Procedura Civile I - Note del Corso 2023/2024 PDF
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Università di Pisa
2024
Prof. Cecchella
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Questi appunti riguardano il corso di Procedura Civile I, anno accademico 2023/2024. Vengono introdotti i concetti di diritto civile e diritto processuale civile, soffermandosi sulle differenze, la tutela giurisdizionale dei diritti e le fattispecie. L'obiettivo è presentare gli approcci sia pubblici che privati nella tutela dei diritti.
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PROCEDURA CIVILE I Prof. Cecchella A.A 2023/2024 Appunti V.P 1 (LEZIONE 1 3/10/2023) In queste prime lezioni si farà un indice sommario della materia e poi a ronteremo i singoli istituti in modo particolare e i singoli processi con cui...
PROCEDURA CIVILE I Prof. Cecchella A.A 2023/2024 Appunti V.P 1 (LEZIONE 1 3/10/2023) In queste prime lezioni si farà un indice sommario della materia e poi a ronteremo i singoli istituti in modo particolare e i singoli processi con cui si svolge la tutela giurisdizionale dei diritti. Iniziamo ora introducendo una distinzione o comunque speci cando cosa vogliono dire e a cosa si riferiscono due termini diritto civile e diritto processuale civile. Il diritto civile è quel settore del diritto che si occupa del cosiddetto ambito del diritto sostanziale e che individua alcuni interessi in capo a delle relazioni sociali e attribuisce a questi particolare rilevanza; in sostanza dunque regola gli interessi meritevoli di tutela di cui sono titolari alcuni soggetti nei rapporti che intercorrono con altri soggetti, quali cando detti interessi come diritti, o rendo rilievo, in virtù del principio di autonomia privata (ex art.1322 c.c.) a fattispecie atipiche, che li costituiscono, i cui elementi sono ssati dalla volontà congiunta delle parti. Il diritto processuale civile è l’insieme di strumenti che sono utili al diritto civile (forte interdipendenza delle materie) per tutelare i diritti civili violati; quando questi diritti vengono violati ecco che il diritto processuale civile o re strumenti per tutelare in diverso modo perché si può tutelare in modo speci co il diritto oppure per equivalente (casi in cui non si può dare tutele e ettiva al diritto e viene utilizzata la sua “monetizzazione”, o rendo un risarcimento danni al soggetto che ha diritto a vedersi riconosciuto un interesse violato). Facciamo chiarezza anche su altre nozioni. Il diritto soggettivo è l’interesse del singolo protetto al massimo livello dall’ordinamento; il potere di agire di un soggetto a tutela di un proprio interesse riconosciuto dall'ordinamento giuridico, nonché la pretesa dello stesso, garantita e disciplinata dal diritto oggettivo, nei confronti di altri soggetti o beni. La tutela giurisdizionale dei diritti, in cui si sostanzia il nostro ordinamento, sono i mezzi giuridici o erti dall’ordinamento per proteggere il diritto violato. Altro concetto importante da conoscere è quello di fattispecie: una delle componenti fondamentali del giudizio del giudice è l’accertamento dei fatti storici rilevanti in base alle norme applicabili; è quell’insieme di fatti storici accaduti nella realtà che incidono sull’esistenza del diritto sia in modo positivo che in negativo (una prescrizione estingue il diritto, lo scambio di consensi, il sinistro stradale) e che assunto dalla norma giuridica costituisce il diritto. Nell’ambito del diritto processuale civile è fondamentale la ricostruzione del fatto, ma attenzione perché non si esaurisce qui l’attività del giudice che sì esegue un giudizio storico ma anche un giudizio di diritto. Così de nite le due discipline, che costituiscono precisi ambiti del diritto positivo, mostrano evidentemente la interdipendenza tra il diritto civile e il diritto processuale civile: il diritto soggettivo non esiste senza la sua tutela giurisdizionale e il processo è lo strumento di attuazione del diritto. C’è un ulteriore concetto importante, centrale esclusivamente nel diritto processuale civile, che è l’utilizzo di una categoria giuridica particolare che è quella del processo: il diritto processuale civile, infatti, a di erenza del diritto civile, che regola fattispecie non omogenee, pone al centro la sua disciplina una fattispecie tipica ed omogenea ovvero il processo inteso come procedimento con contraddittorio. Le fattispecie possono dar luogo al prodursi di e etti giuridici sia se i fatti accadono nello stesso momento oppure se i fatti sono uno consequenziale all’altro. Ecco cosa è il procedimento: il compimento di una serie di atti, anche intermedi, portano alla conclusione di un atto nale condito dai caratteri dei precedenti e che produce e etti verso l’esterno; attenzione però perché il diritto processuale civile non è lo studio dei procedimenti e basta perché si deve dire che in questi procedimenti, ogni qual volta questo si arricchisce di un atto, le parti non protagoniste dell’atto o comunque tutte le parti (se su istanza del giudice) devono poter ribadire su quello stesso atto, ecco la regola del contraddittorio. Perché: A. è il procedimento perché è costituito da fattispecie di atti, uno presupposto dell'altro, in svolgimento temporale, con uenti in un atto nale destinato a produrre e etti (il provvedimento del giudice o dell’arbitro); 2 ff fi ff ff ff fi fl fi ff fi ff fi fi ff ff ff fi ff B. è un procedimento con contraddittorio, poiché nel formarsi di ogni atto, sia esso realizzato da una parte o dal giudice, il diritto processuale civile garantisce il diritto di ogni parte che sarà coinvolta negli e etti dell'atto nale, di interloquire su tali atti, in modo da in uenzarne i contenuti, qualora detti atti siano destinati a produrre e etti nella propria sfera giuridica (art.101 c.p.c, articolo introdotto nel 2009). Il risultato nale del processo, dunque, è un risultato cui si gioca molto su questo pro lo del contraddittorio: il diritto processuale civile è lo strumento per la tutela dei diritti sostanziali (“tutela giurisdizionale dei diritti”), senza il quale i diritti non esisterebbero, e che si svolge mediante un mezzo peculiare che è il processo che ha la caratteristica di un procedimento dialettico. Il processo è dispositivo e il giudice non può assumere iniziative d’u cio: solo le parti possono indicare a questo i fatti che egli deve conoscere per la causa; il processo è dispositivo in quanto dipende dall’autonomia delle parti, come queste governano nel diritto privato, così il processo si plasma sull’autonomia privata. Perché questa particolarità fondamentale del processo? È il contraddittorio che permette di giungere alla verità nale: nel contraddittorio c’è qualcuno che mente e qualcuno che dice la verità ed è grazie a questo meccanismo che si giunge, il più delle volte, alla verità perché la verità ha una sua logica, le bugie meno; il processo deve essere uno scontro tra pari e il procedimento cui si sostanzia il diritto civile è un contraddittorio. (il contraddittorio ha permeato vari ambiti del diritto, anche quello amministrativo, anche il procedimento parlamentare di formazione delle leggi). Il processo dunque è una categoria che va oltre la tutela giurisdizionale. Quali sono i MEZZI del diritto processuale civile? Il diritto processuale civile utilizza mezzi, strumenti, attività giuridiche diverse per l’attuazione e la tutela dei diritti: A. mezzi di diritto pubblico, fondate sull'autorità dell’organo (anche se a tutela di interessi privati) che svolge detta attività, il magistrato come espressione della cosiddetta giurisdizione, che coincide con una funzione pubblica che con uisce in un atto di un organo dello Stato, il giudice che emette sentenze (nella materia di diritti disponibili e indisponibili) e che svolge la funzione di tutela dei diritti giurisdizionali B. il secondo modo verso cui l’ordinamento o re una tutela è un modo singolare e caratteristica degli ordinamenti liberali, dai codici Napoleonici in poi, è l’o rire alle parti, ai soggetti, di fronte alla violazione dei diritti, strumenti di natura strettamente privatistici e dunque non fondati sull’autorità di un organo pubblica ma sul consenso delle parti (ancora autonomia privata). Il concetto che si introduce è quello dell’arbitrato perché, come nell’autonomia privata le parti possono regolare i loro rapporti (novità del liberismo per cui non solo fonte pubblica ma anche privata)sia nel caso in cui questo sia singolo sia se con ori intermedi (associazioni, società, etc…), quella stessa regola consente, con lo stesso principio, che si stabilisca lo strumento per dare tutela ai problemi sorti. L’autonomia privata arriva oltre il diritto sostanziale, entra nel diritto processuale e dunque anziché andare da un giudice posso andare da un giudice privato e posso decidere di derogare alle regole o erte dal giudice organo pubblico e posso decidere (comunque l’arbitrato mai è obbligatorio) di andare da un giudice privato, non per forza esperto di diritto; scelgo le regole sostanziali che ili giudice deve applicare. I risultati nali di questi due strumenti, uno pubblico e uno privato, sono arrivati con il tempo: questo si nota con la riforma del 2006 sulla spinta della dottrina processualistica e che oggi sono consacrati dal diritto positivo in vari articoli del c.p.c Art.824 bis c.p.c per cui la sentenza degli arbitri (o lodo) produce gli stessi e etti della sentenza del giudice e dunque non vi è nessuna di erenza, quanto risultati, tra la giurisdizione pubblica dettata da organo pubblico, e l’arbitrato: “Salvo quanto disposto dall'articolo 825, il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli e etti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria”. C’è un limite che la giustizia privata incontra e sono i diritti indisponibili (che oggi sono rimasti prettamente in ambito familiari e in certe materie in cui si fa riferimento al minore). Questi sono diritti che non possono essere disposti dall’autonomia privata e di eriscono dai diritti disponibili che invece sono quei diritti che hanno origine, vita ed estinzione, in forza di atti privati lasciati alla libera determinazione delle parti. 3 fi fi ff ff fi ff ff ff fl fi ff ff ffi ff ff fl fi I diritti indisponibili sono diritti che non possono essere costituiti, regolati ed estinti per volontà delle parti, se non dando origine ad atti radicalmente nulli ex art.1418 c.c., perché presiedono ad interessi di natura generale pubblica. L’art.806 c.p.c per cui “Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge” Inoltre quando in un processo il pm, in base all’art.70 c.p.c. è obbligato a intervenire come parte necessaria del processo, questo è sintomatico del fatto che il processo abbia a che fare di diritti indisponibili e dunque per queste materia l’unica via possibile è la pubblica senza possibilità di via privata. Si sono individuati una serie di steuemtni che il processuale civile utilizza, strumenti pubblici fondati sull’autorità del giudice, privati fondati sul consenso e sulla scelta di un arbitro privato. C’è un altro strumento del diritto processuale civile che è la volontaria giurisdizione: ambito in cui il giudice interviene non come arte ci di diritti ma interviene per dare manifestazione di volontà tra privati; ad esempio si pensi quando un minore deve acquistare un immobile, quando si vuole intestare a questo un immobile, non basta la volontà dei genitori e ci vuole anche una autorizzazione del giudice, non c’è un diritto da tutelare e c’è una fattispecie a cui attribuire e etti giuridici attraverso la giurisdizione (oltre l’interesse privato delle parti constatata la coerenza con un interesse pubblico), o re e cacia a quella manifestazione di volontà. Quindi il diritto processuale civile non regola solo i mezzi pubblici e privati per la tutela di diritti, ma svolge, per scelta di opportunità del legislatore (in altri ordinamenti la materia è a data alla pubblica amministrazione), attività strettamente amministrativa e non giurisdizionale. Il giudice quindi nella volontaria giurisdizione non tutela diritti ma “amministra interessi”, ovvero veri ca la rispondenza di manifestazioni di volontà dei privati all'interesse pubblico, integrando con il suo atto una condizione di e cacia della fattispecie. Altro esempio si ha nell’ambito del diritto della crisi dell’impresa superata attraverso la liquidazione giudiziale e una procedura dettata dal legislatore oppure attraverso forme volontarie: gli accordi di ristrutturazione dei debiti, si vede quelle strutture societarie che devono esser omologate dal tribunale, in questa operazione il tribunale altro non fa che una volontaria giurisdizione, il giudice svolge una funzione non prettamente giurisdizionale ma amministrativa. Questa attività nasce nel codice del 1942 ma non è una funzione che necessariamente deve svolere il giudice: l’ordinamento la dà al giudice, ma potrebbe esser svolta da un altro organo amministrativo come il notaio, si pensi all’omologa dei contratti societari oppure le autorizzazioni degli atti dispositivi del minore. Tuttavia c’è una distorsione che dobbiamo constatare: l’uso dei mezzi della volontaria giurisdizione anche per la tutela dei diritti. La volontaria giurisdizione, propria perché è attività amministrativa, è poco regolata dal codice di procedura: le norme che regolano questa, il cosiddetto rito camerale (tutto si svolge in camera di consiglio) perché non si tutelano diritti, sono 3 e sono l’art.737, art.738 e l’art.739 c.p.c Sono 3 norme che regolano un processo e ciò si giusti ca quando quel procedimento si svolge nella volontaria giurisdizione in senso stretto, quella non è attività giurisdizionale; ma quando utilizziamo queste norme per tutelare i diritti questo non funziona: la tutela dei diritti ha bisogno di garanzie come l’art.101. Tuttavia l’ordinamento, alla ricerca di strumenti validi e celeri per tutelare i diritti, spesso ha preso in prestito le norme del rito camerale: ci sono due settori cui si sono utilizzate ovvero le norme sulla crisi dell’impresa nel 1962 e la materia minorile che, per le scelte del c.c. del 1942, seguono le regole del rito camerale (situazioni in cui i diritti sono più delicati). Tuttavia per entrambe le materie si è nalmente giunti ad una soluzione per cui il legislatore non usa il rito camerale per la tutela dei diritti; ci sono casi ma sono casi tutto sommato rari. Fatto questo inquadramento generale, in una sorta di visione sempre più particolare vediamo le ulteriori distinzioni da fare nello studio del processuale civile. Già qui tocchiamo con mano la grande complessità del processo civile che potrebbe essere regolato da un unico procedimento. Il processo, tuttavia, attraverso strati cazioni, ha introdotto più procedimenti, una pluralità di riti e questo perché il procedimento altro non è che un rito in cui ci sono parti che fanno certe attività, il giudice ne fa altre e via dicendo. 4 fi ff ffi fi fi ffi fi fi ffi ff Oltre alla natura pubblica o privata dei mezzi di giurisdizione contenziosa e volontaria, devono essere evidenziate altre distinzioni nell'ambito degli strumenti o erti dal diritto processuale civile alla tutela dei diritti: Dal punto di vista del provvedimento nale, ovvero dei contenuti della decisione del giudice. Analizzando i provvedimenti nali, quelli che il giudice dà al termine del processo sono di tre tipi: - il cosiddetto provvedimento con la tutela dichiarativa o di accertamento; - la tutela di condanna esecutiva; - la tutela costitutiva di e etti nuovi. Il giudice, al termine del processo, pronuncia una di queste sulla base della domanda introduttiva (“dammi una certa tutela”), è la domanda che deve chiarire il petitum, ma gli strumenti che il giudice dà sono solo questi tre. Dal punto di vista del processo che precede detto provvedimento. La tutela dichiarativa o di mero accertamento: La particolarità di questa è che il giudice si limita ad accertare il diritto e dunque la domanda introduttiva viene formulata al giudice chiedendo a questo una dichiarazione che quel diritto fa capo al soggetto richiedente. Si realizza quando colui che chiede la tutela di diritti chiede al giudice un semplice accertamento sull’esistenza e/o inesistenza del diritto, quando vi è incertezza sul punto. Un esempio classico: a fronte di un diritto di proprietà immobiliare acquistato a titolo originario, ovvero per possesso ininterrotto pubblico e paci co ultra ventennale (usucapione oridinario), la parte ha interesse a che si accerti l’acquisizione del diritto nella sua titolarità e quindi chiede al giudice l’accertamento del suo diritto di proprietà (anche allo scopo di trascrivere l’accertamento nei registri immobiliari); questo perché, a di erenza dell’acquisto a titolo derivato che risulta dal contratto e dalla trascrizione degli atti nei registri, risulta non mite di una certezza Questa tutela si può avere anche in altre ipotesi: ad esempio gli avvocati prevengono l’iniziativa del creditore iniziando una causa di accertamento in negativo del diritto di credito, si previene l’azione del creditore accertando che quel diritto non esiste. Quindi questa tutela ha come nalità l’accertamento del diritto. (LEZIONE 2 4/10/2023) La tutela per condanna (esecutiva): In questa il giudice, certamente, o re una tutela dichiarativa, e quindi per poter dare la sentenza di condanna il giudice passa dall’accertamento del diritto, però, in questa, il giudice o re un qualcosa in più perché impone a una delle parti nel processo di compiere un certo adempimento e tenere una certa condotta senza la quale il diritto non viene tutelato. Impone dunque un obbligo, in capo ad una delle parti del processo, ad e ettuare una prestazione necessaria perché il diritto sia pienamente tutelato. Ancora, in questo caso, nella ricostruzione generale delle etimologie di tutela per condanna, si possono fare alcune classi cazioni: la condanna al pagamento di una somma; la condanna alla consegna di un bene mobile o al rilascio di un bene immobile; la condanna ad un adempimento di fare o di non fare, in quest’ultimo caso c’è un ordine di astensione dal tenere un certo comportamento. Queste sono tutte le tipologie possibili di condanna, non ce ne sono altre. Il punto è che anche dopo che il giudice ha condannato una parte a questi adempimenti succede che la parte non adempie, continua e persevera nella violazione del diritto non ottemperando al provvedimento del giudice che lo ha condannato. Ecco che da questo punto scatta l’esecuzione (ecco perché l’abbiamo chiamata tutela di condanna “esecutiva” e non solo, come si chiamerebbe, tutela di condanna), l’ordinamento deve rispondere a questa esigenza per la tutela del diritto: questo avviene attraverso il cosiddetto processo esecutivo regolato nel libro III del c.p.c. La condanna normalmente ha esecutività e quindi, quando si ha ulteriore comportamento inottemperanze, dà la possibilità di avvio al processo esecutivo: il sostituire la parte obbligata all’adempimento con un u cio pubblico, con un organo pubblico esecutivo, che e ettua l’adempimento non eseguito dalla parte condannata (tutto a costo di questa parte ovviamente). Ma quali sono le attività dell’u cio esecutivo? 5 ff ffi fi fi ffi fi ff fi ff fi ff ff ff ff A. nella tutela degli adempimenti al pagamento di somme (condanna al pagamento di somme), mediante trasformazione di beni del patrimonio del debitore in denaro attraverso l’espropriazione, cioè si prende un bene del debitore, lo si trasforma in liquidità attraverso una vendita forzata e sul ricavato, sulle somme che ne scaturiscono, si danno queste somme al soggetto creditore che ha il diritto di essere pagato. Ecco il processo esecutivo che segue alla condanna al pagamento di somme per cui procede il giudice (anche se spesso la sua attività viene delegata ad un soggetto esperto terzo, come il notaio) B. poi abbiamo la condanna all’obbligo di consegna di un bene mobile o al rilascio di un bene immobile, per tutelare l’adempimento di questo si creano le condizioni che un organò esecutivo (l’u ciale giudiziario), entra nella sfera possessoria dell’ordinato, apprende materialmente il bene mobile o immette nel possesso del bene immobile il soggetto che ne ha diritto. Si fa dunque una forzatura alla disponibilità dei beni dell’obbligato oppure si impone il rilascio del bene immobile. C. Poi abbiamo l’ultima tipologia di esecuzione, che prende il nome di esecuzione degli obblighi di fare o non fare, in questo caso l’attività prevalentemente è del giudice, anche se interviene comunque l’u ciale giudiziario, che determinerà le modalità di esecuzione dell’obbligo di fare o non fare. Ad esempio se l’obbligo della condanna riguardava la demolizione di un muro ecco che il giudice potrebbe decidere di contattare un’impresa edile per la demolizione dello stesso, oppure se l’obbligo fosse stato di non fare potrebbe contattare la stessa impresa per eseguire un lavoro di ripristino dello stato delle cose. Con il processo esecutivo, dunque, si rende e ettiva la condanna stabilita dal giudice. C’è però un problema evidente: nel caso di prestazione infungibile, ovvero quella prestazione per cui l’u cio esecutivo non si può sostituire al soggetto condannato (particolarmente nell’ambito degli obblighi di non fare ma qualche volta anche di fare), come si può tutelare l’esecuzione della condanna? Si pensi all’ipotesi di un architetto che viene condanna a dover redigere un progetto oppure ad un artista che viene condannato alla realizzazione di un certo quadro oppure ancora, nell’ambito di controversie familiari, riguarda la consegna di un minore da un genitore ad un altro in caso di separazione o divorzio; come possiamo rendere e ettiva la tutela? Il processo esecutivo si paralizza in questi casi, ecco che si parla di infungibilità della prestazione. Come si risolve questo problema? Con le misure coercitive anche dette misure di esecuzione indiretta. Infatti nell’impossibilità di o rire un’attività esecutiva sostitutiva dell’adempimento dell’obbligato, l’ordinamento o re mezzi per coartare la prestazione dell’obbligato. Questo sviluppo normativo, cui oggi arriva l’ordinamento, discende dalla riforma del 2009 (legge n.69) in cui si a erma che si deve costringere l’obbligato ad adempiere. Si deve, quindi, costringere con la forza e questo può avvenire seguendo due modelli diversi: quello francese che utilizza la tecnica dell’astreinte per cui si in igge, al condannato inottemperante, una sanzione pecuniaria per ogni giorno di ritardo (misura coercitiva civile). Qui non siamo nell’ambito di responsabilità civile ma nell’ambito di danno punitivo, non c’è un danno da colpa o dolo ma il solo inadempimento della parte obbliga questa ad una sanzione; quello inglese fondato su una sanzione di carattere penale, non si ottempera la sentenza e dunque si condanna penalmente, si coerce la parte. Il nostro sistema italiano è un sistema che ha conosciuto una fase frammentata di misure coercitive e che possiamo dire essere, dunque, un sistema misto in quanto: - nel diritto del lavoro e nel diritto di famiglia l’inadempimento spesso viene punito penalmente seguendo il modello inglese; - solo con la l.69/2009 si introduce l’art.614 bis c.p.c che regola in modo generico le misure coercitive seguendo il modello francese. Tale articolo rubricato “Misure di coercizione indiretta” a erma al co.1 che: “Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, ssa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento, determinandone la decorrenza. Il giudice può ssare un termine di durata della misura, tenendo conto della nalità della stessa e di ogni circostanza 6 ffi ffi ff ff ffi ff ff ff fi ff fi fl fi utile.”; si dichiara la condanna che cresce in modo proporzionale rispetto al ritardo in caso di inottemperanza della sentenza. La tutela costituiva di e etti giuridici: Questa è una tutela che gli ordinamenti hanno conosciuto da tempi risalenti, già nel codice di procedura civile del 1940 c’era. Nella tutela costitutiva il giudice cambia le regole: si costruiscono e etti giuridici nuovi che scaturiscono dall’idea del giudice. Questa tutela era stata aggiunta con l’evoluzione dei contemporanei ordinamenti processuali, la legge dà un’altra possibilità al giudice: il classico esempio è regolato nell’art.2932 c.c. (“Esecuzione speci ca dell'obbligo di concludere un contratto”) ed è la norma che tutela l’e cacia del contratto preliminare per cui ci si impegna a stipulare un contatto. Nel caso in cui un soggetto si impegni a redigere un contratto preliminare poi, nel momento in cui viene la conclusione del contratto di compravendita vero e proprio, egli si tira indietro ecco che entra in gioco l’articolo perché si cerca di rendere e ettivo il diritto cercando di acquisire la volontà della parte con la sentenza del giudice. Si può chiedere al giudice dare luogo ad una sentenza che produca gli e etti del contratto de nitivo e, nel caso di contratto di compravendita immobiliare, si chiede al giudice che con sentenza trasferisca la proprietà dell’immobile, creando nuovo diritto quindi trasformando la gura del giudice in una gura attiva e non più passiva. un altro esempio potrebbe essere quello relativo al caso in cui, di fronte ad un contratto in cui una parte si è resa gravemente inadempiente, l’altra parte (che si ricorda avere anche la possibilità di chiedere una sentenza esecutiva) richiede la risoluzione del contratto con annesso risarcimento del danno, ecco che in questo caso il giudice darebbe luogo ad una sentenza costitutiva perché scioglie il contratto e ciò che era vincolante tra le parti, dopo la sentenza, non lo è più. un ultimo esempio di sentenze costitutive potrebbe riguardare le controversie di lavoro. Nell’ambito lavorativo è infatti riconosciuto un principio secondo cui il datore di lavoro ha un potere potestativo in quanto può, con atto unilaterale, di volontà sua propria, sciogliere sul vincolo contrattuale (ipotesi eccezionale rispetto art.1453 c.c.); il lavoratore che subisce questa iniziativa, tuttavia, ha diritto che questa sia corrispondente a norma di legge, deve essere un licenziamento legittimo e può impugnare questo. Ecco che il giudice può, nell’ambito della tutela obbligatoria, obbligare il datore a pagare lo stipendio ma, nella tutela reale, nelle imprese più grandi, il datore può subire l’obbligo di reintegrazione del lavoratore (si produce dunque un diritto nuovo, si ricostruisce un rapporto che con il licenziamento non c’era più). Oltre queste ipotesi di tutela non ce ne sono altre: nel caso di domanda in processo civile si deve optare per una di queste tutele; i processi dunque sono unici ma sono diversi cati tra loro, non viene o erto un unico procedimento ma il sistema o re percorsi di vari procedimenti e vari processi. Come abbiamo detto un’altra distinzione si pone in relazione all’attività che precede il provvedimento, dovendosi distinguere: A. un processo a cognizione piena, che segue le regole generali; B. un processo a cognizione sommaria, che segue delle regole speciali In entrambi i casi il giudice compie la stessa attività di cognizione giuridica, ovvero di individuazione, interpretazione e applicazione della legge, ma svolge una diversa attività di cognizione dei fatti storici rilevanti in causa (il cosiddetto “giudizio in fatto”). L’attività del giudice, infatti, si compone di due aspetti: il giudice, nel giudizio di fatto, è uno storico e veri ca, con lo strumento della prova, come sono accaduti i fatti, ad esempio una parte accusa di aver subito un infortunio per ii comportamento di altri il giudice veri cherà la dinamica e stabilirà se vi è responsabilità; poi il giudice però, una volta capito come si sono svolti i fatti, deve capire quale sia la norma applicabile confrontandola con la sua fattispecie astratta di modo che sia confrontabile con la fattispecie concreta, la interpreta e la applica (giudice-giurista). In sostanza detta la regola concreta per quella speci ca fattispecie, in questo sia sostanzia il giudizio nale. 7 fi fi fi ff ff fi fi fi ffi fi ff ff fi ff ff fi La diversità tra procedimento sommario e procedimento a cognizione piena non riguarda il giudizio di diritto, non c’è di erenza, ma diversità si ha nel giudizio di fatto: nei processi a cognizione piena si giunge alla ricostruzione dei fatti con certe regole mentre nel processo a cognizione sommaria con altre modalità. Quest’ultimo è un processo più agile e che arriva alla tutela in modo più sommario; la cognizione piena arriva più lentamente ma con un accertamento sui fatti. Quali sono le peculiarità della cognizione sommaria? Come detto il processo a cognizione sommaria si contraddistingue per le forme più celeri e agili nella cognizione del fatto in quanto: 1. il giudice assume d’u cio le prove che ritiene opportune, non aspetta che le parti forniscano gli atti di prova; nel processo a cognizione sommaria dunque il giudice assume iniziativa d’u cio derogando l’art.115 c.p.c. Si ha dunque una accentuazione dell’iniziativa del giudice. 2. è consentito l’uso di prove atipiche, le “sommarie informazioni” (a di erenza del processo a cognizione piena in cui il giudice può usare solo prove tipiche). Ad esempio nel processo a cognizione la piena la verità dei fatti può essere assunta solo tramite testimonianza di un terzo, non si possono usare strumenti diversi dall’immediatezza del rapporto tra giudice e terzo per stabilire la verità dei fatti (deve andare a testimoniare di fronte al giudice) e dunque il documento di trascrizione del verbale non farà prova; nei processi a cognizione sommaria, invece, il giudice può far uso anche delle dichiarazioni scritte del terzo. Facciamo un esempio concreto: il mio diritto di credito nasce dall’escussione di una deiussione, si agisce in regresso sul debitore principale, si ha un potere di ripetizione di quanto si deve; il documento che proviene dalla banca riguardo la richiesta di pagamento può essere utilizzato, nel procedimento con decreto ingiuntivo (uno dei procedimenti a condizione sommaria), come prova del mio diritto. 3. un’altra peculiarità è che è deformalizzata la regola di assunzione della prova. La cognizione piena nel tempo ha mutuato alcune caratteristiche del processo a cognizione sommaria: la atipicità della prova e l’accentuazione di poteri istruttori del giudice sono piano piano penetrati anche nel processo a cognizione piena; si ha dunque un recupero delle prime due regole che caratterizzano il processo a cognizione sommaria. Entriamo all’interno di queste due grandi categoria di processi che abbiamo distinto. Nel processo a cognizione piena esistono: - processo a cognizione piena con rito ordinario. È il modo in cui si conduce normalmente il processo a cognizione piena ed è il residuale nel caso in cui il legislatore non stabilisca nessun processo particolare per quella materie. - processo a cognizione piena con rito speciale. Questo è da applicare solo nei casi e nelle materie tassativamente previste e che dunque sono quella del lavoro ex l.533/1973, delle controversie locatizie ex l.353/1990, delle controversie agrarie ex l.320/1963, della separazione e divorzio ex ultimo d.lgs. n.149/2022. - processo a cognizione piena con rito sempli cato. Questo è possibile per le materie cui è a dato il rito ordinario (non per le materie con rito speciale), è una deviazione del rito ordinario e si ha quando il processo si presenta sempli cato, non complesso. L’ordinamento detta regole di modo che si giunga più rapidamente ad una decisione nale. Questo (c’era già prima un istituto simile regolato in altri articoli e chiamato “processo sommario” creando confusione nelle denominazioni in quanto era comunque un processo a cognizione piena) è regolato ad oggi nell’art.281 decies e ss. c.p.c che è introdotto dalla riforma Cartabia e che giustamente chiama questo rito sempli cato riconducendolo ai processi a cognizione piena. È l’attore o anche il giudice che sceglie di avviare la causa con regole più semplici. Queste materie sono a date sia al giudice in veste monocratica, quando può essere sempre introdotto, o collegiale, quando l’istruttoria si presenta abbreviata. 8 fi fi ffi ffi ffi ff ffi fi fi ff fi Anche il processo a cognizione sommaria non è un processo unico e ci sono vari iter in base alla tipologia del processo. Attenzione comunque perché il processo a cognizione sommaria non è alternativo al processo a cognizione ordinaria, nel senso che può essere utilizzato in sua sostituzione (questo vale anche viceversa); c’è una fungibilità tra il processo a cognizione piena e quello a cognizione sommaria, cioè si può scegliere di iniziare a la causa nell’uno o nell’altro modo (si tende a scegliere, ove possibile, il processo a cognizione sommaria in quanto sarà più celere) e si può anche scegliere di proseguire il processo nell’uno o nell’altro modo. C’è però un procedimento sommario particolare, il rito camerale (quell’ipotesi in cui la tutela dei diritti utilizza le forme camerali), che non prevede questa fungibilità in quanto autosu ciente, ed è anche questa una delle ragioni per cui la dottrina giuridica critica questo processo. Quali sono i processi a cognizione sommaria che si ricordano? - il processo cautelare (e possessorio); - il processo monitorio, perché ammonisce la parte a pagare, o anticipatori degli e etti esecutivi (quello per decreto ingiuntivo o di convalida di sfratto); - la tutela camerale o della volontaria giurisdizione. Nei mezzi che precedono la tutela nale si hanno varie risposte dell’ordinamento giudiziario, si ha la grande distinzione tra processi a cognizione piena e processi a cognizione sommaria (con i tre elementi distintivi). Abbiamo poi visto i diversi riti del processo a cognizione piena (ordinario, speciale e sempli cato) e i diversi tipi di processo a cognizione sommaria. Il processo cautelare: Posso ottenere una tutela cautelare? Un bravo avvocato, se possibile, deve scegliere questa poiché si ottiene un provvedimento nale nell’arco di pochi mesi. Questo processo si caratterizza per alcune peculiarità tra le quali, la più importante, è l’essere applicabile per tutti i diritti soggettivi: si dice essere atipica la tutela cautelare perché non è applicabile solo a speci ci diritti ma è applicabile a tutti (art.700 c.p.c. per cui ogni diritto può avere una tutela cautelare). Il presupposto per questa tutela è, oltre all’ovvia esistenza del diritto che deve essere dimostrato al giudice: - la presenza del periculum di lesione grave ed irreparabile del diritto. Questo nel senso che deve sussistere la situazione in cui, per il tempo necessario allo svolgimento del processo, il diritto rischi di essere leso in modo irreparabile. Ad esempio se sono licenziato dal lavoro perdo lo stipendio e avendo famiglia vuol dire ledere pro li economici e personali della persona e in caso di causa chiedo al giudice che il datore comunque mi trasferisca lo stipendio; altro esempio riguardo il caso in cui agisco con un’azione perché il concorrente agisce con un’azione sleale, senza un provvedimento d’urgenza che blocca il mio concorrente nel fare quell’azione sleale si provocherebbe un danno irreparabile ed ecco che otterrò un provvedimento cautelare che anticipa gli e etti della sentenza. L’art.700 c.p.c rubricato “condizioni per la concessione” a erma che: “Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli e etti della decisione sul merito.”. Si dice, inoltre, che questo processo cautelare è costituzionalizzato perché l’art.24 Costituzione quando tutela il diritto di azione intende tutelare un diritto di azione e ettivo, un modo di tutela del diritto immediato e dunque la tutela cautelare, per la sua funzione di evitare il danno grave e irreparabile al diritto, rientra nel concetto di diritto di azione intesa in senso Costituzionale. L’articolo a erma al co.1 che: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. 9 fi ff fi fi ff ff ff ff ff ffi fi fi Una interessante evoluzione di questi principi si ha nel processo amministrativo che in alcuni casi è tutela di diritti soggettivi, non solo interessi legittimi, e non c’è una tutela cautelare di questi diritti soggettivi: ecco che è intervenuta la CC nel 1985 a ermando l’incostituzionalità del procedimento amministrativo laddove non preveda una possibilità di tutela cautelare. Il processo cautelare ha il vantaggio di essere regolato da un unico insieme di norme processuali che muovono dall’art.669 bis e ss. no all’art.669 quater decies c.p.c; questa è una grande novità della riforma del 1990 con la l.353. L’unica distinzione, nei processi cautelari, si ha riguardo le nalità. Quali sono le species di processo cautelare? A. nalità anticipatoria degli e etti della sentenza di merito, perciò gode di maggiore autonomia, non rende necessaria la introduzione del giudizio di merito e conserva i suoi e etti, anche se non raggiunge il giudicato. Gli esempi sono quelli che abbiamo visto in ambito lavorativo o alla concorrenza sleale in cui si applica l’art.700 c.p.c in questo senso. B. nalità conservativa, quando non c’è nalità anticipatoria, conserva la realtà materiale e giuridica no alla ne della causa, alla pro cuità della futura esecuzione, non gode di autonomia e necessita in termini perentori la introduzione del giudizio di merito e dell’esecuzione. L’esempio tipico di nalità conservativa è quella dei sequestri civili: si discute sulla proprietà di un immobile, il rischio è che chi abbia il possesso del fabbricato lo distrugga, ecco che il sistema mi dà il mezzo del sequestro giudiziario che garantisce lo status quo no alla ne del processo. Altro esempio riguarda l’art.2740 c.c. si ha al funzione di conservare il patrimonio per evitare che il debitore ponga in essere atti di disposizione che intaccano la pretesa del creditore no alla ne del processo. Mentre il processo a cognizione piena raggiunge sempre un procedimento de nitivo che se non impugnato o se si è arrivati all’ultima grado di giudizio forma un giudicato; ecco che i provvedimenti cautelari sono sempre provvisori e devono essere sempre confermati da un procedimento a cognizione piena e dunque non passano mai in giudicato. Il provvedimento cautelare, dunque, ancorché munito di autonomia che ne consente la sopravvivenza degli e etti, non raggiunge mai la stabilità del giudicato e può essere sempre modi cato o revocato (art.669 decies c.p.c). (LEZIONE 3 5/10/2023) Tutela monitoria o anticipatoria: Questo processo ha la caratteristica di anticipare la tutela di condanna: si vuole anticipare gli e etti della sentenza di merito nale nella parte in cui questa sentenza conduce ad una condanna esecutiva. Mentre nel processo cautelare lo scopo può essere vario, i procedimenti monitori hanno questa unica funzione. La caratteristica di questo procedimento è che è posto a tutela di diritti tipici (a di erenza di quello cautelare che è posto a presidio di tutti i diritti) e sono essenzialmente tre ipotesi tipiche: procedimento per decreto ingiuntivo, destinato alla tutela di 2 tipologie di diritti tipici che sono il diritto al pagamento di somme e il diritto alla consegna di un bene mobile. La base del procedimento è la prova scritta del fatto costitutivo del diritto come un contratto (ingiunzione spuria); in alcuni casi il decreto ingiuntivo funziona come monitorio puro: basta la parola per dare tutela al diritto (ingiunzione pura). Ad esempio: decreto ingiuntivo utilizzato per pagamento delle parcelle ai professionisti (monitorio puro); articolo 28 statuto dei lavoratori che tutela il diritto sindacale nell’unità produttiva, anche in questo caso si ha il decreto ingiuntivo con il quale si anticipa una condanna che sarebbe il risultato di un procedimento a cognizione piena. procedimento monitorio (solo puro) è la convalida di sfratto o di licenza, i diritti tutelati da questo sono i diritti che nascono dal contratto di locazione e anche, con la riforma Cartabia, dall’a tto di azienda. Quando si ha diritto, alla scadenza, ad ottenere il rilascio del bene locato o dell’azienda posso usare questo procedimento. Altra ipotesi è che il mio diritto di rilascio nasca da un inadempimento della parte, la cosiddetta 10 fi fi ff ff fi fi ffi fi fi fi ff ff fi fi fi fi ff fi fi fi ff fi fi morosità e cioè quando la parte a ttuaria deve corrispondere periodicamente una somma a titolo di canone e non corrisponde questo rendendosi inadempiente. Questo è un provvedimento monitorio puro: bastano le dichiarazioni dell’agente a nché vi sia provvedimento del giudice. art.28 statuto dei lavoratori, quel procedimento che tutela i diritti del sindacato nelle unità produttive, procedimento per la repressione del comportamento anti-sindacale, con cui il sindacato ottiene una sorta di condanna del datore a comportarsi correttamente rispetto questi diritti. Il procedimento si svolge sul modello del decreto ingiuntivo, viene emesso un decreto di repressione se il sindacato ha ragione e viene anticipato l’e etto della condanna esecutiva. In questo siamo nel procedimento monitorio spurio. Mentre i procedimenti cautelati avevano la caratteristica di essere regolati unitariamente (art.669 e ss. c.p.c), i monitori sono regolati diversamente per ogni tipo di tutela anticipatori: non si può considerare un modello unico di procedimento. Altro aspetto di erenziale è rappresentato dal fatto che il risultato del procedimento monitorio, il decreto ingiuntivo, l’ordinanza di convalida, il decreto di repressione della condotta antisindacale, non ha l’instabilità tipica dei provvedimenti cautelari ma può raggiungere il grado della sentenza de nitiva se la parte cui giunge il provvedimento non lo impugna; il destinatario degli e etti, infatti, deve reagire con una opposizione se vuole evitare che quel procedimento divenga de nitivo, senza passa in giudicato. Il procedimento monitorio (molto di uso nel nostro ordinamento) viene ricavato dall’antichità e non risale dalla Rivoluzione Francese ma dal diritto medievale (diritto comune), quando esisteva il procedimento monitorio puro per cui: il creditore dichiarava il suo credito, il debitore si opponeva altrimenti quella a ermazione del creditore diveniva con e etti de nitivi; questo non è ereditato nel nostro processo monitorio, si passa comunque da un provvedimento del giudice. Tutela camerale: Il nostro ordinamento detta tre regole al procedimento che serve alla volontaria giurisdizione, procedimento in cui non ci dovrebbe essere contesa su diritti ma in cui il giudice si limita a fare l’amministratore di interessi, ovvero il giudice valuta se alcune manifestazioni di volontà (atti di disposizione del minore o accordi di ristrutturazioni dell’impresa) alla luce degli interessi generali pubblici, sono meritevoli di produrre e etti. È capitato che il sistema abbia utilizzato il modello per rito camerale anche se vi è controversia su diritti, dove sul giudice non ha funzione amministrativa ma ha funzione giurisdizionale in senso stretto: questo è capitato in materie delicate come il diritto di famiglia e il diritto minorile (che era quasi interamente dedicato a questo); ugualmente nel codice della crisi (legge fallimentare del 1942) le regole processuali erano, per lo più, o regole per il procedimento monitorio oppure erano regolate per il rito camerale. Ora sono arrivate nuove riforme, è entrato in vigore il codice della crisi e il nuovo processo familiare minorile per cui oggi si tratta di retaggi storici; tuttavia ci sono ancora procedimenti che conoscono il rito camerale, minori ma comunque presenti. Qual è il grosso problema di queste scelte del legislatore? 1. la violazione dell’art 111 per cui il processo deve essere regolato dalla legge e siccome il rito camerale è regolato solo da 3 norme, nella sostanza, è regolato dal giudice (tanto è che la Cassazione, che mai ha sollevato l’incostituzionalità del procedimento, ha dato una interpretazione costituzionale alle norme del rito camerale); 2. il rito camerale ha un’altra caratteristica che è l’autosu ciente, non tollera alternative a se stesso. Quando un rito viene tutelato con rito camerale non posso mai volere per questo diritto a dato a questo processo un provvedimento diverso (no tutele cautelari no processo a cognizione piena); mentre le altre due ipotesi di cognizione sommaria prevedono l’eventualità di un processo a cognizione piena questo non vale per il rito camerale e la tutela dei diritti è riservata ad un processo a cognizione sommaria. (Ancora una volta si viola l’art.111) Un altro pro lo particolare del rito camerale è rappresentata dall’idoneità a giudicato del provvedimento conclusivo del rito: questo ha un mezzo di impugnazione tipico, ex art.739 c.p.c., “il reclamo contro i provvedimenti camerali”, che evoca l’appello, che esiste ma se non viene introdotto nei termini (solitamente stretti) dalla conoscenza del provvedimento, la decisione 11 ff ffi fi fi fi ff ff ffi ff ff ff ffi ff fi ffi diviene vincolante e passa in giudicato. Per questo la Cassazione ha ritenuto, dopo il reclamo, di poter concedere ricorso straordinario presso se stessa dei provvedimenti camerali dato che questi assomigliano molto a sentenza giurisdizionale avendo natura decisoria. L’arbitrato: Questo istituto ha una straordinaria capacità di esprimersi come risultato dell’autonomia privata: posso stabilire che un giudice privato e scelto possa regolare e decidere sulle controversie. Questo non si sostanzia solo in questo, ovvero scegliere la via di giudizio privato, ma posso anche stabilire anche le regole processuali che l’arbitro deve utilizzare, art.816 bis; con l’unico limite delle regole processuali di ordine pubblico che mai possono essere derogate come il contraddittorio o il diritto alla difesa. Il sistema, prima della riforma Cartabia (decreto 149/2022), conosceva una regola che faceva divieto alle parti private di arbitri di fare uso della tutela a cognizione sommaria e sotto questo aspetto era signi cativo il principio ex art.818 c.p.c per cui gli arbitri non potevano emanare misure cautelari e contestualmente l’art.669 quinques (pre Cartabia) stabiliva che quando vi fosse stata esigenza cautelare per quel diritto questa doveva essere data dall’organo pubblico. Questa regolamentazione è chiaramente limitatrice dell’espansione dell’arbitrato e indice di uno sfavore dell’ordinamento rispetto a questo istituto. Il ragionamento che qualcuno ha cercato di fare per giusti care l’atteggiamento del legislatore è dire che gli arbitri non sono muniti di poteri pubblici e quindi non potrebbero concedere misure cautelari; questo è inaccettabile perché se l’arbitro dà lodi che hanno lo stesso valore della sentenza non si può contestare la mancanza di potere pubblico. Ecco perché, dopo una lunga battaglia della dottrina processualistica, con il d.lgs 149/2022 si introduce l’art.818 bis e l’818 ter. La prima nuova a ermazione dell’art.818 è che gli arbitri possono emettere misure cautelari e l’unico limite è rappresentato dalla necessità che questa facoltà sia attribuita dalle parti; quindi se le parti vogliono lo devono dire e a dano agli arbitri il potere di emettere misure cautelari. Gli articoli 818 bis e il ter prevedono: - l’uno la reclamabilità delle misure cautelari dell’arbitro dinanzi al giudice. “Contro il provvedimento degli arbitri che concede o nega una misura cautelare è ammesso reclamo a norma dell'articolo 669-terdecies davanti alla corte di appello, nel cui distretto è la sede dell'arbitrato, per i motivi di cui all'articolo 829, primo comma, in quanto compatibili, e per contrarietà all'ordine pubblico”; - l’altro che per l’attuazione delle misure cautelari decise dall’arbitro subentra il giudice (il processo esecutivo è fondato sull’autorità e dunque impossibile per l’arbitro). “L'attuazione delle misure cautelari concesse dagli arbitri è disciplinata dall'articolo 669- duodecies e si svolge sotto il controllo del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato o, se la sede dell'arbitrato non è in Italia, il tribunale del luogo in cui la misura cautelare deve essere attuata”. I risultati che l’arbitro produce con il lodo arbitrale (il legislatore usa terminologia diversa a causa della visione sfavorevole dell’arbitrato), ex art.824 bis c.p.c., “gli e etti del lodo arbitrale sono pari cati alla sentenza”. Quindi la giustizia privata è in grado di dare un risultato nale pari a quello della giurisdizione pubblica; tuttavia questo aspetto sull’idoneità della sentenza a originare e etti pari cati ci porta anche a dire che nel nostro ordinamento italiano si ha una importante distinzione tra le specie di arbitrato. Di anco all’arbitrato rituale, quello regolato dalla legge ex artt.806 ss c.p.c., esiste un’altra specie di arbitrato in Italia (tipico dell’ordinamento peninsulare) ovvero l’arbitrato irrituale; ma perché si arriva a concepire questo? Si è voluto distogliere, dal risultato nale dell’arbitrato, gli occhi curiosi ma pericolosi dell’ordinamento dello Stato. Questo perché il lodo arbitrale riturale è sottoposto a imposta di registro, il che signi ca che terminato l’arbitrato la sentenza nale degli arbitri deve transitare, quando munita di esecutività, presso l’u cio del registro nell’u cio che riguarda l’applicazione dell’imposta di registro e viene applicata a questa la stessa imposta delle sentenze. 12 fi fi ffi fi ff fi ffi ffi fi fi fi ff ff fi fi Tuttavia quando l’u cio di registra applica l’imposta va a leggere il lodo per capire anche il suo valore e spesso viene a sapere cose che le parti vorrebbero tenere nascoste. Il lodo arbitrale irrituale, invece, è un lodo non sottoposto ad imposta di registro perché tutto nasce e si conserva sul piano dell’autonomia privata: le parti devono essere d’accordo perché si giunga ad una risoluzione della controversia davanti ad un giudice privato piuttosto che pubblico. Se è indubitabile che l’arbitrato pone le sue radici sul consenso delle parti, potrebbero queste dire che vogliono che il risultato nale conservi i suoi e etti sul piano privato, senza essere necessariamente quelli di una sentenza; perché si fa questa scelta? Si conserva tutto sul piano dell’autonomia privata, ecco la nascita dell’arbitrato irrituale. L’arbitrato irrituale, oltre ad evitare gli occhi curiosi dello Stato, ha un altro importante rilievo nel sistema, il modello di giustizia dei corpi intermedi e in cui i rapporti regolati sono una pluralità che intervengono tra più soggetti. Normalmente in questi corpi anche l’eventuale violazione delle norme del corpo intermedio risultato dell’autonomia privata è a dato agli arbitri: non si va nanzia l giudice dello Stato. Ecco quindi l’importanza dell’arbitrato e la scelta di questi corpi è sempre stata quella di un arbitrato irrituale e conservare l’e cacia solo su un piano privato. La ragione non è solo di elusione scale ma la ragione è quella della pluralità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano. Ecco perché nelle federazioni sportive la giustizia avviene all’interno della associazione stessa e c’è, in tutte, il cosiddetto vincolo di giustizia: quando si litiga si deve rimanere dentro l’associazione e se un tesserato dovesse agire di fronte al giudice di stato verrebbe espulso dall’associazione stessa. Questo perché quella giustizia, del corpo intermedio, vuole che lo Stato non intervenga. Se nel corpo intermedio io non rispetto il lodo arbitrale vengo espulso: la persuasività dell’autonomia privata in alcuni casi è molto forte; si possono anche prevedere delle penali, insomma l’autonomia privata genera strumenti di e cacia del lodo irrituale che conserva i suoi e etti che in qualche caso rendono ancora più e cace il lodo irrituale. Come si stabilisce quando la volontà delle parti vuole un arbitrato rituale o irrituale? È l’art.808 che stabilisce quando vi è l’uno e quando l’altro; la norma dice che se le parti vogliono un irrituale lo devono dire nella convenzione di arbitrato, se non dicono nulla si presuppone che queste lo vogliano rituale. 13 ff ffi fi ffi fi ffi ffi ff ffi fi I PRINCIPI COSTITUZIONALI NELL’AMBITO DEL PROCESSO Regole e principi applicati a tutti i processi e la fonte cui si presta primo riferimento è la Costituzione del 1948. In particolare: art.24 e l’art.111 ma anche altre norme che evocheremo. Art.24 “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”, co.1. In fondo è il concetto che si è detto alla prima lezione: da una parte si hanno i diritti e dall’altra gli interessi legittimi. Quando si ha un diritto, un interesse protetto, devo poter agire in giudizio e se un diritto mancasse è ovvio che ci si troverebbe di fronte ad una fonte legislativa primaria. Non basta dire che esiste ad ogni diritto una azione: è necessaria che questa sia e ettiva, che renda, in tempi accettabilmente brevi, la tutela che si deve avere. Si deve avere, a fronte della titolarità di un diritto, un’azione davanti ad un giudice dello Stato e di questo si preoccupa al co.1 del 24; c’è un corollario di questo: si può rinunciare al diritto di azione davanti al giudice dello Stato solo con la volontà (posso percorrere la strada del giudizio privato ma se lo voglio, l’arbitrato solo fondato su una convenzione, sul consenso, iniziale delle parti). Ci deve essere un accordo delle parti perché questo abbia luogo e tutte le forme di arbitrato obbligatorio sono incostituzionali: l’art.24 azione davanti al giudice, posso rinunciare a questo ma lo devo volere. Ecco il divieto di arbitrato obbligatorio che nasce in virtù di alcuni usi che avvenivano nei rapporti tra PA e privato perché per la risoluzione delle controversie spesso, gli arbitri, erano funzionari pubblici dagli anni 60 in poi decine di sentenze hanno dichiarato incostituzionali di leggi che in vari ambiti stabilivano l’obbligatorietà dell’arbitrato. Art.111 co.2 “la legge assicura la ragionevole durata del processo”: ecco uno dei problemi del sistema giuridico italiano, spesso le risposte necessitano di anni per essere date. Altro tema che ci deve impegnare è rappresentato dai limiti che il legislatore può percorrere per condizionare l’azione perché questi sono ammessi se corrispondono ad un valore costituzionale e se non pregiudicano eccessivamente l’azione. Il legislatore potrebbe stabilire astrattamente che la parte, prima di esercitare l’azione, debba svolgere determinate attività e questo fenomeno si ha in vari ambiti: i ricorsi amministrativi, per cui si deve percorrere un percorso nella PA e il provvedimento dell’organo inferiore deve essere sottoposto a quello superiore (ricorso gerarchico) e solo dopo che è stato confermato il provvedimento posso agire di fronte al giudice, questo condiziona l’azione. È costituzionale questa soluzione? una seconda ipotesi si ha nel tentativo obbligatorio di conciliazione perché in alcune materie particolari, art.5 del decreto lgs. 28/2010, il legislatore vuole che le parti, prima di agire davanti al giudice, tentino tra loro un accordo con l’ausilio di un organo esterno e quindi ancora un episodio di condizionamento dell’azione. Questi sono gli episodi principali ma sono in linea con l’art 24 co.1? La CC ha stabilito le regole dichiarando che è possibile condizionare l’azione quando il fondamento del condizionamento è un principio costituzionale; secondo aspetto che la CC ha vagliato è che la soluzione del condizionamento non deve essere tale da pregiudicare troppo l’azione, non comprimere il diritto di azione da renderlo evanescente. Sulla base di questi due principi scopriamo che tutto ciò che riguarda il condizionamento dell’azione nei confronti della PA è incostituzionale: la ratio che presiede il ricorso amministrativo precedentemente rispetto all’azione, è una ratio di solo interesse della PA che vuole ritardare l’intervento presso il giudice di Stato, vi è uno sbilanciamento degli interessi tutelati. Altro aspetto negativo era il termine dei ricorsi amministrativi, si aspettavano spesso dei mesi senza che l’organo deputato a decidere si pronunciasse; ecco che la CC è intervenuta stabilendo l’incostituzionalità di tutte le ipotesi. Ad oggi non vi è l’obbligo per i cittadini di confrontarsi con la PA prima dell’azione presso il giudice di stato. Perché, invece, l’altro condizionamento è ritenuto legittimo? 14 ff La CC ha ritenuto che esiste un valore costituzionale almeno pari da quello che discende dal co.1 del 24, ed è solidaristico. Il modo migliore per rispondere all’applicazione di regole giuridiche da parte dello Stato è che le parti devono essere convinte nell’applicazione: ci sono due valori costituzionali uniformi il diritto di azione e il principio solidaristico. Poi il secondo problema per la CC è capire che questo condizionamento non sia così gravoso rispetto al diritto di azione: se non hai esaurito il tentativo obbligatorio di conciliazione l’azione veniva dichiarata inammissibile oppure, altra alternativa, è prevedere una improcedibilità dell’azione esercitata senza tentativo obbligatorio, ovvero subisce una pausa, la sospensione del processo, il rinvio di processo, ma l’azione è stata esercitata correttamente. Delle due ipotesi la prima è incostituzionale mentre la seconda è corretta perché non provoca conseguenze particolarmente gravose per la parte: l’azione è comunque esercitata, il processo si sospende o si rinvia l’udienza a dopo l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione (comunque c’è un termine). È il d.lgs 28/2010 che dà una soluzione, l’art.5 è coerente con i principi della CC: - solo improcedibilità, viene operato un rinvio di udienza; - l’istanza produce gli stessi e etti della domanda su prescrizioni e decadenze; - è esclusa in relazione alla tutela cautelare e anticipatori e non a cognizione sommaria. Il legislatore si preoccupa ancora di più dell’e ettività dell’azione consentendo all’istanza di produrre gli stessi e etti della domanda: questo perché la domanda interrompe la prescrizione, sospende il decorso del termine prescrittivo, trasforma la buonafede di una parte in malafede e dunque produce e etti sostanziali sul diritto. Poi ancora il legislatore con il d.lgs 28 del 2010 ha escluso il tentativo obbligatorio di conciliazione quando viene introdotta una tutela cautelare o una domanda monitoria, in questi casi non più obbligo di tentativo di conciliazione perché vi è solo con cognizione piena. Quando intervengo con un procedimento sommario voglio una tutela veloce: in caso di processo a cognizione piena, invece si deve avviare prima il tentativo obbligatorio. L’art.5 del decreto dà questa soluzione ed è una soluzione di equilibrio: preserva il principio solidaristico e non crea una regolamentazione troppo pregiudizievole del diritto di azione. Un’altra ricaduta importante dell’art.24 è che la tutela cautelare è costituzionalizzata, come già si diceva: la garanzia del diritto di azione prevede la garanzia della tutela cautelare, si deve avere uno strumento cautelare nel sistema che lo costituzionalizzi, il diritto di azione deve essere e ettivo e dunque senza una tutela immediata per tutti i diritti (come la cautelare) sarebbe un sistema incostituzionale. La CC si è espressa per alcuni dei procedimenti, come l’amministrativo, quando non vi è la tutela cautelare: le misure cautelari sono il risultato dell’art.24. Quindi il processo cautelare, nella sua nalità di preservare la lesione grave ed irreparabile del diritto deve sempre essere consentita per tutti i diritti (la estensione nel processo amministrativo e tributario). (LEZIONE 4 6/10/2023) Dobbiamo ora a rontare il co.2 dell’art.24 Cost. che introduce un altro situato garantistico che è il diritto di difesa perché si a erma che: “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. Questa norma, in realtà, ha un ulteriore importante richiamo nell’art.111 co.2 Cost. dove si a erma che: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”. Quest’ultimo articolo pone il tema del contraddittorio e della parità delle armi nel processo: il principio di garanzia della difesa, il principio del contraddittorio come quello della parità delle armi sono i cardini sia del processo civile che del penale. Il diritto di difesa ha una duplice accezione: è l’espressione del diritto di una parte di difendersi a prescindere dal contraddittorio a prescindere dalle attività dell’altra parte e del giudice, devo avere diritto di agire in processo non solo come risposta ma anche come primo; le difese, quindi, prescindono dal contraddittorio. Per esempio l’attore che agisce in giudizio ancora non deve contraddire nessuno e dunque il diritto alla difesa si esplica nell’esprimere gli strumenti di difesa a prescindere dal contraddittorio. il diritto di difesa, tuttavia, ha una sua accezione anche con il principio del contraddittorio perché le altre parti e tutte le parti, devono poter introdurre delle difese in contraddizione. 15 ff ff ff ff ff ff ff fi ff Quindi il diritto di contraddire è sì una espressione del diritto alla difesa, davanti al giudice si deve poter dire la propria, ma non è solo questo il diritto di difesa, ma anche il diritto di introdurre elementi nuovi a prescindere dal contraddittorio. Il riconoscimento del diritto di contraddire ad iniziative del giudice, per quanto sancito dall’art.111 co.2 Cost, è il risultato di un riconoscimento legislativo molto tardivo ed è la legge 69/2009 e l’attuale legge Cartabia hanno introdotto una disciplina matura del diritto di contraddire rispetto alle iniziative del giudice. Prendendo l’art.101 c.p.c. si nota che “il giudice assicura il rispetto del contraddittorio” e ogniqualvolta si fa l’idea che questo non sia avvenuto deve attuare il contraddittorio; ma la norma per iniziativa del giudice più importante è l’ulteriore parte del co.2 per cui se svolge un’attività u ciosa, un impulso proprio nel processo, di consentire alle parti di contraddire alle iniziative del giudice, si pone un termine. “Il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni. Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'u cio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione.” Accade che a volte il sistema sacri ca il diritto di difesa a favore del diritto di azione e dunque si deve capire se queste ipotesi sono coerenti con i principi costituzionali; e quando accade questo? 1. nell’ambito della tutela cautelare a cognizione sommaria dove, a volte, la legge consente che il giudice emetta il provvedimento cautelare senza aver sentito l’altra parte. Quindi sono ipotesi eccezionali in cui la legge deroga, in questo caso, alla regola del contraddittorio nel processo cautelare (art.669 sexies co.2) e in ambito monitorio per decreto ingiuntivo (art.642 in toto). La prima sul processo cautelare e ci dice che “Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento, provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso ssa con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la noti cazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modi ca o revoca i provvedimenti emanati con decreto.”. Es di una misura cautelare tipica è il sequestro conservativo che ha lo scopo di conservare la garanzia patrimoniale all’esito del giudizio di merito e che permette al creditore di aggredire il patrimonio del debitore e che il patrimonio non sia depauperato da quest’ultimo e quindi può capitare che nel patrimonio del debitore vi sia un unico bene, come un immobile, e siccome il creditore che agisce con sequestro ha il sospetto che il debitore voglia vendere questo bene è possibile che si richieda di autorizzare il sequestro senza che il debitore sappia nulla (altrimenti avrebbe venduto il bene) Altro es esempio quando c’è pericolo che il glio minore venga sottratto in termini sia nazionali che internazionali, posso chiedere al giudice, ex art.473 bis n.15, una misura cautelare di blocco di minore con intervento dei servizi sociali senza che sia avvertita l’altra parte. 2. Una seconda ipotesi si ha nell’art.111 del c.p.c che regola un fenomeno che è la disposizione del diritto controverso ovvero la successione nel diritto controverso: questo non fa divieto che un diritto o un bene oggetto di controversia possa essere fatto oggetto di atti di disposizione. L’articolo dice che nella controversia pendente se il bene o diritto viene ceduto nel processo restano i soggetti originali che avevano introdotto il processo: “Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie”. Ancora un'ipotesi in cui è preferito il diritto di azione rispetto al diritto di difesa, l'acquirente del diritto controverso, che ha interesse evidente a partecipare al processo perché la sentenza che lo conclude produce e etti ri essi sul suo diritto acquisito L’avente causa non è parte necessaria nel processo (ecco in cui è preferito il diritto di azione al diritto di difesa) perché l’interesse del dante causa di assistere al processo non è parte necessaria. 16 ffi ff fl fi fi fi ffi fi fi Ora, come vedete in questi due casi, sia il primo nell'ambito del processo a cognizione sommaria, sia nel secondo, nell'ambito della successione nel diritto controverso della cessione del diritto controverso, è favorito il diritto di azione. Nella cautelare è molto evidente questo: si dà a chi ha chiesto la tutela cautelare, la tutela anche se l'altra parte non ha contraddetto, non si è difesa, inaudita altera parte, con formula latina. Anche nel secondo caso si preferisce il diritto di azione perché chi ha agito in giudizio non deve rincorrere l'acquirente del diritto controverso e chiamarlo in causa, ma si limita a proseguire la causa nei confronti della del dante causa del venditore del diritto controverso e si disinteressa dell'acquirente, il quale non è parte necessaria e quindi non deve essere citato anch'essa all'interno del processo. Si comprende che queste due norme sono eccezionali e questo sta nel fatto che se non dovessimo consentire un provvedimento di merito del giudice senza contraddittorio, il diritto di azione sarebbe completamente pregiudicato. Ecco allora che l'ordinamento ponderando il diritto di azione e il rischio che il diritto di azione sia reso del tutto ine ettivo, incapace nel suo esercizio di garantire il diritto controverso, l’ordinamento preferisce l'attore rispetto al convenuto, preferisce chi ha formulato la domanda rispetto a chi si deve difendere, resistere, contraddire rispetto alla domanda. Questo principio, che ha una sua ragionevolezza nel pregiudizio al diritto di azione, deve avere delle attenuazioni: nell'ipotesi che si ricordava prima sul processo a cognizione sommaria, la misura cautelare viene data prima, senza che sia sentita l'altra parte, tuttavia, il giudice che dà la misura cautelare deve, nel provvedimento che contiene la misura cautelare, ssare un'udienza successiva alla quale partecipa il destinatario degli e etti della misura cautelare e nella quale il destinatario degli e etti della misura cautelare può contraddire e difendersi. È dunque solo di erito il contraddittorio. lo stesso vale per l’art.111 c.p.c. perché la norma consente all’avente causa, non parte necessaria del processo, di intervenire volontariamente nel processo. Il contraddittorio dunque non è impedito ma è facoltizzato dall’iniziativa dell’avente causa. Se non si facesse questo l'attore sarebbe costretto a passare la sua vita a inseguire tutti gli acquirenti del diritto controverso. Dice il co.1 dell’art.111 c.p.c.: “Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie”; chi ha agito in giudizio, le parti, non devono preoccuparsi di chiamare in causa l’acquirente. Poi al co.3 ci dice che: “In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso”; per cui comunque l’avente causa ha diritto di intervenire volontariamente. Art.111 Cost. Altra garanzia delle norme costituzionali è la garanzia del giusto processo. Co.1 “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”; c’è un principio di riserva di legge perché il giudice non può condurre il processo stabilendo le regole, queste sono ella legge. Io parte del processo, proprio in attuazione del diritto di difesa, del diritto al contraddittorio, devo sapere prima le regole del processo e l’unico modo è stabilire una riserva di legge. La seconda importante garanzia è del giusto processo: il processo può certo essere avviato per fonti sommarie, a cognizione sommaria, però mai si può negare che quel diritto deve essere tutelato da un processo a cognizione piena. È una libera scelta della parte se avviare il processo con un processo cognizione sommaria o con un processo cognizione piena e anche dopo che si è celebrato il processo a cognizione sommaria, la parte ha diritto ad avviare un processo a cognizione piena, in modo da godere delle garanzie piene del giusto processo (C’è un istituto che non rispetta questi concetti, il rito camerale, rito della volontaria giurisdizione nell'ambito della tutela dei diritti, è un rito non regolato dalla legge e quindi viola il principio della riserva di legge, la regolamentazione del processo; questo è autosu ciente, non tollera che possa essere celebrata la tutela con le regole del processo a cognizione piena. 17 ff ff ff ff ffi fi È unico strumento per la tutela di quel diritto e si conclude con un provvedimento che, se non reclamato impugnato nei termini dal luogo giudicato pieno.). Un altro principio costituzionale importante, che ha ricadute sulle regole del c.p.c è l’imparzialità del giudice che si trova nell’art.111 co.2 per cui: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. Il giudice deve essere estraneo alla controversia e a rapporti con le parti che possono in ciare la limpidezza e l’imparzialità del suo giudizio: attuazione di questo è l’istituto della astensione e ricusazione del giudice (art.51 c.p.c). Ma questo principio è sancito anche in altre disposizioni della Costituzione: - art.25 co.1 per cui “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge ”; ciò signi ca che vi deve essere regola che dice quale sarà il giudice competente per una certa controversia e non è possibile che, dopo che è sorta la controversia, si cambi il giudice competente. Prima che inizi la controversia ci devono essere 3 regole che il codice di procedura detta per individuare la competenza: competenza per materia; competenza per valore; competenza per territorio; I primi due determinano il giudice in senso verticale tra giudice di pace, tribunale ordinario e corte d’appello; l’ultimo in senso orizzontale. L’importante è che queste regole siano stabilite prima della controversia, precostituite. - Altra garanzia risiede nell’art.102 co.2 che ha varie valenze: “Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura”. L’art.103 co.1 esplicita che : “ Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi” e co.2 “La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre speci cate dalla legge”. È fatto divieto di istituire giudici speciali e straordinari: il sistema vuole che il giudice sia uno per risolvere la controversia sui diritti, è impensabile che si costituisca un giudice speciale dopo il sorgere della controversia (questi sono i giudici speciali, individuati straordinariamente per questa controversia). Si fanno salvi però alcuni giudici straordinari: quelli del co.1 dell’art.103, perché certe controversie sono attribuite agli organi amministrativi, quindi non sia egue l’ordinaria giurisdizione ma si hanno due gradi, il tribunale amministrativo regionale e il Consiglio di Stato; co.2 dell’art.103 riguarda la Corte dei Conti che svolge funzione di controllo sulla contabilità dello Stato e inoltre, in alcune materie, è competente a risolvere controversie su diritti (questo accade nella materia della responsabilità dei pubblici u ciali per condotte o omissioni nello svolgimento delle loro funzioni, ugualmente la materia pensionistica dei pubblici impiegati è a data a questa). In ne un giudice speciale particolare è la sezione specializzata del tribunale ordinario che vi è per alcune materie: ad esempio in materia agraria, il tribunale del lavoro e il giudice del lavoro contemplano una sezione lavoro; questi organi sono nel tribunale ordinario e dunque la deroga è meno evidente ma semplicemente, in alcune materie, per la specializzazione del giudice si preferisce individuare una sezione speciale dove ci sono giudici che hanno un certo esperienza in materia. Nell’ambito agrario sono i giudici onorari che svogliono la professione di agronomo, nell’ambito del tribunale del lavoro sono giudici togati che hanno esperienze speci che. C’è un altro giudice speciale, regolato in Costituzione, che è il tribunale per i minorenni, regolato in una legge del 1934 che è sopravvissuta no ad oggi anche se la riforma Cartabia, seppure con una prorogatio importante, ha introdotto un nuovo tribunale unico per le persone, i minorenni e le famiglie e che dovrebbe uni care in un unico organo le competenze che spettanti all’ordinario in materie familiari e il tribunale dei minori. 18 ffi fi fi fi ffi fi fi fi fi - Altro importante principio garantistico risiede nell’art.111 co.6 Cost. “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”. La garanzia della motivazione che non si riferisce solo alle sentenze e ci si riferisce, in base ad alcune disposizioni del c.p.c (132, 134, 135), anche alla sentenza, all’ordinanza e il decreto prescindono dalla forma, nella motivazione, e si impone in senso generale per tutti questi provvedimenti emessi dal giudice. In realtà si trova che mentre nelle sentenze è molto precisa la norma sull’obbligo di motivazione, i decreti, ex art.135 c.p.c., devono essere motivati solo se la legge lo prevede e questa previsione potrebbe far sospettare che la norma sia incostituzionale: si deve scindere tra decreti e decreti. Ci sono decreti in cui il giudice si limita a constatare un qualcosa ex lege, un’attività solo direttiva o ordinatoria e per questa non importa la motivazione. Ci sono decreti che, invece, accertano il diritto e possono passare in giudicato; ecco in questo caso la legge impone la motivazione del decreto, quando la legge impone l’obbligo di motivazione dei provvedimenti la prevede per i provvedimenti decisori in cui si incide sul diritto, ma quando questo, per lo più con la forma del decreto, si limita ad essere espressione dei poteri direttivi del giudice questi anche non motivati. - Ulteriore garanzia di grande importanza che oggi è cambiata come ratio, si tratta ancora dell’art.111 co.7 Cost. dove si legge che: “Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.”. Ecco un’altra garanzia, quella del controllo di legittimità, di rispetto della legge, da parte del giudice che ha pronunciato. L’origine è illuministica, di cosa si preoccupava la dottrina francese dopo la Rivoluzione francese? Che i giudici del merito, per lo più tribunali feudali (che tendevano a non applicare la legge ma il diritto consuetudinario feudale) applicassero il codice illuministico, in vario modo regolato negli anni dal 1790 in poi e alla ne con uito nel codice napoleonico di uso in tutti gli ordinamenti continentali. Ma questa ragione di voler controllare i giudici del merito, ragione per cui nasce la court de cassation, non esiste più oggi perché nessuno mette in dubbio che il giudice applica la legge. La previsione contenuta nell’art.101 co.2 Cost per cui i giudici sono soggetti solo alla legge è un principio radicato: magari il giudice può sbagliare nell’interpretazione ma nessuno pensa che un giudice possa, per ragioni storiche, non applicare la legge; non è questa la ratio che ispira l’istituto. La ratio è quella nomo lattica ovvero l’esaltazione della funzione principale della Cassazione, di svolgere una funzione fondamentale nell’uniforme interpretazione della legge. Nel sistema è molto tenuta presente l’interpretazione che la Cassazione dà in particolare quando dettata dalle Sezioni Unite. Attenzione nel nostro ordinamento non vige il principio del vincolo del precedente giurisprudenziale: il giudice se convinto può andare contro anche le sentenza della Cass