La preparazione dell'attore: Psicofisicità, disciplina ed etica teatrale PDF

Summary

Questo estratto delinea i principi chiave della preparazione dell'attore secondo Stanislavskij, concentrandosi su Psicofisicità, disciplina ed etica teatrale. Il testo esplora il concetto di recitazione autentica, l'importanza del dialogo tra mente, corpo e degli strumenti di rappresentazione. Vengono discusse tecniche per l'attore di ascoltare l'ambiente, la propria interiorità, i colleghi e il testo per costruire la sua performance.

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********STANISLAVSKIJ La preparazione dell’attore PSICOFISICITA’ DISCIPLINA ETICA TEATRALE La grande novità di Stanislavskij è stata la ‘recitazione autentica’. Questo non significa che l’insieme dei suoi strumenti sia perfetto per il realismo e inservibile per tutto il resto. Lui stesso è passato a...

********STANISLAVSKIJ La preparazione dell’attore PSICOFISICITA’ DISCIPLINA ETICA TEATRALE La grande novità di Stanislavskij è stata la ‘recitazione autentica’. Questo non significa che l’insieme dei suoi strumenti sia perfetto per il realismo e inservibile per tutto il resto. Lui stesso è passato attraverso i testi di Antov Cechov per approdare, alla fine della sua carriera, all’Opera Lirica. Tuttavia la maggior parte degli attori nel mondo occidentale passeranno la loro esistenza a recitare copioni per il cinema e per il teatro che appartengono al genere ‘realismo psicologico’, vale a dire che ciò a cui assiste lo spettatore è abbastanza vicino alla vita così come la conosce. Vi è un paradosso insito nel recitare bene: l’attore ‘crea l’illusione’ di una verità e di una autenticità come se stesse vivendo davvero quel momento, concependo quelle specifiche parole in quello specifico istante dello spettacolo o del film. S. chiamava questo processo la ‘creazione della parola viva’. Eppure l’unico modo per apparire tanto spontanei è quello di essere in possesso di una tecnica estremamente raffinata. Se recitare realisticamente significa sostanzialmente replicare qualcosa che tutti noi facciamo in maniera del tutto naturale ogni singolo giorno della nostra vita (cioè vivere), non ci vuole molto per capire che chiunque saprebbe recitare. E allora se chiunque è in grado di recitare, perché preoccuparsi della tecnica? In realtà l’arte di riprodurre la ‘vita naturale’, sia all’interno delle condizioni artefatte del palcoscenico o delle esigenze tecniche del set cinematografico, presenta una particolare complessità e richiede specifiche capacità il cui sviluppo, secondo S., viene ostacolato dalla ‘presunzione’ di avere talento. ‘Per pigrizia o stupidità questi geni sono convinti che basti sentire perché tutto il resto venga da se’. (Il lavoro dell’attore su se stesso) Il ‘sentire’ è un’attività volubile e difficile da mantenere e presuppone una solida preparazione. Second S. una preparazione attoriale soddisfacente deve basarsi su un approccio PSICOFISICO. TRE STRUMENTI PER L’APPROCCIO ALL’ARTE DELLA RECITAZIONE PSICOFISICITA’ DISCIPLINA ETICA TEATRALE Essenzialmente, i seguenti tre strumenti offrono un sostegno per qualsiasi preparazione attoriale di base in qualsiasi contesto performativo e rappresentano delle vere e proprie prospettive da cui avvicinarsi al lavoro dell’attore. PSICOFISICITA’ Con Psicofisicità ci si riferisce al dialogo tra mente e corpo. Il corpo può fornirci tante informazioni sul personaggio quante la testa, mentre la nostra costituzione psicologica determina inevitabilmente il modo in cui usiamo il corpo. Si tratta di una comunicazione interno/esterno. (es. della testa tra le mani, con un po’ d’immaginazione e memoria muscolare il corpo cosa dice alla psiche? - Mi sento di buon umore, la psiche cosa dice al corpo?) Quanto proviamo interiormente viene immediatamente tradotto in una espressione esteriore, quanto il corpo manifesta fisicamente ha un effetto diretto e consapevole sul nostro orizzonte psicologico. L’attore deve aumentare la sua capacità di percepire il dialogo interiore tra ciò che prova dentro e l’espressione che ne da all’esterno. Una volta che questa coordinazione interno esterno avrà preso piede, l’attore inizierà a riprodurre nel suo lavoro creativo quei meccanismi naturali che avvengono spontaneamente nella vita di tutti i giorni. Stanislavskij affermava con sicurezza che la memoria muscolare dell’essere umano, diversamente dai ricordi di sentimenti o sensazioni, spesso fragili e poco attendibili, è molto sviluppata, specialmente quando questa viene allenata con un’accurata preparazione. Il corpo è dunque ubbidiente , i sentimenti volubili. Perché allora non costruire appositamente una parte sfruttando la sua componente corporea? Con l’approccio Psicofisico ogni azione ha per sua natura una risonanza psicologica. Finché l’attore si manterrà aperto dal punto di vista psicofisico, aguzzando le orecchie alla ricerca di tale risonanza, la componente fisica dei personaggi da lui creati non sarà mai una semplice forma vuota ma saprà smuovere dentro di lui delle sensazioni interiori autentiche. Riassumendo: Psicofisicità significa allenare il corpo ad essere ricettivo nei confronti della psiche e viceversa. Con una simile preparazione, l’attore inizierà ad ascoltare lo strumento che usa per recitare (il corpo) e percepirà il ventaglio delle sue possibilità. https://youtu.be/3F4jJBmk_i4 Inizio https://youtu.be/JeyVU4nMWCg Joker scena della metro https://youtu.be/WbliHNs4q14 Joker in trasmissione L’Ascolto La grande arte della recitazione e arte dell’Ascolto. L’Ascolto avviene su due livelli come già detto, l’attore deve ascoltare se stesso, vale a dire la sua attività interiore (cos’è la sensazione che sto provando?) ma allo stesso tempo deve ascoltare i propri compagni in scena o sul set (Cosa sta dicendo? Cosa sta facendo? Che effetto hanno su di me le loro azioni, le loro parole?) Per accedere a un tale livello d’ascolto, l’attore deve porsi in un particolare stato di ricettività. In tal modo, anziché fissare la performance per fare in modo che sia perfettamente uguale ogni volta, l’attore acquisterà la sicurezza necessaria per rispondere con spontaneità ai continui cambiamenti che avvengono momento per momento, sul palco o davanti la macchina da presa. Una simile reattività stimola l’ISPIRAZIONE. La preparazione attoriale di Stanislavskij mira esattamente a questo: mettere l’attore nella migliore posizione possibile (con il corpo, i sentimenti, l’immaginazione e la voce) per ascoltare, ascoltare, e ancora ascoltare: da questo ascolto sorgerà l’ISPIRAZIONE. DISCIPLINA Recitare è sostanzialmente un’attività infantile, stimolante, divertente e infinitamente piacevole…eppure a questa attività è necessaria un’accurata disciplina. Se ci pensate, di cos’altro si potrebbe aver bisogno in un lavoro dove viene richiesto il tal giorno, alla tale ora, di eseguire una determinata serie di azioni, pronunciare parole non derivate dalla propria volontà ed evocare forti emozioni all’accendersi di un proiettore o al battere di un ciack? Per S. il termine DISCIPLINA ha anche un’altra connotazione, oltre quella di svolgere il proprio lavoro in modo professionale, e riguarda la capacità di distinguere tra la nostra zavorra personale e la materia prima della creatività: la DISCIPLINA, per S., è la ‘capacità di mettere da parte la nostra soggettività’. Saper separare le ’faccende private’ da tutte quelle risorse immaginative è di vitale importanza nella preparazione psicofisica dell’attore. E’ un processo assai delicato: l’attore deve dimenticare il litigio avuto con la propria ragazza, il furto del telefono ecc…occorre una straordinaria dose di DISCIPLINA interiore per conservare la creatività del lavoro e fare in modo che l’ambiente in cui si svolgono la preparazione o le prove di uno spettacolo o addirittura il set di un film, non diventino la sede di una seduta terapeutica. Ma la DISCIPLINA non si limita solo al corpo e alla mente. Per S. rappresenta anche l’atteggiamento dell’attore nei confronti dei suoi colleghi interpreti, è incredibile quanti attori non imparino a memoria le battute del copione e questo non solo non rende giustizia agli autori ma impedisce di sviluppare un gruppo di lavoro veramente collaborativo, spesso è proprio l’attore più ‘altruista’ a rimetterci per la mancanza di DISCIPLINA degli altri. La DISCIPLINA è, insomma, il fulcro di un gruppo psicofisico. Perciò, sorvegliate, registi!! Se un attore si ritrova ad ‘aggiustare’ la propria parte per assecondare la ‘pigrizia’ di un compagno, non fa giustizia alla sue capacità attoriali né alla dinamica dello spettacolo. ETICA TEATRALE Il concetto di ETICA TEATRALE sviluppato da S. si fonda su principi che possono essere traslati anche nel mondo del cinema, della televisione e della radio. S. considera l’Etica teatrale secondo tre angolazioni: 1) come l’attore si comporta all’interno del teatro 2) come l’attore si comporta al di fuori del teatro 3) nei rapporti di lavoro tra le professioni artistiche e il personale amministrativo Il suo entusiasmo per l’ETICA TEATRALE sorgeva dal fatto di predisporre le condizioni migliori perché gli attori potessero accedere ad uno stato di SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE di cui parleremo in modo più approfondito nelle prossime lezioni. I ritardi per esempio erano fortemente stigmatizzati. La Tela Bianca Una delle principali difficoltà per l’attore è che, diversamente dal pittore con la sua tela bianca, dallo scultore con il blocco di marmo, dal vasaio con l’argilla, dal compositore con il foglio pentagrammato, ogni volta che inizia a lavorare lo fa su una ‘tela’ già imbrattata dai segni di 18, 30, 46 o 72 anni di vita che comprendono pieghe, strappi, lembi pendenti, macchie, chiazze e schizzi. In qualche modo l’attore deve approntare la tela bianca dentro di lui così da poter iniziare a lavorare su ogni nuovo personaggio da una posizione di imparzialità artistica. Solo così potrà sperare di essere creativamente intenso e inaspettato senza ricadere nei suoi abituali clichè. Secondo S. vi sono quattro strumenti che l’attore può usare per preparare la sua tela bianca: DISTENSIONE, RESPIRAZIONE e CONCENTRAZIONE e ATTENZIONE QUATTRO STRUMENTI PER PREPARARE LA TELA BIANCA DISTENSIONE Parte della difficoltà nel mestiere dell’attore sta nel fatto che ad ogni nuovo personaggio, la sua famosa ‘tela’ è già cosparsa da tutto ciò di cui la natura gli ha fatto dono e delle varie tensioni ce si sono sedimentate sul suo corpo nel corso della vita. Il primo compito dell’attore sarà quello di riconoscere queste tensioni e cominciare a scioglierle. La DISTENSIONE fisica è lo strumento giusto per farlo. S. considerava le tensioni muscolari non giustificate il maggior ostacolo all’attività creativa perché disturbano il segnale di comunicazione psicofisico cioè tra la vita interiore e l’espressione corporea, senza la DISTENSIONE fisica sarà impossibile per l’attore ‘percepire’ le informazioni utili a dare vita a una caratterizzazione emozionante e originale e di conseguenza continuerà a restare agganciato a abitudini e luoghi comuni. L’attore è come lo scultore, prima di iniziare a plasmare una figura deve ammorbidire l’argilla, essere rilassato fisicamente lo renderà più aperto dal punto di vista psicologico. Ecco perché S. colloca la DISTENSIONE alla base del suo SISTEMA. C’è poi una ragione particolare per cui è utile distendere i muscoli: la tensione porta facilmente alla paura da palcoscenico. Di solito si viene colti dalla paura quando ci si distrae dall’azione sulla scena. Basta anche un solo momentaneo calo di concentrazione per essere catapultati al di fuori della pièce o dalla scena che si sta girando. Ci ritrova nel vortice del ‘Cosa devo dire? Cosa devo fare? Cosa viene, adesso?’ Sono momenti terribili, credetemi. Se invece i muscoli sono rilassati, la mente si apre di conseguenza consentendo all’attore di rimanere concentrato sulla scena senza il minimo sforzo. La DISTENSIONE psicofisica è il primo passo per preparare l’attore a ricevere tutta una serie di impulsi creativi. E’ così che potrà accedere alla stato di SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE che crea quella breccia attraverso la quale l’ISPIRAZIONE può riversarsi nella performance, quale che sia, cinema, teatro, radio… RESPIRAZIONE La RESPIRAZIONE è il ritmo stesso della vita, ciò che da’ sostentamento al corpo umano e uno strumento fondamentale per S. in termini di processi attoriali. ‘La respirazione più il ritmo costituiscono le fondamenta di tutto il lavoro creativo’ e cioè: secondo S. RESPIRAZIONE+RITMI=EMOZIONE Es: 1) Con la bocca aperta, espirate tre volte e inspirate una sola volta. Ripetete la sequenza tre volte: fuori fuori fuori dentro - fuori fuori fuori dentro – fuori fuori fuori dentro Es: 2) Ora il contrario, inspira tre volte e espira una volta sola. Ripetere tre volte: dentro dentro dentro fuori – dentro dentro dentro fuori – dentro dentro dentro fuori. La sequenza 1, generalmente, procura un senso di benessere mentre la 2 può provocare sensazioni d’ansia e tensione. La prima sembra ampia e naturale la seconda corta e bramosa. La prima sequenza e quella della risata mentre la seconda quella del pianto e, a seconda della sequenza, ci sentiamo più positivi o turbati. La semplice alterazione di una figura respiratoria fa in modo che la memoria muscolare susciti una sensazione emotiva. Non si tratta di un trucco ma di uno dei tanti modi di lavorare con la psicofisicità, questa volta dall’esterno all’interno. RESPIRAZIONE ed EMOZIONE sono due elementi strettamente correlati, nel lavoro PSICOFISICO. Non c’è bisogno di spremere il sentimento come un tubetto di dentifricio: basta adottare una particolare sequenza respiratoria e fidarsi della propria memoria muscolare. CONCETRAZIONE E ATTENZIONE Dopo aver rilassato il corpo e aver attivato la respirazione, secondo S., l’attore deve riscaldare l’apparato interiore con altri due strumenti, la CONCENTRAZIONE e l’ATTENZIONE, necessari per preparare la Tela Bianca. La CONCENTRAZIONE è un aspetto importantissimo per S., Nel lavoro dell’attore su se stesso vi dedica un intero capitolo e altrove la descrive come il primo passo tra quelli che accomunano tutti gli artisti creativi. Sin dal 1908 sarà uno dei termini chiave che utilizzerà nei suoi primi tentativi di esporre il suo Sistema in forma scritta, mentre più avanti CONCENTRAZIONE insieme alla DISTENSIONE daranno parte delle prime fasi del programma di preparazione attoriale che concepirà e metterà in pratica tra il 1929 e l’anno della morte 1938. Perché dare tutta questa importanza alla CONCENTRAZIONE e alla ATTENZIONE? Era pratica comune nel teatro russo, e non solo, del diciannovesimo secolo, che gli attori principali dello spettacolo, fatto il loro ingresso sul palco, raggiungessero prima di tutto il proscenio, qui si prodigavano in una serie di inchini, mentre gli attori secondari rimanevano bloccati nel bel mezzo dell’azione. Dopo aver ricevuto le ovazioni, le celebrità tornavano ad occuparsi della commedia, gli altri attori si sbloccavano e lo spettacolo riprendeva. S. detestava queste forme di divismo e la convenzione secondo la quale gli attori recitavano rivolgendosi direttamente al pubblico piuttosto che l’uno all’altro. Era un teatro privo di contenuto e integrità artistica. Dunque la sua idea di CONCENTRAZIONE e ATTENZIONE era che: ‘per abolire la presenza del pubblico bisogna interessarsi a quello che succede in scena’. A questo scopo inventò il concetto di Quarta Parete. La Quarta Parete era un muro immaginario posto tra l’attore e il pubblico ideato per mantenere la CONCENTRAZIONE dell’attore sul palco. ‘Interessarsi’ a quello che succede in scena può sembrare una considerazione piuttosto ovvia oggi ma all’epoca aveva un autentico sapore pioneristico. CONCENTRAZIONE e ATTENZIONE portano l’attore a trovare qualcosa di fisico da fare sulla scena, a non rivolgere la sua attenzione verso l’interno, verso le emozioni, piuttosto verso l’esterno, verso COMPITI e AZIONI. Riassumendo: lo scopo dei quattro strumenti esaminati è creare la tela bianca, ognuno di loro è indirizzato allo sviluppo delle nostre abilità percettive: la DISTENSIONE si concentra sul corpo, la RESPIRAZIONE sul ritmo emotivo del corpo, la CONCENTRAZIONE e l’ATTENZIONE sulle nostre risorse immaginative. QUATTRO CONDIZIONI PER LE PROVE ISPIRAZIONE Cosa si intende per ISPIRAZIONE? Spontaneità. Immediatezza. Entusiasmo creativo. Essa sorge quando (con una formula fin troppo abusata) ‘viviamo il momento’. Quando l’attore fa nascere dei dialoghi meravigliosi ‘nel momento’ dell’improvvisazione o esegue azioni incredibili ‘nel momento’ della performance. Sono cose che accadono in maniera del tutto inaspettata eppure perfettamente appropriate al personaggio che l’attore sta interpretando e alle azioni del copione. S. cominciò ad illustrare le sue idee sull’ISPIRAZIONE nel 1906, durante una vacanza in Finlandia dove trovò il tempo e lo spazio di porre le basi di quello che successivamente sarebbe divenuto famoso come il suo SISTEMA. Più rifletteva sullo stato mentale in cui si trova l’attore durante la performance, più si convinceva che lo stato di SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE, era quello ideale. Condizioni mentali contraddistinte da nervosismo, frammentazione o apprensione non fanno che interferire sul lavoro dell’attore. Ma se ci fosse un modo per garantire all’attore di trovarsi sempre in uno stato di SENSIBILITA’ SCENICA ITERIORE, sarebbe forse il primo passo per accedere in via diretta all’ISPIRAZIONE. Un fatto è certo, ineluttabile e esasperante: un attore non può richiamare l’ISPIRAZIONE secondo la propria volontà. Eppure ciò è necessario, per la natura stessa della professione dell’attore: diversamente dal poeta, dal pittore o dal cantautore, l’attore non può starsene ad aspettare l’arrivo dell’ISPIRAZIONE, quando si sente ‘ispirato’, la sua creatività deve mettersi in moto a qualsiasi ora del giorno o della notte, a seconda, per esempio, dell’orario in cui viene convocato per le riprese. E credetemi, a nessuno importa un fico secco se l’attore è in uno stato di SENSIBILITA SCENICA INTERIORE oppure no, in un dato momento l’attore dovrà fare il suo lavoro proponendo qualcosa di artisticamente valido. Questa è la ragione per cui S. elaborò il suo SISTEMA. Considerando i capricci dell’ISPIRAZIONE e l’inflessibile DISCIPLINA che si richiede all’attore per creare ‘qui ed ora’, cominciò ad ideare dei mezzi consci attraverso i quali l’INCONSCIO (considerato il fratello gemello dell’ISPIRAZIONE) potesse essere risvegliato. In ogni caso S. era perfettamente consapevole che ‘Il SISTEMA non fabbrica l’ISPIRAZIONE. Le prepara solo il terreno favorevole.’ SPIRITUALITA’ Grande alleata dell’ISPIRAZIONE, la SPIRITUALITA’ riappare nell’opera di S. con una regolarità che ha dell’incredibile, specialmente considerando che redasse i suoi scritti nella Russia sovietica in un periodo in cui qualunque forma di misticismo veniva pesantemente repressa. Purtroppo la frenetica industria teatrale e cinematografica del 21° secolo spesso non lascia molto spazio allo ‘spirito’, convengo che sia piuttosto difficile percepire il lato ‘spirituale’ del crivellare di colpi il cattivo di turno in una serie su Netflix, ma non è questo il punto. Infatti, secondo S., se l’attore attinge con impegno e sincerità alle risorse del corpo, dell’immaginazione, dell’intelletto e delle emozione, sarà pressoché inevitabile che il suo lavoro, per quanto stupide possano essere le CIRCOSTANZE DATE del copione, acquisti una forma di risonanza più profonda , una risonanza che potremo anche chiamare ‘spirito’. S. sostiene che quando c’è …un collegamento organico tra la componente spirituale dell’attore e la sua tecnica individuale Si ottiene un accesso diretto all’ISPIRAZIONE SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE e ATMOSFERA CREATIVA Abbiamo visto come la SENSIBIITA’ SCENICA INTERIORE sia quello stato in cui tutto è possibile, in cui la disposizione al gioco e la spontaneità diventano il pane quotidiano dell’attore. Ha un enorme potenzialità. L’ambiente migliore per la sua fioritura è l’ATMOSFERA CREATIVA, dove tutti gli attori prestano la massima attenzione al processo creativo degli altri, in cui non si giudica mai il lavoro dell’altro poiché porterebbe solo all’inibizione della propria SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE così come quella degli altri compagni. L’ATMOSFERA CREATIVA è sicura. Nutre e dà fiducia. Allo stesso tempo richiede coraggio. E’ pericolosa e temeraria. E’ giocosa, eppure seria. E’ sincera, eppure insidiosa. Trovarcisi dentro, per un attore, dona gioia. Crearla tremendamente difficile. Distruggerla fin troppo facile. Riassumendo in un unico elemento le principali riflessioni di S. sulla preparazione attoriale potremmo dire: il regista dovrebbe incoraggiare l’attore a sviluppare lo stato di SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE nel corpo e nella mente, uno stato in cui fondamentalmente non guarda in faccia nessuno, in cui non si censura, in cui non si giudica, non si preoccupa o meno se sta dando al regista ciò ce vuole, ma continua a reagire e giocare. Inoltre, grazie alla SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE, la sua capacità di ascolto interno/esterno è più sottile e le opportunità di una recitazione ispirata aumentano. Ecco perché la preparazione attoriale è così importante tanto per il professionista che per l’allievo. LE PROVE Se nel teatro si dedica molto tempo alla preparazione dell’evento, in genere le prove durano 30/40 giorni con un lavoro quotidiano di 6/7 ore, purtroppo nel cinema non c’è la consuetudine di dedicare spazio e tempo per costruire il personaggio collaborando con il regista, di solito, regista e attore si incontrano qualche volta per parlare delle caratteristiche del personaggio e dedicano qualche incontro alla lettura del testo. La preparazione, per l’attore, avviene in solitudine o con il supporto di un coach. Per S., da grande uomo di teatro, le prove sono una tappa fondamentale nel processo creativo dell’attore e, come abbiamo visto, necessitano di precise condizioni interiori e ambientali. In primissima battuta, con l’inizio delle prove, l’attore DEVE approcciarsi al testo e, anche in questo caso, S. è estremamente preciso rispetto alle condizioni e alle regole da rispettare. PRIMA LETTURA, il TESTO, l’INDAGINE con l’INTELLETTO e le CIRCOSTANZE DATE. LA PRIMA LETTURA Un attore non dovrebbe sottovalutare la PRIMA LETTURA e soprattutto l‘importanza della prima impressione che ci suscita un testo. Essa coniuga istinto e intuizione, entrambe potenti fonti di energia creativa. Non c’è prima impressione che non serva a qualcosa. Tuttavia è assai difficile percepire quanto possa essere fecondo questo primo contatto. Ecco perché S. consiglia di leggere il copione solo dopo aver predisposto una situazione il più possibile funzionale alla ricezione di queste primissime reazioni di inestimabile valore. Perciò vietato leggere sull’autobus, in attesa della metro o al bar, bevendo un caffè. L’attore deve creare una sorta di rituale per la PRIMA LETTURA, in cui non ci siano ‘disturbi’ i modo da accedere, a livello mentale, a uno stato di SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE IL TESTO Il compito dell’attore, secondo S., è di tradurre il TESTO in AZIONI compiute, vive e pulsanti. Che si tratti di un lavoro scritto da un gigante della letteratura o l’opera incerta di un drammaturgo debuttante, questo TESTO avrà n ogni caso una sua precisa tessitura letteraria e l’attore ha il compito e il dovere di entrare nelle parole dell’autore, riconoscerne la tessitura letteraria e trasmetterle un ‘soffio vitale’ e, senza dubbio, non dovrà pronunciare una singola parola di cui non gli sia perfettamente chiaro PERCHE’ la sta pronuncando. Per conquistare una simile consapevolezza’ è necessario un lavoro INVESTIGATIVO, noto ance come ANALISI a TAVOLINO o INDAGINE CON L’INTELLETTO. L’INDAGINE CON L’INTELLETTO L’interessa di S. per l’INDAGINE CON L’INTELLETTO maturò intorno al 1904, periodo in cui iniziò ad allontanarsi da una pratica registica estremamente dispotica per spostarsi verso una metodologia di prova altamente collaborativa in cui spingeva gli attori a condividere ogni loro riflessione. L’intera compagnia si sedeva intorno a un tavolino, studiando animatamente il TESTO e procedendo aduna rapida analisi in modo che tutti potessero condividere con gli l’idea che si erano fatti della commedia, in questo modo le scelte sulla direzione artistica della messa in scena sarebbero sorte da una indagine collettiva piuttosto che dalla prospettiva monolitica di un regista dispotico. Questo spostamento nella metodologia delle prove ebbe una tale risonanza che intorno al 1930 divenne consuetudine in tutte le compagnie teatrali russe e ancora oggi, nel teatro contemporaneo, si procede nella direzione indicata da S. Nell’INDAGINE CON L’INTELLETTO, S. invita gli attori a svelare i SETTE STRATI del TESTO: 1)ASPETTO ESTERIORE: è costituito fondamentalmente dalla struttura drammatica, dagli avvenimenti e dalla forma dell’opera. Attraverso lo STRATO ESTERIORE osserviamo l’architettura del testo dalla prospettiva dell’autore, cosa che può essere molto utile per comprenderne la scansione ritmica e la struttura. Se analizziamo TRE SORELLE di A. Cechov, vedremo che in ognuno dei 4 atti accadono degli avvenimenti precisi, in tal modo ogni atto è pervaso da un’atmosfera caratteristica. 2)ASPETTO QUOTIDIANO: comprende particolari come la classe di appartenenza e la nazionalità del personaggio, l’ambientazione storica e via dicendo. Accedere all’opera da questo strato permette di delineare le CIRCOSTANZE DATE e fornisce lo scheletro su cui innestare la carne e il sangue del personaggio. Ma l’autore può anche decidere di non fornire alcuna informazione su chi siano i personaggi. In Aspettando Godot di Samuel Beckett sappiamo solo che i personaggi stazionano su una strada di campagna , che è sera e che c’è un albero. Vista la mancanza di dettagli sulla condizione sociale dei personaggi, le informazioni verranno incamerate più in modo impressionistico che esplicito 3)ASPETTO LETTERARIO: comprende la poetica e lo stile di scrittura. Sia il linguaggio che lo scrittore usa in generale che le diverse forme di eloquio caratteristiche di ogni personaggio possono fornire diversi suggerimenti per la caratterizzazione, individuando genere globale e picco emotivo dell’opera, per esempio in Shakespeare, alcuni personaggi parlano in prosa, altri in versi. 4)ASPETTO ESTETICO: chiama in causa gli espedienti drammatici adottati dall’autore e le scelte sceniche e artistiche. Cechov in molti dei suoi drammi ha deciso di far sviluppare gran parte dell’azione a livello sotterraneo, mostrando in superfice ben poco del dipanarsi della trama, nei suoi testi si ha spesso l’impressione che non accada nulla e lo spettatore deve faticare molto per mettere insieme le LINEE D’AZIONE dei vari personaggi, là dove Brecht comunica il contenuto della scena per mezzo di cartelli. 5)ASPETTO PSICOLOGICO: concerne l’attività interiore dei personaggi e i sentimenti e i COMPITI che essa sottende. Qui passiamo definitivamente dalla prospettiva dell’autore (che determina in larga misura gli strati da 1 a 4) a quella dell’attore (che predomina in larga misura negli strati da 5 a 7) Per quanto l’autore ci possa dare moltissimi indizi sulla costituzione psicologica del personaggio, il modo in cui questa verrà resa in scena o davanti la macchina da presa, passa attraverso la personale esperienza di vita dell’attore, la sua tecnica professionale e l’interpretazione che ne dà la sua immaginazione (es. di Iago Voglio punire Otello perché invidio la sua felicità, o anche Voglio il potere di Otello) 6)ASPETTO FISICO: può essere definito attraverso le AZIONI eseguite dal personaggio e dalle caratterizzazioni esteriori fornite dall’autore come la deformità di Riccardo III o come la risata stridula di Joker, l’attore darà corpo alle informazioni fornite dall’autore e potrebbe introdurne di proprie. 7)LA SFERA DELLA SENSAZIONI CRETIVE PERSONALI: è in gran parte sovrapponibile all’ASPETTO PSCICOLOGICO. La SFERA DELLE SENSAZIONI CREATIVE PERSONALI emerge dall’attività di indagine del testo da parte dell’attore e tira in ballo diversi strumenti che abbiamo già analizzato, l’attore inizia con il trovare un RICHIAMO che lo attiri nel personaggio, lo stabilire una connessione con l’opera e il ruolo e il reperire tutti quegli elementi che stimolano la sua creatività, formulando una grande quantità di idee e desideri, l’attore inizia ad immergersi nel cuore della parte attraverso le connessioni stabilite con il TESTO a livello immaginativo, emotivo ed empatico. Questi sette strati rappresentano un mezzo estremamente utile per approfondire lo studio di un’opera (validissimo anche per i registi non solo per gli attori) determinano uno spostamento graduale dalla prospettiva dell’autore a quella dell’attore o regista. Il modo in cui si svolge tale processo (studiando, soppesando, individuando certe idee, rigettandone alcune e confermandone altre) coinvolge l’IMMAGINAZIONE , le EMOZIONI. L’INDAGINE CON L’INTELLETTO non è mero lavoro di testa, è un altro passo che condurrà l’attore a reperire strumenti consci per attivare i processi inconsci che ci donano spontaneità e ispirazione. LE CIRCOSTANZE DATE La fase preliminare a tavolino dell’INDAGINE CON L’INTELLETTO funziona benissimo per individuare con chiarezza le CIRCOSTANZE DATE.  L’intreccio della commedia, per esempio è lineare, è frammentario, si sviluppa in ordine cronologico? Diverse idee possono essere riprese dall’ASPETTO ESTETICO  I fatti, gli avvenimenti, l’epoca, il tempo e il luogo dell’azione  Le condizioni di vita del personaggio (includer probabilmente l’ASPETTO QUOTIDIANO)  Le interpretazioni personali di attori e registi (includerà probabilmente la SFERA DELLE SENSAZIONI CREATIVE PERSONALI)  La MESSA IN SCENA (includerà probabilmente l’ASPETTO ESTETICO) I dettagli dell’allestimento, costumi, scenografie, luci ed effetti sonori (ASPETTO ESTETICO) Ci sono poi altre CIRCOSTANZE DATE da prendere in considerazione. Che succede all’attore quando è coinvolto in una trasposizione cinematografica di una piece teatrale, mettiamo Il Mercante di Venezia? Le sue scelte artistiche e tecniche verranno influenzate dalle diverse condizioni ambientali in cui si troverà a lavorare. Fondamentalmente le CIRCOSTANZE DATE sono tutte le informazioni che possiamo raccogliere dal TESTO più le condizioni fisiche della messa in scena effettiva determinate dal regista e dal mezzo (cinema, teatro, radio ecc.) Le CIRCOSTANZE DATE rappresentano sostanzialmente il trampolino da cui la nostra IMMAGINAZIONE può spiccare il volo verso quello che S. chiama IL SE MAGICO: Cosa farei se sospettassi che mio zio avesse ucciso mio padre? (Amleto) Cosa farei se fossi aggredito da tre yuppies in vagone della metropolitana in piena notte? (Joker) In questo modo l’attore cerca delle AZONI fisiche è percepisce l’impatto che queste determinano sul suo orizzonte psicologico. (Pscicofisica) CIRCOSTANZE DATE + AZIONI = EMOZIONI CINQUE STRUMENTI PER SCOMPORRE LA STRUTTURA DI UNA SCENA I BIT Leggendo un testo drammatico per la prima volta, si dà spesso per scontato che l’ordine delle scene sia quello che l’autore aveva in mente fin dal principio. In realtà sappiamo bene che ciò non è necessariamente vero. L’autore, in corso d’opera, può cambiare l’ordine delle scene, interi pezzi di testo possono essere aggiunti o soppressi, può assegnare alcune battute a un personaggio diverso. Una volta che si comincia ad usare il copione per le prove, il compito degli attori e del regista è quello di ripercorrere tutto il procedimento all’indietro, disfacendo la struttura punto per punto o, come direbbe S., BIT A BIT. Così facendo saremo in grado di svelare i Compiti psicologici dei personaggi per capire come l’autore li abbia costruiti. In altre parole ricreeremo il processo originario dello scrittore. Che cos’è esattamente un BIT d’AZIONE? (Azione qui fa riferimento alla strutturazione drammatica ad opera del drammaturgo, vale a dire quale avvenimento ne segue o ne precede un altro, piuttosto che allo strumento dell’AZIONE che concerne invece le scelte interpretative dell’attore a un dato momento della pièce). Un BIT non è che un frammento di TESTO che può andare dalle sei righe alla pagina intera. Un normale dialogo di circa tre pagine po' comprendere dai tre ai cinque BIT d’AZIONE a seconda di ciò che sta accadendo nella scena e delle strategie dei personaggi. La scelta su dove far finire un BIT e dare inizio al successivo varia a seconda della PROSPETTIVA del personaggio cui si fa riferimento. In JOKER suddividere la scena della psicoterapia potrebbe comportare delle piccole differenze se la si guarda attraverso gli occhi della dottoressa piuttosto che quelli del protagonista. ALCUNE LINEE GUIDA PER SUDDIVIDERE UN TESTO IN BIT  Il modo più semplice per stabilire i confini di un BIT è quello di basarsi sull’uscita di un personaggio o l’entrata di un altro: la partenza di A o l’arrivo di B non può che avere un certo effetto sull’arco drammatico di una scena, e porterà un cambiamento, per quanto sottile, nella dinamica dell’zione.  Il passaggio al BIT successivo all’interno della stessa scena può anche essere indicato da un cambio di argomento nella discussione, o dal mutare 1 dell’atteggiamento di un personaggio che fino a un certo momento ha fondamentalmente reagito alle situazioni mentre ora assume un ruolo particolarmente attivo. ATTENZIONE! Nelle fasi iniziali del processo di scomposizione di una scena in BIT che la costituiscono, avere troppe divisioni, tuttavia, non è molto utile. Inizialmente si può correre il rischio di segnalare ogni cambio di argomento, anche là dove non si tratta di vere e proprie cesure ma di semplici deviazioni di percorso nel flusso della corrente principale che sta portando avanti l’azione. L’attore deve cercare quei punti in cui l’intero corso della corrente viene alterato, non il semplice incurvarsi della riva. Dunque vietato frammentare eccessivamente il TESTO. Il risultato di questo processo di segmentazione dovrebbe consentire al TESTO, una volta rimessi tutti assieme i BIT in una singola partitura, di scorrere in maniera molto più articolata e precisa di prima. Questa partitura di BIT rappresenta una sorta di progetto che,per esempio in teatro, può garantire che la messa in scena mantenga la propria fisionomia lungo tutto il corso della tournée senza perdere vigore estetico. C’è un altro valido motivo per suddividere una scena in BIT d’AZIONE: permette all’attore di capire con molta più facilità cosa il suo personaggio vuole esattamente dagli altri personaggi. Questo volere è anche detto COMPITO. COMPITI e CONTROCOMPITI sono alla base di qualsiasi testo drammatico ben riuscito. COMPITI E CONTROCOMPITI Sostanzialmente il vero scopo di accumulare le CIRCOSTANZE DATE e del suddividere il testo in BIT d’AZIONE è uno solo: scoprire perché un personaggio fa quel che fa nel corso dell’azione drammatica. E’ impossibile salire sul palco o mettersi davanti alla macchina da presa senza sapere che cosa si deve fare. Risulta assai difficile fare qualunque cosa senza sapere il perché la stiamo facendo. Che cosa vuoi? Cosa desideri? Cosa vuoi ottenere? Chi voglio influenzare o convincere? Questi desideri, queste spinte, questi impulsi rappresentano ciò che S. chiamava problemi o COMPITI. Il secondo termine si è diffuso nel mondo teatrale occidentale, gli attori trovandosi spesso a confrontarsi con una battuta o un’azione del copione il cui senso sul momento sfugge, si domandano: ‘Qual è la mia motivazione?’ COMPITI e BIT sono strettamente legati. L’uno non esiste senza l’altro e S. afferma che ricavare i COMPITI dai BIT è molto semplice. Si tratterebbe di un: “…procedimento psicotecnico che consiste nell’inventare per ogni sezione il titolo corrispondente che meglio ne caratterizzi il contenuto.” 2 C’è comunque una grande differenza tra il dare il TITOLO ad un COMPITO e a un BIT. S. suggerisce di non dare mai come titolo di un COMPITO un sostantivo, questo va bene per i BIT. I COMPITI è meglio definirli con dei verbi. “Se questo scopo vi attrae, il desiderio di realizzarlo provocherà in voi l’impulso, la voglia di agire. E’ questo impulso che voi dovete definire con un titolo appropriato che ne esprima il contenuto. Sarà un verbo che definirà un compito vivo e attivo e non semplicemente una raffigurazione statica, un concetto come succede con i sostantivi.” Il Lavoro dell’attore su se stesso Al centro di tutto, come si evince, c’è l’AZIONE. Perché? Perché fondamentalmente un COMPITO è sia fisico che psicologico. E’ psicologico perché riassume qualcosa senza il quale il nostro personaggio non esisterebbe (la sua spinta emotiva). Ed è fisico perché il personaggio, qualunque sia il suo COMPITO, per portarlo a termine è costretto ad eseguire una serie di AZIONI, ecco perché deve essere espresso da un verbo, perché i verbi evocano AZIONI, sono parole che agiscono e l’impulso ad agire costituisce il principale innesco al processo attoriale. Ovviamente potrei non riuscire a portare a termine il mio COMPITO perché il CONTROCOMPITO di qualcun altro (chiamato anche OSTACOLO) me lo impedisce. Potrei non riuscire a trovare i soldi per il mio film perché durante l’incontro con il produttore, lui rispondeva continuamente alle chiamate sul suo cellulare e questo lo distraeva continuamente dalla conversazione mandando in fumo tutti i miei progetti. Qualunque sia il risultato, il desiderio di portare a termine il vostro COMPITO deve essere appassionato. Dargli un titolo appropriato è dunque molto importante. Non deve essere freddo, intellettualistico, ma accurato ed emozionante. Deve essere qualcosa di talmente magnetico da attirare l’attore sul palco o davanti la macchina da presa con un impeto creativo irrefrenabile che non gli lasci altre possibilità se non quella di entrare in scena ed eseguire l’azione. Tornando ai BIT, la forma che assumerà la parte di testo divisa in BIT non è affatto fissa: per qualcuno il BIT potrebbe concludersi molto più in là rispetto ad un altro e, tuttavia è importante che alla fine si giunga ad una sorta di accordo condiviso. In alcuni casi il regista potrebbe persino presentarsi alle prove con uno schema dei BIT (o sezioni) già stabilito; in altri ci si siederà tutti intorno a un tavolo e lo si definirà insieme. Quello che è assolutamente importante ricordare è che si sta cercando i punti in cui la corrente cambia corso, non quelli in cui gli argini descrivono una leggera curva. 3 Scena tratta dall’adattamento teatrale da ANNA KARENINA di Helen Edmundson ANNA Vi siete visti? VRONSKIJ Si. All’ingresso. ANNA E’ quello che ti meriti per un simile ritardo. VRONSKIJ Nel messaggio dicevi che sarebbe stato al Consiglio, non sarei venuto altrimenti. ANNA Dove sei stato, Aleksej? VRONSKIJ Mi dispiace, cara. E’ stata una settimana terribile. ANNA Ah, si? Terribile? Stamattina è passata a trovarmi Betsy. So tutto della vostra serata ateniese. Che porcheria. VRONSKIJ Sarà una porcheria ma dovevo andarci. Il colonnello mi ha chiesto di accompagnare un diplomatico straniero. ANNA Oh, intendi quella ragazzetta francese con cui ti vedevi. Lo sapevo che c’era anche lei. VRONSKIJ Anna, non capisci… ANNA No, non capisco. Cosa vuoi che sappia io, una donna che non può nemmeno conoscere la tua vita? So solo quello che mi racconti tu, come faccio a sapere se mi dici la verità? VRONSKIJ Non mi credi, Anna? ANNA Si, si. Ma se sapessi quello che sto passando. Uscire così, con quello che dice la gente. Non credo di essere gelosa, non sono gelosa. Ti credo quando sei qui, ma quando poi te ne vai e torni alla tua vita di sempre…oh, ti credo, ti credo, Aleksej, è passata, adesso. Il demone se n’è andato. VRONSKIJ Non faccio più quel genere di vita, pensavo fosse chiaro. ANNA Si, lo so. Mi dispiace. Lo bacia. 4 Suddivisione in BIT secondo la prospettiva di ANNA BIT 1: Occhio per Occhio ANNA Vi siete visti? VRONSKIJ Si. All’ingresso. ANNA E’ quello che ti meriti per un simile ritardo. VRONSKIJ Nel messaggio dicevi che sarebbe stato al Consiglio, non sarei venuto altrimenti. ANNA intende in qualche modo punire VRONSKIJ per quanto non volesse far trovare il suo amante faccia a faccia con suo marito ma certamente ANNA si sta godendo l’imbarazzo del suo amante. BIT 2: ANNA va diritta al punto ANNA Dove sei stato, Aleksej? VRONSKIJ Mi dispiace, cara. E’stata una settimana terribile. ANNA Ah, si? Terribile? # Stamattina è passata a trovarmi Betsy. So tutto della vostra serata ateniese. Che porcheria. VRONSKIJ Sarà una porcheria ma dovevo andarci. Il colonnello mi ha chiesto di accompagnare un diplomatico straniero. ANNA Oh, intendi quella ragazzetta francese con cui ti vedevi. Lo sapevo che c’era anche lei. VRONSKIJ Anna, non capisci… La Principessa Betsy, nota pettegola, ha fatto visita ad Anna, raccontandole della ‘serata ateniese’. Il pensiero e tutte le immagini dissolute legate a questa serata dai contorni piccanti, provocano la gelosia di Anna. La sua preoccupazione per la serata ateniese è ciò che potremmo definire la QUESTIONE IMPELLENTE: non è una definizione di S. ma è uno strumento utilissimo, costituisce l’argomento che sta alla base di un dialogo e che lo spinge in una direzione, rappresentando la principale preoccupazione che indirizza il COMPITO del personaggio. # In questo punto non c’è un effettivo cambio di BIT ma solo una leggera curva dello scorrere dell’azione: Anna non si lascia convincere da Vronskij ma decide di prendere la palla al balzo sollevando la questione della serata ateniese. 5 BIT 3: ANNA sbotta ANNA No, non capisco. Cosa vuoi che sappia io, una donna che non può nemmeno conoscere la tua vita? So solo quello che mi racconti tu, come faccio a sapere se mi dici la verità? VRONSKIJ Non mi credi, Anna? ANNA # Si, si. Ma se sapessi quello che sto passando. Uscire così, con quello che dice la gente. # Non credo di essere gelosa, non sono gelosa. Ti credo quando sei qui, ma quando poi te ne vai e torni alla tua vita di sempre… In questo BIT viene allo scoperto la QUESTIONE IMPELLENTE. Alle parole di Vronskij ‘Non capisci’, la rabbia di Anna esplode, secondo la sua prospettiva è proprio lui a non capire. Nel primo # Anna sceglie di mentire (MOMENTO DELLA SCELTA) e fargli credere che si fida di lui Nel secondo # Anna sceglie di chiamare in causa i propri turbamenti interiori per cercare di capire se si tratta davvero di gelosia oppure no BIT 4: Anna si trae d’impaccio ANNA …oh, ti credo, ti credo, Aleksej, è passata, adesso. Il demone se n’è andato. VRONSKIJ Non faccio più quel genere di vita, pensavo fosse chiaro. ANNA Si, lo so. Mi dispiace. Lo bacia. Anna capisce di averlo fatto allontanare velocemente e ha bisogno di attirarlo nuovamente verso di sé. Suddivisione in BIT secondo la prospettiva di VRONSKIJ BIT 1: Occhio per occhio ANNA Vi siete visti? VRONSKIJ Si. All’ingresso. ANNA E’ quello che ti meriti per un simile ritardo. VRONSKIJ Nel messaggio dicevi che sarebbe stato al Consiglio, non sarei venuto altrimenti. 6 BIT 2: VRONSKIJ si difende ANNA Dove sei stato, Aleksej? VRONSKIJ Mi dispiace, cara. E’stata una settimana terribile. ANNA Ah, si? Terribile? Stamattina è passata a trovarmi Betsy. So tutto della vostra serata ateniese. Che porcheria. VRONSKIJ Sarà una porcheria ma dovevo andarci. Il colonnello mi ha chiesto di accompagnare un diplomatico straniero. ANNA Oh, intendi quella ragazzetta francese con cui ti vedevi. Lo sapevo che c’era anche lei. BIT 3: VRONSKIJ corregge ANNA VRONSKIJ Anna, non capisci… ANNA No, non capisco. Cosa vuoi che sappia io, una donna che non può nemmeno conoscere la tua vita? So solo quello che mi racconti tu, come faccio a sapere se mi dici la verità? In questo punto Vronskij inizia a riprendere il controllo della situazione. BIT 4: VRONSKIJ sfida ANNA VRONSKIJ Non mi credi, Anna? ANNA Si, si. Ma se sapessi quello che sto passando. Uscire così, con quello che dice la gente. Non credo di essere gelosa, non sono gelosa. Ti credo quando sei qui, ma quando poi te ne vai e torni alla tua vita di sempre… Vronskij pone una domanda tendenziosa, grazie alla quale può riprendere una posizione predominante rispetto ad Anna. BIT 5: VRONSKIJ mette le cose in chiaro ANNA…oh, ti credo, ti credo, Aleksej, è passata, adesso. Il demone se n’è andato. VRONSKIJ Non faccio più quel genere di vita, pensavo fosse chiaro. ANNA Si, lo so. Mi dispiace. Lo bacia. 7 Nei puntini di sospensione può essere collocato il MOMENTO DELLA SCELTA: Vronskij non ha intenzione di proseguire la conversazione e potrebbe decidere di andarsene se Anna non cambia il suo umore, ed effettivamente Anna ha bisogno di un’azione repentina per attirarlo nuovamente a sé. Lo bacia. Nessuna di queste due suddivisioni è più corretta dell’altra, nessuna è vangelo, ognuna conduce ad una interpretazione diversa ma ugualmente valida. E’ comunque necessario che i due attori che interpretano Anna e Vronskij si siedano a un tavolo con il regista per mettersi d’accordo su una segmentazione definitiva e potrebbe anche darsi che 5 BIT siano addirittura troppi per un dialogo così breve o che, di contro, la suddivisione in 5 sia assolutamente necessaria e rifletta meglio la progressione emotiva della scena. TITOLI DEI COMPITI E CONTROCOMPITI Secondo la prospettiva di ANNA BIT 1: Occhio per Occhio ANNA: Voglio godermi il disagio di Vronskij VRONSKIJ: Voglio punire Anna per avermi messo in una brutta situazione BIT 2: ANNA va dritta al punto ANNA: Voglio sapere da Vronskij la verità sugli impegni che ha avuto di recente VRONSKIJ: Voglio calmare Anna dopo la mia assenza BIT 3: ANNA sbotta ANNA: Voglio che Vronskij comprenda l’insostenibilità della mia condizione VRONSKIJ: Voglio mettere in chiaro l’infondatezza della delusione di Anna per il mio comportamento BIT 4: ANNA si trae d’impaccio ANNA: Voglio riottenere l’affetto di Vronskij VRONSKIJ: Voglio prendere le distanze dalla follia di Anna 4 BIT e 4 COMPITI E CONTROCOMPITI 8 Secondo la prospettiva di VRONSKIJ BIT 1: Occhio per Occhio ANNA: Voglio godermi il disagio di Vronskij VRONSKIJ: Voglio punire Anna per avermi messo in una brutta situazione BIT 2: VRONSKIJ si difende VRONSKI: Voglio salvaguardare un contegno adeguato alla mia professione anche nell’ambito del nostro incontro domestico ANNA: Voglio metterlo con le spalle al muro e fargli sapere che ho degli informatori BIT 3: VRONSKIJ corregge ANNA VRONSKIJ: Voglio correggere ‘idea falsata’ che Anna si è fatta del mio lavoro ANNA: Voglio far capire a Vronskij che non può prendersi gioco di me. BIT 4: VRONSKIJ sfida ANNA VRONSKIJ: Voglio far capire ad Anna che deve comportarsi bene con me ANNA: Voglio che risolviamo la situazione per il bene di entrambi BIT 5: VRONSKIJ mette le cose in chiaro VRONSKIJ: Voglio mettere le cose in chiaro con Anna sul fatto che questa follia non è un comportamento ammissibile ANNA: Voglio riottenere l’affetto di Vronskij Le parole che danno il titolo a un BIT vengono, così, rielaborate fino a diventare dei COMPITI funzionali, incentrati sull’AZIONE. Un personaggio può essere incitato dal proprio compito (sarà lui o lei a portare avanti la scena) subendo però la resistenza del CONTROCOMPITO di un altro personaggio. La tensione drammatica della scena, di tutte le scene, nasce proprio da questo: il conflitto tra lo SPRONE del COMPITO del primo personaggio e la RESISTENZA opposta dal CONTROCOMPITO del secondo personaggio. 9 IL SOTTOTESTO Cos’è esattamente il SOTTOTESTO? Ogni comportamento umano si modella su una sequenza ciclica e continua: Azione – Reazione – Decisione PRIMO CICLO  A esercita un’Azione su B (A colpisce B)  B ha una Reazione istintiva all’Azione di A (‘adesso ti faccio vedere io’)  B prende una Decisione relativa alla propria Reazione (‘bene, sei stressato e stanco, non ti colpirò, per questa volta ti perdono’) SECONDO CICLO  B esercita una nuova Azione nei confronti di A (B abbraccia A)  A, a sua volta, ha una Reazione istintiva all’Azione di B (‘strano mi stai abbracciando, ed io che pensavo che avresti dato un pugno’)  A prende una Decisione su quale risposta dare all’Azione di B (‘ti sono grato per la tua comprensione’) TERZO CICLO  A esercita di conseguenza una nuova Azione (A bacia B) E vi di seguito. Azione-Reazione-Decisione. Questo processo si dispiega con naturale regolarità in tutti gli scambi umani. E, spesso, i momenti della Reazione e/o della Decisione restano al di qua dell’espressione verbale. Tuttavia, anche se non vengono espressi non vuol dire che non esistano, essi rappresentano gli impulsi che premono sulle nostre Azioni fisiche e sulle nostre parole. Essi sono il SOTTOTESTO. Per riconoscere gli strati del SOTTOTESTO (i momenti di Reazione e/o Decisione) in un opera dobbiamo andare alla ricerca del COMPITO del nostro personaggio: ciò che egli vuole davvero determinerà quanto e cosa sceglierà di dire. Leggere GIULIO CESARE di Shakespeare, Atto secondo – scena seconda – Bruto e Porzia PORZIA esprime in maniera molto diretta quello che pensa e sente. La sua mancanza di SOTTOTESTO fa si che le bugie e i depistaggi di BRUTO prendano a ribollirgli nel sangue quasi affiorando in superficie. All’inizio Bruto cerca di rassicurarla ‘Non ti preoccupare, sto bene’, ma il pubblico percepisce il SOTTOTESTO ‘Tesoro sto 10 tremendamente male, ma non posso dirti nulla per ora’. Il COMPITO di BRUTO è ‘voler proteggere PORZIA’ ma nel momento in cui tale COMPITO vira verso ‘Voglio condividere con te quello che ho dentro’, ecco con geniale tempismo drammatico, i colpi alla porta che interrompono la scena. Il SOTTOTESTO quindi si comunica sia con i mezzi non verbali (attraverso il corpo o il silenzio), sia giocando sulla differenza tra ciò che una persona dice e ciò che di fatto intende dire. Per gli attori è uno strumento utilissimo, grazie ad esso possono riempire lo spazio tra ciò che ha scritto l’autore e il loro modo di dargli vita in maniera del tutto individuale. Se l’attore riesce a creare il giusto contrappunto tra le parole pronunciate dal personaggio e quelle che rimangono inespresse nel SOTTOTESTO, egli, come dice S., ‘darà voce alla melodia di un’anima viva’. E’ questo che interessa sostanzialmente quando si recita a teatro o al cinema: scandagliare l’anima viva del personaggio così come è espressa dal suo SOTTOTESTO. Se così non fosse, secondo S. gli spettatori potrebbero benissimo restare a casa e leggersi l’opera per conto proprio. SIATE CREATORI E NON GIA’ MERI NARRATORI da Il Lavoro dell’attore sul personaggio S. ci vuole dire che è l’autore che ha scritto la storia, ma è l’attore che la racconta QUI, OGGI, IN QUESTO MOMENTO come se fosse la prima volta. LA PUNTEGGIATURA Spesso, la chiave d’accesso per accedere al SOTTOTESTO di un’opera è la PUNTEGGIATURA. In mancanza di precise indicazioni da parte dell’autore, i puntini di sospensione, ad esempio, possono fornire importanti suggerimenti. Se in un discorso ve ne sono molti, si può dedurre che in quel momento i pensieri del personaggio si avvicendino rapidamente, oppure che, impegnato in profonde e difficoltose riflessioni, stia cercando le parole giuste per esprimerle. Ovviamente i punti di sospensione non rappresentano gli unici indicatori del SOTTOTESTO, tutta la PUNTEGGIATURA, secondo S., è in grado di dare delle precise istruzioni su come dirigere l’ascoltatore.  Il PUNTO ESCLAMATIVO si può usare per suscitare partecipazione, approvazione o disappunto nell’ascoltatore 11  Il PUNTO DI DOMANDA si può usare anche per stimolare una risposta nell’ascoltatore anche nel caso in cui quella che poniamo sia una domanda retorica che, di conseguenza, invita ad una risposta prestabilita e silenziosa.  I DUE PUNTI si possono usare come segnale per l’ascoltatore a rimanere in attesa di ulteriori informazioni. LE VIRGOLE hanno un’enorme importanza per S. ‘Paragonava la virgola a una mano alzata per avvertire, per costringere gli ascoltatori ad aspettare pazientemente la prosecuzione della frase non ancora finita.’ (Marija Knebel’) LE SEI DOMANDE FONDAMENTLI Altro importante strumento conscio elaborato da S. e senza il quale, secondo il maestro russo, non si dovrebbe nemmeno salire sul palco, sono LE SEI DOMANDE FONDAMENTALI (Il Lavoro dell’attore su se stesso) Le prime tre domande si ricollegano ai fatti forniti dall’autore, le altre sono a disposizione di chiunque e le risposte nascono dalla nostra interpretazione.  Chi?  Quando?  Dove?  Perché?  A che scopo?  Come? Il CHI? ha un significato molto chiaro, CHI è il mio personaggio? La risposta a questa domanda riguarda le CIRCOSTANZE DATE e dunque l’ASPETTO QUOTIDIANO del testo e, dunque, sorgerà dall’accumulo di informazioni e di fatti desunti dal testo. Il DOVE? È una domanda altrettanto cristallina e agisce su un numero di CERCHI D’ATTENZIONE che vanno dalle immediate vicinanze alla più ampia posizione geografica. C’è anche una dimensione psicologica del DOVE?: mi trovo al centro 12 dell’azione drammatica o in una zona periferica? sono tra i personaggi chiave del dramma o sono una comparsa? Dunque non è sbagliato affermare che nella maggior parte delle opere, il percorso descritto dal personaggio, che si tratti di uno spostamento geografico da un luogo all’altro o di un movimento psicologico, costituisce il filo rosso di tutta l’azione drammatica. Anche il QUANDO? viene definito da fatti specifici forniti dal testo e come per il DOVE? Si agisce su diversi CERCHI D’ATTENZIONE: sempre che ci siano le informazioni fornite dall’autore, il cerchio più grande è il secolo in cui si svolge l’azione, da qui si procede a cerchi sempre più ristretti fino ad arrivare all’OGGI. Il PERCHE’? è la DOMANDA FONDAMENTALE che dà inizio al viaggio nell’IMMAGINAZIONE dell’attore, non si tratta più di rilevare i meri fatti forniti dal testo ma di cominciare ad interpretare e rendere in maniera personale le informazioni che ci dà l’autore. I certa misura la risposta deriva direttamente dalla struttura drammatica dell’opera: Perché c’è la tal scena? Perché l’autore l’ha scritta? In che modo porta avanti l’azione? Cosa veniamo a sapere di quel personaggio durante quella scena e qual è il suo COMPITO? Ovviamente la DOMANDA FONDAMENTALE PERCHE’? lascia un certo margine d’interpretazione dal momento che la definizione di un compito è sempre opinabile. Infatti le risposte che diamo alla domanda PERCHE’? connettono i fatti dell’autore con la nostra interpretazione di quei fatti, portandoci di conseguenza a creare un SOTTOTESTO individuale. A CHE SCOPO? Può essere una DOMANDA FONDAMENTALE sovrapponibile a quella del PERCHE’? e dunque possono essere assai simili. In realtà S. suggerisce che A CHE SCOPO? ‘ci costringe a chiarire lo scopo dei nostri sforzi. E questo scopo ci indica la strada e ci spinge all’attività e all’azione.’ Esempio: In questa scena Jago sta mentendo ad Otello perché vuole metterlo in difficoltà allo scopo di rubargli il potere. COME?: se l’attore riesce ad essere davvero aperto e sensibile alla miriade di stimoli che provengono dall’agire dei suoi compagni in scena o davanti alla macchina da presa, allora il COME? Non sarà mai stabilito una volta per tutte ma dovrà per forza di cose variare ad ogni replica o ripresa per rispondere alle loro performance in continuo cambiamento. In buona sostanza, in teatro, l’attore dovrà rispondere al COME? in maniera diversa, ogni sera, autenticamente e spontaneamente. Non stiamo parlando, evidentemente, di elementi di disturbo, il più delle volte sono cambiamenti inosservati all’occhio esterno, tuttavia determinano un’importante riverbero nella SENSIBILITA’ SCENICA INTERIORE dell’attore. In teatro COME mi comporterò questa sera in risposta a questo attore davanti a questo pubblico? Sul 13 set si richiederà, evidentemente, una maggiore fissità che assicuri la continuità tra le varie riprese, ma questo non significa che non si possa restare vivi e attivi all’interno della rigida griglia tecnica. Anzi, proprio perché la componente tecnica ha bisogno di rigidità, la vita interiore dell’attore non può irrigidirsi a sua volta poiché rischierebbe un’interpretazione priva di vita. L’attore deve sempre essere in ascolto, internamente ed esternamente. 14 PERSONIFICARE IL RUOLO – Lo strumento che sostiene il lavoro creativo sul ruolo Il Vero Ogni movimento fisico trasmette al pubblico una serie di messaggi codificati e in un’epoca intrisa di realismo psicologico, il messaggio che un attore deve comunicare è solitamente intriso di senso del VERO. Il VERO è una parola insidiosa e ancora più insidioso come concetto poiché nel 21° secolo non esiste un realtà obiettiva: la mia prospettiva ha la stessa legittimità di un'altra persona o di una terza o di chiunque altro. Nel campo attoriale il VERO non si basa sui dettagli naturalistici, fintanto che il contesto dell’opera mantiene LOGICA e COERENZA, l’attore può sviluppare il senso del VERO adeguato a qualsiasi genere, stile e mezzo. Ovviamente in questo caso S. non si riferisce alla LOGICA MATEMATICA, le nostre emozioni seguono una loro logica che inizialmente potrebbe sembrare caotica ma che col tempo si rivela dotata di una assoluta COERENZA, in buona sostanza il pubblico non accetterà di credere a quello che l’attore sta facendo se non crea un contesto credibile per l’azione, che si tratti di Harry Potter, Amleto o West Side Story. Il meccanismo chiave per suscitare il senso del VERO è la sequenza ininterrotta di AZIONE-REAZIONE-DECISIONE, il pubblico smette di credere in quello che vede quando l’attore omette anche uno solo degli anelli di questa catena. Il VERO non deve essere necessariamente realistico, può essere assurdo, astratto, fantascientifico, da film dell’orrore, fintanto che a reggere le regole del gioco e il contesto della pièce sono LOGICA e COERENZA, lo spettatore può credere a qualsiasi tipo di storia. In merito al senso del VERO, S ne individuò tre diverse tipologie: VEROSIMIGLIANZA, i FATTI e il VERO SCENICO. La VEROSIMIGLIANZA (basata sui cliché e i luoghi comuni) non ha un gran valore, ma non è nemmeno del tutto priva di utilità dato che nel 50% dei casi basta un po’ di “verosimiglianza” per portare gli spettatori a credere a ciò che stanno vedendo. Solitamente si basa su stereotipi: Generale dell’esercito con capelli impomatati e grandi baffi finti, tono perentorio ecc. Secondo S. la VEROSIMIGLIANZA nasce dalla generalizzazione, l’attore deve guardarsi dai rischi della verosimiglianza, è un abisso in cui può cadere senza rendersene conto. 1 I FATTI (che costituiscono la vita così come la conosciamo), il secondo tipo di VERO, sono ciò che vediamo intorno a noi. Per quanto l’OSSERVAZIONE sia uno strumento utilissimo, non sempre è una scelta saggia portare ‘i fatti’ direttamente sul palcoscenico o davanti la macchina da presa, un esempio banale? Torniamo al nostro Generale e decidiamo di farlo parlare con un fortissimo accento calabrese, la decisione di farlo parlare in maniera troppo esatta, troppo ‘reale’, potrebbe rendere difficile la comprensione delle sue battute per lo spettatore, dunque l’attore dovrà imporre un certo grado di moderazione, di ‘irrealtà artistica’. Il VERO SCENICO, terzo tipo di VERO, riguarda proprio questa tipo di moderazione. Nel processo di personificazione del personaggio, l’attore fa ricorso all’OSSERVAZIONE del mondo reale e trova degli spunti, dopodiché filtrerà intuitivamente e artisticamente il materiale raccolto fino a ottenere una forma (il personaggio) che possa essere usata sul palco o sul set. Il ‘vero’ accento calabrese passa attraverso il filtro dell’IMMAGINAZIONE e diventa un’impressione credibile di quella parlata e comprensibile al pubblico. Il senso del VERO SCENICO riguarda anche le emozioni, farsi trasportare a tal punto dalle emozioni tanto da sommergere l’intera performance come uno tsunami emotivo non c’entra nulla con il senso del VERO. Al senso del VERO deve sempre accompagnarsi un corrispondente senso di distacco artistico poiché c’è un’abissale e sostanziale differenza tra provare veramente un sentimento e la convinzione che un sentimento possa essere vero. TRE STRUMENTI PER SVILUPPARE IL SENSO DEL VERO Ci sono alcuni strumenti fondamentali che possono dare un grande contributo per sviluppare il senso di VERO e aiutare l’attore nelle prime fasi di personificazione del ruolo: l’IMMAGINAZIONE, il MAGICO ‘SE’ e l’OSSERVAZIONE L’IMMAGINAZIONE L’IMMGINAZIONE è forse uno degli elementi più importanti di qualunque attività artistica e si fa ben poca strada senza di essa, S. vi dedica un intero capitolo nella Prima parte del Lavoro dell’attore su se stesso. Quando un attore (o un regista) inizia a lavorare su un personaggio, la prima cosa che fa, consapevole o no, è appellarsi alla sua IMMAGINAZIONE. Nei primi anni del 2 suo lavoro di regista, S. non teneva in grande considerazione l‘IMMAGINAZIONE dei suoi attori ma con il passare del tempo si rese conto che proprio quelle immagini interiori costituivano un richiamo al sentimento e alla reviviscenza in funzione della parola e del parlare (Lavoro dell’attore su se stesso). Questa consapevolezza cambiò radicalmente il suo approccio registico. Il tipo di rapporto che si instaura tra l’attore e il regista diventa diretta espressione, uno specchio, di come l’attore usa la sua IMMAGINAZIONE. Se questa è pienamente in funzione, l’attore potrà accogliere senza problemi qualsiasi suggerimento, proposta da parte del regista, se non la esercita, l’attore rischia di diventare una sorte di burattino nelle mani del regista. L’IMMAGINAZIONE ben allenata apre le porte della libertà artistica, rende capace l’attore di adattarsi a qualsiasi CIRCOSTANZA DATA, lo aiuta a trovare una giustificazione psicologica a qualunque suggerimento del regista, ed è un muscolo che può essere allenato, anzi deve essere allenato. Come allenare l’IMMAGINAZIONE? Innanzi tutto, secondo S., attraverso la capacità di OSSERVAZIONE. Il secondo modo di allenare l’IMMAGINAZIONE è quello di combinare l’OSSERVAZIONE con le percezioni dei cinque sensi. Solitamente la stimolazione dei 5 sensi fa sorgere in noi dei RICORDI EMOTIVI molto vividi. Quando si lavora con l’IMMAGINAZIONE creativa, si parte innanzitutto da qualcosa che si è già vissuto, si ricompongono poi le immagini, i pensieri e i ricordi che sono emersi affinché corrispondano alle idee contenute nel testo. Ciò significa che l’attore nel processo di personificazione del ruolo non sta adoperando del materiale intimo allo stato grezzo: è l’uso che l’IMMAGINAZIONE fa di emozioni, ricordi e esperienze ecc. che permette all’attore di trasformare i suoi ‘fatti personali’ in ‘verità sceniche’ con cui è possibile lavorare. Ecco perché l’IMMAGINAZIONE per un attore deve sempre essere allenata e pienamente funzionale così da poter ricordare un momento del passato dove ha ucciso una lucertola con una sassata e usare quel ricordo per entrare nella mente di Joker o di Macbeth. L’IMMAGINAZIONE è fisica, nel senso che non si tratta di starsene seduti a meditare sul testo e a cercare delle risposte alle SEI DOMANDE FONDAMENTALI in modo puramente intellettivo. Tutte le informazioni estratte a tavolino dal testo si trasformano, attraverso l’IMMAGINAZIONE, in stimoli che spingono all’azione fisica, come muovere il corpo, quali azioni compiere, come interagire fisicamente con gli altri personaggi e con il set, con gli elementi scenici, coi costumi ecc. 3 L’IMMAGINAZIONE nutre la voglia dell’attore ad alzarsi e fare qualcosa di fisico e nello stesso tempo, dona a quegli impulsi fisici un contenuto interiore. Secondo S., il modo più veloce ed efficace di sentire la pulsante connessione tra corpo e IMMAGINAZIONE è attraverso l’improvvisazione. Affermava: ‘Gli studenti di Arte Drammatica che hanno imparato ad improvvisare, successivamente riescono a usare più facilmente l’immaginazione in una commedia che la richieda’ Questa massima ha accompagnato S. fino all’ultimo periodo della sua vita, in quelle metodologie di prove note come METODO DELLE AZIONI FISICHE e ANALISI MEDIANTE L’AZIONE che riservano grande spazio all’improvvisazione. Il Magico ‘SE’ S. sosteneva che uno dei modi più diretti per tradurre il lavoro dell’immaginazione in una risposta fisica fosse attraverso lo strumento che chiamava il MAGICO ‘SE’. “Cosa farei se… ci fosse un pazzo furioso dietro la porta?”, esempio formulato da S. nel Lavoro dell’attore su se stesso. Cosa farei se avessi investito qualcuno con la macchina...se avessi ricevuto una nomination all’Oscar?… se scoprissi che aspetto tre gemelli? Il MAGICO SE funge da trampolino di lancio per tuffarci nelle CIRCOSTANZE DATE del testo, agendo sul nostro senso dell’AZIONE: “Cosa farei se…? IL MAGICO SE collega la sfera esteriore dell’AZIONE con quella interiore della mente e permette di passare dal mondo del testo a quello dell’attore. Questo non vuol certo dire che bisogna necessariamente aver ucciso qualcuno per interpretare il personaggio di un serial killer. Attraverso film, romanzi, documentari si ha la possibilità di farsi un’idea di cosa può succedere se in una certa situazione non resta altra scelta che uccidere. Con il MAGICO SE, dunque, non si cerca di rievocare un’esperienza reale, ma di stimolare l’IMMAGINAZIONE nella giusta maniera per colmare i vuoti tra l’attore e l’AZIONE del testo. Il MAGICO SE non presenta alcuna forzatura, nel senso che la domanda “E se…?” non richiede affatto di credere ciecamente nelle circostanze del testo, ma solamente di prendere in considerazione la possibilità di quello che faremmo se… Il se implica un’ipotesi, indica che quanto proposto non è reale, ci chiede che cosa faremmo nel caso cui determinate CIRCOSTANZE DATE fossero vere. Proprio perché non presenta forzature, è estremamente liberatorio, e grazie a questa sua qualità apre la strada a 4 tutta una serie di idee immaginarie e possibilità creative: non più Tu crederai a questa finzione ma Cosa faresti se questa finzione fosse vera? Più è ampia l’IMMAGINAZIONE, più le risposte alla domanda “E se…?” saranno complesse, sorprendenti, verosimili e peculiari. L’IMMAGINAZIONE si amplia attraverso le esperienze che facciamo nella vita e il modo più immediato per ampliare l’esperienza che abbiamo della vita è attraverso l’OSSERVAZIONE. L’Osservazione La possibilità di fornire al MAGICO SE le risorse a cui attingere dipende in gran parte dalla nostra capacità di OSSERVAZIONE individuale, la quale sopperisce a quella parte di esperienza che non abbiamo fatto direttamente. Di nuovo il MAGICO SE: anche se non sono un’assassina, posso comunque interpretare Medea in maniera estremamente convincente perché ho letto resoconti di omicidi, visto filmati che ritraevano assassini, forse con uno ci ho anche parlato. Grazie all’OSSERVAZIONE, ho cucito all’interno del tessuto della mia esperienza una qualche comprensione di cosa potrebbe voler dire, per me, essere un’assassina. Come l’IMMAGINAZIONE, anche l’OSSERVAZIONE non un processo meramente astratto e interiore ma ha una componente fisica. Qualunque AZIONE o EMOZIONE io stia rappresentando, posso fare ricorso al mondo esteriore per attingere ciò di cui ho bisogno, ma non solo: più utile ancora sarà l’OSSERVAZIONE del mio stesso corpo, di come i miei muscoli reagiscono a delle particolari CIRCOSTANZE DATE, di come cambia la RESPIRAZIONE a seconda del contenuto emotivo di una certa esperienza. Ricordate l’esempio della risata e del pianto? Posso adottare una sorta di auto OSSERVAZIONE per verificare se la mia interpretazione risulta autentica e coinvolgente. C’è senso del VERO in quello che sto facendo? Lo sento davvero o sto solo fingendo? S. proponeva ai suoi attori un modo estremamente pratico di usare la capacità di auto OSSERVAZIONE. Se una sera non andava come avrebbe dovuto. “…ascoltate in silenzio la voce del vostro subconscio.” On the Art of the Stage 5

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