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In Italia si producono circa 60 milioni di ettolitri all’anno. La vite è una liana botanicamente, struttura legnosa con fusto elastico capace di arrampicarsi. Vantaggio delle liane, non investire risorse nella robustezza del fusto. Può destinare una parte rilevante in foglia e frutti, velocità di c...

In Italia si producono circa 60 milioni di ettolitri all’anno. La vite è una liana botanicamente, struttura legnosa con fusto elastico capace di arrampicarsi. Vantaggio delle liane, non investire risorse nella robustezza del fusto. Può destinare una parte rilevante in foglia e frutti, velocità di crescita superiori (foglia). Tuttora esistono vitis selvagge nelle coste del mediterraneo che si sviluppano liberamente. La vite è una specie incredibilmente adattabile, plastica. Si è transitati da forme selvatiche a forme sempre più addomesticate. VITIS VINIFERA SATIVA (da vino), altre specie sono diventate importanti quelle che utilizziamo per i portainnesti. Si sviluppa in un’area abbastanza definita, area della mezza luna fertile. Importante area Georgia, Armenia dove si trova la massima biodiversità perché sono le aree in cui si è originata la vite. Per recuperare delle resistenze che ora ci mancano. Importanti iniziative per recupero e protezione biodiversità locale. Organi e caratteri V.v. silvestris v. v. sativa foglie Trilobate (m) intere (F) pentalobate Seno peziolare aperto Da stretto a chiuso Portamento germogli Rampicante, lianoso Più eretto Vigoria elevata Da media a bassa Dimensione grappoli modesta Da media a grande Colatura elevata Generalmente ridotta Fioritura Dioica Ermafrodita Dimensioni dell’acino piccola Grande Sapore della polpa asprigno dolce Acidità elevata Ridotta Dimensione del vinacciolo piccola Grande Forma del vinacciolo arrotondata Allungata Periodo vegetativo breve Lungo Colore dell’acino Nero (raramente bianco) Nero, rosa, grigio, bianco Fotoperiodismo Longidiurno Medio-brevidiurno Resistenza al freddo Elevata ridotto Foglia vite è pentalobata, quelle delle specie selvatiche trilobate Il picciolo è inserito sulla lamina a formare un seno peziolare. In quelle antiche era aperto, quello addomesticato è da stretto a chiuso. Vigoria ora da media a scarsa, non interessa all’agricoltore, meno fatica e dispendio possibile. Riduzione delle taglie. Dioica = due contenitori, uno per i fiori maschile uno per i fiori femminili. A noi interessa il fiore femminile, ricombinazione dei due sessi su un unico fiore = ermafroditi Acino della vite botanicamente è una bacca La forma selvatica si differenzia da quella domestica per numerosi caratteri, tra i quali la sessualità delle piante e la dimensione degli organi. L’addomesticazione è stata cominciata dai fenici, per poi averne una secondaria nel mediterraneo. Italia paese con maggiore ricchezza di specie coltivabili moderne. MORFOLOGIA RAPPORTO RADICE-CHIOMA Viti metà fuori e metà entro terra. Importante composizione e struttura suolo. Piante mettono in relazione suolo e atmosfera. Importante gestire tutti e due da parte della pianta, cercando di coordinare le strutture delle radici e della chioma, attraverso rapporti/controlli reciproci tra le due parti: le radici e le foglie sono in una relazione di comunicazione, attraverso ormoni e scambio di materiale tra i due: le radici acquisiscono acqua e minerali verso la parte aerea, le foglie utilizzano queste sostanze e la radiazione per sintetizzare composti complessi (carboidrati), spartiti poi con il resto della pianta. In termini di massa, i due sono circa in rapporto 1:1, ma in termini di efficienza è diverso: se le radici non riescono ad assorbire bene, ovviamente la pianta investirà più su quelle che sulle foglie, modulando il rapporto tra i due a seconda delle condizioni in cui si trova. Le piante, essendo interfaccia suolo-atmosfera, sfruttano gradienti (energia, potenziale, idrico,…) per mantenere il proprio metabolismo: le radici sono interfaccia con il suolo, ambiente molto complesso dal punto di vista fisico, chimico e biologico, da cui trae acqua e nutrienti. RADICI Assorbe acqua e nutrienti, ma man mano che invecchia avrà meno potere assorbente; attraverso i peli radicali, le vere e proprie radici, invece, hanno più funzione di trasporto. Hanno capacità importante di condizionamento delle caratteristiche locali del terreno, come per esempio il rilascio di protoni, facendo diminuire il pH attorno a sé e quindi avrà caratteristiche diverse dal resto del terreno. L’apparato radicale viene considerato come il cervello. Ha la capacità di supporto ed ancoraggio della pianta al terreno= le piante sono SESSILI, e questo è un fattore limitante per un organismo vivente. Per risolvere questo problema, le piante investono molto sulla moltiplicazione/proliferazione di organi simili tra loro (radici) con cui riesce ad esplorare il massimo volume possibile di terreno. Questo costa alla pianta la costruzione di nuovi tessuti, creando “economia” al suo interno. Idrotropismo: La crescita vegetale/radicale, e quindi la costruzione di nuove cellule, è fondata sul TURGORE CELLULARE, garantendo la direzione verso zone con più acqua. Non possono, però, allontanarsi da zone esaurite, sono innescare la ramificazione laterale, anche sulle parti più mature dove c’è già cambio vascolare. Hanno bisogno di acqua, carboidrati ed ossigeno, in modo tale da crescere (per turgidità), avanzando nel terreno (verso acqua), ma può fermarsi o rallentare quando le condizioni di ossigenazione sono difficili, in quanto ci sono piante che tollerano basse pressioni di ossigeno, altre alte. Le lavorazioni hanno, quindi, lo scopo di favorire l’ossigenazione e quindi anche il metabolismo della pianta, oltre che a favorire dal punto di vista meccanico la sua crescita. Quindi, condizioni di asfissia locale, porta alla produzione di ETILENE, che ne inibisce la crescita ma induce la ramificazione laterale. Stoccate sostanze di riserva, soprattutto per la ripartenza ad inizio stagione Circa 30% dei carboidrati costruiti dalla pianta, vengano rilasciati nel terreno per alimentare m.o. utili (micorrize, funghi simbionti,…), con il quale intrattiene rapporti simbiontici. Riguarda anche l’aspetto di fertilità del terreno Quelle della vite, che derivano dal cambio perché talee, sono avventizie e omorizici, cioè che non sono radici primarie, ma hanno origine da altri, e da esse se ne formano di secondarie. Con la potatura della chioma si disturba il rapporto chioma-radice ogni anno, ma non vengono toccate le radici che crescono con una loro strategia. Di fatto si ha un apparato radicale che è esuberante rispetto a quello fogliare. L’apparato radicale può espandersi, ma è limitato dalla disponibilità d’acqua. Quindi tendenzialmente non si sovrappongono l’uno all’altro, ma le radici si evitano. Alcune piante riescono a difendere il loro territorio attraverso dei secreti che vengono percepiti dalle altre piante e queste non penetrano in questa zona Conta molto la distanza con cui le piante vengono impiantate. Più fitta è la mia coltura e più spingo gli apparati radicali ad una convivenza complessa e quindi più riduco il terreno disponibile per ogni pianta. Vengono accentuati dei rapporti di competizione tra pianta e pianta che risultano tendenzialmente negativi e quindi si ha meno possibilità di esprimere il vigore. Questa è esattamente una delle leve per ridurre il vigore in viticoltura. Estensione e distribuzione spaziale: La radice è soggetta a periodi di stress, che deve fronteggiare. Ha bisogno della matrice solida (terreno), e con più superficie è a contatto più facilmente sopravvive ai periodi di stress. Perciò non è tanto la lunghezza=> se una pianta vite porta 10m2 complessivi, lo sviluppo superficiale dell’apparato radicale è circa di 100m2, con uno sviluppo longitudinale anche di 100km. La radice, però, restringendosi, si distacca dal terreno, e i carboidrati influenzano la pressione osmotica e riescono ad assorbire una parte di acqua= AGGIUSTAMENTO OSMOTICO. Assorbimento avviene nelle periferie delle radici, il resto è impermeabile, ossia ricoperto fondamentalmente da sughero. Il sughero rende impermeabile le radici e mano a mano che esse invecchiano sugherificano si ricoprono quindi di uno strato che diventa via via sempre più impermeabile. In questo modo diventa assorbente da una parte e inoltre evolve in un tubo che non ha più interazione con il terreno, ma che svolge solamente un ruolo di conduzione dell’acqua. Le parti di radice che assorbono sono gli apici radicali (estremità) e il resto della radice subisce sugherificazione. Il grosso dell’apparato radicale è nei primi 50cm-1m, alcune però possono scendere anche sotto. Per descrivere la distribuzione delle radici bisogna basarsi sulla densità radicale= lunghezza tot radici/volume terreno. Non sono misure semplici, e spesso si utilizza il metodo della trincea, ossia che si fanno dei tagli verticali a diverse distanze e si contano le radici in una griglia. Altro sistema sono i carotaggi e vengono contate le radici. Le radici non competono tra di loro perché modificano il terreno, lo “scaricano” e quindi quello già esplorato è meno attrattivo per le radici vicine. ANGOLO GEOTROPICO= angolo che la radice media ha rispetto alla verticale e che dipende dal portinnesto: V. rupestris hanno angolo minore (20°) quindi sono più verticali e profonde al contrario V. riparia ha angolo di 80° rispetto alla verticale. La profondità di impianto nfluesce sulla loro attività. Le piante hanno una espansione isotropo (accrescimento radiale), tuttavia ci sono casi in cui crescono in modo non isotropo. Le radici crescono dove ci sono risorse, per questo le radici potrebbero non essere isotrope. I minerali cifico l’azoto è un fattore limitante, per questo cercano e trattengono l’azoto. Le foglie hanno un alto contenuto di proteine (ruby-P-carbossilasi), necessarie alla fotosintesi. In fase autunnale la piante recupera una parte dell’azoto presente nella foglia. La foglia caduta andrà ad essere in parte riassorbita. MERISTEMI E STRUTTURE DELLA RADICE La radice è composta principalmente da tre parti: ZONA MERISTEMATICA= composta da cellule che si duplicano continuamente e il tessuto che si forma inizialmente è indifferenziato, man mano che maturano si caratterizzano, diventando epidermide, vaso, floema,… CUFFIA/CALIPTRA= composta da cellule formate a perdere che, sfaldandosi, preparano la strada per l’avanzamento della radice APICE VEGETATIVO= zona dove si trovano i vasi (cilindro centrale), la corteccia e la zona pilifera Grazie al meristema, si forma una determinata struttura sull’apice, detta STRUTTURA PRIMARIA, che garantisce la crescita della pianta in lunghezza. È formata da: EPIDERMIDE= zona che riveste gli organi composta da cellule poco specifiche PARENCHIMA CORTICALE ENDODERMA PERICICLO ZONA DEL CAMBIO= produce xilema e floema MIDOLLO ZONA DI EMISSIONE DELLA RADICE XILEMA PRIMARIO= trasferimento dell’acqua, composto da cellule cave composte solo dalla parete cellulare con lo scopo di trasferire liquidi. Viene prodotto dal procambio ed è composto da trachee e tracheidi. FLOEMA PRIMARIO= trasferisce ciò che la pianta produce dalle foglie fino alle radici (linfa grazza), ed è composto da cellule quasi totalmente cave (cribrose) con affianco una cellula compagna, esse sono in comunicazione tra loro tramite una placca cribrosa in callosio. Mano a mano che viene lasciato indietro il tessuto, nella crescita del meristema, questo si differenzia in floema e xilema che sono i tessuti vascolari. Ci sono degli ispessimenti impermeabili di suberina, le BANDE DEL CASPARI, che riescono a caricare l’acqua attivamente con il passaggio delle cellule in quello che è il cilindro cellulare (permeabile all’acqua). Via via che la radice invecchia si ha una differenziazione piena: in periferia si ha il floema e all’interno abbiamo lo xilema, e questo viene detta STRUTTURA SECONDARIA, che ha lo scopo di ingrandire radialmente la radice producendo sia cellule verso l’interno (xilema) che verso l’esterno (floema): PERIDERMA= epidermide delle piante pluriennali che produce sughero all’esterno e felloderma all’interno FELLOGENO PARENCHIMA CORTICALE SECONDARIO FLOEMA PRIMARIO FLOEMA SECONDARIO ZONA DEL CAMBIO XILEMA SECONDARIO XILEMA PRIMARIO RAGGI MIDOLLARI ACQUA-RADICI L’acqua si può guardare da due punti di vista. Uno di questi è quello quantitativo: quantità di acqua presente ad esempio nel terreno (in percentuale che varia a seconda dell’utilizzo da parte della pianta, può evaporare o può essere aggiunta con le pioggie). Ci sono però diverse tipologie di terreno con diversa granulometria che interagisce con l’acqua in maniera specifica. Un terreno molto sabbioso (60%) trattiene meno acqua rispetto ad un terreno argilloso. C’è una capacità di ritenzione dell’acqua da parte del terreno che aumenta più la granulometria è fine. A seconda del terreno l’acqua è trattenuta con forze diverse perché essa quando è nel terreno viene trattenuta da forze di coesione e aderenza alla matrice solida (sabbia, argilla, limo). Lo sviluppo superficiale della matrice solida è più alta in un terreno a grana fine rispetto a quello a grana grossa. L’acqua a seconda del terreno a cui si lega, ha uno stato energetico differente anche a parità di quantità. Se lo stato risulta negativo devo compiere energia per strappare l’acqua del terreno e ne devo applicare tanta quanta il granello del terreno la sta tenendo. Questo è il potenziale idrico che è equivalente a quello chimico dell’acqua e rappresenta lo stato energetico della molecola d’acqua e devo compiere almeno quel lavoro per strapparla. Questo lavoro è compiuto dalla radice che con una serie di processi assorbe l’acqua. Le radici portano ad un livello energetico interno inferiore a quello che l’acqua presenta nel terreno e quindi essa “cade” nelle radici secondo una caduta di potenziale. Questo dipende da componenti: gravitazionali, osmotici= POTENZIALE OSMOTICO di pressione matriciali= POTENZIALE MATRICIALE, influenzato dalla superficie disponibile, infatti in un terreno argilloso ci sono ci sono molti più metri quadri di superficie, e tanto più difficile è estrarre l’acqua. Quando l’acqua è entrata nella pianta corre nello xilema e irrora tutte le cellule che compongono la pianta. Essa, sale perché il potenziale nelle radici è maggiore rispetto a quello delle foglie, fosse il contrario l’acqua cadrebbe. Arrivata alle foglie, però, queste la perdono in parte, a causa della differenza di potenziale tra foglie ed atmosfera, la quale è ancora più bassa. Esse attingono acqua dalle loro pareti cellulari che risultano fradice di linfa grezza e attraverso la propria membrana con fenomeni di osmosi fanno entrare l’acqua nella cellula stessa. La cellula si gonfia per osmosi e sviluppa una pressione fondamentale per la vita vegetale ed è la forza con cui il tessuto cresce (grazie al turgore cellulare). La pressione si forma perché la cellula risulta racchiusa dalla parete cellulare che è rigida. Il primo sintomo di è l’appassimento e quindi la perdita di turgore. Quando quel tessuto perde di turgore non riesce più a crescere ed è già tardi per un intervento di irrigazione in quanto la pianta quando le foglie sono giù la pianta è già in stress idrico da un po’ di tempo. La manifestazione è quindi un segno tardivo. La prima perdita di turgore si nota per prima negli apici vegetativi perché sono i tessuti più delicati e che crescono solo grazie al turgore. La vite, ogni 10cm di profondità saranno 1000m3/ha in più. DIGRESSIONE SU CC, CIM, ecc… CC terreno sabbioso minore che terreno argilloso => trattiene meno acqua che argilloso per + macroporosità. TEMPERATURA E RADICI Temperatura max terreno 13-13:30 T max sempre in superficie Le piante basano crescita, metabolismo,… solo sulla temperatura e sulla luce Il terreno superficiale in estate è irradiato, arrivando a 40°C. Le radici sono influenzate dalla temperatura, in base ad essa cambia la zona di radicazione. L’inserimento del cotico erboso serve a diversi scopi (evitare il compattamento, permettere il transito delle macchine), sopportando una piccola competizione tra questo e la vite. MORFOLOGIA ED ANATOMIA Botanicamente la vite è una liana legnosa perenne che vive più di 2 anni, policarpica (fiorisce molte volte) e decidua (perde le foglie ogni anno). Come tutte le piante superiori, possiede organi vegetativi (radici, fusto, foglie e viticci) e riproduttivi (infiorescenze e frutti). Si distingue in parte ipogea (radici) e epigea (aerea). Avendo un fusto flessibile e disponendo dei VITICCI, riesce ad aggrapparsi su sostegni vivi o morti, riuscendo a svilupparsi anche di molto. Il SISTEMA CAULIARE (organi epigei) può assumere forme e dimensioni molto variabili in base all’ambiente di coltivazione, alla varietà-innesto e alle tecniche colturali, soprattutto la forma di allevamento e potatura, per questo potrebbe sviluppare tronchi di grosse dimensioni, ma per i sistemi con cui è coltivata non lo permette, a parte alcuni come il Bellussi. Il sistema cauliare è composto da: PARTE PERENNE= ossia il tronco, branche, tralci,… PARTE EFFIMERA= ossia quella costituita dagli organi erbacei che si ricostruiscono ogni anno e che derivano dal germogliamento delle gemme. I GERMOGLI sono strutture particolari che portano sia foglie che infiorescenze, hanno la capacità di aggrapparsi ai sostegni naturali o meno con i viticci. Parti: TRONCO/CAULE= struttura verticale, con diametro ed altezze diverse in base al sistema di allevamento. BRANCA= struttura legnosa di almeno 2 anni CORDONE PERMANENTE= tipo di branca che si prolunga in orizzontale o inclinata TRALCIO= da ramo di un anno lignificato con lunghezze più o meno elevate, flessibili e di diversi colori in base alla varietà. Essendo lignificato è l’organo adatto a sopportare l’inverno (privo di foglie), inoltre in base alla copertura si distinguono tralci giovani e vecchi (hanno corteccia aderente, bruna. Formato da una successione di elementi, ossia MERITALLI dividi in nodi ed internodi. Per molte piante arboree, le gemme sono specifiche producendo germogli con o senza fiori, invece nella vite ogni gemma può portare infiorescenza, per questo vengono dette GEMME MISTE. GEMME BASALI= quelle che portano alla formazione dei germogli, e nelle quali ci sono già preformate tutte le strutture che si creano e il numero di infiorescenze, determinando la così detta FERTILITÀ DELLA GEMMA, ossia il numero di infiorescenze generate da una gemma. All’ascella di ogni foglia si forma un COMPLESSO GEMMARIO, che si formano in successione a partire dalla base, e quindi foglie e gemme avranno età diverse, e in momenti diversi della stagione a partire da inizio primavera (temperature e fotosintesi basse) fino all’estate. Quindi avranno anch’esse un gradiente di fertilità. Per ogni nodo, c’è una foglia e un viticcio o un’infiorescenza. Il complesso gemmario è un insieme di almeno due gemme, che possiedono due meristemi, e che quindi potrebbero generare due germogli, ma se avvenisse la pianta sprecherebbe molta energia anche in questi nuovi germogli, e per questo deve regolarne lo sviluppo attraverso ormoni. La soluzione, quindi, è che un germoglio che cresce, con meristemi in ogni ascella, il meristema primario (oltre a far crescere la pianta) sintetizza un ormone (AUXINA) che reprime la crescita degli altri sistemi a favore della sua. Quando il meristema primario si allontana talmente tanto che l’auxina non arriva ai sistemi basali, eventualmente i meristemi secondari generano assi secondari laterali, dette FEMMINELLE. Questo processo viene detto di DOMINANZA APICALE, importante per l’espressione e la regolazione della pianta. La parte effimera è emessa ogni anno come conseguenza del GERMOGLIAMENTO di GEMME DORMIENTI. Altro problema della pianta è superare l’inverno e crescere la primavera successiva. Perciò bisogna che ci siano dei meristemi che rimangano vitali, che si trovano nei complessi gemmari. Una gemma del complesso è incapace di germogliare nell’anno corrente, perché repressa dal meristema capace del germogliamento, e che quindi attraverserà l’inverno. Il segnale che “sblocca” questa seconda gemma è di tipo ambientale, ossia che diventa capace di muoversi quando esposto ad un periodo di freddo attorno ai 0°C. La morfologia di una vite nata da seme è diversa da una pianta adulta, legata alla FASE GIOVANILE che attraversa. L’uso dell’innesto, per questo, evita questa fase e favorisce la coltivazione di specifiche piante quasi subito utilizzabili. In questa fase, spesso hanno modificazioni come spine, foglie diverse, portamento differente, assenza viticci Le foglie, sono disposte precisamente nella pianta seconda la FILLOTASSI, ossia la descrizione della disposizione delle foglie nello spazio. Quindi l’asse cresce, l’angolo con cui si origina la foglia gira per ogni nodo, ciò vuol dire che solo dopo n foglie ce ne saranno due con la stessa angolazione. Alcune piante hanno una fillotassi molto rigida. Nella vite da seme, per la fase giovanile le foglie sono disposte con angolo di 137,5°, quindi una fillotassi di 2/5, una nella stessa posizione ogni 5 nodi. Superata questa fase, le foglie sono alternate e distiche, con angolo di 180°, ½. GERMOGLI Il meristema apicale del germoglio produce continuamente nuovi tessuti ed organi secondo una sequenza regolare, formando nodi ed internodi, primordi di foglie, infiorescenze e gemme ascellari. Essi rimangono attivi per tutta la vita portando ad una CRESCITA INDETERMINATA della pianta. Le foglie possono essere più o meno efficienti per quanto riguarda la fotosintesi: quelle vecchie e quelle giovani sono meno performanti che quelle medie, e quando si taglia l’apice meristematico tutte ringiovaniscono. Il meristema apicale è formato da 7 parti: 1. Il meristema apicale 2. Cellule neo-prodotte che si differenziano e diventano o cellule parenchimatiche o procambiali che origineranno i tessuti vascolari 3. Formazione del procambio che forma profloema e proxilema 4. Differenziazione del metaxilema e metafloema con formazione del collenchima 5. Differenziazione xilema primario e floema primario con comparsa dello sclerenchima e della lignificazione dei vasi xilematici, con cessazione della crescita per distenzione 6. Inspessimento secondario 7. Proseguo Nella crescita di germoglio abbiamo lo sviluppo di diversi organi che dipendono dalla differenziazione del meristema apicale, in particolare i primi 3 nodi portano solo foglie, i due successivi grappoli, e i seguenti uno con foglia e il tutto si ripete. La sezione del germoglio quando diventa struttura secondaria assume vasi e tessuti diversi. EMBOLIA= gas nei vasi che lo ostacolano, più frequente in vasi grandi che piccoli, per questo la pianta ne produce di diversi. VITICCIO Può avere anche sostanze collanti. I viticci sono fondamentali per aggrapparsi ai sostegni. Sono organi omologhi, come delle infiorescenze senza fiori. Questo organo serve a sentire la presenza di oggetti vicino alla pianta, per poi aggrapparsi, legarsi saldamente e lignificare, garantendo un grande sostegno dei germogli. FOGLIA La foglia è una struttura che viene creata a partire dal germoglio in modo ripetuto ed invertito (vedi sopra), e nella vite è pentalobata ma sono diverse per colore, lobi ecc… in base alla varietà. È formata da: Picciolo, con funzione di allontanare la foglia dall’apice vegetativo, permettendo una migliore colonizzazione della luce Lamina superiore Lamina inferiore, con STOMI, ossia delle aperture che permettono lo scambio gasso con l’atmosfera grazie alla loro apertura/chiusura tramite le cellule di guardia Sistema vascolare, composto da nervature Essa, è coinvolta in diversi processi: Radiazione, per ottenere energia Fotosintesi, quindi assorbimento di CO2 tramite stomi Gestione dell’acqua per il rifornimento idrico, quindi scambiare vapore acqueo con l’atmosfera per permettere alle radici di assorbire acqua o meno RADIAZIONE Radiazione solare: tanta, intensa e anche troppa, nel senso che arriva più di 1kW/m3. Può essere scambiata per: Conduzione: energia che si muove nel terreno perché le particelle del terreno conducono il calore; Convezione: trasporto di energia in un fluido. La buccia dell'acino rilascia calore all'aria la quale si scalda; Irraggiamento: trasferimento di energia con la radiazione, non c'è bisogno di un mezzo per trasferire energia, questo avviene dal sole alla pianta; Solo 700-800W usa la radiazione per la fotosintesi, perché una parte viene riflessa, una assorbita dall’atmosfera. La radiazione usata per la fotosintesi va dai 400-700nm e viene detta PAR, la quale porta fotoni che vengono usati dalla pianta per il processo: in una giornata ottimale estiva, arrivano circa 2000micromoli al secondo su m2, e per organicare 5 molecole di CO2 servono circa 100fotoni, con rendimento del 5%. In assenza di CO2 organicata la fotosintesi non funziona, ma viene attivata la respirazione. Aumentando la quantità di radiazioni l’organicazione aumenta fino ad un punto dove la produzione di carboidrati è uguale al consumo, viene detto PUNTO DI COMPENSAZIONE, se ne viene aggiunta altra la velocità non crescerà, in quanto se sovraesposta ma non riesce ad utilizzarla. La fotosintesi è massima all’inizio perché gli enzimi sono pronti per attuarla. Se la pianta ha mille foglie, l’ideale sarebbe che tutte fossero nelle condizioni per una fotosintesi più efficiente, ma le pianta hanno trovato un modo più democratico: visto che non tutte le foglie si trovano in condizioni ottimali, una parte (quelle in condizioni migliori) lavorerà al massimo, mentre le altre meno. Per fare questo è necessario regolare l’inclinazione fogliare, in quanto l’angolo determina il quantitativo di fotoni che riesce a raggiungere le foglie. Questa disposizione, chiamata FILLOTASSI, non è casuale ma ha un motivo, ed è una caratteristica specifica e cambia a seconda della specie. Nelle foglie vecchie, la curva diminuisce perché avrà meno resa rispetto alle foglie giovani. Le foglie sono disposte in modo tale che quelle più periferiche non impediscano ai fotoni di raggiungere gli strati sottostanti, lasciando dei varchi per il passaggio della luce. Questa disposizione è a sfera, in modo tale che a tutte le ore del giorno si possa avere luce. Come viene quantificata/misurata/espressa la struttura di una foglia: Usando l’AREA FOGLIARE, ma comprende l’esame di pochi individui e non dice molto della disposizione Misurare LAI, ossia i m2 di foglie per m2 di terreno. È un indice utile per alcune colture (mais, frumento,…) ma non è sufficiente per descrivere le caratteristiche del vigneto Misurare la SUPERFICIE FOGLIARE La DENSITÀ FOGLIARE, ossia m2 di foglie in m3 di terreno, quindi il volume. Le foglie sono composte principalmente da azoto, e quelle più esterno sono più irradiate rispetto a quelle interne, in questo modo avranno più azoto e costruiranno il tessuto fogliare diversamente. Le foglie non sono tutte uguali, alcune sono più sottili e altre più spesse, queste ultime avranno più proteine per unità di superficie e saranno più costose da produrre e mantenere, ma sono anche più piccole. La pianta, però, deve decidere su chi investire l’azoto: quelle spesse hanno più costi di mantenimento, ma maggio resa rispetto Figura 1 Punto sotto asse x è punto dove c'è respirazione al buio, che è circa il 105 della respirazione max. La pendenza è la RESA QUANTICA. Per Vite, ma massima efficiente m2*s è di 10-15micromoli di CO2 a quelle sottili, che hanno minori costi ma meno potenzialità. Per questo di solito si investe sulle foglie più periferiche e più promettenti, dandone meno a quelle interne. Gli organi sono divisi in base a se producono SOURCE o se accumulano SINK. Le foglie sono degli organi source perché producono carboidrati che in parte vengono usati dalla pianta e in parte accumulati su altri organi come i frutti. Esse, però, diventano improduttive quando muoiono e solitamente sono quelle che sono coperte dalle altre e non ricevono luce e non fotosintetizzano. Per mantenere la vite in condizioni ottimali, la pianta deve spendere molto in carboidrati e sostanze minerali, e per questo le foglie più vecchie tendono a morire, anche se in realtà sono loro stesse a sceglierlo in base all’andamento stagionale. Sia sink che source sono posti in scala in base alla loro dominanza, per esempio le radici hanno sink basso; perciò, accrescono solo quando sono l’unico sink rimasto, mentre le foglie sono sink per le prime due settimane di vita, mentre dopo diventano source, e questo può essere modificato con la potatura. Altri organi, invece, non cambiano durante l’anno, per esempio i frutti sono sempre sink. TRASPIRAZIONE Essa viene coinvolta in un processo molto importante, ossia la traspirazione dell’acqua: l’evaporazione è l’unico processo di raffreddamento della pianta. Se per esempio abbiamo acqua liquida in un bicchiere, dopo un tot l’acqua lasciata a temperatura ambiente, evapora. Questo accade perché, le molecole in superficie, tenute insieme da forze di adesione, sono in grado di rompere questi legami, ma per evaporare deve per forza dirigersi verso la superficie. In questo modo si crea un po’ alla volta una fase di vapore, dal liquido vengono eliminate le molecole più energetiche, diminuisce la massa di acqua e si raffredda, in quanto la temperatura è l’espressione media dell’energia cinetica. Per questo se voglio che questo processo continui, devo fornire energia, e l’acqua richiede 2500J (elevato perché deve vincere forze sia Van der Walls che i ponti a H) = CALORE LATENTE DI VAPORIZZAZIONE. La foglia riesce così a dissipare questa energia di cui non ha bisogno, per questo non si riscalda, e la pressione che si instaura viene detta PRESSIONE DI EQUILIBRIO, che dipende esclusivamente dalla temperatura del sistema: più elevata è più si genererà, a 0°C è di circa 6millibar, mentre a 100°C sarà a 1100millibar. L’umidità relativa è uno strumento importante per capire la quantità di vapore acqueo in base alla temperatura: rapporto tra umidità che c’è e quella che potrebbe esserci. Durante la giornata, però, l’umidità non cambia molto, al contrario la temperatura si, questo vuol dire che ci si sposta molto di più orizzontalmente che verticalmente nel grafico della saturazione: l’umidità relativa è massima alla minima temperatura. Quando l’aria diventa ancora più fredda, si condensa/satura e restituisce i 2500J usati per l’evaporazione. DEFICIT DI PRESSIONE DI VAPORE= acqua che manca perché quell’atmosfera sia satura= misura di quanto l’atmosfera è secca e quanto ancora possibile sia l’evaporazione= pressione che manca a quella massima possibile per saturazione, quanta altra acqua la pianta può traspirare o la domanda dell’aria. Questo, quindi, influenza di molto la traspirazione, e maggiore sarà, più traspirazione verrà attuata. Se ho una foglia, e la poniamo a 20°C e che anche l’aria sia alla stessa temperatura, che umidità relativa si crea? Vicini al 100% perché possiedono molta acqua, e all’interno del mesofillo ci sono condizioni di equilibrio, mentre all’esterno sarà diversa. In termini di pressione di vapore, nel grafico sarà verso il punto più alto, mentre per l’esterno sarà minore, e la differenza delle due ci dal VDP. Il raffreddamento dovuto all’evaporazione avviene nel mesofillo, determinando il distacco rapido di molecole da soluzione acquosa a vapore, e quindi (come detto sopra) l’abbassamento di temperatura (è anche influenzato dal vento). Generalmente questo scambio avviene perché nel tessuto lacunoso l’umidità è elevata rispetto a quella ambientale, generando così una differenza di pressione tra dentro e fuori che permette l’uscita di molecole d’acqua. SCAMBIO GASSOSO Nella foglia, gli stomi hanno il principale compito di effettuare scambi con l’esterno e nel caso della CO2, questa deve entrare nella foglia, quando è in presenza di radiazioni, per poter attuare la fotosintesi. Questo processo è complicato in quanto il vapore esce con forza elevata, ma la presenza di una differenza di concentrazione tra interno ed esterno permette questo scambio: generalmente la concentrazione all’esterno è di 400ppm, mentre all’interno è di 250ppm. Quindi possiamo dire che ci vogliono circa 1000 molecole di acqua per importare una molecola di CO2 (rapporto 1:1000), e questo determina l’efficienza fotosintetica, detta WATER USE EFFICIENT, che dipende, appunto, dal deficit e dalla radiazione. Quindi, la CO2 entra nella foglia per differenza di concentrazione grazie apertura degli stomi, ma questo dipende molto dal tipo di pianta: la vite, infatti, è una pianta C3, ossia che è meno efficiente nella velocità di impego della CO2, mentre le piante C4 sono molto più veloci perché hanno una concentrazione interna di CO2 70-80ppm. Come decidono gli stomi “l’economia” migliore? Sono sensibili alla concentrazione di CO2: si aprono in carenza interna e si chiudono in eccesso, e in base allo stress idrico: vengono aperti per eliminare vapore e consentire assorbimento radici. Se si prende una foglia e la si mette in un sistema adiabatico, si porterà ad una temperatura inferiore a quella dell’aria in funzione del deficit di saturazione idrica, questo determina l’evaporazione. Le foglie, però, non possono abbassare la propria temperatura di quanto vogliono, ma possono raggiungere una temperatura minima, e questo dipende dal deficit di saturazione. Questa, può essere determinata attraverso uno strumento detto TERMOMETRO A BULBO UMIDO, ossia termometro con bulbo immerso in una calza umida che diminuirà la temperatura in funzione del deficit. Il problema è che le foglie non sono un sistema isolato, ma aperto, che riceve energia soprattutto dalla radiazione; quindi, nel sistema adiabatico dovrà essere sommata anche questa. Il raffreddamento dovuto all’evaporazione riesce a mantenere la temperatura al di sotto di quella dell’aria, nonostante la radiazione, ma questo avviene solo quando il deficit di saturazione è significativo. Questo controllo della temperatura è importante soprattutto per la fotosintesi, perché ha ottimo di temperatura tra 25-30°C, mentre per la respirazione è più alto. Quindi a temperature interne attorno all’ottimo, la fotosintesi avrà bilancio positivo, ma se aumenta la sfavorisce e favorisce il consumo di carboidrati, con bilancio negativo/consumo progressivo delle sostanze di riserva portando la foglia all’autodistruzione. CICLO VITALE VITE Riguarda serie di eventi che si susseguono ciclicamente e che riguarda il progetto genetico della pianta, espresso sotto le sollecitazioni ambientali, che si concretizzano nello sviluppo e nella crescita. Evoluzione produttiva: 1. Impianto 2. Fase di produzione crescente 3. Piena produzione 4. Fase di produzione descrescente 5. Senescenza Crescita e sviluppo sono condizionati dalla capacità delle piante, suddivisibili in fasi che si possono constatare ad occhio nudo, e questa scienza si chiama FENOLOGIA, ossia lo studio dell’apparenza. È importante perché le piante nel loro sviluppo sono completamente influenzate dalle condizioni ambientali e soprattutto dalla temperatura in quanto sono degli organismi pecilotermi. Questo significa che tutti gli organi della pianta non vivono ad una temperatura prefissata, ma che è data da condizioni ambientali e fisiologiche (traspirazione delle foglie). FASI FENOLOGICHE VEDI VITICOLTRURA 6. GEMMA INVERNALE =>STADIO DI RIPOSO= fase invernale dove le gemme sono a riposo 7. GEMMA RIGONFIA= Fase di ripresa vegetativa, mobilitazione di carboidrati e rigonfiamento gemme per assunzione di carboidrati 8. GEMME COTONOSE= rivestite si lanuggine 9. GERMOGLIAMENTO= gemma esposta alla luce, formazione foglioline e incomincia fotosintesi 10. SVILUPPO PRIMA FOGLIA 11. SVILUPPO SECONDA E TERZA FOGLIA 12. SCHIUSA COMPLETA= comparsa foglie 13. INFIORESCENZE 14. FIORITURA= possibilità di fecondazione, con distacco caliptre 15. ALLEGAGIONE= fecondazione 16. MIGNOLATURA 17. CHIUSURA GRAPPOLO= da grano di pepe ad invaiatura 18. INVAIATURA 19. MATURAZIONE UVA 20. CADUTA FOGLIE e VENDEMMIA Ci sono diverse scale fenologiche, quella di Baggiolini è alfabetica, la BBCH è numerica e più complessa. MICROCLIMA IN VIGNETO Vengono utilizzati soprattutto degli inidici bioclimatici presenti in determinati territori, che si vuole deputare alla viticoltura, quindi valutare la possibilità della messa in cultura di regioni "vergini", dei vitigni però ufficialmente non si hanno sempre delle conoscenze precise e quindi il confronto tra regione e vitigno serve per approfondire al meglio vari aspetti. Molto importanti però sono anche le variazioni delle temperature che avvengono, infatti non sempre posso considerare le somme termiche, perché il metabolismo non cresce linearmente con le temperature ma alle volte rallenta,fino a fermarsi completamente con l'aumento eccessivo delle temperature. In definitiva la viticoltura si è assestata su fasce principali, come il clima mediterranee ma non solo, dove si arriva alla combinazione ottimale di precipitazione-ore di luce- temperatura; molto importante sottolineare che la maturazione è fatta di diversi processi e questi indici lavoravano in fasce più corrette, rispetto alla correttezza ad oggi, questo soprattutto per via dei cambiamenti dei principai climi. IMPORTANT TRAITS OF VINEYSARDS FOR MICROCLIMATIC FUNCTION (più o meno tra pag 20 e 25 del documento) Tipicamente i vigneti sono colture discontinue, ma la struttura del vigneto è molto più studiata e importante rispetto a terreni destinati ad altre coltivazioni. Per STRUTTURA DISCONTINUA si intende l'alternanza tra le file del vigneto e l'interfila (vuota), l'architettura del vigneto infatti interseca anche alcune problematiche locali del terreno, questa caratteristica è molto tipica, estremamente variabile nelle diverse regioni viticole e estremamente bella, la viticoltura infatti si è adattata in maniera specifica alle diverse condizioni climatiche. Tutto sommato il vigneto ha poca superficie fogliare, molto importante per la pianta, anche il viticoltore può decidere il quantitativo di superficie fogliare, tendenzialmente si può immaginare che sia necessario 1metro quadro-2 per ogni kilo di produzione, però nessuno misura la superficie fogliare poiché è una misurazione distributiva che quasi mai viene effettuata. I vigneti hanno quindi poca suerficie fogliare rispetto alle altre colture, ad esempio il mais per ogni metro quadro di campo ha tra le 5-7m^2 di foglia per m^2; quindi su m^2 di terreno possono essere presenti molti m^2 di foglie in base alla coltivazione, questo parametro molto importante denominato LAI --> leafe area index, questo per i vigneti è basso poiché questi tipicamente sono discontinui, nell'ordine del 2-2,5 max e il valore più basso è determinato soprattutto dalle interfile vuote. In questo caso gran parte della radiazione solare viene persa, infatti non viene mai usato il 100% della radiazione solare, questo con le controspalliere, invece i tendoni riescono ad assorbire un maggior quantitativo di radiazione solare; questo ha anche un altro effetto perché la radiazione non utilizzata viene assorbita all'interno dell'interfila, storicamente le interfile vengono ricoperte ad oggi con erba, ma precedentemente con il foraggio perché il viticoltore storicamente oltre che per la produzione di uva il vigneto lo utilizzava per la produzione di foraggio per le stalle. Ad oggi invece l'inerbimento viene mantenuto per altre considerazioni, come mantenere l'erosione, facilitare l'infiltrazione e trattenuta dell'acqua e equilibrare la temperatura. Tutto il sistema, infatti, complessivamente era efficiente poiché la radiazione non assorbita dal vigneto ma dal foraggio garantiva la produzione di entrambe e quindi vantaggio da entrambe le parti; più efficienti rispetto a quelli di oggi poiché le interfile non sempre vengono inerbite ma sfalciate, ciò implica consumo di carburante. Molto importante è soprattutto il MICROCLIMA del vigneto, poiché la vite viene considerata specie plastica alle varie condizioni che hanno permesso di riscontrare delle soluzioni specifiche per determinate casistiche; il fatto che ci sia coltivazione discontinua determina anche la distribuzione di acqua ricaduta con la pioggia. Negli anni infatti si è ragionato moltissimo per quanto riguarda forma, spessore e altezza dei filari prima di arrivare alle condizioni ad oggi utilizzate. Un MICROCLIMA VARIABILE è esaltato dal carattere discontinuo del vigneto, il microclima in definitiva riguarda il viticoltore, poiché in vigneto ce ne sono di diversi tipi; molto importanti soprattutto per definire il terroir ed è fondamentale che il viticoltore conosca tutti i propri microclimi, senza ricorrere all'ARPAV (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto). Ad oggi le piante e le coltivazioni sono soggette a molte sollecitazioni dall'ambiente con la quale scambiano, sostanze (materia), energia e acqua (in un giorno d'estate infatti se questo ha acqua perde dai 4 ai 5L di acqua per m^2 che è tanto, questo per acquisire 2-3g per m^2 di carbonio al giorno). L'energia invece viene trasportata per CONVENZIONE, CONDUZIONE e RADIAZIONE, tutto molto importante per la vita della pianta. Per mantenere la situazione sotto controllo in vigneto durante le stagioni sono molto importanti i BILANCI ENERGETICI, durante l'estate molto importante è l'assorbimento di energia sooto forma di radiazioni (fino a 15- 20MJ) che la vite riesce a bilanciare grazie al contenuto in acqua, questo gli permette di scambiare con l'ambiente esterno tramite DISSIPAZIONE DELL'ENERGIA DEL CALORE PER CONVENZIONE, questo è il calore che riscalda l'aria. Il flusso di calore tra l'oggetto e l'aria si chiama FLUSSO DI CALORE SENSIBILE, quasi tutta l'energia che le foglie ricevono le foglie possono dissiparla per evapotraspirazione per bilanciare la loro temperatura fogliare, sfruttando il loro contenuto in acqua, prevenendo così il surriscaldamento della foglia. Questo flusso di calore viene definito FLUSSO DI CALORE LATENTE, dove arriva un grande quantitativo di energia (solare) circa il 3-4% viene utilizzato all'interno della fotosintesi, e il resto dell'energia aggiuntiva finisce nel flusso di calore sensibile e nel flusso di calore latente. Se c'è disponibilità idrica da parte della pianta la maggior parte dell'energia viene dissipata tramite calore latente, man mano che il vigneto entra in situazione di difficile disponibilità idrica, il tutto si riscalda e aumenta il flusso di calore sensibile; il bilancio è fondamentalmente influenzato da questi due flussi di calore. Una terza importante componente riguarda l'energia che entra all'interno del terreno, è quell'energia che arriva sull'interfila, assorbito di giorno e rilasciato di notte. Il bilancio energetico oltre che riguardare il vigneto, riguarda tutte le parti della pianta, all'interno della quale vi è una diversa ripartizione delle temperature, poiché ci sono diverse condizioni del bilancio energetico. BILANCIO IDRICO E IRRIGAZIONE IRRIGAZIONE= strumento per garantire costanza nella produzione, ma non per aumentarla. EFFICIENZA DI IRRIGAZIONE= differenza tra la quantità di acqua distribuita e quella usata, più elevata è più viene assorbita. Pioggia misurata in mm/h 13 l/m2= 13mm 1mm=10m2/ha= QUANDO SI IRRIGA? Perché l’irrigazione sia efficiente bisogna conoscere bene la capacità di campo (perché l’acqua non finisca in falda dilavando anche nutrienti e concimi), distribuire l’acqua uniformemente e bisogna evitare il verificarsi dell’evaporazione dalla superficie del terreno che non risulta più utile alle piante. Quindi, non irrigo quando è finita l’acqua, ma prima, per non arrivare al punto di appassimento, per questo posso usare il bilancio della perdita per evapotraspirazione o calcolare il contenuto idrico del terreno. In entrambi i casi i dati ottenuti non sono precisi. Un altro sistema tiene conto della pianta, principalmente di un parametro facilmente misurabile. Il punto di appassimento è proprio il momento in cui la pianta non riesce più ad estrarre acqua del terreno e quindi le cellule della pianta non la ricevono più (piante normali -15 bar non riescono più a prendere l’acqua). La pianta entra in sofferenza prima di arrivare al punto di appassimento e quindi bisogna irrigare prima di arrivarci. Ci si può basare su diverse caratteristiche: Sapere il bilancio idrico e l’acqua disponibile, con anche la misurazione delle piogge e sapere l’evotraspirazione del terreno, che può essere influenzata da radiazione e vento. Inoltre importante è sapere l’evostrapirazione della propria voltura, attraverso EVAPOTRASPIRAZIONE DI RIFERIMENTO= visto che è complicato prevedere l’evotraspirazione, si è pensato di misurarlo attraverso una coltura di riferimento (prato) ogni giorno. Mettendo in relazione questo dato con quello dell’evotraspirazione della nostra coltura, otterremo il COEFFICIENTE COLTURALE kc, che dipenderà dalla stagione (se no foglia sarà 0) e dalla tipologia della coltura. Osservare la pianta, vedendo degli indicatori che esplicitano uno stato di prossimo stress idrico Tecniche diagnostiche basate sulla temperatura della foglia, attraverso termocamere. ECCEDENZA NETTA RADIANTE Qs= ? Determinazione della temperatura dell’acino, il quale, non avendo la buona capacità di traspirazione, non riesce ad abbassare/alzare la propria temperatura, portando a necrotizzazione (sunburn). La variazione di tre parametri, suolo-pianta-atmosfera, per quanto riguarda il potenziale idrico influenza l’irrigazione. Infatti, in alcune aziende esistono delle tecniche per cui, basandosi su questo potenziale, si può monitorare e capire quando irrigare: o Per cultivar bianche: -10bar o Per cultivar rosse: -12bar Questo potenziale può essere misurato in diversi modi, il più semplice si basa su quello della foglia, che rappresenta più o meno quello della pianta: in essa vi è acqua, ma è trattenuta da forze, interagendo con i tessuti e i componenti della foglia, per misurarla basterebbe spremerla, e per questo esiste un macchinario con una camera cilindrica dove viene tolto il picciolo, l’atmosfera viene aumentata e in base al valore dove dal taglio del picciolo esce la linfa, si ha il punto dove la pressione creata compensa quella negativa con cui l’acqua è trattenuta, quindi l’opposto del potenziale idrico. Man mano che questo potenziale diminuisce nella pianta, quindi, vuol dire che viene perso il turgore (non vero e proprio appassimento) e si ha carenza di acqua. Inoltre gli stessi cloroplasti hanno bisogno di acqua e quindi di turgore, oltre che a sostenere la crescita dell’intera pianta. I primi segnali di lieve stress idrico si riscontrano sugli apici vegetativi: o Se piena idratazione: ▪ i viticci e tutto il germoglio è verde, turgido e più lungo dell’apice, ▪ tutte le foglie sono verso il sole e fresche, ▪ gli acini sono turgidi, ▪ il suolo ha contenuto di acqua entro il range dell’acqua disponibile, può essere facilmente modellato e l’umidità può essere sentita con le mani o Se deficit idrico: ▪ crescita si attenuta, germogli con apice chiuso e viticci turgifi ▪ maggior parte delle foglie è verde e vitale, ma quelle esposte al sole sono calde se toccate ▪ acini sono turgidi ▪ il suolo ha contenuto di acqua nel limite inferiore dell’acqua disponibile, può essere facilmente modellato o meno, l’umidità può essere sentita o Se stress idrico: ▪ Crescita cessa e apice si chiude e cambia colore: grigio, secco, caduto, i viticci cadono ▪ decolorazioni nelle foglie più vecchie e non più fresche, orientandosi verso giù, e sia quelle esposte che quelle all’ombra appaiono calde ▪ acini diventano flaccidi e iniziano a disidratarsi ▪ il suolo ha contenuto di acqua verso basso range disponibilità, è secco, duro e frantumato o Se stress estremo, tutto collassa, non si può più recuperare. Importante è anche il bilancio idrico delle bacche: grazie al floema l’acqua entra, grazie allo xilema e alla traspirazione esce. Con la maturazione, però, questi fenomeni diminuiscono. QUANTO SI IRRIGA? Non a caso, perché l’acqua è limitata. Con l’irrigazione non si porta il terreno al massimo contenuto possibile per quanto riguarda la vite perché essa la si tiene sempre un po’ in carenza di acqua. Soprattutto con l’avanzare della stagione e quindi con l’invaiatura si comincia a stare sempre un po’ più indietro di acqua. Questo perché se si tiene il contenuto attorno alla capacità di campo si favorisce l’attività vegetativa e quindi anziché avere uva si otterrebbe una sorta di bosco. È per questo motivo che in viticoltura è importante conoscere questi dati in modo da non arrivare mai nei pressi della capacità di campo. (?) COME SI IRRIGA? Fino a non molto tempo fa l’irrigazione era per scorrimento dove si mette l’acqua sul campo attraverso una canaletta. L’acqua scavalca la canaletta e i primi metri ci sarà molta acqua e negli ultimi metri ne avrò sempre meno. Quindi la distribuzione non è omogenea e poco efficiente. L’efficienza di irrigazione consiste nell’assorbimento totale da parte della pianta di tutta l’acqua che viene immessa nel campo. Successivamente si è passati ad una tipologia di irrigazione a pressione in cui l’acqua si spruzza (per aspersione tipicamente soprachioma con irrigatori di lunga e media gittata) fino ad avere una distribuzione dell’acqua irrigua localizzata a piccola portata. Si parla quindi di una microirrigazione che risulta a goccia. Consente una distribuzione molto localizzata e precisa con piccole intensità (qualche litro all’ora). Questo impianto è perfetto per restituire al vigneto ogni giorno quello che ha consumato perché la quantità di acqua che eroghiamo può essere variabile a seconda delle necessità. Ovviamente c’è bisogno di avere una continuità nella disponibilità di acqua che non è sempre possibile 24 ore al giorno per 7 giorni a settimana. Se si ha l’acqua solo una volta ogni 10 giorni è meglio non installare un impianto di questo tipo. In terreni molto sciolti la goccia appena cade sul terreno scende verticalmente senza espandersi e quindi sarebbe meglio che attuarlo in terreni meno sciolti. Sono presenti anche altri erogatori come gli spruzzatori. La distribuzione dell’umidità è molto localizzata e le radici della pianta si localizzano anch’esse in quella zona sempre che non ci siano degli elementi disturbanti. Questo elemento è la pioggia e quindi tendono a crescere su tutto l’ettaro. Quando si attacca l’impianto si distribuisce l’acqua che viene percepita solo dalle radici più vicine senza arrivare a quelle più distanti. In questo modo l’impianto a goccia perde di efficienza. In questo caso è meglio avere un secondo impianto di irrigazione parallelo a dispersione PERCHÉ SI IRRIGA? Dipende dall’evotraspirazione: in situazioni di carenza, essa si riduce e le temperature delle foglie aumentano, arrivando anche sopra a quello dell’aria, diminuendo la fotosintesi ed aumentando le perdite per respirazione. Inoltre importante è conoscere i consumi. Per capire e monitorare il vigneto, si utilizzano stazioni di monitoraggio, soprattutto per l’evotraspirazione. CHE DESTINO HA L’ACQUA ASSORBITA? Base per le reazioni di fotosintesi Costituente essenziale della fase liquida delle cellule vivento (50-70% delle piante è composta da acqua) Conti: 0,5mm di traspirazione/ora per vite 5 mesi, 8 ore al giorno di traspirazione, 4000 viti/ha = 24.000 hl/ha traspirato GEMME DELLA VITE Comparsa infiorescenze=> misura fertilità gemme, ma non sempre è subito perché ci possono essere anche seconda o terza fertilità. Glera= avere + infiorescenze per germoglio Varietà molto fertile= recenti, da incrocio resistenti e viti europea=> hanno geni di resistenza, troppo precoci GEMME PRONTE= ciclo di differenziazione si conclude lo stesso anno dello sviluppo INVERNALI= 1 anno per svilupparsi Germoglio con 1 internodo più corto=> sotto vecchia differenziazione sopra nuova Ogni foglia ha un COMPLESSO GEMMARIO, con fino a 8-9gemme, alcune pronte ed altre ibernanti. Processo molto importante e primo in ordine di tempo è la DIFFERENZIAZIONE DELLE GEMME, dove la sua evoluzione influisce sull’equilibrio del ciclo vegeto-riproduttivo della pianta, sfruttata dall’uomo per regolare la produzione di grappoli, in base alla regolazione delle gemme che sia meccanica o naturale (es. GEMME DI CONTR’OCCHIO che partono in base all’equilibrio). Ogni anno con la sua attività, il viticoltore cerca di conseguire un certo equilibrio nella pianta tra uva prodotta e vegetazione presente. Cerca soprattutto di migliorare i rapporti pianta terreno tramite sceltecolturali in relazione all’andamento stagionale. Come misurare se la vite è in equilibrio tra parte vegetativa e produttiva? Mettere in relazione la superficie fogliare (prima della vendemmia) e la quantità di grappoli in raccolta (vendemmia). INDICE DI RAVAZ= indice tra parte vegetativa e grappoli considerando anche la quantità di tralci potati. Quanti m2 servono per essere in equilibrio con 1kg di uva? 1- 1,2, detto FRUIT RATE (?). Conseguenza di avere eccessiva foglia? Pianta investe su queste più che sulla produzione, ma importante per attuare dei meccanismi di regolazione della pianta, come in questo caso ritardare la maturazione. Se invece ho un eccesso di uva, la pianta non cresce e non riesce a far arrivare l’uva alla maturità tecnologica in termini di grado, però è più semplice da utilizzare il primo metodo. Oltre a questo, l’equilibrio e la fertilità delle gemme è influenzato anche dalle condizioni ambientali, problemi sanitari, …. Questo determina il POTENZIALE PRODUTTIVO, che dipende dalla fertilità delle gemme, a sua volta influenzata dalla genetica della varietà, dalla % dell’allegagione dei fiori e dalla crescita della bacca (peso dell’acino). ACROTONIA= tendenza a crescere verso gli apici, dovuto alle abscine, condizionato dalla potatura e dal sistema di allevamento. Tessuti e cellule si differenziano fino a invaiatura, dopo c’è distensione cellulare. TIPI GEMME Le gemme della vite si trovano in posizione laterale rispetto all’asse del germoglio, inserite nei nodi all’ascella delle foglie. Possono essere di diversi tipi, differendo per la sede sull’asse vegetativo, il momento della loro formazione, la rapidità di differenziazione, il periodo di evoluzione nei rami e i caratteri che assumono: PRONTE= concludono ciclo differenziazione nello stesso anno. Visto che nell’ascella le gemme hanno una gerarchia, quella che si forma prima sarà pronta. o Si formano in primavera-estate (10gg prima di quelle miste) con ciclo di formazione poco più di un mese e che si completa nello stesso anno o Si originano in tutti i germogli di ogni foglia, a lato dell’apice vegetativo, e appena formate formano tralci anticipati detti FEMMINELLE, che raramente portano infiorescenze o È inibita dall’apice IBERNANTI= hanno bisogno di passare una fase di freddo o Nasce alla base delle foglie pronte sempre nell’ascella fogliare e successivamente si trova in un “tallone” alla base della femminelle o Non si sviluppano nello stesso anno, ma nella primavera successiva o Durante l’attività vegetativa non germogliano perché sono inibite dall’attività degli apici e delle gemme pronte LATENTI= non schiudono, rimangono ferme sotto legno di più anni e verranno attivate a seguito di evento (ferita, danno, squilibrio vegetativo, severa potatura, gelo,…), formano POLLONI (fusto) o SUCCHIONI (porta innesto), che rappresentano sia deviazioni dell’equilibrio che scalino per far salire fitofagi del terreno. Le gemme non sono solo in numero di 1 ma possono essere anche secondarie e terziarie (nello stesso complesso gemmario). Esse vengono chiamate nella cultura anglosassone: N+2 quelle ibernanti N+1 quelle pronte N+3 le sottogemme CICLO EVOLUTIVO 1. La gemma ibernante composta da quella principale e due di controcchio 2. In primavera la gemma principale si sviluppa dando origine ad un germoglio con foglie 3. All’ascella delle foglie vi sono due gemme: una pronta e una ibernante 4. La gemma pronta forma femminella 5. La gemma mista rimane in dormienza fino alla primavera successiva Definire inizio fioritura? Caduta della caliptra. CALENDARIO SVILUPPO GEMME DIFFERENZIAZIONE La determinazione di infiorescenze nelle gemme prossimali 3-5nodo, si stabilisce in 5 settimane dal germogliamento, ossia verso fine maggio-inizio giugno, poi procese molto velocemente senza interessare le gemme più giovani a distanza di 6-10nodi sotto l’apice. FATTORI CHE INFLUENZANO FORMAZIONE E INDUZIONE ABBOZZO EMBRIONALE GENETICI= vitigno AMBIENTALI o Temperatura o Intensità luminosa/ fotoperiodo o Disponibilità idrica o Nutrizione o Fitormoni (auxine e citochinine) e differenziazione a fiore BIOLOGICI E TECNO-COLTURALI o Posizione gema o Vigore germoglio o Stadio fisiologico TEMPERATURA Esiste una SOGLIA MINIMA, sotto la quale non vi è l’induzione a fiore, quindi le gemme rimangono sterili. Superata poi la SOGLIA CRITICA, aumenta lo stimolo induttivo e parte la differenziazione. Questo non si intende come somma di temperature, ma delle ore di calore. La formazione delle infiorescenze è favorita da temperature >25°C, con ottimo 30-35°C che determina la differenza di schiusura tra gemme basali e apicali. Per questo esiste un gradiente, che mette in relazione la fertilità con il numero di gemme per tralcio: nelle prime sarà minore, così come quelle apicali, rispetto a quelle centrali. FOTOPERIODO E INT. LUMINOSA La carenza di luce diminuisce la % di gemme fertili e la dimensione dei primordi, infatti anche per loro vi è una soglia minima che varia in base al vigneto. Per il fotoperiodo, invece, non ha effetto sull’induzione, ma per alcuni vigneti, associato alla temperatura, il numero di primordi è più elevato in condizioni di giorno lungo. DISPONIBILITÀ IDRICA Generalmente la vite resiste bene alle condizioni di scarsa disponibilità idrica, la sua crescita ne è molto sensibile, comportando: Diminuzione fertilità gemme Diminuzione peso secco germogli Diminuzione numero di fiori delle gemme ibernanti La carenza agisce sull’antogenesi probabilmente per via indiretta, riducendo l’assorbimento di principi nutritivi, a causa di una minore attività degli apici radicali (minor produzione di citochinine), e diminuendo la disponibilità di assimilati attraverso la diminuzione della fotosintesi Concetto di vigoria, espresso come rapporto C/N, è correlato alla fertilità delle gemme: eccesso vigoria (quindi eccesso C) porta boom di vigoria delle gemme che però comporta azioni di diradamento,… ; invece una carenza porta a sovraproduzione, … Eventi che favoriscono accumulo riserve (ambientali ma anche artificiali) => favoriscono differenziazione antogena Eventi che alterano il normale ciclo di sviluppo=> ritardano inizio differenziazione antogena, riducono n° grappoli e germogli, riducono taglia grappolo e ne modificano la forma. FIROTRMONI E DIFFERENZIAZIONE A FIORE Giberelline e citochinine partecipano alla regolazione dell’antogenesi, anche se con effetti diversi e opposti, a seconda delle diverse fasi in cui si esplicano. Le giberelline agiscono nel complesso un’azione di INIBIZIONE della formazione a fiore, in una prima fase stimolando la formazione degli abbozzi embrionali nell’asse gemmario, successivamente esercitando un effetto negativo sull’antogenesi, dirigendo l’evoluzione dell’abbozzo verso la formazione di viticci, inibendone la successiva formazione dell’infiorescenza. Le citochinine (a concentrazione elevata) stimolano la ramificazione dell’abbozzo embrionale dell’infiorescenza che altrimenti, rimanendo a sole 2-3 ramificazioni, volgerebbe a viticci. Esse controllano molti aspetti della riproduzione: Formazione infiorescenze Differenziazione fiori Sviluppo pistillo L’allegagione Sviluppo frutto Embriogenesi somatica negli ovuli fecondati in vitro Schema controllo ormonale differenziazione a fiore: 1. Citochinine inibiscono passaggio da apice vegetativo a viticcio, quindi solo nella prima fase della differenziazione, allo stesso tempo le giberelline stimolano l’apice della gemma a differenziarsi 2. La situazione si rovescia: le giberelline agiscono da inibitrici del sistema a formare viticci invece che dell’infiorescenza, mentre le citochinine hanno ruolo di ormone promotore. Nella vite, quindi, si verificano due stimoli induttivi: STIMOLO PRIMARIO= sempre presente e dovuto dalle giberelline che inducono la formazione del anlagen STIMOLO SECONDARIO= annuale, indotto dalle citochinine che, se presenti, promuovono la formazione dell’infiorescenza FATTORI TECNICO COLTURALI La concimazione serve per: Prevenire o eliminare stati di carenza; Mantiene lo stato nutritivo delle piante in un equilibrio favorevole alla differenziazione a fiore. L’IRRIGAZIONE in alcuni casi può essere necessaria per garantire un’adeguata differenziazione a fiore. Il PORTINNESTO può esercitare un effetto sull’antogenesi influendo sulla vigoria della pianta, sull’assorbimento minerale, sulla produzione e distribuzione della sostanza secca nelle varie parti della pianta e sull’equilibrio idrico del nesto. La FORMA DI ALLEVAMENTO, la potatura verde ed invernale, la carica di gemme, la distanza di piantagione, ecc… possono esercitare effetti sensibili sulla differenziazione a fiore, influendo sulla vigoria e, quindi, sulla dimensione della chioma, la forma e l’altezza da terra, la disposizione nello spazio e, quindi, sul MICROCLIMA della vegetazione (radiazione e temperatura). CRESCITA GERMOGIO E DIFFERENZIAZIONE Esiste una relazione casuale tra i due fenomeni: la comparsa della prima infiorescenza avviene solo dopo che il germoglio ha sviluppato un determinato numero di foglie cultivar dipendente, ma la velocità con cui compaiono non è importante. La determinazione di infiorescenze nelle gemme prossimalo 3°-5° nodo, si stabilisce in 5 settimane dal germogliamento, ossia verso fine Maggio- primi Giugno. Poi procede molto velocemente in senso acropeto, senza interessare le gemme più giovani a distanza di 6-10 nodi sotto l’apice in accrescimento. Il numero massimo di infiorescenze per gemma è fissato a fine giugno. La determinazione dei fiori nelle ramificazioni basali dell’infiorescenza avviene dopo 6-7 settimane da inizio differenziazione e solo in quelle che si differenziano precocemente. Dopo la rottura delle gemme ha inizio il GERMOGLIAMENTO, nella vite è più tardivo di altre specie da frutto. Determinare fertilità: sezionando gemme o stimolando le talee. FATTORI CHE INFLUENZANO ENTITÀ E VELOCITÀ GERMOGLIAMENTO Esterni ed interni Temperatura aria e terreno Fattori genetici …inibizione correlative (dominanza apicale) e aspetti gravimorfici (forma allevamento) NODI FISSI E LIBERI IN UN GERMOGLIO I nodi formati in una gemma latente durante il suo sviluppo prima che la gemma vada in dormienza sono chiamati Nodi 'fissi'. Di solito ci sono da 6 a 10 nodi fissi in una gemma N+2. Pertanto, quella parte dei germogli quando apparirà nella stagione successiva è un allungamento di nodi e internodi preformati. I nodi sono formati nella stessa stagione in cui la gemma cresce in un germoglio (a seguito della ripresa dell'attività del meristema apicale) sono noti come Nodi 'liberi'. Normalmente, Le infiorescenze saranno portate solo da nodi fissi(essendo stati inizializzati nella stagione vegetativa precedente),mentre i nodi liberi porteranno solo viticci. Spesso c'è un internodo relativamente brevealla giunzione tra i nodi fissi e liberi sul germoglio principale, e questo è notocome il ‘punto di discontinuità’. PROGETTAZIONE E GESTIONE VIGNETO Fasi di progettazione: Si fa un progetto di vino di qualità a livello di marketing e normative; C’è bisogno di conoscenze climatiche; Bisogna conoscere l’elemento suolo ed il terroir (cultura, genetica, ambiente, suolo, varietà,…) Bisogna conoscere la situazione colturale precedente; C’è bisogno del materiale genetico come portinnesto, vitigno e cloni; Avere dei modelli di impianto per definire le distanze e la forma di allevamento; Avere materiali e tecniche di impianto; La gestione dei vigneti a livello di suolo e chioma; Avere un cantiere della meccanizzazione; Avere un prospetto finanziario. Gli elementi di scelta presentano anche delle criticità: 1. SCELTA VARIETALE= l’errore di valutazione è in rapporto all’ambiente in quanto si potrebbe avere l’uva non in grado di maturare al punto giusto per la trasformazione; 2. SCELTA PORTINNESTO= l’errore di valutazione è in rapporto alle caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche del suolo. Riguarda la vigoria del vitigno; 3. MODELLO DI IMPIANTO= riguarda la densità e la forma di allevamento. Con una scelta sbagliata potrebbe esserci un’inadeguata utilizzazione dell’energia del sistema, delle competizioni per acqua e nutrienti e un microclima favorevole ai patogeni; 4. SISTEMAZIONE DEL TERRENO= potrebbe esserci l’erosione del suolo, la perdita di nutrienti e di sostanza organica, alterazione del bilancio idrico E per quanto guarda la gestione: POTATURA= se fosse sbagliata porta a un non equilibrio tra produzione, rinnovo e qualità; FERTILIZZAZIONE= eccesso di disponibilità; Gestione del suolo e irrigazione: può portare l’esigenza di lavorazioni per siccità, delle competizioni vite e specie erbacee e degli adacquamenti eccessivi; Difesa integrata: possono esserci degli errori di stima (soglia, quantità e prodotto), la deriva e la competizione con i patogeni e la presenza di residui sulle uve; Raccolta: può esserci una non corrispondenza tra maturazione industriale e caratteristiche del vino e il trasferimento della carica inquinante al vino. La progettazione degli impianti viticoli e tecnologici deve tenere conto del quadro legislativo che può essere comunitario, nazionale o regionale. Per il quadro internazionale sono stati istituiti due enti: OIV: organizzazione internazionale della vite e del vino; CEE: normativa che regola gli aspetti strutturali, la tipologia di vino riguardante le denominazioni e il rapporto con paesi terzi. Con il quadro nazionale si regolamenta l’utilizzazione dei vigneti e del materiale viticolo tramite un catalogo nazionale delle varietà di vite e della denominazione di origine del vino. A livello regionale si regolamentano le procedure di impianti, l’elenco regionale dei vitigni, il conferimento dei mutui e i piani di miglioramento fondiario. Ci sono anche delle norme per l’impianto e per la conduzione che può essere convenzionale, produzione integrata, gestione biologica o a gestione biodinamica. Si deve tenere conto anche delle tipologie di vino che può essere da tavola, di indicazione geografica protetta (IGP) o a denominazione di origine protetta (DOP). Si deve infine svolgere un’analisi di mercato che può essere interno, internazionale o di previsione dei consumi a breve e lungo termine. Si sceglie inoltre il segmento di mercato e del livello qualitativo La denominazione di origine prende in considerazione la regolamentazione europea stabilendo il DOP (vini di qualità prodotti in regioni determinate), l’IGP (vini a indicazione geografica tipica e vini da tavola. Mentre la regolamentazione italiana stabilisce il DOC (vini a denominazione di origine controllata), il DOCG (vini a denominazione di origine controllata e garantita), la menzione (riserva e superiore che presenta dei periodi di affinamento in legno e in bottiglia) e la menzione del vitigno. Ipotesi per esigenze di una viticoltura di qualità: EFFICIENZA PRODUTTIVA o Max tapporto qualità di òproduzione-qualità uva= Ottimizzazione fisiologia vite EFFICIENZA ECONOMICA o Valutazione costo-beneficio delle tecniche colturali = Razionalizzazione delle tecniche ROSPETTO DELL’AMBIENTE o Conservazione del territorio e biodiversità = utilizzo di tecniche a minore impatto ambientale= ecosostenibilità Fattori che influiscono sulla qualità dell’uva e del vino Scelte tecniche in fase di impianto o Terreno o Portinnesto o Vitigno o Clone o Modello allevamento Tecnica di gestione o Potatura o Gestione chioma e suolo o Fertilizzazione o Difesa fitosanitaria SCELTE PER IMPIANTO Per prima cosa bisogna conoscere le problematiche per l’impianto del vigneto e la conoscenza dell’ambiente. Questa conoscenza presenta due aspetti: GLOBALI atmosfera, condizioni climatiche, latitudine e altitudine (varia radiazione); LOCALI= posizione geografica, orografia del territorio, mesoclima e microclima (a livello di pianta-filare), paesaggio e infrastrutture. AMBIENTE ED OBIETTIVO TECNOLOGICO Dopo arrivo fillossera si capì che si possono calcolare indici: Temperatura mese più caldo Indice di maturità ANALISI GEOPEDOLOGICA Parametri fondamentali: La conoscenza dell’origine litologica e geopedologica; La conoscenza della struttura del profilo del suolo; La profondità del franco di coltivazione; Le variabili idrologiche: capacità idrica del suolo e velocità di infiltrazione; La definizione dell’unità di paesaggio del suolo oggetto di impianto (zonazione). Con l’analisi chimico-fisica del suolo si ricerca: La struttura, tessitura e presenza di scheletro; Sostanza organica; Reazione: pH; Calcare totale e attivo e indice di potere clorosante; Contenuto di magnesio e potassio; Fertilità complessiva; Capacità di scambio cationico; Presenza o assenza di nematodi. Per la caratterizzazione del suolo è importante conoscere: Il vigneto su terreno di nuovo impianto o da reimpianto; Conoscenza storica dell’appezzamento; Andamento climatico stagionale: eventuali di picchi di piovosità e temperatura; Bilancio idrico del suolo; Eventuale presenza di ristagni idrici; Analisi dei vigneti esistenti in zone limitrofe; Modalità di messa a coltura. FATTORI LIMITANTI I fattori limitanti nel vigneto possono essere dei fattori legati all’origine genetica delle piante, alla loro propagazione e ai rapporti con clima, terreno e agenti patogeni. Possono esserci degli stress abiotici che consistono nella temperatura (eccesso o difetto), umidità (eccesso: asfissia radicale, difetto: siccità), pH del terreno, calcare attivo, salinità, carenza di elementi e fitotossicità. Gli stress biotici riguardano: INSETTI= fillossera che colpisce l’apparato radicale, cicaline che provocano danni diretti e sono vettori di fitoplasmi, cocciniglie che provocano danni diretti e sono vettori di virus e lepidotteri che provocano danni su fiori e acini; FUNGHI= oidio che colpisce foglie e grappoli, peronospora che colpisce la parte epigea fino alla morte dei grappoli e botrite che colpisce i grappoli. C’è verticillium e armillaria che sono agenti di marciumi radicali. La difesa è possibile con mezzi preventivi o curativi. Sono presenti anche funghi la cui difesa non viene attuata né con mezzi preventivi né con mezzi curativi come, ad esempio, il complesso di mal dell’esca; Altri parassiti sono i nematodi, endoparassiti, virus e viroidi, fitoplasmi, batteri e acari; Altre problematiche complesse sono la STANCHEZZA DEL TERRENO in fase di reimpianto e l’esca. La stanchezza del terreno può essere data dalla o degradazione della struttura, o l’alterazione della microflora, o l’impoverimento nei livelli di minerali essenziali, o l’accumulo di tossine o la concentrazione di parassiti dannosi. Per superare questo problema si può: o asportare completamente le radici del vigneto spiantato, o far riposare il terreno per almeno 2 anni, o effettuare fumigazioni, o effettuare un’adeguata concimazione di impianto, o la semina di erbacee repellenti ai nematodi (rafano) o l’utilizzo di portinnesti più tolleranti evitando quelli sensibili È importante che ci sia un ADATTAMENTO DELLE CONDIZIONI COLTURALI dei portinnesti in modo che ci sia: l’affinità di innesto tra portinnesto e marza, che si garantisca la longevità della pianta, che la parte aerea abbia vigore, che ci sia una ripartizione adeguata della biomassa prodotta, che ci siano rapporti tra l’apparato radicale e la parte aerea che ci sia una certa quantità e qualità della produzione. ASPETTI GEOPEDOLOGICI Valutazione della sostanza organica in base alla tessitura dei terreni. Classificazione dei terreni in base al contenuto di azoto totale (Davis e coll. 1970). Classificazione dei terreni in funzione del contenuto di fosforo assimilabile (ppm) determinato con il metodo Olsen (Cottenie,1980) Classificazione dei terreni in funzione della dotazione di K2O, MgO e CaO scambiabile (Cottenie, 1980). Dotazioni ottimali di microelementi nel suolo in funzione del pH del suolo (ppm assimilabili). SCELTA VITIGNO È importante la scelta del vitigno e gli elementi da prendere in considerazione sono molti e complessi. Come prima cosa bisogna considerare la convenienza economica studiando i costi del vigneto e facendo un business plan. L’utilizzazione dei vitigni è diversa a livello regionale dove sono presenti i vitigni ammessi alla coltivazione con elenchi regionali, a livello nazionale i vitigni vengono iscritti al registro nazionale delle varietà di vite e a livello internazionale sono presenti dei database viticoli. Sono quindi presenti dei vitigni differenti: Novelli; Freschi; Rossi; Da affinamento; Denominazione: DOC e DOCG; Vini spumanti; Vini da distillazione; Vini da integrazione cromatica; Giovani; Bianchi; Strutturati; IGT; Vini da tavola; Vini da dessert; Mosti da taglio; Vendita delle uve. Inoltre, la scelta del vitigno viene effettuata secondo: Caratteristiche fenologiche, produttive ed enologiche: quindi epoca di germogliamento e maturazione, vigoria. Produttività, dimensione del grappolo e caratteristiche morfologiche della bacca. Caratteristiche del mosto e aspetti particolari di maturazione fenolica, colore e dotazione aromatica; Caratteristiche pedoclimatiche della zona (vocazionalità): al nord sono presenti vitigni precoci mentre al sud vitigni medio-tardivi; Disponibilità vivaistica: con la combinazione di innesto, grado di selezione e disponibilità di cloni EPOCA DI MATURAZIONE In funzione del fabbisogno termico necessario per raggiungere la piena maturazione dell’uva e i vitigni vengono suddivisi in precoci, medi e tradivi. La scelta del vitigno viene fatta secondo le caratteristiche climatiche dell’ambiente di coltivazione tenendo come riferimento la sommatoria termica raggiunta nel corso delle annate. Questa sommatoria viene indicata con l’indice di Winkler. Viene calcolato facendo la somma delle temperature medie giornaliere superiori a 10°C che rappresenta lo zero di vegetazione della vite. CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE Il vitigno viene scelto in funzione delle caratteristiche organolettiche che è in grado di esprimere. Si considerano quindi: Intensità e finezza aromatica dei vini ottenibili; Livello medio di acidità totale a maturazione; Contenuto di antociani con la loro estraibilità e stabilità nel vino e il contenuto e qualità dei tannini che insieme al grado alcolico condizionano le possibilità di affinamento. CAPACITÀ PRODUTTIVA A seconda della categoria di vino e il livello quantitativo è possibile scegliere i vitigni tenendo conto della loro differente capacità produttiva che viene influenzata dall’ambiente di coltivazione, dal sistema di allevamento e dalla distanza tra le file. Viene inoltre correlata principalmente alla fertilità delle gemme e alle dimensioni dei grappoli. Essi si dividono, inoltre, in vitigni ad elevata capacità produttiva e a produttività contenuta. VERSATILIÀ È l’attitudine di un vitigno a essere sfruttato con successo per diverse finalità enologiche andando a prevedere una differente gestione agronomica e un diverso livello di maturazione. La versatilità di questi vitigni è molto importante per far fronte alle mutevoli dinamiche del mercato. È una caratteristica apprezzata soprattutto negli ultimi anni, per far fronte alle mutevoli dinamiche del mercato: Chardonnay e Pinot nero sono utilizzati sia per vb fermi che spumanti Moscato x v spumanti, fermi e passiti Malvasie x v secchi, dolci, fermi, … SENSIBILITÀ MALATTIE È una caratteristica molto importante che deve essere valutata alla luce delle condizioni climatiche dell’ambiente di coltivazione, perché influisce sulla gestione fitoiatrica e sulla possibilità di portare uva al grado di maturazione desiderato. Una minore sensibilità alle malattie, oltre che sugli aspetti qualitativi e quantitativi, ha riflessi positivi sull’impatto ambientale dell’attività viticola perché consente di contenere il numero di trattamenti con minor impiego di prodotti fitosanitari e minor emissione ci CO2 nell’atmosfera. Per esempio, la compattezza del grappolo, che determina zone di umidità che possono essere soggette ad attacchi di patogeni. Oppure anche lo spessore della buccia, che determina una difesa fisica, aumento di aromi e colori, …. (parametro importante è il rapporto buccia-polpa). FERTILITÀ BASALE Una buona fertilità delle gemme basali è indispensabile quando ci si vuole orientare verso sistemi di allevamento che prevedano una potatura corta (cordone speronato e cordone liberp), mentre non presenta un’importanza rilevante nei sistemi di allevamento che richiedono una potatura media o lunga (casarsa, syloz, guyot, tutti sistemi con potatura tralcio rinnovato. L’avere bassa, media o altra fertilità condiziona la forma di potatura da utilizzare Varietà con buona fertilità delle gemme basali: Aglianico Cabernet sauvignon Chardonnay Merlot Montepulciano Nebbiolo Negroamaro P. bianco, grigio e nero Primitivo Riesling Sangiovese Varietà con scarsa fertilità femme basali: Barbera Cabernet franc Cannonau Corvina Garganega Lambrushi Malvasie bianche Marzemino Glera Raboso Refosco Tocai Verdicchio verduzzo Il fatto di lasciare più o meno gemme determina: Diversa vigoria Potatura corta più difficile perché si possono fare pochi errori, su quella lunga anche se si sbaglia si può ristabilire l’anno dopo Sviluppo acrotono: ha priorità apicale (auxine) che basale, quindi nella gerarchia che lascio in un capo lungo avrò la punta del germoglio più vigorosa che la base ma con archettatura favorisco anche quella basale frenando la punta e favorendo la creazione di germogli per l’anno dopo. Mentre in quelle corte non ho disomogeneità/acrotonia e lo sviluppo sarà più omogeneo. PORTAMENTO GERMOGLI Viene preso in considerazione quando ci si vuole orientare verso dei sistemi di allevamento a CHIOMA LI BERA e in modo particolare il cordone libero. Esso richiede dei vitigni con germogli a portamento assurgente che favoriscono l’ottenimento e il mantenimento di una chioma espansa che è in grado di garantire il passaggio dell’aria e la penetrazione della luce. L’assurgenza della chioma viene stimolata con degli interventi di cimature precoci che vengono eseguite a partire dalla prefioritura. In questo modo si vanno a bloccare temporaneamente lo sviluppo in lunghezza del germoglio a favore di un irrobustimento della sua porzione basale che ne favorisce il portamento verticale. Vitigni con portamento assurgente: Cabernet sauvignon Sangiovese Merlot Chardonnay Malvasia istriana Pinot bianco Sauvignon EPOCA GERMOGLIAMENTO Negli ambienti soggetti frequentemente a GELATE PRIMAVERILI, sono da prediligere vitigni a germogliamento tardivo che hanno maggiori possibilità di scampare a questo pericolo, evitando danni ai germogli giovani che possono dissecarsi. Importante il soddisfacimento del fabbisogno a freddo: alcune saranno più precoci perché soglia minori, altri meno. Quindi importante scegliere varietà in base all’andamento termico della zona. COMPATIBILITÀ VENDEMMIA MECCANICA Macchine vendemmiatrici lavorano per scuotimento, con organi battitori sulla base della pianta, in modo calibrato in modo tale da far cadere gli acini senza danneggiarli e soprattutto solo quelli maturi, e per questo dipende dalla varietà e dall’allevamento. In funzione della resistenza al distacco degli acini del raspo, la vendemmia meccanica può avvenire più o meno agevolmente. Un’elevata consistenza al distacco (attaccamento bacca-pedicello) richiede uno scuotimento più intenso che determina solamente un maggior grado di ammostamento del vendemmiato e una conseguente maggior ossidazione a carico dei componenti del mosto. Quest’ultimo può influenzare negativamente il livello qualitativo raggiungibile= meglio con acini poco resistenti distacco pedicello. SENSIBILITÀ SCOTTATURE Il rischio di scottatura degli acini si traduce con uno scadimento qualitativo che deve essere tenuto in considerazione nel caso in cui debbano realizzare vigneti negli ambienti più caldi della penisola. Varietà più o meno sensibili che verranno scelte in base alla zona. Vitigni sensibili alle scottature: Corvina e Vermentino, dove gli interventi di potatura devono essere eseguiti evitando di esporre i grappoli alla luce diretta. Vitigni con certa sensibilità a scottature: Chardonnay, Garganega, Pinot bianco e Pinot nero. VALORE MERCATO Pur essendo un elemento che può essere soggetto a imprevedibili fluttuazioni anche nel breve-medio periodo, la richiesta da parte del mercato di uva e di vino deve essere valutata al momento della scelta del vigneto, date che ne influenzerà il valore. Questo aspetto viene considerato soprattutto dalle aziende che vendono uva o vino in cisterna, meno per quello che si occupano di imbottigliamento e che puntano più su territorio, tradizione, tipicità e quindi marketing. DISPONIBILITÀ VIVAISTICA Grandi richieste, fanno si che il vivaio non riesca a dare piante lunghe, ma verranno messe in vasetto, dove le radici dovranno da subito competere con la parte radicale, e dovranno essere mantenute, soprattutto in condizioni non ottimali per la crescita. VARIETÀ RESISTENTI Favorire geni parentali con caratteri qualitativi maggiori rispetto a quelli negativi, sia dal punto di vista agronomico che di vinificazione. PORTAINNESTI Creati per contro la fillossera: innesto tra vite europea con piede americano. Le caratteristiche genetiche del portinnesto controllano le prestazioni del vitigno, quindi sviluppo vegetativo e vigore, fertilità e produzione, cronologia fasi fenologiche e qualità dell’uva. Importante è l’ANGOLO GEOTROPICO delle radici: V. riparia, ha angolo 80° => apparato radicale più superficiale, adattato a temporanei adattamenti, gestendo eccesso idrico (asfissia) ma non di stress V. rupestris ha angolo 20° => apparato radicale più stretto e quindi più profondo, perché originario rocce Principali caratteristiche dei portainnesti: RESISTENZA SICCITÀ, in base a portamento radici, capacità assorbimento idrico,… RISPOSTA ALLA FERTILITÀ NATURALE DEL TERRENO, es.terreni fertili sono freschi e umidi e quindi sono meglio utilizzati portinnesti deboli RESISTENZA AL CALCARE ATTIVO (pericolo clorosi ferrica maggiore omogeneità del materiale ma anche di gradi diversi di infezione/virosi, PER SEME=> più disomogeneità ma meno problemi di virosi Per il processo di innesto deve esistere: Affinità genetica tra nesto e talea/portinnesto Corretto periodo di esecuzione Buona sovrapposizione delle superfici di contatto Rispetto polarità Condizioni ideali di T e umidità in base al tipo di innesto Calendario preparazione talee: 1. Gennaio, raccolta e preparazione delle talee. La coltivazione viene fatta per terra per favorire il legno e crescere il più dritto possibile. 2. Febbraio, raccolta e preparazione varietà 3. Marzo, innesto al tavolo e prima ceratura, per proteggere innesto e migliorare attecchimento 4. Aprile, forzatura ed inverdimento, in condizioni termiche e idrometriche ottimali, quindi comparsa foglioline. Cassoni verticali dove vengono posti a strati gli innesti con del materiale inerte (segatura), poi viene girato verticalmente e messa della perlite, che attraverso una macchinario vibrante, penetrerà tra gli innesti. 5. Maggio, seconda ceratura e trapianto in vivaio 6. Giugno-ottobre, crescita vivaio per sviluppare apparato radicale 7. Novembre, raccolta materiale e importante che le foglie lavorino 8. Novembre-dicembre, selezione (per garantire la resistenza meccanica, la fascicolatura dell’apparato radicale, …) , confezionamento e terza ceratura 9. Novembre-aprile, spedizione e/o stoccaggio MARZA= 1 internodo con 1 gemma. BARBATELLONI= barbatelle quasi 1m usati come rimpiazzi quando si espianta per + veloce crescita. Decreto min, 2005= identifica materiali per innesto e modalità: inoltre, la crescente diffusione di malattie da virus, batteri e fitoplasmi nella vite impone un’attenzione maggiore all’utilizzo di materiale di moltiplicazione che oltra ad essere valido geneticamente sia anche esente da patologia che possano compromettere i risultati in campo. Nella direttiva CE 43/2005, si fa riferimento ad introdurre definizione e classificazioni dei materiali di moltiplicazione, per favorire la libera circolazione dei materiali nel territorio comunitario. Perciò possiamo avere: 1. MATERIALI INIZIALI= prodotti sotto la responsabilità del costitutore secondo metodi comunemente accettati, per mantenere l’identità della varietà, e destinati alla produzione di materiale di base o certificato. Essi sono identificati con etichetta bianca e linea viola diagonale 2. MATERIALI DI BASE= prodotti sotto la responsabilità del costitutore secondo metodi comunemente accettati, per mantenere l’identità della varietà e, se necessario, il clone, provenienti direttamente da materiali iniziali per via vegetativa e destinati alla produzione di materiali certificati. Essi sono identificati con etichetta bianca 3. MATERIALE CERTIFICATO= proviene direttamente da materiali di base o iniziali e destinati alla produzione di piante o parti di piante per la produzione di uva. Essi sono identificati con etichetta blu 4. MATERIALE STANDARD= deriva da vigneti scelti dal vivaista e controllati dagli uffici sanitari, deve presentare identità e la purezza della varietà, e destinato alla produzione di piante da usare per produrre uva. Essi sono identificati con etichetta gialla. L’innesto può essere fatto anche in campo, tagliando il fusto della talea e inserendo due marze. Lo spacco viene poi nastrato e cerato. SCELTA MODELLO DI IMPIANTO: DISTANZA E FORMA ALLEVAMENTO SVILUPPO APPARATO RADICALE La distribuzione dell’apparato radicale è concentrata nei primi 90cm, mentre la lunghezza è maggiormente dispersa (in funzione di peso- lunghezza o densità-lunghezza). L’apparato radicale è confinato da dei limiti che riguardano l’angolo geotropico, il tipo di terreno, la competizione tra piante,…. All’aumentare della densità di piantagione aumenta anche la densità radicale per unità di superficie, determinando un aumento dell’esplorazione del suolo. PRODUZIONE VITICOLA Quello che trovo in stagione è determinato da proprietà fissate negli anni precedenti: Volume delle riserve strutturali ed energetiche accumulate nell’apporto radicale e nel legno perenne Efficienza del sistema meristematico e del trasporto della linga Differenziazione antogena Fertilità potenziale (n° grappoli x gemma) e da fattori concorrenziali annuali: N° gemme schiuse= n° gemme lasciate con la potatura + fattori climatici ormonali e nutrizionali Fertilità basale= interazione fertilità potenziale con tecnica di potatura N° infiorescenze= % gemme germogliate (dipende da eq ormonale e fattori climatici) Volume acini= - n° infiorescenze, % fioritura, % allegagione, - dimensione, crescita acino x divisione allegagione-invaiatura (eq vegeto-produttivo e disponibilità acqua) Quantità e qualità uva maturazione= crescita distensione acino, invaiatura-maturazione, sintesi composti primari e secondari, migrazione degli elaborati Perché è importante il microclima? Il microclima della canopy (vigneto ?) dipende essenzialmente da quanto è essa stessa densa/affastellata. Gli elementi climatici che influenzano sulla densità della chioma sono: QUANTITà DI RADIAZIONE SOLARE= radiazione trasmessa in relazione agli strati fogliari (6-9%) Le ripercussioni fisiologiche del microclima riguardano: Efficienza fotosintetica Traspirazione Respirazione Biosintesi composti primari e secondari PARAMETRI CHIOMA SUPERFITICE TOTALE SFT SUPERFICIE ESPOSTA SFE: es. controspalliera 3x1 o Lunghezza parete 3333m o Altezza parete 2m o Altezza utile parete 1,49m o Larghezza parete 0,30m o (1,40*2)+(0,30*3333)= 1000m2 PERCENTUALE VUOTI SPESSORE CHIOMA TECNICHE COLTURALI CHE POSSONO MODIFICARE LE CARATTERISTICHE: o Fertilizzazione o Tecniche gestione suolo o Interventi in verde DSS= in base alla densità di impianto, da consigli sulla riduzione. LAI= m2 di foglie per m2 di terreno FORMA DI ALLEVAMENTO ED EQUILIBRIO PRODUTTIVO La forma di allevamento e il suo sistema di gestione influenzano in modo decisivo gli equilibri tra vegetazione e produzione, determinando parametri qualitativi. Influenza dell’ombreggiamento: Diminuzione di: o Zuccheri o HTH o pH o antociani o caratteri varietali Aumento: o K o HMH o Sapori fungini o Attacchi fungini POINT QUADRAT= sottile asta di metallo che viene inserita nella canopy e vengono registrati i contatti con foglie e altre parti della vite. Questo si basa sul fatto che come un raggio di luce, l’asta passa dall’esterno all’interno della canopy e il contatto con essa esprime la loro esposizione alla luce. Questa tecnica, quindi, ci dice quali proporzioni delle foglie e dei frutti sono esterne o interne alla canopy. Normalmente l’asta viene inserita nella fascia produttiva, sebbene sia possibile utilizzare qualsiasi porzione della canopy, selezionando le parti più rappresentative del vigneto da valutare. Dopo aver inserito l’asta, si registrano i contatti delle parti della vite da un lato all’altro, segnando come: L= foglie C= grappolo G= vuoto S= germogli Da queste informazioni è possibile calcolare: % VANI VUOTI= (n° tot di vuoti / n° delle inserzioni dell’asta) * 100 = tra 20-40% N° DI STRATI FOGLIARI LLN= n° tot delle foglie/ n° di inserzioni = tra 1-1,5 % FOGLIE INTERNE= (n° foglie interne (quelle che hanno da entrambi i lati qualcosa) / n° foglie tot) *100 = accelera crescita => eccesso vegetativo 2. MECCANISMI DI CONTROLLO (naturali e tecnici) => la quota non usata di elementi nutritivi e fotoassimilati viene accumulata come sostanze di riserva => determinante nei periodi sfavorevoli quando la produzione di energia è ridotta, o in momenti di stress termici ed idrici estivi. Per questo si possono creare in vigneto: ZONE DI ACCUMULO= dove c’è maggiore vigoria, eccessive foglie, maggiore crescita erbacea, maturazione ritardata, ristagno idrico, + problemi sanitari, + sensibilità siccità ZONE IN EQUILIBRIO ZONE DI EROSIONE/COMPATTAMENTO= - vigore, foglie scarse, crescita erbacea ridotta, + sensibilità siccità Perciò si possono prendere 2 strade: 1. Mantenere le differenze, agendo sulle cause che le provocano e facendo emergere le potenzialità 2. Rendere omogeneo il vigneto riducendo/eliminando le cause che conducono a zone di differente vigoria I metodi diretti di stima della vigoria si basano su: Caratteristiche morfologiche o Peso medio tralcio/grappolo o Lunghezza tralcio o Diametro tralcio o N° e lunghezza femminelle o Superficie fogliare Velocità crescita germogli PRINCIPALI INDICI EFFICIENZA VITICOLA Foto problemi Valpolicella: produzione di assi secondari con ritardo fenologico=> gemme basali vivranno meglio e non per forza avremo diminuzione di fertilità x differenziazione in un periodo migliore. VALUTAZIONE EFFICIENZA DI CHIOME La capacità di intercettazione della radiazione è un altro fattore da tenere conto nella pianificazione dell’impianto: filari, distanze, orientamento, altezza e spessore della chioma e densità fogliare. Le differenze nel rapporto tra distanza dei filari e altezza del filare determina una variazione dell’esposizione e di ombreggiamento reciproco. Per esempio, a bordeau filari distanti e alti 1,80m, questo perché c’è maggiore controllo nella competizione, quindi posso anche aumentare la densità di impianto e la profondità radicale. Inoltre, importante è anche la meccanizzazione. FOTO: altezza parete deve essere sempre minore della distanza per garantire esposizione, però vi sono delle condizioni che determinano la restrizione della distanza con conseguente ombreggiamento di una parte, questo però provoca aumento di umidità, diminuzione dell’arieggiamento. Problema di usare immagini dall’alto nel nostro territorio? Il sensore può avere diversa “qualità” in termini di pixel, e quindi è difficile da distinzione dei componenti del vigneto, soprattutto se non abbiamo porzioni di suolo nudo bruno ma con copertura (tutto verde). Ci sono degli indici di equilibrio vegeto-produttivo: SUPERFICIE FOGLIARE TOTALE/SUPERFICIE FOGLIARE ESPOSTA: valore di 1,5 indica una buona intercettazione luminosa e una buona distribuzione della luce nelle pareti interne della chioma; SUPERFICIE FOGLIARE TO

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