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2020
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Questo documento presenta un'analisi di base della politica economica del 2020, focalizzandosi sulle conseguenze della pandemia globale sul PIL, la disoccupazione e altre variabili macroeconomiche. Vengono descritti i concetti di PIL nominale e reale, e vengono introdotti concetti fondamentali come la croce keynesiana e il modello reddito/spesa.
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Nel 2020, una grave pandemia globale causata dal nuovo coronavirus ha portato a quarantene nazionali e interruzioni nella produzione. Questa recessione, diversa dalle crisi economiche precedenti, è stata causata da uno shock esterno e ha colpito l'economia in tre modi principali: interruzioni nelle...
Nel 2020, una grave pandemia globale causata dal nuovo coronavirus ha portato a quarantene nazionali e interruzioni nella produzione. Questa recessione, diversa dalle crisi economiche precedenti, è stata causata da uno shock esterno e ha colpito l'economia in tre modi principali: interruzioni nelle catene di approvvigionamento, limitazioni alla mobilità delle persone e calo dei redditi familiari. L'effetto è stato drammatico, con un aumento repentino delle richieste di sussidi di disoccupazione. Le previsioni indicano una significativa contrazione del PIL nei paesi avanzati nel secondo trimestre del 2020. 1) Le variabili macroeconomiche come la produzione, il tasso di disoccupazione e il reddito sono determinate attraverso modelli analitici che razionalizzano i fenomeni osservati. Ad esempio, la produzione può essere influenzata dalla domanda di beni e servizi nel breve periodo, dalla dimensione della forza lavoro nel medio periodo e da altri fattori come il sistema educativo nel lungo periodo. 2) Le politiche fiscali e monetarie possono alterare i valori di queste variabili. Ad esempio, nel breve periodo, una politica fiscale espansiva potrebbe aumentare la domanda aggregata e stimolare la produzione. Nel medio periodo, politiche di investimento nell'istruzione potrebbero influenzare la dimensione della forza lavoro. Pil nominale e pil reale Pil nominale somma della quantità dei beni finali valutati al loro prezzo corrente La crescita del pil nominale dipende da due fattori. Crescita della produzione ( quantità ) nel tempo.aumento dei prezzi dei beni nel tempo Pil reale somma delle quantità di beni finali valutati a prezzi costanti Pil reale permette di misurare la produzione e le sue variazioni nel tempo escludendo l’effetto di prezzi crescenti Pil livello o tasso di crescita €yt = pil nominale al tempo t Yt = pil reale al tempo t Crescita del pil al tempo t : tasso di crescita del pil reale al tempo t Espansione: periodo di crescita positiva Recessione : periodo di crescita negativa ( si registrano almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa ) Ciclo d trend Trend : direttrice del sentiero di crescita di lungo periodo Ciclo : oscillazione contingenti attorno al trend Impulso ( shock) e diffusione Impulso e diffusione nel sistema economico possono essere causati da variabili come variazioni nell'offerta di moneta, nel tasso di cambio e nell'impiego di strumenti di politica fiscale. Gli impulsi possono provenire sia dal lato dell'offerta che dalla domanda, e possono essere generati da eventi come l'introduzione di nuove tecnologie, fenomeni climatici o variazioni nei prezzi mondiali delle materie prime. Le misurazioni delle variazioni cicliche includono variazioni congiunturali, tendenziali, dati corretti per gli effetti di calendario e dati destagionalizzati. La composizione del PIL include consumi, investimenti, spesa pubblica, importazioni ed esportazioni, con il saldo commerciale determinato dalla differenza tra esportazioni e importazioni. I dati sono disponibili da fonti nazionali come Istat e Banca d'Italia, e da fonti internazionali come Eurostat e OCSE. Il breve periodo Nel breve periodo, si utilizza il modello fondamentale della croce keynesiana o modello reddito/spesa per determinare il reddito/PIL di equilibrio di un sistema economico. La domanda aggregata di beni e servizi è definita come la somma di consumo, investimento, spesa pubblica ed esportazioni nette. Le imprese producono un unico bene utilizzato per consumo, investimento e spesa pubblica, assumendo che l'economia sia chiusa e non ci siano scambi con il resto del mondo. Il consumo dipende dal reddito disponibile, con una relazione lineare tra consumo e reddito disponibile, espressa attraverso una propensione marginale al consumo positiva ma inferiore a 1. Guarda slide 64 di peo a Investimento Nei modelli economici troviamo due tipi di variabili. Variabili esogene : prese come date. Variabili endogene : spiegate all’interno del modello Inizialmente l’investimento verrà considerato come una variabile esogena questa ipotesi semplificatrice verrà eliminata successivamente. Quando l’investimento è preso come dato si ha La spesa pubblica (G) La spesa pubblica, insieme alle imposte, descrive la politica fiscale del governo e viene considerata come una variabile esogena. Poiché il governo non segue regolarità di comportamento come consumatori e imprese, e i macroeconomisti consigliano il governo su decisioni di spesa e tasse, la spesa pubblica è trattata come una variabile indipendente. Nell'economia chiusa, la produzione di equilibrio è determinata dall'uguaglianza tra domanda aggregata (somma di consumo, investimento e spesa pubblica) e offerta aggregata. Utilizzando strumenti come l'algebra, i grafici e le parole, i macroeconomisti analizzano questo equilibrio per comprendere le implicazioni per la produzione e l'output dell'economia. Guardare slide 72 La produzione dipende dalla domanda, che a sua volta dipende dal reddito, il quale è uguale alla produzione stessa. Un aumento della domanda genera un aumento della produzione e del reddito, che a sua volta incrementa la domanda e quindi la produzione, generando un ciclo di crescita. Questo fenomeno porta a un aumento della produzione superiore all'incremento iniziale della domanda, grazie a un fattore chiamato moltiplicatore. La dinamica dell'aggiustamento della produzione nel tempo implica che, dopo un aumento della domanda, la produzione aumenta progressivamente fino a raggiungere un nuovo equilibrio. Il concetto di equilibrio nel mercato dei beni può essere visto anche come un equilibrio tra investimento e risparmio, dove l'investimento deve essere uguale al risparmio aggregato. Politica monetaria La domanda di moneta dipende dal livello delle transazioni e dal tasso d'interesse offerto dai titoli. La moneta può essere utilizzata come mezzo di scambio, misura di valore e fondo di valore. La Banca Centrale controlla la quantità di moneta tramite operazioni di mercato aperto, acquistando o vendendo titoli, influenzando così la quantità di moneta in circolazione. La Fed negli Stati Uniti gestisce il mercato delle riserve, chiamato federal funds market, e stabilisce il tasso di interesse chiamato federal funds rate. Sul mercato dei titoli, il prezzo dei titoli determina il tasso di interesse. Il tasso di interesse di un titolo è inversamente proporzionale al suo prezzo corrente: quanto più alto è il prezzo del titolo, tanto più basso sarà il tasso di interesse pagato dal titolo stesso. La Banca Centrale influisce sul tasso di interesse manipolando l'offerta di moneta tramite operazioni di mercato aperto. Variando l'offerta di moneta, la Banca Centrale può influenzare il prezzo dei titoli e quindi il tasso di interesse. Il tasso di interesse nominale rappresenta quanti euro dovremo restituire in futuro in cambio di un euro preso a prestito oggi, mentre il tasso di interesse reale tiene conto dell'inflazione attesa e rappresenta quanti beni dovremo ripagare in futuro in cambio di un bene oggi. Quando si raggiunge lo zero lower bound del tasso di interesse nominale, il tasso reale diventa pari al negativo dell'inflazione attesa. Se le aspettative degli individui sono di deflazione (inflazione negativa), il tasso reale diventa positivo, anche se il tasso nominale è nullo. In altre parole, per raggiungere il tasso reale desiderato, la banca centrale deve tener conto delle aspettative di inflazione. Guardare slide 25 a 31 pea1 I titoli si distinguono per maturità e rischio di insolvenza. Questi due fattori sono cruciali per determinare i tassi di interesse sui titoli. In base alla maturità, ogni titolo ha un prezzo e un rendimento specifici. I rendimenti dei titoli a breve termine sono chiamati tassi di interesse a breve termine. Guardare slide 34 a 40 I titoli possono variare per scadenza e rischiosità, con il debitore che potrebbe non rimborsare l'importo preso a prestito. Coloro che acquistano titoli richiedono un premio per il rischio, che dipende principalmente dalla probabilità di fallimento del debitore e dall'avversione al rischio del creditore. Questo premio per il rischio è necessario per uguagliare il rendimento atteso del titolo con quello di un titolo privo di rischio. Inoltre, l'avversione al rischio del creditore porta ad un ulteriore aumento del premio per il rischio. La curva dei rendimenti può essere interpretata in base all'aspettativa dei mercati finanziari sui tassi di interesse futuri, con una leggera inclinazione positiva quando si prevede una stabilità dei tassi di interesse nel tempo, e con variazioni più significative quando si prevedono cambiamenti nei tassi di interesse a breve o lungo termine. Le fluttuazioni dei prezzi delle azioni o di altre attività finanziarie non dipendono solo da nuove informazioni sui dividendi futuri o sui tassi di interesse, ma anche dalla percezione del rischio e dalle deviazioni dei prezzi dalle valutazioni fondamentali. Le bolle speculative si verificano quando gli investitori acquistano un'azione a un prezzo superiore al suo valore fondamentale, sperando di rivenderla a un prezzo ancora più alto in futuro. Un'onda di ottimismo ingiustificato si verifica quando gli investitori sono troppo ottimisti e sono disposti a pagare più del valore fondamentale dell'azione. Mercati finanziari La domanda di moneta dipende dal reddito nominale e dal tasso di interesse. Aumenta con il reddito nominale ma diminuisce al crescere del tasso di interesse. La relazione è espressa dall'equazione Md = L(i, Y), dove Md è la domanda di moneta, i è il tasso di interesse e Y è il reddito nominale. Nel mercato finanziario, il tasso di interesse di equilibrio viene determinato dall'intersezione tra la domanda e l'offerta di moneta. La domanda di moneta dipende dal reddito nominale e dal tasso di interesse, mentre l'offerta di moneta è determinata dalle politiche monetarie della Banca Centrale. Quando la domanda e l'offerta di moneta si incontrano, si raggiunge un equilibrio nel tasso di interesse. La politica monetaria viene implementata dalla banca centrale attraverso le operazioni di mercato aperto. In un'operazione espansiva, la banca centrale acquista titoli, aumentando così la quantità di moneta in circolazione. Al contrario, in un'operazione restrittiva, vende titoli, riducendo la quantità di moneta in circolazione. Nel mercato dei titoli, il prezzo dei titoli influenza il tasso di interesse che essi pagano: più alto è il prezzo del titolo, più basso sarà il tasso di interesse offerto dal titolo stesso. Nel modello ipotizzato finora, la banca centrale sceglie l'offerta di moneta, mentre il tasso di interesse si adatta liberamente. Tuttavia, si può pensare alternativamente che la banca centrale determini il tasso di interesse e regoli di conseguenza l'offerta di moneta. Questo è il metodo utilizzato dalle moderne banche centrali come la FED e la BCE. Le banche, come intermediari finanziari, ricevono fondi da individui e imprese sotto forma di depositi di conto corrente e li utilizzano per concedere prestiti e acquistare titoli. Detengono parte dei fondi ricevuti come riserve e offrono prestiti e titoli come attività. Le banche tengono riserve di moneta per diversi motivi, tra cui la necessità di far fronte a fluttuazioni giornaliere nei prelievi e nei depositi, comprese le riserve obbligatorie. La domanda di moneta emessa dalla banca centrale è determinata dalla domanda di circolante da parte degli individui e dalla domanda di riserve da parte delle banche, mentre l'offerta di moneta emessa dalla banca centrale è sotto il diretto controllo della banca centrale. Il tasso di interesse di equilibrio è quello che equilibra la domanda e l'offerta di moneta emessa dalla banca centrale La domanda di moneta emessa dalla banca centrale è determinata dalla domanda di riserve da parte delle banche, che a sua volta dipende dalla domanda di depositi di conto corrente da parte degli individui. Questo è espresso dall'equazione Hd = θMd = θ€YL(i), dove Hd rappresenta la domanda di moneta della banca centrale, Md la domanda di moneta complessiva, Y il reddito nominale, L(i) la funzione decrescente del tasso di interesse e θ il coefficiente di riserva. La prima uguaglianza riflette la proporzione tra la domanda di riserve e la domanda di depositi, mentre la seconda uguaglianza riflette la dipendenza della domanda di depositi dal reddito nominale e dal tasso di interesse. La banca centrale degli Stati Uniti è la Federal Reserve (Fed), e il mercato delle riserve è noto come il federal funds market, dove il tasso di interesse determinato è il federal funds rate. Nell'Eurozona, la banca centrale è la Banca Centrale Europea (BCE), e l'implementazione della politica monetaria è leggermente più complessa. Il tasso di interesse associato a queste operazioni è chiamato tasso di rifinanziamento principale. Inoltre, la trappola della liquidità si verifica quando la banca centrale non può ridurre il tasso di interesse nominale al di sotto dello zero, noto come zero lower bound. Quando il tasso di interesse è a zero, la domanda di moneta diventa orizzontale, rendendo le persone indifferenti tra titoli e moneta. In questo contesto, un'espansione monetaria può avere un impatto limitato sull'economia. Politica monetaria La politica monetaria dell'euro è gestita dalla Banca Centrale Europea (BCE), che insieme alle banche centrali nazionali forma il Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC). Gli obiettivi di politica monetaria sono definiti dal Trattato di Maastricht, che attribuisce assoluta priorità all'obiettivo della stabilità dei prezzi. Altri obiettivi, come il supporto alle politiche economiche dell'Unione Europea, sono formulati in termini vaghi e devono essere compatibili con l'obiettivo principale della stabilità dei prezzi. La BCE ha adottato una strategia di politica monetaria orientata alla stabilità, basata sull'analisi monetaria e sull'analisi economica. Tuttavia, nella pratica, le decisioni di politica monetaria si basano principalmente sulle aspettative di inflazione, con l'obiettivo di mantenerle vicino, ma sotto il 2%. La BCE utilizza vari strumenti di politica monetaria, tra cui le operazioni di mercato aperto, le operazioni delle banche centrali su iniziativa delle controparti e le riserve minime. Inoltre, dalla crisi del 2014, la BCE è responsabile direttamente della vigilanza sulle 130 maggiori banche dell'area dell'euro. Quando il tasso di interesse raggiunge lo zero lower bound, le banche centrali possono ancora influenzare l'attività economica attraverso la politica monetaria non convenzionale. Questa politica prevede l'acquisto di attività finanziarie da parte della banca centrale, nota come quantitative easing (QE), al fine di ridurre i tassi di interesse e sostenere l'economia. Sia la Federal Reserve (Fed) che la BCE hanno implementato programmi di quantitative easing, conosciuti rispettivamente come QE1, QE2 e QE3 per la Fed e LTRO, TLTRO, PSPP e CSPP per la BCE. Durante la crisi finanziaria, le banche centrali si sono trovate ad affrontare due questioni principali: come far fronte al crollo della domanda e come ridurre la probabilità di una futura crisi finanziaria. Tradizionalmente, le misure adottate per limitare le corse agli sportelli includevano un'assicurazione sui depositi e programmi di offerta di liquidità da parte della banca centrale, che agiva come prestatore di ultima istanza. Tuttavia, la crisi ha evidenziato la necessità di estendere tali garanzie anche alle istituzioni finanziarie non bancarie. Per affrontare bolle speculative e comportamenti rischiosi nel sistema finanziario, il tasso di interesse non è uno strumento adeguato poiché può avere effetti sull'intera economia. Gli strumenti macroprudenziali, come il rapporto Loan-to-Value (Ltv) nel settore immobiliare, sono più adatti in quanto si concentrano direttamente sulle attività di prestito e di prestito delle istituzioni finanziarie. Il mercato dei beni e i mercati finanziari Il modello IS-LM considera l'equilibrio nel mercato dei beni tramite la relazione IS, dove la produzione (Y) è uguale alla domanda (Z). Inizialmente, si assumeva che l'investimento fosse esogeno, ma in realtà dipende dalle vendite e dal tasso di interesse. Quindi, l'equilibrio nel mercato dei beni dipende anche dal livello delle vendite e dal tasso di interesse. Un aumento della produzione porta ad un aumento del reddito disponibile e dell'investimento, causando un aumento della domanda di beni. Questa relazione positiva tra domanda e produzione è rappresentata dalla curva ZZ, che è inclinata positivamente. La determinazione della produzione La curva ZZ ha due caratteristiche :. Non avendo assunto che le equazioni del consumo e investimento siano lineari la ZZ sarà una curva e non una retta.avendo assunto che un aumento della produzione conduca a un incremento meno che proporzionale della domanda la ZZ sarà più piatta della retta Finora si è considerato l’equilibrio nel mercato dei beni fissato il tasso di interesse. La curva IS dice come varia la produzione di equilibrio al variare del tasso di interesse. Slide 8 /9 pec1c Nel modello IS-LM, la determinazione del tasso di interesse è fondamentale per l'equilibrio dei mercati finanziari. Il tasso di interesse è determinato dall'equilibrio tra domanda e offerta di moneta, dove la domanda di moneta dipende dal reddito nominale e dal tasso di interesse nominale. Dividendo entrambi i lati dell'equazione per il livello dei prezzi, si ottiene la relazione tra moneta reale, reddito reale e tasso di interesse. Questa equazione descrive l'equilibrio nel mercato della moneta ed è utilizzata per derivare la curva LM, che rappresenta l'equilibrio tra offerta e domanda di moneta reale. Tuttavia, nelle banche centrali moderne, il tasso di interesse è determinato dalla banca centrale, il che porta a una versione semplificata della curva LM, che è rappresentata da una retta orizzontale al tasso di interesse stabilito dalla banca centrale. Il modello IS-LM analizza l'equilibrio nel mercato dei beni e nei mercati finanziari attraverso l'interazione tra politica fiscale e politica monetaria. La politica fiscale, che riguarda le variazioni nelle spese pubbliche e nelle imposte, influisce sull'equilibrio tramite l'interazione con la curva IS. La politica monetaria, che riguarda le variazioni nel tasso di interesse, influisce sull'equilibrio tramite l'interazione con la curva LM. Quando la politica fiscale e monetaria sono utilizzate insieme, formano un mix di politica economica che può andare nella stessa direzione o in direzioni opposte a seconda delle necessità. Entrambe le politiche hanno effetti diversi sulla composizione della produzione, con la politica fiscale che influisce maggiormente sul consumo e la politica monetaria che influisce maggiormente sull'investimento. Tuttavia, il modello IS-LM ignora la dinamica di aggiustamento nel tempo, assumendo un aggiustamento istantaneo. Nella realtà, ci vuole tempo prima che la produzione si aggiusti in risposta alle variazioni di politica fiscale e/o monetaria. La politica fiscale comporta un aggiustamento più lento della produzione nel mercato dei beni, mentre la politica monetaria comporta un aggiustamento più veloce del tasso di interesse nei mercati finanziari. Il modello is-LM esteso Nel modello IS-LM esteso, consideriamo la differenza tra i tassi di interesse nominali e reali, e il premio per il rischio, entrambi influenzando direttamente l'investimento. Per semplificare, assumiamo che l'inflazione attesa sia nulla, consentendo alla banca centrale di controllare direttamente il tasso di interesse reale. Le relazioni fondamentali nel modello sono: 1. **Relazione IS:** Esprime l'equilibrio nel mercato dei beni, dove la produzione (Y) è uguale alla somma del consumo (C), dell'investimento (I), e della spesa pubblica (G). L'investimento dipende anche dal reddito (Y) e dal tasso di interesse reale (r + x). 2. **Relazione LM:** Indica che il tasso di interesse (i) è fissato dalla banca centrale a un certo valore (i*). 3. **Relazione di Fisher:** Stabilisce la relazione tra il tasso di interesse reale (rt), il tasso di interesse nominale (it), e l'inflazione attesa (πet+1). 4. **Policy function (LM):** Esprime il tasso di interesse reale (rt) come la differenza tra il tasso di policy (i*) e l'inflazione attesa (πet+1). Chiamiamo "tasso di policy" il valore i*, e r + x il "tasso sui prestiti", poiché rappresenta il tasso reale al quale le imprese possono accedere ai prestiti. La curva LM è una retta orizzontale al tasso di policy, mentre la curva IS è inclinata negativamente. Nel modello IS-LM esteso, si tiene conto della differenza tra tassi di interesse nominali e reali, e del premio per il rischio, influenzando direttamente l'investimento. La curva IS può spostarsi per motivi finanziari, suggerendo l'uso della politica monetaria per stimolare la produzione. Tuttavia, quando si raggiunge lo zero lower bound, la banca centrale potrebbe non essere in grado di ridurre ulteriormente il tasso di interesse nominale, limitando l'efficacia della politica monetaria durante una crisi. Aspettative consumo e investimento Le teorie del consumo di Milton Friedman e Franco Modigliani evidenziano che i consumatori considerano le aspettative sui loro redditi futuri. Il consumatore lungimirante decide di consumare una frazione della sua ricchezza totale ogni anno, che comprende la ricchezza non umana e umana. Tuttavia, il consumo potrebbe variare se le aspettative sui redditi futuri sono troppo ottimistiche. Il consumo è influenzato direttamente dalla ricchezza umana e indirettamente dalla ricchezza non umana, generando due conseguenze: il consumo risponde in modo meno proporzionale alle variazioni del reddito corrente e può variare anche se il reddito corrente rimane stabile. Per quanto riguarda l'investimento, dipende non solo dal tasso di interesse e dalle vendite correnti, ma anche dalle aspettative future sui profitti. Il valore attuale dei profitti attesi è calcolato considerando il valore scontato dei profitti attesi negli anni successivi, tenendo conto del tasso di deprezzamento del capitale. La decisione di investire dipende dalla relazione tra il valore attuale dei profitti attesi e il prezzo del macchinario. L'investimento è positivamente influenzato dal valore attuale dei profitti futuri per unità di capitale. In un caso speciale di "aspettative statiche", in cui si prevede che i profitti futuri e i tassi di interesse rimangano costanti, l'equazione dell'investimento si semplifica. In questo caso, l'investimento dipende dal rapporto tra il valore attuale dei profitti futuri e la somma del tasso di interesse reale e del tasso di deprezzamento, chiamato costo d'uso o costo di affitto del capitale. I profitti, sia correnti che attesi, dipendono dal livello delle vendite e dallo stock esistente di capitale. Il profitto per unità di capitale aumenta con il rapporto tra vendite e stock di capitale: all'aumentare delle vendite o dello stock di capitale, aumentano i profitti per unità di capitale. La percezione delle fluttuazioni correnti del reddito come transitorie anziché permanenti influenza le decisioni di consumo dei consumatori, mentre la percezione delle fluttuazioni delle vendite correnti come transitorie anziché permanenti influisce sulle decisioni di investimento delle imprese. Tuttavia, vi sono differenze significative: secondo la teoria del consumo, un aumento del reddito percepito come permanente genera un aumento del consumo pari all'incremento del reddito stesso, mentre nell'investimento non vi è una ragione intrinseca per cui l'incremento dell'investimento non sia maggiore dell'incremento delle vendite. Inoltre, sebbene il consumo e l'investimento tendano a muoversi insieme, l'investimento è molto più volatile del consumo, anche se le variazioni annuali dell'investimento sono approssimativamente uguali alle variazioni del consumo, nonostante il fatto che l'investimento sia di dimensioni molto più ridotte rispetto al consumo. Aspettative e decisioni di consumo e investimento Molti sono i canali attraverso cui le variabili future attese incidono sulle decisioni correnti sia direttamente sia attraverso il prezzo delle attività.richezza umana.richezza non umana.valore atteso dei profitti al netto delle imposte Aspettative e curva IS Il consumo e l’investimento dipendono dalle aspettative circa il futuro introducendo un importante semplificazione riducendo il presente e il futuro a due soli periodi 1 il periodo corrente che può intendersi come l’anno in corso 2 il periodo futuro che può comprendere gli anni futuri nel loro complesso Se definiamo a come la spesa privata aggregata ( somma della spesa in consumo e investimento) A (Y,T,r)= C (Y-T) + I(Y,r) Possiamo riscrivere la IS come : Y= A(Y,T,r)+G Curva Is in modo che la spesa dipenda non solo dal valore corrente delle variabili ma anche dal loro valore atteso per il periodo futuro Y= A(Y,T,r,y’e ,T’e ,r’e) + G L’apice indica i valori futuri mentre e si riferisce alla aspettative Date le aspettative, una riduzione nel tasso di interesse reale causa solo un piccolo aumento nel livello di produzione, rendendo la curva IS inclinata negativamente e ripida. Aumenti della spesa pubblica o del livello di produzione futuro atteso spostano la curva verso destra, mentre aumenti delle imposte correnti, future attese o del tasso di interesse futuro atteso la spostano verso sinistra. La curva LM, invece, è data dalla retta orizzontale corrispondente al tasso di policy scelto dalla banca centrale. Se la banca centrale riduce il tasso di policy reale durante una recessione, ciò potrebbe portare a un aumento della produzione. Tuttavia, se i mercati finanziari e i consumatori rivisitano le loro aspettative sui tassi di interesse futuri in risposta all'azione della banca centrale, gli effetti sulla produzione dipendono dal cambiamento nelle aspettative: se le aspettative sui tassi di interesse futuri diminuiscono, gli effetti sull'economia possono essere significativi, altrimenti saranno limitati. In politica economica, gli effetti dipendono dalle aspettative, ma ciò non implica che qualsiasi cosa possa accadere. Le aspettative non sono arbitrarie; gli individui valutano le probabilità che una politica venga attuata e ne analizzano gli effetti, definendo questo tipo di aspettative come aspettative razionali. Gli effetti di una politica monetaria sulla produzione dipendono dalla misura in cui tale politica influenzi le aspettative. Ad esempio, una riduzione del disavanzo di bilancio può avere effetti contrastanti: nel lungo periodo, può essere positiva per l'economia, poiché aumenta il risparmio e gli investimenti, mentre nel breve periodo può portare a una riduzione della spesa e della produzione, a meno che non sia compensata da un'espansione monetaria. Le aspettative sul futuro giocano un ruolo chiave: se gli agenti formulano aspettative razionali in risposta a una politica di riduzione del disavanzo, possono anticipare un minor tasso di interesse futuro e una maggiore produzione, influenzando così gli effetti della politica economica nel medio e lungo periodo. La gestione dell'economia attraverso la politica economica implica un'interazione complessa tra il governo e gli attori economici, che cercano di anticipare le azioni del governo e rispondono alle politiche attuali e alle aspettative sulla politica futura. In passato, l'analisi della politica macroeconomica si basava sulla teoria del controllo ottimo, ma ora si utilizza la teoria dei giochi per comprendere meglio questa interazione strategica tra i giocatori. Ad esempio, il governo può essere paragonato a un giocatore in un "gioco" con l'economia, dove le sue azioni influenzano le risposte degli altri attori economici. Un esempio concreto di come la politica economica può essere influenzata dalle aspettative è dato dalla gestione dei dirottamenti aerei: mentre i governi possono stabilire politiche di non negoziare con i dirottatori per prevenire futuri dirottamenti, i dirottatori possono anticipare un possibile negoziato da parte del governo, influenzando così il loro comportamento. Una strategia efficace per il governo è impegnarsi a non negoziare, rinunciando così all'opzione di negoziato per prevenire efficacemente i dirottamenti. La credibilità della politica economica è fondamentale e può essere ottenuta attraverso l'adozione di regole chiare e l'impegno a non deviare da esse, stabilendo così la credibilità della banca centrale e delle politiche annunciate. I passi compiuti per diventare credibili.È stata accordata più indipendenza alle banche centrali.È stato allungato il mandato governatori.I governi hanno spesso nominato governatori ritenuti più conservatori cioè che si preoccupassero piu dell’inflazione che non della disoccupazione. Politica monetaria non convenzionale.quantitative easing Forward guidance Minacce credibili (draghi) In presenza di problemi di incoerenza temporale, limitare la politica economica, ad esempio con un tasso costante di crescita della moneta, può essere una soluzione efficace. Tuttavia, questa approccio può comportare costi elevati se impedisce completamente l'uso della politica macroeconomica. Soluzioni più pratiche spesso implicano la creazione di istituzioni più efficienti, come una banca centrale indipendente, che possono mitigare l'incoerenza temporale senza eliminare la politica monetaria come strumento di stabilizzazione macroeconomica. Inoltre, la neutralità della moneta nel medio periodo indica che, sebbene l'espansione monetaria possa influenzare la produzione nel breve periodo, nel medio termine l'aumento dello stock di moneta si traduce principalmente in un aumento dei prezzi, senza effetti significativi sulla produzione o sui tassi di interesse. Il mercato del lavoro Il mercato del lavoro è composto da diversi attori e variabili chiave che contribuiscono a definire la sua dinamica. Tra queste: - **Popolazione attiva**: Individui in età lavorativa (15-64). - **Forze di lavoro**: Comprende gli occupati, coloro che hanno un lavoro, e i disoccupati, individui senza lavoro ma in cerca di occupazione. - **Non in forze di lavoro**: Include coloro che non hanno lavoro e non sono in cerca di occupazione, tra cui i lavoratori scoraggiati che abbandonano la ricerca di lavoro a causa dell'alta disoccupazione. - **Tasso di partecipazione**: Il rapporto tra le forze di lavoro e la popolazione in età lavorativa. - **Tasso di disoccupazione**: Il rapporto tra il numero di disoccupati e le forze di lavoro. Per comprendere la dinamica del mercato del lavoro e valutarne la sua salute, è essenziale analizzare i flussi di lavoratori. Un tasso di disoccupazione può indicare varie situazioni: un mercato del lavoro dinamico con molte assunzioni e interruzioni di lavoro, oppure un mercato del lavoro stagnante con disoccupazione di lungo periodo. Quando l'economia va in recessione, le imprese reagiscono riducendo sia le assunzioni di nuovi lavoratori che licenziando quelli attualmente occupati. In periodi di elevata disoccupazione, è più probabile che i lavoratori impiegati perdano il lavoro, mentre è meno probabile che i disoccupati trovino un'occupazione, portando ad un aumento della durata della disoccupazione. L'inflazione è l'aumento del livello dei prezzi nel tempo, mentre la deflazione è la riduzione del livello dei prezzi, corrispondente a un tasso di inflazione negativo. Due misure principali del livello dei prezzi sono il deflatore del PIL e l'indice dei prezzi al consumo (IPC), che forniscono rispettivamente il prezzo medio dei beni finali prodotti nell'economia e il costo in valuta di un paniere di consumo tipico di un consumatore urbano. Entrambi sono numeri indici, con il loro livello scelto arbitrariamente, e il tasso di variazione di ciascuno rappresenta il tasso di inflazione. Gli economisti si preoccupano dell'inflazione per diversi motivi: - Durante le fasi inflattive, non tutti i prezzi e i salari aumentano proporzionalmente, influenzando la distribuzione del reddito. - L'inflazione crea distorsioni economiche, specialmente se i redditi non sono indicizzati all'inflazione. - I pro e i contro dei diversi tassi di inflazione verranno discussi in relazione alla politica strutturale e monetaria. Le tre principali variabili macroeconomiche (produzione, disoccupazione e inflazione) sono collegate tra loro attraverso la legge di Okun, che mette in relazione la crescita della produzione e le variazioni del tasso di disoccupazione, e la curva di Phillips, che mette in relazione il tasso di disoccupazione e l'inflazione. Nel breve periodo, con prezzi costanti, l'ipotesi Hp suggerisce che le imprese possano offrire qualsiasi quantità di beni e servizi richiesta dal mercato al prezzo prevalente. Nel medio periodo, invece, consideriamo una teoria dell'offerta aggregata più articolata: - I prezzi possono variare a seconda della quantità offerta. - L'offerta aggregata dipende dalla disponibilità dei fattori produttivi e da fattori istituzionali che influenzano la formazione dei prezzi. - Esaminiamo come le scelte delle imprese nel mercato dei beni e servizi dipendano dal funzionamento del mercato del lavoro, ipotizzando che entrambi i mercati non siano perfettamente concorrenziali. - La rigidità nei mercati del lavoro e del prodotto dà a imprese e lavoratori un certo grado di potere di mercato. - Esaminiamo la determinazione dei salari sul mercato del lavoro e come le imprese fissano i prezzi. Le imprese hanno potere di mercato ? Come nel caso dell’epl l’ocse pubblica un indice di pmr ( product market regulation ) Che sintetizza il grado di rigidità e regolamentazione lungo numerose dimensioni La determinazione dei salari in Europa spesso avviene attraverso la contrattazione collettiva, coinvolgendo imprese e sindacati, con maggiore frequenza nei paesi europei. Se le competenze richieste sono elevate, si preferisce un accordo bilaterale. I salari dipendono principalmente dalla percezione dei lavoratori e dalle condizioni del mercato del lavoro. I lavoratori generalmente ricevono salari superiori al loro salario di riserva, mentre i salari tendono a crescere con un tasso di disoccupazione più basso. Ci sono due interpretazioni principali: i lavoratori possono avere una certa forza contrattuale anche senza contrattazione collettiva, e le imprese possono scegliere di pagare salari superiori al salario di riserva per motivi diversi. La forza contrattuale dei lavoratori dipende dal costo di sostituzione per l'impresa in caso di dimissioni e dalla difficoltà nel trovare un nuovo lavoro, influenzati dalla natura del lavoro e dalle condizioni del mercato. Le imprese possono anche pagare salari più alti per incentivare lavoratori più produttivi. La teoria dei salari di efficienza suggerisce che le imprese possono voler pagare salari superiori al salario di riserva per aumentare la produttività dei lavoratori. Questo dipende dalla natura del lavoro e dalle condizioni del mercato del lavoro. L'equazione dei salari indica che i salari nominali dipendono dal livello effettivo dei prezzi e dal tasso di disoccupazione. Invece, l'equazione dei prezzi indica che il salario reale scelto dalle imprese è influenzato dal markup, che rappresenta il potere di mercato delle imprese nel fissare i prezzi. Quindi, un aumento del markup può portare a un aumento dei prezzi a parità di salari, mentre un aumento del tasso di disoccupazione tende a ridurre il salario reale scelto dalle imprese. La teoria dei salari di efficienza suggerisce che le imprese possono voler pagare salari superiori al salario di riserva per aumentare la produttività dei lavoratori. Questo dipende dalla natura del lavoro e dalle condizioni del mercato del lavoro. Nel mercato del lavoro, l'equilibrio richiede che il salario reale derivante dall'equazione dei salari sia uguale al salario reale derivante dall'equazione dei prezzi. Questo determina il tasso naturale di disoccupazione, chiamato impropriamente tasso naturale di disoccupazione. Fattori come i sussidi di disoccupazione e la legislazione antitrust influenzano il tasso naturale di disoccupazione, riflettendo le caratteristiche della struttura dell'economia. Si potrebbe quindi parlare di tasso strutturale di disoccupazione. Questi concetti ci permettono di comprendere l'equilibrio del mercato del lavoro nel medio periodo e le sue implicazioni sulla produzione e sulla disoccupazione. La curva di Philips Il tasso naturale di inflazione e disoccupazione La relazione studiata da Philips denominata da Samuelson e solow < curva di Philips > ricopre un ruolo centrale nel pensiero economico.1958 Philips : individua una relazione negativa tra inflazione e disoccupazione osservando dati 1861- 1957 per uk. 1960 Samuelson e solow replicano l’esercizio per il periodo 1900-1960 per us confermano relazione negativa che chiamano curva Philips Consideriamo W= peF(u,z) P= ( 1+m)W Sostituendo il salario nominale dall’equazione dei salari all’interno dell’equazione dei prezzi otteniamo p= pe( 1+m)F(u,z) Una forma specifica per la funzione F F (u,z) 1=ąu +z Sostituiamola nel l’equazione di partenza P=pe (1+m)(1- ąu+z) Abbiamo così ottenuto una relazione tra livello dei prezzi il livello atteso dei prezzi e il tasso di disoccupazione. L'equazione principale descrive la relazione tra i prezzi attuali e previsti, il markup, l'inflazione, e il tasso di disoccupazione. Questo ci permette di capire come l'inflazione, le aspettative sull'inflazione e la disoccupazione siano interconnesse. La relazione tra inflazione, inflazione attesa e disoccupazione mostra che un aumento dell'inflazione attesa porta a un aumento dell'inflazione effettiva, mentre un aumento del markup o degli altri fattori porta a un aumento dell'inflazione. Al contrario, un aumento del tasso di disoccupazione porta a una riduzione dell'inflazione. Riscrivendo l'equazione in termini di tassi di crescita dei prezzi, otteniamo una relazione tra il tasso di inflazione, il markup, le aspettative sull'inflazione e il tasso di disoccupazione. La curva di Phillips originaria mostrava un trade-off tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione, ma questo trade-off è scomparso a partire dagli anni '70. Questo cambiamento è stato influenzato dalla persistenza dell'inflazione, dal cambiamento delle aspettative sull'inflazione e dal meccanismo di formazione delle aspettative. Il concetto di tasso naturale di disoccupazione è stato introdotto da Milton Friedman ed Edmund Phelps, sostenendo che esiste solo un trade-off limitato tra disoccupazione e inflazione. Il tasso naturale di disoccupazione è il tasso di disoccupazione che mantiene costante l'inflazione. La sua esistenza ha importanti implicazioni per la politica economica. Le variazioni dei fattori m e z influenzano il tasso naturale di disoccupazione nel tempo e tra i paesi, e possono avere effetti significativi sul mercato del lavoro. La comprensione di questi fattori è fondamentale per analizzare e prevedere la dinamica della disoccupazione e dell'inflazione. In Europa, il tasso di disoccupazione medio dal 1990 è stato del 10%, attribuibile spesso alla rigidità del mercato del lavoro. Si fa riferimento a fattori come un generoso sistema di sussidi di disoccupazione, elevata tutela del lavoro, salario minimo e regole di contrattazione. I fattori m e z sono fondamentali per determinare il tasso naturale di disoccupazione e possono variare nel tempo. Cambiamenti nel potere monopolistico delle imprese, nella struttura della contrattazione salariale e nei sistemi di sussidi influenzano questo tasso, suggerendo che non sia costante nel tempo. Le contrattazioni salariali variano in base all'inflazione. L'indicizzazione dei salari aumenta l'effetto della disoccupazione sull'inflazione, poiché un aumento dei prezzi porta a un aumento dei salari, alimentando ulteriormente l'aumento dei prezzi. Durante episodi di deflazione, la curva di Phillips può non essere valida a causa della riluttanza dei lavoratori a accettare riduzioni salariali nominali. Questo concetto può essere applicato anche alle crisi recenti. Il punto principale è che una bassa disoccupazione tende ad aumentare l'inflazione, ma questa relazione dipende dalle aspettative delle persone e delle imprese. Apertura dei mercati dei beni e dei mercati finanziari 1. Mercati dei Beni Dimensioni dell’apertura internazionale: Mercati dei beni: Opportunità per consumatori e imprese di scegliere tra beni nazionali ed esteri. Mercati delle attività finanziarie: Opportunità per investitori di scegliere tra attività finanziarie nazionali ed estere. Mercati dei fattori: Opportunità per le imprese di scegliere dove localizzare attività produttive e per i lavoratori di scegliere dove lavorare. Esportazioni e importazioni: L’Unione Europea ha aumentato il commercio internazionale rispetto al PIL negli ultimi cinquant’anni. Le esportazioni europee hanno superato le importazioni dal 2009, mentre negli Stati Uniti le importazioni hanno superato le esportazioni dagli anni Ottanta. Fonti per dati su esportazioni e importazioni: istat.it per l’Italia, unctad.org per il mondo. Scelta tra beni nazionali ed esteri: L’apertura dei mercati influenza l’equilibrio economico. La scelta tra beni nazionali ed esteri è influenzata dal tasso di cambio reale (prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri). Tassi di cambio nominali e reali: I tassi di cambio nominali possono essere quotati come prezzo della valuta nazionale in termini di valuta estera o viceversa. Le variazioni del tasso di cambio nominale includono apprezzamenti e deprezzamenti. Il tasso di cambio reale è calcolato considerando il prezzo dei beni nazionali, il tasso di cambio nominale e il livello dei prezzi esteri. 2. Mercati Finanziari Bilancia dei pagamenti: Le transazioni internazionali di un paese sono riassunte nella bilancia dei pagamenti, che include conto corrente, conto capitale e discrepanza statistica. Equilibrio nei mercati finanziari: In un’economia aperta, bisogna considerare la scelta tra titoli nazionali ed esteri. La parità scoperta dei tassi di interesse (UIP) stabilisce che i titoli con lo stesso rendimento atteso devono avere tassi di interesse nominali adeguati ai tassi di cambio. Conclusione L’apertura dei mercati implica che i consumatori e gli investitori devono scegliere tra opzioni nazionali ed estere, influenzate dai tassi di cambio e dalle condizioni economiche globali. La comprensione di questi meccanismi è cruciale per l’analisi macroeconomica in un contesto di economia aperta. Il mercato dei beni in economia aperta 1. La domanda di beni nazionali Componenti della domanda: Consumo (C), investimento (I) e spesa pubblica (G) formano la domanda nazionale. In un’economia aperta si aggiungono le esportazioni e si sottraggono le importazioni. Determinanti di C, I e G: Funzione del reddito, tassazione e tasso di interesse. Il tasso di cambio reale non influisce sulla domanda nazionale. Importazioni: Aumentano con l’incremento del reddito nazionale e con l’apprezzamento del tasso di cambio reale. Esportazioni: Aumentano con l’incremento della produzione estera e diminuiscono con l’apprezzamento del tasso di cambio reale. 2. Produzione di equilibrio e bilancia commerciale Equilibrio nel mercato dei beni: La produzione (Y) è uguale alla domanda totale di beni nazionali (Z), che include sia la domanda nazionale che estera. Effetti della domanda interna ed estera: Aumento della domanda interna incrementa la produzione ma peggiora il saldo commerciale. Aumento della domanda estera incrementa produzione e migliora il saldo commerciale. 3. Politica fiscale e tassi di cambio Coordinamento delle politiche: Difficoltà nel coordinamento delle politiche fiscali tra paesi. Deprezzamento: Influenza la bilancia commerciale migliorandola se la condizione di Marshall-Lerner è soddisfatta, ovvero se l’aumento delle esportazioni nette supera l’effetto negativo sui prezzi delle importazioni. Politiche combinate: Uso di deprezzamenti e riduzione della spesa pubblica per migliorare il disavanzo senza espandere eccessivamente la produzione. 4. Risparmio, investimento e saldo commerciale Equilibrio risparmio-investimento: In economia aperta, il saldo di conto corrente è uguale al risparmio nazionale meno l’investimento. Considerazioni: Un aumento dell’investimento deve riflettersi in un aumento del risparmio o in un peggioramento del saldo commerciale. 5. Dinamica della bilancia commerciale Curva J: Deprezzamento inizialmente peggiora la bilancia commerciale, ma successivamente migliora se la condizione di Marshall-Lerner è soddisfatta. Esempio Italia: Le variazioni del tasso di cambio reale influenzano le esportazioni nette con ritardi significativi. 6. Equilibrio nel mercato dei beni Domanda e tasso di interesse: Un aumento del tasso di interesse riduce la spesa per investimenti e la domanda di beni nazionali. Un aumento del tasso di cambio reale sposta la domanda verso i beni esteri, riducendo le esportazioni nette e la produzione. Presentazione PE3a 2.pptx 1. Medio Periodo: Differenza tra cambi flessibili e fissi svanisce nel medio periodo. Tasso di cambio reale e livello di produzione raggiungono lo stesso livello in entrambi i sistemi. 2. Relazione IS in Cambi Fissi: La domanda e produzione dipendono negativamente dal tasso di cambio reale, positivamente dalla spesa pubblica e negativamente dalle imposte, negativamente dal tasso di interesse reale nazionale e positivamente dalla produzione estera. 3. Equilibrio di Breve e Medio Periodo: Un tasso di cambio reale elevato porta a disavanzo commerciale e produzione sotto il livello potenziale. In un sistema di cambi fissi, la banca centrale non può manovrare il tasso di interesse e il disavanzo commerciale persiste nel breve periodo. 4. Svalutazione: Una svalutazione reale fa aumentare la produzione nel breve periodo, anche se può portare a crisi del tasso di cambio. 5. Crisi del Tasso di Cambio in Regime di Cambi Fissi: La svalutazione può avvenire anche se inizialmente non prevista, a causa delle aspettative dei mercati. 6. Fluttuazioni del Tasso di Cambio in Cambi Flessibili: Il tasso di cambio atteso dipende da tassi di interesse interni ed esteri correnti e futuri attesi. 7. Scelta tra Cambi Fissi e Flessibili: Cambi flessibili sono preferibili, tranne quando i paesi sono economicamente integrati o la banca centrale non segue una politica monetaria responsabile. 8. Aree Valutarie Comuni: Per Mundell, i paesi devono essere soggetti a shock simili o avere forte mobilità dei fattori produttivi per formare un’area valutaria ottimale. 9. Parità Fisse e Dollarizzazione: Cambi flessibili sono preferibili, ma in caso di incertezza sulla politica monetaria, si possono adottare cambi fissi estremi come dollarizzazione. Presentazione PE3b 2.pptx 1. Modello IS-LM: Relazioni tra domanda aggregata, tasso di interesse e livello di reddito. Effetto delle politiche fiscali e monetarie sull’economia. 2. Equilibrio nel Mercato dei Beni e Monetario: Curva IS rappresenta l’equilibrio nel mercato dei beni. Curva LM rappresenta l’equilibrio nel mercato monetario. 3. Politiche Fiscali e Monetarie: Politiche fiscali espansive spostano la curva IS a destra, aumentando reddito e tasso di interesse. Politiche monetarie espansive spostano la curva LM a destra, riducendo il tasso di interesse e aumentando il reddito. 4. Effetti nel Breve e Medio Periodo: Effetti delle politiche nel breve periodo sono immediati, mentre nel medio periodo possono portare a variazioni dei prezzi e dell’inflazione. Presentazione PE3c.pptx 1. Modello Mundell-Fleming: Analisi delle politiche economiche in un contesto di economia aperta. Relazioni tra tasso di cambio, tasso di interesse e reddito. 2. Regimi di Cambio: Effetti delle politiche economiche in regimi di cambi fissi e flessibili. 3. Effetti delle Politiche: In un regime di cambi fissi, la politica monetaria è inefficace mentre la politica fiscale è efficace. In un regime di cambi flessibili, la politica monetaria è efficace mentre la politica fiscale è meno efficace. 4. Mobilità dei Capitali: Impatti della mobilità dei capitali sui regimi di cambio e sull’efficacia delle politiche economiche. Presentazione PE3d.pptx 1. Regimi di Cambio: Discussione approfondita sui cambi fissi e flessibili. Relazione IS in cambi fissi: la produzione dipende negativamente dal tasso di cambio reale e positivamente dalla produzione estera. 2. Equilibrio di Breve e Medio Periodo: In breve periodo, cambi nominali fissi comportano cambi reali fissi. In medio periodo, i prezzi si aggiustano e i cambi nominali fissi sono compatibili con cambi reali variabili. 3. Svalutazione: Svalutazione può ottenere risultati nel breve periodo, ma può portare a crisi del tasso di cambio. 4. Crisi del Tasso di Cambio: Aspettative di svalutazione possono richiedere alti tassi di interesse o svalutazione. 5. Fluttuazioni del Tasso di Cambio in Cambi Flessibili: Tasso di cambio dipende dai tassi di interesse attuali e futuri. 6. Scelta tra Cambi Fissi e Flessibili: Cambi flessibili generalmente preferibili, ma non esiste un regime perfetto. 7. Aree Valutarie Comuni e Dollarizzazione: Formazione di aree valutarie ottimali e utilizzo di cambi fissi estremi in caso di politiche monetarie inaffidabili.