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SpeedyTaylor4339

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marketing marketing concepts marketing strategies business strategies

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These are marketing notes. The notes talk about marketing concepts, how to strategize, analyze consumers, competitors, and developing a marketing strategy to succeed in today's market. These notes also talk about different marketing approaches from orientation to product and how to choose an approach to gain a competitive advantage.

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APPUNTI MARKETING Imparare che cos’è il marketing e perché può essere utile, a costruire scenari e sviluppare il pensiero analitico e critico, a pensare e agire fuori dagli schemi, a mettersi alla prova e uscire dalla zona di comfort, a sviluppare capacità-chiave nel mercato del lavoro di oggi. Paro...

APPUNTI MARKETING Imparare che cos’è il marketing e perché può essere utile, a costruire scenari e sviluppare il pensiero analitico e critico, a pensare e agire fuori dagli schemi, a mettersi alla prova e uscire dalla zona di comfort, a sviluppare capacità-chiave nel mercato del lavoro di oggi. Parole-chiave: valore, vantaggio competitivo, differenziazione, comunicazione, prezzo e “sacrificio”, distribuzione e vendita, analisi strategiche, consumatori e segmenti, concorrenti e partner, influenzatori, posizionamento, marche/brand (oltre i marchi), conversione e KPI (Key Performance Indicator), equilibri di portafoglio, persuasione e relazione. L’obiettivo del marketing è creare differenziazione, il consumatore deve riconoscerci e premiarci in merito di prezzo e fedeltà → nella fedeltà ha valore il passaparola positivo e i consumatori apostoli che amano il brand e non lo tradiscono neanche quando sbaglia. Il fedele tiepido tendenzialmente sceglie un determinato brand a meno che qualcun altro non gli proponga qualcosa di interessante. Prima della comunicazione bisogna analizzare, capire e decidere: si ricercano i consumatori scoperti perché nessuno li ha convinti fino a questo momento e che cercano qualcosa di particolare. Il margine è la differenza tra il prezzo che riusciamo a farci pagare e i costi che dobbiamo sostenere per arrivarci; sommando i margini si ottiene l’utile di impresa, la somma che rimane all’azienda. 1. CHE COS’È IL MARKETING? a. Una filosofia gestionale, un modo di vedere le cose Un’impresa con una filosofia gestionale adotta un certo modo di pensare e fare le cose per vincere sul mercato, un certo modo di concepire il ruolo dell’azienda e il suo lavoro sul mercato. Ci sono delle domande che l’azienda che attribuisce importanza al marketing si deve fare: Che cosa vogliono o “potrebbero volere” i consumatori che ci piacciono di più e su cui l’impresa punterà più degli altri? Ma i consumatori sono tutti uguali? Ci sono consumatori migliori di altri per noi? Acquisendo i giusti dati di mercato e dei consumatori bisogna capire cosa le persone potrebbero volere ma ancora non lo sanno: è la domanda latente (bisogni/esigenze che sono nella testa del consumatore, il quale però non è ancora riuscito ad immaginarsi un prodotto con caratteristiche di quel tipo). Per scoprire la domanda di qualcosa che ancora non c’è sul mercato e di cui il consumatore ancora non è consapevole ma ne ha bisogno si impiega il neuromarketing, una psicologia del consumo evoluta; Che cosa dobbiamo fare per conquistare il consumatore che “ci piace”? E quali sono i canali migliori per raggiungerlo? L’acqua skin care che fa belli diventa per molti un’alternativa al prodotto cosmetico o agli integratori alimentari che oggi per molti sono un mantra → c’è la possibilità di leggere il mercato e vedere un’opportunità di questo tipo. Dei prodotti che fanno bene al marketing costano più degli altri e le aziende fanno di tutto per nascondere il prezzo che vogliono fare pagare, ma i veri prezzi che scoprono questi meccanismi sono i prezzi al litro e al chilo. 1 Ci sono due canali per raggiungere il consumatore: quello distributivo (di vendita) e quello comunicazionale (di comunicazione) → a ciascun segmento il suo canale, es. un consumatore non intende una scelta di valore un’acqua trovata al supermercato, ma in farmacia sì; dei podcast su Spotify o la radio sono più efficaci per un determinato prodotto; Difficilmente saremo i soli ad offrire una soluzione a quel consumatore: cosa offrono i concorrenti e che cos’hanno in più o meno di noi? Ma chi sono davvero i nostri concorrenti? Bisogna conoscere i concorrenti diretti e quelli indiretti: la concorrenza indiretta sono imprese che realizzano un prodotto di una categoria diversa della nostra ma che per il consumatore rappresentano delle soluzioni alternative e vanno in concorrenza sul mercato (o compra uno o compra l’altro, es. acqua arricchita per la skin care e integratori alimentari). La San Benedetto cala l’asso della comunicazione con la pubblicità della sua acqua skin care per convincere che la sua sia una scelta più confortevole e meno costosa (perché i consumatori spesso non guardano il prezzo al litro); Quali sono gli altri attori-chiave nel mercato, oltre a concorrenti e consumatori? Come possono agevolarci o ostacolarci? Come possiamo muoverci nei loro confronti? Ci sono i distributori o retailer: chi di mestiere vende i prodotti; diventano degli interlocutori nei confronti dei consumatori con cui fare i conti, es. Decathlon vende prodotti per fare sport anche con delle referenze di marca, ma in principale misura vende i suoi prodotti che fa produrre ad aziende terze (vende le scarpe, le pensa, ci mette il suo brand e le vende nei suoi negozi (è un distributore e anche un concorrente che diventa una minaccia per aziende come la Nike quando fidelizza ed ottiene la fiducia del consumatore, il quale potrebbe switchare. Copia anche il mantra del “just do it”: per il prezzo, i noleggi dell’attrezzatura e i ritiri dell’usato ci si può buttare e sperimentare ogni sport, diventa un interlocutore che copre tutte le esigenze). I canali di vendita possono anche diventare dei temibili concorrenti, es. Coop all’inizio era solo un canale di vendita ma oggi ha molti prodotti pensati da Coop, fatti produrre da qualcuno e che fanno concorrenza ai prodotti di marca industriale. Bisogna costruire una mappa dei soggetti che si vanno ad analizzare perché l’azienda che lancia un prodotto ha bisogno della collaborazione dei distributori, con attività che accompagnano la vendita con promoter (è il distributore che decide di farle fare o meno e si va di trattativa). Il prescrittore è un soggetto che dall’alto delle sue competenze tecniche e il suo ruolo ufficiale istituzionalizzato nella società ha una capacità di persuasione totale nei confronti dei consumatori, che dice loro di cosa hanno bisogno (es. il medico, a parità di efficacia, propone una marca di un farmaco che gli dà un vantaggio in più → in queste dinamiche di marketing entrano in gioco molti soggetti di cui bisogna essere consapevoli). Il consumatore paga il prezzo di sell-out (a cartellino), la differenza con il prezzo del farmaco che il farmacista paga all’azienda è il guadagno; per convincere il farmacista, l’azienda può giocare su questo e può portare il farmacista a prediligere un certo marchio e funziona perché i consumatori si fidano del prescrittore (e all’inizio hanno anche fatto un buon lavoro di comunicazione, es. in TV). 2 b. Specifiche professionalità/mestieri (es. product/brand manager) Sono delle figure responsabili di singole categorie di prodotti, responsabili di tutto quello che può portare un prodotto a essere di successo sul mercato → può comprare delle ricerche di mercato, fare dei test mentre gli altri reparti producono il prodotto, scegliere i canali distributivi e di comunicazione e interagire con chi si occupa di approvvigionamenti/finanza/produzione per garantire che il risultato finale sia eccellente. Il prodotto deve arrivare nei tempi giusti, nei modi giusti, rispondere a dei bisogni ed essere correlato da delle campagne comunicative efficaci. Non si vince con il prezzo migliore, si vince con il prezzo più alto e desiderabile dal consumatore. c. Un insieme di tecniche e strumenti per colpire meglio l’attenzione del consumatore Es. in una sperimentazione di mercato con l’analisi dell’eyetracking si capisce dove il consumatore guarda per più tempo sugli scaffali e cosa non lo stuzzica e per capire le caratteristiche dei packaging che colpiscono di più (forme e colori); degli stimoli catturano l’attenzione e cambiano le idee che ci si era fatti prima (stimoli ambientali) → studiati dal neuromarketing. Il prezzo-lusinga/psicologico del “*,99” porta a pensare che il prezzo del prodotto sia diverso da quello che è, il consumatore è un soggetto irrazionale (es. online il prezzo inferiore ma spacchettato dalle spese di spedizione lo spaventa e predilige lo stesso prezzo totale ma con zero spese di spedizione) → spese latenti (nascoste). 2. Gli orientamenti strategici Ogni impresa per essere competitiva sul mercato deve fare una scelta di campo strategica sugli aspetti che possono renderla migliore delle altre, delle identità sul mercato. Ci sono quattro percorsi strategici che le aziende possono fare per avere successo sul mercato: Orientamento alla produzione Prodotti standard simili ad altri sul mercato che non vogliono eccellere, ampiamente serializzabili al prezzo più basso possibile sul mercato con una qualità al minimo accettabile (non c’è differenziazione del prodotto). L’impresa decide di non differenziare i prodotti e lavora nell’ottica Business To Business (B2B) più che Business To Consumer (B2C), il B2B sono imprese che producono per altre imprese e non direttamente per i consumatori sul mercato, es. i produttori di bottiglie per olio e di pasti somministrati negli ospedali. Il vantaggio competitivo è sul contenimento dei costi (standard di qualità minimi attesi), a fronte di prezzi molto competitivi: costo delle materie prime e del lavoro basso (es. per Temu e Shein sono bassi) ed efficienza macchinari/sistema di produzione. Contratti di fornitura di medio o medio- 3 lungo termine con ampie commesse (ordinazioni) o comunque domanda “certa”. Questo orientamento B2B è contrario al marketing, il quale ha un ruolo marginale (es. cataloghi, sito web, fiere di settore, comunicazione istituzionale). Orientamento al prodotto Prodotti “rivoluzionari” che sappiano creare standard tecnici di mercato, puntando tutto su ciò che l’impresa “sa o vuole fare”, non su quello che il consumatore si aspetta (logica technology push). Le imprese vogliono realizzare il prodotto migliore in assoluto sul mercato diverso da qualunque altro prodotto realizzato, vogliono rivoluzionare il mercato. Technology push: la tecnologia dell’impresa, quello che l’impresa sa e che spinge sul mercato, non chiedono al consumatore come vorrebbero il prodotto rivoluzionario, non spendono soldi in ricerche di mercato e investono su ricerche e competenze per realizzare qualcosa che sul mercato non c’era e che diventerà uno standard che tutti copieranno (es. Tesla). Ricerca continua dell’innovazione di prodotto, radicale più che incrementale, per spostare in avanti la “frontiera del possibile”. Radicale perché vogliono realizzare un prodotto diverso da quello che c’era prima e dal loro stesso prodotto. L’innovazione incrementale cambia degli aspetti marginali del prodotto (per far sì che il prodotto rimanga vitale il più possibile e per tirare il suo ciclo di vita, sennò il consumatore si annoia e lo abbandona, es. rifacimento packaging Mulino Bianco o paraurti di una stessa auto), invece la radicale stravolge il prodotto e il mercato. La Toyota nel presente lavora con prodotti che tirano avanti i mercati ma nelle retrovie studiano dei prodotti che, se riusciti, stravolgeranno il mercato. Flop come rischio calcolato, accantonano dei fondi per il rischio dei flop di alcuni dei tanti progetti. Forte propensione alla diversificazione (prospettiva dell’inventore) estrema, in queste imprese l’imprenditore è presente e ha l’ossessione di inventare qualcosa di nuovo anche in settori lontani da quelli in cui è diventato forte. Ricerca della qualità come ossessione (es. Elon Musk con i chip sottocute per curare le persone), entrare in tanti settori diversi per esercitare la propria capacità innovativa decisiva. Il marketing come attività utile, ma non strategica. L’area R&S (ricerca e sviluppo) è al centro, es. in Dyson per trovare nuove idee e conoscenza per portare qualcosa che ancora nessuno ha scoperto. Il marketing e la comunicazione servono, ma nel bilancio dell’azienda l’innovazione spinge il grosso del mercato. Ad ogni modo il marketing è più importante nell’impresa orientata al prodotto rispetto a quella orientata alla produzione, ma non è il pezzo forte dell’azienda. Orientamento alle vendite La parola chiave è “differenziazione psicologica” → percezione di una chiara differenza rispetto agli altri brand presenti sul mercato in assenza di una sostanziale differenza. Delle imprese lavorano per essere percepite come le numero 1 sul mercato anche se in realtà sono sulla stessa linea di altre, vedere differenze tra prodotti che in realtà non ci sono. 4 Forte enfasi su meccanismi stimolo-risposta: comunicazione pervasiva (il brand è ovunque, i consumatori devono sbatterci contro), continuativa, “martellante”, promozioni “lusinga” e di convincimento (bisogna convincere il consumatore e piegarlo ai nostri voleri), distribuzione capillare (prodotto “ovunque”). Si interviene in maniera reiterata (ripetuta) sul consumatore. L’orientamento al marketing a volte, invece, vuole che il prodotto venga reso raro o inaccessibile per il consumatore (marketing della privazione). Innovazione del prodotto non centrale: stile allineato alla media del mercato o imitazione dei best in class; pochi cambiamenti al prodotto, per lo più incrementali, quando necessario. L’obiettivo è il mercato di massa (logica della “pesca a strascico” in cui l’impresa cerca di colpire tutti, NON è tipica dell’impresa orientata al marketing (che sarebbe la segmentazione in cui si va in cerca di un prodotto mirato). Il ruolo del marketing è fondamentale (più importante che nei casi precedenti) ma non strategico, non decide le caratteristiche del prodotto che sono un elemento dato ma si giocano i fondi es. sulle comunicazioni martellanti. Es. Caffè Borbone entra in un mercato saturo e maturo dove le quote di mercato (quanto vende un’impresa rispetto al mercato totale) erano cristallizzate, in cui difficilmente un outsider avrebbe potuto ottenere spazio; invece, con scelte di codifica (struttura) della comunicazione ci sono riusciti → non hanno inventato nulla, è un caffè allineato ad altri di qualità mediana; le scelte vincenti sono: scelta del brand name che richiama a un attributo di valore a cui nessun supplier aveva pensato (Borboni nome reale di Napoli, Napoli è il re del caffè, i consumatori decodificano il messaggio e arrivano a una decisione di scelta), scelte cromatiche, packaging, presenza del brand ovunque con elementi di codifica semplici (es. con testimonial che rendono il prodotto presente ovunque, il quale ricorre in modo sistematico fino ad arrivare all’obiettivo). Il prezzo praticato non è premium, è allineato a quello degli altri e gioca su tanti volumi, es. promozioni online. Tanti cercano di adottare le stesse logiche di decodifica del mercato (es. Lollo Caffè anche se tardivi e con capacità minori di investimento). Altri meccanismi sono le televendite, dei messaggi semplici di meccanica commerciale con fasce orarie simili ripetute continuamente, testimonial, lusinga commerciale degli accessori in regalo per le prime chiamate (es. materassi o Poltrone e Sofà). Nel lungo termine questo approccio può rendere il brand banale e viene visto come un brand da promozione. Orientamento al marketing Conoscenza approfondita del mercato al centro. Dimensione strategica del marketing: non solo comunicazione e distribuzione, ma anche prezzo, prodotto e “direzione di marcia” dell’impresa. C’è una concezione dell’innovazione diversa da parte dell’impresa orientata al marketing (es. uno yogurt da banale prodotto alimentare diventa prodotto curativo che amplia i numeri e comincia a far mangiare yogurt anche a chi prima non lo mangiava, moltiplicano i numeri di vendita sul target di riferimento e aumentano il margine → un’impresa orientata al prodotto non fa questo gioco). L’impresa orientata al marketing, analizzando il mercato, capisce quando è il momento di lanciare l’innovazione, l’impresa orientata al prodotto lo lancia e basta. Il mercato deve essere pronto a recepire, per capire quando è il momento di fare un certo passo sul prodotto e come farlo. Quando 5 è utile fa anche una semplice innovazione incrementale tirando il prodotto e mantenendolo fresco (interventi di maquillage), ma quando è pronto e non si può fare altro si inserisce un prodotto nuovo. Casi emblematici: Red Bull fa categoria e rompe il muro dell’immaginario del consumatore, da un’analisi chiara del mercato si capisce che si poteva fare il prodotto che non c’era, il colore, la forma e la composizione del prodotto devono comunicare che metta veramente forza, ricorda il sapore di qualcosa di cattivo ma che fa bene per comunicare l’effetto, come una medicina. Chiave del posizionamento: decide di posizionarsi nella testa come l’energy drink che fa da categoria, la chiave per convincere il consumatore che tutto sia vero è la composizione del prodotto (ricetta) e la comunicazione (oltre a pubblicità organizzano eventi anche collegati al mondo dello sport professionistico - calcio e Formula 1 → importanza della coerenza per sorreggere il posizionamento che deve essere credibile, sinonimo di imbattibilità, in F1 deve essere la migliore, in calcio sono squadre determinate che contribuiscono a rendere agli occhi del consumare quell’immagine. La chiave di posizionamento convince che il posizionamento del prodotto è realistico. Il target di Nespresso e George Clooney è lo stile di vita, costruzione del prodotto ragionando sul segmento lifestyle, es. blindando la macchinetta che produce quel caffè, definendo i negozi boutique del caffè → deve essere diverso dagli altri e rispecchiare il lifestyle del consumatore, posizionamento del prodotto di fascia alta (prezzo più alto e volumi più ridotti di Borbone nel mercato italiano). L’orientamento alla produzione prevede, invece, una produzione standard che punta sul prezzo basso. La differenziazione psicologica non è tipica dell’impresa orientata al marketing. 3. Il valore aggiunto del marketing a. Consente all’impresa di “uscire dal mucchio”: distinguersi, scegliendo lo spazio “giusto” sul mercato. Fino al punto di diventare unici. Essere perfetta per il target di riferimento, se il consumatore percepisce il suo prodotto come quello degli altri vince solo il prezzo basso, ed è un problema di bassa marginalità per chi non riesce a mantenere prezzi bassi. Bisogna andare nell’esigenza del consumatore giusto per noi. Es. un climatizzatore gioca sulla paura di un genitore alle prime esperienze, un testimonial regge ed è una rappresentazione di quello specifico target di riferimento. Ad ogni consumatore si propone un’offerta specifica e chi si riconosce paga di più, ad un altro consumatore si dà un altro prodotto con un’altra offerta. Nella manipolazione dell’orientamento alle vendite la differenziazione incrementale, dirompente, puramente psicologica in cui l’impresa con un lavoro di comunicazione importante e invasivo riesce a entrare nella testa del consumatore crea una percezione di una differenza netta da altri prodotti che in realtà non c’è. Invece, per quanto riguarda i fronti dove il marketing può portare vantaggio alle aziende, l’orientamento del marketing richiede che per differenziarsi ci sia veramente un prodotto. Es. il Bacio Perugina per il consumatore non è più solo un cioccolatino → significa che il marketing è riuscito, anche Lego è unico e amato nel suo genere, anche se altri cercano di imitarlo non ci riescono. Posizionamento: come un brand vuole entrare nella testa del consumatore 6 occupando uno spazio speciale → spazio del sentimento: la pralina di cioccolato deve occupare quel sentimento che deve essere veicolato da un prodotto all’altro. Il nome sintetizza un effetto di sentimento (gesto d’amore), i colori scelti per il prodotto e la comunicazione (psicologia dei consumi, sfera onirica, cose delicate che fanno sognare), la forma morbida che esprime dei significati e richiama, la composizione (ingredienti stratificati perché mordendo si devono sentire delle sensazioni), il bigliettino in cui è espresso un pensiero dolce (sentimento), packaging (confezioni perfette per ricorrenze). Nel marketing è la somma che fa il totale, che contribuisce a raggiungere quel posizionamento, tutte le cose devono rappresentare un incastro perfetto. Regalare anche un solo Bacio è sufficiente per raggiungere lo scopo, il valore materiale è poco ma ha un forte valore simbolico di ricorrenza (i regali sono un mercato dorato) → spesa contenuta e risultato importante: compriamo Baci Perugina. Kinder Sorpresa è il leader di categoria del mercato; Ferrero ha creato la categoria, ha preso l’esperienza di scartare l’uovo di Pasqua e l’ha tradotta in un gesto che si può fare tutti i giorni, permettendo di ricreare la magia dell’unboxing dell’uovo di cioccolato (un cioccolato buono di cui ci si può fidare e sorpresine che si rinnovano e restano al passo con i tempi). Per un’azienda piccola è difficile trovare un varco, Narratè rinnova l’esperienza di consumo del prodotto, le bustine non sono solo un prodotto ma un’esperienza, insieme a un singolo infuso c’è un racconto letterario breve → messaggio: la vita è frenetica, rilassati e leggi qualcosa. L’insieme di cose vendute con quel posizionamento/messaggio diventa interessante e interessa due pubblici: chi compra per sé e per fare un regalo (esperienza di valore differente dagli infusi commerciali). b. Sintonizzarsi con il mercato: capire che cosa il consumatore vuole o potrebbe volere (per far funzionare tutto questo). Il marketer deve sapere dove il mercato va, dove potrebbe andare e dove ci sono spazi e opportunità. Il contesto degli snack salati sta cambiando perché il mercato sta evolvendo (es. attributi di qualità con la dicitura “senza”). Processo di sostituzione da parte del consumatore che sceglie chips di verdure al posto delle patatine e porta anche i leader del settore a adeguarsi con linee veggy. Costa di più ma ci interessa il volume x prezzo → aumentando il prezzo possiamo anche vendere di meno. Anche come modo per far rinascere prodotti-brand e sbaragliare la concorrenza: Nintendo, per rialzarsi dopo la concorrenza estrema di Xbox e Playstation, studia come il gaming è visto e poteva essere visto da una società diversa da quella degli anni precedenti: avevano tutti trascurato il mercato delle persone più adulte. È cambiato il concetto di intrattenimento e realizzano una console che non si distingue per le caratteristiche del prodotto, cambiando rotta e orientandosi al marketing (prima, come le altre, era orientata al prodotto) → giocare può diventare un momento di condivisione generazionale insieme, in più con la console si può anche fare attività fisica. Si amplia il bacino di mercato del gaming in confini in cui non c’era nessuno → c’erano solo loro, anche se i giochi erano meno appealing di quelli degli altri. Occupano uno spazio di mercato non presieduto da nessuno in quel momento e recuperano un brand caduto in basso. Bisogna saper guardare fuori con gli occhiali/lenti giusti, saper leggere i dati che gli altri non considerano e vedere cose che gli altri non vedono. 7 Saper leggere i dati che contano, capire qual è il “terreno di gioco” e come sta cambiando, imparando a distinguere le contingenze (casualità) dai cambiamenti strutturali. Con la società cambiano i mercati: “Da quando l'iPhone è diventato così ambito dai giovani abbiamo un temibile concorrente in più, che ha fatto calare le vendite dei nostri prodotti” (marketing manager di uno storico produttore di scooter). Concorrenza indiretta: non solo un’altra marca di scooter (concorrenza diretta tra produttori della stessa categoria), fra due categorie diverse ma che fa danni. Il bio è diventato irrinunciabile per molte famiglie e porta molti ad allenarsi non più solo in palestra (rivedere le proprie modalità di consumo di esercizio fisico e di mobilità → app che insegnano ad allenarsi sostituendo il personal trainer e la palestra → concorrenza indiretta). Un player proattivo (costruttivo) come Netflix ha deciso di allargare la propria gamma di contenuti comprendendo anche contenuti di training in collaborazione con Nike. Per cogliere opportunità anziché essere travolti dal cambiamento. C’è un modo di monetizzare orientando il processo di acquisto su altri prodotti, es. ritirare l’usato e rimetterlo in circolo (con il digitale non c’è più solo mercatino delle pulci ma ci sono tanti provider e player che comprano l’usato), es. Vinted e Subito.it hanno un ruolo privilegiato nella compravendita dell’usato. Se non mi adeguo e non faccio un salto verso il second hand lascio un grande pezzo di mercato in mano ai competitor, devo lavorare per assicurare questa possibilità al consumatore: Decathlon compra l’usato stimolando un acquisto di rinnovo da loro e propone il noleggio → risolve problemi e fidelizza i consumatori. Se non lo fa perde un’opportunità di vendite e fidelizzazione (valore della marca). Ad esempio, trasformando completamente le formule del successo. Blockbuster era un’azienda diffusa globalmente e molto forte che insegna che bisogna essere proattivi: essere i migliori nel presente ma sviluppare delle iniziative che proiettano nel futuro, bisogna prevedere quello che succede (vantaggio proattivo). Netflix li ha asfaltati perché non sono stati capaci di vedere che il contesto stava cambiando dal punto di vista tecnologico. Anche i leader di mercato devono capire dove va il mercato e agire preventivamente altrimenti lo farà qualcun altro. Spotify è un caso di sintonizzarsi con il mercato e di rimanere sulla cresta dell’onda (proattività): entra sul mercato consentendo al consumatore di fare cose che prima non poteva fare come ascoltare musica senza comprarla e con customizzazioni (permettendo di fare playlist), senza pagare concedendo la pubblicità. Il suo modello di business (su cosa guadagno? Il consumatore paga con la sua attenzione accettando la pubblicità) è un modello freemium: è free fino a prova contraria, se non si sopporta la pubblicità si paga l’abbonamento. Ha capito che le tecnologie e il mercato discografico stavano cambiando e potevano diventare unici. Migliora progressivamente quello che offre al consumatore nel pacchetto base aggiungendo funzioni (es. podcast per acquisire competenze) e potenzia i servizi che offre alle imprese (target business to business), permette alle imprese con dei tool business di creare degli spot senza rivolgersi ad agenzie di comunicazione con veicolazione degli spot (targhettizzazione dei gusti) → ulteriore canale per introitare dalle aziende. Tutte queste cose sulle aziende le può fare perché ha tanti utenti fidelizzati che si fidano di lui accettando la pubblicità. Un’impresa orientata al prodotto tende a non sintonizzarsi volutamente con il mercato con il rischio di arrivare troppo più avanti come il caso Apple (non si adegua a cosa il mercato vuole). 8 Oppure creando mercati completamente nuovi. Evoluzione dei gusti e dei bisogni e cambiamento delle composizioni delle famiglie con esigenze diverse con la donna che lavora e ha meno tempo per cucinare → 4 Salti In Padella entra in un mercato pronto, così come il mercato nuovo dell’acqua arricchita per la skin care. c. Guidare/educare il consumatore: stimolarlo ad abbracciare specifiche abitudini di consumo/routine, creando soluzioni speciali e/o moltiplicando le opportunità di consumo (e di vendita) del prodotto. Bisogna spingere il consumatore a adottare delle routine di consumo con al centro il mio prodotto, es. Fonte Essenziale di Ferrarelle, il brand name gioca con il consumatore irrazionale (prodotto ipersegmentato per chi ha quel problema e non vuole assumere farmaci) e il prezzo vi si adegua. Posizionamento di un prodotto alimentare sul versante curativo, oltre alle keyword benessere e leggerezza giocano sui colori tipici da farmacia, piazzandolo in farmacia assume la chiave del posizionamento (affinché chi ha problemi di fegato e intestino creda che sia una soluzione alternativa ed efficace ai farmaci deve anche essere venduta in farmacia, oltre a ipermercati selezionati e con accordi di posizionamento da parte dei distributori). C’è un parallelo tra cambiamenti sociali e di mercato → l’uomo si cura di più e Gillette insegna che la barba va lavata ogni giorno creando delle soluzioni ad una domanda latente che diventa manifesta (un bisogno che sta emergendo). Creazione di momenti di consumo vincolati e blindati, l’azienda è certa che, se convince il consumatore, lui utilizzerà il prodotto nelle modalità e continuità che il brand gli insegna, creando un rituale che si ripete. Caratteristiche distintive rispetto a un orientamento al prodotto, l’impresa orientata sul marketing gioca di più su un bisogno che ha scoperto → gioco di corrispondenza tra bisogno e prodotto che io creo per te. Anche l’impresa orientata al marketing fa comunicazione (o ad ambio raggio sui mass media o limitata es. su riviste nautiche di lusso). Scotti ha ampliato la sua area di azione (riposizionamento) aggiungendo nella sua gamma un programma alimentare chiamato Dietidea (come Mi Piace Così.it), spedisce pasti a casa con vantaggi di peso, comodità e riduzione dello spreco alimentare per il target di interesse caro a questo tema. Fa bundling di prodotto: prendere più prodotti della propria gamma che si vendono singolarmente sul mercato, raggrupparli e venderli a pacchetto al consumatore, facendosi pagare la soluzione che il pacchetto rappresenta. ➔ Nel cross-selling (vendita incrociata) al consumatore che chiede un prodotto A gli viene rifilato un altro prodotto in abbinamento. Nel bundling si compra di default A e B → il prezzo a pacchetto potrebbe essere superiore delle somme dei singoli prodotti e si creano delle opportunità di aumentare il margine (es. confezioni regalo di Pupa) perché si posizionano i prodotti per un’occasione specifica (es. un regalo). Un altro esempio di bundling è il calendario dell’avvento. Si può fare sia per farsi pagare di più rispetto alla somma dei prodotti o per aumentare i volumi in chiavi promozionali. Un esempio di cross-selling è la garanzia. 9 d. Combattere la banalizzazione del prodotto: processo in virtù del quale i diversi prodotti- brand presenti nel mercato in una certa categoria (es. fazzoletti di carta) agli occhi del consumatore diventano sempre più simili fra loro, quindi sostituibili, quindi in concorrenza sul prezzo. Con la banalizzazione il consumatore si abitua a dei prodotti, si annoia e l’attenzione va sul prezzo, per cui non gli va più bene pagare un prezzo più alto. Quando cala l’attenzione bisogna reagire per mantenere il prezzo e il confronto competitivo per non restringere troppo i margini. Si può sempre trovare uno spazio di distintività. Es. olio Zucchi per friggere senza odore e fazzoletti Tempo (non basta più solo alzare la voce e farsi vedere nelle pubblicità perché il consumatore diventa evidente → va nel mercato a trovare un bisogno e propone un fazzoletto con un agente antibatterico che protegge la famiglia dei bambini e si fa pagare di più (bisogna combattere la commodity trap, trappola del prezzo che rende i prodotti interscambiabili con altri in base al prezzo). Anche con formule completamente nuove. La banalizzazione colpisce i prodotti di largo consumo o di categorie più complesse come gli pneumatici, di cui oggi ci sono più marche di cui ci fidiamo con un allineamento tra i vari brand e un abbassamento del prezzo sul mercato → bundling: per avere l’auto sempre perfetta si compra una soluzione con prodotto e servizi e non si capisce più se conviene o meno perché non è più solo un prodotto. Cambiando le formule, da vendita diventano in abbonamento perché le gomme restano di proprietà di Pirelli. e. Tradurre minacce in grandi opportunità, attraverso l’innovazione di prodotto (guidata dal marketing). Nell’olio extravergine di oliva il costo per produrre la materia prima è salito alle stelle per il cambiamento climatico; quindi, le aziende riducono le quantità di prodotto o creano condimenti a base di olio mischiato ad altre cose. L’olio spray fa rimanere in linea e visti i tempi che corrono si risparmia sprecando meno olio. Fratelli Mantova vende in piccoli flaconi di 200ml e aggiunge all’olio altri ingredienti per renderlo più versatile (es. con cipolla), in più aggiunge l’elemento glamour dei prodotti beauty perché il prodotto è bello da vedere. Ponti realizza la linea Zero Olio per gusto e leggerezza sostituendo l’olio perché costa troppo ma facendo percepire un arricchimento (rimanere in linea mangiando comunque con gusto) e non un privamento. Bisogna vedere una soluzione ai problemi del mercato che permette addirittura di diventare più interessanti e competitivi, ma bisogna trovare uno spazio giusto nel mercato. f. Rispondere ad attacchi competitivi o trasformazioni epocali. Es. la catena di hotel Marriott intercetta il trend degli appartamenti (es. Airbnb) e lancia prima una piattaforma digitale di case vacanza Homes & Villas e poi un brand di appartamenti con servizi di accomodation per soggiorni più lunghi (Apartments by Marriott Bonvoy). Il franchising (network) di edicole Quotidiana associa alle edicole la vendita anche di prodotti per le necessità di tutti i giorni (es. pasta) e una serie di servizi alla persona di cui tutti hanno bisogno (es. elettricista) a disposizione del cliente con delle garanzie di qualità che il brand deve offrire. Questo può funzionare se ha analizzato che c’è quel bisogno nel mercato (indagini che devono far emergere dei bisogni). Formati 10 di olio più piccolo, rivalutazione dell’olio di semi come Olio Cuore e condimenti a base di olio d’oliva. Il marketing deve aiutare l’impresa a rispondere ad attacchi competitivi da parte di imprese che minacciano. La vita delle edicole è diventata minacciata dall’uso del digitale e dagli stili di vita (quello che si legge si legge sul web). Capendo meglio di altri che vanno evitate delle minacce insormontabili. g. Alimentare il valore di marca, come fondamentale asset (risorsa) patrimoniale. Un brand è forte quando è conosciuto (notorietà di marca) e visto bene (immagine di marca positiva e ottima reputazione), se i prodotti sono di livello (capacità di recovery) e se i consumatori sono fedeli (riconfermano la propria scelta verso quel brand). Es. Louis Vuitton dà al mercato la conferma dell’unicità del brand con hotel, negozi, spazi esperienziali, sale espositive, souvenir, caffetteria e cioccolateria. h. Estrarre il massimo valore da un brand forte (ampliandone il campo d’azione). WindTre e altri big trattano i clienti fedeli solo come un numero con poca CRM (custom relationship management) e ad un certo punto fanno un salto sul mercato aggiungendo assicurazioni per la casa e luce e gas → obiettivo di cross-selling oltre a dati e traffico ma penalizzato dal fatto che non hanno trattato i clienti fedeli (tipico delle imprese orientate alle vendite mettendosi d’accordo). Iliad ha dato una batosta a questi player e ha abbassato i prezzi sul mercato. Se riusciamo ad alimentare la marca che si alimenta dal rapporto con il cliente da trattare bene, il cliente WindTre accetterà di fare anche l’assicurazione. Quando un brand diventa forte, la forza del brand richiede e permette di ampliare il perimetro del brand in altri territori e settori. Come ha fatto Disney diventando un player dello streaming (brand forte nella storicità e nel valore simbolico legato al sentimento di cose positive che riesce a generare, ha aggiunto lo streaming nel suo grado perché doveva farlo → le aziende di brand forti devono riuscire a garantire un ritorno agli investitori, ma quando si entra in un nuovo mercato bisogna entrarci bene. Es. Chiara Ferragni da content creator diventa anche un brand di moda e make-up; esperienze rossonere di Going e abbigliamento (non solo di gara) per appassionati del Milan. Molti clienti sono fedeli perché sono clienti ostaggi, perché non hanno alternative, rischiosi perché appena gli si presenta un’alternativa abbandonano. Es. la linea di abbigliamento Frecciarossa non ha la forza del brand che lo sorregge. Quello che premierà sempre di più è l’autenticità. La reputazione di un ente culturale come Treccani gli permette di lanciarsi anche nel mondo delle esperienze turistiche come tour operator con esperienze non banali in modo da allinearsi al suo brand autorevole. Anche Conad nella sua nuova vita diventa un circuito e un tour operator con coerenza rispetto al racconto complessivo che fa (scoprire piccoli borghi, sapori e dintorni, persone oltre le cose). Se si è consapevoli che cani e gatti sono visti come nuovi membri delle famiglie dei clienti, brand di lusso come Gucci propongono di vestire anche loro per non tradire la fiducia del cliente. Il marketing della privazione vuole coccolare i pochi degni di quel brand. Molti brand iniziano a fare residenze di lusso (mattone pregiato) in cui ogni aspetto richiama il valore del brand (es. design degli interni di Missoni). Es. Apple, che deve essere la migliore, sposta il centro 11 dall’auto ai suoi sistemi da implementare in auto di altri brand. Mentre Apple ha deciso di non fare la sua supercar, questo lo ha fatto Xiaomi implementando la sua tecnologia a bordo. 4. Il processo di marketing L’insieme delle tappe che facciamo se siamo orientati al marketing per arrivare all’obiettivo finale di essere i migliori degli altri. Arriviamo al mettere sul mercato il prodotto a cui nessuno ha pensato e che serve al consumatore. Tutto il processo inizia dall’autoanalisi (bisogna essere consapevoli di quali siano i punti di forza e di debolezza). a. Analisi Interna: in che cosa siamo realmente forti? Che cosa ci rende unici, speciali? Come facciamo a valutarlo? Abbiamo un riscontro attendibile? Chi lo dice? Quali sono i fronti su cui siamo più deboli o esposti agli attacchi della concorrenza? Quali problemi potremmo avere sul mercato, in particolare? Su cosa dovremmo intervenire e con quale grado di priorità? o Quali dati? Risultati pregressi, con maggior dettaglio possibile, riscontro di chi ha contatto con il mercato (dati da non disperdere), analisi ad hoc (focus group o survey interne) → da integrare con un’analisi esterna. Non si fanno le nozze coi fichi secchi (non si può arrangiare un evento importante con pochi mezzi). Bisogna pensare quale sia il cliente e cosa gli si può offrire sapendo quali sono i concorrenti. Spesso nelle imprese c’è asimmetria informazionale, non c’è una diffusa conoscenza delle cose che funzionano o no nell’azienda; Esterna: o Macroambiente: ambiente generale, un insieme di cose/fattori/variabili che riguardano tutti e bisogna capire da quei fenomeni che cosa potrebbe arrivare nella mia impresa in termini di minaccia o possibilità (il marketing è un processo di sintonizzazione per capire dove va il mondo). Mondo esterno all’impresa, può essere più strategico del microambiente perché qui cambia la struttura dei mercati (es. nel caso Blockbuster il problema non è l’attacco del competitor diretto ma il cambiamento dello scenario generale della tecnologia di riferimento e delle abitudini delle persone, quello che riguarda l’ambiente generale è più strategico in termini di marketing perché permette di sintonizzarci. Es. il mercato di fruizione della musica è cambiato completamente → cambiamento di scenario generale che poi ha portato a dei cambiamenti sul mercato): ▪ Società: secondo l’ISTAT, il numero dei single (33%) ha già superato quello delle coppie con figli (31,2%). Inoltre, entro il 2040 ci saranno più coppie senza figli che coppie con figli. Intanto gli animali domestici diventano membri della famiglia → quali conseguenze per un Tour Operator? E per player come Chicco o Prenatal? C’è un processo di sostituzione numerica tra bambini e animali da compagnia, percepiti come dei membri della famiglia per molti motivi → adottare dei prodotti e servizi per il loro benessere è una cosa oggettiva. Ad un certo punto il cambiamento diventa evidente, a rischio di brand come 12 Chicco che devono riplasmare le loro iniziative, altrimenti la torta diventa più piccola e non si ottiene la fetta più importante. Bisogna avere una risposta per affrontare il cambiamento altrimenti qualcuno lo farà al posto nostro. Le categorie interessate a questo fenomeno si moltiplicano → brand per garantire la felicità degli animali domestici (es. Vitakraft), se non ci pensiamo lo farà qualcun altro. È un mercato che non conosce crisi perché c’è l’attenzione del consumatore con una marginalità importante (sì attenti a qualità e prezzo ma non cercherà il prodotto che costa meno degli altri, per loro si cercherà la specialità come per i bambini). Un altro concetto importante per la società sono le generazioni; politica e imprese capiscono poco dalla generazione Z, la quale ha una concezione diversa da quelle precedenti, vogliono seguire il loro sogno e sono meno attaccati a un lavoro che dà reddito ma non piace. Nel mercato ha importanza anche nell’ambito risorse umane e le imprese fanno fatica a parlare con loro; ▪ Ambiente: è un altro fattore macro che riguarda consumatori, cittadini e imprese. Oggi è chiaro per la maggior parte di noi che il cambiamento climatico c’è e produce degli effetti devastanti → impatto forte su tante filiere (es. agroalimentare, bisogna reinventare il tipo di culture, es. con vertical farming e intelligenza artificiale). Si può fare business, si creano delle opportunità da saper cogliere (es. assicurazioni AXA per gli effetti del cambiamento climatico). Strategie climate change: nuovi prodotti per le sfide del futuro → anche nel beauty. “In un mondo dove il clima varia rapidamente e l’inquinamento ambientale è in continua crescita, le formule dei prodotti per la cura della pelle devono offrire soluzioni nuove. Dermatiti, irritazioni, elastosi, qualità della pelle compromessa, iperpigmentazioni, rughe sono problematiche che osserviamo ogni giorno e sempre di più. Cambiamento climatico e inquinamento ambientale stressano la nostra pelle, alterandone gli equilibri e accelerando i processi di invecchiamento” (R. Piscitelli, medico estetico e antiaging, Pambianconews Beauty). Bisogna fare in modo che siano più le opportunità che le minacce grazie ai nostri punti di forza; ▪ Economia: come l’andamento dell’economia può avere un impatto sulla nostra azienda. Es. i tassi di interesse sul denaro prestato nel corso degli ultimi anni sono cresciuti ed è diventato più difficile ottenere un mutuo. Una decisione di un’impresa lontana dalle singole imprese produce un impatto che tocca diverse imprese (es. la gente rimane in affitto e non compra la casa, e non compra la cucina di Scovolini) → effetti forti a valle dove si producono le scelte di acquisto. In questi cambiamenti di scenario nascono delle risposte, nascono formule di business come il noleggio di mobili (es. negli Stati Uniti dove cambiano spesso casa); ▪ Politica-normativa: anche questi segnali di cambiamento vanno intercettati, dobbiamo capire come un fenomeno possa avere un impatto su di noi azienda. Es. il governo mette al bando le pellicce perché è cambiato il sentimento nella società; bonus 110%; ▪ Ricerca scientifica: diventa importante studiare cosa fanno università e centri di ricerca, per come delle ricerche si possano tradurre in opportunità per la 13 nostra impresa (es. grafene, ricerca di materiale). Da soli non si possono applicare certi tipi di tecnologia e le università cercano dei contatti costanti con le imprese per questo interscambio di conoscenza (es. ruota superelastica della Nasa). Come cambia la tecnologia di sistema (effetti)? Quanto cambiamento sta determinando oggi l’intelligenza artificiale sempre più alla portata di ognuno di noi? Sta portando via interi business, es. di traduzioni e corsi linguistici. L’intelligenza artificiale fa bypassare i professionisti. Se sono stati proattivi hanno implementato l’intelligenza artificiale nelle loro professioni altrimenti restano fermi e rischiano. Conoscere il cambiamento per tradurlo in opportunità (es. yogurt certificato blockchain). o Microambiente o ambiente competitivo: mondo specifico dell’impresa: ▪ Fornitori: danno la materia prima, le parti componenti per produrre (negoziazioni sui prezzi per portare a casa le migliori tecnologie al minor prezzo, compito della funzione degli acquisti, non del marketing). Difficoltà di approvvigionamento (anche acquisizione fornitori storici); nuovi materiali/soluzioni; nuovi fornitori/Paesi (il marketing interagisce con la funzione acquisti per verificare che quel prodotto sia quello giusto da acquistare, es. in Paesi dove la manodopera costa meno); innovazioni lanciate dai fornitori (es. rapporti di approvvigionamento strategico, es. freni Brembo con interlocuzioni strategiche che chiedono alle aziende costa stanno producendo per capire come fare meglio assieme, soprattutto in auto e moto di alto livello); mosse strategiche dei fornitori. Si possono blindare i produttori nel caso di carenza di materia prima oppure si inizia a produrla (es. olive per olio), oppure si trova qualcosa per sostituire l’oliva e si crea una nuova categoria di olio per bypassare il problema della materia prima poca e cara (es. condimenti a base di olio). Un altro caso è che un fornitore storico si metta a fare concorrenza: es. Foxconn, produttore cinese degli iPhone, si mette a produrre auto intelligenti (che Apple non ha avuto il coraggio di fare). Possono diventare dei competitor e bruciare delle opportunità; ▪ Prescrittori: soggetti qualificati professionalmente per arrivare ad essere credibili sul consumatore finale per quello che gli prescrive, è un soggetto che il consumatore probabilmente ascolterà per la competenza di tipo professionale che ha e influenzerà in modo determinante la scelta del consumatore. Non è solo un influencer, è un soggetto talmente competente agli occhi del consumatore da dare un’indicazione prescrittiva di cosa prendere (se non lo fai è peggio per te). Ci sono varie figure che possono avere questo potere prescrittivo: il primo passo nel mercato è cercare e conoscere quali sono i prescrittori e poi cercare di portarli dalla nostra parte. Se nel mercato non ci fossero si potrebbero creare. Se devo mettere un climatizzatore a casa posso essere un consumatore competente indipendente oppure farlo montare dal tecnico installatore di fiducia (elettricista o idraulico) ma con clima comprato da lui. Se l’installatore di fiducia fosse stato raggiunto dalle aziende, potrebbe proporre quelle marche al consumatore e farà 14 scegliere la marca che spingerà e su cui avrà più margine, il quale non avendo competenza tecnica si farà guidare (se c’è fiducia). Bisogna fare un lavoro sul consumatore finale (pensare un lavoro su quel target, pensato per lui, consumer marketing) e si può fare anche un lavoro sui prescrittori → la somma fa il totale oppure si può lavorare solo sul prescrittore (e fare dire es. non investono in pubblicità ma spendono tutto sul prodotto). Anche i personal trainer con gli integratori fanno subire al cliente la loro indicazione prescrittiva. Il prescrittore è tale se agisce in forma prescrittiva → prescrive una soluzione che non è un consiglio spassionato, ma un’indicazione tecnica e qualificata, non seguirla potrebbe comportare dei problemi o almeno è questo che può percepire il consumatore. Se ci sono prescrittori in un mercato (non sempre ci sono), l’impresa deve saperlo e deve raggiungerli prima e meglio dei concorrenti, perché altrimenti potrebbe essere tagliata fuori dai giochi o comunque perdere opportunità di vendita rilevanti. È molto importante capire se il prescrittore c’è e se non c’è bisogna inventarlo, se non si raggiunge un prescrittore è un’opportunità persa. I mercati sono sempre in movimento, nulla non cambia nel tempo. Capita che anche il prescrittore più potente perda il suo potere (es. medico → altre campane, omeopatia, web; i produttori di farmaci devono interessarsi a come recuperare il consumatore che tende a sfuggire a questo meccanismo); ▪ Concorrenti: Diretti: realizzano il prodotto con le stesse caratteristiche o simili al nostro (es. Apple e Samsung), in questo caso bisogna sapere tutto; Indiretti: è più difficile ma vanno individuati perché sottraggono quote di mercato in modo più nascosto. Es. MSC (crocieristica di medio-alto livello). Per le persone oggi vanno meglio più micro-vacanze frazionate nell’anno (es. un weekend) → MSC mantiene la crociera classica che ha ancora mercato ma lanciano le crociere brevi con budget minore e maggiore autenticità facendo passare più tempo a terra (diventa un tour operator che fa concorrenza anche all’agriturismo). Imbottigliatori d’acqua vs. produttori di caraffa con i filtri per l’acqua vs. produttori dei depuratori d’acqua che si mettono in casa. Gli ultimi dicono di smettere di comprare bottiglie d’acqua che sono pesanti specie se si abita in alto. Uliveto deve immaginare o delle forme di partnership o attaccarle a sua volta; Potenziali: difficili da individuare, chi non è concorrente oggi (né diretto né indiretto) della nostra impresa ma che dà degli indizi per far capire che potrebbe diventarlo e se non ci siamo preparati il suo attacco potrebbe fare male. Non ci fanno concorrenza oggi ma potrebbero farcela domani. Il competitor potenziale potrebbe essere individuato da ricerche di mercato preventive (es. in USA nei sondaggi gli interessati prediligono auto a guida autonoma di Google rispetto a quelle di General Motors). Delle imprese cambiano e vengono a rompere le scatole, es. Ferrari fa una divisione interna di moda di 15 lusso, diventando un competitor di player come Louis Vuitton. Ferrari a lungo ha concesso licenze: possibilità ad altri di produrre linee beauty con il suo marchio dando una quota ad ogni vendita (royalty, percentuale). Si stufa di concedere il suo marchio ad altri e crea una divisione per essere anche una grande divisione di moda. Ferrarelle si è messa a fare bibite gassate in concorrenza con il gruppo Coca-Cola, con la scelta di fare meno prodotto ma con più valore, posizionato più alto nel mondo eureka (alberghi, ristoranti). Luxottica da azienda leader nell’occhiale realizza un occhiale che incorpora un dispositivo acustico facendo concorrenza indiretta ad Amplifon che era il leader indiscusso di quel mercato. In un mercato che cambia aumentano gli over 75 in salute che hanno bisogno di prodotti che gli permettono di sentirsi ancora giovani. Non si possono intercettare tutti i concorrenti potenziali ma i principali sì. Sony a una conferenza stampa mostra la prima auto, la più tecnologica del mondo, per far vedere che, anche se è un prototipo, se vogliono possono farlo. Su TikTok ci sono i competitor più minacciosi, stravolge il mercato dei social con un palinsesto di contenuti incoraggianti che trasformano utenti in creator, con forza su algoritmo, capacità di coinvolgere utenti di creator e ricompensarli e ascoltare quello che il creator vorrebbe ritrovare su TikTok e grazie ai TikTok (lì c’è tutto quello che serve per godersi il tempo libero). Riconosce il trend di scrittura di ebook e decide di diventare un editore per permettere ai giovani di acquistare gli ebook (non è vero che i giovani non vogliono leggere, cambia il modo in cui leggono), anche delivery di cibo con ricette prodotte da creator. ▪ Canali distributivi: bisogna cercare di capire cosa sta succedendo a livello di retail: nuovi possibili canali da esplorare (per far arrivare il prodotto al consumatore a cui nessuno aveva mai pensato, anche “laterali” nuovi con creatività, es. vestiti negli alberghi da provare e poi acquistabili); nuovi player rilevanti (es. Euronics che si affida al già consolidato Glovo); mosse dei competitor (es. acquisizioni di canali distributivi che vendono solo il loro prodotto e non il nostro, partnership, integrazione a valle); maggiore autonomia retailer Sviluppo del vertical branding (es. Ikea, Zara, Decathlon, catene distributive che diventano produttori; Decathlon ha il controllo di un mercato che si fida di lui); fenomeni di disintermediazione (es. mercato bedding - materassi, si salta un pezzo e il retail viene messo da parte con transazioni quasi completamente online che fanno saltare il rivenditore → sito-social network direttamente alla fonte); es. di nuovo canale distributivo distributori automatici comodi di sneaker per acquisti più impulsivi e meno ragionati; ▪ Canali di comunicazione: impatti sul nostro business → nel panorama della comunicazione potrebbero nascere dei nuovi punti di contatto tra brand e consumatore, anche se per molti brand è difficile accedere ai giovani perché bisogna parlare il loro linguaggio. Es. BoboTV con una capacità di ingaggio 16 diversa; Scuola Zoo che fa viaggi evento con WeRoad; i podcast parlano di tutto, trasferiscono competenze, insegnano a fare cose senza interrompere quello che si sta facendo e diventano un ottimo modo per veicolare dei messaggi di marca. I brand possono creare dei podcast su degli aspetti/valori della marca o possono entrare in altri podcast come product placement (cercando di essere menzionato, presente o semplicemente sponsorizzando podcast di altri); ▪ Consumatori e consumi: come e perché sono cambiati i consumi negli ultimi anni, oggi la birra è un prodotto più trasversale e non più solo maschile, la birra analcolica non è più criticata ed è pensata per chi insegue uno stile di vita orientato al salutismo. 1) Analisi → 2) Obiettivi (es. fatturato, volumi di vendita, quota di mercato, margine di contribuzione). Quota di mercato: quanto è grande la nostra fetta (in termini di volumi di vendita o di fatturato) rispetto al totale della torta (=100%), ovvero il mercato. Il leader a volume può corrispondere al leader a valore, ma non necessariamente. Posso quindi avere un leader a volumi diverso da quello a valore. Possono infatti esservi mercati (es. vino) con fattori critici di successo diversi, dove le imprese possono scegliere di puntare su vantaggi competitivi diversi, quindi obiettivi sui volumi (con prezzi più bassi) o sul valore, con minori volumi ma prezzi più alti (quanto si vuole vendere vs. quanto si vuole realizzare, il valore è volume x prezzo). Obiettivi di numero importanti per la performance. Es. nel mercato delle scarpe da calcetto si possono avere due concorrenti: IMPRESA A: obiettivo di vendere 1 milione di scarpe all’anno, ad un prezzo medio di 5€ = 5 milioni di euro di fatturato. Impresa orientata alla produzione con un prodotto che costi il minimo sindacale, che probabilmente è un fornitore di turno di Decathlon. Prezzo di sell-out: prezzo finale visibile al consumatore indicato sul cartellino; Prezzo di sell-in: quello che paga l’impresa che pratica il prezzo finale al consumatore quando compra il prodotto dal fornitore (es. Decatlon). I 5 euro devono permettere di coprire i costi con un piccolo margine da far crescere aumentando il volume. Impresa che punta sui volumi senza voler fare una differenza nel prezzo; IMPRESA B: obiettivo di vendere 200.000 scarpe all’anno, a un prezzo medio di 45€ = 9 milioni di euro. Scende di livello dal punto di vista del volume. C’è un impresa leader di volumi che produce di più e una che è leader di valore con il fatturato. Impresa come Nike; anche se progressivamente Nike vuole vendere direttamente i suoi prodotti, oggi vende a un prezzo di sell-over di 45€ e il prezzo di sell-out di FootLocker triplica. Ma Nike lavora per fare il fatturato sul sell-in. Nike deve lavorare affinché il consumatore abbia voglia di pagare 140€ al retailer, deve fare il suo marketing con campagne di comunicazione per convincere che la sua scarpa valga 140€ (consumer marketing), anche se non è il prezzo su cui fa fatturato Nike. Deve fare in modo che il margine del distributore sia sempre così alto in modo da avere voce sui 17 distributori (es. di non far vendere Adidas o non venderle sul livello più appetibile di scaffale). Se non si vende a 140€ il retailer non vende in maniera privilegiata il mio prodotto. Per A l’orizzonte è contenere i costi per un margine restringente che va più, il B descritto così è probabilmente un orientamento al marketing. Margine di contribuzione: è il contributo che ogni prodotto, nel momento in cui viene venduto, dà all’impresa ai fini della copertura dei costi complessivamente sostenuti dall’impresa per operare sul mercato, quindi ai fini della generazione del profitto. È dalla vendita dei prodotti che generiamo il profitto e ogni volta che vendiamo un’unità del prodotto X quella unità di prodotto deve permettere di mettere un “mattoncino” nella creazione di un eventuale profitto d’impresa (utile). 3) Scelte strategiche di marketing Segmentazione: perché penso che su quel settore io possa essere il migliore (es. TikTok nell’intrattenimento per i giovani rompendo le scatole a molti altri competitor); Posizionamento: perché dovrebbero scegliere me e innamorarsi di me. In TikTok la sintesi è nel payoff “è tutto qui”: sanno di avere in mano il mercato e di essere i competitor di molta gente perché hanno tutto. 4) Marketing-mix Composizione gamma, caratteristiche prodotti, gestione ciclo di vita prodotti; prezzi; canali distributivi; comunicazione (contenuti, canali, strumenti). 4 p del marketing: product, place (distribuzione), promotion (comunicazione), price (che prezzo faccio). 5) Conto economico Fatturato unità pianificazione X (marchio proprio calzature), Y (contoterzismo - lavori presso terzi - calzature), Z (nuovo marchio calzature da lanciare per outlet) MENO costi industriali diretti (es. materie prime) = margine lordo industriale MENO altri costi diretti (es. logistica) = secondo margine lordo MENO costi diretti di marketing (es. campagna comunicazione specifica) = margine contribuzione unità X, Y, Z MENO costi indiretti di marketing (es. campagna comunicazione aziendale) = margine contribuzione netto di marketing. 6) Controlli Visione classica del marketing: marketing sequenziale, di tipo top down. Siamo sicuri che uno o più competitor chiave non abbiano sottoperformato? I dati di vendita sono molto positivi, ma i dealer (chi vende il nostro prodotto) è pienamente soddisfatto? C’è qualche minaccia o opportunità ancora allo stato embrionale (un cosiddetto “segnale debole”) che stiamo trascurando? Anche se le vendite sono state molto positive, siamo sicuri di non aver tralasciato eventuali segmenti emergenti di domanda? E come leggere le performance negative? Es. un calo del fatturato può essere dovuto sia al calo delle vendite in volumi sia al calo del prezzo medio unitario. Il calo delle vendite può essere 18 generato dalla diminuzione della domanda (globale) o dalla perdita di quota di mercato. Quest’ultima può essere determinata da: prezzi troppo alti; carenze nella distribuzione; perdita di immagine; iniziative dei concorrenti; mutamenti nella domanda. Il calo del prezzo unitario medio può essere invece determinato da mutamenti nel mix dei prodotti venduti o dall’aumento dei margini dei distributori. Es. Ferrero, per i suoi Nutella Biscuits (top-seller), ha impiegato dieci anni di sviluppo e test di mercato sui consumatori, prima di arrivare a una formula di prodotto (e, in generale, di marketing-mix) perfetta, sulla base dei feedback di mercato → ottengono gli scaffali vuoti all’uscita perché tutto è stato studiato affinché ottenesse quell’effetto sul consumatore. L’impresa orientata al marketing dice che, se è brava al mercato non può non piacere perché perfetta (è presuntuosa come quella orientata al prodotto). Innovazione per l’azienda e i gelati (spin-off di prodotto a base di Nutella ma con una chiave chiara di come farli e quando farli, non può sbagliare perché lo ha fatto sulla base del consumatore. L’impresa dall’alto acquisisce i dati giusti del mercato, capisce prima degli altri cosa può funzionare e lo realizza → funziona e ha successo per forza. Orientamento al marketing, ha due facce: storicamente è quella di marketing sequenziale di tipo top down. Ma quando Ferrero introduce sul mercato i Nutella Biscuits ha già noto il suo ciclo di vita e sa già quando introdurrà sul mercato delle varianti es. di packaging per mantenerlo vivo il più possibile, ma l’aspettativa che il mercato ha sul prodotto deve funzionare. L’aspettativa era di poter ottenere il massimo per un periodo di tempo sufficientemente lungo dal suo prodotto, che si impone sul mercato con tutte le garanzie offerte dal processo di marketing seguito. Il marketing del (prossimo) futuro sarà sempre più bottom-up e circolare, un marketing strategico- conoscitivo → orientamento al marketing basato su cicli di innovazione più repentini, ravvicinati, ma sempre realizzati mediante i feedback ottenuti dal mercato (differenza rispetto all’impresa orientata al prodotto), che però possono riplasmare prodotto e marketing mix in una sorta di ciclo senza fine. → centralità maggiore data al monitoraggio del mercato; le scelte dell’impresa sul mercato emergono e riemergono continuamente dai feedback ottenuti dall’esterno. È l’altro modo più innovativo e contemporaneo delle imprese digitali: studio il mercato e lancio il prodotto con l’idea che sia una versione beta che verrà progressivamente migliorata grazie ai feedback (soprattutto nelle start-up) che arriveranno dal mercato stesso → approccio/prodotto open. Grazie all’interazione sul mercato il prodotto migliorerà progressivamente. Con l’approccio-top down il prodotto una volta immesso sul mercato nella sostanza è quello, la logica del bottom-up è studiare il mercato, lanciare con fiducia il prodotto e lasciarlo open, approccio di start-up e di aziende come Amazon ed Everli. Amazon sa cosa ci può far piacere ma lascia i suoi prodotti aperti (piattaforme, servizi) con l’idea di migliorarli sistematicamente grazie ai feedback dei consumatori. Deve portare a diventare ancora più perfetto nell’ottica del servizio che offre. Be Rebel propone un’assicurazione non a prezzo fisso in base ai chilometri (un player totalmente digitale), un miglioramento continuo di quello che diamo al consumatore. L’intelligenza artificiale studia il mercato, Desigual produce la prima collezione in questo modo ma il prodotto si può migliorare strada facendo con i feedback dei consumatori. ➔ “Il nostro obiettivo strategico è di sperimentare, imparare dal mercato e ritarare in corsa e sistematicamente le nostre iniziative di marketing, a partire dal prodotto, da ciò che offriamo, per essere sempre più perfettamente in linea con i desiderata della clientela” (Direttore Marketing BeRebel, Gruppo Unipol). 19 5. I diversi tipi di marketing per contesti di applicazione In ogni contesto in cui si va ad applicare il marketing ci saranno degli adattamenti. a. In base all’ambito di applicazione del marketing Privato: for profit (B2C, B2B, Trade Marketing) e not for profit. Hanno bisogno di trovare la maniera giusta per coinvolgere il consumatore che contribuisce solo ad alcune. Le non profit affrontano una folta concorrenza, anche di tipo indiretto (es. Treedom). È opportuno segmentare i pubblici (es. imprese e privati). Brand e comunicazione hanno un enorme peso (attenzione allo spam e al registro). È necessario trovare un ampio set di formule per convincere i pubblici a sostenere la causa, oltre le semplici donazioni una tantum; Pubblico: il marketing è applicabile anche al territorio, con una serie di condizioni che lo rendono utile. Ogni territorio ha degli asset (beni da monetizzare) che vanno valorizzati. Sempre più i territori devono essere in grado di “badare a sé stessi”. I territori sono sempre più in concorrenza a livello internazionale per attrarre imprese e turisti (es. per pensionati). È possibile (opportuno) segmentare i pubblici (tipologie di imprese o di turisti). Qui il marketing è molto più che comunicazione: un progetto di sistema, che va curato e alimentato con attenzione e pazienza. b. In base al tipo di prodotto o output Beni di consumo (acquisto ricorrente o durevoli), beni industriali e strumentali, servizi, esperienze, trasformazioni. Per quanto riguarda i primi due, valgono principi e regole del marketing, ma rispetto ai beni di consumo: acquirenti più competenti e con maggior potere, importanza delle componenti di servizio (es. formazione e assistenza), approccio meno transazionale e più relazionale, comunicazione meno massiva e più settoriale, tecnica e specialistica. Per quanto riguarda i servizi valgono principi e regole del marketing, ma rispetto al marketing dei beni il consumatore è presente quando il servizio viene erogato (importanza caratteristiche, modo di fare e capacità del personale di contatto), il consumatore può avere un ruolo nel processo (es. self-service), assumono importanza i “fattori di atmosfera” (es. studio dentistico freddo o studio con poltrone comode, musica, filmati) → elementi che possono entrare nella forma di valutazione del consumatore, l’intangibilità del prodotto rende particolarmente importanti comunicazione e segnali di valore. Le esperienze sono simili al marketing dei servizi, ma qui il consumatore paga per vivere un’esperienza diversa dal solito, per uscire dalla routine, per uscire meglio di come è entrato: l’imperativo è giustificare il prezzo del biglietto, la tematizzazione è un aspetto centrale, bisogna evitare la banalizzazione delle esperienze (rischio forte), i servizi possono essere utili (es. struttura ricettiva + parco), la comunicazione deve anticipare/richiamare le esperienze vissute, anche tangibilizzandole. Anche le esperienze sono immateriali, si pagano dei biglietti per vivere dei momenti indimenticabili (experience economy, la differenza sta nella capacità di far vivere delle esperienze positive al consumatore, es. Gardaland). Devono mantenere alta l’asticella dell’emozionalità per il consumatore che devono rinnovarsi per evitare il rischio di banalizzarsi. ➔ Community experience: ricorda i simboli, i membri della community hanno bisogno di riconoscersi quando si incontrano. 20 Secondo il marketing il cinema è un servizio o un’esperienza? Non ci sono schemi prefissati e incontrovertibili, ma ogni ambito di business ha una sua collocazione naturale. Es. tendenzialmente una lavanderia a gettoni è progettata per offrire un servizio con un’aspettativa di esperienza bassa, basico, essenziale, veloce, affidabile, a buon prezzo. Ma chi dice che non si possa concepire una lavanderia a gettoni per vendere esperienze? → Es. Heineken e la LaundroMatch, come sarebbe una lavanderia di questo tipo? Paghi non solo per lavare dei capi, ma anche es. per ascoltare musica, leggere un libro, farti fare un massaggio, partecipare ad eventi per incontrare persone (fare amicizia, trovare l’anima gemella, coltivare una passione, ecc.). Nell’area di mercato in cui vogliamo collocare una lavanderia di questo tipo deve esservi una domanda pronta (anche latente), bisogna analizzare il mercato per capirlo. Il prezzo sarà maggiore rispetto a una lavanderia convenzionale (occhio al modello di business). Si può costruire una rete franchising sopra cambiando formula da gettone ad abbonamento (abbonarsi a qualcosa di diverso dal servizio standard che caratterizza quella categoria). ➔ Nel marketing nulla è incontrovertibile, ogni business di servizio potrebbe diventare un business diverso di esperienze. Le sale cinema si sono posizionate nella prospettiva dei produttori di servizi: il cliente paga per la visione di un film in condizioni di comfort e servizio standard. Prospettiva classica dei cinema, pericolosa nell’era dei Netflix & Co., la cui ondata li ha fatti andare in crisi. Le strade sono due: A. Lavorare meglio sul marketing del servizio, es. scovando segmenti non adeguatamente soddisfatti e potenzialmente ad elevato valore aggiunto; B. Mettere in scena esperienze memorabili attorno alla proiezione del film (es. con letti e cena), anche destrutturando l’esperienza classica di fruizione del film (es. visione itinerante di film anche cult del passato su gondole a Venezia, ricreando un margine di specialità), anche puntando sulle nuove tecnologie, per un intrattenimento più realistico e immersivo (cinema dinamico, coinvolgimento nella storia). Contro il problema di scarso appeal si può rimanere un servizio ma fare meglio il marketing; i cinema non fanno una segmentazione ma toccano tutti, non c’è un servizio in cui il bambino viene accudito mentre guarda il suo film pagando un prezzo più alto e gli adulti un altro → si può trasformare il cinema in un provider di atmosfera. Netflix è la banalizzazione di quella categoria del prodotto e bisogna riaumentare il margine. Gli ostelli e residenze per studenti di nuova generazione non sono più semplici foresterie ma si rivelano attenti al benessere psicofisico dei residenti per costituire una nuova idea di comunità basata sulla condivisione delle idee (es. aparto) → con zone per gaming, yoga e sale cinema, perché studiare deve essere un piacere. Il marketing delle trasformazioni vede la trasformazione positiva e strutturale del consumatore per uscire diverso da come era (es. percorsi di medicina estetica) o la sua mente (es. formazione accademica), si paga per vivere delle esperienze che nel tempo renderanno una persona più forte, chi produce il prodotto formativo in modo accademico dovrebbe chiedersi questo con questionari 21 con metriche per misurare la trasformazione degli individui e dei professionisti (“il prodotto sei tu”); nei college americani la consegna dei diplomi è una celebrazione del cambiamento. È simile al marketing dei servizi e delle esperienze, ma qui il consumatore paga per vivere un’esperienza complessiva positiva, per un cambiamento strutturale: servizi, singole esperienze e coaching si combinano per raggiungere l’obiettivo. L’approccio non può che essere relazionale → coltivare e sfruttare la community come grande opportunità. Con l’intelligenza artificiale LinkedIn di Microsoft passa da un semplice social di networking professional al coach che allena e trasforma per far salire di livello e raggiungere il massimo. ➔ Il concetto di “prodotto” può essere esteso a qualsiasi tipo di contesto. Es. il successo e i meriti di Rovazzi, Il Movimento 5 Stelle ha individuato un’opportunità dalle analisi, un malcontento in cui inserirsi con un testimonial (Grillo) per confermare il posizionamento (uno dei due fondatori, Casaleggio, è un marketer). Il mantra della prima fase era persone della società civile in cui nessuno avesse fatto politica → brand sul mercato che poi si riposiziona, da meno protesta a più valori che si avvicinano a sinistra (disputa Conte-Grillo). 2. LA SEGMENTAZIONE Il marketing ruota per buona parte sullo studio di quello che il consumatore che abbiamo scelto vuole o potrebbe volere → siccome noi lo abbiamo scelto, quello che cerca è in sintonia con quello che noi potremmo dargli. 1. Intro Formula del successo: offrire ai propri consumatori-obiettivo (target group o segmenti) un Beneficio Differenziale Percepito (BDP) superiore ai concorrenti → rapporto qualità-prezzo, differenza tra quello che il consumatore si porta a casa in termini di valore e il sacrificio che noi gli chiediamo. Il beneficio che dobbiamo offrire su quel target possiamo intenderlo come il valore (espresso nei termini di quanto è utile e quanto lo soddisfa quel prodotto, è contento per ciò che gli dà) meno il sacrificio che chiediamo espresso in due livelli: in termini di prezzo e di tempo per valutare, trovare e scegliere quel prodotto rispetto a un altro. I valori devono essere superiori, bisogna lavorare affinché ne valga la pena (good value for money migliore degli altri, al consumatore interessa quanto vale la pena, non quanto sacrificio). Questo diventa il beneficio differenziale percepito. Gruppi di consumatori che in relazione a una certa categoria di prodotti cercano attributi e vantaggi simili e che possono essere conquistati con le stesse leve di marketing (es. un certo tipo di comunicazione veicolata in un certo canale). Consumatori diversi cercano cose diverse sul mercato, anche se ci sono dei contesti culturali in cui si cercano le stesse cose (es. mercato di massa una volta in Italia) per affermare la propria appartenenza ad un gruppo ampio; ma oggi siamo frammentati e bisogna fare uno sforzo di segmentazioni: suddividere i consumatori in cluster, fraction group che a una determinata logica di prezzo reagiranno allo stesso modo e cercheranno cose simili. Il gioco della segmentazione consiste nel ridurre la frammentazione del mercato perché è antieconomico per le imprese fare un prodotto one-to-one (solo nell’alto lusso c’è una customizzazione estrema). Si parte dal presupposto che a un gruppo di consumatori possa piacere una determinata categoria di 22 prodotto. Bisogna capire come si può scomporre il mercato in tessere di un puzzle (ogni tesserina è un segmento). Per piacere (più di altri) a un determinato segmento è necessario investire. Dobbiamo essere certi che quel segmento esista e che sia quello giusto per noi. L’obiettivo è ottimizzare l’utilizzo delle risorse e di ridurre i rischi di flop. Preferenze omogenee (caratteristiche che cercano nei prodotti, prezzo che si è più disposti a pagare): marketing di massa; Preferenze agglomerate: marketing segmentato (per ridurre la complessità del mercato); Preferenze diffuse: marketing personalizzato (nel business-to- business quando il cliente è una grande azienda o nel lusso di alto livello che si fa pagare). Una situazione di mercato di massa è meno complessa e la gara tra le imprese si innesta sulla capacità di innestare differenziazione psicologica (mercato negli anni ’50-’60-primi ‘70 con cluster massivi in cui vinceva il brand con più comunicazione e pubblicità), oggi non basta più e si va alla ricerca del segmento giusto. 2. Come segmentare Ci sono due logiche opposte per segmentare il mercato: Segmentazione descrittiva: parto dal presupposto che chi ha determinate caratteristiche che descrivono il consumatore (es. età, genere, tipo di lavoro, ecc.) possa avere determinate esigenze ed essere attratto da specifiche iniziative, caratteristiche di prodotto e un tipo di prezzo/comunicazione/canali distributivi → se sei così vuoi questo. Si fa una corrispondenza tra caratteristiche che denotano il soggetto e cosa cerca; con questa si fa un’ipotesi da cui nascono dalle ricerche sociali e di mercato che descrivono i soggetti in base a quelle caratteristiche (es. generazioni oggi in Italia). Questo tipo di segmentazione lascia più spazio alle imprese per essere creative nell’individuare delle caratteristiche e delle altre leve del marketing del prodotto perché non sanno certamente cosa cercano, conoscendo le caratteristiche del soggetto possono ipotizzare che gli possa interessare questo e non quell’altro. Permette di più di intercettare la domanda latente, cioè quella non manifesta. Se si è dei bravi analisti di mercato ci si formano delle soluzioni a cui il consumatore ancora non ha pensato. Distinzione tra marketing mix (le quattro leve operative del marketing) e segmentazione. So chi sono, ma non so esattamente cosa cercano. Analizzando il segmento (e le sue evoluzioni nel tempo), posso fare delle congetture (supporto al processo creativo), eventualmente da sottoporre a verifica (ricerche di mercato). È plausibile pensare di segmentare mercato delle lenti a contatto per genere? Non ha senso, non abbiamo elementi per ritenere che in base al genere ci siano delle differenze diverse tra consumatori uomini e donne. La segmentazione si basa su dati ma deve essere un gioco creativo (scoprire cosa può interessare il consumatore) e deve rispettare la categoria di prodotto; Segmentazione comportamentale: tutti coloro che adottano determinati comportamenti di acquisto o consumo, in specifici mercati. Non so chi sono, ma so cosa cercano o come si 23 comportano; dovrò poi capire chi sono, per raggiungerli al meglio. Creo degli insiemi di consumatori sulla base di quello che cercano, sulla base di comportamenti di acquisto e di consumo → si segmenta su una domanda esplicita, il consumatore sa già cosa vuole ma o non glielo hanno dato o non glielo hanno dato bene; es. le scarpe Geox hanno ricercato le persone nel mercato che ricercavano quel beneficio prioritario (il fatto che la scarpa respirava). Quel bisogno era forte e nessun brand era uscito esplicito con un prodotto che assolvesse specificamente quel prodotto; quindi, scompongono il mercato e fanno emergere questo gruppo → sanno cosa cercano, intercettano una domanda espressa/esplicita ma non sanno se sono uomini o donne, ecc. 3. La segmentazione descrittiva (gioco di corrispondenze tra chi sono e cosa possono volere) Le più utilizzate variabili di segmentazione descrittiva sono: Genere: ma attenzione all’evoluzione della società, che cambia le carte in tavola. In molti casi funzionano es. intimo (quello maschile è meno basic anche se le cose stanno cambiando) e mondo della bellezza (con delle differenze che si stanno assottigliando). Si stemperano progressivamente le differenze di genere in mondi in precedenza tipicamente maschili/femminili. In base all’evoluzione della società quanto può perdere significatività? Ci sono contesti, prodotti e categorie di servizio in cui le differenze tendono a ridursi, es. nel mondo del bricolage (aziende produttrici e retail erano esclusivamente orientati sull’uomo, oggi la donna non dipende più dall’uomo ed è più dinamica nei consumi dell’uomo ed è da riscoprire). Bisogna guardare il mondo con curiosità e rimanere aggiornati perché il mondo cambia sempre, es. nel mondo della cura della persona. Negli anni ’80 la bellezza per uomo erano poche cose e il prodotto deve essere presentato e venduto così, es. deodorante, espressione di una società che oggi non c’è più, oggi è cambiata la categoria del beauty. Cambio radicale dove prodotti della cura dell’uomo hanno preso i codici del beauty femminile in cui l’uomo non ha più paura di curarsi. Fino ad arrivare ai prodotti agender, tema della neutralità per i generi fluidi, senza genere e senza più barriere → complessificazione forte del mercato, bisogna sintonizzarsi con la società per rimanere al passo con un mercato che è cambiato (es. moda e tendenza unisex); Età: in molti casi funziona ancora benissimo. Es. la forza di Lego è sulla segmentazione per età (“acquista in base a fascia d’età”) perché cambia la capacità competitiva, anche con prodotti destinati a fasce di età adulte in cui si propone il gioco per tenere la mente allenata o alleviare lo stress. Fasi adeguate a interagire con il gioco secondo le fasce d’età. Granarolo ha capito che il mercato apparentemente non differenziato per fasce di età può essere fatto e propone diversi tipi di latte crescita, ognuno per una fascia specifica di età; un’ampia gamma che chiude i genitori in un recinto, a ciascuna fase un prodotto (latte diverso) con messaggi diversi. Poste Italiane segmenta i figli dei genitori destinatari della comunicazione secondo i fondi/libretti dove mettere i soldi, secondo le caratteristiche di cui può avere ancora bisogno. Nella prospettiva di una località balneare o turistica, a Bellaria nasce The Student Beach per una fascia d’età; ipotizzano che a quell’età si possono avere delle determinate preferenze (es. orari di apertura e chiusura, cose diverse da fare durante la 24 giornata) → si possono essere dei provider di servizi e di esperienze (la prima se si vende solo ombrellone e lettino, ma qui è più interessante se si vendono delle esperienze apposite per quel target). Ha sempre funzionato, ma attenzione a come cambia la società: negli anziani oggi siamo di fronte a dei soggetti diversi, i segmenti devono essere omogenei ma oggi in Italia la scia over 65 è scomposta almeno in quattro gruppi: umarell che va a vedere i cantieri, corteggiatore di Uomini e Donne che non si sente vecchio (e il brand deve trattarlo come un trentenne perché così vede la vita). Es. in USA cresce il consumo di marijuana tra over 65 perché si sentono giovani e fanno quello che fanno i giovani. Leggiamo quello che il mercato ci dice e per noi diventa interessante. Oggi il nonno compra le stesse cose dei suoi nipoti, non è mai successo nella storia umana (Paolo Crepet) e non vogliono essere chiamati nonni, spesso non hanno neanche nipoti in quella fascia di età per i cambiamenti della società. Sono un bacino rilevante perché la società invecchia ma con almeno quattro cluster diversi tra di loro. Oggi la categoria degli over 70 non è più un segmento omogeneo: o I non vecchi (30%): l’età non conta affatto (animo da millennials). Lo sa Amplifon che si propone a questo segmento parlando al target, se non ti senti vecchio non preoccuparti se hai bisogno, è piccolo e funzionale; o I vecchi attivi (27-28%): qualche disturbo di salute e minore energia, ma vogliono ancora una vita attiva, ricchi di stimoli e di curiosità, non si veste come un ragazzino e non li rinnega ma vuole ancora vivere intensamente, es. longevity trainer per mantenersi in forma; o I ritirati: si percepiscono anziani, ma si concedono qualche strappo alla regola quando ne hanno la possibilità. Meno numerosi, se hanno la possibilità qualcosa per vivere serenamente se la concedono, più parsimoniosi, es. gita per il circolo in bassa stagione in hotel al mare; o Gli emarginati: profilo classico dell’anziano in via di estinzione che vive per risparmiare il più possibile per figli e nipoti, problemi di salute, poche connessioni sociali, fruitori forti di TV (es. target di Rai1 e Rete4) e consumano poco, accumulatori parsimoniosi per gli altri. Quattro mondi con caratteristiche importanti diverse con bisogni diversi e modi diversi di orientamento delle imprese per poterli conquistare. Composizione dei nuclei famigliari: es. nel turismo vacanze e tempo libero abbiamo quattro mondi: single: giovani ma anche di ritorno o liberati con voglia di consumare. Es. nel formato alimentare ha bisogno di formati diversi, nei viaggi ha bisogno di networking o contesti come avventura del mondo. A seconda del tipo di nucleo può essere veicolata una caratteristica diversa. Strutture ricettive per coppie senza figli che si orientano a questo target offrendo esperienze intime e romantiche. Catena di ristoranti per famiglie con figli per una certa età (menù, intrattenimenti diversi per i bimbi in quella fascia di età per far mangiare tranquillo il genitore). Genitori single: alberghi che organizzano pacchetti di questo tipo per chi ha necessità di vivere intensamente quei due giorni in cui possono stare con il bambino. Offrire quel tipo di esperienza turistica che permette anche di destagionalizzare per bilanciare i flussi durante i vari periodi dell’anno; 25 Caratteristiche fisiche del consumatore: es. Doro presenta gli smartphone per i disabili visivi e gli utenti senior (sicuramente il non vecchio non è interessato, ma un ritirato può essere molto in target). Questa segmentazione può reggere perché il prodotto è molto diverso dagli altri; Stili di vita: in ogni momento storico nella società esiste in un numero limitato di stili di vita in cui si può vivere che vengono mappati in base a variabili come tempo libero, soldi, ecc. → descrizione dettagliata del soggetto che può sviluppare una creatività. Ogni 3 o 5 anni viene rifatto questo campione di sondaggio con incentivi per chi risponde. Es. Snaldero ha usato in passato questa tecnica di segmentazione e nella home page parla del target del consumatore e delle case in cui vive e di come vive e vede la vita (con marketing mix) e non mostra le sue cucine. 4. La segmentazione comportamentale (intercettano una domanda più visibile e non latente) Le più utilizzare variabili di segmentazione comportamentale sono: Frequenza/intensità d’uso di un prodotto o servizio: non ha senso trattare tutti i consumatori indistintamente a seconda di quanto viaggiano; bisogna guardare es. i prezzi (programmi di frequent flyer di Ryanair), premiare gli utilizzatori frequenti. Es. più spesso usi il mio prodotto/servizio più ti devo trattare diverso dagli altri. L’assicurazione a consumo BeRebel ricorda che spesso le cose semplici possono essere efficaci, il 70% degli italiani (segmentazione comportamentale) guida circa 12.000 km all’anno e paga tanto per una polizza auto che sfrutta poco. Il premio non tiene conto del fatto che chi usa poco l’auto paga anche per gli altri, in questo modo va diretto su chi si comporta in un certo modo (chi fa pochi chilometri) ed entra nel mercato ed ottiene una quota → il target ha senso e valore strategico; Occasioni e modalità d’uso del prodotto: in quali occasioni tipiche il consumatore tende ad utilizzare quel prodotto. Es. Angelini Pharma e i Moment educano che i mal di testa non sono tutti uguali e loro hanno la soluzione, se il mal di testa ti viene in questa locazione il prodotto giusto è questo e te lo do io → costruendo il vestito perfetto per quel consumatore per poi dare l’occasione d’uso del prodotto che può avere a che fare con la modalità d’uso nel prodotto. Es. nel mercato degli smartphone ci si rende conto che c’è un segmento di consumatori per cui è importante usare lo smartphone per giocare, con caratteristiche perfette per quel tipo di consumatore (es. lavorando su batteria, Poco X3). Più specifico, più il valore è alto e cresce la possibilità di fare margine perché si è più efficaci a creare soluzioni per il consumatore; Stadio del processo d’acquisto (bisogno latente, bisogno consapevole, desiderio, intenzione acquisto, acquisto): i provider del digitale ci studiano e sanno in quale fase ci troviamo e possono andare dai provider per proporre degli elementi strategici. Tutto quello che scriviamo alla ricerca di qualcosa che ancora non si sa bene su social o WhatsApp viene letto per incasellarci (lo accettiamo perché è la moneta di scambio) e può arrivarci con quella intenzione pubblicitaria (es. esprimiamo il desiderio a qualcuno di fare un viaggio, non 26 paghiamo per i servizi digitali ma paghiamo con la nostra privacy), in questo caso il bisogno emerge e diventa esplicito. Ci si indirizza verso un brand che potrebbe fare al caso nostro, poi c’è la fase dell’intenzione d’acquisto e in cui neancora si è svuotato il carrello. Pensa a chi negli shop online mette i prodotti nel carrello, ma poi non lo 'svuota'. Lascia i prodotti in sospeso. Negli indecisi, in quel lasso di tempo possono arrivare delle offerte perché siamo studiati dai device estremamente nel dettaglio; Finalità d’acquisto: per quale motivo il consumatore potrebbe essere interessato a quel prodotto, acquisto per me stesso o per fare un regalo (in cui le persone sono più conquistabili da un marketing ben fatto). Es. biorfarm permette al consumatore di adottare delle piante da frutto sostenendo il mondo ricevendo poi a casa il prodotto biologico (es. dal consumatore che va ai mercatini biologici e da natura sì o da chi fa regali). Nel caso di compra per sé di cerca di fidelizzare proponendo il riacquisto frequente; Difficoltà vs. marginalità clienti: le variabili di segmentazione possono essere incrociate per definire nel dettaglio i segmenti. Si isolano i segmenti su quando il consumatore è difficile da conquistare e mantenere e quando è disposto a riconoscere che richiede molte attenzioni e riconosce giusto il prezzo che deve darmi: o Cliente passivo: è pigro e non ha tempo per informarsi, ma è B= basso passivo fino a prova contraria perché nessuno lo ha fatto A= alto appassionare, averli nel portafoglio cliente fa diminuire il suo valore e dell’impresa, sono meglio i clienti orientati al servizio che scelgono perché sono rompiscatole. I passivi non fanno passaparola positivo e se qualcuno li risveglia si possono perdere. Vanno bene solo nel breve termine ma bisogna ragionare nella lunga vita dell’azienda, es. con Iliad si sono risvegliati per i prezzi molto bassi; o Orientati al servizio: severi ed esigenti ma se riusciamo a convincerli per quello che gli diamo ci premia, è un cliente competente con elementi tecnici per valutare le aziende diverse, e se contento potrebbe fare un passaparola positivo e diventa l’advisor della sua cerchia; o Orientati all’affare: malato di risparmio, si accontenta, si può accontentare facilmente se si offrono delle opportunità di risparmio. Non è infedele perché, se si è bravi a convincerlo sul fatto della convenienza è fidelizzabile (es. Eurospin e spesa intelligente che permette di risparmiare senza guardare le marche → il target è quello). È compente come quello orientato al servizio ma su parametri diversi, questo si informa sui prezzi e non gli interessa la marca. Siamo un’impresa orientata al marketing se il cliente orientato all’affare è il primo da seguire? No, perché va più su imprese all’orientamento alle vendite, ma anche lui può fare passaparola positivo per l’aspetto del prezzo; o Aggressivi: tira sul prezzo, vuole risparmiare, vuole tanto in termini di valore (sa e si informa) e vuole fare poco. È il consumatore da evitare o da cercare di rieducare facendolo diventare orientato al servizio facendogli capire che chi sul mercato offre qualità e prezzo basso lo sta fregando. 27 Soddisfazione vs. fedeltà clienti: un’altra matrice che si basa sull’incrocio tra due variabili diverse: o Apostolo: iper-fedele ma perché è soddisfatto, a ragion veduta, ed oggi ha occhi solo per noi, deve essere glorificato e verso di lui vanno indirizzate delle campagne, bisogna aiutarli es. sponsorizzando un raduno mondiale di Nutella. Verso l’apostolo bisogna fare perché va coltivato l’amore (es. la Ferrero sbaglia e poi lo fa) → più salgo di livello più aumenta la marginalità («Per me, Gucci era più di una marca, era il mio compagno personale. Quando entravo in un negozio Gucci mi sentivo in paradiso. Ogni cosa all'interno del negozio mi faceva sentire a casa: l'atmosfera del lusso, l’illuminazione, il design e la musica»); o Ostaggi: non ha fatto la disdetta ma non è contento, rimane ma c’è qualcosa che non va. Averli è un problema di medio o lungo periodo nell’azienda e qualcuno li può liberare (magari rimane perché è un passivo ed è magari un anziano che non sa fare). Bisogna capire quanti consumatori ostaggi che si hanno facendo dei questionari e bisogna intervenirvi perché, se non lo faccio arriverà qualcuno che lo farà → es. Iliad ha liberato tanti ostaggi e ci ha fatto una quota di mercato, BeRebel; o Terroristi: poco fedele per colpa nostra perché non lo abbiamo reso contento ed è arrabbiato (good value for money, ha pagato), sa di avere lo strumento della recensione. Tra le caratteristiche di un brand forte c’è la capacità di risollevarsi dall?