Riassunto Psicologia dell'Educazione PDF
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Università degli Studi di Macerata (UNIMC)
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Summary
Questo riassunto del manuale di psicologia dell'educazione tratta temi come lo sviluppo, l'apprendimento, la motivazione e l'insegnamento nei contesti educativi. Si analizzano i diversi ruoli degli psicologi dell'educazione, gli interventi di prevenzione e gli ambiti di lavoro. Vengono discusse la relatione docente-studente e i possibili fenomeni di bullismo e cyberbullismo, con l'importanza di creare un ambiente scolastico positivo e inclusivo.
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Riassunto del manuale di psicologia dell' educazione Psicologia dell’educazione (Università degli Studi di Macerata) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. ...
Riassunto del manuale di psicologia dell' educazione Psicologia dell’educazione (Università degli Studi di Macerata) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. CAPITOLO I La psicologia dell’educazione 1.1 La psicologia dell’educazione Essa si riferisce allo studio dello sviluppo, dell'apprendimento, motivazione, insegnamento, valutazione nei contesti educativi e progettazione di interventi e politiche nell'ambito. Il ruolo dello psicologo dell'educazione è stato limitato al fine di garantire l'inclusione per i soggetti BES ovvero con bisogni educativi speciali. L’educazione oggi La situazione italiana presenta un ritardo rispetto al contesto internazionale nell'ambito d'intervento dello psicologo dell'educazione. Oggi tale figura non si limita ai soli interventi di inclusione ma anche ad attività di consulenza, intervento e formazione per singoli e gruppi afferenti al contesto educativo. La psicologia dell'educazione si interessa ai processi di insegnamento e apprendimento e alle relazioni studente-docente. La scuola ha il compito di garantire il diritto allo studio e costituisce la base per un inserimento proficuo nella società. La responsabilità Il termine educazione indica il processo, volto allo sviluppo e alla formazione di conoscenze e facoltà mentali, sociali e comportamentali di un individuo. Operare come psicologo dell'educazione richiama fortemente la responsabilità educativa che abbraccia diversi contesti in cui l'individuo cresce: famiglia, scuola, gruppo di pari. La psicologia dell'educazione incoraggia lo sviluppo dell'uguaglianza, l'equità e un atteggiamento responsabile. Livelli di intervento Gli ambiti di lavoro degli psicologi dell'educazione si collocano tra prevenzione e intervento per la tutela del benessere psicologico dell'individuo. I 4 livelli sono: 1) delineare azioni di ricerca e formazione per gli interventi di prevenzione (servizi socio-sanitari, enti e istituzioni che si occupano di educazione). 2) lo psicologo svolge una consulenza per facilitare l'integrazione di coloro con difficoltà o bisogni speciali ma senza fattori di rischio specifici. 3) implica l'intervento diretto dello psicologo in contesti educativi con fattori di rischio evitando così l'aggravarsi della situazione 4) lo psicologo interviene con azioni individualizzate. La situazione di urgenza può essere manifestata da uno stato di malessere o sofferenza psicologica grave manifestata, lo psicologo lavora sul singolo con la scuola e la famiglia. Prevenzione a scuola La scuola, è uno dei luoghi più frequenti in cui opera lo psicologo dell'educazione. La psicologia dell'educazione contribuisce nella formazione dei docenti rispetto a fattori cognitivi, affettivi e socio- relazionali. Le ultime due richiedono una prevenzione frequente soprattutto se gli studenti hanno scarse capacità relazionali: difficoltà nella cooperazione, condivisione, gestione emozioni. La scuola come comunità Il senso di appartenenza è la certezza di essere importanti gli uni per gli altri e per il gruppo, e provare questo sentimento per la propria scuola è importante per tutti, anche per coloro con differenze linguistiche, culturali ed economiche. Gli insegnanti devono promuovere l'empatia, la cooperazione, la responsabilità e il rispetto reciproco. Gli studenti legati alla scuola sono felici, disciplinati, coinvolti, meno inclini ad atti di violenza e droga. Gestione della classe e dell’ambiente di apprendimento Un docente deve saper gestire le dinamiche relazionali di una classe, deve creare un ambiente di 1 apprendimento con rispetto e partecipazione. Le regole che indicano come prendere parte ad un'attività sono dette strutture partecipate, al fine di promuovere una buona di gestione della classe e un clima partecipativo. Gestione di sé Gli insegnanti non devono concentrarsi solo sull'adesione alle regole e quindi sull'insegnamento, è necessario spostare il focus sull'apprendimento autoregolato. Gli studenti apprendono l'autocontrollo attraverso scelte, pianificando il proprio tempo, stabilendo obiettivi e priorità e con l'autocontrollo gli studenti daranno prova di responsabilità, che sicuramente richiede tempo ma è un investimento a lungo termine. Tempo per l’apprendimento Nella gestione della classe è importante aumentare il tempo dedicato all'apprendimento, in quanto vi è una relazione tra tempo trascorso nell'insegnamento e capacità di apprendimento. Nelle attività scolastiche il tempo viene ridotto a circa il 20% a causa di frequenti interruzioni, quando invece il tempo dovrebbe essere utilizzato in maniera efficace. Coinvolgimento Gli insegnanti devono promuovere la concentrazione e il coinvolgimento. Uno studio mostra che lavorano di più i bambini che lavorano direttamente con l'insegnante piuttosto che quelli che lavorano da soli. Le attività più coinvolgenti sono quelle offrono un collegamento con la loro esperienza pratica quotidiana. 1.2 La relazione docente-studente La costruzione di una relazione positiva tra docente e studente rappresenta un forte indice di adattamento e benessere psicologico. Il docente non deve solo trasmettere conoscenze, ma instaurare una relazione educativa, basata sulla costruzione della fiducia. Numerosi studi evidenziano che il bambino ha bisogno di apprendere e sperimentare una serie di abilità che coinvolgono le proprie e altrui emozioni. Secondo alcuni studiosi il rapporto docente-studente è un sistema dinamico in cui le interazioni si modificano secondo le caratteristiche di ogni studente e docente (personalità, età, temperamento). Nonostante tale rapporto cambi negli anni, la qualità della relazione è un fattore protettivo per la riuscita scolastica. Ascolto empatico Al fine di promuovere relazioni positive a scuola si deve sviluppare l'ascolto empatico: ascoltare lo studente, evitare di fornire presto consigli, soluzioni e critiche. L'ascolto empatico e attivo comprende le emozioni, le intenzioni e i significati nascosti. Se lo studente si fida del docente inizierà a parlare più apertamente. Assertività A scuola alcuni docenti risultano poco efficienti perché hanno atteggiamenti passivi, ostili e aggressivi. Passivo quando si chiede allo studente di ragionare sul comportamento sperato, invece di comunicare cosa dovrebbe fare. Aggressivo quando il docente si esprime con un atteggiamento di rabbia. Secondo Lee e Marlene Canter una corretta gestione della classe passa attraverso la modalità didattica assertiva, in cui l'insegnante si preoccupa per gli studenti e non permette comportamenti inadatti. Gli insegnanti assertivi guardano i studenti negli occhi, li chiamano per nome, il tono di voce è calmo, fermo e sicuro, non accettano promesse o scuse. Ma non tutti ritengono l'assertività utile. Disagio relazionale a scuola Già dalla scuola dell'infanzia si verificano situazioni di disagio a causa di comportamenti aggressivi, non si tiene conto dei danni arrecati e non adottano emozioni morali quali colpa, vergogna e imbarazzo. Spesso i ragazzi vittime di aggressioni vivono in maniera dolorosa e angosciante la situazione poiché timorosi di denunciare l'accaduto ad adulti che spesso sdrammatizzano l'accaduto. 1.3 Bullismo Consiste nelle manifestazioni di comportamenti aggressivi con lo scopo volontario di nuocere qualcuno mediante un sistematico e ripetuto abuso di potere. Si è oggetto di bullismo quando si è prevaricato e 2 vittimizzato nel tempo. Esso ha luogo: a scuola, a lavoro, o in altri gruppi sociali, ed è caratterizzato da impulsività, dalla necessità di dominare gli altri mediante la violenza. Alcuni studi mostrano che i giovani tra il 10 e il 30% sono stati coinvolti in episodi di bullismo. Il bullismo implica la presenza di 3 caratteristiche: 1. l'intenzionalità, ovvero la volontà di nuocere la vittima 2. la reiterazione, poiché l'azione è messa in atto dal medesimo soggetto 3. squilibrio di potere tra bullo e vittima Il bullismo può essere diretto mediante prepotenze fisiche/verbali dal prevaricatore alla vittima; indiretto colpisce la dimensione relazionale e sociale, si isola la vittima, più frequente nelle donne. Vittime La percentuale dei bambini vittime di bullismo è intorno al 10% in Europa e Usa. Le vittime tendono a non difendersi e ad essere insicuri, infelici, ansiosi e soli. Altre vittime sono coloro molto emotivi e impulsivi. Altri lo diventano per caratteristiche quali: sovrappeso, bisex, gay o impopolari. Si rischia di diventare vittima verso la fine della scuola primaria, ed si ha il picco tra le medie e i primi anni di liceo. Gli studenti vittime sono più inclini al suicidio e alla depressione. Intervento in classe La scuola ha un ruolo centrale nella prevenzione e riduzione dei fenomeni di disadattamento sociale. Il disimpegno morale, introdotto da Bandura, è l'insieme dei dispositivi cognitivi dell'individuo che lo liberano da sentimenti di auto condanna, lesivi per l'autostima, quando viene meno il rispetto delle norme. Tali meccanismi possono essere distinti tra: processi di impegno che operano sulla ristrutturazione cognitiva della condotta morale. meccanismi che determinano una distorsione della condotta nella relazione causa-effetto e un oscuramento delle responsabilità personale. processi per rivalutare la vittima alla quale viene attribuita la colpa. Anche le caratteristiche individuali degli insegnanti influenzano la struttura sociale della classe, quindi è necessario che l'insegnante fornisca un feedback e parli in classe, poiché l'atteggiamento omertoso rafforza il bullismo. Gli studenti riportano che i docenti non intervengono in situazioni che percepiscono meno serie dell'aggressione fisica. Servono politiche educative che coinvolgano tutte le componenti scolastiche e vigilino spazi e tempi che ricevono meno attenzione; vi deve essere una costante disponibilità nell'ascolto degli allievi. I programmi d'intervento dovrebbero essere rivolti a: gruppi di pari, rapporti con le famiglie, cultura della scuola, relazione insegnanti-alunni. Alfabetizzazione morale Per contrastare il bullismo si richiedono interventi di alfabetizzazione morale, al fine di sviluppare in classe discussioni centrate su dilemmi morali (che contengono situazioni di conflitto cognitivo) su cui gli studenti riflettono e ne discutono coi compagni. Tali dilemmi portano ad affrontare stadi di ragionamento morale più avanzato. Cyberbullismo Negli ultimi anni si è diffuso il cyberbullismo, “un atto aggressivo condotto da un individuo o da un gruppo, usando varie forme di contatto elettronico, contro una vittima con difficoltà a difendersi”. Si concretizza attraverso molestie, minacce e offese rivolte alla vittima tramite Internet e telefonia. La ripetitività non risiede nell'atto ma nel fatto che più volte è possibile guardare ciò presente nei social, è sufficiente una foto condivisa in rete. Il predominio online viene affermato mediante la possibilità di mantenere l'identità sconosciuta e la vittima non può cancellare il contenuto; per tali motivi questo tipo di bullismo è difficile da combattere e i danni possono durare a lungo. E' un fenomeno che si dilata sempre di più, anche a causa della tendenza dei ragazzi a diffondere su internet informazioni personali. Secondo un rapporto di Save the Children, bullismo e cyberbullismo possono compromette il rendimento scolastico (38%), minare le capacità di socializzazione della vittima (65%), portare depressione (57%). I danni virtuali sono considerati più dolorosi di quelli reali perché non ci sono limiti nello spazio virtuale. 3 CAPITOLO II Lo sviluppo cognitivo 2.1 Una definizione di sviluppo Il termine sviluppo si riferisce a determinati cambiamenti ce avvengono nell’essere umano, dal concepimento fino alla morte. Il termine non si applica a tutti i cambiamenti, ma solo a quelli che si manifestano in modo ordinato e persistono per un periodo di tempo esteso. Lo sviluppo umano può essere diviso in aspetti differenti: sviluppo fisico, cambiamento del corpo; sviluppo personale; cambiamenti nella personalità di un individuo; sviluppo sociale, cambiamenti nel modo in cui l’individuo si relaziona con gli altri; sviluppo cognitivo, cambiamenti nel modo di pensare, ragionare, prendere decisioni. Molti cambiamenti durante lo sviluppo sono questione di crescita e maturazione. La maturazione è n insieme di cambiamenti che avviene per natura, in modo spontaneo e che è programmato a livello genetico. Questi cambiamenti compaiono con il tempo e non sono influenzabili dall’ambiente. Altri cambiamenti sono dovuti all’apprendimento, quando gli individui interagiscono con l’ambiente. Questi cambiamenti costituiscono gran parte dello sviluppo sociale di una persona. Per lo sviluppo cognitivo e personale sono importanti sia la maturazione sia l’interazione con l’ambiente. Qual è l’origine dello sviluppo? Natura in opposizione a educazione Attualmente anche l’ambiente ha assunto un ruolo critico nello sviluppo rispetto ai fattori biologici e a differenze individuali che per anni hanno rappresentato una spiegazione deterministica. Oggi l’interazione natura-cultura diviene paradigma riconosciuto, tanto da far cadere ipotesi in cui i comportamenti erano determinati o dalla biologia o dall’ambiente: i due fattori non possono essere separati. Le attuali visioni enfatizzano le co-azioni complesse (azioni congiunte) di natura e ambiente. Qual è la forma dello sviluppo? Continuità in opposizione a discontinuità Il cambiamento continuo (quantitativo) è un progresso graduale, quello discontinuo (qualitativo) è più simile ad una scala: è composto da gradini. I cambiamenti qualitativi si contrappongono a quelli puramente quantitativi. La teoria di Piaget sullo sviluppo cognitivo è un esempio di cambiamento qualitativo. Periodo critico o periodo sensibile Molti dei primi psicologi ritenevano che le esperienze della prima infanzia fossero critiche. Ricerche più recenti mostrano che anche esperienze successive sono altrettanto influenti e possono cambiare la direzione dello sviluppo. Molti psicologi oggi parlano di periodo sensibili piuttosto che di periodo critici. Ciò significa che ci sono momenti in cui la persona è particolarmente predisposta a rispondere a certe esperienze e se l’ambiente non è pronto a sostenere queste potenzialità si possono registrare situazioni difficili. Guardarsi dagli aut-aut La maggior parte degli psicologi considera la sviluppo, l’apprendimento e la motivazione come un insieme di contesti che interagiscono e co-agiscono, a partire dalla struttura biologica dell’individuo e dai processi che influenzano lo sviluppo come i geni, fattori esterni legati ad esempio alla famiglia. Principi generali di sviluppo Anche se non c’è un completo accordo su come avvenga esattamente lo sviluppo, ci sono alcuni principi generali che sono validi in tutte le teorie: la velocità di sviluppo delle persone è differente; lo sviluppo è relativamente ordinato, le persone sviluppano capacità secondo una gradualità predefinita. Ordinato non significa lineare o prevedibile: le persone potrebbero regredire, progredire o rimanere per un po’ nella stessa fase di crescita; 4 lo sviluppo avviene in modo graduale, molto di rado i cambiamenti sono repentini o improvvisi. 2.3 La teoria di Piaget dello sviluppo cognitivo Influenze sullo sviluppo Lo sviluppo cognitivo non è solo un’ulteriore aggiunta di nuovi fatti e idee ad un bagaglio esistente di informazioni. Secondo Piaget i processi di pensiero cambiano radicalmente dalla nascita alla maturità. Egli identificava 4 fattori che interagiscono per influenzare i cambiamenti del pensiero: maturità biologica, attività, esperienze sociali e mantenimento dell’equilibrazione. Una delle influenze principali è la maturazione, il dispiegamento di mutamenti biologici programmati geneticamente. Altro fattore è l’attività: con la maturazione fisica aumenta la capacità di agire nell’ambiente e di apprendere da esso; agendo sull’ambiente cambiano anche i processi di pensiero. Lo sviluppo cognitivo, inoltre, è influenzato dalla trasmissione sociale, cioè dall’imparare dagli altri: durante lo sviluppo si interagisce con le persone che ci stanno attorno e la quantità di cose che le persone possono imparare con la trasmissione sociale varia a seconda del grado raggiunto nello sviluppo cognitivo. Modalità di funzionamento di base del pensiero Piaget, in seguito a delle ricerche, concluse che tutte le specie ereditano due funzioni di base, o “funzioni invarianti”: l’organizzazione (combinare, organizzare, ricombinare e riordinare comportamenti e pensieri in sistemi coerenti) e l’adattamento all’ambiente. Organizzazione Ciascuno nasce con una predisposizione a organizzare i propri processi di pensiero in strutture psicologiche. Queste strutture sono i nostri sistemi per capire il mondo e interagire con esso. Strutture semplici vengono continuamente combinate e coordinate per diventare più sofisticate e quindi più efficaci. Piaget chiamò queste strutture schemi, questi sono, secondo la sua teoria, i mattoni fondamentali che costituiscono il pensiero. Sono sistemi organizzati di azioni o pensieri che permettono di rappresentare mentalmente oggetti ed eventi nel mondo. Gli schemi possono essere piccoli e specifici (es. riconoscere una rosa) oppure grandi e generali (es. lo schema per bere). Man mano i processi di pensiero diventano più organizzati e se ne sviluppano di nuovi. Adattamento Nell’adattamento sono inclusi 2 processi elementari: assimilazione e accomodamento. L’assimilazione avviene quando usiamo i nostri schemi esistenti per comprendere degli eventi. Questo processo coinvolge anche il tentativo di capire qualcosa inserendolo nel contesto di ciò che già conosciamo: a volte abbiamo bisogno di distorcere le nuove informazioni per farle rientrare in uno schema pre-esistente (es. bimbo vede procione e lo chiama gattino). L’accomodamento avviene quando occorre modificare gli schemi pre-esistenti per rispondere a una nuova situazione. Se non si possono inserire nuovi dati in nessun schema esistente, si devono sviluppare strutture più appropriate: invece di adattare le informazioni al nostro pensiero adattiamo il pensiero alle nuove informazioni. Le persone si adattano ad ambienti sempre più complessi usando schemi pre-esistenti finché funzionano (assimilazione), modificandoli e aggiungendo altri schemi quando qualcosa di nuovo si rende necessario (accomodamento). Entrambi i processi sono necessari in tutti i casi. Ogni volta che nuove esperienze vengono assimilate in uno schema esistente questo si espande e cambia in un certa misura, in questo modo l’assimilazione richiede una parte di accomodamento. Ci sono casi dove non vengono usati né uno né l’altro, se si incontra qualcosa di insolito si può sempre ignorare. L’esperienza è filtrata per adattarsi al modo di pensare di una persona in un dato momento. Equilibrazione Secondo Piaget organizzare, assimilare, adattare possono essere considerati parti di una complesso atto di bilanciamento. Nella sua teoria gli effettivi cambiamenti nel pensiero avvengono attraverso un processo di equilibrazione (atto di mantenere un equilibrio). Per ottenere questo equilibrio, secondo Piaget, le persone testerebbero continuamente l’adeguatezza dei loro processi di pensiero. Il processo funziona così: se si applica uno schema ad un evento o situazione e questo funziona, allora c’è equilibrio; se lo schema non dà un risultato soddisfacente allora si ha uno squilibrio, e il soggetto si sente a disagio. Ciò ci spinge a cercare una soluzione 5 attraverso l’assimilazione o l’accomodamento, con conseguente modifica ed evoluzione del pensiero. Il livello di squilibrio però deve essere ottimale, troppo poco non motiva a cambiare, troppo fa sentire agitati e ansiosi. Quattro stadi di sviluppo cognitivo Piaget pensava che tutte le persone passassero attraverso gli stessi 4 stadi di crescita nello stesso ordine. Gli stadi sono generalmente associati a determinate età, ma sono solo indicazioni di massima. Piaget notò che gli individui possono attraversare lunghi periodi di transizione tra i diversi stadi, e che un individuo può mostrare caratteristiche tipiche di una fase in una certa situazione, e poi tratti tipici di una fase più o meno avanzata in altre situazioni. Infanzia: fase senso-motoria (0-2 anni) Il primo periodo è detto senso-motorio, perché il pensiero del bambino riguarda vista, udito, e così via. In questa fase i bambini sviluppano la permanenza dell’oggetto, cioè la comprensione che un oggetto esiste nell’ambiente che loro lo percepiscano o meno: questo è il punto di partenza per la capacità di costruire una rappresentazione mentale. Altro traguardo in questa fase è l’inizio di azioni logiche, dirette a uno scopo. Esempio: un bambino di 6 mesi si sentirà frustato perché non riesce ad aprire un barattolo contenente un giocattolo. Al contrario uno più grande che abbia raggiunto la fase senso-motoria sarà capace di estrarre il giocattolo seguendo uno schema. Questo bambino sarà presto anche capace di invertire l’azione e riempire il barattolo. Imparare a invertire le azioni è un risultato basilare del compimento di questa fase. Fase pre-operatoria (0-6 anni) Alla fine della fase senso-motoria il bambino sa impiegare molti schemi d’azione, ma finché questi schemi rimangono legati ad azioni fisiche, non servono a ricordare il passato né a fare progetti. I bambini per fare ciò hanno bisogno di operazioni, o azioni che vengono compiute e poi invertite mentalmente e non fisicamente. In questa fase il bambino matura fino a dominare tutto questo, ma ancora non è capace di operazioni mentali. Secondo Piaget il primo tipo di pensiero che è separato dall’azione riguarda lo sviluppo di schemi d’azione simbolici: la capacità di formare e di usare simboli (es. parole, gesti) è uno dei risultati di questo periodo. Questa capacità di lavorare per simboli per rappresentare un oggetto non presente è detta funzione semiotica. I bambini che non sono ancora capaci di parlare usano simboli, mostrando si sapere a cosa serve ciascun oggetto. Questo comportamento mostra che i loro schemi diventano sempre più generali e meno legati ad azioni specifiche. Mentre il bambino attraversa questa fase, l’abilità crescente di pensare agli oggetti in forma simbolica rimane limitata al pensiero unidirezionale, per il bambino pensare al contrario è difficile. Il pensiero reversibile riguarda compiti che per un bambino nella fase pre-operatoria sono difficili, come la conservazione degli oggetti. La conservazione è il principio per cui la quantità o la cardinalità di qualcosa rimangono invariate anche se l’organizzazione o l’aspetto cambiano, finché non viene aggiunto o tolto qualcosa. Es.: se si straccia un pezzo di carta la sua quantità non cambia e si può invertire il processo riattaccando i pezzi, il bambino in fase pre-operatoria non sa pensare in questo modo. I bambini, secondo Piaget, in questa fase tendono ad essere egocentrici, ma per lui questo concetto non ha a che fare con l’egoismo, significa che i bambini spesso pensano che tutti provino i loro stessi sentimenti. Fase delle operazioni concrete (6-10 anni) Caratteristiche di questa fase sono il riconoscimento della stabilità logica del mondo fisico, la scoperta del fatto che gli elementi possono essere cambiati o trasformati conservando molte caratteristiche originarie, la comprensione delle reversibilità di questi cambiamenti. Per Piaget la capacità di risolvere problemi di conservazione dipende dal fatto di avere la cognizione di 3 aspetti basilari del ragionamento: identità, compensazione, reversibilità. Con il dominio dell’identità, il soggetto a che se nulla viene tolto o aggiunto il materiale rimane lo stesso. Capendo il concetto di compensazione, il soggetto capisce che un apparente cambiamento in una direzione può essere compensato da un cambiamento in un’altra. Con il dominio della reversibilità, si è in grado di annullare mentalmente un cambiamento che è stato effettuato. Altra importante operazione di questa fase è la classificazione, essa dipende dalla capacità del soggetto di concentrarsi su una caratteristica di un oggetto in un insieme e di raggruppare gli oggetti in base a quella caratteristica. In questa fase un tipo di classificazione più avanzata richiede di riconoscere che una classe sia inclusa in un’altra (es: 6 una città si trova in un provincia o regione, ma anche in un Paese). La classificazione è legata alla reversibilità: la capacità di invertire mentalmente un processo permette di capire che esiste più di un modo per classificare un gruppo di oggetti. La seriazione è il processo che porta alla creazione di disposizioni ordinate dal più grande al più piccolo, o viceversa. Con la capacità di conservazione, classificazione e seriazione il soggetto sviluppa un sistema logico di pensiero completo, ma questo è ancora legato alla realtà fisica. Non si è, in questa fase, in grado di ragionare su problemi astratti e ipotetici che implicano il coordinamento di più fattori in una sola volta. Operazioni formali (11-16 anni) Al livello delle operazioni formali, il centro del pensiero si può spostare da ciò che è a ciò che potrebbe essere: non è necessario vivere le situazioni per poterle immaginare. Il tratto distintivo delle operazioni formali è il ragionamento ipotetico-deduttivo. Chi pensa in termini di operazioni formali può considerare una situazione ipotetica e ragionare in modo deduttivo (dal generale al particolare) ma le operazioni formali comprendono anche il ragionamento induttivo (dal particolare al generale). Eseguire operazioni formali rappresenta un modo nuovo di ragionare che richiede di “pensare al pensiero”. Altra caratteristica di questa fase è l’egocentrismo adolescenziale: a differenza dei bambini egocentrici, gli adolescenti non negano che le altre persone possono avere percezioni e convinzioni diverse; gli adolescenti finiscono per essere concentrati sulle loro idee. Ciò porta a quello che ElKind chiama il senso del pubblico immaginario, la sensazione che tutti stiano guardando, quindi l’adolescente pensa che gli altri lo analizzino. Questa sensazione culmina tra i 14-15 anni. Tutti raggiungono il 4° stadio? I primi 3 stadi vengono imposti, nella maggior parte dei casi, dalla realtà fisica invece le operazioni formali non sono legate strettamente all’ambiente fisico. La capacità di eseguire operazioni formali è spesso risultato di un’abitudine a risolvere questioni teoriche e a impiegare il ragionamento scientifico, ma non tutti i liceali ne sono in grado. Lo stesso Piaget suggerì che molti adulti potrebbero essere capaci di eseguire operazioni formali solo in alcune aree in cui hanno molta esperienza e interesse. Elaborazione delle informazioni e neuroscienze: il contributo dei neo-piagetiani La crescita fisica e maturativa comporta uno sviluppo cerebrale che consente ai bambini di aumentare la capacità di concentrazione e attenzione, elaborare informazioni più velocemente, trattenere più dati nella memoria, utilizzare in modo più flessibile strategie di pensiero. Uno sviluppo critico consiste nel miglioramento delle funzioni esecutive. Il funzionamento esecutivo coinvolge tutti quei processi che si seguono per organizzare, coordinare e svolgere azioni intenzionali mirate ad uno scopo. Le capacità di funzionamento esecutivo comprendono concentrazione dell’attenzione, inibizione delle reazioni impulsive, esecuzione e modifica di progetti e uso della memoria per conservare e manipolare informazioni. La più nota teoria neo-piagetiana è quella sviluppata da Case. Egli ideò una spiegazione dello sviluppo cognitivo suggerendo che la maturità dei bambini avvenisse per stadi all’interno di domini specifici come concetti numerici. Quando i bambini si esercitano a usare schemi di uno specifico dominio, compiere questi schemi richiede sempre meno attenzione: gli schemi diventano automatici perché il bambino non deve pensarci troppo. Ciò libera le risorse mentali e di memoria così da fare più cose, e quindi si possono combinare schemi semplici e farne di più complessi, e inventare nuovi schemi quando è necessario. Fischer collegò lo sviluppo cognitivo in diversi domini per la ricerca sul cervello. Esaminò anche lo sviluppo in diversi domini, come lettura e matematica. Fischer ha scoperto che se i cervelli di diversi bambini seguono vie differenti verso un dominio, gli schemi di crescita dei bambini hanno una serie di tratti comuni e passano per livelli di sviluppo prevedibili. Nell’apprendere nuove capacità, i bambini passano attraverso 3 stadi, dalle azioni alle rappresentazioni fino alle astrazioni. In ogni stadio lo schema va dal compiere una singola azione a definirne e coordinarne due allo stesso tempo, fino a creare un intero sistema di comprensione. Sul piano dell’astrazione, i bambini arrivano a costruire principi esplicativi. A ogni livello il cervello si riorganizza. Il problema degli stadi Alcuni psicologi mettono in discussione l’esistenza di 4 stadi separati del pensiero. Un problema del modello degli stadi è la mancanza di coerenza nel pensiero infantile (es. i bambini possono conservare nozione di 7 numeri 1-2 anni prima di poter conservare nozione di peso). Altro problema è che i processi possono essere più continui di quanto non appaiano: se si osservano per un lungo periodo i cambiamenti possono apparire come balzi e discontinui e qualitativi. In accordo con la teoria delle catastrofi il cambiamento può essere sia continuo che discontinuo. I cambiamenti che avvengono velocemente sono preceduti da molti mutamenti che si sviluppano gradualmente; i cambiamenti graduali possono dar luogo a maggiori cambiamenti nelle capacità apparentemente improvvise. Teoria piagetiana: limiti/critiche Piaget ha sottovalutato le capacità cognitive dei bambini e a confermare ciò fu il lavoro di Gelman e altri dove si è dimostrato che i bambini in età prescolare sanno molto di più riguardo al concetto di numero di quanto non pensasse Piaget. Può darsi che si nasca con un bagaglio maggiore di strumenti cognitivi: alcune cognizioni di base, come la permanenza degli oggetti, possono far parte del bagaglio evolutivo. La teoria di Piaget non spiega come i bambini piccoli possano agire a livelli avanzati in alcune aree in cui hanno competenze ed esperienze molto sviluppate. Piaget sostenne che lo sviluppo delle operazioni cognitive come la conservazione o il pensiero astratto non possano essere velocizzate. Ricerche hanno mostrato che, con un’istruzione efficiente, i bambini possono imparare a svolgere, anticipatamente, operazioni cognitive come la conservazione. Sviluppo cognitivo e cultura Altra critica a Piaget è che diede scarsa attenzione agli effetti rilevanti della cultura e del gruppo sociale a cui il bambino appartiene. Ricerche cross-culturali hanno mostrato come che, pur mantenendo le tappe dello sviluppo, possono esserci variazioni nella loro comparsa. Quando una cultura o un contesto pongono enfasi su un’abilità, i bambini che crescono in quell’ambiente tendono ad acquisire prima quella determinata capacità. Anche le operazioni concrete come la classificazione possono svilupparsi diversamente in culture diverse. 2.4 La prospettiva socio-culturale di Vygotsky Gli psicologi riconoscono che la cultura forma lo sviluppo cognitivo determinando che cosa e come il bambino imparerà riguardo al mondo. Le culture che danno valore alla cooperazione e alla condivisione insegnano presto queste capacità. Gli stadi osservati da Piaget non sono necessariamente naturali per tutti i bambini, perché in qualche misura riflettono le aspettative e le attività delle culture. Uno dei principali portavoce di questa teoria socio-culturale fu Vygotsky. Egli riteneva che le attività umane avessero luogo in determinati scenari culturali e che non potessero essere comprese al di fuori di quei contesti. Una delle idee- chiave era che le strutture e i processi mentali possano essere fatti risalire alle interazioni con gli altri. Queste interazioni sociali creano le strutture cognitive e i processi di pensiero. Le fonti sociali del pensiero individuale I processi mentali superiori, come pensare per problemi, vengono prima co-costruiti durante attività condivise tra bambino e un’altra persona. In seguito questi processi co-costruiti vengono interiorizzati dal bambino e diventano parte del suo sviluppo cognitivo. Le interazioni sociali sono più di semplici influenze, sono l’origine di processi mentali superiori. Sia Piaget che Vygotsky sottolineano l’importanza delle interazioni sociali nello sviluppo cognitivo. Piaget riteneva che l’interazione incoraggiasse lo sviluppo creando squilibrio, quindi riteneva che le interazioni più utili fossero quelle tra pari perché persone dello stesso livello e condizione potevano mettere in discussione il pensiero di ciscuno di loro. Vygotsky pensava che lo sviluppo cognitivo dei bambini fosse favorito da interazioni con persone cognitivamente più evolute e capaci. Strumenti culturali e sviluppo cognitivo Vygotsky riteneva che gli strumenti culturali (es. righelli, pc, ecc) e quelli psicologici (es. sistemi di simboli e segni come i numeri) svolgessero un ruolo importante nello sviluppo cognitivo. Se una cultura utilizzasse solo numeri romani, alcuni modi di pensare, in termini matematici, sarebbero complicati. Se un sistema numerico comprendessero lo zero, frazioni ecc, le possibilità sarebbero illimitate. Il sistema numerico è uno strumento psicologico che supporta l’apprendimento e lo sviluppo cognitivo, cioè cambia il processo di 8 pensiero. Il sistema simbolico è trasmesso dagli adulti ai bambini e da questi ad altri bambini attraverso interazioni formali e informali e tramite l’insegnamento. Strumenti psicologici Vygotsky riteneva che tutti i processi mentali superiori di alto livello come ragionamento e problem-solving fossero mediati da strumenti psicologici. Questi strumenti permettono al bambino di trasformare il suo pensiero, consentendogli di ottenere padronanza sempre maggiore del suo processo cognitivo, avanzando nel suo sviluppo mentre ne fa uso. Per Vigotsky l’essenza dello sviluppo cognitivo è padroneggiare l’uso di strumenti psicologici come il linguaggio, per conquistare il tipo di pensiero avanzato e di problem-solving che non si riuscirebbe a raggiungere senza questi strumenti. Conoscenza, idee, attitudini, valori dei bambini si sviluppano attraverso l’appropriazione di modi di agire e pensare forniti dalla loro cultura o da altri membri del loro gruppo. In questo scambio di simboli, segni, spiegazioni i bambini iniziano a sviluppare un insieme di attrezzature culturali per dare un senso al mondo e per capirlo. L’attrezzatura è composta da strumenti tecnici, da usare nel mondo esterno, e da strumenti psicologici, per agire mentalmente. I bambini non si limitano a ricevere gli strumenti, li trasformano mentre costruiscono le loro rappresentazioni, i loro simboli. Essi cambiano gradualmente mentre i bambini continuano a intraprendere attività sociali e cercano di dare senso al mondo. Nel sistema di Vigotsky il linguaggio è il più importante sistema simbolico dell’attrezzatura, perché serve a procurarsi gli atri strumenti. Il ruolo del linguaggio e del discorso privato Il linguaggio è decisivo per lo sviluppo cognitivo, esso svincola dall’immediato e permette di riflettere su ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. Rispetto a Piaget, Vygotsky poneva maggiore enfasi sul ruolo dell’apprendimento e del linguaggio nello sviluppo cognitivo. Riteneva che il pensiero dipendesse dal discorso, dai mezzi cognitivi e dall’esperienza socio-culturale del bambino. Pensava anche che il linguaggio nella forma del discorso privato (parlare da soli) guidasse lo sviluppo cognitivo. Il discorso privato: le opinioni di Vygotsky e Piaget a confronto I bambini piccoli spesso parlano da soli. Piaget parlò di monologo collettivo e chiamò ogni atto verbale del bambino rivolto a sé stesso “discorso egocentrico”: pensava si trattasse di una nuova indicazione del fatto che i bambini piccoli non sanno vedere il mondo con gli occhi degli altri. Man mano che maturano e quando iniziano ad essere in disaccordo con gli altri, secondo Piaget, i bambini sviluppano il discorso socializzato: imparano ad ascoltare e scambiarsi idee, o a sostenerle. Vygotsky, invece, sosteneva che i monologhi avessero un ruolo importante nello sviluppo, perché portavano il bambino all’autoregolazione. In un primo momento il comportamento è regolato dall’uso del linguaggio di altre persone e dà segni gestuali. In un secondo tempo il bambino impara a regolare il comportamento degli altri usando lo stesso strumento linguistico. Il bambino inizia anche a usare il discorso privato per regolare il proprio comportamento, poi impara a regolarsi usando il discorso interiore. Attraverso questo processo il bambino usa il linguaggio per compiere attività cognitive come dirigere l’attenzione o risolvere problemi. Bambini e adulti tendono a usare il discorso privato quando sono confusi, hanno difficoltà o fanno errori. Questo pensiero verbale interiore non si stabilizza fino ai 12 anni. La zona di sviluppo prossimale In ogni determinato punto dello sviluppo un bambino è sul punto di risolvere certi problemi, egli ha bisogno solo di alcune strutture, dimostrazioni, indizi, aiuti a ricordare dettagli o passaggi. Alcuni problemi sono al di là delle sue capacità anche se ogni passaggio viene spiegato con chiarezza. La zona di sviluppo prossimale o ZPS è l’area che intercorre tra le attuali performance del bambino (ciò che riesce a fare senza sostegno) e il livello che potrebbe raggiungere con la guida di un adulto. Si tratta di uno spazio dinamico, che sta nell’area su cui l’istruzione può operare. 9 ZPS e il discorso interiore Gli adulti spesso usano comandi verbali per aiutare un bambino a risolvere un problema o a svolgere un compito (ciò viene chiamato scaffolding). Ciò può essere gradualmente ridotto quando il bambino prende il controllo, prima forse dandosi dei comandi da solo con il discorso privato giungendo poi al discorso interiore. Il ruolo dell’apprendimento e dello sviluppo Piaget definì lo sviluppo come la costruzione attiva di conoscenza e l’apprendimento come la formazione passiva di associazioni. Era interessato alla costruzione delle conoscenze e riteneva che lo sviluppo cognitivo dovesse venire prima dell’apprendimento: l’apprendimento è subordinato allo sviluppo, e non viceversa. La vera conoscenza avviene solo quando il bambino sviluppa l'operazione di inclusione della classe. Vygotsky invece pensava che l’apprendimento fosse un processo attivo che non aspetta che le persone siano pronte. Egli vide l’apprendimento come uno strumento per lo sviluppo: imparare spinge lo sviluppo a livelli superiori e l’interazione sociale ne è una chiave. Ciò significa che le altre persone hanno un ruolo significativo nello sviluppo cognitivo. Limiti della teoria di Vygotsky Il limite principale di questa teoria è che consiste in idee generali, infatti egli è orto prima di poterle espandere ed elaborare. Altro limite è che egli non ebbe il tempo di descrivere dettagliatamente le applicazioni pratiche delle sue teorie all’insegnamento. CAPITOLO III Sviluppo del sé, sviluppo sociale e sviluppo morale 3.1 Sviluppo fisico Età prescolare I bambini in età prescolare sono molto attivi. Nei primi anni di vita le abilità motorie sono grossolane migliorano e si specializzano. Tra i 2 e i 4-5 anni i muscoli si rafforzano, il cervello si sviluppa e consente di integrare meglio le informazioni sui movimenti: entro i 2 anni la maggior parte dei bambini acquista padronanza motoria. A 3 anni la maggior parte dei bambini impara a correre, lanciare oggetti, saltare, ma queste attività non si padroneggiano fino ai 4-5 anni. La maggior parte d questi movimenti si sviluppa naturalmente se il bambino non ha problemi fisici. Durante gli anni prescolari migliorano anche le abilità motorie fini, come allacciarsi le scarpe, e in questi anni i bambini sviluppano una preferenza per la mano sinistra o destra. Età scolare Durante la scuola primaria lo sviluppo fisico è costante. I bambini diventano più alti, snelli e forti e possono padroneggiare sport e giochi, ma il grado di variabilità tra i soggetti è grande. Gli anni dell’adolescenza La pubertà segna l’inizio della maturità sessuale. Non è un evento singolo, ma una serie di cambiamenti che coinvolge quasi ogni parte del corpo e che richiedono tempo. Le ragazze hanno il primo ciclo (menarca) tra i 12 e i 13 anni, ma può comparire in un arco di tempo che va dai 10 ai 16. I ragazzi hanno la loro prima eiaculazione (pubarca) tra i 12 e i 14 anni, dopo sviluppano la barba. Le ragazze raggiungono l’altezza definitiva verso i 15-16 anni, mentre la maggior parte dei ragazzi continua a crescere fino ai 19 anni, ma sia le ragazze che i ragazzi possono continuare a crescere leggermente fino ai 25 anni. Maturazione precoce e tardiva Per le ragazze crescere prima dei ragazzi può essere uno svantaggio, la crescita precoce è associata a problemi emotivi come depressione e ansia. I tempi di maturazione però non sono l’unico fattore che incide sulle ragazze, ma anche le influenze sociali hanno un forte peso. La maturazione precoce può inserire le ragazze in contesti di frequentazioni maschili o di amicizia in cui sono presenti droghe. Nei maschi lo sviluppo precoce è maggiormente associato alla popolarità. Chi matura presto rispecchia lo stereotipo dell’ideale maschile; i 10 ragazzi che maturano tardi possono avere minore autostima. La maturazione precoce nei maschi però porta più svantaggi che vantaggi: i maschi che maturano presto tendono con più frequenza ad assumere atteggiamenti delinquenziali; i maschi che maturano tardi possono incontrare maggiori difficoltà inizialmente, ma in età adulta tendono ad essere più creativi, tolleranti e perspicaci. Gioco, pause e attività fisica Il gioco è fondamentale per lo sviluppo, perché contribuisce al benessere cognitivo, fisico, sociale di bambini e giovani. Il cervello si sviluppa grazie alle stimolazioni che il gioco in parte fornisce a ogni età. I bambini che si trovano nello stadio dell’intelligenza senso-motoria imparano esplorando, lanciando e quindi agendo sui propri ambienti. I bambini in età prescolare che si trovano nello stadio del pensiero pre- operatorio amano il gioco di finzione e usano l’immaginazione, ma anche i bambini della scuola primaria apprezzano i giochi di fantasia, rendendoli più sofisticati. I bambini iniziano a praticare giochi e sport più complessi e quindi apprendono cooperazione, correttezza, negoziazione, imparano a vincere e perdere, sviluppando un linguaggio più sofisticato. Nell’adolescenza il gioco continua ad essere parte dello sviluppo fisico e sociale degli individui. Differenze culturali nel gioco Nel gioco esistono differenze culturali. In alcune culture gli adulti sono compagni di gioco dei bambini; in altre invece non sono considerati compagni di gioco adeguati. In alcune famiglie e culture i bambini trascorrono più tempo aiutando nelle faccende domestiche, mentre dedicano meno tempo al gioco solitario o di gruppo. In gruppi sociali diversi sono presenti giocattoli diversi: i bambini usano quanto la cultura di appartenenza mette a disposizione per giocare. Esistono inoltre differenze culturali nel modo in cui si risolvono i conflitti che nascono nel gioco. 3.2 Brofenbrenner: il contesto sociale dello sviluppo L’importanza del contesto e il modello bioecologico Il contesto è tutto quello che circonda e interagisce con i pensieri, sensazioni e azioni di un individuo, per influenzarne lo sviluppo e l’apprendimento. Gli effetti del contesto sull’individuo in crescita sono sia esterni che interni. I bambini crescono all’interno di famiglie e appartengono a particolari comunità etniche, linguistiche, religiose ed economiche. Le loro vite sono influenzate da programmi sociali ed educativi, così come dalle politiche governative. Questi contesti influenzano lo sviluppo di comportamenti, credenze e conoscenze fornendo risorse, sostegni, strumenti, ecc., cioè tutte le basi dell’apprendimento e dello sviluppo. I contesti influenzano anche l’interpretazione delle azioni. La teoria ecologica dello sviluppo si pone in un punto di convergenza tra discipline biologiche, psicologiche e le scienze sociali. Un precursore fu Kurt Lewin che concepì l’ambiente psicologico individuale, questo è innanzitutto quello percepito e vissuto dal singolo individuo in relazione alle sue caratteristiche personali in un dato momento. Al margine dell’ambiente si collocano fattori dell’ecologia psicologica, il tempo è una caratteristica dell’ambiente, esso cambia in funzione temporale. Brofenbrenner sviluppò il modello bioecologico che considera come ecosistemi lo sviluppo fisico e i contesti sociali in cui l’individuo si sviluppa, perché interagiscono costantemente e interagiscono gli uni con gli altri. Il modello di Brofenbrenner non si identifica con il modello di Lewin dell’ambiente psicologico individuale perché in quest’ultimo l’ambiente vissuto è descrivibile solo in termini psicologici, mentre Brofenbrenner focalizza il rapporto tra ambiente e individuo. Ogni persona vive all’interno di un microsistema, a sua volta incluso in un mesosistema radicato in un esosistema, e tutti appartengo ad un macrosistema. Lo sviluppo si realizza ed è influenzato nella sua interezza dal contesto temporale, cioè dal cronosistema. Del microsistema fanno parte tutte le relazioni e attività più strette e quotidiane, come la famiglia, dove vi sono le figure parentali. Le relazioni che si vivono nel microsistema sono fondamentali perché costituiscono il calco della futura personalità. Sono contesti ambientali che il soggetto sperimenta direttamente (famiglia, amici, gruppo di compagni). Questo sistema è immediato perché vi sono meno figure, le relazioni sono reciproche e scorrono in entrambe le direzioni (es. i bambini influenzano i genitori, e viceversa). Il mesosistema è formato dall’insieme di interazioni e relazioni tra tutti i microsistemi, anche qui le relazioni sono reciproche (es. rapporti tra scuola e famiglia). L’esosistema include tutti gli ambienti sociali che incidono sul bambino, anche se questo non ne fa direttamente parte (es. lavoro dei genitori) e quindi hanno 11 influenze indirette sui sistemi più interni. Il macrosistema è la società nel suo complesso, con i suoi valori, leggi, politiche, convenzioni e tradizioni. In contesti ambientali favorevoli alcuni fattori che concorrono alla permeabilità possono essere incrementati, quindi la permeabilità può essere soggetta a influenze ambientali. Struttura familiare I bambini fanno sempre più parte di famiglie ricomposte, con fratellastri e sorellastre che entrano ed escono dalle loro vite. Alcuni bambini vivono con zii oppure con i nonni, i case famiglia, famiglie adottive o famiglie allargate insieme a genitori, zii e cugini. Stili genitoriali Una descrizione di stili genitoriali si basa sulla ricerca di Baumrind che, insieme ad altri, individuò 4 stili genitoriali distinti sulla base degli alti o bassi livelli di calore e controllo dei genitori. I genitori autorevoli (alto calore, alto controllo) definiscono i limiti, fanno osservare le regole e si aspettano un comportamento maturo. Sono affettuosi, consentono un processo decisionale democratico e aiutano a riflettere sulle conseguenze delle azioni. I genitori autoritari (basso calore, alto controllo) appaiono freddi e critici nelle interazioni con i figli. I bambini devono essere maturi e fare ciò che dice il genitore inoltre si parla poco di emozioni. Le punizioni sono severe ma non violente. I genitori amano i figli, ma non dimostrano l’affetto. I genitori permissivi (alto calore, basso controllo) sono affettuosi e attenti, ma danno poche regole e non richiedono un comportamento maturo. I genitori respingenti/negligenti/non coinvolti non sembrano preoccuparsi dei loro figli: non controllano, non comunicano, non insegnano. I primi tre stili di genitori amano i loro figli ma hanno visioni diverse su come essere genitore. A questi 3 stili sono associati diversi comportamenti dei bambini. Cultura e genitoralità I figli di genitori autorevoli hanno più probabilità di andare bene a scuola, essere soddisfatti di sé e avere buoni rapporti con gli altri. I figli di genitori autoritari hanno più probabilità di sentirsi in colpa o depressi e i figli di genitori permissivi possono avere problemi ad interagire con gli altri perché abituati a fare ciò che vogliono. L’eccesso di permissivismo diventa indulgenza. Sia lo stile genitoriale permissivo che quello respingente possono essere dannosi. Attaccamento Il legame emotivo che si forma tra le persone è detto attaccamento. Il primo attaccamento avviene tra figlio e genitori o altri che si prendono cura di lui; la qualità di questo legame sembra avere implicazioni sulla formazione delle relazioni nel corso della vita. I bambini che formano attaccamenti sicuri ricevono sostegno quando necessario e sono più fiduciosi nell’esplorare il proprio mondo, i bambini che formano attaccamenti insicuri o disorganizzati possono essere timorosi, tristi, ansiosi o arrabbiati nei rapporti con chi si prende cura di loro. Pari I bambini si sviluppano anche all’interno del gruppo dei pari. Rubin distingue 2 tipi di gruppi di pari: le cricche e i gruppi. Cricche (cliques) Le cricche sono gruppi relativamente piccoli a base amicale (3-12 membri); sono più frequenti nella seconda infanzia-prima adolescenza. Includono pari dello stesso sesso e della stessa età che condividono interessi o attività. Le cricche soddisfano bisogni emotivi e di sicurezza dei giovani fornendo un contesto sociale stabile. Gruppi I gruppi sono insiemi di individui meno stretti e con un’organizzazione meno rigida, basati su interessi, attività, reputazioni condivisi. Gli studenti non entrano necessariamente in un gruppo; essi sono associati o assegnati ai gruppi da altri sulla base della reputazione e degli stereotipi: i membri di un gruppo possono interagire oppure no. L’adesione ad un dato gruppo avviene durante la prima-seconda adolescenza e perdono importanza 12 nella tarda adolescenza. Gli adolescenti più sicuri della propria identità tendono a non entrare in nessun gruppo. Culture dei pari A ogni età, l’insieme di regole degli studenti su come vestirsi, parlare, ecc., forma la cultura dei pari. Il gruppo determina quali attività fare, quali altri studenti apprezzare e quali no, inoltre le culture dei pari incoraggiano l’adesione ai ruoli di gruppo. I pari hanno influenza su stile e socializzazione; genitori e insegnanti sono ancora influenti in fatto di moralità, scelta della carriera e religione. Non tutti gli aspetti della cultura dei pari sono negativi, in alcuni gruppi ci sono norme positive. Amicizie Le amicizie hanno importanza centrale nella vita degli studenti di ogni età. Oltre al trauma di essere dentro o fuori dal gruppo, le relazioni dei pari hanno influenza sulla motivazione e sul rendimento degli studenti. Anche le caratteristiche degli amici e a qualità delle amicizie contano. Avere relazioni stabili e di supporto con amici socialmente competenti e maturi aumenta lo sviluppo sociale, ma le amicizie non sempre hanno un’influenza positiva. Per molti adolescenti i pari sono le cause principali del livello di applicazione e impegno dedicati alla scuola. Popolarità I bambini classificati popolari possono comportarsi in modo positivo o negativo; quelli classificati come rifiutati devono la loro valutazione negativa al fatto di essere aggressivi, immaturi, socialmente incompetenti o chiusi; quelli classificati controversi hanno dei giudizi discorsi e mostrano comportamenti sociali sia positivi che negativi; quelli classificati come trascurati o isolati sono quasi invisibili. Cause e conseguenze del rifiuto Bambini e adolescenti non sempre tollerano le differenze. Studenti nuovi dal punto di vista fisico, intellettuale, etnico, raziale, economico o linguistico possono essere rifiutati in classi con cricche o gruppi definiti. Studenti aggressivi, introversi e disattenti-iperattivi hanno più probabilità di essere rifiutati, ma conta anche il contesto della classe. Se in una classe il livello di aggressività è alto, questa ha minori possibilità di essere rifiutata dai pari, quindi il rifiuto dipende dall’essere troppo diversi dalla norma. La maggiore attrattività e l’attivazione di comportamenti sociali come la condivisione sono associate all’accettazione dei pari, indipendentemente dal contesto della classe. Molti studenti aggressivi e introversi non hanno queste abilità sociali; gli studenti disattenti-iperattivi spesso fraintendono i segnali sociali o hanno difficoltà a controllare gli impulsi. Quando si viene rifiutati un soggetto può sviluppare disagio o sofferenza emotiva come depressione. I bambini rifiutati hanno meno probabilità di partecipare ad attività di apprendimento della classe e quindi il loro rendimento ne soffre. Un intervento adulto consapevole può correggere questi problemi, ma a volte il rifiuto si trasforma in aggressività. Aggressività L’aggressività non va confusa con l’assertività, che significa affermare o mantenere un diritto legittimo. Esistono varie forme di aggressività: aggressività strumentale, è la più comune ed è finalizzata a raggiungere un obiettivo o ad ottenere un privilegio. Lo scopo è raggiungere ciò che si desidera, non danneggiare un altro bambino anche se può accadere; aggressività ostile, il danno è procurato intenzionalmente. Questo tipo di aggressività può assumere la forma di aggressività proattiva, rappresentata da minacce di aggressione fisica e dall’aggressione fisica diretta, oppure la forma di aggressività relazionale, che include minacce o l’effettivo danneggiamento delle relazioni sociali. I ragazzi sono più inclini all’aggressività proattiva, le ragazze a quella relazionale. Altro tipo di aggressività ostile è il cyberbullismo, uso della posta elettronica, facebook, twitter e altri social media per diffondere insinuazioni o intimidire i pari. I soggetti aggressivi tendono a credere che la violenza sarà premiata, e la usano per ottenere ciò che vogliono; credono che la ritorsione violenta sia accettabile. I bambini con problemi di 13 condotta più gravi sono spesso individuati nella scuola primaria. Aiutare i bambini a gestire l’aggressività può fare la differenza nella loro vita futura e uno dei migliori approcci per la prevenzione di futuri problemi di aggressività è la prevenzione. Aggressività relazionale Insulti, pettegolezzi, esclusioni, derisioni sono forme di aggressività relazionale, chiamata anche sociale perché ha lo scopo di danneggiare i rapporti sociali. Questo tipo di aggressività può essere più dannosa di quella fisica proattiva, sia per la vittima che per l’aggressore. 3.3 Identità e concetto di sé I bambini partono dal presupposto che gli altri condividano i loro sentimenti e impressioni, ma con il tempo giungono a pensare in modo astratto ai processi interiori. Grazie a questi sviluppi del pensiero, essi possono includere qualità più astratte nella propria conoscenza di sé, degli altri e delle situazioni. Concetto di sé, autostima, valore di sé sono termini diversi anche se non sempre la differenza è chiara. In generale il concetto di identità è da intendersi in un senso più ampio: l’identità include il senso generale di sé di una persona, insieme alle sue credenze, emozioni, ecc., ed integra tutti i diversi aspetti e ruoli del sé. Erikson: stadi dello sviluppo psicosociale Erikson diede un modello fondamentale per la comprensione dei bisogni dei giovani, mettendoli in relazione con la società in cui crescono e in cui operano. La sua teoria psicosociale sottolinea l’emergenza del sé, la ricerca dell’identità, le relazioni con gli altri e il ruolo della cultura nel corso della vita. Erikson, come Piaget, interpretò lo sviluppo come un passaggio attraverso una serie interdipendente di stadi. In corrispondenza di ogni stadio, lo studioso suggerisce che l’individuo affronti crisi dello sviluppo. Ogni crisi può essere risolta adottando una posizione estrema oppure trovando una equilibrio tra gli estremi. Il modo in cui il soggetto risolve ogni crisi influenza la risoluzione della future crisi e ha un effetto duraturo sull’immagine di sé e sulla visione della società. Per lui gli stadi sono 8 e li chiama “le 8 età dell’uomo”. Gli anni che precedono la scuola: fiducia, autonomia e iniziativa Il conflitto fondamentale nell’infanzia è quello tra fiducia e sfiducia. Il bambino svilupperà un senso di fiducia se il suo bisogno di cibo e cure viene soddisfatto con regolarità. Durante il primo anno iniziano a capire che sono separati dal mondo che li circonda, ciò è parte di quello che rende la fiducia importante perché i bambini devono fidarsi di aspetti del loro mondo che vanno oltre il loro controllo. Avere un attaccamento sicuro aiuta i bambini piccoli a sviluppare fiducia e a capire quando la sfiducia è appropriata: i due estremi sono disfunzionali. Il secondo stadio vede l’autonomia contrapposta alla vergogna e al dubbio e segna l’inizio dell’autocontrollo e della sicurezza di sé: il bambino inizia ad assumere responsabilità per la cura di sé, come nutrirsi. I bambini che sperimentano dubbi eccessivi non saranno sicuri delle proprie capacità nel corso della vita, è necessario l’equilibrio. Il terzo stadio vede contrapposti iniziativa e senso di colpa, aggiunge all’autonomia la qualità dell’intraprendere, del pianificare e dell’affrontare un compito per il piacere di essere attivo e in movimento. In questo periodo occorre mantenere l’equilibrio tra la voglia di fare e la consapevolezza che non si può seguire ogni impulso. Se non viene data occasione ai bambini di fare le cose da soli viene sviluppato il senso di colpa. Gli anni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado: operosità/senso di inferiorità Tra i 5 e i 7 anni lo sviluppo cognitivo è rapido, i bambini trascorrono tempo nel mondo sociale della scuola e quindi gli stadi di sviluppo si inseriscono in ambienti scolastici non familiari dove i bambini devono imparare a fidarsi di nuovi adulti e ad agire in una situazione più complessa. All’operosità è contrapposto il senso di inferiorità: gli alunni iniziano a considerare la relazione tra perseveranza e il piacere di completare un lavoro. La capacità dei bambini di orientarsi tra diverse realtà (scuola, famiglia, ecc.) fa nascere in loro un senso di competenza crescente, ma le difficoltà ad affrontare queste sfide può causare senso di inferiorità. I bambini devono padroneggiare nuove abilità e lavorare per raggiungere nuovi obiettivi, ma allo stesso tempo vengono confrontati con gli altri, rischiando di fallire. Dopo la scuola primaria cresce l’interesse per voti e prestazioni, vi è maggiore competizione su più fronti e in questo contesto affrontano una nuova sfida: quella dell’identità. 14 Adolescenza: la ricerca dell’identità Nella prima adolescenza si affronta la costruzione dell’identità che costituirà la base per l’età adulta. Il soggetto sviluppa un senso del sé fin dall’infanzia, ma l’adolescenza segna il primo periodo in cui avviene uno sforzo consapevole per rispondere alla domanda “Chi sono?”. Il conflitto in questo stadio è tra identità e confusione di ruolo. L’identità è legata all’organizzazione di stimoli, abilità, credenze e storia di un soggetto allo scopo di formare una coerente immagine di sé e include scelte deliberate su ad esempio lavoro e valori. Se l’adolescente non riesce a integrare questi aspetti e scelte, oppure si sente incapace di scegliere, può verificarsi la confusione di ruolo. Marcia ha ampliato la teoria sulla formazione dell’identità di Erikson concentrandosi su 2 processi essenziali per il raggiungimento dell’identità matura: esplorazione e impegno. Esplorazione indica il processo attraverso cui gli adolescenti considerano e sperimentano credenze, valori, comportamenti alternativi, cercando di determinare quale gli darà più soddisfazione; con impegno si indicano le scelte di un soggetto, di solito conseguenti all’esplorazione delle opzioni. Marcia individuò 4 categorie di status di identità che derivano da 4 pattern (profili) di esplorazione e impegno. 1. Raggiungimento dell’identità. Comporta che dopo l’esplorazione di opzioni realistiche, il soggetto abbia compiuto scelte e si sia impegnato nel raggiungere gli obiettivi correlati. Pochi raggiungono questo status entra la fine delle superiori, inoltre alcuni adulti raggiungono l’identità stabile ma poi la rifiutano per svilupparne un’altra. 2. Moratoria. Si verifica quando gli adolescenti faticano a compiere le proprie scelte. L’esplorazione porta a ritardare l’impegno in scelte personali. Questo ritardo è comune ed Erikson sostiene che gli adolescenti delle società complesse hanno una crisi di identità durante la moratoria. Questo periodo, oggi, non è definito come una crisi perché per la maggior parte delle persone l’esperienza è un’esplorazione graduale piuttosto che uno sconvolgimento traumatico. 1 e 2 sono considerati sani. 3. Confusione dell’identità, è impegno senza esplorazione. Gli adolescenti confusi non hanno sperimentato identità diverse o esplorato più opzioni, ma si sono impegnati a perseguire valori, obiettivi, stili di vita di altri. Essi tendono ad essere rigidi e intolleranti. 4. Diffusione dell’identità, si realizza quando non c’è né esplorazione né impegno. Chi sperimenta questo status può essere apatico e introverso, avere poche speranze per il futuro o essere ribelle. Spesso segue il gruppo e quindi è a maggior rischio di abuso di droga. Dopo la scuola Nell’età adulta le crisi degli stadi coinvolgono tutte le qualità delle relazioni. L’intimità, contrapposta all’isolamento, esprime la volontà di avere una relazione con un’altra persona. Chi non ha raggiunto un senso di identità abbastanza forte tende a temere di essere sopraffatto o soffocato da un’altra persona e tende a isolarsi. La generatività, contrapposta alla stagnazione, amplia la capacità di interessarsi agli altri e implica sia la preoccupazione sia l’orientamento delle future generazioni. Produttività e creatività sono caratteristiche essenziali. Raggiungere l’integrità, contrapposta alla disperazione, vuol dire consolidare il senso del sé e accettare la propria storia. Erikson ha contribuito a inaugurare un approccio allo sviluppo che si estende sull’intero arco di vita. Concetto di sé Questo termine in psicologia indica la percezione di se stessi: modo di giudicare abilità, attributi, credenze, atteggiamenti e aspettative personali. Il concetto di sé andrebbe considerato come la rappresentazione mentale che il soggetto ha di se stesso, è il tentativo di costruire uno schema che organizzi le impressioni ecc. su di sé. Ma questo modello non è permanente, la percezione di sé può cambiare con il variare delle situazioni o nel passaggio tra diverse fasi. Struttura del concetto di sé Il concetto di sé è multidimensionale. Marsh e colleghi individuarono fino a 17 diversi concetti di sé nelle aree scolastiche (es. concetto di sé matematico) e nelle aree non scolastiche (es. aspetto fisico). Per quanto riguarda le aree scolastiche, i concetti di sé includono sia le percezioni sulla competenza (sono bravo in matematica) sia l’affezione o atteggiamento (mi piace la matematica). Negli adolescenti, sia il concetto di sé scolastico 15 complessivo (velocità di apprendimento) sia il concetto di sé disciplina-specifico (quanto si può essere bravi in una materia e l’atteggiamento) possono influenzare decisioni e motivazioni. Concetti di sé distinti e disciplina-specifici non sono necessariamente integrati nel concetto di sé complessivo degli adulti, in quest’ultimi il concetto di sé ha una natura maggiormente situazione-specifica. Modalità di sviluppo del concetto d sé Il concetto di sé si sviluppa attraverso una costante autovalutazione, fatta in diverse situazioni. Per formulare questi giudizi, bambini e adolescenti, analizzano le reazioni verbali e non verbali di persone significative. I bambini piccoli tendono ad avere un concetto di sé positivo e ottimistico, non si paragonano ai pari e questa sicurezza li protegge dalle delusioni e ne garantisce la stabilità che è un fattore protettivo per lo sviluppo. I più grandi sono meno ottimisti, più realistici e cinici. Per piccoli e grandi le autovalutazioni contribuiscono al concetto di sé in un dato dominio e a un senso complessivo del proprio valore, l’autostima. Con la scuola i bambini sviluppano concetti di sé basati sulle proprie prestazioni. Maturando diventano più realistici, ma in molti casi non sono giudici attendibili delle proprie capacità. Durante la secondaria di primo grado, acquisiscono maggiore autocoscienza, i loro concetti di sé si collegano all’aspetto fisico e all’accettazione sociale, oltre che ai risultati scolastici. Il concetto di sé degli studenti è spesso risultato del confronto con i pari. Lo sviluppo del concetto di sé non segue lo stesso percorso in ogni cultura. Autostima L’autostima è un giudizio complessivo sul valore di sé che include sentimenti di orgoglio e vergogna nei confronti di se stessi. Concetto di sé e autostima sono usati indifferentemente, ma hanno significati diversi. Il concetto di sé è un’impressione che si ha su di sé; l’autostima è un senso generale del valore di sé ed è influenzata dal fatto che la cultura che circonda l’individuo apprezzi o meno le sue caratteristiche e capacità. Anche le ragioni che gli individui attribuiscono al proprio successo o al proprio fallimento sono importanti, per sviluppare autostima si devono attribuire i successi alle proprie azioni, non alla fortuna o a degli aiuti. 3.4 Capire gli altri e sviluppo morale Teoria della mente A 2-3 anni i bambini iniziano a sviluppare una teoria della mente, cioè a capire che anche gli altri sono persone con pensieri, sentimenti ecc. I bambini hanno bisogno di sviluppare una teoria della mente per dare senso al comportamento altrui. Attorno ai 2 anni diventano consapevoli dell’intenzionalità delle proprie azioni e quando sviluppano una teoria della mente diventano in grado di capire che anche le altre persone hanno intenzioni proprie. I bambini più grandi, in età prescolari, distinguono le azioni intenzionali da quelle non intenzionali; mentre i bambini aggressivi hanno maggiore difficoltà a valutare le intenzioni. Sviluppando una teoria della mente, i bambini diventano sempre più consapevoli che le altre persone possono avere punti di vista diversi. Questa capacità di assunzione della prospettiva altrui cresce nel tempo. Sviluppo morale L’incremento della teoria della mente e della capacità di assunzione permette ai bambini di sviluppare un senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Prima la teoria e la ricerca sullo sviluppo morale si concentravano sul ragionamento morale dei bambini, sulla loro riflessione su ciò che è giusto o sbagliato. Nuove prospettive suggeriscono che la moralità non si limita al pensiero. La teoria dello sviluppo morale di Kohlberg La teoria dello sviluppo morale di Kohlberg si basa sulle idee di Piaget. Kohlberg valutò il ragionamento morale sia di bambini sia di adulti proponendo loro dilemmi morali, in cui viene chiesto di assumere decisioni non sempre facili e motivarle. Sulla base del ragionamento, lo studioso, propose una sequenza dettagliata di 6 stadi del ragionamento morale, cioè giudizi su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Livello preconvenzionale: il giudizio è basato esclusivamente sui bisogni e sulle impressioni individuali. Stadio 1: orientamento all’ubbidienza. Si ubbidisce alle regole per evitare punizioni e conseguenze negative. 16 Stadio 2: orientamento alle ricompense/scambio. Il bene e il male sono definiti dai bisogni e dai desideri personali. Livello convenzionale: sono prese in considerazione le aspettative della società e le sue leggi. Stadio 3: gentilezza/orientamento alle relazioni. Essere buono significa essere gentili e soddisfare gli altri. Stadio 4: orientamento alla legge e all’ordine. Si deve ubbidire alle leggi e alle autorità; il sistema sociale deve essere mantenuto. Livello postconvenzionale (fondato sui principi): i giudizi si basano su principi di giustizia astratti e più personali, che non sono necessariamente definiti dalle leggi della società. Stadio 5: orientamento al contratto sociale. La scelta morale è determinata da standard socialmente condivisi. Stadio 6: orientamento ai principi etici universali. Si tratta di principi universali di dignità umana e di giustizia sociale che gli individui dovrebbero difendere, indipendentemente dalla legge e da ciò che le altre persone affermano. Il ragionamento morale è correlato sia allo sviluppo cognitivo sia a quello emotivo. Il pensiero astratto diventa sempre più importante negli stadi più avanzati dello sviluppo morale. Critica alla teoria di Kohlberg Gli stadi descritti da Kohlberg non sembrano essere separati, sequenziali, coerenti. Le persone motivano le scelte morali in modi che riflettono allo stesso tempo stadi diversi. Una critica alla teoria è la tendenza sistematica degli stadi a favorire valori maschili e occidentali che enfatizzano l’individualismo. Gilligan propose una diversa sequenza per lo sviluppo morale, cioè un’etica della cura. Suggerì che gli individui passano l’attenzione dall’interesse personale a un ragionamento morale basato sull’impegno verso specifici individui e specifiche relazioni, per arrivare a livelli di moralità più alti, fondati su principi di responsabilità e di cura verso le persone. Alcuni sostengono questa etica della cura e la considerano una forma di risoluzione dei problemi morali più tipica delle donne. La meta-analisi indica che sia gli uomini che le donne usano la cura per i dilemmi interpersonali e la giustizia per ragionare sui dilemmi sociali. Quindi il ragionamento morale, sembra sia influenzato dal contesto piuttosto che dal genere dell’individuo. Giudizi personali, convenzioni, sociali e scelte personali Alcune regole sono convenzioni sociali, cioè regole e modi di agire in una particolare situazione. Una critica alla teoria di Kohlberg è la fusione di giudizi morali e decisioni che riguardano convenzioni sociali; un’altra riguarda la non considerazione delle scelte personali. Nucci dà una spiegazione dello sviluppo morale che copre tutti e tre i domini dei giudizi morali, convenzioni sociali e scelta personale. Il pensiero e i ragionamenti dei bambini si sviluppano in tutti i domini, con ritmo variabile, ma a 4 anni distinguono le questioni morali dalle convenzioni. Dominio morale e dominio convenzionale a confronto All’interno dell’area morale vi sono due questioni fondamentali: giustizia e benessere/compassione. Per i bambini piccoli la distribuzione equa si basa sull’uguaglianza, crescendo capiscono che è giusto che alcune persone ottengano di più grazie ai loro meriti, ad 8 anni iniziano a prendere in considerazione l’esistenza del bisogno e possono ragionare sulla base della benevolenza. Così i bambini iniziano ad attraversare gli stadi del ragionamento su questioni morali. Nell’area convenzionale i bambini, all’inizio, pensano che le regole semplicemente esistano. Piaget definì questo stadio realismo morale. In esso il bambino crede che ci siano regole di condotta o di gioco assolute che non possono essere cambiate. Quando i bambini interagiscono con gli altri e vedono persone diverse che hanno ruoli diversi, avviene un passaggio graduale allo sviluppo morale cooperativo o morale cooperativa: i bambini capiscono che le persone possono fare le regole e possono cambiarle. Gli adolescenti smettono di considerare le convezioni come modi adeguati di agire e iniziano a considerarle solo come parametri standard, mentre gli adulti si rendono conto che le convenzioni sono utili per coordinare la vita sociale, ma possono essere cambiate. 17 Diversità nel ragionamento morale Il ragionamento culturale può essere influenzato da numerose o grandi differenze culturali. Alcune culture più tradizionali attribuiscono più importanza a costumi e a rituali che cambiano lentamente nel tempo, e i costumi possono diventare moralizzati. Nelle culture moderne le tradizioni e i costumi tendono a cambiare più rapidamente. Per capire cosa sia una scelta, una convenzione e che cosa appartenga al dominio morale, occorre conoscere le specifiche credenze culturali. La ricerca ha evidenziato che il ragionamento dei bambini sul dominio morale, convenzionale e personale sia simile tra le culture. Oltre il ragionamento: Haidt e il modello socio-intuizionista della psicologia morale Sentimenti, istinti, ecc. influenzano le scelte. Haidt ritiene che Kohlberg abbia posto troppa enfasi sul ragionamento cognitivo. Il modello socio-intuizionista ha tre componenti fondamentali: 1. L’intuizione precede il ragionamento. Il ragionamento morale avviene dopo che una prima risposta automatica ed emotiva (intuizione) spinge l’individuo verso un giudizio morale. Istintivamente si prova simpatia-avversione, e così via. Dopo si ragiona sui motivi per cui le reazioni che si provano sono giuste, e ci si prepara a difendere la propria scelta rispetto a quella degli altri: in questo modo, il ragionamento svolge un ruolo sociale nel mantenimento della posizione e del rispetto all’interno del gruppo; 2. La moralità non si limita alla lealtà e al danneggiamento. Molte teorie si basano sulla giustizia e sul benessere. Haidt ritiene che concentrarsi su questi due aspetti rifletta un modello morale occidentale, istruito, industrializzato, ricco, democratico, chiamato con l’acronimo inglese WEIRD. In questo tipo di culture giustizia e benessere umano hanno un valore centrale per la moralità. Haidt ha condotto ricerche da cui emergono altri 4 valori morali: -Fedeltà, contrapposta al tradimento, sottolinea la dedizione al bene del gruppo, il patriottismo; -Autorità, contrapposta alla sovversione, fondamento della leadership e dello spirito gregario, rispetto per l’autorità legittima; -Sacralità, contrapposta al degrado, è la base per la ricerca di una vita più nobile e pura. Determina quali oggetti e quali idee siano sacri e quali no; -Libertà, contrapposta all’oppressione, è alla base del risentimento e della resistenza alla dominazione. Si esprime nell’odio per i prepotenti e dittatori. Questi fondamenti sono presenti in tutte le culture, ma possono essere interpretati in modi diversi; 3. La moralità unisce e acceca. Quando i membri di un gruppo condividono le stesse credenze morali, il gruppo è unito. Essi sono fedeli l’un l’altro, ma nella loro unione sono ciechi alle credenze morali di altri gruppi che quindi sembrano sbagliate. Il modello socio-intuizionista è nuovo e armonizza neuroscienze, psicologia sociale e sociobiologia. CAPITOLO IV Differenze dell’apprendimento 4.1 L'intelligenza Ogni bambino possiede abilità, limiti, talenti, alcuni disturbi nell'apprendimento, nella comunicazione, disturbi fisici, all'udito o alla vista, altri doni notevoli, o combinazioni di tutto ciò. Attribuire le etichette da un lato può stigmatizzare, dall'altro possono essere un valido aiuto. Disabilità e handicap Per disabilità si intende un'incapacità nel fare qualcosa, per handicap si intende uno svantaggio in un aspetto specifico. Alcune disabilità possono portare handicap (essere ciechi è una disabilità visiva che produce l'handicap di non poter guidare l'automobile). Stephen Hawking è il maggior fisico al mondo e non è in grado di parlare o camminare. Bisogna mettere al centro la persona e far diventare l'handicap una disabilità. Cosa si intende per intelligenza? Molte teorie fanno convergere la natura dell'intelligenza su 3 temi 1. La capacità di apprendere 18 2. La somma delle conoscenze acquisite 3. La capacità di adattarsi all'ambiente Una recente definizione la definisce la capacità di ragionare in modo deduttivo e induttivo, astrattamente, di usare analogie, sintetizzare informazioni e applicarle a nuovi ambiti. Intelligenza: una sola capacità o molte? Alcuni psicologi sostengono che l'intelligenza è la capacità primaria che influenza le performance in tutte le aree cognitive. Secondo Spearman ogni test mentale richiede alcune capacità specifiche. La capacità di risolvere un compito mentale si baserebbe su g + le capacità specifiche dell'attività in questione. Attraverso i test cognitivi possiamo calcolare il fattore comune (g), ma è un indicazione dell'intelligenza generale, non dell'intelligenza vera a propria. La nozione di g non ci dice cosa sia o da dove provenga l'intelligenza, la teoria di Cattell e Horn si dimostra più utile e distingue: L'intelligenza fluida è l'efficienza mentale, costituita da capacità non verbali a livello celebrale. Si potenzia fino alla tarda adolescenza, e ha una plasticità che diminuisce con l'età. Essa è sensibile a traumi e malattie. L'intelligenza cristallizzata è la capacità di applicare metodi di soluzione di problemi nei propri contesti culturali. Investendo l'intelligenza fluida si sviluppa quella cristallizzata, ma per esempio il ragionamento matematico attinge da entrambe. La visione psicometrica considera l'intelligenza organizzata secondo una gerarchia di abilità, l'abilità generale in alto (funzionamento lobo frontale) e 70 abilità specifiche a livelli inferiori (ampiezza memoria, sviluppo linguaggio). Intelligenze multiple Gardner, psicologo dello sviluppo, ha studiato 2 gruppi molto diversi: studenti dotati ad Harvard e persone con danni cerebrali a Boston. Osservò pazienti traumatizzati che avevano perso le capacità spaziali ma svolgevano ogni attività verbali, e pazienti in situazioni inverse. Gardner ipotizzo varie tipologie di capacità mentali, formulò teoria delle intelligenze multiple. Le 8 intelligenze (9 con quella esistenziale) sono: linguistica, musicale, spaziale, logico-matematica, cinestetica, intrapersonale, interpersonale, naturalistica. L'intelligenza ha basi biologiche, è la capacità di elaborare informazioni per risolvere problemi di valore per la società. Questa teoria venne criticata da Waterhouse che sosteneva che le 8 intelligenze non sono indipendenti, ma correlate fra loro, quindi le “capacità separate” potrebbero non esserlo così tanto. Alcuni critici definiscono alcune intelligenze come talenti o tratti della personalità. Willingham è stato molto critico, definendo la teoria di Gardner non di grande utilità, e di poca probabilità d'aiuto dei studenti per gli educatori. Gardner si è difeso affermando che la sua teoria si basa su criteri che integrano molti risultati della ricerca psicologica quali: potenziale isolamento dell'intelligenza a causa di danni celebrali; chiara traiettoria di sviluppo che culmini in performance di esperienza; una storia evolutiva e una plausibilità evoluzionistica; esistenza bambini prodigio esperti in determinate aree e al di sotto della media in altre; prove basate su ricerche psicometriche. Gardner sostenne che l'intelligenza non è la stessa cosa di un sistema sensoriale, non esiste un intelligenza uditiva o visiva. Gardner non nega l'esistenza di un'abilità generalizzata ma ne mette in dubbio il valore come spiegazione dei successi umani. L'intelligenza come processo La ricerca ha enfatizzato l'elaborazione delle informazioni, comune a tutte le persone, e sono emersi nuovi modelli di intelligenza e altre capacità: memoria di lavoro, capacità di concentrazione, auto- regolamentazione emotiva. La teoria triarchica dell'intelligenza efficace è una descrizione tripartita delle capacità mentali (processi di pensiero, gestione nuove esperienze) che conduce ad un comportamento più o meno intelligente. Il termine introdotto da Sternberg di intelligenza efficace non considera solo il quoziente misurato dai test delle capacità mentali, ma anche la realizzazione personale. Secondo Sternberg l'intelligenza è un processo universale che svolge 3 diverse funzioni: 1. pianificazione di alto livello, selezione della strategia e monitoraggio svolta da meta componenti; 2. l'implementazione delle strategie selezionate svolta da componenti di performance; 19 3. ottenere una nuova conoscenza svolta da componenti di acquisizione della competenza. Alcuni processi sono specifici (analizzare analogie) altri generali (monitoraggio progressi). L'applicazione di metacomponenti, componenti di performance e componenti di acquisizione della competenza permette di sviluppare 3 tipi di intelligenza: analitica in cui i componenti vengono applicati in problemi sufficientemente noti; creativa in cui vengono gestite le esperienze nuove con: gli insight, la capacità di scoprire nuove soluzioni; l'automatismo, la capacità di essere efficienti e risolvere problemi in automatico. pratica, in cui è importante la scelta dell'ambiente in cui adattarsi e modificarlo. In questa 3° forma l'intelligenza è più implicata in questioni pratiche (scelta carriera o capacità sociali). Il dilemma di Binet Nel 1904 Binet, attivista politico preoccupato dei diritti dei bambini, si trovò di fronte al problema di come individuare quei soggetti che necessitavano interventi speciali, prima di fallire nel percorso scolastico, affinché non lasciassero la scuola. Binet e Simon volevano misurare non solo i risultati scolastici ma anche le capacità intellettuali per avere successo a scuola. Identificarono 58 prove suddivise dai 3 ai 13 anni, per determinare un'età mentale. Si parlò di quoziente Intellettivo (QI) quando il test arrivò all'università di Stanford (test Stanford-Binet), veniva confrontata l'età mentale con quella effettiva, la formula era: QI = età mentale/età anagrafica x 100. Tuttavia i punteggi calcolati su tale base non mantengono lo stesso valore crescendo d'età, è stato così introdotto i QI di deviazione che indica quanto una persona totalizza nel test al di sopra o al di sotto della media, paragonando il risultato con persone della stessa età. Test dei QI individuali e di gruppo Lo Stanford-Binet è un test individuale, che dura 2 minuti somministrato da uno psicologo a voce. Gli psicologi hanno sviluppato anche test di gruppo, che rendono difficile cogliere le capacità individuali e quindi meno efficaci. L'effetto Flynn: stiamo diventando più intelligenti? Dagli inizi del 900, in cui vennero introdotti i test QI, i punteggi sono aumentati di circa 3 punti. Si pensa che siamo più intelligenti dei nostri genitori, negli ultimi anni il punteggio è di 10 punti più alto del loro, si tratta dell'effetto Flynn che prende il nome dallo scienziato che ha documentato il fenomeno (James Flynn). Non è aumentato il potenziale al momento della nascita, ma lo sviluppo delle capacità mentali, grazie al miglioramento delle cure mediche, dell'alimentazione, l'attenzione degli adulti ai bambini è maggiore, e infine scuole migliori. Per adattarsi all'innalzamento delle performance della popolazione, le domande del test sono diventate più complesse. Intelligenza e risultati Un alto punteggio nel test del QI si correla ai risultati per bambini di tutti i gruppi etnici. Il successo nella vita e l'educazione scolastica sono tra loro intrecciati. Le persone con punteggi intellettivi maggiori studiano di più e ricevono incarichi più prestigiosi; altri fattori come motivazione e fortuna possono fare la differenza. Differenze di genere e intelligenza Dall'infanzia fino all'età prescolare non si riscontrano molte differenze nello sviluppo mentale o motorio fra bambini e bambine. I test sono stati costruiti per minimizzare le differenze di genere, ma quelli su abilità specifiche presentano certi dislivelli: verso i 9 anni le femmine hanno più successo in abilità verbali, al contrario i maschi in alcune abilità visive e spaziali. Tuttavia occorre non generalizzare troppo, perché molti studi non considerano la razza e le etnie. Molte meta-analisi internazionali hanno rilevato poche differenze in matematica. I studi di Sara Linberg e colleghi hanno evidenziato che negli Usa ragazzi e ragazze hanno risultati simili in matematica, ma tra le diverse nazioni i risultati cambiano (le femmine hanno punteggi migliori in Russia e Messico; i maschi in Svizzera e Olanda). I maschi sono migliori in traiettorie di oggetti in moto e orientamento. Alcuni sostengono sia dovuto all'evoluzione, altri agli stili di gioco più attivi dei maschi (videogiochi, montaggio, sport). Secondo i paragoni internazionali la differenza di genere in matematica è dovuta allo studio, non alla biologia; vi sono poi stereotipi sull'inferiorità femminile che secondo Lindberg vanno combattuti pubblicizzando l'idea che negli USA hanno raggiunto uno stato di parità nelle performance 20 in matematica. Eredità o ambiente? Occorre fare attenzione agli aut-aut: non si può separare l'intelligenza nei geni dall'intelligenza dovuta all'esperienza. Molti psicologi sostengono che le differenze intellettive siano dovute all'eredità quanto all'ambiente (dalle condizioni della mamma in gravidanza alle quantità di piombo presenti in casa). I cinesi e giapponesi conoscono meglio la matematica rispetto agli americani eppure i test sono simili; sicuramente le differenze dipendono dalle modalità d'insegnamento o dalla motivazione dei studenti asiatici. Interpretare con intelligenza i test del QI In origine di test d'intelligenza sono nati per tutelare i diritti dei bambini poveri che avrebbero potuto vedersi negata un'educazione sul falso presupposto dell'incapacità di apprendere. I test si valutano in egual modo per gli studenti di diverse razze e status, anche se non saranno mai perfettamente imparziali. Il fine di ogni valutazione dello studente dovrebbe essere il sostegno del suo percorso di studi e sviluppo al fine di accedere a insegnamenti più appropriati. Per il adulti il fine è comprendere le capacità cognitive spesso migliorabili in tutti. L'intelligenza è uno status attuale, influenzato dal passato e aperto al futuro. 4.2 Stili di pensiero e di apprendimento Zhang e Sternberg suddividono gli stili individuali in 3 tradizioni: 1. Stili centrati sulla cognizione valutano come le persone processano le informazioni (essere impulsivi o riflessivi); 2. Stili centrati sulla personalità valutano tratti della personalità (essere introversi o estroversi); 3. Stili centrati sull'attività valutano una combinazione di cognizione e personalità che influenza come si affrontano le attività. Sull'attività si distinguono approcci superficiali o profondi. L'approccio superficiale è legato a memorizzare non a capire: studenti attratti da voti e ricompense L'approccio profondo è legato all'amore per la conoscenza, non si limita alla valutazione bensì alla performance. Questo approccio è più duraturo e permanente. Stili/preferenze di apprendimento Lo stile di apprendimento è l'approccio con cui una persona di accosta all'apprendimento o allo studio. Dalla fine degli anni 70 è stato scritto molto su questi stili, o meglio su queste preferenze di apprendimento (modi preferiti di studiare o apprendere). I test per valutare questi stili sono stati molto criticati poiché far coincidere gli stili di apprendimento dei bambini con i metodi d'istruzione ha un effetto negativo sul loro apprendimento. Il valore degli stili di apprendimento Mayer ha studiato le differenze di apprendimento tra coloro che utilizzano uno stile visivo e coloro che usano uno stile d'ascolto mediante piattaforme multimediali; nella dimensione virtuale-verbale ha individuato 3 aspetti centrali: - abilità cognitiva-spaziale (alta o bassa); - stile cognitivo (visivo o verbale); - preferenza di apprendimento (chi apprende visualmente e chi verbalmente). E' emerso che uno studente potrebbe preferire l'apprendimento mediante immagini ma avere scarse capacità spaziali di usare immagini ai fini dello studio. Le capacità spaziali potrebbero essere importanti per imparare da immagini statiche ma meno per le animazioni. La ricerca non ha raggiunto risultati univoci, ma un insegnamento orientato su questi stili potrebbe influenzare l'apprendimento. Piano educativo personalizzato Esso nasce dall'assunto che ogni studente è unico e deve avere programmi su misura. Il PES consiste in programmi specifici, rivisti ogni anno, che descrivono in grado di successo attuale dello studente, gli scopi e strategie composti da genitori, docenti, specialisti e, se possibile, studenti stessi. Se scuola e famiglia sono d'accordo possono essere coinvolti anche terapisti. 21 4.3 Studenti con difficoltà di apprendimento Neuroscienze e difficoltà d'apprendimento Oggi si sa che nelle difficoltà di apprendimento dei bambino sono coinvolti molti fattori, non solo le disfunzioni celebrali minori come si pensava prima, ma anche traumi e malattie del cervello. Tuttavia vi sono interventi intensivi d'insegnamento che possono incidere sul funzionamento del cervello; le ricerche di neuromaging su studenti con deficit dell'apprendimento mostrano differenze nella struttura e nell'attività celebrale rispetto a studenti senza alcun problema (zone del cervello meno sviluppate, meno flusso di sangue nel cervelletto e nei lobi centrali, livelli di attività elettrica differenti etc). I bambini della primaria con deficit del linguaggio presenterebbero sistemi uditivi immaturi di 3/4 anni inferiore rispetto alla norma. Molte ricerche sono state sulla memoria di lavoro, perché essa è un buon criterio per predire un'ampia gamma di capacità cognitive; molti bambini con disturbi nell'apprendimento hanno difficoltà ad usare la memoria di lavoro che ci permette di mantenere informazioni nel taccuino virtuale durante tutto il processamento. Poiché hanno difficoltà a ricordare parole e suoni è complicato mettere insieme e comprendere il significato di una frase per risolvere un problema di matematica. Diventa difficile anche conservare un informazione e quindi recuperare un info dalla memoria a lungo termine. Studenti con disturbi nell'apprendimento Il disturbo nell'apprendimento riguarda un problema con l'acquisizione e l'uso di linguaggi, può manifestarsi nella difficoltà a leggere, scrivere, ragionare o trattare la matematica. Essi hanno performance inferiori alle attese, date le loro abilità. Molti psicologi sostengono che tali disturbi abbiano basi ambientali, psicologiche, e basi genetiche. Caratteristiche dello studente Gli studenti con disturbi nell'apprendimento non sono tutti uguali, ognuno avrà problemi diversi e pochissimi avranno caratteristiche in comune. La maggior parte dei studenti ha problemi nella lettura, segue la matematica (il calcolo e la risoluzione dei problemi). La grafia dei studenti con disturbi di apprendimento è talvolta illeggibile, e l'espressione verbale è difficoltosa e disorganizzata. Essi spesso non sanno come affrontare i compiti scolastici e non sanno concentrarsi, organizzarsi, e applicare strategie e metodi di studio. Tendono ad essere passivi. Insegnare agli studenti con disturbi dell'apprendimento Per questi studenti la diagnosi precoce è di cruciale importanza, poiché spesso non capiscono il motivo dei loro problemi e possono diventare vittime di impotenza appresa. Questa condizione fu identificata nel corso di esperimenti sugli animali, puniti con elettroshock in un modo fuori dal loro controllo; in seguito quando avrebbero avuto la possibilità di evitare gli shock non ci provavano neppure, erano vittime impotenti. Tali studenti credono di non poter migliorare la loro situazione e non fanno sforzi per reagire, restano passivi e impotenti, sviluppano cattive abitudini di studio ed evitano certe materie. Si devono adottare contemporaneamente 2 approcci: 1. Istruzione diretta: consiste in spiegazioni chiare, insegnamento per piccoli passi ed esercizi dopo ogni stadio, feedback immediato e guida e supporto del docente. 2. L'insegnamento della strategia: regole specifiche per concentrarsi e terminare un'attività (come il sistema TREE per promuovere la capacità dei studenti di scrivere in modo persuasivo). Queste strategie devono essere insegnate con spiegazioni, esercizi, esempi, e feedback. 50/60 anni fa non c'erano bambini iperattivi, il termine è moderno, oggi la sindrome è frequente. Studenti con disturbo di attenzione L'iperattività è costituita da 2 tipi di problemi che possono o non coesistere: disturbi dell'attenzione e problemi di iperattività e impulsività. Molti psicologi concordano sul fatto che i bambini iperattivi hanno difficoltà a concentrare e mantenere l'attenzione. L'American Psychiatric Association ha diagnosticato il deficit di attenzione/iperattività, (ADHD), un disturbo neurologico del comportamento marcato da iperattività, difficoltà a fare attenzione, o impulsività che colpisce bambini e adulti. Alcuni segnali sono: Disattenzione: si è facilmente distratti e non si ricordano le cose, si perdono oggetti. 22 Iperattività-Impulsività: irrequietezza, agitazione, non si riesce a stare seduti o calmi, si è guidati da una spinta di velocità, si parla troppo, si risponde di getto, di interrompe l'interlocutore. Tutti i bambini mostrano questi comportamenti prima o poi, ma quelli con ADHD li mostrano prima dei 7 anni. L'ADHD viene diagnosticata alla scuola primaria, ma potrebbero manifestarsi dai 3 anni, i maschi sono il triplo delle femmine ma il divario va diminuendo. La ricerca ha mostrato che i problemi possono durare fino all'età adulta per almeno metà degli affetti. L'adolescenza è particolarmente critica per gli alunni ADHD (pubertà, stress, relazioni sociali, impegni). Studenti con disturbi della comunicazione Tra i 6-21 anni sono il secondo gruppo più numeroso tra quelli che ricevono interventi specifici per BES. Questi studenti hanno problemi linguistici, disturbi nell'eloquio, nell'articolazione o entrambi. I disturbi della comunicazione possono avere diverse cause: le situazioni traumatiche, la deprivazione affettiva o situazioni ambientali poco stimolanti, la compromissione delle funzioni motorie che provoca un non adeguato sviluppo cognitivo. Disturbi della parola Consiste nell'incapacità di produrre suoni in modo efficace per parlare (disturbi articolatori e balbuzie sono i più diffusi). I disturbi articolatori comprende uno tra i tanti problemi di pronuncia come sostituzione, distorsione e omissione di suoni. Lo sviluppo fonologico si completa intorno ai 6-7 anni. La balbuzie appare tra i 3-4 anni, le cause sono ignote ma potrebbero essere legate a problemi emotivi, neurologici, o dipendere da comportamenti appresi. Se persiste intorno ai 3 anni bisogna consultare il logopedista. Con un bambino che balbetta occorre parlare singolarmente, con calma, senza interromperlo, fare molte pause, fargli prendere tutto il tempo che necessita prima di parlare, evitare di fargli fretta. In classe è necessario dargli la parola per primo, porre domande semplici in modo che possa rispondere con poche parole. Va bene parlagli della balbuzie, in quanto non c'è nulla di cui vergognarsi. I problemi di intonazione riguardano l'altezza, la qualità e il volume inappropriato. Necessita riconoscere il disturbo e ricorrere ad un logopedista. Disturbi linguistici Gli studenti con tali disturbi presentano anche difficoltà a comprendere ed esprimersi linguisticamente. Gli studenti che parlano poco, usano poche parole e formulano frasi molto brevi devono essere esaminati da professionisti. Studenti con disturbi emotivi o comportamentali Essi sono i soggetti più difficili a cui insegnare e spesso questi disturbi portano serie conseguenze sul percorso scolastico e personale. Necessita un intervento tra i 3-5 anni. I disturbi emotivi e comportamentali sono comportamenti che deviano dalla norma al punto di interferire con la crescita e lo sviluppo del bambino e con le vite degli altri. Sono studenti aggressivi, infelici, ansiosi, depressi; i maschi sono il triplo delle femmine. Gli studenti ADHD possono avere disturbi emotivi e comportamentali perché hanno difficoltà a scuola. Una possibilità efficace è quella di offrire strutture flessibili e un'ampia gamma di strumenti che consentano loro di scegliere. Swason individua alcune proposte: Strutturare l'ambiente con confini precisi tra le aree in cui ci si aspettano comportamenti diversi. Organizzare calendari usando segnali chiari di inizio e fine per la consegna dei compiti. Strutturare le attività in cartelle colorate per ogni disciplina o mettere i materiali in varie scatole. Strutturare regole e routine. Offrire più opzioni fornendo brevi liste di alternative per completare incarichi o progetti. Suicidio Il 10% degli adolescenti ha tentato almeno una volta il suicidio, il tasso è 4 volte superiore agli anni 50, gli americani e gli studenti che vivono in comunità rurali sono più a rischio. I fattori di rischio sono svariati: de