Restauro di Libri e Manoscritti PDF

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restauro libri manoscritti storia della carta

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Il documento tratta del restauro di libri e manoscritti, fornendo una panoramica storica sulla carta, dal suo processo produttivo antico agli sviluppi moderni. Analizza le proprietà della cellulosa e della lignina, gli inchiostri utilizzati e i processi coinvolti nella produzione della carta.

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**RESTAURO DEL LIBRO E DEL MANOSCRITTO** - **Introduzione** - **Storia della carta** - *Le fonti di cellulosa nel tempo* La componente principale della carta è la cellulosa, un polimero del glucosio. Dal sesto secolo, l'albero di gelso fu utilizzato dai contadini cinesi per la produzione d...

**RESTAURO DEL LIBRO E DEL MANOSCRITTO** - **Introduzione** - **Storia della carta** - *Le fonti di cellulosa nel tempo* La componente principale della carta è la cellulosa, un polimero del glucosio. Dal sesto secolo, l'albero di gelso fu utilizzato dai contadini cinesi per la produzione di polpa, in modo da usarla nel processo del papermaking. A partire dal medioevo e fino al 18esimo secolo (prima dell'industrializzazione) si usavano come fonte di cellulosa gli stracci (pura cellulosa), ed era quindi un materiale di riciclo, ma era comunque un materiale di alta qualità con un numero di molecole pari a 10-12 unità (fibre più lunghe = qualità migliore). Gli stracci era fatti principalmente di lino, canapa e cotone. Le fibre avevano la necessità di essere ridotte in unità più piccole e per queste venivano sottoposte ad un processo di pestaggio in acqua. Per questo processo venivano utilizzati i magli, grossi martelli, che erano dotati di dentelli metallici in grado di lavorare e spappolare gli stracci. Le fibre venivano ridotte così in poltiglia. La qualità della cellulosa non veniva intaccata, infatti non subiva trasformazioni chimiche durante questo processo. L'acqua utilizzato per questi processi aveva un pH basico e conteneva carbonato di calcio. Una volta formatosi lo strato di polpa, questo veniva pressato e asciutto producendo un foglio di carta. A partire dal 1798, con l'arrivo dell'industrializzazione, verrà brevettata la macchina continua. Nel 19/20esimo secolo, con l'invenzione della stampa a caratteri mobili e la crescita della domanda di produzione della carta, si iniziano a trovare materiali alternativi agli stracci (molti degli stracci vennero usati durante la peste nera), infatti si iniziò a estrarre cellulosa a partire dal legno che portò a una conseguente perdita della qualità della carta. - *La raffinazione nel tempo* Il termine raffinazione fa riferimento ad un tecnica di battitura (utilizzando un bastone) della polpa, ed è un termine che viene usato ancora oggi per definire la lavorazione meccanica delle fibre bagnate. Oltre si processi evolutivi descritti precedentemente, si assiste anche alla presenza del processo di raffinazione grazie all'invenzione nel 600 della raffinatrice olandese, un rullo rotante con una serie di lame metalliche che permetteva di ottenere fibre sempre più piccole omogenee. Questa lavorazione risulta essere particolarmente impattante, infatti provocava dei tagli delle molecole di cellulosa. Come forma di raffinazione ulteriore a Fabriano viene introdotta la **filigrana** ovvero dei ricami fatti in filo metallico sulla struttura della "forma" (telaio a trama fittissima con cornice di legno. la forma definiva il formato del foglio). Questa comporta una diversa compattazione delle fibre nei punti voluti. - *Inchiostri nel tempo* Inizialmente veniva utilizzato il nero fumo , inchiostro prodotto per combustione di oli o legna particolarmente resinosi. È un materiale chimicamente inerte , ma è un inchiostro poco tenace che può essere grattato via da alcuni supporti. si diffonderà poi l'inchiostro ferro-gallico che produrrà non piccoli problemi degradativi sulla carta. Tutti questi inchiostri sono, infatti acidi. - **Le proprietà della cellulosa e della lignina** - *La cellulosa* La cellulosa è un omopolimero lineare, di origine naturale, del **glucosio.** Le molecole di glucosio si legano le une alle altre grazie alla formazione di un **legame glicosidico (beta-1,4-glicosidico)**. La cellulosa rientra, quindi nella classe dei carboidrati e avrà come formula bruta la seguente formula [**C**~**n**~**(H**~**2**~**O)**~**n**~]{.math.inline}. 8come tutti i carboidrati). Il legame principale è quello glicosidico, come detto in precedenza, una tipologia di legame covalente (più forte rispetto alle forze di Van der Walls o al legame ad idrogeno) che lega tra loro le molecole di glucosio). Il glucosio è uno zucchero esoso aldoso. È una molecola che può essere rappresentata sia nella sua forma lineare (proiezione di Fisher) che la sua forma ciclica (proiezione di Haworth), ottenuta grazie ad una reazione emiacetalica tra il carbonio in posizione 1 e quello in posizione 5. Il legame glicosidico interessa il gruppo ossidrilico del c1 e del c4 appartenente ad un\'altra molecola. La creazione di un legame glicosidico porta alla perdita di una molecola di acqua. In natura il glucosio viene classificato in glucosio di tipo D e di tipo L, con cui si vanno ad indicare le sue conformazioni chirali. Per formare le molecole di cellulosa vengono usate molecole di D-glucosio portando alla formazione di un legame di tipo **beta D-glicosidico**; dove beta indica il tipo di anomero usato (beta=OH sopra l'anello). Possiamo dire anche che la cellulosa è la ripetizione disaccarida del **cellobiosio**. L'amido è un altro omopolimero del glucosio ed è formato da amilosio e amilopectina che risulta avere una struttura ramificata. Nel caso dell'amido i legami glicosidici sono di tipo alfa- 1,4-glicosidici. Le catene lineari di cellulosa si uniscono tra di loro grazie alla presenza di un legame a idrogeno, grazie alla presenza di cariche opposte dell'idrogeno e dell'ossigeno. Le catene si appaiono in modo ordinato. Il legame a idrogeno viene meno nel caso i cui il foglio di carta sia bagnato, infatti le molecole di acqua si insidiano tra le catene lineari portando via anche la consistenza del foglio. Se provassimo a fare un foglio utilizzando l'amido vedremo che questo non porterebbe agli stessi risultati, infatti l'amilopectina (struttura ramificata) rappresenterebbe un elemento di disordine. catene di cellulosa si riuniscono tra loro formando delle microfibrille (circa 3nm) che a loro volta si riuniscono in macrofibrille (circa 10 nm), le quali costituiranno infine delle fibre. Il **grado di polimerizzazione** (DP) definisce lo stato conservativo della cellulosa, ovvero quanto questa è integra. Questo fattore è dato dal rapporto del peso molecolare medio della cellulosa diviso il peso molecolare dell'unità monomerica. Si tratta quindi di un parametro misurabile e quando scende sotto le 400 unità viene detto che la carta non ha più qualità apprezzabili. - *La lignina* Il legno presenta, oltre la cellulosa, la **lignina** e l'**emicellulosa**. La lignina è una struttura polimerica format da tre alcoli che presentano tre doppi legami alternati all'interno della struttura ciclica. Questa alternanza fa si che queste molecole siano capaci di assorbire parte dello spettro della luce e quindi siano colorate. La lignina infatti conferisce una colorazione bruno rossiccia alla carta. Viste tutte queste caratteristiche è facile intuire come questo elemento non sia buono per la produzione della carta, quindi si cercano dei modi per eliminarla, anche se conferisce resistenza alla compressione. - *Produzione della carta a partire dal legno* La larga produzione di fogli di legno iniziò nel 1840. Inizialmente venne utilizzata la stessa tecnica del papermaking, utilizzando al posto della polpa di cellulosa, la polpa di legno. si inventò una macchina capace di estrarre le fibre dal legno e capace di fare a carta da queste. Ci fu anche un certo Charles Fenerty che sbiancò la polpa in modo tale da rendere il foglio bianco. Alla fine del 19esimo secolo quasi tutte le stamperie dell'occidente utilizzavano il legno. I prodotti derivanti dai processi meccanici risultavano essere dei prodotti di alta qualità con eccellenti proprietà per la scrittura e per la stampa. La lignina rimaneva presente nella carta e è suscettibile alla luce del sole rendendo la carta sensibile ai processi di ingiallimento e infragilimento. Queste carenze, rispetto alla carta fatta da stracci di cotone, portarono a sviluppare dei metodi chimici di rimozione delle componenti accessori del legno come la lignina e gli estrattivi. Il primo processo vide l'impiego della **soda caustica** (NaOH) come agente di cottura. Poiché questo processo consumava quantità relativamente grandi di soda, i produttori di carta hanno ideato metodi per recuperare la soda dal liquore di cottura esaurito attraverso l\'evaporazione e la combustione del liquore di scarto e la ricausticizzazione del carbonato di sodio formatosi. Per compensare le perdite, è stato necessario aggiungere **carbonato di sodio** (Na2CO3) all\'unità di caustificazione. Si provò poi ad introdurre il **solfato di sodio** (Na2SO4) direttamente al posto del carbonato di sodio in un sistema di recupero della pasta di soda. Questa sostituzione produsse un liquido di cottura che conteneva **solfuro di sodio** (Na2S) insieme alla soda caustica. La polpa prodotta risultava essere più forte della polpa di soda e fu chiamata "kraft". Nel 1857 un chimico statunitense scoprì la polpa all'**acido solfito,** usando una soluzione di ioni di anidride solforosa e idrogeno solforato a temperatura e pressione elevate. Si osservò che la presenza di una base come il calcio era importante per prevenire la formazione di una polpa bruciato o scolorita. Questa scoperta non venne usata a livello industriale a causa delle difficili tecniche da eseguire. Nel 1870 questi studi vennero migliorati con l'introduzione di digestori rotatori e riscaldamento indiretto per produrre pasta di cellulosa a base di **solfito di magnesio**. la riduzione della pasta al solfito viene effettuata tra un pH 1,5 e 5, a secondo del controione solfito e del rapporto tra base e acido solforoso. La pasta è a contatto con i prodotti chimici per 4-14 ore a T tra i 130 e i 160°C. Questo processo non degrada la lignina come il processo di Kraft e il processo di recupero del liquore esausto era meno efficace. - **Papermaking process** - *Papermaking moderno* 1. **Preparazione e raffinazione**: l'acqua molto polare penetra all'interno delle regioni amorfe della cellulosa sostituendo un certo numero di legami idrogeno fibrilla-fibrilla con legami fibrilla-acqua. Le fibre di cellulosa con questo processo acquistano maggior plasticità e morbidezza, mentre le materie fibrose ricche di lignina non riescono a rigonfiare sufficientemente e si spezzano senza che si possa ottenere una raffinazione. 2. **Formatura** 3. **Pressatura** 4. **Asciugatura**: durante l'essiccamento l'acqua, grazie alla sua forte tensione superficiale, esercita una forza attrattiva che avvicina progressivamente le superfici fibrose in modo da favorire la formazione di legami a idrogeno tra fibrilla e fibrilla. Questo stesso risultato non è possibile ottenerlo se si usasse dei prodotti apolari, infatti i legami idrogeno sono direzionali e sono in grado di imprimere una struttura ben ordinata. 5. **Calandratura**: la carta viene pressata ripetutamente mentre passa in ogni fessura del macchinario, ma dopo ogni compressione la carta si espande ma non ritorna al suo volume originario. 6. **Finitura**: il foglio essiccate e calandrato viene riavvolto su una grande bobina di grande diametro per produrre grandi bobine di carta bobine madri o jumbo. Durante l'avvolgimento, la bobina di carta viene premuta contro un tamburo per ottenere la densità del rotolo desiderata. Il corretto profilo di densità è importante per la qualità del prodotto. - *Papermaking antico* Il polo principale della produzione della carta fu Fabriano a partire dal 1300. Le cartiere raccoglievano e suddividevano per qualità e colore, gli stracci che venivano messi a fermentare per due o tre mesi nel **marcitoio**. Si trattava di una ambiente sotterraneo dove la temperatura costante permetteva di controllare di tempi di fermentazione, necessario per la separazione delle fibre. Si proseguiva con un processo di purificazione, mediante ripetuti lavaggi, degli stracci i quali venivano tagliati a mano con l'uso di coltelli. Il processo di raffinazione avveniva grazie a l'uso di **mulini a magli** che possedevano una testa di legno e chiodi**.** Al foglio veniva data una forma grazie all'uso di un telaio che era composto da un setaccio metallico e da un bordo mobile. Il foglio veniva poi posto su un feltro di lana per eliminare l'eccesso di acqua. La pila di fogli veniva liberata dal feltro di lana e veniva pressata. Dopo il processo di collatura, che di solito veniva effettuato con colla animale, si proseguiva con l'asciugatura. - **I componenti della carta** Quando si parla della carta bisogna considerare che oltre alla cellulosa ci sono altri elementi che sono: - **Agenti di collatura**: riduce la tendenza dell'acqua, quando è asciutta, ad assorbire liquidi, con l'obbiettivo di permettere agli inchiostri di rimanere sulla superficie del foglio e asciugarsi su questa, piuttosto che essere assorbita dentro la carta. I primi materiali usati per il processo di collatura furono le colle naturali e gli amidi, che dovevano essere aggiunti dopo la formazione del foglio di carta mediante l'uso di un pennello. Esistono tre categorie di carta rispetto alla collatura: - **Non collata:** ha una bassa resistenza all'acqua e include carte assorbenti per tamponare - **Collatura debole**: carta piuttosto assorbente e include la carta di giornale - **Collatura forte**: massima resistenza all'acqua - **Collatura interna** - **Collatura superficiale** - **Sbiancanti:** in tempi antichi lo sbiancamento della carta (che veniva fatta con i tessuti) veniva eseguito con **soluzioni alcaline** ed **esposizione solare**. Questa tecnica venne usata fino alla scoperta del cloro avvenuta nel 1774. Gli **ipocloriti, i cloriti e gli ossidi di cloro** sono gli agenti più usati nello sbiancamento, anche se il loro utilizzo su polpa di cellulosa può comportare la formazione di **clorolignine**, ottenendo così una colorazione rossa. La polpa del sistema Kraft era scura e difficile da schiare rispetto alla polpa ottenuta con i metodi a solfito, ma questo inizialmente non rappresentava un problema. - **Riempitivi:** solo insolubili in acqua, particolato inorganico con dimensioni dagli 0,1 ai 10µm. alcuni minerali, come il carbonato di calcio, sono disponibili come riempitivi sia nella loro forma naturale che sintetica. Altri materiali, come il talco e il diossido di titanio, sono utilizzati in modo limitato nella loro forma naturale o sintetica. I filler influiscono sulla struttura , sull'aspetto e su molte proprietà misurabili della carta che ne determinano le sue prestazioni nei suoi diversi campi di applicazione. I vantaggi di usare i filler sono: coti ridotti, opacità, luminosità, riducono l'energia di asciugatura, controllano la dimensione dei pori, controllano la stabilità dimensionale. - **Processi di degrado della cellulosa** - **Amorfe**: hanno un più basso grado di organizzazione e di resistenza - **Cristalline**: più alto grado di organizzazione e di resistenza Attraverso l'idrolisi dei composti acidi noi possiamo arrivare alla cellulosa. Si tratta di una reazione a tre step, con la presenza di acqua e catalizzata da ioni H+. si tratta di una reazione di idrolisi acida che ha un ruolo importante nei processi di degrado della carta. L'acidità viene fuori da inchiostri, composti collanti, prodotti del papermaking... Un altro processo di degradazione lo si ha grazie all'ossidazione data dalla luce e dagli ioni metallici. l'ossidazione è un processo complesso e può coinvolgere diversi atomi dell'unità glicosidica. Queste due reazioni agiscono in modo sinergico effetto spirale - **Inchiostri** I primi inchiostri furono realizzati con il nero carbone, una sorta di fuliggine, che poteva essere facilmente ricavata dai sottoprodotti del fuoco. La formula dell'inchiostri è varia, ma due elementi sono comuni: - **Coloranti**: - **Pigmenti:** gli inchiostri a pigmenti venivano usati più frequentemente rispetto a quelli a coloranti, perché erano più resistenti al colore, ma erano anche più costosi, meno uniformi e con un minor range di colori**.** I pigmenti sono solidi, particelle opache sospese in un legante per fornire il colore. I pigmenti formano una struttura cristallina (0,1-0,2 µm) e che comprende il 5-30% del volume dell'inchiostro. - **Coloranti:** gli inchiostri che prevedono l'uso di coloranti sono più forti e possono produrre molto più colore di una data densità per unità di massa. Però, siccome i coloranti sono dissolti nella fase liquida, loro hanno la tendenza a penetrare nella carta, consentendo potenzialmente all'inchiostro di fuoriuscire dai bordi dell'immagine. Per aggirare questo problema, questa tipologia di inchiostri sono realizzati con solventi che si asciugano rapidamente, oppure l'utilizzo di una carta specializzata o più "dura" - **Medium**: leganti che devono avere una coerenza con l'elemento da legare es. gomma arabica - *Inchiostri a nero fumo* L'inchiostro a nero fumo fu il primo ad essere utilizzato. Si ricava per effetto di reazioni di combustioni incomplete di materia vegetale - *Inchiostri ferro-gallici* Sono gli inchiostri più comuni usati negli stai europei e occidentali. Sono inchiostri che venivano conosciuti già dai romani. Il passaggio dall'utilizzo dei pigmenti a nero fumo a quelli fero gallici non è conosciuto, ma possiamo affermare con certezza che sulla fine del medioevo questi inchiostri erano gli inchiostri più usati e di primario uso. Veniva utilizzato come materia prima per i testi, per gli spartiti e per l'arte grafica. Questa tipologia di inchiostro era più facile da produrre, non intasava lo strumento di scrittura ed era difficile da rimuovere dalla superficie su cui era stato applicato. Fu utilizzato fino al XX secolo quando furono sviluppati i coloranti sintetici. Gli ingredienti erano: a. **Noci di galla**: sono una sorta di rigonfiamento sui tessuti esterni di piante e animali. Sono escrescenze anomale dei tessuti vegetali. Questi elementi hanno al loro interno **acido tanninico**, ovvero una molecola di glucosio con 5 gruppi di acido gallico legati secondo diverse combinazioni. Sono presenti in quantità minore acido gallico e altri zuccheri. Durante l'estrazione l'acido tanninico si scinde mediante idrolisi a formare ulteriore **acido gallico (anello di benzene legato a tre funzioni alcoliche e da un gruppo carbossilico)** e singole molecole di glucosio. b. **Sale (vetriolo=solfato di ferro)**: inizialmente è bianchino/verdino e presenta delle impurità di solfato di rame che è molto importante per il degrado dell'opera c. **Gomma arabica**: ottenuta dagli alberi di acacia e contiene glicoproteine e polisaccaridi. Ha un aspetto ambrato e in un inchiostro funziona come un agenti di sospensione o per le particelle di pigmento insolubili. Modifica anche la viscosità e quindi il flusso dell'inchiostro (inchiostro più coeso e compatto). Lega l'inchiostro alla superficie della carta, producendo maggior brillantezza e un colore più profondo. Si scioglie difficilmente in acqua. Può accelerare i processi di degrado della carta. d. **Acqua**: usata per l'idrolisi del tannini in acido gallico e glucosio. In alcune antiche ricette si consigliava l'aggiunta di vino all'acqua, oppure il riscaldamento della miscela estraente per una migliore estrazione del tannino dalle noci galliche. Veniva usato anche l'aceto poiché favoriva l'estrazione e ostacola e creava attacchi microbiologici sugli inchiostri contenti comma arabica. Il coloring complex è dato da due step: 1. Gli ioni ferro (II) del solfato reagiscono con l'acido gallico per produrre **gallato ferroso ( il Fe reagisce con i gruppi -OH e col gruppo carbossilico dell'acido gallico)**, un composto solubile e trasparente. L'acido solforico è un sottoprodotto di questa reazione. ![](media/image2.png) 2. Il ferro si ossida da Fe (II) a Fe (III) a contatto con l'aria, il complesso diventa insolubile in acqua e di un colore blu **pirogallato ferroso**. Se è presente anche il rame, allora probabilmente si formano anche dei sali di rame, portando l'inchiostro ad assumere un colore rossastro al posto di quello blu-nero. - *Degrado degli inchiostri ferro gallici* - **Acidità dell'inchiostro e degradazione acida**: una delle principali cause del degrado del materiale cartaceo è l'acidità. In seguito alla reazione tra solfato di ferro e acido gallico, vengono prodotti ioni H+ i quali, i quali combinandosi con gli ioni solfato in eccesso, vanno a formare acido solforico. Si presentano inchiostri acidi alla nascita. L'acido solforico catalizza la reazione di idrolisi della cellulosa responsabile della rottura dei legami beta-1,4-glicosidic tra le molecole di glucosio che costituiscono la cellulosa. Questa reazione porta ad un indebolimento della struttura della carta rendendo estremamente fragile il supporto cartaceo. La progressiva riduzione della lunghezza delle catene di cellulosa può essere valutata in termini di diminuzione del grado di polimerizzazione. In alcuni casi gli acidi presenti negli inchiostri possono risultare talmente forti da portare, in concorso con altri fattori, alla perforazione del documento. La rottura di un singolo legame glicosidico porta al dimezzamento del valore di DP. La degradazione acida rallenta in prossimità di una valore di DP di circa 100-200, il quale corrisponde alla lunghezza media delle zone cristalline. Le sostanze acide riescono ad attaccare le sostanze amorfe ma non quelle cristalline. Carte con DP inferiore a 300 sono inutilizzabili ed estremamente fragili. - **Ioni metallici e degrado ossidativo della cellulosa**: Gli ioni Fe2+ e Cu+1 in eccesso, rimangono liberi di reagire con il substrato e, ossidati dall'ossigeno presente in atmosfera, innescano reazioni che portano alla formazione di radicali liberi responsabili dell'ossidazione della cellulosa. Gli ioni Fe(III) e Cu(II) agiscono a loro volta da sostanze ossidanti, riducendosi a Fe(II), Cu(I) e Cu(O) e instaurando quindi un ciclo di ox-red il quale provoca una forte azione di degrado della cellulose. Le presenza di un eccesso di solfato ferroso può provocare reazioni radicaliche secondo i meccanismi delle reazioni di "Fenton", o anche un effetto chiamato "arrugginimento dell'inchiostro" - **Attività catalitica degli ioni Fe(II) nelle reazioni di ossidazione**: il degrado ossidativo ha inzio con la reazione del substrato cellulosico (RH)con l'ossigeno. Tale reazione porta alla formazione di perossidi (ROOH). - [Perossido di idrogeno ] - [Decomposizione del perossido] - [Rottura della catena polimerica di cellulosa] - [Reazione autocatalitica] Lo ione Cu2+ è in grado di catalizzare la reazione di decomposizione del perossido e quindi di produzione dei radicali ossidrilici, più facilmente rispetto allo ione Fe3+. La reazione di decomposizione dei perossidi e quindi di formazione dei radicali idrossilici può essere influenzata, come riportato in precedenza, da numerosi fattori tra cui il valore del pH. Aumentando il pH aumenta l'attività catalitica degli ioni metallo nel processo di formazione dei radicali idrossilici. L'attività catalitica degli ioni ferro e rame è relativamente bassa a pH neutro mentre tende ad aumentare a pH acido. Per un valore di pH\>8,5 l''attività catalitica del rame continua ad aumentare mentre quella del ferro diminuisce a causa della formazione dallo ione Fe(III) dello ione Fe(II) cataliticamente inattivo. - **Perdita delle proprietà ottiche e meccaniche**: si verifica un'elevata percentuale di ioni Fe(II) nelle zone inchiostrate, rispetto al ferro totale. La presenza di questi ioni, che quindi non vengono ossidati, è indicata dalla formazione di aloni bruni nella carta o zone soggette a corrosione in prossimità delle regioni inchiostrate. Questi aloni sarebbero causati dalla migrazione degli ioni Fe (II), favorita da variazioni di umidità, nelle immediate vicinanze dello scritto in zone meno acide dove precipitano come idrossidi ferrici (III) meno solubili. Secondo altri studi , l'imbrunimento delle zone adiacenti a quelle inchiostrate sarebbe dovuto alla catalisi acida delle sostanze organiche, i cui prodotti di degrado sono di colore bruno. I radicali idrossilici, formatisi durante le reazioni di Fenton, distaccano atomi di idrogeno dalla cellulosa dando avvio ad una catena di reazioni radicaliche. Queste portano a scissione dei legami intramolecolari della cellulosa e alla formazione di legami trasversali (formati per cross-linking). Questi legami creano un intreccio più denso delle catene di cellulosa adiacenti, con meno spazio per legami idrogeno con le molecole d'acqua. Per questo le aree della carta danneggiate dalla corrosione, sono meno idrofile delle aree circostanti non inchiostrate. La corrosione indotta dall'inchiostro ferro-gallico non dipende solo dalla composizione dell'inchiostro, ma anche dalla natura del supporto. Un inchiostro risulta essere più distruttivo quanto più penetrerà affondo nel substrato. In caso di degrado si può osservare accumulo di ferro proprio nel mezzo del supporto cartaceo. Inchiostri più stabili non penetrano troppo a fondo, ma si depositano appena sotto la superficie ancorandosi al supporto e rendendone difficile l'esportazione. Il degrado risulta essere più acuto in zone dove il tratto della penna è più marcato. Un altro effetto del degrado è il viraggio di colore al marrone ruggine se è presente un eccesso di solfato di ferro, o tendenti al giallastro se prodotti con troppo tannino. - *Inchiostri moderni* Nel 1800 introduzione della penna stilografica Nel 1860 inchiostri sintetici a base di anilina: inchiostri blu, neri e rossi Nel 1950 brevetto della prima penna a sfera Le penne di oggi non hanno una sospensione, ma una soluzione che è in grado anche di assorbire determinate lunghezze d'onda con formazione di colore. Hanno una giusta fluidità, non occludono il passaggio dal serbatoio al pennino e sposano perfettamente le caratteristiche e del materiale. - **Misura del pH e del grado di polimerizzazione (DP)** - *pH* il pH è un parametro che ci permette di capire quanto una sostanza sia acida (ricca di ioni H+) o basica (povera in ioni H+). Il suo valore si sviluppa sua una scala logaritmica che va da 0 a 14, dove 0 indica la massima acidità e 14 la massima basicità. Maggiore è l'acidità maggiore sarà la presenza di ioni H+ e minore sarà il valore del pH. La scala del pH è una scala logaritmica e con questo si sottende il concetto secondo il quale tra un valore di pH e l'altro c'è una differenza di concentrazione di ioni H+ di 10 volte. Si può dire quindi che: **pH=**[**−log** ~**10**~\[**H**^**+**^\]]{.math.inline}. L'acqua si trova ad un valore neutro di pH pH=7. Per sostanze acide si dice che il pH\7. Il pH viene misurato con il **piaccametro** che si basa sulla differente capacità di condurre l'elettricità da parte di una soluzione a seconda del pH. - *Misurazione del pH* ![](media/image12.png)A livello industriale, durante il processo di produzione della carta, il pH viene misurato direttamente sulla polpa di cellulosa. Si prende una certa quantità di acqua e si spappola la cellulosa e dopo il processo di estrazione degli acidi in acqua si misura l'acidità con il piaccametro. per ogni grammo di carta servono 70cm\^3 di acqua processo che richiede troppe quantità di acqua. Nel caso del restauro la misura del pH viene fatta in modo diverso. Si pone una carta da filtro sotto la pagina per evitare che la goccia vada ad intaccare il corpo sottostante, e con una pipetta si deposita una goccia sulla superficie della carta. La goccia scioglie ed estrae gli acidi presenti su questa piccola superficie di pochi mm. La goccia periste nella sua forma di sferuletta per un certo tempo e dopo averla fatta agire, si appoggia la testa del piaccametro sulla goccia, in questo modo misura la diversa concentrazione che trova in questa pellicola d'acqua (lasciata agire per un min) e la concentrazione della soluzione contenuta nel bulbo. Si tratta di un **processo elettrochimico**: all'interno del piaccametro ci sono due elettrodi, uno immerso nella soluzione a concentrazione nota, e l'altro è in comunicazione con la concentrazione degli ioni della pellicola di acqua, la cosa è mediata da una membrana semipermeabile e quindi i due elettrodi percepiscono una d.d.p. che viene tradotta in termini di differenza di concentrazione. Quindi si misura una differenza di concentrazione tra lo standard e quella che si è formata all'interno della goccia. Questa tecnica lascerà la superficie bagna ed inoltre l'acqua scioglie delle sostanze e lascia dietro di se un alone **impatto estetico:** si cerca di intervenire subito con una **miscela idroalcolica** per cercare di smorzare l'effetto di questa macchia. Il pH del foglio non è lo stesso in tutte le zone, ma si sono sia elementi endogeni che esogeni che possono portare ai suoi diversi valori. Occorre fare più misure in modo da avere una quadro statistico. La capacità estrattivo della goccia è molto ridotta a causa del poco tempo di contatto tra la goccia e il foglio stesso. Quando noi facciamo questa misurazione andiamo quindi a sottostimare il vero valore. Il valore di pH per il quale si ha una situazione preoccupante è intorno al 5/5.5, e al di sotto di questi valori la situazione risulta essere critica. - *Il grado di polimerizzazione (DP)* Il **grado di polimerizzazione** (indicato come DP) esprime il numero di monomeri di glucosio uniti tra di loro e varia in base all'origine vegetale della cellulosa. La carta non è quindi tutta della stessa qualità e il valore di DP si riflette sulla **resistenza della molecola**. Il valore di DP viene comunemente usato per definire le caratteristiche di un campione di carta ed è impiegato per determinare il grado di conservazione di documenti antichi: in questi casi si parla di **DP medio**, cioè del grado di polimerizzazione medio di tutte le molecole di cellulosa che costituiscono il campione. Una carta di buona qualità ha un DP medio intorno a 1000, mentre quello di una carta molto fragile o deteriorata può scendere fino a 100. Un calo drastico del valore di DP medio è sintomo di numerose rotture a carico delle catene di cellulosa e indica un grave **deterioramento della carta**. La presenza di un ambiente acido favorisce questi processi di depolimerizzazione - *Misurazione del DP* Si utilizzano delle tecniche viscosimetriche. Quanto più lunga è una catena di cellulosa tanto maggiore è la sua proprietà di rendere viscosa una miscela idroalcolica. Con cellulosa molto lunga la fluidità viene meno e il sistema diventa più viscoso scorrimento più lento. Il valore della viscosità viene tradotto in termini si lunghezza della catena. Viene misurato il tempo di scorrimento dalla tacca superiore a quella inferiore. Viene usato poi un terzo ingrediente per rompere le interazioni che costituiscono il foglio **cuprietildiammina**. Questa tipologia di analisi richiede circa 60/100mg (dimensioni di un grosso francobollo) e quindi si può applicare solo su elementi sacrificabili **tecnica macroinvasiva e distruttiva**. - *Depolimerizzazione acida della cellulosa a temperatura ambiente* ![](media/image14.png)si descrive l'azione dell'acido con conseguente rottura del legame glicosidico. Si tratta di un processo **autocatalitico**, infatti l'acido non si limita a portare alla rottura di un singolo legame, ma continua ad esercitare la sua azione. Il processo avviene in più fasi: 1. L'innesco della reazione di idrolisi è dato dalla protonazione dell'ossigeno del legame ß-glucosidico, al quale si aggiunge uno ione H^+^ derivante dalla dissociazione di un acido. Si forma così una carica positiva che favorisce l'innesco della fase successiva. 2. Uno dei due atomi di carbonio legati dal ponte del legame ß-glucosidico si lega a una molecola di H~2~O, favorendo la scissione del legame. 3. Nel punto di rottura si forma un intermedio glucosidico protonato. 4. Al termine della reazione, l'intermedio glucosidico rilascia lo ione H^+^, che è disponibile per innescare una seconda reazione, propagando il danno ad altre molecole di cellulosa. È un processo che viene a T ambiente e a pH acido. Il protone che innesca la reazione di idrolisi deriva dalla dissociazione di un acido, come ad es. l'acido solforico, contenuto in molti inchiostri. - *Depolimerizzazione alcalina della cellulosa ossidata a T ambiente* L'ambiente alcalino rappresenta un problema solo nel caso in cui la cellulosa sia stata ossidata in precedenza. In presenza di agenti ossidanti, come l'ossigeno presente nell'aria oppure i metalli contenuti negli inchiostri, la molecola d cellulosa subisce la perdita si uno o più elettroni. L'O2 promuove infatti la formazione di radicali liberi e radicali perossidici, che attaccano la molecola di cellulosa e rompono il legame glicosidico: in questa reazione di generano anche altri radicali che innescano una serie di reazioni di ossidazione, contribuendo a propagare il danno. A risentirne non è solo la struttura ma anche l'aspetto della cellulosa, infatti i fogli iniziano ad appare giallognoli a causa della formazione di gruppi chimici ossidati ( gruppi cromofori). Nel processo di ossidazione il carbonio forma un doppioo legame con l'O passando da uno stato di ossidazione +1 a +2. Nel caso della depolimerizzazione, uno ione OH- attacca il C-alfa che si caricherà negativamente e formerà un doppio legame con il carbonio adiacente. A questo punto il legame carbonio- ossigeno si spezza portando alla formazione di due molecole distinte. - **Spot test** Sono test in cui si testano piccoli campioni, rimosi dall'artefatto o materiali estranei. Le caratteristiche dei reagenti utilizzati aiutano ad identificare il materiale presente. Questi test aiutano nell'esame tecnico dell'opera d'arte identificando o suggerendo i materiali utilizzati, inclusi quelli che contribuiscono allo stato di conservazione attuale dell'oggetto. La composizione può essere utilizzata per pianificare trattamenti specifici o per aggiungere al corpo di conoscenze dei materiali e delle tecniche dell'artista. I test vengono eseguiti su u campione microscopico rimosso dall'oggetto e si basano su reazioni chimici che inducono un colore visibile, un precipitato o evoluzione di gas. La maggiore parte dei test sono distruttivi. Ci sono diversi fattori che influenzano i risultati: 1. Sensibilità dei reagenti 2. Risposta del reagente 3. Scadenza dei reagenti 4. Contaminazione dei reagenti e del campione 5. La concentrazione dei reagenti influirà sull'intensità della reazione cromatica risultante 6. Un volume di reagente troppo grande potrebbe inondare il campione e diluire i delicati colori di reazione - *Riconoscimento dell'amido* In presenza di amido il contenuto della provetta assumerà una colorazione blu. Volendo, è possibile fare una determinazione sul foglio di carta. Il contenuto della provetta è da: porzione del campione + acqua + **Lugol** (potassio ioduro + iodio + acqua bidistillata). - *Riconoscimento della lignina* Si deposita una goccia del reagente direttamente sul foglio di carta e in presenza di lignina, si noterà la formazione di una colorazione magenta-viola. Il reagente della lignina è dato da: floroglucinolo, etanolo (90%), acido cloridrico concentrato. - *Riconoscimento colofonia* Il campione viene depositato su un vetrino da orologio e viene poi aggiunta una soluzione acquosa satura di saccarosio. Dopo una decina di secondi bisogna rimuovere l'eccesso di acqua e saccarosio e aggiungere acido solforico concentrato. Se c'è colofonia il campione avrà un colore rosso-bruno. - *Riconoscimento alluminio* Si pone una goccia di Aluminon (Aluminon + acqua distillata) su un vetrino ad orologio e si aggiunge una goccia si soluzione di ammonio acetato. Il pH della soluzione deve essere leggermente basico. Se così non fosse si aggiunge un'altra goccia di ammonio acetato. Si preleva una porzione di campione e la si avvolge con della carta da filtro. Il tutto viene immerso nella soluzione di Aluminon/acetato di ammonio presente nel vetrino da orologio. In presenza di **alluminio** la carta da filtro, asciugandosi, assumerà una **colorazione rosa o rossa**. - *Riconoscimento del tipo di fibra* Si usa il reattivo di Herzberg che rende la carta rosso-bruna se si è in presenza di carta composta solo da cellulosa; una colorazione gialla indica carta ligno-cellulosiche, mentre nel caso si esaminino carte ottenute con paste chimiche sbiancate la colorazione sarà blu-viola. - **Parametri ambientali di conservazione** **Clima:** stato medio del tempo atmosferico a varie scale spaziali su un arco di tempo molto lungo caratteristiche climatiche dell'ambiente + oscillazioni metereologiche (giornaliere e stagionali) Le caratteristiche climatiche dell'ambiente sono date da elementi climatici che sono: - T - RH - Irraggiamento solare - Precipitazioni - Inquinamento Se l'ambiente studiato si riduce a un edificio o a una stanza si parla di **microclima.** Il **monitoraggio** e il **controllo** dei parametri climatici ambientali sono fondamentali per la conservazione del degrado e dell'invecchiamento. - *Umidità relativa (RH)* È definita come il rapporto percentuale tra la pressione di vapore e la pressione di vapore saturo (massima quantità di vapore che l'ambiente può contenere). ![](media/image16.png) Se un ambiente raggiunge la massima quantità di vapore che può contenere saturazione dell'aria. In un ambiente arido e secco si ha un Rh intorno al 20-30%. Le zone di confort sono introno ai valori del 50%. All'aumentare della T la quantità massima di acqua che può essere contenuta in quel determinato volume aumenta. Via via che ci si avvicina al punto di saturazione si passa dallo stato di vapore a quello liquido condensazione raggiungimento del **punto di rugiada** (punto di saturazione). La **temperatura di rugiada** è la temperatura alla quale la massa d'aria deve essere portata affinchè diventi satura e inizi la condensazione. Quando la T ambiente ( o la T della superficie) è inferiore della T rugiada abbiamo condensazione e le superfici si bagnano gravi danni alle opere La carta viene definita come un **materiale igroscopico**: può assorbire facilmente molecole di acqua, che formano nuovi legami a idrogeno tra le catene di cellulosa : questo fenomeno distanzia le molecole e causa un rigonfiamento del supporto cartaceo. La presenza di acqua rende più possibile la presenza di lacerazioni e crescita di muffe. **L'umidità relativa di equilibrio** è il valore di umidità relativa al quale si può esporre un prodotto igroscopico senza che si verifichi uno scambio di umidità tra il prodotto e l'ambiente. Ovviamente più l'ambiente è umido più la carta tende ad assorbire, quindi i materiali cellulosici non devono essere conservati in ambienti di umidità superiore al 60-65% con T intorno ai 18-22°C, temperature alle quali non si rischia di accelerare i processi di degrado biologico ai quali questi materiali sono esposti. Ad RH alti si hanno reazioni di ossidazione, attacchi muffe e batteri. Ad RH bassi il materiale diventa fragile con formazione di crepe o sollevamenti. Una variazione di RH in generale, per questi materiali igroscopici porta alla creazioni di tensioni nel materiale. - *Luce* Lunghezza d'onda e frequenza sono inversamente proporzionali. Dai 750nm ai 400nm abbiamo lo spettro del visibile. Il riferimento più usato nei sistemi di illuminazione è il lux (**illuminamento**) che rappresenta il flusso luminoso per m\^2 di una superficie illuminata. **Flusso luminoso (lumen, lm)** flusso energetico percepito con la sensibilità visiva e rappresenta una delle più importanti proprietà delle lampade **Flusso energetico (Watt)** energia radiante elettromagnetica, rappresentata e suddivisa sullo spettro **Efficienza luminosa (lm/W**) proporzionale al rendimento del processo di trasformazione della potenza elettrica assorbito in flusso luminoso **Intensità luminosa (candela, cd)** rappresenta la percentuale di flusso luminoso di una sorgente luminosa in una determinata direzione **Luminanza (cd/m\^2)** rappresenta la luminosità delle lampade ed oggetti illuminati come viene recepita dagli occhi. La lampada a fluorescenza ha una componente a UV come quelle alogene accompagnate anche da un elevato sviluppo di calore. Le condizioni di illuminazione e ti tipi di lampade che si usano hanno una certa rilevanza anche per quanto riguarda la modificazione del microclima. Piuttosto che calcolare l'esposizione alla luce nel tempo per settimane o mesi, è preferibile controllare l'esposizione espressa in lux per ora, cioè la quantità di luce moltiplicata per il periodo di esposizione. Nel caso di luce naturale ciò può essere fatto per mezzo di un data logger collegata a un radiometro per misurare la radiazione solare ricevuta. Un misuratore moderno passivo all'illuminamento è il light check che è costituito da una sostanza sensibile alla luce che cambia colore durante l'esposizione. Sono disponibili due tipi di strisce lightcheck: una per oggetti sensibili alla luce, la seconda per oggetti meno sensibili. Le strisce debbono essere esposte accanto all'oggetto e la quantità di luce ricevuta verrà valutata per comparazione con una scala colorata che riportati codici di esposizione luminosa equivalente forniti dal produttore. - *Inquinanti atmosferici* Ci sono inquinanti sia outdoor come ossidi di azoto, SO2 e ozono (da vita allo smog fotochimico: reazione dell'O monoatomico con quello biatomico). Gli inquinanti indoor sono polvere, particellari, e i COV. In particolare poi possiamo distinguere anche gli inquinanti che sono presenti nelle teche e che contengono materiale organico: acido formico, acido acetico, formaldeide, COV, HCl, H2S, H2NO3. Per controllare la qualità dell'aria di solito si fa uso del **radiello**. Una sostanza gassosa dispersa in aria in una data concentrazione diffonde nello spazio e un adsorbente contenuto nel campionatore passivo ne capta una certa massa. La concentrazione in aria si ottiene misurando il tempo di esposizione e la massa della sostanza captata. Il radiello non fornisce misure in tempo reale, ma solo concentrazioni medie relative al periodo di campionamento. Un'altra metodologia disponibile è quella che prevede lo sfruttamento della corrosione di oggetti metallici piccole piastre metalliche di rame e argento da esporre nei locali da monitorare. - **Deacidificazione** I componenti acidi promuovono l'idrolisi della cellulosa, mentre la luce e gli ioni metallici promuovono la sua ossidazione. Se il problema del nostro documento è l'acidità bisogna procedere con il processo della **deacidificazione** che prevede due fasi: 1. [*M*(*OH*)~2~ + 2*H*^+^→ *M*^2+^ + 2*H*~2~*O*]{.math.inline} **neutralizzazione**: bisogna usare un idrossido (sale). (M è un generico metallo, solitamente Ca2+ e magnesio 2+) 2. [*M*(*OH*)~2~ + *CO*~2~ → *MCO*~3~ + *H*~2~*O*]{.math.inline} **formazione di riserva alcalina**: conduce alla formazione di carbonato di sale solubile bianco (si forma tra le fibre) che va a conferire alla carta quella che viene definita una riserva di alcalinità (la carta diventa leggermente alcalina e riesce a proteggersi dagli altri acidi che si formano). Tutti i composti utilizzati per il trattamento rilasceranno idrossile per neutralizzare i prodotti acidi e se in eccesso si forma la riserva alcalina. Per far fronte al problema dell'ossidazione, si usano dei processi si anti-ossidazione. I processi di deacidficazione possono essere attuati in mezzi acquosi (i fogli vengono immersi in una soluzione ottenuta addizionando all'acqua dei Sali o delle sostanze basiche come l'idrossido di calcio)oppure non acquosi in cui l'immersione può essere evitata. Storicamente la deacidificazione si è fatta in ambiente acquoso: il libro veniva smontato in modo che si potesse lavorare sul singolo foglio. Ogni foglio è posto all'interno di un tessuto non tessuto (supporta l'immersione e aiuta a mantenere una certa integrità del foglio stesso). La soluzione in cui viene immerso è di idrossido di calcio (sale poco solubile) che dopo un po' si deposita sul fondo e rilascia una soluzione trasparente che viene presa, poi si diluisce in un litro di acqua 1:1 soluzione semi satura di idrossido di calcio. \ [*Ca*(*OH*)~2(aq)~→ Ca^2+^ + 2*OH*^−^]{.math.display}\ 1. **Neutralizzazione di acidità**: [OH^−^+ *H*^+^ → *H*~2~*O*]{.math.inline} 2. **Formazione di riserva alcalina**: [*Ca*(*OH*)~2~ + *CO*~2~ → *CaCO*~3~]{.math.inline} [*Ca*(*OH*)~2~]{.math.inline} base forte con estrema compatibilità col substrato Queste soluzioni prendono il nome di acqua di calce e hanno un pH tra 10 e 11, quindi sono soluzioni fortemente alcaline. Questo trattamento ha dei limiti dal punto di vista chimico e pratico: - **Chimico**: - una soluzione acquosa crea problema agli inchiostri - un pH troppo alto può rappresentare un problema sia perché potrebbe favorire l'idrolisi alcalina della carta ossidata, sia perché potrebbe solubilizzare collature di origine animale. La gelatina animale è infatti un materiale proteico e i pH elevati portano le proteine a caricarsi negativamente e a diventare più solubili - nel processo di asciugatura, la carta al tatto assume una consistenza diversa. Si ha la necessità di attuare un secondo trattamento per riacquisire la consistenza originaria nuovo trattamento di collatura dove si ripristina l'idrorepellenza della carta **Rinsauro**: si applicano delle sospensioni di **metilcellulosa o etilcellulosa** (posseggono al posto di alcuni gruppi OH dei gruppi metili o etilici che sono gruppi idrofilici) - **pratico**: - bisogna smontare il libro - dobbiamo fare il rinsauro e la collatura - procedimento dispendioso - bisogna fare un bagno in cui bisogna stare attenti a tutti i particolari (20min per ogni singolo volume) negli ultimi anni si è sperimentato con l'uso del bicarbonato di calcio (Ca(HCO3)) che può portare ad un pH intorno a 8.5 Per andare ad ottimizzare questa tecnica si introduce la **deacidificazione di massa** (DEZ, Wei T'O...) che permette di deacidificare un maggior numero di oggetti e di intervenire senza smontare il libro stesso. Bisogna seguire però il **capitolato speciale,** predisposto dal ministero dei beni culturali, e che ci dice come intervenire per la conservazione/prevenzione di questo tipo di prevenzione e quali metodo di deacidificazione usare. In Italia si è deciso di non usare la deacidificazione di massa e tutte le principali biblioteche centrali hanno sviluppato un proprio metodo di deacidificazione. - *Il capitolato* Il capitolato è organizzato in forma di tabella e le varie operazioni sono descritte in sequenza logica ma raggruppate per argomento in CAPI; all'interno di ciascun CAPO avviene un ulteriore suddivisione con le varie possibilità di realizzazione degli interventi, strutturate in sotto elenchi. Tra tutti i vari capi quelli a cui abbiamo dedicato più attenzione sono: - Capo I operazioni preliminari - Capo II scucitura - Capo IVoperazioni per via umida - Capo Vrestauro carta e pergamena - Capo VI carte di guardia - Capo VII cucitura - Capo VII lavorazione capitelli -... In totale sono 25 capi. - *Metodo DEZ* A partire dagli anni 70 si ha l'introduzione del **metodo DEZ** (dietilzinco): 1. [*Zn*(*C*~2~*H*~5~)~2~ + *H*~2~*SO*~4~ → *ZnSO*~4~ + 2*C*~2~*H*~6~]{.math.inline} reazione di **neutralizzazione** in cui si ha la produzione di un sale insolubile inerte (solfato di zinco) e etano 2. [*Zn*(*C*~2~*H*~5~)~2~ + *H*~2~*O* → *ZnO* + 2*C*~2~*H*~6~]{.math.inline} formazione ossido di zinco 3. [*ZnO* + *CO*~2~ → *ZnCO*~3~]{.math.inline} **formazione della riserva alcalina** Il dietilzinco è un composto metallo alchilico che reagisce rapidamente con lo ione idrogeno. Gli acidi, generosi donatori di questo ione, reagiscono velocemente col DEZ formando sali di zinco. Inoltre i vapori di DEZ reagiscono anche con l'acqua contenuta nella carta formando ossido di zinco che, tal quale o successivamente trasformato in carbonato di zinco per reazione con l'anidride carbonica contenuta nell'aria (o aggiunta di proposito), agisce da tampone alcalino; il tampone così formato è indispensabile per neutralizzare gli eventuali acidi che potrebbero ulteriormente prodursi nella carta dopo il trattamento di deacidificazione, durante l'ulteriore conservazione del materiale trattato nelle biblioteche. L'ossido di zinco se lasciato tal quale, potrebbe infatti catalizzare nella carta alcune reazioni non volute, anch'esse degradative e di tipo fotochimico. Un importante vantaggio di questo processo consiste nell'uso dell'agente deacidificante sotto forma di vapore e non in fase liquida, eliminando la necessità di controllare uno a uno tutti i volumi da trattare allo scopo di accertare che il procedimento non possa in alcun modo danneggiarli. Come lato negativo si ha però che il DEZ reagisce spontaneamente con l'O2 e la reazione, in alcune condizioni, può essere anche di tipo esplosivo. Per un periodo si ha avuto anche l'utilizzo dell'ammoniaca, ma questo metodo venne abbandonato a causa della probabilità di formazione di alcuni composti con i componenti degli inchiostri. - *Metodo Wei T'o* ![](media/image18.png)Tecnica che si è affermata negli anni '80 e sviluppata da Richard Smith. Venne definita dalla stessa azienda come un sistema "non acquoso" di deacidificazione di massa che utilizza gas liquefatti". Si utilizza una soluzione (freon) di **metil carbonato di metossimagnesio** (10%del freon) in alcol metilico e **clorofluorocarburi** (catene più o meno lunghe di atomi di carbonio, dove legati alla catena carboniosa abbiamo atomi di cloro o fluoro. Sono legami eccezionalmente stabili e niente li decompone se non l'ozono. Questo composto costituisce il 90% del freon). I libri da trattare sono quindi lambiti da una miscela di solventi in fase liquida, non gassosa, che può disciogliere, o comunque danneggiare, alcuni eventuali tipi di colori presenti nei libri stessi. Ciò obbliga a dover controllare ciascun libro prima dell'intervento, diminuendo parzialmente uno dei vantaggi di un intervento di massa. - *Metodo Batelle* ![](media/image20.png)Venne utilizzato a partire dagli anni '90. Come agenti deacidificanti vengono usati **etossidi di magnesio e titanio** che è un sale che si scioglie in una solvente non infiammabile e ha un alta tensione di vapore (abbastanza volatile); questi composti vengono solubilizzati in **esametildisilossano** (olio di silicone, HMDO). Dala prima reazione con questo olio di silicono si ha la formazione di idrossido di magnesio e alcol etilico L'idrossido di titanio è instabile e tende a trasformarsi in ossido di titanio che può legarsi a molecole di cellulosa creando così ponti tra le catene e aumentando la resistenza meccanica della carta. L'idrossido di magnesio neutralizza l'acidità presente nella carta formando i Sali corrispondenti. L'eccesso di idrossido reagisce con la l'anidride carbonica per formare carbonato di magnesio. i carbonato di magnesio rimane sotto forma di microcristalli tra le fibre della carta e ne costituisce riserva alcalina. Il processo consiste in un primo passaggio di disidratazione della carta dal normale contenuto di acqua del 5-8% in peso fino a valori inferiori allo 0,5%. La disidratazione viene condotta sotto vuoto a mezzo di riscaldamento con microonde. La temperatura è controllata da opportuni sensori che assicurano la costanza ed il controllo della temperatura stessa (T max: 60°C e t max di disidratazione 2h). Si procede con un trattamento sottovuoto con etossido doppio di magnesio e titanio in HMDO. Il trattamento dura pochi minuti. Infine si ha la sgocciolatura e l'evaporazione dotto vuoto del solvente utilizzando ancora le microonde. Il tempo di asciugatura dura circa mezz'ora. Alla fine del trattamento i diversi tipi di carta hanno un pH compreso tra i valori di 7 e 9,4. La resistenza meccanica della carta tratta rimane praticamente inalterata., o in alcuni casi si ha un aumento della resistenza meccanica di oltre il 50% rispetto a quella originale. Il solvente non ha azione solubilizzante su nessuno dei pigmenti o dei materiali. Il solvente, contrariamente al freon non ha alcun effetto inquinante. Come unico svantaggio si ha la necessità di disidratare in maniera preventiva i libri da trattare con conseguente notevole complicazione dell'impianto rispetto a metodi che non prevedono tale necessità. - *Metodo del bookkeeper* Metodo che prevede l'uso di ossido si magnesio in forma di particelle solide sospese (la soluzione risulta essere opaca) in un mezzo liquido. Le particelle sono bianche e quindi la sospensione risulta essere lattiginosa come il latte. Queste particelle sono così piccole da potersi intromettere nelle fibre di cellulosa. I solventi utilizzati cono composti completamente fluorurati, ovvero un fluoro carburo. Si tratta di solventi stabili e volatili e ad impatto ambientale accettabile. Non hanno capacità solvente sugli inchiostri. Il limite di questo metodo è che si ha la necessità di mantenere queste particelle sospese per tanto tempo, il che richiede la presenza di una molecola stabilizzante e che impedisca alle particelle di sedimentare e unirsi tra loro. La quantità di questo stabilizzante è abbastanza grande ( in un litro di prodotto ci sono 5g di fase solida di cui il 3,5 sono di ossido di ![](media/image22.png)magnesio e il restante dello stabilizzante). Lo stabilizzante è una componente non volatile che rimane nella carta e questo rende la superficie della carta più unta, al tatto risulta essere più scivolosa. L'altro difetto di questa metodologia è che su carte dove si ha una struttura poco porosa, a causa di filler o collature corpose, si può ottenere un effetto di un leggero sbiancamento a causa delle piccole dimensione delle particelle. Queste soluzioni possono essere applicate anche su una singola faccia anche utilizzando gli spray. - *Metodo CSC booksaver* Un atro metodo è quello del CSC booksaver il **propinato** è dato da tre atomi di carbonio di cui il primo è una funzione carbossilica. La presenza di tre atomi di carbonio rende il composto meno acido e viene quindi deprotonato rendendolo un acido debole. Se allo ione calcio si unisce questo acido debole si ottiene il **calcio propinato** che è una sostanza alcalina. Il solvente in cui si può sciogliere questo composto è l'alcool etilico dopo lo scioglimento si esegue la deacidificazione con riformazione dell'acido propionico metodo poro durevole - *Nanoparticelle di idrossido di calcio* Le nanoparticelle di idrossido di calcio, sono molto stabili e disperdibili in alcol etilico, senza bisogno di stabilizzanti. Si applica direttamente l'idrossido di calcio e questo potrebbe rappresentare un problema se si applica su carta ossidata. La nanoparticella si idrossido rimane tale solo per poche ore perché essendo molto reattiva reagisce con la CO2 formando carbonato di calcio. Più la particelle è piccola più è reattiva. La dispersione viene fatta in alcol (in acqua si forma acqua di calce), molto compatibile con gli inchiostri ferrogallici. Questa tecnica si può fare anche con l'idrossido di magnesio. si tratta di una tecnica che porta ad una veloce neutralizzazione e carbonatazione, una buona penetrazione, una distribuzione omogenea e un'ottima compatibilità col substrato. I Sali di calcio e magnesio sono altamente compatibili con i substrati artistici e i solventi apolari o scarsamente polari sono compatibili con gli inchiostri originali, colle... Si l'applicazione prima di una certa quantità di nanoparticelle che vanno a neutralizzare la carta e pois successivamente se ne applicano delle altre con conseguente formazione di carbonati. Prima di applicare le nanoparticelle si esegue un check per verificare la compatibilità con gli inchiostri e poi si misura il pH. Le nannoparticelle possono essere applicate con il pennello, con lo spray o con immersione. Il foglio viene poi lasciato riposare per 15 giorni ad umidità relativa del 60%. Infine vien controllato nuovamente il pH che deve aggirarsi intorno ai 7-7,5 (se si ha bisogno di una riserva alcalina anche introno al 8-8,5). - **Trattamenti di riduzione/antiossidanti per inchiostri** Gli inchiostri sono una delle principali fonti di acidità in un foglio di carta, infatti sono composti da uno ione metallico e una molecola di acido gallico. La riduzione è un'operazione che, riducendo i gruppi ossidati, ripristina le funzioni alcoliche originarie della cellulosa. Deve essere eseguita prima della deacidificazione o contestualmente ad essa, quando la carta è fortemente imbrunita; nel caso di manoscritti non si deve effettuare in presenza di mediazioni grafiche contenenti ioni rameici o coloranti organici che devono il loro colore ai gruppi carbonilici. Il ferro passa da uno n.o. +2 a +3 diventando fortemente stabile. Lo ione metallico solitamente viene utilizzato in eccesso e trovandosi a contatto con l'aria, in ambiente acido, si formano in piccola percentuale dei radicali. Questi radicali iniziano ad attaccare la cellulosa favorendone l'ossidazione. La completa ossidazione della cellulosa porta alla sua combustione, ovvero alla sua perforazione con conseguente formazione di CO2. Si tratta di processi ciclici e autocatalitici con cui si può intervenire attraverso **trattamenti antiossidanti**. Nel processo di ossidazione rappresentiamo con RH la cellulosa. Rh entra in questo loop perché perde H e diventa un radicale. una volta che R entra dentro il ciclo dove si ha la presenza di ossigeno o di ![](media/image24.png)ferro in eccesso, la molecola non ne esce più ed è destinata alla sua completa ossidazione, quindi alla perforazione. Con il metodo antiossidante possiamo eliminare questi radicali liberi. Nei primi anni 90 è stato studiato un prodotto chiamato deattivatore, e che lega il Fe2+ in forma stabile, in modo che non possa dare più reazioni. Questa sostanza è data da un anello a sei atomi di carbonio, ad ogni atomo di carbonio è legato un ossigeno e ad ogni ossigeno è legato un gruppo fosfato. Il **fitato** (deattivatore) reagisce quindi col ferro portando ad un processo di deacidificazione. Questo composto agisce come un "anodo sacrificale" per la cellulosa, eliminando i radicali idrossilici e formando prodotti stabili. Gli alogenuri sono una classe di sostanze di cui è nota l'azione anti-radicalica (spazzini radicali), e possono essere impiegati sia su inchiostri ferrogallici puri, che su inchiostri contenuti quantità significative di rame. Il catione gioca un ruolo fondamentale nell'azione antiossidante di questi composti. Questi composti agiscono però durante il processo di decomposizione del perossido.4 Il ferro in eccesso risulta essere corrosivo solo se ci troviamo in ambiente acido , ma se siamo in ambiente neutro perde questa sua caratteristica. La riduzione può essere fatta per immersione, a pennello o per nebulizzazione. La deacidificazione-riduzione contestualmente è un'operazione che permette di agire contemporaneamente sui gruppi ossidati e di neutralizzare le funzioni acide. Non si deve eseguire in presenza di mediazione grafiche contenenti ioni rameici o in presenza di coloranti organici che devono il loro colore ai gruppi carbonilici. - *Foxing* Le cause o la causa del foxing, che di solito si ritrova nella carta fatta a macchina sul finire del 18esimo e 19esimo secolo, non sono completamente charite, ma con molta probabilità si tratta di fenomeni di natura funginea. I funghi non sempre sono visibili nelle aree del foxing né la loro crescita prolifica implica necessariamente un eccessivo scolorimento, e viceversa. Due importanti differenze tra le aree investite dal foxing e quelle "pulite" sono le maggiori proporzioni di acido e ferro nelle prime, anche se non sembra esserci alcuna relazione chiara definita tra il ferro e il foxing. Per quanto riguarda l'acido, non è chiaro se questo sia prodotto chimicamente o sono sottoprodotto della funzione vitale degli organismi viventi. Il ferro è attribuito alle impurità presenti nella carta, e questa conclusione sembra basarsi in gran parte sul fatto che raramente si trova nella carta prodotta prima dell'introduzione delle attrezzature per la fabbricazione della carta fatte di ferro, ad esempio il battitore, e dei miglioramenti, nelle tecniche, tra cui sbiancamento e altre forme di trattamento chimico. Ma quale ruolo abbia il ferro nell'accelerare il foxing, o nel causare il cambiamento dallo stato invisibile a quello visibile, deve ancora essere dimostrato. Altro fattore che controlla il foxing è l'RH, poiché questi funghi non si sviluppano se l'RH scende al di sotto del 75%. Il fatto che il foxing inizi generalmente dal bordo del foglio e si diffonde verso l'interno sembrerebbe indicare che qualcosa nell'atmosfera è rilevante, sebbene gli organismi trasportati dall'aria possano essere una spiegazione adeguata per questo effetto. Forse la spiegazione più logica è che l'infezione da parte di organismi presenti nell'aria (o da parte di organismi naturali della carta) può verificarsi se le condizioni, e in particolare l'umidità relativa, sono favorevoli, e quella crescita, con conseguente generazione di segni di foxing, quindi si verifica. L'acido successivamente rende solubile e quindi visibile l'eventuale ferro presente nella carta, il cui colore viene intensificato dalla presenza di materia organica. Gli effetti del foxing possono essere ridotti in misura ragionevole mediante l'uso di un agente riducente, come **boroidruro di sodio (NBH4)** in una soluzione allo 0,5% in peso della carta. Questa sstanza chimica ha il vantaggio di non dover essere lavata via dalla carta (e nemmeno di depositare una piccola riserva alcalina, il tetraborato di sodio (Na2B4O7), nella carta). Il foxing può essere contrastato usando in misura ancora maggiore mediante l'uso di una soluzione allo 0,1% (in peso della carta) di un agente ossidante come l'ipoclorito di calcio (Ca(ClO)2); tuttavia, questa sostanza è molto difficile da eliminare dopo il trattamento. La carta non interessata può essere protetta con successo dal foxing mantenendo l'umidità relativa dell'area di stoccaggio al di sotto del 50%. - **Materiali e metodologie per il consolidamento dei supporti cartacei** Una carta non maneggevole è una carta che ha perso ormai tutte le sue capacità meccaniche e che ora può essere trattata con misure che permettano di rinforzare il supporto della cellulosa consolidamento. La carta potrebbe aver perso queste caratteristiche a causa di numerose rotture dei legami glicosidici, legami che non possono essere riprestinati, ma che possono essere "riunti" utilizzando un composto che agisca da giunzione, quasi come una protesi. Quando si fanno trattamenti di rinforzo su base cellulosa bidimensionale si fa riferimento a due trattamenti: - **Reling** tradotto in rinfoderatura, è applicato sulle tele - **Resizing** ovvero la ricollatura dove è applicato uno strato di materiale che possa riconferire proprietà meccaniche. Si tratta di un'operazione volta a reintegrare nella carta la collatura originale eventualmente solubilizzata nei precedenti processi di deacidficazione acquosa a pH elevato. Si tratta di un trattamento con un certo grado di invasività in cui si utilizza una metilcellulosa in grado di conferire l'aspetto che la carta aveva originariamente. I vari materiali che devono essere usati devono avere una certa compatibilità con il supporto originale. Con compatibilità si intende una certa somiglianza nelle caratteristiche e nei comportamenti fisico-chimici rispetto al materiale originale. Essendo materiale però chimicamente differenti rispetto a quello originale, questi invecchiando possono portare a sviluppare anche degli effetti di degrado sulla cellulosa. Tra i materiali per il rinforzo abbiamo: - **Adesivi acquosi naturali**: si tratta di materiali che lega/aderisce al supporto - [Amidi]: - Di riso o di frumento[:] la partica di utilizzare pasta di grano cotto o amido di rido come adesivo nella conservazione della carta deriva dalle tradizioni dei montatori di pergamene giapponesi. Diversi amidi si ottenfo da diverse fonti vegetali, ma sono tutti polisaccaridi con due componenti fondamentali: amilosio e amilopectina - Funori: è un adesivo debole prodotto dalla mucillaggine delle alghe. È un polisaccaride come l'amido. Viene utilizzato in soluzioni acquose nella tradizione dei montatore di pergamene giapponesi come consolidante di supporti friabili e solubili in acqua. Si applica in soluzione calda in acqua a scopo rinforzante. Quasi a livello di ricollatura andando quindi a far perdere un po' la morbidezza del foglio. È interessante perchè si può applicare per nebulizzazione. - [Proteine]: portano a non pochi problemi legati alla idrosporicità e alla creazione di una buona superficie per attacchi biologici. Il supporto tende a diventare molto fragile - Gelatina: sciolta in acqua tiepida, può essere efficace come consolidante in percentuali fino a 0,5 o 1%. Una soluzione calda di gelatina può essere raffreddata a T ambiente e diluita con successo con alcol isopropilico fino a percentuali di 75:25 alcol:acqua. La gelatina è igroscopica e può supportare la crescita di muffe in condizioni di elevata umidità relativa. È attraente per gli insetti. Diventerà fragile in condizioni eccessivamente secche. È degradato da esposizione alla luce ultraviolette e tende a ingiallirsi col tempo. - Caseina: legante utilizzato per pigmenti e fondi, nonché per i rivestimenti della carta dal precipitato che si forma durante l'acidificazione del latte scremato. La caseina è un materiale secco, fragile con una pellicola e diventa gradualmente insolubile dopo l'essicazione e invecchiamento. - **Adesivi acquosi sintetici**: - [Metilcellulosa:] è un etere non ionico prodotto in molti gradi di viscosità e di polimerizzazione. È un adesivo più flessibile dell'amido e della gelatina. Percentuali considerevoli di alcol possono essere aggiunte a gardi specifici di metilcellulosa come diluente. L'applicazione avviene solitamente a pennello, ma alcuni conservatori la applicano anche come spray. Tidelines (ondulamento) o darkening (scurimenti) sono i più comuni con l'uso di soluzioni più concentrate di metilcellulosa. Alcuni atomi di idrogeno dei gruppi Oh vengono sostituti da CH3 rendono la catena meno idrofilica. - [Sodio carbossimetilcellulosa (CMC):] etere di cellulosa simile alla metilcellulosa, ma contenente un ulteriore composto di sodio che ha indotto alcuni conservatori a rifiutarlo per l'uso della carta. È un composto anionico.si comporta come la metilcellulosa, ma è stato dimostrato che ingiallisce in una percentuale del 2,5% sotto le condizioni di invecchiamento umido artificiale. Rispetto alla metilcellulosa è meno inerte e molto simile a una colla - ![](media/image26.png)[Kilosio idrossipropilcellulosa (Klugel G):] etere di cellulosa che può essere sciolta in acqua o in alcol. Ha proprietà di lavorazioni simili alla metilcellulosa e alcuni gruppi OH possono essere sostituiti rendendo la catena più idrofila. Può essere utilizzati per consolidare o proteggere leggermente i colori solubili in acqua come la tempera durante un trattamento come il lavaggio a frattazzo o a fodera. Non ha proprietà adesive molto forti, ma è stato utilizzato con successo in soluzioni di acqua/alcol per consolidare materiali etnografici pigmentati che hanno una qualità superficiale opaca. Sono prodotti molto compatibili che ricoesionano le catene rotte. - **Adesivi solubili in solvente**: - [Acetato di cellulosa:] è un adesivo sintetico derivante dalla cellulosa solubile in acetone, acetato di etile e metiletilchetone (MEK). È disponibile in diverse viscosità. Si ossida a T ambiente, il peso molecolare si riduce e diventa più debole e fragile. La degradazione è notevolmente aumentata dalle tracce di catalizzatori acidi rimasti dalla produzione. Efficace se applicato a pennello in una soluzione al 2% o al 3%. - [Acetato di polivinile o polivinilacetato:] il PVA, è una resina termoplastica utilizzato nella conservazione a partire dal 1930. Il PVA AYAC è il principale consolidante utilizzato per la carta. come film essiccato, quest'ultimo può avere un aspetto lucido ed è un legante piuttosto forte. Sono permeabili all'acqua e al vapore acqueo(permette alla carta di respirare) - [BEVA371:] miscela adesiva di: 60% toluene/eptano, 40% una miscela di copolimero di etilene vinil acetato, resina cicloesanone, copolimero di etilene vinil acetato, estere ftalato dell'alcol idroabietilico e petrolato. Si presenta un gel opaco, bianco con odoro aromatico e può essere ulteriormente diluito con altri solventi come nafta, benzene di petrolio, acetone, alcool, toluene. Punto di fusione di 50-55°C. è molto appiccicoso anche in soluzioni diluite. Si applica a caldo e ha buone proprietà di scorrimento per depositare le scaglie o consolidare la scissione tra gli strati in una pellicola di pittura acrilica o ad olio delaminante. Alcuni supporti possono apparire traslucidi se trattati con BEVA 371. - **Dispersioni adesive sintetiche:** - [Elavace 40-704:] è una dispersione di copolimero di etilene vinil acetato plastificata internamente. Il materiale ha mostrato eccellenti proprietà di invecchiamento. Una volta diluito per la prima volta con acqua, Elvace può essere successivamente diluito ulteriormente con etanolo. La soluzione deve essere mescolata frequentemente durante l'uso. Nelle soluzioni diluite l'adesivo è ancora abbastanza forte e tende a non lasciare un deposito superficiale lucido se applicato con attenzione. - Rhoplex AC-234: è una dispersione di copolimero di resina acrilica. La miscela viene solitamente applicata localmente con pennello e possiede una buona aderenza e una volta asciutto diventa trasparente. Dopo l'essicazione produce una pellicola lucida e flessibile dopo l'essicazione - Plextol B500: si trova in forma dispersa, ha un espetto lattiginoso. Lo si applica in dispersione ed è buono per microinterventi per andare a creare delle microsuture Esiste anche il processo di **velinatura** che è una tecnica che si attua quando la carta è totalmente ricoperta da punti deboli e il danno sembra essere irreparabile. Questa operazione di rinforzo e consolidamento di un supporto consiste nell'applicazione con adesivo, di un velo giapponese sulle superfici delle carte. La velinatura è - **Parziale**: se applicata limitatamente alle zone fragili del supporto - **Totale**: se applicata sull'intera superficie - **Singola**: se applicata sul recto o sul verso - **Doppia**: se applicata sia sul recto che sul verso. La velinatura singola o doppia si esegue in modo da far aderire il velo giapponese mediante l'uso di adesivo in soluzione acquosa o alcolica al 1-2% con un pennello morbido, senza provocarne strappi né lucidature da colla. L'inserimento di materiali per la creazione dei ponti oggi può essere fatta attraverso la creazione di particelle solide che si intercalano all'interno delle catene. Si tratta di nanoparticelle di cellulosa, dei nanocristalli e delle nanofibre che vanno a creare punti di giuntura, volti a riconsolidare matrice con la medesima fase. - **I processi di pulitura** - *Pulitura con gel* La pulitura consiste nel processo superficiale di rimozione di materiale indesiderato. La carta, trattandosi di un materiale molto sottile, dovrà essere trattata con molta attenzione durante questo processo e bisogna sempre verificare una certa compatibilità dei materiali. La pulitura viene trattata nel capo IV del capitolato. In questo capo viene affrontata la tematica della rimozione di macchie provocate da sostanze idrosolubili accidentalmente venute a contatto con il supporto e penetrante profondamente nelle fibre. La metodologie di esecuzione prevedono di seguire i seguenti passaggi: 1. **Valutazione di efficacia del solvente (mezzo liquido non acquoso poiché lo sporco non è idrosolubile)**: si deposita con una contagocce o pipetta, una goccia del solvente prescritto limitatamente a una zona marginale, ma significativa della macchia da testare. Bisogna verificare l'efficacia del solvente e lasciarlo interagire per qualche secondo. Tamponare con carta da filtro. Verificare la resistenza delle mediazioni grafiche e dopo lo smacchiamento eseguire il lavaggio e la deacidificazione. Si possono usare poi le tecniche di tamponamento, su tavola aspirante o per immersione, tecnica che viene usata solo nel caso in cui la macchia occupi oltre il 70% della superficie). Il solvente che deve essere scelto deve avere un certa somiglianza con il materiale da esportare il simile scioglie il simile. Con la tecnica del tamponamento noi possiamo avere un controllo graduale sul processo di pulitura, infatti l'area interessata viene tamponata con un cotone idrofilo imbevuto del solvente prescelto fino all'attenuazione o alla scomparsa della macchia. Nel caso dell'utilizzo del tavolo a suzione, la carta viene attratta verso la superficie del tavolo, visto che quest'ultimo possiede dei fori e una pompa a vuoto che li permettano di dare vita a questo effetto. Il solvete viene applicato sulla macchia e in questo modo si assiste ad una sorta di drenaggio. L'azione è localizzata solo dove la si vuole e l'acqua viene tirata subito dalle condizioni di bassa pressione. Si esegue una sorta di lavaggio del foglio. Nel caso dell'immersione il foglio viene immerso nel solvente prescelto Sempre nel Capo IV viene trattata anche la rimozione di interventi di restauro pregressi, imbrachettature, velature e materiali estranei su carta e pergamena. Nel caso di inchiostri non solubili in acqua deionizzata la rimozione può essere fatta a secco (si applica una sorta di velo)oppure per umidificazione indiretta utilizzando un generatore di vapore ad ultrasuoni, una tavola aspirante o dei gel. Esiste anche il processo di umidificazione diretta e per immersione in acqua deionizzata. - *Pulitura con gel* Il gel è un materiale colloidale bifasico elastico , costituito da un liquido disperso e inglobato nella fase solida. La pulitura con i gel presenta una serie di vantaggi: - Aumentano i tempo di ritenzione del solvente aumentando l'efficacia dell'azione del detergente - Aiuta nella pulizia di superfici verticali o morfologicamente complesse - Limita l'evaporazione del solvente, spesso potenzialmente tossico - Limita la penetrazione per capillarità, limitando l'efficacia alla superficie dell'oggetto. I gel possono essere divisi in base alle loro forze di legame in: - ![](media/image28.png)Gel fisici: utilizzo di legami deboli - Gel chimici: legami covalenti Per ottenere entrambi i gel noi partiamo dai monomeri. I monomeri possono creare delle catene polimeriche le quali posi si legano tra loro tramite legami deboli, oppure possono dare vita ad un processo di crosslinking che darà vita ai gel chimici Oppure in base al loro medium in: - Hydrogel: medium acquoso - Organogel: medium organico I gel che utilizziamo nel processo di pulitura deve avere delle caratteristiche specifiche come: - Trasparenza - Stabilità e resistenza meccanica - Coesione nel gel: non ci devono essere residui di gel - Buona adesione con la superficie - Alta ritenzione dei sistemi di pulitura - Funzione di rilascio adatta per i materiali sensibili all'acqua L'utilizzo dei gel per il processo di pulitura è un concetto nuovo che venne introdotto solo a partire dai rpimi anni 90 , quando si incominciò a parlare dei **solvent gel** che vennero impiegati per primi per la pulitura di pittura su tela e tavola. Si tratta di gel con una buona adesione al materiale e con una certa efficacia di azione, ma il loro problema risiede nella rimozione, infatti la loro applicazione richiede un loro successivo lavaggio. Si hanno poi i **gel rigidi** (agar-agar e gomma di gellano) che hanno una consistenza più viscosa. La **gomma di gellano**, prodotto di origine naturale, non bagna la superficie e ha una capacità di ritenzione elevata e l'acqua agisce solo sulla superficie di contatto. Il gel acquisisce il colore della sostanza da rimuovere. Il gel evita la penetrazione del solvente nelle profondità del nostro campione. Ciò che impedisce che rimangano dei residui sulla superficie e è data dalla coesione del gel. Il problema sussiste se la coesione del gel supera quella i adesione. Si è parlato anche del sistema semi-IPN (network polimerici semi-interprenetanti) hydrogels **p(HEMA)/PVP,** si ha un network polimerico di poliidrossietilmetacrilato con interprenetato il polivinilpirrolidone. Questi gel permettono di sfruttare le caratteristiche meccaniche del p(HEMA) e l'idrofilicità del PVP Questi gel sono trasparenti o traslucidi e facili da manipolare e hanno una resistenza meccanica sufficiente per essere sintetizzati come film (spessore circa 2mm). La capacità di ritenzione di questi gel è strettamente correlata alla loro idrofilicità e alla distribuzione della dimensione dei pori del sistemi semi-IPN. Questi elementi dipendo dal rapporto HEMA/PVP, dalla % di acqua nella soluzione inziale e infine dalla % di cross-linker. Una struttura più compatta richiede un minor contenuto di PVP e di % di acqua e una maggior % di cross-linker. Rispetto all'agar agar questi gel nelle loro prime due ore di azione posseggono ancora il 95% del contenuto inziale di acqua. Attraverso il processo di pulitura con questi soventi ciò che si ottiene non è una soluzione ma un'emulsione. Nella soluzione il materiale viene sciolto e ridotto nella sua forma molecolare ogni ![](media/image30.png)singola molecola/ione viene rivestito dalle molecole del solvente e ridotto nelle sue unità molecolari. Ciò che si ottiene è un sistema trasparente. Nel processo di emulsificazione lo sporco viene disperso e le unità non sono così piccole da essere rivestite da questo solvente. Si ottiene una fase liquida dispersa in un'ulteriore fase liquida (acqua in olio o olio in acqua). Quindi le **emulsioni** sono una miscela temporaneamente stabile di due fluidi immiscibili; una delle quali è dispersa nell'altra. Nelle **microemulsioni** le particelle sono decisamente più piccole rispetto alle emulsioni (soluzione limpida e non torbida). Le microemulsioni sono costituite da una fase acquosa e una oleosa con l'aggiunta di un **tensioattivo (surfattante)** che stabilizza il film superficiale, e di un cosurfattante che ne agevola la formazione rendendola spontanea. Le molecole di tensioattivo comprendono, generalmente, una testa polare e una coda apolare. La parte idrofoba si scioglie nell'olio lasciando emergere la parte idrofila che si scioglie in acqua. Possiamo controllare l'azione applicandolo attraverso un gel che riesce a confinare l'azione pulente alla sua sola superficie di contatto. Un altro tipo di gel sono sistemi a base di PVA e si ottengono per processi di gelo disgelo. Si formano infatti dei **cristalliti,** ovvero regioni altamente ordinate, catene di PVA allineate e fortemente legate dalla fromazione di un numero molto elevato di legami a H. una singola catena di polimero può partecipare ad uno o più cristalliti, passando attraverso domini amorfi. Si parla infine dei **peggy gel** che hanno caratteristiche intermedie tra un gel chimico e uno fisico e sono gel con elevata ritenzione. - *Rimozione dei nastri adesivi (PST)* Dopo la sua introduzione nel mercato a partire dagli anni '20, il nastro adesivo è diventato attrezzo comune usato nei musei, negli archivi e nelle biblioteche per riparare, identificare e proteggere i nostri beni culturali. I **PST (Pressure Sensitive Tapes)** hanno una struttura a multi strato composti da un adesivo sensibile alla pressione e un supporto. I componenti minori includono uno strato di rilascio, che garantisce una facile srotolamento del nastro, e un primer che migliora l'adesione tra il supporto e lo strato adesivo. Con supporto si intende, carta, cellophane, acetato di cellulosa, mentre con adesivi si include gomme naturali e sintetiche, copolimeri acrilati e siliconi. Ci sono varie tipologie di PST: - Ordinary tape: backing di propilene (idrofobo) e adesivo di natura acrilica - Brown tape - Masking tape: backin g fatto di carta trattata, mentre la parte adesiva è gomma naturale - Filmoplast: backing fatto proprio di carta e l'adesivo è acrilico - Magic tape: usa acetato di cellulosa con adesivo di natura acrilica - Nastro isolante: polivinil cloruro con adesivo in gomma sintetica I PST più dannosi e riscontrati frequentemente sulle opere d'arte in carta sono il nastro adesivo e il cellophane, entrambi dotati di adesivi a base di gomma naturale e/o sintetica che nel tempo si ossidano, cambiano consistenza e colore e può anche diventare oleoso e entrare nel substrato cellulosico. Nelle fasi finali della degradazione, gli adesivi solitamente assumono una colorazione marrone scuro e possono cristallizzarsi, diventando duri e fragili e perdendo il potere adesivo; inoltre componenti quali resine adesivanti e plastificanti possono migrare nel supporto sottostante e rendere le fibre di carta traslucenti. Occasionalmente questi materiali possono influenzare gli inchiostri contemporanei. Negli anni '80 è arrivata sul mercato una nuova famiglia di adesivi a base acrilica, che non scoloriscono in modo apprezzabile; tuttavia sono soggetti allo scorrimento a freddo e penetrano nella carta. Questi adesivi sono poco solubili nella maggior parte dei solventi utilizzati nella conservazione della carta; infatti pochi solventi sono in grado di solubilizzare gli adesivi , ma gli adesivi solubilizzati migrano nel supporto cartaceo macchiandolo. Inoltre in tutti i casi i solventi hanno prodotto sanguinamenti e spargimenti laterali degli inchiostri. I PST possono essere deturpati, ma sono molto difficili da rimuovere. Per la rimozione di questi elementi si fa riferimento a metodi umidi come l'immersione, impacchi, tamponi di cotone e tavolo di aspirazione. Tuttavia molti di queste tecniche presentano degli svantaggi come sanguinamento di supporti artistici, linee di marea e penetrazione degli adesivi nelle fibre di cellulosa. Le **linee di marea** si verificano quando l'umidità introdotta si sposta lateralmente attraverso le fibre della carta trasportando acqua o materiali disciolti. I materiali trasportati si concentrano all'interfaccia umido/asciutto e vi rimangono mentre l'umidità evapora, lasciando un alone di scolorimento e in alcuni casi avviando reazioni ossidative che producono prodotti di degradazione della cellulosa giallo-marrone. I nuovi metodi per la rimozione de PST si basa uno sull'utilizzo di un idrogel come impalcatura per confinare un fluido nanostrutturato olio in acqua, e di un organogel polimerico per confinare il dietilcarbonato (DEC). Il primo metodo è un fluido nanostrutturato (acetato di etile+ carbonato di propilene + acqua + tensioattivo) versatile in grado di staccare rivestimenti polimerici sintetici. DEC è un solvente aprotico polare verde che riesce ad ammorbidire gli adesivi polimerici naturali e sintetici. ![](media/image32.png)Per quanto riguarda l'hydrogel confina "EAPC" ovvero il fluido nanostrutturato e si tratta d un gel semi p(HEMA)/PVP ottenuto mediante polimerizzazione radicalica , in mezzo acquoso, di HEMA, in presenza di catene lineari PVP, che sono fisicamente incorporate nella rete p(HEMA) in crescita. Il DEC è stato invece confinato in un organogel a base di PEMA. Dopo la gelificazione , i fogli di gel sono stati immersi in DEC per 24 ore per gonfiarsi completamente con il solvente. questi PEMA hanno la capacità di essere modellati in modo che corrispondano alle dimensioni dei PST che devono essere rimossi. Sono stati fatti dei test dove son stati applicati sia EAPC che DEC rima sotto forma di goccioline (non confinato) e poi in gel. L'applicazione diretta di EAPC non confinato ha portato alla solubilizzazione e alla diffusione del supporto grafico, invece il confinamento del fluido nel p(HEMA)/PVP altamente ritentivo ha concesso il suo rilascio graduale evitando la solubilizzazione incontrollata e la diffusione laterale. In alcuni casi si è verificata la migrazione dei coloranti nel gel caricato con EAPC, ma senza la diffusione si questi sulla superficie della carta. Non è stat visualizzata alcuna migrazione degli inchiostri nel caso del PEMA DEC. Per la rimozione dei nastri adesivi il gel è applicato sulla parte superficiale del nastro, il che ha permesso la rimozione del supporto in polipropilene, quindi è stata fatta un'applicazione successiva per gonfiare, ammorbidire e rimuovere l'adesivo acrilico dalla fibra di carta inchiostrata. - **Metodologie bioassistite per la pulitura di opere d'arte** **Enzima** termine generico per definire un catalizzatore biologico. Tutti gli enzimi sono proteine e in soluzione mostrano le proprietà di esse stesse. Gli enzimi vengono divisi in 6 classi, a loro volta divise in sottoclassi ed in sotto-sottoclassi per specificare in maniera più dettagliata il tipo di reazione e la natura chimica delle specie coinvolte. Queste 6 classi sono: - **Ossidoreduttasi**: catalizzano le reazioni di ossidoriduzione - **Transferasi**: catalizzano il trasferimento di un gruppo da una molecola a un'altra - **Idrolasi**: catalizzano la scissione idrolitica di legami - **Liasi**: catalizzano la formazione o la rottura di doppi legami - **Isomerasi**: catalizzano la formazione di isomeri - **Ligasi**: catalizzano le reazione di unione di due molecole Gli enzimi sono catalizzatori biologici che hanno il potere si accelerare enormemente le reazioni chimiche tipiche dei processi vitali. Quest'ultimi però hanno molte caratteristiche in comune con tutti gli altri catalizzatori: - Non fanno avvenire reazioni che non siano termodinamicamente possibili - Modificano la velocità della reazione ma non ne alterano l'equilibrio - Si ritrovano inalterati alla fine del processo di catalisi **Velocità di reazione** variazione della concentrazione dei reagenti o dei prodotti nell'unità di tempo. Ogni reazione chimica procede con una determinata velocità, che dipende dalla temperatura , oltre che dalla natura dei reagenti. Anche una reazione termodinamicamente spontanea può richiede moltissimo tempo per generare prodotti, infatti non vi è una correlazione specifica fra termodinamica e cinetica di una reazione. Ciò che impedisce ad una reazione, sia pur spontanea, di avvenire istantaneamente, è una barriera energetica definita **energia di attivazione**. Ogni enzima possiede un sito attivo al quale si va a legare un substrato. L'enzima cambia forma via via che il substrato si lega. Il substrato e l'enzima si legano grazie a legami deboli. Una volta che il substrato è stato cambiando chimicamente vien liberato sotto forma di prodotti, liberando il sito attivo. I prodotti risultano essere molto più piccoli e solubili Tra le varie tipologie di enzima che si usano nel restauro abbiamo: - [**α**]{.math.inline}**- amilasi** : viene usata per la rimozione della colla d'amido e agisce in corrispondenza dei legami [*α*]{.math.inline}-1,4 glicosidici dell'amilosio e amilopectina. La rottura di questi legami a carico dell'amilasi libera glucosio e maltosio. L'amilasi viene anche questa classificata tra le idrolasi. Questo enzima lascia intatta la cellulosa demolendo solo la colla d'amido. - **proteasi**: catalizza la rottura del legame peptidico tra il gruppo amminico e il gruppo carbossilico delle proteine. La rottura del legame avviene grazie all'utilizzo di una molecola d'acqua, per cui le proteasi vengono classificate tra le **idrolasi** - **lipasi**: scinde i legami esterei dei trigliceridi ottenendo glicerolo e acidi grassi. Sono anche queste idrolasi. Gli enzimi commerciali sono anche in grado di lavorare a T ambiente (21°C). Quando si eseguono trattamenti di rimozione usando gli enzimi, normalmente la riapplicazione dei materiali rimossi diventa problematica, poiché gli enzimi lasciano una certa attività chimica sul manufatto. La tecnica di applicazione utilizzata di solito è quella che prevede l'uso di tamponi o spray, ma è stata anche recentemente introdotto l'uso dei gel. Con l'uso del gel noi possiamo limitare la loro azione ad un'area specifica, ma come lato negativo si assiste alla diminuzione della loro attività. Bisogna anche prendere in considerazione che i gel talvolta possono lasciare dei residui che possiamo individuare con la tecnica del FTIR. - **Pergamena, cuoio e papiro** - *Pergamena* È un materiale che si ricava dalla pelle animale. La pelle è formata da tre strati: - Epiderma - derma - ipoderma il cuoio e la pergamena è fatta dal derma. Il derma a sua volta è diviso in strato papillare, in contatto con l'epiderma, e lo strato reticolare, in contatto con ipoderma. Durante la creazione del foglio di pergamena l'ipo e l'epiderma vengono rimossi e si cerca successivamente di rendere le due facce simili o uguali. la pergamena è più sensibile alle variazioni di T ma meno a quelle del pH rispetto a un semplice foglio di carta. Questa caratteristica viene spiegata dalla struttura della tripla elica del collagene. Le tre catene polipeptidiche si piegano insieme a formare "un cavo" di tripla elica e le singole catene catene polipeptidiche si piegano a formare un'elica. Il collagene costruisce materiali di eccezionali proprietà meccaniche , è molto resistenze agli sforzi di trazione e compressione. Vediamo adesso insieme i vari passaggi per ottenere un foglio di pergamena: 1. **Scuoiatura**: è la separazione della pelle dall'animale morto 2. **Conservazione**: per evitare che le pelli vadano in putrefazione vengono sottoposte alla salatura che può essere eseguita a secco o in vasca. La salatura a secco consiste nel cospargere le pelli con cloruro di sodio e sistemarle una sull'altra; la pila viene posta su un piano inclinato per consentire lo sgocciolamento dell'acqua contenuta nelle pelli fino a che queste non si asciughino. In quella in vasca le pelli vengono immerse in soluzioni sature di cloruro di sodio; dopo 4-5 giorni vengono fatte scolare e cosparse di sale. 3. **Rinvenimento**: fa riacquistare alla pelle l'acqua che aveva in origine. Le pelli vengono immerse in bottali contenenti acqua fredda 4. **Prima calcinazione**: è un trattamento che serve a favorire l'asportazione del pelo ed a eliminare le sostanze indesiderate. Si effettua immergendo le pelli in vasche contenenti una soluzione satura di idrossido di calcio (calce spenta: Ca(OH)2) che indebolisce l'epidermide, rigonfia le fibre di collagene, saponifica e quindi solubilizza i grassi. I tempi della calcinazione variano a seconda dello spessore delle pelli e comunque vanno da un minimo di 8-10 giorni per pelli sottili (pecore e agnello) fino ad un massimo di 30 giorni e oltre per pelli più spesse (capra e vitello). 5. **Depilazione:** è l'operazione che permette l'asportazione dei peli e dell'epidermide. Si effettua manualmente, ponendo la pelle su un cavalletto e raschiando il vello con un coltello a mezza luna non affilato in modo da non intaccare il derma 6. **Seconda calcinazione:** è il trattamento che facilita l'asportazione dell'ipoderma. Dopo la depilazione, si immergono le pelli nel bagno di calce per 2-3 giorni. 7. **Primo lavaggio:** le pelli vengono lasciate in acqua per 3-4 giorni per eliminare l'eccesso di idrossido di calcio e le sostanze da questo solubilizzate. 8. **Montaggio su telai:** per evitare lacerazioni, le pelli più sottili (agnello, pecora) vengono imbrecciate cioè vengono preparate avvolgendo alcune zone marginali a sassolini levigati che vengono fissati con cappi di spago robusto. Le pelli più spesse vengono fissate ai telai direttamente con chiodi; 9. **Scarnitura:** è l'operazione che serve a separare l'ipoderma dal derma. Le pelli ben tese vengono scarnite sulla faccia interna con particolari coltelli affilati asportando lo strato ipodermico. 10. **secondo lavaggio:** le pelli, sempre montate sui telai, vengono lavate più volte con acqua; 11. **essiccamento:** le pelli, ben tese sui telai, vengono poste ad asciugare in posti non umidi e ventilati. Man mano che procede l'evaporazione dell'acqua si verifica una contrazione della pelle che, essendo vincolata al telaio, viene sottoposta ad una ulteriore e graduale trazione. La trazione fa in modo che le fibre di collagene del derma si posizionino in strati sovrapposti e paralleli alla superficie della pelle. 12. **lisciatura:** durante l'essiccamento, quando la pergamena non è completamente asciutta, si procede a lisciatura dello strato reticolare con pomice per rendere la superficie più liscia ed omogenea. - [Acqua strutturale (fase I)]: legata strettamente all'interno della tripla elica del collagene; tramite un doppio o un triplo legame idrogeno - [Acqua legata (fase II)]: le molecole d'acqua formano ponti tra catene polipeptidiche vicine e agiscono come recettori per i legami idrogeno CH-O - [Acqua libera (fase III)]: l'acqua fissata da un legame idrogeno tra le catene polipeptidiche o fissata nelle zone di lacune all'estremità della catena polipeptidiche - [Acqua di transizione o acqua di massa non perturbata (fase IV)]: le molecole d'acqua sono legate tra le fibrille La quantità totale di acqua strutturale e legata (fase I e II) contenuta nel collagene è di circa 0,5 g/Kg. La quantità di acqua libera e di massa (fase III e IV) trattenuta in un tessuto di collagene dipende dall'UR. - *Cuoio* Le prime 8 fasi sono identiche e poi si procede con la decalcinazione, macerazione e infine la concia che può avvenire con l'allume di rocca, col cromo oppure utilizzando la concia vegetale (tannino). All'interno del processo del cuoio si ha il così detto processo di **gelatinizzazione.** In senso stretto la gelatina può essere descritta come catene polipeptidiche in una configurazione randomica. Questa struttura può derivare dalla denaturazione o dalla stesura delle triple eliche del collagene, questa forma ha un'affinità migliore all'acqua rispetto al collagene, e la gelatina è caratterizzata da proteine solubili. Il processo di denaturazione del collagene è dato da due agenti: - In primo piano un agente che perturba il "motivo" della tripla elica del collagene e le sue relazioni di legame con altre molecole di collagene, come un [basso o alto pH, irradiazioni UV o il calore.] - La presenza dell'acqua è necessaria per consentire lo spazio necessario allo svolgimento dell'elica del collagene e alla ridistribuzione del legame idrogeno. - *Ammorbidimento e T di restringimento* L'ammorbidimento della pergamena è un'operazione che permette di restituire flessibilità alle pergamene gravemente disidratate e indurite. Il restringimento avviene come risultato della denaturazione idrotermica delle molecole proteiche del collagene che costituiscono la struttura fibrosa della pelle. La T di restringimento della pelle è influenzata da molti fattori diversi, la maggior parte dei quali sembra influenzare il numero e la natura delle interazioni di reticolazione tra catene polipeptidiche adiacenti delle molecole proteiche del collagene. Il valore della temperatura di restringimento della pelle è comunemente utilizzato come indicatore del tipo di concia o del grado di concia, o entrambi, di quella particolare pelle (specialmente per le conce più stabili idrotermicamente come la concia al cromo). - *Red rot* Processo di deterioramento della pelle comunemente osservato nelle pelli conciate al vegetale della fine del diciannovesimo e dell'inizio del ventunesimo secolo. Probabilmente causato dall'azione di forti acidi , in particolare acido solforico. Tali acidi potrebbero essere stati aggiunti intenzionalmente alla pelle durante il processo di concia, ma potrebbero anche formarsi a seguito dell'assorbimento di anidride solforosa, un composto spesso presente nell'inquinamento. L'acido solforico attacca e scompone le catene proteiche che compongono l'oggetto in pelle. La degradazione della pelle da parte degli acidi può anche essere attribuita alla concia passata o all'esposizione all'assemblaggio originale. Gli effetti del red rot sono irreversibili pertanto i trattamenti che si possono applicare comportano condizioni di conservazione migliori. in generale le pelli dovrebbero essere esposte in un ambiente neutro o leggermente acido. I trattamenti più avanzati comportano l'uso di sigillanti e consolidanti per tenere insieme la pelle deteriorata e limitare l'ulteriore deterioramento. Il più comune di questi trattamenti prevede l'uso di S600 (rivestimento acrilico/cera) e Klugel G (consolidante). - *Papiro* Il papiro è dato dagli steli della pianta di papiro ed è stato il primo prodotto egiziano fin dal lontano quarto millennio a.C.. la parte più esterna viene rimossa, e il midollo interno fibroso e appiccicoso è tagliato longitudinalmente in strisce di circa 40 cm lunghe. Le strisce sono poi posizionate le une a fianco all'altre su una superficie

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