Summary

Questa lezione si concentra sull'analisi delle azioni, delle loro tipologie, dei diritti degli azionisti e delle diverse metodologie di analisi, dalla qualitativa alla tecnica, per comprendere come si realizza lo "stock picking" e il "market timing".

Full Transcript

Sintesi lezione La valutazione delle azioni Le tipologie di azioni e i diritti degli azionisti: cenni Le dimensioni di analisi delle azioni L’analisi qualitativa L’analisi dei fondamentali Gli indicatori di analisi fondamentale Le tabelle del Sole 24 Ore I modelli di val...

Sintesi lezione La valutazione delle azioni Le tipologie di azioni e i diritti degli azionisti: cenni Le dimensioni di analisi delle azioni L’analisi qualitativa L’analisi dei fondamentali Gli indicatori di analisi fondamentale Le tabelle del Sole 24 Ore I modelli di valutazione delle azioni utilizzati nell’analisi fondamentale Una classificazione dei metodi Il constant growth dividend discount model Applicazioni: un esempio su Enel I dividend discount model più evoluti L’utilizzo congiunto di P/E e dividend discount model Azioni growth e azioni value Il metodo dei moltiplicatori L’analisi tecnica: cenni I principali indicatori dell’analisi tecnica Le ragioni della limitata utilità dell’analisi tecnica L’analisi del sentiment I rischi delle azioni Economia del Mercato Mobiliare 1 Pierpaolo Ferrari 1. Tipologie di azioni e diritti degli azionisti: cenni Le azioni sono titoli rappresentativi di un rapporto di partecipazione in una determinata società (Spa, Sapa, Società in cooperativa per azioni) ai quali si ricollegano diritti di natura amministrativa ed economica inerenti alla qualità di socio. A parità di altre condizioni, le azioni sono più rischiose delle obbligazioni in quanto la remunerazione spettante all’azionista è maggiormente legata all’andamento economico della società emittente. A differenza degli obbligazionisti, per i quali la remunerazione e i tempi di rimborso del prestito sono stabiliti dal regolamento di emissione del prestito obbligazionario, per gli azionisti non vi è alcuna garanzia di ricevere una remunerazione periodica o di ottenere il rimborso del capitale ad una data prestabilita. Obbligazioni (o più in generale finanziamento con capitale Azioni (o più in generale finanziamento con mezzi propri) di debito) L’obbligazionista è un creditore della società. L’azionista, in quanto socio, è un proprietario della società. L’obbligazionista ha esclusivamente diritti economico-finanziari, L’azionista ha contemporaneamente diritti economici e diritti legati al diritto alla remunerazione e al rimborso del capitale. amministrativi inerenti alla qualità di socio L’obbligazione prevede una remunerazione prestabilita, sia essa L’azione non prevede nessuna remunerazione predefinita (salvo fissa o ancorata a parametri di mercato variabili. particolari categorie di azioni). L’azionista ha diritto di partecipare agli utili netti in via residuale rispetto ai creditori. La remunerazione dipende quindi dalla crescita di valore dell’impresa e dalla sua capacità di generare utili e flussi di cassa. L’obbligazione prevede l’obbligo di rimborso del capitale secondo L’azione ha scadenza indeterminata e, salvo che la società sia un piano di ammortamento prefissato. liquidata, non è previsto il rimborso. In caso di fallimento o liquidazione, l’obbligazionista è rimborsato In caso di fallimento o liquidazione, il rimborso agli azionisti è prima degli azionisti. possibile solo nel (rarissimo) caso che dopo il soddisfacimento di tutti i creditori siano avanzate ulteriori risorse. Esistono fondamentalmente tre tipologie di azioni, cui si ricollegano, con diversa intensità, diritti di natura amministrativa ed economica: - azioni ordinarie; - azioni privilegiate; - azioni di risparmio. Sono diritti di natura amministrativa: diritti di intervento e di voto nell’assemblea: spettano a coloro che sono iscritti a libro soci almeno cinque giorni prima dell’assemblea; il socio che voglia partecipare all’assemblea di una società quotata deve richiedere il “biglietto di ammissione” alla Monte Titoli per il tramite della propria banca, SIM, fiduciaria o agente di cambio. diritto di impugnare le delibere assembleari, che consente ai soci assenti o dissenzienti di impugnare le delibere assembleari contrarie alla legge o allo statuto. diritto di richiedere la convocazione dell’assemblea: per legge gli amministratori sono obbligati a convocare l’assemblea quando ne è fatta richiesta da tanti soci che rappresentino un decimo del capitale sociale (il 5% se la società è quotata). diritto di recesso, esercitabile quando intervengono atti di modifica dell’oggetto sociale, del tipo di società, il trasferimento della sede all’estero, fusioni e scissioni; in caso di esercizio di questo diritto, la società è obbligata a rimborsare la partecipazione del socio che recede in base al prezzo medio dell’ultimo semestre, se le azioni sono quotate, o in proporzione al patrimonio sociale risultante dall’ultimo bilancio di esercizio, se non quotate; diritto di opzione, il cui obiettivo è di non modificare, in termini relativi, la compagine sociale a seguito di aumenti del capitale sociale. Sono diritti economici: diritto al dividendo, ossia il diritto di ricevere una parte proporzionale degli utili; diritto di opzione, che oltre ad avere una connotazione amministrativa ha anche un valore economico, dipendente dal prezzo di mercato delle vecchie azioni, dal prezzo di emissione delle nuove azioni, dal numero di vecchie e di nuove azioni: (Pm-Pe)/[(v/n)+1]; diritto al rimborso del capitale, in caso di liquidazione della società. Economia del Mercato Mobiliare 2 Pierpaolo Ferrari La differenza fra le tre tipologie di azioni è data dal combinarsi di due fattori: - l’esposizione al rischio di impresa, che si traduce in una maggiore o minor tutela dei diritti economici degli azionisti; - la possibilità di esercizio dei diritti amministrativi dell’azionista, primo fra tutti il diritto di voto nell’assemblea ordinaria della società. Le azioni ordinarie e quelle privilegiate possono essere emesse da tutte le società, mentre le azioni di risparmio possono essere emesse solo da società quotate in mercati regolamentati italiani o UE. Intensità dei diritti Azioni amministrativi ordinarie Azioni privilegiate Azioni di risparmio Tutela dei diritti economici Le azioni privilegiate beneficiano di privilegi nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale all’atto dello scioglimento della società. In contropartita del privilegio economico, la legge permette una limitazione dei diritti amministrativi spettanti ai possessori di tali azioni, consentendo che il diritto di voto sia limitato alle sole assemblee straordinarie. Le azioni di risparmio non danno diritto di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili (ogni società decide i privilegi economici da attribuire a queste azioni), nel rimborso del capitale in sede di liquidazione e in caso di riduzione del capitale sociale per perdite. 2. Le dimensioni di analisi delle azioni La valutazione delle azioni può avvenire lungo quattro diverse dimensioni di analisi, tutte rilevanti, pur con un’importanza relativa differente: - l’analisi qualitativa del settore in cui opera l’impresa, il suo posizionamento competitivo e la sostenibilità del suo modello di business (analisi qualitativa); - l’analisi dei fondamentali dell’impresa, volta a individuare il valore intrinseco di un titolo (o “ fair value”) attraverso l’impiego di opportuni indicatori e mediante l’utilizzo di specifici modelli di valutazione (analisi fondamentale); - l’analisi del trend di mercato della società in termini di evoluzione dei prezzi e delle quantità scambiate allo scopo di individuare le fasi di inversione del ciclo per l’intero mercato o per un singolo titolo attraverso indicatori e elaborazioni grafiche (analisi tecnica); - l’analisi del sentiment del mercato, volto a decifrare attraverso opportuni indicatori le view del mercato sull’evoluzione futura di singoli titoli, comparti e mercati (analisi del sentiment). Le dimensioni di analisi delle azioni intendono fornire gli strumenti per rispondere a due diverse domande: come si fa a stabilire quali sono le azioni migliori? O, detto in altri termini, come si fa a realizzare lo “stock picking”? come si fa a stabilire il momento migliore in cui entrare ed uscire dal mercato azionario? O, detto ancora una volta in altri termini, come si realizza il “market timing”? Secondo un orientamento sufficientemente condiviso, alla prima domanda è possibile rispondere attraverso i principi dell’analisi qualitativa e dell’analisi fondamentale, mentre alla seconda attraverso i principi dell’analisi tecnica e dell’analisi del sentiment. L’analisi qualitativa è volta a individuare il posizionamento competitivo dell’impresa, i suoi punti di forza e di debolezza e la sostenibilità del suo modello di business. L’analisi dei fondamentali tende a individuare il valore intrinseco di un titolo (o “fair value”) attraverso l’impiego di opportuni indicatori di analisi fondamentale e mediante l’utilizzo di specifici modelli di valutazione. L’analisi tecnica tende a individuare le fasi di inversione del ciclo per l’intero mercato o per un singolo titolo attraverso indicatori statistici e elaborazioni grafiche. L’analisi del sentiment ha l’obiettivo di inferire l’evoluzione futura di singoli titoli, interi comparti o mercati dalle aspettative degli operatori. Economia del Mercato Mobiliare 3 Pierpaolo Ferrari 2.1. Analisi qualitativa L’analisi qualitativa ha l’obiettivo di acquisire informazioni sull’ impresa, sul settore di attività e sul mercato di riferimento, con lo scopo di individuarne i punti forti e di debolezza. L’analisi può essere sintetizzata nei seguenti punti: - analisi del comparto di attività dell’impresa: si tratta di determinare il grado di attrattività del settore in cui opera l’impresa, che dipende essenzialmente dalla sua struttura, determinata dal grado di concorrenza esterna (fornitori, clienti, prodotti sostitutivi, potenziali concorrenti e dal grado di concorrenza interna (numero di imprese operanti nel settore, grado di differenziazione del prodotto rispetto ai concorrenti), dal grado di intensità di capitale ovvero i mezzi finanziari necessari per entrare nel mercato (barriere all’ingresso), dalla sua evoluzione (andamento e prospettive). Importante poi determinare in quale fase del ciclo di vita si trovano i prodotti dell’azienda; - analisi dell’impresa e delle sue strategie: l’analisi dell'impresa in questa sede è volta a determinare la sua struttura societaria e organizzativa, la sua struttura produttiva e commerciale e a individuare le previsioni del management. Per quanto attiene alla struttura societaria, organizzativa, produttiva e commerciale, è necessario individuare: la sua struttura proprietaria, le capacità manageriali (capacità gestionali, predisposizione al cambiamento, capacità di adattamento alle esigenze del mercato, propensione all’innovazione), il grado di delega, individuazione di soggetti che possono proseguire l’attività; le caratteristiche del prodotto/servizio offerto (gamma, qualità, ciclo di vita, possibilità di differenziazione); le caratteristiche del processo produttivo (intensità di capitale, condizione degli impianti, organizzazione, scorte); il marketing dell’impresa: tipo di clientela, diversificazione del portafoglio clienti, distribuzione, prezzo, pubblicità. Per quanto attiene alle previsioni del management, l’obiettivo non è formulare la strategia dell’impresa ma valutare la strategia dell’azienda ed il suo grado di adeguatezza, correttezza e realismo soprattutto nei casi di piccole aziende poco strutturate. Bisogna sintetizzare le notizie sui programmi e le strategie di breve e medio/lungo termine. I principali strumenti utilizzati a tale scopo sono: - una rappresentazione del comparto produttivo sulla base delle cinque forze competitive del modello di Porter. Queste forze determinano la struttura del settore e il livello di concorrenza. Più competitive sono le forze nel settore, minori sono i profitti. Un settore con basse barriere all’entrata, con pochi clienti e fornitori, ma con molti prodotti sostituti e concorrenti, verrà considerato come molto competitivo e quindi non così attraente a causa della bassa redditività; Economia del Mercato Mobiliare 4 Pierpaolo Ferrari - una rappresentazione dei punti di forza (strengths), dei punti di debolezza (weaknesses), delle opportunità (opportunities) e delle minacce (threats) che caratterizzano una data impresa, sia in relazione ai fattori interni sia con riferimento all’ambiente esterno. Più di recente, anche in Europa, dopo una consistente diffusione negli Stati Uniti d’America, l’analisi qualitativa ha cominciato a porre un’attenzione crescente alla sostenibilità del modello di business, attraverso l’utilizzo di criteri di analisi ESG, acronimo di enviroment, social and governance, che a loro volta racchiudono tre distinti universi di sensibilità sociale. Il primo è quello dell’ambiente, che comprende rischi quali i cambiamenti climatici, le emissioni di CO2, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, gli sprechi e la deforestazione. Il secondo include le politiche di genere, i diritti umani, gli standard lavorativi e i rapporti con la comunità civile. Il terzo universo è relativo alle pratiche di governo societarie, comprese le politiche di retribuzione dei manager, la composizione del consiglio di amministrazione, le procedure di controllo, i comportamenti dei vertici e dell’azienda in termini di rispetto delle leggi e della deontologia. Il mondo della finanza sostenibile sta attirando una crescente attenzione da parte di analisti e investitori, anche in connessione con un’accresciuta sensibilità dei così detti millenials nei confronti del tema. Ciò ha determinato la nascita di vere e proprie politiche di investimento ESG, per il momento limitate ad alcune particolari tipologie di prodotti (fondi comuni e altri prodotti di risparmio gestito), nelle quali la strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo integra, nella valutazione di imprese e istituzioni, l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo, al fine di creare valore per l’investitore e, simultaneamente, per la società nel suo complesso.. Economia del Mercato Mobiliare 5 Pierpaolo Ferrari 2.2. Analisi dei fondamentali L’analisi dei fondamentali (o analisi fondamentale) è uno studio basato sui bilanci passati, correnti e previsionali delle società. Tramite essa si costruiscono indicatori patrimoniali, economici e finanziari e valutazioni che esprimono l’opportunità dell’investimento azionario. L’obiettivo dell’analisi dei fondamentali è identificare il valore intrinseco (o “fair value”) dello strumento finanziario, da assumere come base di confronto con il prezzo di mercato; da ciò possono derivare tre situazioni diverse: fair value > market price fair value = market price fair value < market price Se ci si trova nella prima situazione, il consiglio dell’analista fondamentale sarà di acquistare l’azione perché si prevede che il prezzo del titolo salirà. Nel caso in cui i due valori coincidano (o siano molto simili), il giudizio sintetico sarà di mantenere il titolo. Infine, se si è nel terzo scenario, il giudizio dell’analista fondamentale sarà di evitare l’azione o, addirittura, di venderla “allo scoperto”. Dal confronto fra prezzo di mercato del titolo e valore intrinseco dello stesso, desunto dai fondamentali della società, possono scaturire diversi giudizi sull’opportunità di un investimento azionario. Tali giudizi variano da società a società, ma i più frequenti sono i seguenti: Caso 1: Se il prezzo di mercato del titolo è inferiore rispetto al valore intrinseco desunto in base all’analisi dei fondamentali della società, i giudizi normalmente assegnati al titolo sono: Strong buy=comprare decisamente Buy=comprare Outperformer=farà meglio del mercato Accumulate=accumulare Add=aggiungere Undervalued=sottovalutato Overweight=sovrappesare Caso 2: Se il prezzo di mercato del titolo è in linea con il valore intrinseco desunto in base ai fondamentali della società, i giudizi normalmente assegnati al titolo sono: Fair value=prezzo di mercato Hold=tenere Market performer=farà come il mercato Market neutral=farà come il mercato Neutral=farà come il mercato Target sul prezzo=prezzo obiettivo Caso 3: Se il prezzo di mercato del titolo è superiore rispetto al valore intrinseco desunto in base all’analisi dei fondamentali della società, i giudizi normalmente assegnati al titolo sono: Avoid =evitare l’acquisto Reduce=ridurre Underweight=sottopesare Underperformer=farà peggio del mercato Overvalued=sopravvalutato Sell=vendere Strong sell=vendere decisamente (anche allo scoperto!) Economia del Mercato Mobiliare 6 Pierpaolo Ferrari 2.2.1. Indicatori di analisi fondamentale Nella prassi gli analisti fondamentali si servono di indicatori di sintesi che guidano il processo decisionale di investimento in un titolo azionario. Gli indicatori di analisi fondamentale sono semplici quozienti che mettono a confronto il prezzo di mercato del titolo con alcuni dati di bilancio (consuntivo o previsionale) della società che ha emesso le azioni. Il loro utilizzo può essere esteso anche a società comparabili a quella oggetto di valutazione, con l’obiettivo di identificare una valutazione relativa, da cui derivi un giudizio sull’opportunità di investimento nell’azione considerata. Gli indicatori di analisi fondamentale possono essere costruiti secondo due diverse logiche: - una logica trailing (o current), che prevede il confronto fra il prezzo corrente di mercato dell’azione analizzata e un dato di bilancio storico della società emittente, tratto dall’ultimo documento contabile disponibile (o da una media di dati storici). Il pregio di tale logica è l’oggettività, in quanto si impiegano dati che non incorporano stime dell’analista, ma il principale difetto è di essere backward looking; - una logica leading (o forward), che si basa sul confronto fra il prezzo corrente di mercato dell’azione e un dato di bilancio atteso, stimato dall’analista. Il pregio di tale logica è quello di essere prospettica (forward-looking), ma il difetto è di utilizzare dati stimati, che potrebbero rivelarsi ex-post molto diversi dalla realtà. Una modalità per attenuare questo difetto è quella di utilizzare stime di consenso degli analisti finanziari, ossia i dati medi di più analisti raccolti attraverso survey. Tali indicatori possono essere utilizzati: 1. come “moltiplicatori” utili per definire il fair value di un’azione, partendo dai dati contabili dell’impresa e dal multiplo utilizzato dal mercato per società comparabili; 2. come “indicatori diretti” basati sul raffronto fra multipli stimati e multipli di mercato; 3. come “indicatori di confronto” mettendo in relazione il multiplo di un’azione con quello del settore di riferimento e fra settori produttivi. I principali indicatori di analisi fondamentale sono: Price/Earning (P/E), talvolta definito come rapporto Prezzo/Utile netto per azione (P/U); Price/Adjusted Earning (P/AE); Price/Cash Flow (P/CF); Price/Sales (P/S); Dividend Yield (DY); Market-to-book ratio (M/BV); Market-to-Replacement value (P/NAV); Enterprise Value/Margine Operativo lordo (EV/EBITDA); Enterprise Value/Reddito Operativo (EV/EBIT). Price Earning Il price/earning, noto anche con l’acronimo di P/E, è il rapporto fra prezzo di mercato e utile netto per azione. Esso rappresenta il multiplo che il mercato utilizza per stabilire il prezzo di un’azione, dato il suo utile netto per azione. L’utilizzo del P/E, così come gli altri indicatori di analisi fondamentale, si basa sul raffronto fra: 1. un dato contabile dell’impresa (Earning per share o EPS) e il multiplo utilizzato dal mercato per società comparabili; 2. multiplo stimato e multiplo di mercato; 3. il multiplo di un’azione e quello del settore di riferimento (peer group). In base al primo utilizzo, la logica dei multipli è che il prezzo delle azioni derivi dal prodotto di due leve: - una leva a disposizione delle società, che massimizzando i propri “fondamentali”, può far crescere il prezzo dell’azione; Economia del Mercato Mobiliare 7 Pierpaolo Ferrari - una leva a disposizione del mercato, che fissa il multiplo attraverso il quale definire il prezzo di un’azione. Ad esempio, ragionando sul P/E, il prezzo di un’azione può essere visto come: Prezzo azioneJ = EPSJ x P/E = EJ x P/E Esempio: Se il Price Earning del settore automobilistico è pari a 21, allora: - un’impresa con un P/E inferiore a 21 potrebbe essere sottovalutata (o, in alternativa, peggiore rispetto alla media dei settore); - un’impresa con un P/E superiore a 21 potrebbe essere sopravvalutata (o, in alternativa, migliore rispetto alla media dei settore). Mediamente quindi nel comparto automobilistico il prezzo di un’azione è dato da: Prezzo=E*21 Come si spiega allora che Peugeot ha un rapporto prezzo utili di 17 e BMW un rapporto di 23? Perché il mercato per due imprese operanti nello stesso comparto produttivo utilizza moltiplicatori diversi? Ci sono due possibili spiegazioni: 1. o in base ai fondamentali BMW è meglio di Peugeot, perché ad esempio, ha una redditività più elevata, ha un minor indebitamento e, più in generale, ha migliori equilibri gestionali, 2. oppure, dall’analisi del PE si deve desumere che Peugeot è sottovalutata e BMW è sopravvaluata. Quindi le attese sulle variazioni del prezzo delle due azioni sono: buy per Peugeot e sell per BMW. Si pensi a due ulteriori imprese automobilistiche con P/E rispettivamente di 38 e 9. L’acquisto della prima azione con P/E pari a 38 dà vita ad un investimento rischiosissimo: o quell’impresa è “il gioiello” del settore in base ai propri fondamentali oppure il titolo è stato oggetto di una sorta di bolla speculativa che ha fatto lievitare i prezzi in modo eccessivo. L’acquisto della seconda azione con P/E pari a 9 potrebbe rappresentare una buona opportunità di investimento: o quell’impresa è “il bidone” del settore in base ai propri fondamentali oppure il titolo è momentaneamente sottovalutato dal mercato. La seconda logica di utilizzo prevede il confronto fra il P/E stimato e il P/E effettivo: P/E stimato  1 → acquisto P/E effettivo P/E stimato  1 → vendita P/E effettivo La terza logica di utilizzo prevede il confronto fra il P/E effettivo del titolo e il P/E effettivo del settore: P/E titolo  P/E settore → acquisto P/E titolo  P/E settore →vendita a meno che le caratteristiche economiche, patrimoniali e finanziarie della società giustifichino una differenza rispetto alla media di settore. Il P/E rappresenta il più importante indicatore di analisi fondamentale e, di fatto, rappresenta uno degli strumenti più utilizzati in ambito internazionale dagli analisti equity. I pregi legati a questo indice sono: è di facile interpretazione, perché costituisce il multiplo che il mercato utilizza per stabilire il prezzo dato l’utile netto per azione. elevata diffusione fra operatori domestici e internazionali. I difetti che questo indice presenta sono i seguenti: confronta un dato di mercato con uno contabile; sfasamento temporale tra i due dati, perché al numeratore c’è sempre un valore corrente mentre al denominatore può esserci un dato storico oppure previsionale; quando si calcola su dati storici trascura le prospettive di crescita degli utili; vi sono enormi differenze tra P/E di paesi diversi che si riferiscono al medesimo peer group; se una società è in perdita, il P/E non è significativo. Economia del Mercato Mobiliare 8 Pierpaolo Ferrari Price/Adjusted Earning Il Price/Adjusted Earning è il rapporto fra prezzo di mercato e utile netto per azione rettificato. Le rettifiche dell’utile variano da settore a settore. Le più comuni riguardano l’eliminazione dei proventi e dei costi straordinari o l’eliminazione degli effetti di accantonamenti e utilizzi di fondi che rappresentano riserve utili. Ogni rettifica deve tener conto dell’effetto fiscale che essa produce sul conto economico della società. Price/Cash Flow Il Price/Cash flow è dato dal rapporto fra il prezzo di mercato e l’utile netto per azione maggiorato degli ammortamenti per azione. La quantità posta a denominatore del rapporto viene impropriamente chiamata “cash flow”, sottolineando l’intento di questo indice di ragionare in termini di flussi di cassa, anziché di puri redditi contabili. Il rapporto P/CF permette infatti di prescindere dalle politiche di ammortamento adottate dalle singole società e si rivela assai utile sia per imprese industriali in cui il peso delle immobilizzazioni assuma un ruolo preminente sia nell’effettuazione di confronti internazionali per superare i diversi criteri contabili di imputazione della quota parte di costo relativa alle immobilizzazioni stesse. Price/Sales Il Price/Sales è dato dal rapporto fra il prezzo di mercato e il fatturato per azione. La quantità posta a denominatore del rapporto ha il pregio di non risentire di politiche di bilancio né di criteri di valutazione potenzialmente differenti. Dividend Yield E’ il rapporto fra il dividendo (passato o annunciato) e il prezzo di mercato di un’azione. Può essere paragonato al tasso di rendimento immediato dell’obbligazione (TRI). I pregi dell’indice sono i seguenti: facile interpretazione: esprime infatti il dividendo in termini percentuali rispetto al prezzo di mercato; ragiona in termini di flussi di cassa e non reddituali (in teoria una società che distribuisce dividendi non produce utili “fasulli”). I difetti del DY sono i seguenti: trascura capital gain e capital loss e quindi, analogamente al TRI delle obbligazioni, è un indice di redditività parziale che non dovrebbe permettere una decisione razionale sull’opportunità dell’investimento azionario; c’è sfasamento temporale tra i dati (storico o previsionale al numeratore, di mercato al denominatore); non tiene conto della tendenza della società di mantenere costanti i dividendi erogati; se la società non paga dividendi, il DY non può essere calcolato. Benché rappresenti un indice di redditività parziale e a rigore non in grado di supportare razionalmente un processo di investimento in azioni, il DY sta assumendo negli ultimi anni un’importanza crescente in ambito internazionale, soprattutto per effetto del presupposto che se i dividendi sono una quota parte degli utili correnti, una società con elevati dividendi evidenzia la presenza di utili effettivamente realizzati e non di utili fittizi, esito di politiche di bilancio (più o meno lecite). Nel 1991 l’analista Richard O’ Higgins ha elaborato una particolare strategia di stock picking definita come Dogs-of-the-Dow: tale strategia consiste nel selezionare ogni anno fra i 30 titoli del Dow Jones Industrial Average i soli 10 che presentano il dividend yield più elevato e nel ricomporre il portafoglio una sola volta l’anno successivo, per tener conto degli eventuali mutamenti intervenuti nella classifica dei 10 titoli con maggior DY. La realizzazione di questa strategia sul mercato azionario statunitense – per quanto priva di un fondamento puramente razionale - ha mostrato come il portafoglio dogs-of-the-dow abbia sovraperformato l’indice DJIA per la maggior parte degli anni considerati. Per ulteriori approfondimenti, si veda: www.dogsofthedow.com. _______________________________________________________________________________________________ Approfondimento: l’impatto della distribuzione dei dividendi sui prezzi delle azioni CdA con annuncio Assemblea che delibera Data di Data di utili di esercizio e l’approvazione del bilancio stacco del pagamento proposta di e la distribuzione del dividendo del dividendo dividendo dividendo Economia del Mercato Mobiliare 9 Pierpaolo Ferrari Su tutti i mercati regolamentati la quotazione delle azioni è sempre tel quel: i prezzi incorporano quindi i diritti in corso di maturazione, a differenza dei titoli obbligazionari, le cui quotazioni sono sempre al corso secco. Sino al Consiglio di amministrazione che approva l’utile e formula la proposta di dividendo, il mercato quota l’azione sulla base degli utili attesi e dei dividendi attesi. 1. Da che cosa dipendono utili attesi e dividendi attesi? 2. Da che cosa dipende il fatto che nel giorno di annuncio degli utili e della proposta di dividendo il prezzo dell’azione salga o scenda? 3. Che cosa succede il giorno dell’assemblea degli azionisti che approva il bilancio e la proposta di distribuzione degli utili? 4. Che cosa accade sino al giorno di “stacco cedola”? 5. Che cosa succede il giorno di “stacco cedola”? 6. Quando il dividendo staccato viene effettivamente pagato? ________________________________________________________________________________________________ Economia del Mercato Mobiliare 10 Pierpaolo Ferrari Market-to-book ratio Il market-to-book ratio, noto anche come price-book value, mette a rapporto la capitalizzazione di mercato di una società (prezzo di mercato per il numero di azioni complessive) e il valore del suo patrimonio netto contabile o, in alternativa, ragionando su valori unitari, il prezzo di mercato con il valore contabile di un’azione. Ci possono essere tre situazioni: 1. se il market-to-book ratio > 1, il numeratore è maggiore del denominatore ossia il prezzo di mercato è maggiore del valore contabile dell’azione; 2. se il market-to-book ratio = 1 la società è vale quanto i mezzi propri. 3. se market-to-book ratio < 1 il mercato valuta la società meno del proprio patrimonio netto contabile. Solitamente il valore assunto dall’indice è > 1 per via dell’avviamento determinato dal funzionamento dell’impresa stessa. Tuttavia ci sono diverse società con market-to-book ratio inferiori a 1 per via di storie reddituali negative e/o di prospettive economiche future incerte. Market-to-replacement value Un indicatore che permette di colmare il principale difetto del market-to-book ratio (ragionare su dati contabili) è il market-to- replacement value, noto anche come Q ratio di Tobin e come Prezzo/NAV, dove per NAV si intende il net asset value. E’ il rapporto tra la capitalizzazione di mercato della società e il valore di sostituzione degli “asset” (valore di mercato dei singoli cespiti, al netto delle passività). Ragionando sulla singola azione, tale indicatore è dato dal rapporto fra il prezzo di mercato e il valore di sostituzione degli asset riferito ad una singola azione. Se Q ratio < 1, la capitalizzazione di borsa è minore del valore di sostituzione degli asset: in teoria quindi c’è possibilità di trarre profitto dalla realizzazione di un’acquisizione (take over) ostile della società e dalla successiva rivendita dei suoi asset a valore di mercato, ossia può essere vantaggioso comperare la società per realizzarne il “break-up”, vale a dire lo smembramento. La differenza sostanziale con il market to book ratio è il denominatore: nel market-to-replacement value gli asset sono valutati al valore di mercato e non al loro valore contabile, come nel M/BV. Solitamente le società con P/NAV < 1 sono società o partecipate dallo stato oppure di proprietà familiare e quindi le azioni circolanti sul mercato non consentono la realizzazione di “take over” ostili. Enterprise Value/Margine Operativo lordo Tale multiplo mette a confronto il valore della società nel suo insieme (EV) con il margine operativo lordo (EBITDA). Il numeratore è dato dalla somma della capitalizzazione di mercato dell’equity e del valore di mercato del debito, al netto della liquidità: in sostanza, quindi, l’EV è pari al valore di mercato del capitale azionario maggiorato della posizione finanziaria netta (valore del debito meno la liquidità). Il denominatore è pari all’Earning Before Interests, Taxes, Depreciations and Amortizations, che corrisponde al Margine Operativo Lordo. Esso rappresenta il multiplo che il mercato utilizza per stabilire il valore complessivo di un’impresa (EV), dato il suo margine operativo lordo (EBITDA). I multipli costruiti utilizzando grandezze contabili più influenzate da politiche di bilancio e fiscali sono soggetti al rischio di distorsione e possono condurre a risultati fuorvianti. Per questa ragione, nella prassi si ricorre a multipli calcolati con poste meno discrezionali, come il rapporto EV/EBITDA, che in un confronto internazionale attenuano il problema della diversa tassazione e allo stesso tempo riducono la distorsione derivante dalle diverse politiche di ammortamento. Enterprise Value/Reddito Operativo Tale multiplo mette a confronto il valore della società nel suo insieme (EV) con il reddito operativo (EBIT). Il numeratore è dato dalla somma della capitalizzazione di mercato dell’equity e del valore di mercato del debito, al netto della liquidità: in sostanza, quindi, l’EV è pari al valore di mercato del capitale azionario maggiorato della posizione finanziaria netta (valore del debito meno la liquidità). Il denominatore è pari all’Earning Before Interests and Taxes, che corrisponde al Reddito Operativo. Esso rappresenta il multiplo che il mercato utilizza per stabilire il valore complessivo di un’impresa (EV), dato il suo reddito operativo (EBIT). Tale multiplo permette di individuare il valore complessivo di una società, prescindendo dalla sua struttura finanziaria. Esistono poi altri multipli che godono di una minore diffusione e sono applicati con esclusivo riferimento a imprese operanti in particolari comparti produttivi. Economia del Mercato Mobiliare 11 Pierpaolo Ferrari Le tabelle del Sole 24 Ore sulle azioni Data di stacco del dividendo. Da essa è possibile desumere se la società non ha distribuito dividendi da un certo numero di anni. Ammontare del dividendo lordo distribuito o annunciato ufficialmente. Capitalizzazione della società, intesa come prodotto fra il numero di azioni e il prezzo ufficiale. Tramite questo valore è possibile ricavare il numero delle azioni di ogni società. Principali indicatori di analisi fondamentale: Price/Earning; Market-to-Book ratio; Dividend yield. Essi sono calcolati in versione “trailing”, ponendo quindi a confronto il prezzo di mercato con l’ultimo dato storico. Controvalore di negoziazione dell’ultima seduta, diviso 1000. Quantità di azioni scambiate nell’ultima seduta, diviso 1000. Numero dei contratti conclusi nell’ultima seduta. Prezzo minimo e massimo registrato nell’ultima seduta. In grassetto quando corrisponde al minimo o massimo del biennio. Prezzo di apertura dell’azione fissato in fase di asta di apertura. Prezzo ufficiale, corrispondente alla media ponderata dei prezzi fatti in fase negoziazione continua. Variazione % del prezzo di riferimento rispetto all’ultimo giorno di borsa aperta dell’anno precedente. Il valore è in grassetto quando il titolo non era ancora quotato nell’ultimo giorno dell’anno precedente. Variazione % del prezzo di riferimento fra le due sedute. Il prezzo di chiusura (o di riferimento) della precedente seduta. Il prezzo di riferimento (o di chiusura) dell’ultima seduta che, in base al nuovo regolamento del MTA, corrisponde al prezzo dell’asta di chiusura. Nome dell’emittente delle azioni. La quarta colonna riporta il numero medio di azioni scambiate negli ultimi 30 giorni, diviso 1000. Tale dato, valutato assieme al prezzo medio, permette di desumere il volume di negoziazioni e la liquidità dell’azione La terza colonna indica il prezzo medio registrato dall’azione negli ultimi 30 giorni. Il confronto fra il prezzo corrente e tale valore consente di calcolare il “momentum” del titolo e desumerne il trend rialzista o ribassista. Le prime due colonne indicano la quotazione minima e massima registrata dall’azione a partire dal primo giorno di borsa aperta del biennio preso a riferimento. L’eventuale valore in grassetto indica che il minimo o il massimo è stato registrato nel corso dell’ultima seduta. Economia del Mercato Mobiliare 12 Pierpaolo Ferrari Economia del Mercato Mobiliare 13 Pierpaolo Ferrari 2.2.2. Metodi di valutazione impiegati dagli analisti fondamentali In generale i modelli di valutazione delle azioni impiegati in campo finanziario possono essere ricondotti a tre tipologie: 1) Metodi fìnanziari: in base a questa categoria di modelli, il valore di un’impresa è dato dal valore attuale dei flussi di cassa che l’impresa sarà in grado di produrre in futuro. I metodi economici (in ambito internazionale) sono una sottoclasse di questa categoria, da impiegare quando la stima dei flussi economici futuri sia più semplice e più attendibile della stima dei flussi di cassa. 2) Metodi patrimoniali: il valore di una impresa può essere ottenuto valutando i singoli cespiti patrimoniali a prezzi di mercato. 3) Metodo dei moltiplicatori: il valore di una impresa deve essere in linea con il valore di imprese ad essa comparabili. Dall’utilizzo di moltiplicatori relativi a società comparabili è possibile dedurre il valore dell’impresa oggetto di valutazione. Di fatto tutte e tre le categorie di modelli sono concretamente utilizzate in economia del mercato mobiliare, anche se due soltanto trovano piena applicazione: quella dei metodi finanziari (e in particolare dei così detti “dividend discount model”) e quella del metodo dei multipli. I metodi patrimoniali sono utilizzati limitatamente all’impiego degli indicatori market-to-book ratio e market- to-replacement value. I metodi finanziari In base ai metodi fìnanziari, il valore di un’impresa è dato dal valore attuale dei flussi di cassa che l’impresa sarà in grado di produrre in futuro. I metodi economici (in ambito internazionale) sono una sottoclasse di questa categoria, da impiegare quando la stima dei flussi economici futuri sia più semplice e più attendibile della stima dei flussi di cassa. I Dividend discount model Uno dei metodi finanziari più diffusi per la valutazione delle azioni è rappresentato dai così detti Dividend discount model (DDM), in base ai quali il prezzo corrente di un’azione è pari al valore attuale del flusso di dividendi futuri cui il titolo dà diritto. Economia del Mercato Mobiliare 14 Pierpaolo Ferrari Economia del Mercato Mobiliare 15 Pierpaolo Ferrari Economia del Mercato Mobiliare 16 Pierpaolo Ferrari Economia del Mercato Mobiliare 17 Pierpaolo Ferrari Nel caso di una strategia speculativa al rialzo, lo speculatore ha un’aspettativa di aumento del prezzo del titolo A. Di conseguenza, il trader imposta una strategia di bullish trading basata sulle seguenti fasi: 1. prende a prestito denaro al tasso i; 2. acquista il titolo A, confidando che il prezzo salga; 3. aspetta; 4. comunque vende, tutelandosi da un’eventuale perdita attraverso l’inserimento, già al momento dell’acquisto, di un ordine di stop loss, in forza del quale se il prezzo scende oltre una certa soglia (trigger price) il titolo va venduto; 5. una volta realizzata la vendita con il ricavato estingue il finanziamento. Nel caso di una strategia speculativa al ribasso, lo speculatore ha un’aspettativa di riduzione del prezzo del titolo B. Di conseguenza, il trader imposta una strategia di bearish trading basata sulle seguenti fasi: 1. prende a prestito il titolo B al tasso r attraverso un’operazione di securities lending; 2. vende il titolo B, confidando che il prezzo scenda; 3. aspetta; 4. comunque acquista, tutelandosi da un’eventuale perdita attraverso l’inserimento, già al momento della vendita, di un ordine di stop buy, in forza del quale se il prezzo sale oltre una certa soglia (trigger price) il titolo va acquistato; 5. una volta realizzato l’acquisto, estingue il prestito titoli. In entrambi i casi, tenuto conto dei costi di transazione e degli oneri fiscali, se: (prezzo di acquisto + interessi passivi) < prezzo di vendita Profit altrimenti Loss Economia del Mercato Mobiliare 18 Pierpaolo Ferrari Le versioni più evolute di DDM g DDM a 3 stadi DDM a 2 stadi DDM versione H tempo DDM a 2 stadi: D0  (1 + g1 ) t D0  (1 + g1 ) n  (1 + g 2 ) n P0 =  t =1 (1 + i ) t + (i − g 2 )  (1 + i ) n DDM a 3 stadi: D0  (1 + g a ) t Dt −1  (1 + g t ) Db  (1 + g b ) a b P0 =  t =1 (1 + i ) t +  t =a +1 (1 + i ) t + (1 + i ) b  (i − g b ) DDM versione H: D0 P0 =  [(1 + g n ) + H  ( g a − g n )] i − gn Economia del Mercato Mobiliare 19 Pierpaolo Ferrari Utilizzo congiunto di P/E e DDM Economia del Mercato Mobiliare 20 Pierpaolo Ferrari Economia del Mercato Mobiliare 21 Pierpaolo Ferrari La valutazione delle azioni: una visione di insieme Il livello dei dividendi è deliberato dall’assemblea in funzione dei risultati economici conseguiti, sebbene le società tendano a definire politiche di stabilizzazione dei dividendi in termini di: - costanza del loro valore assoluto; - costanza del tasso di crescita annuo. D0 ·(1+g) D1 P0 = i − ROE  (1 − b) i=Rf +  ·(Rm-Rf) Per la stima del tasso di attualizzazione corretto per il Il Roe dell’impresa deve essere stimato dall’analista, rischio è possibile impiegare il C.A.P.M. in cui gli input partendo dai risultati storici e identificando quali sono: sono le principali variabili che influenzano la - il tasso risk free, approssimato in questo caso dal redditività futura dell’impresa considerata. rendimento sui titoli di Stato a media-lunga Spesso gli analisti utilizzano disaggregazioni del Roe, scadenza del paese in cui ha sede la società; che tengono conto dei singoli fattori che - il Beta del titolo, che esprime il livello di rischio contribuiscono a determinare quel risultato. sistematico dello stesso. Può essere facilmente Per le imprese non finanziarie è molto frequente ottenuto partendo da dati storici su un orizzonte di l’utilizzo delle così dette formule Du Pont in forza 3 o 5 anni, considerando i rendimenti storici del delle quali il Roe può essere scritto in uno dei due titolo e del portafoglio di mercato (in pratica un modi seguenti: indice azionario espressivo del mercato su cui l’azione è quotata). Il beta storico così ottenuto può Roe= Roa*L essere “corretto” secondo la procedura di Merrill [formula Du Pont a 2 livelli] Lynch (Beta storico*2/3 + 1*1/3), in modo da dove: ottenere il Beta rettificato; Roa=RN/TA - il rendimento del portafoglio di mercato, che è nella L=TA/MP pratica il rendimento dell’indice azionario espressivo del mercato su cui è quotata l’azione considerata. oppure: Spesso, in alternativa alla stima di (Rm-Rf), si utilizza un premio per il rischio genericamente TA FATT. R.OPER R.A.I. RN Roe =     richiesto dal mercato su un orizzonte temporale MP TA FATT. R.OPER. R.A.I. medio-lungo, compreso fra il 4-8%, a seconda del [formula Du Pont a 5 livelli] momento storico, del paese e della valuta. Economia del Mercato Mobiliare 22 Pierpaolo Ferrari Azioni growth e azioni value L’analisi dei fondamentali permette di distinguere azioni “value” e azioni “growth”, distinzione che è alla base di due strategie di investimento alternative. I titoli “value” sono azioni di imprese operanti in settori tradizionali, con un livello di crescita attesa ormai ridotto, ma con buoni fondamentali di bilancio. L’obiettivo di un gestore che si ispira alla filosofia “value” è cercare imprese con basso P/E e basso P/BV, con l’obiettivo di pagarle il meno possibile. E’ fondamentale, nell’ambito di questa strategia, la capacità di distinguere – fra le azioni che hanno bassi P/E e bassi P/BV – i titoli sottovalutati da quelli di imprese peggiori del settore. I titoli “growth” sono azioni di imprese operanti in settori innovativi, con potenzialità di crescita molto forti. Si tratta di titoli con una volatilità solitamente molto elevata come elevati sono i rispettivi P/E e P/BV. I gestori “growth” si focalizzano su quelle azioni che hanno già realizzato una significativa crescita dei prezzi e che si suppone potranno crescere ancora. Per tale motivo le azioni vengono pagate di più (in termini di P/E e di P/BV) rispetto a quelle mediamente acquistate da un gestore “value”. E’ fondamentale nell’ambito di questa strategia la capacità di distinguere fra – fra le azioni che hanno alti P/E e alti P/BV – i titoli migliori rispetto alla media di settore dai titoli sopravvalutati. Azioni large, small e medium cap In funzione della capitalizzazione delle società è possibile distinguere le azioni in tre categorie: - azioni di società con capitalizzazione rilevante (large-cap), - azioni di società con capitalizzazione media (medium-cap) - azioni di società con capitalizzazione ridotta (small-cap). Dalla combinazione fra: - l’investimento in azioni “value”, in azioni “growth” o in azioni con caratteristiche miste fra value e growth (così dette azioni “blend”), - e l’investimento in azioni large, medium e small cap, derivano 9 possibili strategie di investimento alternative caratterizzate da combinazioni rischio-rendimento piuttosto diverse e crescenti via via che si passa verso azioni growth e verso azioni small cap. Value Blend Growth Large Medium Small Economia del Mercato Mobiliare 23 Pierpaolo Ferrari Il metodo dei moltiplicatori In base metodo dei multipli, il valore di un’impresa viene desunto da rapporti fondati sugli effettivi valori di mercato di società comparabili. Dal punto di vista metodologico, il metodo prevede queste 4 fasi successive: 1. scelta delle società comparabili; 2. scelta dei moltiplicatori e loro calcolo; 3. calcolo dei multipli medi delle società facenti parte del gruppo selezionato; 4. valutazione dell’impresa. La scelta delle società comparabili La prima fase di applicazione pratica del metodo dei multipli si basa sull’individuazione di società quotate operanti nello stesso settore produttivo di quella oggetto di valutazione e con caratteristiche dimensionali, economiche, finanziarie e patrimoniali analoghe a quelle della società oggetto di valutazione. Scelta dei moltiplicatori La scelta dei multipli, che costituisce la seconda fase del metodo in esame, può riguardare: - multipli equity based - multipli asset (o entity) based Nel primo caso l’applicazione del metodo consente di determinare in via diretta il valore del capitale azionario dell’impresa. Nel secondo caso l’applicazione del metodo permette di determinare direttamente l’entity (o asset) value dell’impresa, cioè la somma del valore del capitale azionario e del valore dei debiti. I principali multipli equity based sono: P/E; P/AE; P/CF; P/BV; P/SALES Tramite questi multipli si perviene direttamente al valore del capitale azionario. I principali multipli asset (o entity) based sono: EV/EBIT; EV/EBITDA; EV/SALES; EV/CUSTOMERS; EV/ACCOUNTS; EV/CABLED MILES, ecc. Tramite questi multipli si giunge al valore dell’impresa nel suo insieme (enterprise value o asset value o entity value, somma del valore di mercato del capitale azionario e dei debiti). Per calcolare il valore del solo capitale azionario, è necessario sottrarre al valore complessivo dell’impresa (enterprise value o EV) il valore dei debiti (o posizione finanziaria netta). Calcolo dei multipli medi delle società selezionate e valutazione dell’impresa La terza e la quarta fase si basano semplicemente sul calcolo del valore medio (più raramente della mediana) dei multipli relativi al campione selezionato e, dato questo valore medio (o mediano), sul calcolo del valore dell’azione dell’impresa oggetto di valutazione. ________________________________________________________________________________ Stato patrimoniale “a prezzi di mercato”: Struttura di conto economico rielaborato: Valore della produzione - Costi per utilizzo materie prime - Costi per servizi Totale debiti a ________________________ Totale delle attività valore di mercato Valore aggiunto - Costo del lavoro valutate a prezzi di ________________________ mercato Margine operativo lordo (EBITDA) - Ammortamenti Capitale netto ________________________ a prezzo di mercato Reddito operativo (EBIT) - Oneri finanziari/+ Proventi finanziari - Oneri straordinari/+ Proventi straordinari - Imposte ________________________ Enterprise value Enterprise value Reddito netto (Net Earning o E) Economia del Mercato Mobiliare 24 Pierpaolo Ferrari Valutazione della società INTERPUMP in base al metodo dei moltiplicatori Interpump è una società quotata all’MTA che si occupa della produzione di apparecchiature meccaniche, elettriche, elettromeccaniche e robotiche. A una certa data, Interpump presenta i seguenti fondamentali: Net Earnings: 19.016.000 euro EBITDA: 81.575.000 euro Debiti: 187.941.000 euro N° azioni: 81.980.000 Prezzo di mercato: 4,3 euro (1) Scelta delle società comparabili Si tratta di individuare 6-10 società (in alcuni casi, come questo, data la difficoltà di trovare società comparabili, ci si può accontentare di molte meno società) con caratteristiche economiche, finanziarie, patrimoniali e dimensionali analoghe a quelle dell’impresa oggetto di valutazione. (2) Scelta dei multipli e calcolo Ipotizziamo di assumere un multiplo equity based e uno entity (o asset based): P/E e EV/EBITDA P/E EV/EBITDA Società A 18,24x 5,75x Società B 20,16x 6,51x Società C 19,26x 7,39x … (3) Calcolo del valore medio dei multipli P/E EV/EBITDA Media “comparables” 19,22x 6,55x Possibili varianti con campioni ampi: a) si calcola la mediana, anziché la media; b) si eliminano il valore minimo e massimo di ciascun multiplo. (4) Valutazione di Interpump P/E medio società comparabili= 19,22x EVInterpump = 81.575.000x6,55=534.316.000 PInterpump = EInterpump x19,22 EVInterpump = Equity valueInterpump + Debt valueInterpump EInterpump=19.016.000/81.980.000=0,232 euro Debt valueInterpump=187.941.000 euro PInterpump = 0,232 x 19,22=4,45904 euro Equity valueInterpump = EVInterpump - Debt valueInterpump Valore intrinseco stimato in base ai multipli equity Equity valueInterpump = 534.316.000 - 187.941.000 = based di settore 346.375.000 euro ________________________________________ EV/EBITDA medio società comparabili= 6,55x PInterpump= Equity valueInterpump /N° azioni =346.375.000 euro/81.980.000=4,2251 euro EVInterpump = EBITDAInterpump x6,55 Valore intrinseco stimato in base ai multipli asset based EBITDAInterpump=81.575.000 di settore Economia del Mercato Mobiliare 25 Pierpaolo Ferrari 2.3 Analisi tecnica (cenni) L’analisi tecnica comprende un insieme di tecniche statistiche basate su elaborazioni di serie storiche di prezzi e volumi volte a individuare il momento più opportuno per operare in borsa in funzione della tendenza del mercato. I tre elementi chiave alla base dell’analisi tecnica sono: l’andamento del mercato sconta qualunque evento; i prezzi seguono dei trend ricorrenti; la storia si ripete. L’ipotesi sottostante a tale tecnica è infatti che il mercato presenti alcuni movimenti standard che tendono a ripetersi al manifestarsi di certe circostanze: ciò in quanto il comportamento degli operatori si mantiene assolutamente costante di fronte a situazioni simili. Studiando quindi l’andamento storico del mercato, è possibile identificare alcuni punti di inversione del ciclo di borsa che verosimilmente – secondo l’analista tecnico – tenderanno a ripetersi in futuro. Per originare segnali di acquisto e di vendita, l’analisi tecnica utilizza due categorie di strumenti: l’analisi grafica; l’analisi quantitativa (o algoritmica). L’analisi grafica cerca di predeterminare il potenziale andamento ascendente o discendente del mercato e il corretto timing dell’investimento. L’analisi quantitativa comprende una serie di strumenti, in parte euristici e in parte statistici, che cercano di trarre da serie storiche di dati finanziari utili segnali di comportamento. Per l’analisi tecnica, le fasi di transizione da un trend a un altro sono spesso segnalate da formazioni grafiche ricorrenti, in grado di evidenziare un’inversione di tendenza. In origine, l’analisi tecnica era solo analisi grafica e l’analista tecnico veniva definito chartist. In seguito, con l’avvento dell’analisi quantitativa, la figura del chartist si è evoluta in quella di technician, ossia un analista tecnico che, allo studio dei grafici, abbina una serie di algoritmi di natura quantitativa. Gli indicatori dell’analisi grafica I grafici di supporto all’analisi tecnica e finalizzati all’individuazione del trend possono essere distinti in funzione: dell’unità temporale di riferimento; della tipologia di prezzi e della modalità di rappresentazione. La scelta dell’unità temporale di riferimento dipende principalmente dalla tipologia di attività cui è interessato l’operatore: se si tratta di un day trader o di uno scalper, i grafici saranno concentrati sui prezzi dell’intraday di una certa giornata. Se invece si tratta di position trader, il grafico si baserà su una serie storica di prezzi giornalieri per un periodo complessivo in genere di durata pari a una settimana, un mese, tre mesi o di qualunque altro arco temporale reputato significativo. In merito alla scelta della tipologia di prezzi e della modalità di rappresentazione grafica, è possibile distinguere: grafici lineari (line chart); grafici a barre (bar chart); grafici a candele giapponesi (candlestick chart). I grafici lineari rappresentano la serie storica dei soli prezzi di chiusura, con ciò facendo perdere un’informazione essenziale sul trend, mancando la rappresentazione del prezzo di apertura, del prezzo massimo e del prezzo minimo in ciascuna seduta. I grafici a barre e i grafici a candele rappresentano simultaneamente una pluralità di prezzi, prendendo in considerazione i prezzi di apertura (open price), di chiusura (close price), massimo (high price) e minimo (low price). Nonostante l’informazione più importante sia il prezzo di chiusura, questa seconda tipologia di grafici è preferibile in quanto consente di desumere informazioni aggiuntive legate all’intervallo di prezzi registrati in ogni seduta. I dati forniti da grafici a barre e da grafici a candele sono esattamente le stesse, ma cambia il modo di rappresentarle. Economia del Mercato Mobiliare 26 Pierpaolo Ferrari GRAFICO A BARRE GRAFICO A CANDELA In tutte le tipologie di grafici, i volumi sono visualizzati mediante istogrammi al di sotto della zona dei prezzi. Ciascun istogramma corrisponde ai volumi scambiati nel periodo rappresentato dalla singola barra o candela. Nel caso di frequenza giornaliera i volumi sono gli scambi giornalieri, mentre nei grafici intraday sono gli scambi nell’unità temporale scelta. I volumi costituiscono un’importante conferma del movimento del prezzo, in quanto rappresentano la dimensione della partecipazione al mercato. In particolare, i trend rialzisti, per essere validati, devono sempre essere accompagnati da volumi elevati. Nuovi massimi di prezzo con volumi in contrazione rispetto ai giorni precedenti sono espressione di una certa debolezza del trend rialzista, che potrebbe lasciare spazio a un’inversione di tendenza. Economia del Mercato Mobiliare 27 Pierpaolo Ferrari Quando si analizza un grafico, il primo passo da compiere è identificare il trend del titolo. Osservando la direzione della tendenza, si definisce trend rialzista una fase di mercato caratterizzata da massimi e minimi crescenti, in cui si registra un sostanziale aumento dei prezzi per effetto della domanda sul titolo che prevale sull’offerta. La costruzione di una trendline rialzista si ottiene congiungendo i punti di minimo crescenti con una retta inclinata positivamente. Si definisce invece trend ribassista una fase di mercato caratterizzata da massimi e minimi decrescenti, in cui si registra una sostanziale riduzione dei prezzi, per effetto dell’offerta che prevale sulla domanda. La costruzione di una trendline ribassista si ottiene congiungendo i punti di massimo decrescenti con una retta inclinata negativamente. Sono invece definiti movimenti laterali quelle fasi in cui i prezzi si muovono orizzontalmente, senza manifestare un chiaro andamento rialzista o ribassista: si tratta di fasi di incertezza destinate a permanere sino a che non prevalga la domanda o l’offerta. Per valutare l’affidabilità di una trendline è uso verificare il numero di punti su cui la retta poggia, che deve essere almeno pari a tre, e l’inclinazione da essa assunta. Sotto quest’ultimo profilo, più è inclinata la trendline, più è probabile che il trend in atto sia destinato a rallentare o a invertirsi. Le trendline accompagnano la salita o la discesa dei prezzi e costituiscono uno strumento di analisi per individuare i livelli di prezzo in cui si potrebbe verificare un cambiamento di tendenza. Per esempio, il perforamento verso il basso della trendline rialzista da parte del prezzo è un possibile segnale di inversione ribassista. Al contrario, il perforamento verso l’alto di una trendline ribassista da parte del prezzo è un possibile segnale di inversione rialzista. Ci potrebbero essere sforamenti temporanei dei prezzi dalle trendline: un modo per mitigare i falsi segnali di questo tipo è attendere, per conferma, due o tre unità temporali oltre lo sforamento prima di assumere decisioni operative. Dalla rappresentazione grafica così ottenuta, è poi possibile cogliere due ulteriori informazioni chiave: i livelli di resistenza e di supporto. La resistenza riguarda i trend rialzisti e indica il livello di prezzo (o l’intervallo di prezzi) in corrispondenza del quale il trend in corso al rialzo dovrebbe cessare. Il supporto riguarda i trend ribassisti e indica il livello di prezzo (o l’intervallo di prezzi) in corrispondenza del quale il trend in corso al ribasso dovrebbe cessare. La resistenza indica il punto di massimo che storicamente l’azione tende a non superare, ossia un determinato livello in corrispondenza del quale i prezzi sono stati respinti più volte. Una resistenza sarà tanto più affidabile quante più volte è stata toccata nel passato, costituendo un effettivo ostacolo alla crescita del prezzo del titolo. Un ulteriore elemento di significatività è rappresentato dai volumi: tanto più sono stati elevati a quel livello, maggiore sarà l’affidabilità della resistenza stessa. La conferma di una resistenza (e il non superamento della stessa) andrebbe letto come un segnale di vendita, legato al fatto che il trend rialzista è cessato. Il perforamento (breakout) della resistenza, invece, sarebbe un segnale rialzista e andrebbe letto come un’indicazione di acquisto. Il supporto indica il punto di minimo che storicamente l’azione tende a non superare, ossia un determinato livello in corrispondenza del quale i prezzi sono stati respinti più volte. Un supporto sarà tanto più affidabile quante più volte è stato toccato nel passato, arrestando effettivamente la caduta del titolo. Un ulteriore elemento di significatività è rappresentato dai volumi: tanto più sono stati elevati a quel livello, maggiore sarà l’affidabilità del supporto. La conferma di un supporto (e il non superamento dello stesso) andrebbe letta come un segnale di acquisto, legato al fatto che il trend ribassista è terminato. Il perforamento (breakout) del supporto, invece, sarebbe un segnale ribassista e andrebbe letto come un’indicazione di vendita. Economia del Mercato Mobiliare 28 Pierpaolo Ferrari Gli indicatori dell’analisi quantitativa Gli indicatori dell’analisi quantitativa elaborano i prezzi e le quantità attraverso un procedimento logico- matematico che porta alla determinazione di dati di sintesi, espressivi dell’opportunità di acquistare o di vendere. Ogni indicatore ha le sue regole interpretative e uno o più parametri da impostare a cura dell’analista, spesso legati alla definizione dell’orizzonte temporale da assumere. Proprio per questo, quando vi è un margine di discrezionalità, dopo l’indicatore è uso indicare fra parentesi l’arco temporale selezionato (o gli archi temporali selezionati, se sono più d’uno). Le medie mobili Uno dei più diffusi indicatori di analisi tecnica è rappresentato dalle medie mobili (moving average), calcolate su un numero finito di dati che viene aggiornato costantemente, eliminando il dato più vecchio e aggiungendo quello più recente. In genere sono medie semplici, ma possono eventualmente essere ponderate o esponenziali per assegnare un peso maggiore ai dati più recenti. I prezzi considerati nel calcolo delle medie mobili sono quelli giornalieri. L’ampiezza del numero di dati varia a seconda del metodo di costruzione, ma spesso sono calcolate a 5, 10, 20, 50, 100 o 200 giorni lavorativi, anche se, come si vedrà più avanti, alcuni indicatori si basano su medie mobili di diversa durata. L’utilizzo delle medie mobili può essere fatto sia per individuare il trend rialzista o ribassista sia per individuare il momento in cui è opportuno acquistare o vendere il titolo. In relazione al trend, la media mobile viene rappresentata nello stesso grafico dei prezzi e assume particolare rilievo osservare la dinamica relativa delle due serie. L’evoluzione pressoché parallela delle due curve di prezzi e medie mobili conferma la forza del movimento in atto. L’incremento dello scarto segnala l’accelerazione del trend. In particolare: - se la media mobile è crescente e se il prezzo si mantiene sempre al di sopra della media mobile, il titolo ha un trend rialzista; - se la media mobile è decrescente e se il prezzo si mantiene sempre al di sotto della media mobile, il titolo ha un trend ribassista. È l’incrocio fra media mobile e curva del prezzo che dà l’indicazione del cambiamento di tendenza. I segnali di acquisto e vendita sono gli stessi delle trendline: le medie mobili, infatti, possono essere considerate delle trendline curvilinee. In particolare, la strategia operativa prevede: - l’acquisto, se la media mobile taglia la curva del prezzo per posizionarsi al di sotto di essa; - la vendita, quando la media mobile taglia la curva del prezzo per posizionarsi al di sopra di essa. La relativa frequenza con cui si determinano falsi segnali impone anche in questo caso cautela nell’accettare i segnali operativi. Il breakout è da ritenersi significativo nel caso in cui raggiunga una certa dimensione e persista per un opportuno periodo di tempo. Talvolta, per ridurre l’impatto di falsi segnali, anziché una sola media mobile, si utilizzano contemporaneamente una media mobile di breve periodo (5, 10 o 20 giorni) e una seconda media mobile riferita a un orizzonte temporale più ampio (50, 100 o 200 giorni) e per questo definita di lungo periodo. Quella di breve periodo serve a individuare il timing dell’eventuale intervento sul mercato, mentre quella di lungo periodo serve a identificare il trend. In questo caso, il segnale operativo deriva dall’incrocio fra le due medie. La moving average convergence/divergence (MACD) In relazione all’utilizzo di due medie mobili, un indicatore che gode di una certa diffusione è il cosiddetto moving average convergence/divergence, noto con l’acronimo di MACD. Tale indicatore è dato dalla differenza fra due medie mobili esponenziali, di durata particolare: MACD = MME(12) – MME(26) dove MME(12) e MME(26) sono le medie mobili esponenziali a 12 e 26 periodi. Esso viene rappresentato in una finestra dedicata, posta sotto al grafico del prezzo. I segnali operativi che si possono trarre derivano dall’incrocio fra le due medie e sono: di acquisto, quando l’indicatore MACD taglia la linea dello zero per posizionarsi sopra di essa; di vendita, quando l’indicatore taglia la linea dello zero posizionandosi sotto di essa. Infatti, ogni volta che vi è un’intersezione della linea dello zero, vi è anche un incrocio delle due medie con cui è stato costruito. Economia del Mercato Mobiliare 29 Pierpaolo Ferrari Il momentum Il momentum rappresenta la variazione dei prezzi in un dato arco temporale ed è calcolato come differenza fra il prezzo all’epoca n e il prezzo di t giorni precedenti: momentum = Pn – Pn-t Con il passare del tempo, alla formulazione precedente, si è preferita quella che esprime il rapporto sui due prezzi, per disporre di una misura standardizzata: momentum = (Pn/Pn-t) × 100 La rappresentazione grafica dell’evoluzione del momentum permette di osservare la dinamica dei prezzi e, in particolare, la loro velocità. Ciò che interessa cogliere è la riduzione di velocità che precede un cambiamento di trend. Un momentum positivo e crescente indica un’accelerazione del trend rialzista. Il suo progressivo appiattimento segnala invece il rallentamento del trend. Al contrario, un momentum negativo e decrescente testimonia un’accelerazione del trend ribassista. Anche in questo caso, il suo appiattimento segnala il rallentamento del trend. Ragionando sul momentum espresso come rapporto, la linea di 100 rappresenta lo spartiacque per la generazione di segnali di acquisto o di vendita. In particolare, i segnali sono di: - acquisto, se il momentum taglia la linea di 100 per posizionarsi al di sopra di essa; - vendita, se il momentum taglia la linea di 100 per posizionarsi al di sotto di essa. Il momentum è spesso utilizzato come indicatore di conferma, in abbinamento ad altri strumenti di analisi. Il relative strenght index (RSI) Il relative strenght index (RSI) deriva dal rapporto fra due medie di variazioni di prezzi, normalizzando il risultato in modo da far sì che il valore dell’indicatore sia compreso all’interno dell’intervallo 0-100. Esso è infatti pari a: RSI = 100 – [100/(1+RS)] dove: RS = media degli incrementi di prezzo degli ultimi n giorni/media dei decrementi di prezzo in valore assoluto degli ultimi n giorni, con n che nella versione originaria era pari a 14, ma talvolta viene ridotto o ampliato a scelta dell’analista tecnico. L’utilizzo dell’indicatore è il seguente: - un valore dell’indice RSI inferiore a 30 indica una zona di “ipervenduto”, ossia una situazione che presto potrebbe dar luogo ad un’inversione rialzista. I prezzi sono scesi troppo e quindi potrebbe essere conveniente acquistare il titolo; - un valore dell’indice RSI superiore a 70 indica una zona di “ipercomprato”, ossia una situazione che presto potrebbe dar luogo ad un’inversione ribassista. I prezzi sono saliti troppo e pertanto potrebbe essere conveniente vendere il titolo. Le ragioni teoriche della limitata utilità dell’analisi tecnica L’efficienza informativa dei mercati esprime la velocità con cui le informazioni vengono incorporate nei prezzi degli strumenti finanziari. Nel 1970 Eugene Fama ha distinto l’efficienza informativa dei mercati finanziari in tre diversi livelli in funzione della tipologia di informazione riflessa nei prezzi: - efficienza in forma debole, quando i prezzi rispecchiano completamente tutte le informazioni disponibili relative ai prezzi passati e alle quantità scambiate. In tale ambito, l’analisi tecnica non sarebbe di ausilio per individuare le future tendenze dei prezzi; - efficienza in forma semi-forte, quando i prezzi incorporano istantaneamente tutte le informazioni disponibili, non solo riferite a prezzi passati e a quantità scambiate in passato, ma anche tutte le altre informazioni disponibili al pubblico che riguardano fattori sistematici e specifici. In tale accezione, sia l’analisi tecnica sia quella fondamentale non sarebbero di ausilio per individuare la tendenza futura dei prezzi azionari; - efficienza in forma forte, che si ha quando i prezzi incorporano tutte le informazioni su una società quotata, comprese quelle riservate e note solo all’interno della stessa. In questa accezione, neppure gli insider trader potrebbero battere il mercato, perché le informazioni di cui essi dispongono sono già incorporate nei prezzi delle azioni. L’efficienza in forma forte implica quella in forma semi-forte, che a sua volta implica quella in forma debole, ma non viceversa. In un mercato efficiente dal punto di vista informativo i prezzi degli strumenti finanziari si muovono in modo casuale e Economia del Mercato Mobiliare 30 Pierpaolo Ferrari imprevedibile, tanto da indurre a descrivere l’andamento dei prezzi con l’espressione “random walk”. L’ipotesi di efficienza dei mercati (efficient market hypothesis o EMH) implica che gli agenti economici non possano predire i prezzi futuri di mercato, poiché shock esterni che si succedono in maniera casuale rendono imprevedibili i cambiamenti dei prezzi futuri. 2.4 Analisi del sentiment Sebbene la rilevanza fondamentale delle aspettative nel definire gli equilibri sui mercati finanziari fosse già nota in economia ai tempi di John Maynard Keynes, per molti decenni l’attenzione a loro dedicata nel mondo operativo è stata minima. Una delle modalità con cui rilevare le aspettative degli operatori, da cui inferire il sentiment sull’evoluzione futura di singoli titoli, interi comparti o mercati, consiste nel raccogliere le previsioni elaborate da un campione di operatori tramite survey. Le stime di consenso raccolte attraverso sondaggi nei confronti degli operatori sono convertite in indici con valori standardizzati e comunicati al mercato con una periodicità prestabilita. Le previsioni così ottenute sono immediatamente interpretabili come previsori dell’andamento futuro dei prezzi cui le stime sono riferite, anche se sulla loro capacità previsiva è forte il contrasto di opinioni fra gli operatori. In ogni caso, i risultati dei sondaggi sulle view degli operatori possono essere considerati indicatori dell’umore e del sentiment prevalenti nel mercato, dati i prezzi correnti. Quando riferiti a questi ultimi, le stime di consenso diventano un barometro del grado di ottimismo o di pessimismo diffuso fra gli operatori, non tanto in assoluto, quanto in relazione alla presente condizione di mercato. A seconda della prospettiva di interpretazione prescelta, si modifica l’implicazione operativa ritraibile dalle stime di consenso elaborate sulla base di sondaggi. Chi le ritiene validi previsori sarà indotto ad assumere posizioni in linea con l’andamento del mercato da esse indicato. Chi le ritiene un solo indicatore del sentiment del mercato troverà più conveniente assumere posizioni in controtendenza rispetto a quanto da esse suggerito. L’eventuale ottimismo rivelato dai sondaggi potrebbe infatti già essere incorporato nei prezzi attuali. Fra i vari indicatori di sentiment diffusi su scala mondiale, uno dei più noti e utilizzati è l’indice PMI – acronimo di purchase manager index – che rappresenta un indice composito dell'attività industriale di un paese, elaborato dalla società IHS Markit e diffuso con cadenza mensile. I paesi coperti da altrettanti indici PMI sono oggi oltre 40 e comprendono sia paesi progrediti sia paesi emergenti. Gli indici PMI vengono realizzati mediante l'elaborazione delle risposte a questionari inviati ai responsabili degli acquisti di numerose imprese. Le indicazioni provenienti da questi manager sono particolarmente rilevanti in quanto essi provvedono ad acquistare materie prime, semilavorati e, in generale, tutto quanto necessario alle loro imprese per produrre. Si tratta quindi di operatori che devono avere sotto controllo anche la situazione dei mercati presso i quali l'azienda stessa si approvvigiona e dei mercati finali di vendita. La survey si basa in particolare sulle risposte riferite a cinque elementi: nuovi ordini, produzione, occupazione, consegne dei fornitori, scorte. A ciascun elemento è attribuito un peso specifico in modo tale da risultare in un indicatore che ha nel valore 50 il confine tra miglioramento (sopra la soglia di 50) e peggioramento (sotto la soglia di 50) delle condizioni del settore industriale. Oltre all'indice composito, sono pubblicati anche i sotto-indici relativi ai settori manifatturiero in senso stretto, servizi, costruzioni e vendite al dettaglio. Attraverso tali sotto-indici è quindi possibile cogliere stime di consenso sull’andamento atteso di specifici comparti produttivi. All’interno dell’Unione Europea, assumono rilevanza anche i seguenti indicatori di sentiment: - l’indice IFO Business Climate della Germania; - gli indici armonizzati sulla fiducia di imprese e consumatori divulgati dalla “Direzione Generale degli affari economici e finanziari” della Commissione Europea. L’indice IFO – acronimo di “information und foschung” – Business Climate viene elaborato dal 1991 attraverso una survey a imprenditori e manager dei settori manifatturieri, delle costruzioni e del commercio all’ingrosso e al dettaglio. Le domande riguardano la situazione attuale dell’economia tedesca e le loro aspettative a sei mesi. L’indice IFO viene pubblicato nella quarta settimana del mese di riferimento e i dati riguardano lo stesso mese in cui l’indagine viene svolta. La misurazione delle aspettative a sei mesi si ritiene possa anticipare di qualche mese l’andamento della produzione industriale tedesca e, più in generale, dell’area dell’euro. Se l’indice sale, è possibile ipotizzare che anche la produzione industriale crescerà. Viceversa, se l’indice scende, il clima di fiducia peggiora e si può assumere una riduzione della produzione industriale. Il valore dell’indice è stato posto uguale a 100: di conseguenza, i valori assoluti devono essere Economia del Mercato Mobiliare 31 Pierpaolo Ferrari letti come miglioramento, quando l’indice supera 100, e come peggioramento, quando l’indice scende sotto a 100, anche se il dato più seguito è la variazione percentuale rispetto al mese precedente. Gli indici armonizzati sulla fiducia di imprese e consumatori all’interno dell’Unione Europea sono l’esito di survey condotte su scala nazionale da istituzioni partner dell’Unione Europea, quali gli istituti nazionali di statistica. Tali indicatori comprendono: - il business climate index (BCI), che esprime la fiducia delle imprese all’interno dell’Unione Europea sull’evoluzione economica nei successivi 3 mesi. Tale indice è a sua volta suddiviso in sotto-indici riferiti a specifici comparti produttivi; - il consumer confidence index (CCI), che mostra la fiducia dei consumatori dell’Unione Europea attraverso una survey sulla situazione economica e finanziaria corrente e attesa nei successivi 12 mesi; - l’economic sentiment indicator (ESI), che è un indice ponderato in grado di rivelare la fiducia di imprese e consumatori. Come per l’indice IFO tedesco, anche per i tre precedenti indicatori la base di riferimento è data da 100. Valori degli indici superiori a 100 indicano un miglioramento della fiducia di imprese e consumatori. Valori inferiori a 100 segnalano un peggioramento della fiducia di imprese e consumatori sull’evoluzione attesa delle rispettive situazioni economiche. Esistono, infine, alcuni indicatori di sentiment di breve o brevissimo periodo tratti da dati di mercato, anziché da sondaggi, che supportano l’attività dei trader e permettono di cogliere nell’immediato l’umore in relazione all’evoluzione del mercato. I due principali indicatori sono: - il put/call ratio sull’indice S&P 500; - l’indice VIX. Il rapporto put/call ratio sull’indice S&P 500 segnala il rapporto fra opzioni put e opzioni call scritte sull’indice S&P 500. Quando il rapporto è superiore a 1, ciò indica che il volume di opzioni put acquistate è superiore al volume di opzioni call acquistate nello stesso periodo. Il segnale è pertanto negativo e esprime un bearish sentiment. Viceversa, un rapporto inferiore all’unità indica che il volume di opzioni put acquistate è inferiore a quello delle opzioni call acquistate nello stesso periodo. Il segnale è quindi positivo e indica un bullish sentiment. Il CBOE Volatility Index, noto con l’acronimo di indice VIX, è stato introdotto per la prima volta nel 1993 dal Chicago Board Options Exchange (CBOE) per misurare l’aspettativa della volatilità implicita a 30 giorni nei prezzi delle opzioni. Nella sua configurazione attuale, il VIX misura la volatilità implicita nelle opzioni, sia call sia put, sull’indice S&P 500. È l’espressione della variabilità attesa dagli operatori in relazione al principale indice azionario statunitense. Tanto più alto è il VIX, tanto maggiore sarà la percezione del rischio presente sul mercato. L’indice sale quando la maggior parte degli operatori si aspetta un’accresciuta volatilità del mercato. Viceversa, l’indice scende quando gli investitori sono ottimisti e si aspettano una più ridotta volatilità del mercato. Fasi di ribasso del mercato del mercato azionario USA sono accompagnate da un incremento dell’indice VIX, mentre fasi di rialzo del mercato azionario USA sono associate alla riduzione dell’indice VIX, che ha quindi un andamento contrarian rispetto allo stesso S&P 500. 2.5 I rischi delle azioni Il rischio delle azioni fa riferimento all’incertezza dei rendimenti ritraibili da investimenti azionari ed è connesso alla variabilità dei rendimenti e all’ampiezza di tale variabilità. Il rischio complessivo di un titolo azionario può essere scisso in due componenti: - il rischio sistematico; - il rischio specifico. Il rischio sistematico è collegato al sistema economico nel suo complesso. Esso è legato quindi a fattori macroeconomici e politici che riguardano il sistema economico e il mercato azionario nel loro insieme. Il rischio sistematico misura quindi la variabilità dei rendimenti azionari connessa con variazioni del PIL, dell’inflazione, dei tassi di interesse, dell’occupazione, dei cambi e di variabili politiche. Le variazioni di questi fattori hanno un impatto sull’intero mercato azionario. Il rischio specifico deriva dalle caratteristiche della singola impresa e del comparto produttivo in cui essa opera. Tale rischio è quindi legato all’andamento della specifica impresa e del suo comparto produttivo. Economia del Mercato Mobiliare 32 Pierpaolo Ferrari E’ essenziale rilevare sin da subito che: - il rischio sistematico presenta una caratteristica di non eliminabilità in quanto i fattori macroeconomici e politici hanno un impatto su tutte le azioni; - il rischio specifico, al contrario, può essere eliminato attraverso un’efficace diversificazione di portafoglio. Graficamente: Rischio complessivo Numero di azioni in portafoglio All’aumentare del numero di azioni in portafoglio, il rischio complessivo viene a coincidere con il solo rischio sistematico, in quanto quello specifico è eliminato attraverso la diversificazione. Per completezza oltre al rischio complessivo visto sopra, che identifica il così detto rischio di prezzo complessivo, è il caso di considerare altre due tipologie di rischi: - il rischio di cambio, tutte le volte che l’azione è denominata in una valuta diversa da quella di riferimento dell’investitore. Tale rischio esprime la possibilità che variazioni inattese del tasso di cambio incidano sulla redditività dell’investimento azionario; - il rischio di liquidità, legato alla possibilità di convertire l’azione in denaro rapidamente e senza perdita di valore rilevanti. Tale rischio dipende dalla quotazione o meno dell’azione su un mercato secondario e, in caso di quotazione, dal controvalore medio giornaliero negoziato pari al volume medio giornaliero degli scambi su un certo orizzonte temporale. Economia del Mercato Mobiliare 33 Pierpaolo Ferrari

Use Quizgecko on...
Browser
Browser