigmento assorbe tutte le lunghezze d’onda, appare nero, mentre se ne assorbe solo alcune, appare di un colore legato a quelle lunghezze d’onda non assorbite. Lo spettro di assorbimento di un pigmento mostra quali lunghezze d’onda della luce vengono assorbite dalla sostanza. La clorofilla, il pigmento principale nelle foglie, assorbe luce principalmente nelle lunghezze d’onda del violetto, blu e rosso, mentre riflette la luce verde, facendo apparire le foglie di colore verde. Lo spettro d’azione, che misura l’efficacia delle diverse lunghezze d’onda per processi come la fotosintesi, mostra una correlazione con lo spettro di assorbimento della clorofilla, indicando che questo pigmento è cruciale per la fotosintesi. Quando la clorofilla assorbe luce, gli elettroni vengono eccitati a un livello energetico superiore, chiamato stato eccitato. Quando questi elettroni tornano al loro stato fondamentale, l’energia rilasciata può seguire tre percorsi. La prima possibilità è che l’energia venga convertita in calore, o parzialmente in calore, con il resto emesso come un fotone di energia inferiore, un fenomeno noto come fluorescenza. La seconda possibilità è che l’energia, senza il trasferimento dell’elettrone, venga trasferita a una molecola di clorofilla adiacente, che si eccita a sua volta. La terza possibilità è che l’elettrone eccitato venga trasferito a un accettore di elettroni, ossidando la molecola di clorofilla e riducendo l’accettore di elettroni, un passaggio fondamentale per la fotosintesi. Nel processo fotosintetico, gli eventi vantaggiosi sono il trasferimento di energia tra le molecole di clorofilla e il trasferimento dell’elettrone a un accettore di elettroni. La fluorescenza, invece, non è utile nel contesto della fotosintesi. Questo processo avviene nei cloroplasti delle cellule eucariotiche, che contengono molecole di clorofilla associate a proteine idrofobe nei tilacoidi, facilitando questi trasferimenti di energia. I PIGMENTI PRINCIPALI FOTOSINTETICI SONO LE CLOROFILLE, I CAROTENOIDI E LE FICOBILINE Esistono vari tipi di clorofilla che differiscono per la loro struttura molecolare e per le proprietà di assorbimento. La clorofilla a è presente in tutti gli eucarioti fotosintetici e nei cianobatteri ed è fondamentale per la fotosintesi che produce ossigeno. Le piante, le alghe verdi e le alghe euglenoidi contengono anche un altro tipo di clorofilla, la clorofilla b, che ha uno spettro di assorbimento leggermente diverso da quello della clorofilla a. La clorofilla b è un pigmento accessorio, che non è direttamente coinvolto nella produzione di energia chimica nella fotosintesi, ma amplia l’intervallo di luce che può essere utilizzato. L’energia assorbita dalla clorofilla b viene trasferita alla clorofilla a, che la converte in energia chimica. La clorofilla c, invece, sostituisce la clorofilla b in alcune alghe, come le alghe brune e le diatomee. Inoltre, i batteri fotosintetici (diversi dai cianobatteri) contengono pigmenti come la batterioclorofilla e la clorobium-clorofilla, ma non liberano ossigeno durante la fotosintesi perché non utilizzano l’acqua come donatore di elettroni. I pigmenti accessori che contribuiscono alla cattura dell’energia luminosa sono anche i carotenoidi e le ficobiline. I carotenoidi sono pigmenti liposolubili, di colori che vanno dal rosso al giallo, e si trovano nei cloroplasti e nei cianobatteri. Sebbene contribuiscano alla raccolta della luce, la loro principale funzione è proteggere le molecole di clorofilla dai danni foto-ossidativi. LE REAZIONI DELLA FO TOSINTESI Le reazioni della fotosintesi sono divise in due fasi principali: le reazioni alla luce e le reazioni di fissazione del carbonio. Le reazioni alla luce, che richiedono energia luminosa, sono responsabili della produzione di ATP e della riduzione di molecole trasportatrici di elettroni, come il coenzima NADP+. Il NADP+ ha una struttura simile al NAD+, ma con un fosfato in più, e il suo ruolo biologico è diverso. Mentre il NADH nel mitocondrio trasferisce elettroni alla catena di trasporto, il NADPH è utilizzato nelle vie biosintetiche, inclusa la sintesi degli zuccheri durante la fotosintesi. Durante le reazioni luminose, l’acqua viene scissa, liberando ossigeno e rilasciando elettroni che riducono il NADP+ a NADPH, il quale fornirà energia per le reazioni successive. Nelle reazioni di fissazione del carbonio, l’ATP fornisce energia per legare l’anidride carbonica a una molecola organica, mentre il NADPH riduce gli atomi di carbonio appena fissati, trasformandoli in zuccheri semplici. Questo processo sintetizza molecole come il saccarosio, che sono destinate al trasporto, e l’amido, destinato alla riserva. Inoltre, si forma uno scheletro di carbonio che può essere utilizzato per produrre tutte le altre molecole organiche necessarie alla cellula. NELLE REAZIONI LUMINOSE SONO COINOLTI DUE FOTOSISTEMI Nel cloroplasto, i pigmenti fotosintetici come la clorofilla a, b e i carotenoidi sono organizzati in unità chiamate fotosistemi, che si trovano nei tilacoidi. Ogni fotosistema è costituito da due componenti principali: un complesso antenna e un centro di reazione. Il complesso antenna raccoglie l’energia luminosa e la trasmette al centro di reazione, dove l’energia viene convertita in energia chimica. Le molecole di clorofilla sono legate a proteine di membrana, che le mantengono in posizione ottimizzando la cattura della luce. All’interno di un fotosistema, una coppia speciale di molecole di clorofilla a nel centro di reazione è la sola in grado di utilizzare l’energia luminosa per la reazione fotochimica. Le altre molecole di pigmento, incluse le clorofille e i carotenoidi, sono chiamate pigmenti antenna e si trovano nel complesso antenna, che raccoglie anch’esso l’energia luminosa. Il complesso di raccolta della luce, associato a ogni fotosistema, è composto da clorofille a e b, carotenoidi e proteine di legame. Esso cattura l’energia luminosa ma non ha un centro di reazione. L’energia luminosa viene trasferita da una molecola di pigmento all’altra tramite un meccanismo di risonanza, fino a raggiungere il centro di reazione, dove una molecola di clorofilla a assorbe l’energia e spinge uno dei suoi elettroni a un livello energetico superiore. L’elettrone viene quindi trasferito a un accettore, avviando il flusso elettronico fotosintetico. La clorofilla si ossida (perde un elettrone) e l’accettore di elettroni si riduce (guadagna un elettrone). I due tipi di fotosistemi, il Fotosistema I (P700) e il Fotosistema II (P680), sono collegati da una catena di trasporto degli elettroni. I fotosistemi sono stati numerati secondo l’ordine della loro scoperta. Il Fotosistema I si trova principalmente nei tilacoidi stromatici, mentre il Fotosistema II è localizzato nei tilacoidi granali. Sebbene siano separati spazialmente, i due fotosistemi lavorano insieme in modo coordinato, e il Fotosistema I può agire anche indipendentemente. L’ACQUA È OSSIDATA A OSSIGENO DAL FOTOSI STEMA II Nel Fotosistema II, l’energia luminosa viene assorbita dalle molecole di clorofilla a del centro di reazione, P680, direttamente o tramite trasferimento di energia da una o più molecole di pigmento nel complesso antenna. Quando una molecola di P680 assorbe energia, il suo elettrone ad alta energia viene trasferito a un accettore primario, come la feofitina, che a sua volta cede l’elettrone al plastochinone legato al centro di reazione. Il plastochinone, chiamato PRa, trasferisce due elettroni a un altro plastochinone (PQa), che raccoglie anche due protoni dallo stroma, riducendosi a plastochinolo (PQH2). Il plastochinolo si lega a un pool di molecole mobile nella membrana tilacoidale e può trasferire due elettroni e protoni al complesso citocromo b/f, riossidandosi a PQ. Il Fotosistema II ha la capacità unica di estrarre elettroni dall’acqua, che vengono utilizzati per sostituire quelli persi dal P680. Questo processo avviene nel complesso evolvente ossigeno, che catalizza la scissione dell’acqua. I quattro elettroni liberati durante l’ossidazione di due molecole di acqua sono recuperati da un gruppo di quattro atomi di manganese, e il risultato finale è il rilascio di ossigeno molecolare. La fotolisi dell’acqua avviene attraverso la scissione di due molecole di acqua, che produce quattro elettroni, quattro protoni e ossigeno molecolare: 2H2O → 4e⁻ + 4H⁺ + O2 Questa fotolisi contribuisce a formare un gradiente protonico attraverso la membrana del tilacoide, essenziale per la sintesi di ATP durante la fotosintesi. I protoni vengono rilasciati nel lume del tilacoide, non nello stroma, favorendo così la creazione del gradiente protonico. IL COMPLESSO DEL CITOCROMO B6/F COLLEGA I FOTOSISTEMI II E I Il plastochinolo (PQH2), che si trova nella porzione lipidica della membrana tilacoidale, trasferisce i due elettroni acquisiti dal Fotosistema II al complesso del citocromo b/f, uno per volta. Questo complesso è analogo al Complesso III della catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri. Quando il plastochinolo è riossidato a plastochinone (PQ) dal complesso del citocromo b/f, due protoni vengono rilasciati nel lume tilacoidale. Successivamente, il plastochinone ritorna al pool di plastochinone libero, dove può accettare altri elettroni dal Fotosistema II e protoni dallo stroma. Il citocromo f, ridotto dal complesso del citocromo b/f, trasferisce un elettrone alla plastocianina, una piccola proteina idrosolubile contenente rame che si trova nel lume del tilacoide. La plastocianina, come il plastochinolo, è un trasportatore mobile di elettroni e trasferisce un elettrone alla volta dal complesso del citocromo b/f al Fotosistema I. L’ATP È SINTETIZZATA DAL COMPLESSO DELL’ ATP SINTASI I protoni rilasciati nel lume del tilacoide durante l’ossidazione dell’acqua e quelli pompati nel lume dal complesso del citocromo b/f generano un gradiente elettrochimico di protoni che guida la sintesi di ATP. I complessi dell’ATP sintasi, incorporati nella membrana tilacoidale, forniscono un canale attraverso il quale i protoni possono fluire seguendo il gradiente, tornando nello stroma. Questo flusso di protoni attraverso l’ATP sintasi consente la sintesi di ATP a partire da ADP e fosfato inorganico (Pi). Questo processo, noto come fotofosforilazione, è analogo alla sintesi di ATP nei mitocondri, che avviene attraverso un meccanismo simile, chiamato fosforilazione ossidativa. La differenza principale è che, nella fotosintesi, la luce fornisce l’energia utilizzata per creare il gradiente protonico, mentre nel mitocondrio l’energia deriva dalla respirazione cellulare. Il meccanismo sottostante, chiamato accoppiamento chemiosmotico, è condiviso anche da alcuni batteri, che, come i cloroplasti e i mitocondri, producono ATP sfruttando un gradiente di protoni. NADP+ È RIDOTTO A NA DPH DAL FOTOSISTEMA I Nel Fotosistema I, l’energia luminosa eccita le molecole del complesso antenna, che trasferiscono l’energia di eccitazione alle molecole di P700 nel centro di reazione. Quando una molecola di P700 è ec

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