Summary

Questo documento fornisce una panoramica di base della psicologia generale, esplorando concetti chiave come il comportamento, la mente, e i principali approcci teorici come l'introspezione e il comportamentismo. Il testo descrive anche il contributo di diverse scuole di pensiero, tra cui il cognitivismo e le neuroscienze cognitive. Il documento mette in evidenza l'importanza del metodo scientifico e delle tecniche di ricerca nelle diverse discipline della psicologia.

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PSICOLOGIA GENERALE DI BASE Psicologia → Studio scientifico del comportamento e dei processi mentali, studio delle capacità cognitive dell’uomo. - Comportamento: azioni e risposte direttamente osservabili - Mente: stati interiori e processi che non possono essere visti direttamente,...

PSICOLOGIA GENERALE DI BASE Psicologia → Studio scientifico del comportamento e dei processi mentali, studio delle capacità cognitive dell’uomo. - Comportamento: azioni e risposte direttamente osservabili - Mente: stati interiori e processi che non possono essere visti direttamente, devono essere inferiti, quindi vanno desunti da risposte osservabili e misurabili. Usiamo degli strumenti per fare delle inferenze sui processi mentali che hanno portato a quella risposta Psicologia generale → Sensazione, percezione, memoria, linguaggio, attenzione, ragionamento (i processi cognitivi) sono governati da leggi generali che la psicologia deve scoprire. Generale = allgemein (tedesco) Allen gemein = comune a tutti Per ogni tipo di processo cognitivo, la psicologia generale va ad identificare i processi cognitivi che accomunano le persone, cioè dove si trova la media. → Distribuzioni gaussiane Wundt fu il primo a riconoscere l’importanza del metodo sperimentale in psicologia e codificare con estremo rigore i principi che governano questo metodo. Il suo metodo si basava sull'introspezione: per studiare i processi mentali era fondamentale scomporre il processo mentale attraverso l’osservazione e registrazione della natura di percezioni, pensieri e sentimenti propri degli individui. L’introspezione consiste nella descrizione dei contenuti mentali. Chimica mentale: la complessità dei processi mentali viene frammentata e divisa come si fa con gli elementi chimici Anni dopo entra in voga il comportamentismo, che si oppone al metodo introspezionista, che sostiene che l’unica cosa osservabile degli individui sia il comportamento: la psicologia non può basarsi sulla descrizione soggettiva degli stati interni, ma solo sui comportamenti. Comportamentismo → «L'introspezione non rappresenta alcuna parte essenziale nei suoi metodi, né il valore scientifico dei suoi dati dipende dalla possibilità che essi vengano tradotti in termini di coscienza». Ritiene che la psicologia non possa basarsi sulla descrizione soggettiva degli stati interni, ma su ciò che è osservabile: il comportamento → A partire da comportamenti osservabili è possibile trarre inferenze sui processi di manipolazione mentale delle informazioni (Neisser). L’oggetto di studio non è non la mente né la coscienza, ma il comportamento osservabile, il metodo di studio non l'introspezione, bensì la descrizione (quantitativa) di un comportamento oggettivamente osservabile in funzione di una stimolazione ambientale In presenza di uno stimolo si innesca una risposta, tutto ciò che sta nell’intermezzo è una scatola nera. Ciò che avviene all'interno della mente non è osservabile, quello che possiamo osservare e misurare è solo la risposta comportamentale ad un determinato stimolo. Watson sostiene che sia possibile lavorare sul rapporto stimolo-risposta e modificare lo stimolo affinché questo possa generare una risposta associata allo stimolo somministrato. Es: “Possiamo aumentare o ridurre la probabilità che un comportamento venga messo in atto applicando dei rinforzi o delle punizioni” Se è vero che ciò che succede all’interno della scatola nera non è osservabile, è anche vero che conoscere le caratteristiche specifiche dello stimolo non necessariamente porti alla stessa risposta. “Problema delle variabili intervenienti” di Tolman Tolman sostiene la che risposta sia la funzione della risposta della relazione tra stimolo e variabili intervenienti S→R R= f(S) S→I→R R=f(S x I) Esperimento del topolino inserito in un labirinto: Secondo il modello comportamentista il topolino attraverso una serie di tentativi ed errori apprenderà il percorso da compiere per uscire dal labirinto. Il topolino sta acquisendo la serie di comandi motori specifici per interagire con il labirinto in cui è inserito, dunque nel momento in cui vengono cambiate le condizioni del labirinto inserendo degli ostacoli, lui dovrebbe ricominciare da capo ma si vede che il topolino trova subito la via d’uscita, questo perchè ha sviluppato una mappa mentale del percorso del labirinto e a prescindere dalle condizioni lui troverà sempre la via d’uscita. La mappa mentale è una variabile interveniente, che interviene tra stimolo e risposta. Limiti del comportamentismo → Secondo Tolman le semplici associazioni stimolo-risposta non permettono di spiegare completamente il comportamento → Problema delle “variabili intervenienti” In più, dove finiscono le informazioni fornite dagli stimoli o quando la risposta compare molto tempo dopo? (Es. ripetizione di una poesia studiata a memoria anni prima) Hebb inizia a parlare di processi di mediazione, processi che si interpongono tra stimolo e risposta e del modello logico dello svolgimento dei processi mentali. Neisser è invece padre del modello cognitivista, ossia i processi con cui l’informazione sensoriale viene trasformata, ridotta, elaborata, immagazzinata, recuperata e usata. Cognitivismo → La psicologia cognitiva non si occupa più di comportamenti e neanche di contenuti o vissuti, ma di processi mentali. Esamina il modo in cui i processi mentali possono influenzare il comportamento. Origini della prospettiva cognitiva → Psicologia della Gestalt, che esamina come gli elementi dell’esperienza siano organizzati in insiemi → Il nostro sistema percettivo tende a creare delle continuità percettive. I gestaltisti ritenevano che l’esperienza percettiva dipendesse dai modelli formati dagli stimoli e dall’organizzazione dell’esperienza. Quindi per i gestaltisti senza l’esperienza di percezione di un cubo, senza la conoscenza della forma cubica, non si potrebbe percepire un cubo. Tra gli esempi che la psicologia della Gestalt propone c’è la legge di continuità, che sostiene che le persone colleghino tra loro singoli elementi in modo da formare una linea continua in un modello che abbia senso → Di fronte ad uno stimolo si percepisce una linea continua tra A e B e tra B e C, ma non tra A e C La psicologia cognitiva si occupa di processi mentali. Dal punto di vista logico, il funzionamento dei processi mentali è ritenuto equivalente a quello di un elaboratore di informazioni. La mente riceve uno stimolo, lo elabora e produce una risposta, proprio come fa un computer. Per i cognitivisti computer : cervello = software : computer E l’hardware (il cervello)? Nascono le neuroscienze cognitive → Discipline che si avvalgono di sofisticate registrazioni elettriche e di tecniche di formazione delle immagini del cervello (neuroimaging) per esaminare l'attività cerebrale mentre gli individui sono impegnati in attività cognitive. Risonanza magnetica funzionale (fMRI): permette di fare una fotografia anatomica del cervello e di stimare quale sia il funzionamento del cervello in un particolare momento, sfruttando il segnale BOLD. L’idea alla base è che quando un individuo è impegnato in un’attività cognitiva, ad esempio il processamento di uno stimolo visivo, le porzioni di cervello coinvolte in quello specifico compito saranno quelle che richiedono un maggior apporto di emoglobina ossigenata. La differenza tra emoglobina ossigenata e deossigenata permette di ricostruire le immagini dell’fMRI. Tecniche di neuroimaging permettono di vedere cosa succede al cervello data una certa stimolazione, di intercettare i processi cognitivi a livello di elaborazione cerebrale. → Es. Caso della lesione alla regione fusiforme responsabile del riconoscimento dei volti (fusiform face area) che porta a prosopagnosia. - I ricercatori hanno creato una situazione sperimentale (manipolazione) e durante la risonanza magnetica ai partecipanti vengono presentati tramiti dei visori degli stimoli immagini di volti o case o immagini “scrambled” - Applicando il metodo sottrattivo, ovvero l’attivazione del cervello mentre l’individuo vede un volto meno l’attivazione mentre vede una casa/immagine scrambled, emerge che l’unica area ad avere un’attivazione maggioritaria è la fusiform face area - La fusiform face area è quella che permette il riconoscimento dei volti e una lesione di questa porzione di cervello porta ad un disordine neuropsicologico chiamato prosopagnosia, che si caratterizza di una incapacità selettiva degli individui di riconoscere i volti delle persone. Il metodo sottrattivo non è l’unico applicabile quando si utilizza una tecnica di neuroimmagine. Es. Studio di decoding e processo cognitivo di presa di decisione → L’attivazione cerebrale viene utilizzata per fare una predizione rispetto ad uno stato nascosto decisionale - Situazione sperimentale in cui al partecipante viene presentata una sequenza di immagini: la prima è una slide con scritto “select” e il soggetto deve decidere liberamente se applicare un’addizione o una sottrazione ai numeri presentati successivamente; vengono poi presentate due cifre e l’individuo deve applicare l’operazione scelta, nella terza slide compare una configurazione con quattro valori e il soggetto doveva rendere esplicita la sua decisione precedentemente presa. - Si scopre che dall’attivazione di una porzione della corteccia prefrontale che si può capire se l’individuo applicherà addizione o sottrazione; prendendo quindi l’informazione cerebrale che si presenta durante la messa in atto del processo decisionale si può anticipare quello che il soggetto farà dopo, è possibile decodificare la decisione presa dall’individuo. Metodi di ricerca in psicologia generale Il cavallo “Clever” Hans e il barone Von Osten: la storia di Hans, cavallo che sapeva contare Berlino, fine 1800, il barone Wilhelm Von Osten scopre che il suo cavallo Hans è in grado di contare! Von Osten scrive 1 sulla lavagna ed Hans batte un colpo con lo zoccolo, sulla lavagna compare il 3 e Hans batte tre colpi. In poco tempo il cavallo può riconoscere i numeri fino a 10. Von Osten passa ad insegnare al cavallo somme e sottrazioni, che il maestro scrive sulla lavagna e che Hans risolve, battendo con lo zoccolo la risposta corretta. Gli studi progrediscono ed Hans apprende il significato di alcuni simboli, risolve problemi matematici con radici quadrate e operazioni con le frazioni. La fama di Hans The Clever si diffonde rapidamente nel paese. “Se il primo giorno del mese è mercoledì” chiede Von Osten ad Hans, che nel frattempo ha imparato a rispondere a domande verbali, “qual è la data del lunedì successivo?” E sei battute dello zoccolo sul terreno seguono subito dopo. “Qual è la radice quadrata di sedici?” Quattro battute di zoccolo. Pur con qualche errore la percentuale di risposte giuste di Hans è vicina al 90%, una stima porta gli studiosi dell’epoca ad affermare che la sua intelligenza è pari a quella di un ragazzo di 14 anni. Il Ministero dell’Educazione tedesco chiede un'indagine sulle capacità intellettive di Hans e forma la Hans Commission, con due zoologi, uno psicologo ed un famoso addestratore di cavalli. La commissione conclude che non ci sono trucchi. La Hans Commission lascia il campo ad Oskar Pfungst, uno psicologo che ha avuto un’idea su come provare le capacità di Hans. Pfungst compila una lista di domande ed ha in mente di farle porre ad Hans in 3 diverse situazioni. Come era da aspettarsi Hans risponde molto bene alle domande poste da Von Osten e le risposte sono precise anche quando a porle è un altra persona. Ma quando Pfungst chiede a chi pone le domande di allontanarsi dal cavallo, la correttezza delle risposte del cavallo diminuisce sensibilmente. Ci sono ancora due situazioni che il programma di Pfungst prevede, e che si rivelano fondamentali. La prima prevede che, chi pone le domande, non conosca le risposte e qui le risposte giuste di Hans diventano quasi zero, la stessa cosa accade quando la persona che pone le domande è nascosta alla sua vista. Sembra che l’intelligenza di Hans dipenda dalla possibilità di poter vedere la persona che conosce le risposte. Pfungst continua gli esperimenti osservando attentamente le interazioni delle persone con Hans. E scopre che, ad ogni domanda, il respiro, la postura e l’espressione facciale delle persone che sono vicine ad Hans e che conoscono le risposte, cambiano ogni volta che lo zoccolo batte per terra, mostrando un leggero ma evidente aumento della tensione interiore. Quando Hans batte lo zoccolo dando la risposta giusta la tensione scompare. E sembra proprio che Hans si accorga di ciò, fermando il battere del suo zoccolo, appunto sulla risposta giusta. Pfungst rileva che questa sottile tensione non è presente sul volto della persona che pone la domanda ma non conosce la risposta, e ciò fa pensare che in questo modo ad Hans venga a mancare lo stimolo per dare la risposta corretta. Gli esperimenti di Pfungst indicano che il cavallo non ha nozioni di matematica, ma “solamente” un intuito ed una sensibilità straordinari. Hans non fa uso del suo intelletto per dare le risposte corrette, ma più semplicemente è molto recettivo agli inconsci segnali presenti in una persona che fa una domanda e conosce la risposta. Fatto: osservazione oggettiva basata sull’osservazione diretta Teoria: spiegazione di fatti esistenti; strumento per trarre previsioni di nuovi fatti Ipotesi: previsione (che deve essere messa alla prova) su nuovi fatti Oggetto di studio: il comportamento e i processi mentali → Previsione, controllo e costruzione di una teoria Caratteristiche di una buona teoria: - organizza le informazioni in maniera significativa - è verificabile e genera nuove ipotesi - è supportata dalle scoperte delle nuove ricerche - legge della parsimonia: semplice è meglio Le teorie non sono verità assolute, ma sono un insieme di dichiarazioni formali che descrivono più o meno efficacemente la realtà. Strategie di ricerca in psicologia Setting → studi di laboratorio o sul campo; metodi di osservazione diretta o indiretta o metodi di laboratorio Impostazione della ricerca → studi descrittivi, di correlazione e sperimentali - Studio descrittivo classico: ricerca in cui lo sperimentatore descrive il comportamento di un singolo individuo o di un gruppo di individui senza manipolare sistematicamente la relazione tra variabili. Lo sperimentatore si limita ad osservare la relazione tra variabili, le dinamiche di interazione. - Studi di correlazione: all’interno del gruppo degli studi descrittivi si trovano gli studi di correlazione. Ricerca in cui lo sperimentatore non manipola alcuna variabile, ma osserva e misura due variabili per capire se sono tra loro correlate. Il coefficiente di correlazione in statistica indica direzione e forza del rapporto tra due variabili: - Correlazione positiva: i punteggi più elevati di una variabile sono associati a punteggi più elevati di una seconda variabile → Relazione diretta - Correlazione negativa: i punteggi più alti di una variabile sono associati a punteggi più bassi di una seconda variabile → Relazione inversa - Correlazione zero: assenza di correlazione Grafici di dispersione → Mostrano la correlazione tra due variabili: la direzione della relazione può essere positiva o negativa e più il coefficiente si avvicina a 1 (+ o -) più la relazione è forte. Esempio di studio di correlazione: Esiste una correlazione tra quantità di scene violente viste da piccoli e atteggiamenti aggressivi in età adulta? Studio di Rowell Hausmann → Correlazione positiva 💭Coefficiente di correlazione ↔ inclinazione della retta Le due variabili correlano: le variazioni nei valori di una variabile sono sincronizzate alle variazioni nel valore dell’altra. Ma quale tipo di relazione sussiste tra le due variabili? X → Y o Y → X? Problema della terza variabile Z→XeY Per verificare che una variabile causi un’altra, bisogna spostarsi ad uno studio sperimentale. - Studi sperimentali: ricerca in cui lo sperimentatore studia la relazione causale tra due variabili. Procedura con cui un ricercatore varia sistematicamente una o più variabili (manipolazione) per poi osservare se e come variano di conseguenza una o più variabili. Il gruppo sperimentale è esposto alla manipolazione, mentre il gruppo di controllo non lo è; l’assegnazione al gruppo sperimentale o a quello di controllo è random (randomizzazione) Le variabili Il termine variabile indica una condizione, un attributo o una caratteristica di una persona o di un evento che varia a seconda delle situazioni o degli individui. Si tratta quindi di una caratteristica che, almeno teoricamente, può essere misurata. Ci sono alcune importanti distinzioni tra le variabili: Variabili dipendenti → sono misure del comportamento dell'individuo. Si tratta quindi della risposta data dal partecipante (es, frequenza, latenza, ampiezza, durata ecc). Sono così denominate perché dipendono (almeno in teoria) dal lavoro di un'altra variabile, la v. indipendente. Variabile indipendente → è considerata la causa di qualche modificazione nelle risposte dei partecipanti. Ogni v. indipendente ha almeno 2 valori (chiamati livelli), controllati dallo sperimentatore. Talvolta però ci sono VI non controllate dallo sperimentatore, variabili intervenienti - Variabili intervenienti (di disturbo) → possono influenzare i risultati, anche se non sono previste nell’ipotesi (devono essere “controllate”, cioè neutralizzate) Cosa può essere misurato? - Atteggiamenti, opinioni, preferenze - Tempi di reazione - Contrazione muscolare - Attività cerebrale Esempio di studio sperimentale: vedere un video violento aumenta l’aggressività? Somministrato un questionario sull’aggressività, individui poi suddivisi in due gruppi: chi ha punteggi alti di aggressività in un gruppo, chi basso in un altro gruppo. Per ciascuno dei due gruppi fa poi un’altra suddivisione: a metà gruppo con bassi punteggi mostra un filmato con scene violente, all'altra metà un filmato senza scene violente, fa la stessa cosa con il gruppo con alti livelli di aggressività. Chiede poi di fare un gioco competitivo e chi vince la sfida può decidere il livello dell’intensità di un suono fastidioso da somministrare ad un altro individuo. VI → Tipo di video VD → Livello di intensità del suono Risultato: osservare scene di violenza aumenta l’intensità del livello aggressivo, ma solo se come tratto stabile di personalità si hanno comportamenti aggressivi → Differenze statistiche → Effetto di interazione tra le variabili Metodo di raccolta dei dati: - metodi di autodescrizione (questionario o intervista) - metodi di osservazione (osservazione naturalistica/partecipata o test/esperimento) Approcci alla cognizione umana La psicologia cognitiva si occupa dei processi interni tesi a comprendere l’ambiente e decidere le azioni più opportune. Questi processi includono attenzione, percezione, apprendimento, memoria, linguaggio, soluzione di problemi, ragionamento e pensiero. Psicologia cognitiva → Tentativo di comprendere l’attività cognitiva umana osservando il comportamento di individui che eseguono vari compiti cognitivi, partendo quindi da evidenze comportamentali. Neuroscienza cognitiva → Tentativo di utilizzare le info sul comportamento e sul cervello per comprendere l‘attività cognitiva umana. Utilizzo di tecniche di imaging cerebrale. 4 tipi di approcci alla cognizione umana: Psicologia cognitiva sperimentale Neuroscienza cognitiva → Metodo dei sistemi convergenti Neuropsicologia cognitiva Scienza cognitiva computazionale Psicologia cognitiva sperimentale L’uomo come elaboratore di informazioni → Approccio di elaborazione delle informazioni (elaborazione sensoriale): la presentazione di uno stimolo causa il verificarsi di determinati processi cognitivo interni che producono la risposta desiderata. - elaborazione dal basso verso l’alto (bottom-up) → elaborazione influenzata direttamente dallo stimolo in ingresso - elaborazione dall’alto verso il basso (top-down) → elaborazione influenzata dalle aspettative/conoscenze dell’individuo Ideazione di paradigmi sperimentali atti a capire come l’uomo elabora le informazioni. Esperimenti controllati e “scientifici”. Si parla di elaborazione seriale (processi seriali), che indica che il processo in corso deve essere completato prima che possa iniziare quello successivo, ma anche di elaborazione parallela (processi paralleli): - Serialità → Processi che si attivano di seguito ad altri e che elaborano il prodotto di un processo precedente (es. esame scritto) - Parallelismo → Processi che avvengono contemporaneamente elaborando prodotti differenti (es. ricerca di un volto tra la folla) Processi automatici vs controllati Processi paralleli e multitasking Limiti della psicologia sperimentale - La ricerca di laboratorio manca di validità ecologica, i risultati ottenuti non possono essere generalizzati al mondo reale. - Evidenze indirette dei processi interni (es. accuratezza e velocità della prestazione) - Teorie espresse solo in termini linguistici (vaghe) - Specificità del paradigma (risultati non generalizzabili a compiti simili) - Prevalenza di teorie specifiche invece di architetture teoriche generali in grandi di chiarire le relazioni esistenti tra le diverse componenti del sistema cognitivo Neuroscienza cognitiva Per descrivere le specifiche aree cerebrali implicate in compiti cognitivi vengono usati vari modi Corteccia cerebrale suddivisa in 4 lobi principali, frontale, parietale, temporale e occipitale: i lobi frontali sono divisi da quelli parietali mediante il solco centrale, la scissura laterale separa i lobi temporali da quelli parietali e frontali, ed il solco parieto-occipitale e l’incisura preoccipitale dividono i lobi occipitali da quelli parietali e temporali. Vengono usati vari termini per descrivere le aree del cervello attivate durante l’esecuzione di un compito, alcuni dei quali sono: - Dorsale: superiore o verso l’alto - Ventrale: inferiore o verso il basso - Anteriore: verso il davanti - Posteriore: verso il dietro - Laterale: situato a lato - Mediale: situato al centro Mappatura di differenza nella struttura delle cellule cerebrali (es. aree di Brodmann), mappa cito-architettonica basata sulle variazioni della struttura cellulare dei tessuti. Tecniche usate per lo studio del cervello → Dove/quando hanno luogo i processi cognitivi? Tecniche che variano in risoluzione spaziale, la precisione con cui identificano le aree cerebrali attive durante l’esecuzione di un compito, e temporale, va durata di tale attivazione Tecniche di misurazione diretta: - Registrazioni a unità singola → Consente lo studio dei singoli neuroni, utilizzando un micro-elettrodo nel cervello che registra scariche elettriche. Registrano aree limitate, ma per un tempo lungo; tecnica invasiva e problema dell’estensibilità - Elettroencefalogramma (EEG) e potenziali evento correlati (ERPs) → Misura l'attività elettrica del cervello per mezzo di elettrodi posti sullo scalpo; valuta bene la durata di processi cognitivi (buona risoluzione temporale). Risoluzione spaziale limitata e occorre presentare lo stimolo più volte (per distinguere il segnale dal rumore). Tecnica non invasiva - Magneto-encefalografia (MEG) → Misura i campi magnetici prodotti da attività elettrica del cervello. Risoluzione spaziale soddisfacente, eccellente risoluzione temporale, ma molto costosa. Tecnica di brain imaging non invasiva. - Stimolazione magnetica transcranica (TMS) → Si crea un campo magnetico per inibire temporaneamente ("lesione temporanea") l'attività di 1 cm circa di corteccia cerebrale: se un'area è critica per un compito, se inibita osserveremo un peggioramento (condizione di controllo: applicare la TMS ad un'area cerebrale non critica). Risoluzione spaziale scarsa (usata spesso assieme a fMRI), ma buona risoluzione temporale. Effetti talvolta marginali (RT). Tecnica non invasiva. Tecniche di misurazione indiretta : - Tomografia a emissione di positroni (PET) → Un'apparecchiatura registra l’emissione di positroni di un liquido radioattivo iniettato nella persona. Risoluzione spaziale abbastanza accurata, scarsa risoluzione temporale. Tecnica non invasiva. - Risonanza magnetica (usa MRI e fMRI) → MRI fornisce informazioni sulla struttura del cervello (onde radio che eccitano gli atomi del cervello); fMRI (informazioni su aumento di flusso ematico). Risoluzione spaziale buona, scarsa risoluzione temporale. Tecnica non invasiva Limiti della neuroscienza cognitiva - Rischio di soccombere all'illusione del neuroimaging (descrizione VS spiegazione), prospettive erronea secondo la quale le configurazioni di attivazione cerebrale forniscono evidenza diretta dell’elaborazione cognitiva. Il neuroimaging ci restituisce solo un dato descrittivo. - Metodiche che rivelano solo associazioni tra configurazioni di attivazione cerebrale e comportamento (es. l’attivazione potrebbe dipendere dalla strategia scelta) - Si assume una specializzazione funzionale delle aree cerebrali (ma ciò non è valido per funzioni cognitive di alto livello). Necessario correlare attività di diverse aree cerebrali → Networks cerebrali: raramente singole aree cerebrali implementano un processo cognitivo, molto spesso un network di aree cerebrali concorrono alla realizzazione, soprattutto in processi cognitivi di alto livello (es. attenzione). - Il cervello è attivo anche quando non riceve lo stimolo sperimentale: come differenziare le attivazioni che dipendono dallo stimolo? Inoltre, alcune stimolazioni riducono l'attività cerebrale invece di aumentarla - Mancanza di validità ecologica (stimoli di laboratorio e rilevazioni “invasive”) Neuropsicologia cognitiva Studio delle prestazioni cognitive in pazienti cerebrolesi (per trauma o malattia). Assunti teorici: - Modularità: il sistema cognitivo è costituito da processori/moduli indipendenti (isolati e con specificità di dominio), ma si ammette l’esistenza di processi dominio-indipendenti (si visione, no ragionamento) - Modularità anatomica: ogni modulo è localizzato in un'area specifica del cervello - Uniformità dell'architettura funzionale tra le persone: no differenze individuali nella disposizione del moduli - Sottrattività: una lesione può danneggiare un modulo, ma non può introdurne di nuovi La neuropsicologia cognitiva permette di studiare in maniera esaustiva le relazioni causa-effetto tra la lesione di un'area e la funzione danneggiata. Modi per comprendere il funzionamento cognitivo: Dissociazioni: il paziente sa fare compito A ma non il compito B (tuttavia, potrebbe essere perché il compito B è più difficile) Doppie dissociazioni: il pz 1 con una data lesione x sa fare A ma non B, il pz 2 con lesione y sa fare B ma non A Limiti della neuropsicologia cognitiva - I pazienti possono sviluppare strategie compensatorie - Assunzione di serialità: molte aree cerebrali funzionano in modo integrato - Le lesioni cerebrali, piuttosto che interessare solo un "modulo", sono in genere abbastanza estese - Studio di aspetti specifici della cognizione umana, piuttosto che generali Scienza cognitiva computazionale - Modelli computazionali per comprendere l'attività cognitiva (diverso da intelligenza artificiale): i modelli computazionali comportano programmi informatici che mimano, simulano alcuni aspetti del funzionamento cognitivo umano, mentre l’AI comporta sistemi informatici che producono risultati intelligenti ma i processi implicati possono avere poca somiglianza con quelli usati dagli esseri umani. - I programmi danno le stesse risposte delle persone, in tempi equivalenti - Supera vaghezza di teorie espresse solo linguisticamente Creo un modello computazionale e simulo il comportamento dell’essere umano, il modo in cui l'input arriva all’output è informativo su come agisce l’essere umano, come funziona il sistema cognitivo umano. Metodi per costruire modelli computazionali Sistemi di produzione: insiemi di regole “Se… Allora”, che operano sulla base di rilevazione di corrispondenze tra la parte “se” della regola e i contenuti della memoria di lavoro Reti connessioniste: reti di nodi interconnessi attraversati da attivazioni, che possono rappresentare il comportamento cognitivo senza utilizzare regole esplicite. Vantaggi e limiti della scienza cognitiva computazionale - Vantaggi: supera vaghezza teorie psicologiche espresse linguisticamente - Limiti: esperimento della stanza cinese (Searle) - la sintassi non è condizione sufficiente per la determinazione della semantica. Il computer di per sé non capisce né pianifica: dimostrato con un esperimento, quello della stanza cinese. Immaginiamo di essere dentro una stanza chiusa, e riceviamo degli input in una lingua che non conosciamo e abbiamo una serie molto ampia di regole che ci portano partendo da degli input a degli output; manca il significato, la prospettiva in prima persona. I processi sensoriali Che cosa sarebbe la nostra vita psichica se non avessimo i sensi? Da Aristotele in poi i filosofi hanno cercato di dare una risposta a questa domanda, arrivando spesso alla conclusione che se mancasse la sensazione, la nostra vita psichica non esisterebbe, perché non potremmo reagire a nulla e non potremmo pensare. Prima distinzione importante è quella che esiste tra sensazione e percezione: Sensazione → Processo di rilevazione dello stimolo attraverso il quale i nostri e organi sensoriali rispondono agli stimoli ambientali e li traducono in impulsi nervosi Percezione → Attribuire “un senso” a quello che ci dicono i nostri sensi. Processo attivo che organizza input dato e gli attribuisce un significato Stimolo distale (oggetto fisico) → Stimolo prossimale (insieme dei processi neurali che avvengono a livello della sensazione, trasformazione del segnale elettrico) → Percetto Sensazione La psicofisica → Studia il rapporto tra le caratteristiche fisiche degli stimoli e le capacità sensoriali - Limiti assoluti della sensibilità (soglia assoluta) - Differenze tra stimoli (soglia differenziale) La psicofisica studia i concetti di soglia assoluta e differenziale: Soglia assoluta: l’intensità più basse alla quale uno stimolo si può rilevare per il 50% delle volte Soglia differenziale: definita come la differenza minima tra due stimolo che le persone riescono a percepire per il 50% delle volte (JND, Just noticeable difference) Quanto deve essere grande un cambiamento in uno stimolo perché possa essere percepito? → Legge di Weber: la soglia differenziale è direttamente proporzionale alla grandezza dello stimolo con il quale viene fatto il raffronto. La soglia differenziale è espressa mediante la costante di Weber: JND=Intensità x K (costante di Weber) Es. Peso Nel caso del peso, costante di Weber x peso = 0,02 A fronte di un peso A, potremo percepire una differenza di peso tra A e B solo se B sarà differente di intensità x K La JND non è costante, ma rappresenta una proporzione costante dell’intensità. Strutture e processi sensoriali Recettori → Strutture specializzate che rispondono ad uno specifico tipo di stimolo fisico Neuroni sensoriali → Neuroni che veicolano gli impulsi dai recettori al sistema nervoso centrale Trasduzione → Processo attraverso cui i segnali fisici provenienti dall'ambiente sono convertiti in segnali neurali inviati al sistema nervoso centrale. La quantità di energia di uno stimolo fisico può variare lungo due dimensioni: - variazione quantitativa - variazione qualitativa La traduzione avviene in modo che l'informazione quantitativa e qualitativa presente nello stimolo sia conservata Adattamento sensoriale → Diminuzione di sensibilità verso uno stimolo che non cambia. Avviene in tutte le modalità sensoriali. Adattivo → Consente di cogliere le modifiche delle informazioni ambientali che potrebbero essere importanti per la nostra sopravvivenza Il numero dei sensi dipende dal numero di recettori. Abbiamo quindi olfatto, gusto, tatto, vista, udito e anche sensibilità alla temperatura, dolore, senso dell’equilibrio, propriocezione, ecc.. La vista - Percezione visiva La luce viaggia in onde di energia elettromagnetica; le onde sono misurate in nanometri (nm, un bilionesimo di metro). L’occhio umano è sensibile a queste onde luminose ma solo alle lunghezze d’onda comprese tra 700 (rosso) e 400 (blu-viola) nanometri. Le onde luminose entrano nell’occhio attraverso la cornea. La funzione della cornea è quella di curvare la luce e di farla passare attraverso la pupilla. La retina è un tessuto a più strati che si trova sul retro del bulbo oculare piano di liquido e che contiene due tipi di fotorecettori, coni e bastoncelli; a livello della retina avviene il processo di trasduzione. - Bastoncelli: sono essenzialmente fotorecettori in bianco e nero; funzionano al meglio quando la luce è scarsa - Coni: recettori del colore; funzionano al meglio con luce forte; a concentrazione dei coni diminuisce allontanandosi dal centro della retina Fovea: piccola zona al centro della retina che contiene una grande densità di coni Bastoncelli e coni hanno collegamenti sinaptici con le cellule bipolari, che sono connesse con le cellule gangliari, che possono essere magnocellulari e parvocellulari e che costituiscono la retina; gli assoni delle cellule gangliari si raccolgono in un fascio che forma il nervo ottico. I due nervi ottici si incrociano (chiasma) e metà degli assoni procede verso emisfero ipsilaterale, metà verso l'emisfero controlaterale. Il tratto ottico procede verso il nucleo genicolato laterale quindi verso V1 e V2, che sono responsabili dell’elaborazione precoce dello stimolo visivo. L'assenza di fotorecettori quando il nervo ottico esce dal retro dell'occhio crea un punto cieco. Nella retina si trova una porzione, da cui partirà il nervo ottico, in cui non sono presenti recettori, nonostante questo anche in condizione monoculare non si percepisce un buco nella vista perchè il cervello integra le informazioni adiacenti per darci un percetto stabile e completo. La porzione occipitale posteriore del cervello è deputata all’elaborazione delle informazioni visive (20% della corteccia): l’informazione del campo visivo destro di entrambi gli occhi viene elaborata dal lato sinistro del cervello, e viceversa e questo dipende dall’anatomia umana. Gli strati del nucleo genicolato laterale si occupano di: - rilevazione di colori e dettagli ricevendo input dai coni (parvocellulari) - movimento ricevendo input dai bastoncelli (magnocellulari) poi entrambi proiettano in V1. Seguono V1 la via dorsale (parte in alto) e la via ventrale (parte in basso) - Elaborazione forme → (corteccia inferotemporale). Esistono deficit selettivi per l'elaborazione delle forme. La corteccia temporale comunica con le aree più profonde del lobo temporale, aree legate ai processi semantici, memoria. - Elaborazione colore → un'area in V4. Può essere compromessa in modo selettivo (v. acromatopsia). Si accompagna spesso a deficit di elaborazione spaziale perché le cellule deputate a elaborazione spaziale sono vicine - Elaborazione movimento → principalmente V5, in sede dorsale. Può essere compromessa in modo selettiva (v. achinetopsia). La sede dorsale comunica con le aree motorie → Implicati neuroni e meccanismi diversi nei due tipi di percezione (esistono doppie dissociazioni) Il binding problem La specializzazione funzionale pone un problema: come integriamo le informazioni su forma, colore e movimento in modo da percepire oggetti distinti su uno sfondo? Le aree, come individuate da Zeki, non sono specializzate in modo così netto e rigido L'elaborazione visiva precoce in VI e V2 è più estesa e complessa di quanto suggerito da Zeki Il problema del binding può essere affrontato abbandonando l'idea di specializzazione funzionale rigida e riconoscendo le molte interazioni tra aree cerebrali implicate nell'elaborazione visiva Due sistemi visivi: percezione e azione - (Goodale e Milner, 1995; 1998) Esistono due vie (una dorsale e una ventrale) indipendenti e con ruoli funzionali distinti: entrambe analizzano attributi sia spaziali che non, ma per scopi differenti Via dorsale (occipito-parietale) → Responsabile dell'analisi degli input visivi per guidare in modo inconsapevole le interazioni motorie con l'ambiente → PERCEZIONE PER AZIONE - Coordinamento visuo-motorio e controllo visivo dell'azione (collegamento con memoria a lungo termine - MLT- procedurale): - Orientamento dell'attenzione spaziale - Elaborazione inconsapevole (automatica) Via ventrale (occipito-temporale) → Responsabile dell'analisi degli input visivi per costruire una rappresentazione del mondo accessibile alla coscienza e in continua interazione con la memoria → PERCEZIONE PER RICONOSCIMENTO - Percezione degli attributi degli oggetti (forma, colore, dimensione, ecc.) - Riconoscimento consapevole degli oggetti (collegamento con MLT semantica) Dal punto di vista scientifico come è stata provata l’esistenza delle vie dorsale e ventrale? Prime evidenze rilevate dalla neuropsicologia: Evidenze a favore dell'Hp di Goodale-Milner → Agnosia visiva e via ventrale → Studio di pazienti con un quadro neuropsicologico noto come agnosia visiva, conseguenza di una lesione alla via ventrale. Questi pazienti hanno gravi deficit nei giudizi percettivi (non solo verbali) relativi agli attributi di oggetti (forma, colore, dimensione, ecc...), mentre non hanno difficoltà a interagire con questi stessi oggetti. Problemi alla via centrale ma probabilmente la via dorsale è intatta. I pazienti con agnosia visiva falliscono in un compito in cui venga richiesto loro di riportare l’orientamento della fessura, ma riescono perfettamente ad inserire un cartoncino nella stessa fessura. Evidenze neuropsicologiche II → Atassia ottica e via dorsale La dissociazione opposta a quella osservata nell'agnosia visiva è visibile nel disturbo neuropsicologico chiamato atassia ottica, che è causato da lesioni alla via dorsale. Questi pazienti non mostrano alcun deficit nei giudizi percettivi relativi agli attributi di oggetti (forma, colore, dimensione, ecc..), mentre hanno grosse difficoltà a interagire con questi stessi oggetti (deficit di orientamento e/o direzione). I pazienti con atassia ottica sono perfettamente in grado di riportare l'orientamento corretto della fessura, ma non riescono ad inserire un cartoncino o la loro stessa mano in essa. Evidenze su soggetti normali → l'Illusione del cerchi di Ebbinghaus Due dischi uguali vengono giudicati di dimensioni diverse, tuttavia, il gesto di prensione (operazionalizzato come distanza massima tra pollice e indice) relativo a tali oggetti riflette le loro reali dimensioni. L'illusione funziona quindi con compiti a carico della via ventrale, ma non con compiti a carico della via dorsale: 'illusione "inganna" solo la via ventrale. Ciò che vediamo (o che crediamo di vedere) non è uguale a ciò che influenza i nostri movimenti. L’udito Gli stimoli che arrivano al nostro senso dell'udito sono le onde sonore, che hanno due caratteristiche: frequenza e ampiezza Frequenza: numero di onde sonore, o cicli, al secondo - Hertz: misura dei cicli al secondo; 1 Hz= 1 ciclo/secondo. Gli esseri umani possono percepire frequenza da 20 a 20.000 Hz Ampiezza (volume del suolo): dimensione verticale delle onde sonore - la profondità fra alti e bassi dell'onda sonora - Decibel (dB): misura della pressione sonora applicata sul timpano Il padiglione auricolare raccoglie le onde sonore e il canale uditivo le trasporta al timpano che vibra in risposta. Porzioni differenti della coclea rispondono a frequenze differenti. - Frequenza: ogni parte della membrane basilare contiene cellule ciliate che rispondono a suoni con frequenze diverse - Ampiezza (intensità): le onde sonore a elevate ampiezza fanno piegare maggiormente le cellule ciliate (rilascio di maggior numero di neurotrasmettitori) Percorso dell’info uditiva trasdotta in segnale elettrico: l’info arriva all’orecchio, viene elaborata, viene inviata al talamo e da qui alle zone temporali del cervello, dove si trova la corteccia visiva L'udito: localizzazione del suono → Il sistema nervoso utilizza le informazioni che riguardano il tempo e le differenze di intensità dei suoni che giungono a entrambe le orecchie per collocare nello spazio la fonte del suono: il suono arriva prima, e più forte, all'orecchio che è più vicino. Il cervello utilizza questa informazione per capire da dove sta venendo il suono. → La nostra capacità di localizzare i suoni è estremamente sensibile. I sensi somatici → Sul nostro corpo abbiamo recettori specifici per dolore, temperatura, tatto e da qui nascono tutte le possibilità. Il tatto Perché sappiamo da dove arriva uno stimolo? A livello della corteccia somatosensoriale abbiamo una rappresentazione precisa di ogni parte del nostro corpo, il cosiddetto homunculus. I recettori posizionati sotto la cute a livello della mano inviano una informazione ad una specifica porzione della corteccia, quella dove è rappresentata la mano. L’attivazione di quella parte della corteccia ci dirà dove ci sta toccando la persona. L’homunculus ha questa forma perchè a livello della corteccia somatosensoriale primaria (S1) abbiamo una iper-rappresentazione di due parti del corpo, la mano e il volto, e siccome abbiamo grosse popolazione di neuroni che rispondono immediatamente a una stimolazione sulla mano o sul volto, quindi in ricezione a stimoli sensoriali, siamo in grado di capire se una persona sta toccando la punta dell’indice o il palmo della mano. Le restanti parti del corpo sono rappresentate in maniera meno dettagliata. La stessa rappresentazione è presente nella corteccia motoria primaria (M1): c’è una specifica porzione della corteccia cerebrale, Area B6 (area 6 di Brodmann) in cui è rappresentato il nostro corpo in funzione del movimento da eseguire, quindi anche in produzione del movimento abbiamo una rappresentazione simile, con una iper-rappresentazione della mano. A livello della corteccia motoria primaria, la porzione cerebrale in cui è rappresentata la mano è adiacente alla porzione in cui è rappresentato il volto. Esiste una condizione clinica che prende il nome di “sindrome dell’arto fantasma”: le persone in seguito ad amputazione della mano, continuano a sentire di avere quella mano, perché a livello cerebrale la mano è ancora rappresentata; le persone, stimolate sul volto, riportano di avere una sensazione sulla mano, questo perchè le due aree sono adiacenti e si presenta questo mismatch. Integrazione multisensoriale Il cervello fa confusione anche quando gli vengono presentate delle informazioni discordanti tra modalità sensoriali differenti. → Rubber Hand illusion, esempio di integrazione multisensoriale Nel paradigma al partecipante viene presentata questa situazione: mano sinistra reale e reale mano destra occlusa, il soggetto non ha accesso visivo alla sua mano destra ma può vedere la “mano di gomma” posizionata vicino alla mano destra. Lo sperimentatore fa una stimolazione tattile sincrona sulla mano vera e su quella di gomma e il partecipante vede la stimolazione tattile sulla mano di gomma ma la sente sulla sua mano e si verifica così una situazione di embodiment: l'individuo elabora la mano di gomma come se fosse sua. Altro esempio di integrazione multisensoriale è il “doppio flash”, una situazione di mismatch tra un’info uditiva e una visiva: al soggetto viene presentato un filmato e gli viene chiesto di contare quante volte viene presentato un disco nero, il quale viene associato con un suono. Quando il flash è accompagnato da un doppio suono, il soggetto tende a rilevare che i flash siano stati due. → Il cervello viene illuso Le allucinazioni → Criteri essenziali per una definizione operativa di allucinazione: a) un'esperienza simil-percettiva in assenza di uno stimolo esterno b) un'esperienza simil-percettiva che ha la forza interna e lo stesso impatto di una percezione reale c) un'esperienza simil-percettiva che è involontaria, si verifica spontaneamente e non può essere controllata da chi la percepisce Esperimento: utilizzando la fMRI, dei ricercatori sono riusciti a identificare che nel momento in cui un soggetto ha un’allucinazione di un volto, si attiva la fusiform face area. Esperienze sensoriali da stimolazione diretta → La stimolazione elettrica cerebrale (diretta) causa esperienze sensoriali. 2 casi: 1) "Aspetti un istante. Come una figura, sulla sinistra. Sembra un uomo o una donna. No, credo fosse una donna. Non sembrava avere niente addosso, Sembrava correre dietro ad un vagone → Paziente stimolato nella porzione occipitale del cervello, che elabora stimolazioni visive: stimolare questa zona porta a riferire delle informazioni visive 2) "Stanno dicendo qualcosa, ma non riesco a capire cosa". Stimolata in un sito adiacente: "Sì, sta di nuovo arrivando. E' acqua. Suona come lo sciacquone di una toilette o un cane che abbaia. Prima sento lo sciacquone e poi il cane inizia ad abbaiare → Stimolata l’area uditiva, porzione temporale Percezione La percezione è un processo che viene definito attivo e creativo, dipende dalle nostre conoscenze e aspettative. La creazione dell'esperienza percettiva Gli psicologi della Gestalt (Germania, anni ‘60) si occupano di studiare come il nostro cervello organizza le informazioni per dare una forma al percetto. La Gestalt fa una distinzione nelle modalità di elaborazione delle informazioni → Due tipi di funzioni di elaborazione percettiva: Elaborazione basso-alto (bottom-up): il sistema riceve i singoli elementi dello stimolo e li combina in un'unica percezione. Es. Lettura Elaborazione alto-basso (top-down): le informazioni dei sensi vengono interpretate alla luce di conoscenze, idee e aspettative esistenti. Es. Canzoni travisate Organizzazione e struttura della percezione I principi della Gestalt: - Gli insiemi che percepiamo sono di frequente qualcosa di più (e spesso di diverso) della somma delle loro parti (elaborazione top-down) - Leggi di percezione organizzata: stimoli separati vengono percepiti come parti di insiemi più vasti sulla base dei principi di somiglianza, vicinanza, chiusura, continuità, movimento comune e pregnanza - Relazioni figura-sfondo: la tendenza a organizzare gli stimoli in una figura centrale, o in primo piano, e in uno sfondo Leggi di percezione organizzata Pregnanza (semplicità): “ Di numerose organizzazioni possibili dal punto di vista geometrico, si verificherà quella che possiede la forma migliore, più semplice e più stabile". → Messo a confronto con due o più possibili interpretazioni della forma di un oggetto, il sistema visivo tende a scegliere l’interpretazione più semplice e probabile. → MACRO-LEGGE Vicinanza: gli elementi vicini uno all'altro verranno probabilmente percepiti come parti di una stessa configurazione Somiglianza: gli elementi di una configurazione percepiti come simili, verranno percepiti insieme Chiusura: le persone tendono a chiudere le estremità aperte di una figura oppure a riempire le parti mancanti di una figura incompleta Continuità: le persone collegano tra loro i singoli elementi in modo da formare una linea continua o un modello che abbia un senso Movimento comune: gli elementi che si muovono nella stessa direzione sembrano essere raggruppati insieme →Percezioni organizzate alternative Il mimetismo sfrutta i principi di raggruppamento gestaltico, in particolare quello della somiglianza Effetto della superiorità della configurazione → L’intero prevale sulle parti Il riconoscimento di configurazioni si basa sulla forma globale dello stimolo (intero o struttura) Studi della psicologia sperimentale - Riconoscimento di H globale in tempi analoghi in (a) e (b) - Riconoscimento locale di lettere più difficoltoso in (b) Relazioni figura-sfondo "Il nostro sguardo è abituato a fissare singoli oggetti, ma nel momento in cui fissiamo un oggetto tutto ciò che gli sta attorno viene ridotto al rango di sfondo. L'occhio e la mente umana non riescono a occuparsi contemporaneamente di due cose diverse. Essi devono perciò saltare continuamente e in fretta da una cosa all'altra." Escher (1898) → Tendenza a organizzare gli stimoli in una figura centrale, o in primo piano, e in uno sfondo. Come separiamo la figura dallo sfondo? Convessità - Simmetria - Grandezza - Surroundings In assenza di indizi forti rispetto a quale debba essere considerata la figura e quale lo sfondo, le immagini risultano ambigue e bistabili. La percezione è influenzata dalle aspettative? → Percezione come inferenza probabilistica - prima premessa: informazione ottica (presenza di uno stimolo prossimale) - seconda premessa: conoscenza a priori - conclusione: percetto → Proposta dell’approccio costruttivista Il processo percettivo non è semplicemente dato dallo stimolo esterno, ma è il risultato finale delle influenze interattive tra lo stimolo che viene presentato, le aspettative del soggetto e la sua conoscenza a priori. La percezione inizia dalle aspettative, ovvero da una modello del mondo che dipende dalla nostra conoscenza a priori (la nostra esperienza). Il cervello utilizza la conoscenza a priori per predire e interpretare le sensazioni che riceve. → "Quello che vedo è quello che mi aspettavo di vedere" → Tendiamo a riconoscere, più che conoscere. Stimoli in mutamento: le costanze percettive Le costanze percettive ci permettono di riconoscere stimoli familiari in condizioni variabili. Senza costanze percettive dovremmo letteralmente riscoprire che cosa sia qualcosa ogni volta che ci appare in condizioni diverse. - Costanza della forma: ci permette di riconoscere le persone e altri oggetti da angolazioni diverse - Costanza della luminanza: l'illuminazione relativa degli oggetti resta la stessa in condizioni diverse di illuminazione, come per esempio in pieno sole e all'ombra - Costanza delle dimensioni: la percezione che la dimensione degli oggetti che vediamo resta relativamente costante anche se le immagini sulla nostra retina cambiano dimensioni col variare della distanza Percepire distanza e profondità La capacità di adattarsi a un mondo spaziale ci richiede di distinguere accuratamente le distanze degli oggetti presenti nell'ambiente, ma sulla retina vengono proiettate immagini bidimensionali… e in un'immagine bidimensionale, la dimensione di profondità è assente. Come fa il cervello a percepire la terza dimensione? Gli indizi di profondità: motori Due processi: - Convergenza oculare: gli occhi si girano tanto più all'interno per mettere a fuoco un oggetto tanto più l'oggetto è vicino - Accomodamento: contrazione del cristallino, che permette di creare sulla retina immagini a fuoco di oggetti posti a diversa distanza Gli indizi di profondità: visivi - Indizi binoculari: disparità retinica Essendo distanziati tra loro, gli occhi vedono lo stesso oggetto da angolazioni lievemente diverse per cui ne ricavano immagini retiniche diverse che vengono poi integrate dal cervello La disparità retínica varía in funzione della distanza e può quindi fungere da indizio per valutare la distanza di un oggetto: il cervello calcola la disparità tra le due immagini retiniche in modo da percepire a che distanza siano gli oggetti - Indizi monoculari Giochi di luce e ombra Prospettiva lineare Interposizione: gli oggetti più vicini a noi possono toglierci parte della visuale degli oggetti più distanti Altezza sul piano orizzontale: un oggetto che si trova più lontano appare su un piano più alto e più vicino all'orizzonte di uno più vicino Texture: la struttura e la trama di un oggetto sembrano più fini con l'aumento della distanza Chiarezza Dimensione relativa Parallasse di movimento: se ci stiamo spostando, gli oggetti vicini sembrano muoversi più rapidamente rispetto a quelli lontani False ipotesi percettive Cosa accade quando le inferenze che facciamo sulla base delle nostre ipotesi percettive non sono corrette? → Illusioni: percezioni affascinanti ma inesatte; possono essere attribuite a costanze percettive o indizi di profondità che, di norma, ci aiutano a percepire in modo più accurato ATTENZIONE: - Un'illusione è una distorsione di una percezione sensoriale, causata dal modo in cui il cervello normalmente organizza ed interpreta le informazioni che riceve. - L'allucinazione è una falsa percezione in assenza di uno stimolo esterno reale. → Le ipotesi percettive dipendono anche dal contesto. Le illusioni, false ipotesi percettive, agiscono sulla nostra percezione ma non hanno impatto sul nostro movimento. La percezione finalizzata all’azione non è influenzata dalle illusioni. Sono state teorizzate due vie percettive: percezione finalizzata all’azione e al riconoscimento Percezione visiva e riconoscimento di oggetti - Neuroscienze (v. elaborazione forme, corteccia inferotemporale) Compromissione del riconoscimento visivo di oggetti in presenza di inalterata trasmissione di informazioni visive alla corteccia cerebrale → Agnosia visiva (i pazienti spesso sono in grado di riconoscere gli oggetti usando altre modalità). Una distinzione: - Agnosia appercettiva: riconoscimento compromesso per deficit di elaborazione percettiva → Difficoltà a copiare disegni: nel test di Gollin hanno bisogno di disegni più completi, rispetto ai controlli, per identificare gli oggetti - Agnosia associativa: processi percettivi integri, ma difficoltà di accesso alle conoscenze sull'oggetto → Riconoscimento degli oggetti insoddisfacente a causa della compromissione della memoria visiva degli oggetti o dell’accesso alla conoscenza semantica: problemi di denominazione. Nessun problema a copiare disegni ne a effettuare accoppiamenti visivi. Percezione visiva e riconoscimento dei volti Il riconoscimento dei volti differisce dal riconoscimento di altri oggetti. Implica una elaborazione olistica (piuttosto che delle caratteristiche) effetto inversione (più difficile identificare volti capovolti, ma non oggetti capovolti) effetto parte per il tutto (il ricordo di una parte del volto è più preciso se presentato all’interno del volto, ciò non si verifica, ad esempio, per il ricordo di case e relative caratteristiche) Prosopagnosia: deficit a carico dell’elaborazione dei volti ma non degli oggetti (doppia dissociazione) - condizione eterogenea - origine evolutiva o acquisita (lesione al giro fusiforme) La via della percezione può essere implicata nell'azione (Goodale e Milner, 2008) Es. l'afferrare un oggetto con molteplici scopi oppure un oggetto nuovo Interazione costante nella vita quotidiana → Probabile il sistema ventrale sia implicato quando: - È necessaria la memoria - C'è tempo per pianificare il movimento - È necessario pianificare il movimento - L'azione è poco pratica o è complicata Percezione senza consapevolezza - Evidenza in ambito neuropsicologico: gravi lesioni a carico dell’area visiva primaria (V1) causano il blindsight. Come per Il neglect (disturbo dell'attenzione), vi è dissociazione tra mancanza di esperienza fenomenica di un dato stimolo e l'elaborazione dello stesso. - Evidenza in individui sani: percezione inconscia, o subliminale Blindsight → Caratterizzato da scotoma, ovvero da una zona di assoluta cecità. La causa è una lesione che distrugge una zona circoscritta dell'area visiva primaria e ha effetto su tutto il sistema visivo (attivazione ridotta delle aree successivamente implicate). Tipi di compiti per valutarlo: i pazienti devono tenere gli occhi su un punto di fissazione. Alla comparsa dello stimolo devono spostarli su di esso, vengono presentati degli stimoli nella zona scomotosa. - I pazienti sono in grado di fare un movimento oculare appropriato in assenza di una detenzione consapevole dello stimolo. - I pazienti sono in grado di localizzare manualmente lo stimolo in assenza della percezione consapevole dello stimolo medesimo. Percezione inconscia → Tre modi per presentare stimoli al di sotto del livello di consapevolezza: Stimoli deboli Stimoli presentati per breve tempo Stimolo bersaglio seguito/preceduto da rapidissimo stimolo di disturbo (masking, che inibisce l'elab. dello stimolo bersaglio) Esempio di compito per valutare la percezione senza consapevolezza in individui sani: I partecipanti devono decidere se una cifra bersaglio chiaramente visibile è maggiore o minore di 5. Pochi millisecondi prima della cifra bersaglio viene presentata una cifra “invisibile” per tempo brevissimo, < 5 o > 5. → 3 risultati principali: - No percezione consapevole delle cifre nascoste - Nel caso di congruenza con cifra bersaglio la risposta alla cifra bersaglio è più rapida. Quindi è avvenuta una elaborazione percettiva inconscia delle cifre nascoste. - L’effetto di congruenza scompare in assenza dell’inizio Percezione del movimento umano - Percezione diretta Ha più a che fare con i processi bottom up, tipo di percezione diretta (percezione per rispondere in modo appropriato all’ambiente), non sono necessari complessi processi cognitivi. Primo caso di percezione diretta - Le affordance Gli usi potenziali/possibilità degli oggetti sono direttamente percepibili (non sono conservati nella memoria a lungo termine). Ogni oggetto può avere multiple affordance. L’oggetto offre delle possibilità: dipende dalla situazione psicologica della persona quale possibilità lo influenzerà. Se siamo sintonizzati correttamente, possiamo cogliere le informazioni dall’ambiente in modo relativamente automatico (risonanza) Secondo caso di percezione diretta - Il movimento degli altri Siamo capaci di percepire movimento biologico anche con informazioni visive limitate I processi implicati nel movimento biologico sono diversi da quelli implicati nella percezione del movimento in generale. Ci sono indizi per decidere se stiamo osservando un uomo o una donna: - indizi strutturali (ampiezza spalle e anche) - indizi dinamici (maggiore oscillazione di parte superiore del corpo negli uomini) Percezione del movimento - Neuropsicologia e neuroscienza cognitiva Esistono doppie dissociazioni: - Pazienti con difficoltà nella percezione del movimento in generale, ma non del movimento biologico (ciechi al movimento) - Pazienti con difficoltà nella percezione del movimento biologico ma non del movimento in generale Durante la percezione del movimento biologico, in persone sane si attivano le stesse aree lesionate dei pazienti con difficoltà di percezione del movimento biologico. Imitazione e sistema dei neuroni specchio Ci sono dei neuroni che si attivano sia in risposta all’esecuzione di un’azione sia all’osservazione. Classe di neuroni che costituiscono parte dell’area F5 della corteccia premotoria. Classe di neuroni premotori con caratteristiche visive, che uniscono percezione e azione → La rappresentazione visiva dell’azione osservata attiva la rappresentazione motoria della stessa azione (stesso substrato neuronale). Caratteristiche del sistema mirror nella scimmia: localizzato nelle aree F5, F3 e nella corteccia parietale inferiore. I neuroni mirror nella scimmia vengono attivati dall’osservazione di azioni finalizzate compite di un agente biologico (es. raggiungimento, prensione di oggetto) e in risposta al rumore causato da azioni note. Quindi nelle scimmie l’attività del sistema è determinata dal significato (o scopo) delle azioni osservate. Sistema mirror nell’uomo Attraverso studi di neuroimaging il sistema mirror è stato localizzato nel lobo frontale inferiore e nel lobo parietale inferiore, quindi corteccia premotoria. Aspetti peculiari del sistema mirror nell'uomo: - maggiormente esteso - attivazione somatotopica → l’attivazione mirror non è identica per ogni tipo di azione ma specifica per il tipo di effettore coinvolto nell’azione specifica che sto osservando. Es. il sistema relativo al movimento delle braccia non si attiva osservando il movimento delle gambe Psicologia sperimentale e neuroni specchio Movimento di lifting o di tapping, manipolata la congruenza o l’incongruenza della richiesta di produrre un movimento di lifting o tapping con l'osservazione della stessa azione. → L’esecuzione di semplici azioni della mano è facilitata dall’osservazione di azioni anatomicamente compatibili Dove c'era congruenza, i partecipanti sembravano essere più rapidi: l’attivazione dei neuroni specchio in osservazione velocizza l’esecuzione del movimento osservato Azioni del volto e imitazione 👑 Studi in cui viene fatta una misurazione dei singoli muscoli presenti sul viso di un bambino. L’osservazione passiva di espressioni facciali genera nell’osservatore un’attività mimica rapida, involontaria e inconsapevole. Osservazione viso sorridente: A partire da 400 ms la curva “happy” tende ad essere maggiore di “neutr” e “angry”, anche se la contrazione non è così ampia da generare un cambiamento visibile dall’esterno. Osservazione viso arrabbiato: condizioni invertite Il cervello non si attiva solo a livello sottocorticale ma anche a livello dei singoli muscoli, che si attivano in una maniera molto simile all’azione reale, sempre però sotto soglia, senza produrre quella espressione facciale. A cosa serve il sistema mirror? Meccanismo neurale che ci permette di simulare quello che stanno facendo gli altri, con fini differenti: Imitazione (ipotesi meno problematica) Comprende gli stati successivi delle azioni osservate per interagire Comprendere il goal dell’azione osservata Capire le intenzioni e le emozioni degli altri → Le ultime due ipotesi sono legate alla teoria della mente: capacità di inferire dai comportamenti 👑 manifesti lo stato cognitivo di un’altra persona (empatia) Tutti questi processi sono molto diretti, non sono mediati da ragionamento inferenziale. Limiti: - Negli esseri umani, durante compiti relativi al fare e osservare una certa azione si attivano le stesse aree; non ancora evidenze che si attivano gli stessi neuroni - Nell’attribuire intenzioni teniamo conto sia di conoscenze del contesto che della persona: difficile che tutto ciò avvenga ad opera dei neuroni specchio Le immagini visive Che tipo di percezione è quella percezione in cui non c'è uno stimolo? → Teoria dell’anticipazione percettiva di Kosslyn Gli stati percettivi e immaginativi si assomigliano molto: le informazioni sono organizzate spazialmente e analogicamente → Immagini visive e percezioni visive sono rappresentazioni iconiche (pittoriche): grazie alle neuroscienze è stato fornito un punto di vista scientifico a favore di questa ipotesi → Gli stessi processi usati per elaborare gli stimoli percettivi sono usati per generare le immagini: aree cerebrali in cui si formano rappresentazioni sia immaginative che percettive (tra cui BA17 e BA18 in V1) → Analogia tra quello che succede nella realtà e nella nostra immaginazione Compiti utilizzati per lo studio delle immagini mentali rotazione mentale esplorazione delle immagini: - Memorizzare mappa con oggetti - Immaginare di percorrere delle distanze fintanto che da un punto non se ne raggiunge un altro (quindi premere pulsante) Risultati: relazione lineare quasi perfetta tra le distanze che separavano coppie successive di oggetti nella mappa mentale e la quantità di tempo che passava prima che i soggetti premessero il pulsante Evidenze neuro per la teoria dell’anticipazione percettiva Aree cerebrali in cui si formano le rappresentazioni sia immaginative che percettive (tra cui BA17 e BA18 ) buffer visivo rTMS applicata a BA17 compromette compiti di formazione di immagini Tuttavia, non necessariamente un deficit di immaginazione visiva si associa a deficit di percezione visiva (doppie dissociazioni) Attenzione L’attenzione è una funzione cognitiva separata da vista e udito: si possono puntare gli occhi su un oggetto che si trova ad esempio al centro del campo visivo e al contempo spostare l’attenzione su un altro oggetto che si trova più vicino alla periferia senza spostare gli occhi → Si “vede” meglio il secondo oggetto, lo si elabora cognitivamente meglio. L’attenzione è una funzione cognitiva complessa, svolge diverse funzioni che interagiscono costantemente tra di loro, tra le quali: - Mettere a fuoco alcuni stimoli ed escluderne altri - Distribuire le risorse cognitive tra diversi compiti - Concentrazione per un certo periodo di tempo su alcuni stimoli - Vigilare in attesa di riconoscere tra gli stimoli in arrivo degli stimoli critici - Seguire con un certo grado di consapevolezza le nostre stesse azioni Esiste una distinzione importante tra attenzione focalizzata o selettiva e attenzione divisa o distribuita: Attenzione focalizzata → Si studia presentando al soggetto due stimoli e chiedendogli di porre attenzione solo ad uno di essi, trascurando l’altro. Questo studio ci può dire quanto sia possibile selezionare efficacemente alcuni stimoli piuttosto che altri e ci consente di studiare la natura del processo di selezione e il destino degli stimoli trascurati Attenzione divisa → Si studia presentando almeno due stimoli contemporaneamente e chiedendo di rispondere a tutti. Questi studi forniscono informazioni utili circa i limiti dei singoli processi di elaborazione e sui meccanismi attenzionali. Limiti di tali studi - Analizzano l'attenzione rispetto a stimoli provenienti solo dall'ambiente esterno - L'attenzione è modulata da nostri obiettivi e stati d'animo, differentemente da quanto accade in laboratorio Attenzione focalizzata Il sistema visivo codifica prevalentemente ciò a cui si fa attenzione: si parla di “attenzione selettiva” verso una specifica parte dello spazio/oggetto → Permette di avere un’ottima elaborazione di quella porzione di spazio/oggetto Copre un’area spaziale relativamente piccola, quanto accade al di fuori invece viene codificato in modo povero → Gli elementi presenti non vengono elaborati o ricordati Attenzione focalizzata uditiva → Indagata sperimentalmente con compiti di ombreggiamento: si presentano due messaggi differenti a ciascun orecchio e si chiede di ripetere ciò che viene udito da uno dei due Effetto cocktail party: Possiamo seguire una sola conversazione mentre molte persone parlano in contemporanea, selezionando quindi il canale uditivo. Tuttavia possiamo sentire che qualcuno pronuncia il nostro nome e l'attenzione viene in questo caso catturata in modo automatico → Questo testimonia che ci sono alcuni stimoli a cui non possiamo non prestare attenzione, in qualche modo l’attenzione è automatica Teorie dell’attenzione Teoria del filtro Gli stimoli che arrivano ai nostri organi di senso dall’ambiente sono molti di più di quelli che riusciamo ad elaborare. Solo alcuni di questi vengono elaborati, perché superano un “filtro” → Primo modello cognitivo dell’attenzione Metafora del filtro → Modello che nasce dall’idea secondo cui è possibile seguire il flusso di informazioni a partire da un input sensoriale che entra nel registro sensoriale e, sulla base delle sue caratteristiche fisiche, può procedere agli stati successivi o decadere perché incontra un “filtro”. Registro sensoriale=memoria sensoriale → Immagazzinamento per poco tempo delle informazioni provenienti dall’ambiente, l’impronta dell’ambiente sul nostro SN Limiti della teoria del filtro: 1) Se due stimoli sono diversi tra loro è spesso possibile elaborarli in modo più completo di quanto assunto dalla teoria 2) Se gli stimoli non sono diversi ma quello trascurato è familiare, comunque viene elaborato 3) Effetto del messaggio trascurato (elaborazione inconscia) → 4) Affioramento: uno stimolo inizialmente trascurato non decade immediatamente ma per breve tempo rimane disponibile e può affiorare nel breve tempo Teoria dell’attenuazione → L’analisi dell’informazione trascurata è solo attenuata (perciò se una parola è plausibile nel contesto del messaggio ombreggiato, può essere ripetuta anche se è nel messaggio trascurato: affioramento) Teoria dell’elaborazione completa → Tutti gli stimoli vengono elaborati completamente, ma solo uno determina la risposta, dipende dalla situazione. Cosa ci dicono le neuroscienze? Studi che hanno utilizzato l’EEG ci dicono che gli stimoli a cui prestiamo attenzione sono elaborati maggiormente Una delle teorie più attendibili per spiegare l'elaborazione semantica occasionale di stimoli trascurati è la Teoria di Broadbent (versione rivisitata) - Il registro sensoriale mantiene gli stimoli trascurati; se vi è slittamento di attenzione verso di essi, vengono elaborati - Evidenze sperimentali mostrano che lo slittamento di attenzione può causare l'elaborazione semantica di stimoli trascurati (Il lasso di tempo in cui l'informazione trascurata rimane disponibile varia al variare della modalità sensoriale coinvolta. Es. più ampio per stimoli uditivi rispetto a visivi) Attenzione focalizzata visiva Numerosi teorici hanno sostenuto che nell’attenzione visiva sono implicati due sistemi principali. Posner ipotizza che esistano due sistemi attenzionali distinti: Endogeno → Controllato da intenzioni e aspettative; diretto all’obiettivo Esogeno → Sposta in modo automatico l’attenzione verso stimoli non ancora attenzionati ma potenzialmente importanti; guidato dallo stimolo Corbetta e Shulman identificano 2 sistemi cerebrali diversi localizzati nelle regioni fronto-parietali prevalentemente destre che si occupano dell’attenzione focalizzata visiva: neuroscienze cognitive → evidenze sperimentali 1. Sistema diretto all'obiettivo, simile al sistema endogeno → Sistema fronto-parietale dorsale: top down 2. Sistema guidato dallo stimolo, simile al sistema esogeno → Sistema fronto-parietale ventrale: bottom up Teoria del riflettore attenzionale: secondo Posner l’attenzione focalizzata visiva è simile alla luce di un riflettore, che illumina e rende visibile ciò che si trova nel campo visivo ma non consente di vedere ciò che sta all’esterno del fascio di luce Teoria dell’obiettivo zoom: Eriksen e St. James paragonano invece l’attenzione focalizzata visiva alla lente di un obiettivo, che consente di allargare o ridurre l’area visiva a proprio piacimento Teoria dei riflettori multipli - L'attenzione visiva è molto flessibile - Vi può essere attenzione divisa, diretta a più regioni dello spazio non adiacenti Esperimento - Vengono presentata 23 lettere e 2 cifre su uno schermo visivo e i partecipanti devono indicare dove sono le cifre. - Prima della presentazione delle cifre, vengono forniti indizi validi e invalidi sulla loro probabile posizione - Le cifre vengono poi presentate nelle posizioni suggerite (indizi validi), o tra le posizioni suggerite (indizi invalidi) Utilizzando questo paradigma abbiamo due condizioni diverse, a seconda che sia vera la teoria dello zoom o dei riflettori multipli: - Secondo la teoria dell’obiettivo zoom, la prestazione dovrebbe essere paragonabile con i due indizi (l'attenzione alle posizioni suggerite include lo spazio tra di esse) - Secondo la teoria dei riflettori multipli invece la prestazione dovrebbe essere scarsa con indizi invalidi, perché durante la presentazione degli indizi si dovrebbero accendere due riflettori contemporaneamente e la parte intermedia non sarebbe attenzionata. Risultati: la localizzazione delle cifre presentate tra le posizioni suggerite (indizi invalidi) era scarsa, i partecipanti ci mettono molto più tempo. Questo testimonia come sia migliore la teoria dei riflettori multipli nella descrizione del funzionamento dell’attenzione finalizzata visiva. Cosa selezionano l’obiettivo zoom o i riflettori multipli? Vi sono evidenze che l’attenzione può selezionare sia uno spazio che un oggetto: l’attenzione può perciò essere usata in modo flessibile, dipendentemente dagli obiettivi individuali. Ultimo macro principio che governa l’attenzione focalizzata visiva è il fenomeno dell’inibizione di ritorno → “Priorità percettiva ridotta per le informazioni in una regione che di recente ha goduto di una priorità elevata” Se ho attenzionato una determinata porzione di spazio A e poi mi sposto a B, in un momento successivo per il sistema attentivo sarà più complicato riattenzionare A piuttosto che una porzione C. → Spostarsi da B a C o ritornare ad una porzione di spazio precedentemente attenzionata fa la differenza. Il mio sistema attentivo, se ha già attenzionato qualcosa, è più propenso ad attenzionare qualcosa di nuovo: questo ha un senso evolutivo perché se abbiamo spostato la nostra attenzione da A a B, è un'informazione che il sistema utilizza per dirsi implicitamente che ritornare ad A non serve, ma serve esplorare il campo visivo per altri stimoli. Disturbi dell’attenzione visiva focalizzata 👑 Le funzioni legate all’attenzione dipendono principalmente dall’emisfero destro Neglect → Una lesione al lobo parietale destro provoca la perdita di consapevolezza degli stimoli presentati nell’emicampo visivo controlaterale la lesione, spesso causata da un ictus ma può anche verificarsi dopo un trauma. Nei classici compiti in cui si testa l’attenzione visiva focalizzata 1) Copiare delle figure → Il paziente fatica a riportare la parte sinistra dell’oggetto. Anche nel caso in cui si chiede di disegnare spontaneamente un soggetto, il paziente fatica a rappresentare la parte di sinistra. 2) Test di cancellazione delle linee di Albert → Il paziente deve barrare le linee che riesce a percepire: i pazienti con neglect faticano con le linee di sinistra Negligenza spaziale/Neglect - Il neglect è la ridotta tendenza o incapacità ad esplorare lo spazio controlaterale - Il disturbo riguarda tutte le modalità sensoriali (perciò le informazioni visive, uditive, tattili, sensoriali, olfattive provenienti dall'emispazio e dall'emisoma (corpo) controlaterale alla lesione cerebrale). - Il disturbo si rileva anche nella memoria, nell'immaginazione e nella lettura - Può colpire un solo tipo di coordinate spaziali: egocentriche o allocentriche. - se il disturbo è egocentrico, la parte sinistra dello stimolo fatica ad essere attenzionata - se c’è una combinazione di disturbo egocentrico e allocentrico, c’è anche una difficoltà nell’attenzionare la parte sinistra di ogni singolo stimolo percepito - nel caso della negligenza allocentrica, i pazienti hanno difficoltà ad attenzionare la parte sinistra riferita all’oggetto Estinzione Preservata la capacità di percepire singoli stimoli anche nello spazio controlaterale la lesione, ma presentati contemporaneamente due stimoli, quello nello spazio controlaterale la lesione viene trascurato; per alcuni pazienti ciò accade solo quando i due stimoli sono uguali. → Possibile spiegazione dell'estinzione è che il deficit spaziale del paziente sia più evidente in situazioni di competizione Se presentiamo due stimoli (a dx e a sn) “integrati”, può esserci percezione consapevole di stimoli controlesionali in pazienti con estinzione → Es. Presentazione di un oggetto a dx e uno a sn: se sono oggetti che solitamente si usano assieme vi è percezione consapevole Cosa ne è degli stimoli visivi trascurati? Gli stimoli trascurati sono elaborati a sufficienza perché si verifichi nel caso del neglect una qualche elaborazione degli stimoli presentati all'emicampo visivo sinistro → Es. sono più rapidi a riconoscere che una parola è tale quando è preceduta da un'immagine associabile (presentata a sinistra della parola). Tre abilità attenzionali (Posner e Petersen, 1990) Il controllo dell’attenzione visiva implica 3 diverse abilità (implicate nel controllo del riflettore attenzionale), che sono funzioni del 1. Disengagement → Allontanare l'attenzione da uno stimolo 2. Shifting o trasferimento → Da uno stimolo all’altro 3. Engaging o concentrazione → Su un nuovo stimolo Per ciascuna delle tre funzioni è stato individuato un disturbo specifico e quindi una specifica sede corticale. In termini generali, quando si parla di abilità attenzionali, si riconoscono due macrosistemi: - Sistema attenzionale posteriore → "Prima il lobo parietale disimpegna l'attenzione, poi il mesencefalo sposta l'attenzione verso l'area bersaglio e il nucleo posteriore del talamo elabora i dati provenienti dall'area bersaglio". Le tre abilità attenzionali sono funzioni di questo sistema. - Sistema attenzionale anteriore → Supervisiona e coordina i diversi aspetti dell'attenzione visiva Disturbo del disengagement dell'attenzione (regione parietale del cervello): Simultanagnosia → Impossibilità a prestare attenzione a più di un oggetto, sguardo fisso, tendenza a porre attenzione a (quindi percepire) un solo oggetto alla volta Es. il soggetto può porre attenzione alla punta della sigaretta che ha in bocca e non vedere il fiammifero vicino Disturbo dello shifting dell'attenzione (collicolo superiore, nel mesencefalo) → Difficoltà a effettuare movimenti oculari volontari in direzione verticale Disturbo dell'engaging dell'attenzione (nucleo posteriore del talamo) → Difficoltà a concentrare l'attenzione su stimoli nuovi Es. dovendo riferire identità e colore di una lettera bersaglio, riferire il colore della lettera di disturbo La ricerca visiva Quali processi sottendono la ricerca attiva di qualcosa in particolare? Sperimentalmente si studia come le persone decidono se sia presente un elemento bersaglio su uno schermo. Che cosa richiede la ricerca visiva? Vigilare in attesa di riconoscere tra gli stimoli in arrivo degli stimoli critici. Attenzione visiva focalizzata nella ricerca di stimoli visivi in mezzo ad altri stimoli visivi. Teoria dell’integrazione delle caratteristiche (Treisman) Le caratteristiche visive degli oggetti sono elaborate in parallelo Le caratteristiche visive sono poi combinate per formare gli oggetti (attenzione focalizzata = colla: il processo è seriale) Tale processo seriale è tanto più lento quante più sono le caratteristiche che si devono combinare per formare gli oggetti Le conoscenze immagazzinate in memoria possono influire sulla combinazione Se non attenzione focalizzata le caratteristiche sono combinate in modo casuale Evidenze: l’identificazione di un oggetto bersaglio definito da più caratteristiche è più lenta dell’identificazione di un oggetto bersaglio definito da una sola caratteristica Due fattori influenzano i tempi della ricerca visiva - somiglianza tra gli elementi di disturbo - somiglianza tra lo stimolo bersaglio e gli elementi di disturbo È necessaria un’elaborazione lenta e seriale per individuare i bersagli definiti dalla combinazione di caratteristiche - Maggiori sono le caratteristiche (combinazioni tra caratteristiche) maggiore è l'attenzione focalizzata - Se non richiede combinazioni di caratteristiche: effetto pop out - Le conoscenze immagazzinate in memoria possono influire sulla combinazione: es. facilitare la ricerca di una banana (gialla) Evidenze → L'identificazione di un oggetto bersaglio definito da più caratteristiche è più lenta dell'identificazione di un oggetto bersaglio definito da una sola caratteristica Elaborazione automatica L’attenzione è selettiva e automatica in alcuni casi, ad esempio nel caso dell’effetto cocktail party. Parlando di attenzione focalizzata visiva si può parlare dell'effetto arma → Un’arma cattura l’attenzione in modo automatico: ne consegue che il resto della scena viene codificato in modo relativamente povero Studio di Elizabeth Loftus (1979) - Condizione 1 (SENZA ARMA): alcuni soggetti attendono fuori dal laboratorio per partecipare ad un esperimento. Sentono che in laboratorio si sta discutendo del fatto che certe attrezzature non funzionano. Dalla stanza esce una persona, con in mano una penna e le mani sporche di grasso. - Condizione 2 (CON ARMA): i soggetti sono fuori dal laboratorio in attesa di partecipare all'esperimento ma, rispetto alla condizione precedente: a) all'interno della stanza sentono una conversazione concitata che si conclude con rumore di vetri rotti e sedie fracassate; b) la persona che esce dalla stanza ha nelle mani un tagliacarte insanguinato. In seguito, i soggetti devono svolgere un compito di riconoscimento: vengono mostrate delle fotografie e chiesto loro di individuare il colpevole. La percentuale di riconoscimenti corretti è del 49% nella condizione senza arma 1), del 33% nella condizione con arma 2) → L’arma tende a restringere l’attenzione dell'osservatore su di essa, e quindi a non prestare attenzione al resto Teoria (descrittiva) di Shiffrin e Schneider Esistono quindi: - Processi automatici → No capacità limitata, difficili da modificare - Processi controllati → Capacità limitata (devono passare dal sistema attenzionale anteriore, quello legato alle funzioni esecutive), non difficili da modificare → Moors e De Houwer: L'automaticità è: inconscia, efficace, veloce. Ma non sempre c'è una linea netta tra automaticità e non-automaticità → Le neuroscienze (studi fMRI) ci dicono che l'aumento di automaticità è - Accompagnato da riduzione di attivazione in regioni collegate all'esecutivo centrale (corteccia prefrontale) - Associato a trasferimento dall'attivazione corticale verso l'attivazione subcorticale, strutture che hanno a che fare con il sistema di sopravvivenza Attenzione distribuita.. Memoria Capacità di usare/rievocare informazioni codificate/elaborate in precedenza. Strutture e processi della memoria Memoria → capacità di accumulare informazioni e di recuperarle nel corso del tempo Strutture della memoria: il modo in cui è organizzata la memoria (rappresentazione dell’informazione) Memorie sensoriali → Strutture di memorie legate ai sistemi sensoriali diverse per ogni organo sensoriale (visivo, uditivo, olfattivo, gustativo, somatosensoriale) Memorie del presente → Strutture di memoria attive del “qui ed ora” utili per lo svolgimento delle azioni in corpo o per compiti complessi Memorie del passato → Strutture di memoria che permettono di mantenere i ricordi nel corso del tempo) Processi della memoria: attività che di verificano all’interno del sistema della memoria (attività di trasformazione dell’informazione). Codifica → Processo attraverso il quale trasformiamo in memoria persistente ciò che percepiamo, pensiamo o sentiamo Immagazzinamento → Processo che permette di conservare le informazioni nella memoria per lungo tempo Recupero → Processo che riporta alla mente le informazioni precedentemente codificate e immagazzinate A fronte di una situazione così compromessa, qualche memoria rimane intatta. Questo ci dice che la memoria serve per avere un’idea del sé e non è un sistema semplice e unitario. Modello modale di Atkinson e Shiffrin, 1968 Seguendo sostanzialmente il cammino dell’informazione dell’ambiente al sistema nervoso è possibile identificare Struttura semplicistica: - l’informazione fluisce da entrambe le direzioni - la memoria è il risultato di un’alleanza fra diversi sistemi interattivi. Non solo tra componenti della memoria stessa ma anche dalle altre capacità cognitive dell’uomo. … studio soggetto con maglia rossa che ruba e in situazione normale poi chiesto ai partecipanti dopo qualche mese altezza dell’attore La tipologia di azione osservata fa la differenza sull’altezza dell’attore: effetto dell’esperienza passata sulla percezione e sul ricordo. Aver etichettato la memoria come “ho visto la scena di una rapina” porta a modificare la memoria stessa → Effetto dell’esperienza passata sulla percezione Processo costruttivo → Ciò che percepiamo dipende in parte dalle aspettative che abbiamo Magazzini della memoria … foto Interferenza → La traccia mnestica non è decaduta ma è difficile da recuperare perché ci sono tanti elementi che interferiscono tra di loro Memoria sensoriale: l'impronta dell’ambiente sul nostro sistema nervoso. Ogni stimolo ha un impatto sul nostro SN Memoria a breve termine: segue il processo attentivo ed è spazialmente e temporalmente limitata. Può contenere un numero limitato di informazioni e dura poco tempo. Memoria a lungo termine: non limitata spazialmente né temporalmente. Si divide in memoria esplicita e implicita - Esplicita o dichiarativa: memorie che possono essere recuperate tramite il linguaggio. Memoria di cui sono cosciente e che riesco a comunicare - Memoria implicita o non dichiarativa: non facilmente comunicabile Memoria esplicita suddivisa ancora in episodica e semantica: la prima è legata ad un istante nel tempo preciso, la seconda è la memoria generale delle cose, non è legato ad un determinato evento della mia vita ma qualcosa che so in generale (es. chiamo casa quella che so essere una casa) Memoria sensoriale - Passiva - Precategoriale: precede l’attribuzione di significato e l’attribuzione a categorie di senso. Lo stimolo nel magazzino sensoriale è analizzato per quello che è e non alla luce delle categorie che il soggetto conosce. Non c’è elaborazione semantica dello stimolo. Si divide in: Iconica → Studiata con dei paradigmi differenti, uno dei quali è quello di Heber e Standing → Presentazione di uno stimolo visivo (flash) in modo intermittente. I soggetti devono cliccare all’onset e offset. Le persone tendono a vedere lo stimolo anche quando questi non c’è più, per un breve periodo di tempo. AUDIO - Questo tipo di memoria è pre-categoriale: mantiene traccia dello stimolo senza analizzarlo - Probabilmente dovuta ad attività neurale (in atto o persistente) - Non richiede attività volontaria del soggetto Ecoica → Magazzino che contiene una rappresentazione delle informazioni acustiche non analizzate, separato dal magazzino iconico Memoria a breve termine Memoria limitata spazialmente e temporalmente. Ritenzione di una piccola quantità di neoformazioni e per un breve intervallo di tempo. Nella memoria a breve termine troviamo la memoria di lavoro, un sistema che non solo immagazzina temporaneamente l’informazione ma che la manipola in modo da rendere possibile altre attività cognitive più complesse Span di memoria: compito di memoria che misura memoria a breve termine (solitamente lo span di cifre è limitato a 6/7 cifre) George Miller (1956): la capacità di memoria non è limitata dal numero di item ma dal numero di raggruppamenti (CHUNKS) Il limite di 7+/- 2 può essere aggirato ricodificando l'info Esempi: 10100010010 = 11 elementi 10 1000 100 10 = 4 elementi L T A I L T N E S R O = 11 elementi F A N T O L L I S T R I= 1 elemento Raggruppamento può essere prodotto anche dal RITMO della presentazione - sistema di memoria sfrutta suggerimenti basati sulla PROSODIA - permette di suddividere in unità discrete il CONTINUUM di suoni che costituisce il normale flusso linguistico Con quale velocità si deteriora l'info nel MaBT? Il paradigma di Brown-Peterson (Peterson e Peterson, 1959) - Leggere triplette deconsonanti, es. DBX - Leggere numero a tre cifre, es. 947 (per impedire reiterazione senza interferire) - Contare all'indietro (x 3 o x 4) partendo dal numero (tale numerazione a ritroso può avere durata variabile) - Ricordare le tre consonanti in ordine Dopo 18 sec le persone ricordano ben poco: le info decadono se non c'è reiterazione Durata temporale: più di qualche secondo ma meno di 1 minuto (15-20 sec.) Capacità di immagazzinamento: 7 +- 2 chunks - ripetizione, Meccanismo dell'oblio: spiazzamento, sovrapposizione, spostamento dell'attenzione - interferenza fonemica In compiti di rievocazione libera emergono alcune caratteristiche della memoria a breve termine: 1) La probabilità di rievocare un singolo item è minore per le liste più lunghe, anche se il numero totale degli item rievocati tende ad essere più grande 2) Gli item che occupano le prime posizioni tendono a essere rievocati meglio (EFFETTO PRIORITA') 3) Se la rievocazione è immediata anche gli ultimi item tendono ad essere rievocati meglio (EFFETTO RECENZA) La memoria di lavoro Circuito fonologico o articolatorio Mantenimento di informazioni uditivo-verbali: es. lettura, pronuncia delle parole ma anche apprendimento di parole nuove Reiterazione subvocale (o ripetizione): modalità verbale di mantenere le informazioni proposizionali nella MBT Principale dimensione: fonologica Effetto della somiglianza fonologica: mantenimento peggiore se parole sono simili dal punto di vista fonologico (mamma, manna, renna...) Effetto della lunghezza della parola: non solo numero dei chunks (7 ÷ 2) ma anche tempo di ripetizione è rilevante (Durata articolatoria: 2 secondi) Presenza di una rappresentazione fonologica delle parole (loro pronuncia) Differenza tra parole sentite e viste: es. parole non conosciute o mal pronunciate edile, leccornia, mollica, diatriba edíle, leccornía, mollíca, diàtriba ESECUTIVO CENTRALE In generale l'esecutivo centrale consente di prendere decisioni ed ha le seguenti funzioni: passare ad altri piani rispetto a quello attuale distribuire i tempi su più compiti attenzione selettiva su stimoli ignorandone altri attivazione temporanea della memoria a lungo termine Es. implicato in compiti di produzione casuale di numeri o lettere (attenzione per evitare sequenze Articolazione urletionte dell'esecutivo centrale in 3 processi (Miyake et al., 2000) 1. Funzione di trasferimento: spostarsi tra vari compiti o operazioni 2. Funzione di aggiornamento (delle rappresentazioni nella memoria di lavoro) 3. Funzione di inibizione: capacità a inibire risposte automatiche (v. effetto Stroop). Inibire una delle due informazioni richiede sforzo cognitivo che si traduce in tempi di riposta più lunghi aAUDIO

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