Istituzioni di Economia Politica: Microeconomia e Macroeconomia PDF
Document Details

Uploaded by SkillfulNessie5996
Tags
Summary
Questo documento copre i concetti fondamentali di microeconomia, esplorando temi come i mercati, l'allocazione delle risorse, la domanda e l'offerta. Vengono discussi anche aspetti come la trappola della povertà e i vantaggi comparati, offrendo un'analisi approfondita per la comprensione dell'economia.
Full Transcript
MICROECONOMIA - Valori assoluti in euro non contano. Contano PROPORZIONI FRA PREZZI analizzabili tramite ipotetica bilancia economica. - Proporzioni fra prezzi determinate nei MERCATI. Mercato = insieme delle azioni e scelte di singoli individui che agiscono nel mercato seguendo i propr...
MICROECONOMIA - Valori assoluti in euro non contano. Contano PROPORZIONI FRA PREZZI analizzabili tramite ipotetica bilancia economica. - Proporzioni fra prezzi determinate nei MERCATI. Mercato = insieme delle azioni e scelte di singoli individui che agiscono nel mercato seguendo i propri interessi e obiettivi e che nel loro operare devono rispettare regole ben codificate. Mercati appartengono classe ordini spontanei e i loro esiti (positivi o negativi) rispondono a una razionalità collettiva. Nei mercati si applica la teoria della MANO INVISIBILE di Adam Smith. Oggigiorno, il mercato non riesce a svolgere tutte le funzioni affidategli da Adam Smith (fallimenti del mercato): servono politiche correttive microeconomiche che modifichino o integrino le regole del mercato per tutelare interesse collettivo. - Nel sistema economico vi sono molte SCARSITÀ in primis di tempo (es. istruirsi richiede tempo da dedicare allo studio al posto di attività lavorative: ma è un investimento nelle risorse umane che in futuro portano maggior produttività). - Il progresso passa attraverso l’investimento (Principio del progresso economico della società): INVESTIRE significa rinunciare a consumare subito, ma porta maggior produttività in futuro. - RISORSE a inizio anno: 1. POPOLAZIONE: da essa l’economia trae i servizi lavorativi. Può essere valutata qualitativamente (genere, struttura d’età, capacità tecniche, formazione acquisita): in base alla accumulazione di capitale umano 2. TERRA e RISORSE NATURALI: riproducibili e non riproducibili (esauribili) 3. CAPITALE FISICO: prodotto dalla popolazione attraverso l’investimento che comporta l’impiego di risorse e tempo (che togliamo ad altre attività lavorative e a beni di consumo immediato) ma che permette di ottenere nuove risorse in futuro che portano maggior produttività - RISORSE nel corso dell’anno vengono usate per produrre: BENI DI CONSUMO PRODOTTI che diventeranno NUOVE RISORSE all’inizio dell’anno successivo: accumulazione di capitale fisico - TRAPPOLA DELLA POVERTÀ: nelle società povere famiglie dedicano tutte le loro risorse per produrre beni di consumo legati alla sopravvivenza e non hanno risorse da investire (per es. nell’educazione) che potrebbero farle uscire dalla trappola della povertà portando maggior produttività - POPOLAZIONE ITALIA: 60 milioni di abitanti, 8% stranieri, anni 2007-2008 popolazione straniera concentrata fasce lavorative, anno 2017 italiani invecchiano e stranieri pure: famiglie straniere si stanno consolidando e fanno sempre meno figli perché stanno invecchiando e perché hanno assunto abitudini di comportamento della popolazione locale. - ALLOCAZIONE: proporzioni fra vari settori cambiano continuamente: il risultato dell’attrazione di risorse e conseguente ripartizione è chiamata allocazione. Meccanismo di attrazione delle risorse è domanda in espansione proveniente da imprese attraverso il meccanismo del prezzo. - MATRICE DELL’ALLOCAZIONE: si parla di allocazione solo se vi sono: Più prodotti Più modi di produrre un bene (spostando le stesse risorse) Più di 1 settore produttivo (cioè più di una colonna) … e solo se il totale delle righe dà il totale della risorsa presente (non è contemplata l’esistenza della disoccupazione). La somma di ciascuna colonna ci indica il totale delle risorse usato in quel settore, cioè il modo in cui bene viene prodotto. - ALLOCAZIONE NON EFFICIENTE. Risorse non vengono usate pienamente, tipiche economie capitalistiche, a causa di sistema normativo improprio e proporzioni fra prezzi e beni non appropriate: non funziona MANO INVISIBILE. - ALLOCAZIONE EFFICIENTE: non esiste un’altra allocazione delle stesse risorse che consente di aumentare la produzione di un bene senza diminuire la produzione di un altro bene. Se riallocando le stesse risorse si riesce a produrre più di un certo bene, senza intaccare la produzione di un altro bene, l’originaria allocazione non era efficiente. - Se risorse sono impiegate pienamente, cioè allocate in modo efficiente, economia si trova sulla FRONTIERA DELLE POSSIBILITÀ PRODUTTIVE: indica quantità massima che si può produrre di un bene date certe risorse e la quantità da produrre degli altri beni. Graficamente è una curva inclinata negativamente: se voglio aumentare la produzione del primo bene di una unità devo necessariamente ridurre la produzione del secondo bene. Tutti i punti sulla frontiera sono efficienti. - L'efficienza allocativa è condizione necessaria e sufficiente perché l'economia stia sulla frontiera. - COSTO OPPORTUNITÀ del bene A in termini bene B è la quantità del bene A a cui dobbiamo rinunciare per produrre 1 unità in più del bene B: graficamente è l’inclinazione della frontiera. Calcolo: ΔA / ΔB - VANTAGGI COMPARATI: Giovanna è più brava di Pietro in termini assoluti. Calcoliamo quante magliette/giacche riescono a fare nel tempo che ci mettono a fare una giacca/maglietta. In senso COMPARATIVO Giovanna è più brava di Pietro a fare magliette e Pietro è più bravo di Giovanna a fare giacche. Riallocando le stesse risorse in modo diverso otteniamo una maggior produzione sia di giacche che di magliette: le prime due allocazioni non erano efficienti, non possiamo essere sicuri che la terza sia efficiente (non esiste “più efficiente di” o “meno efficiente di”). - Argomentazione a vantaggio del LIBERO COMMERCIO: Giovanna = UK; Pietro = Portogallo. Anche se l’UK è più bravo in termini assoluti non gli conviene applicare una politica autarchica: ad entrambi i Paesi conviene specializzarsi nella produzione in cui ciascun Paese è comparativamente più bravo e produrre più di quello che serve per i consumi interni a scapito dell’altra produzione e colpare il gap dell’altro bene attraverso il commercio internazionale. - FATTORI DI PROSPERITÀ ECONOMICA di un Paese: 1. Quantità, qualità e crescita nel tempo RISORSE 2. CONOSCENZE TECNOLOGICHE 3. ALLOCAZIONE DELLE RISORSE - Non esiste mente organizzativa nei mercati: le risorse sono attratte da un meccanismo di mercato. NEI MERCATI vengono prese 2 GRANDI SCELTE: cosa produrre e come produrre. Scelte sono impersonali e spontanee. - COSA PRODURRE? 1. Aumenta domanda di un certo bene perché aumenta capacità di acquisto di tale bene 2. Prezzo del bene diventa profittevole per le imprese 3. Aumenta domanda di lavoro e di capitali da parte delle imprese che offrono maggiori salari/stipendi e maggiori interessi (meccanismo del prezzo) 4. Risorse lavoro e capitali vengono attratte al nuovo settore - COME PRODURRE? Stabilito tramite il criterio della minimizzazione dei costi. - Esistono strutture di potere politico ed economico (lobby, holding finanziarie, concentrazioni industriali…) che possono condizionare esiti del mercato e cercare di influenzare potere politico. Fondamentale è la SORVEGLIANZA ANTITRUST (che prevede sanzioni, controlli, sorveglianza per impedire comportamenti lesivi della concorrenza e del libero mercato). - MERCATI FORMALI (es. Borsa valori): 1. Mercato fortemente e formalmente organizzato con regole strettamente codificate 2. Mercato trasparente e molto competitivo 3. Tutti hanno accesso a informazioni esatte e medesime in tempo reale 4. Prezzi fluttuano moltissimo: forte volatilità del prezzo nel breve e brevissimo periodo 5. Estremamente sensibili a ciò che accade nel mondo politico-economico perché l’informazione gira prontamente - MERCATI NON FORMALI (es. mercato automobilistico): 1. Regolati esclusivamente da regole generali del commercio e della concorrenza 2. NON piena trasparenza o una organizzazione formale del mercato 3. Questo NON significa che vi sia meno concorrenza: le informazioni circolano, ma in modo diverso e indiretto (es. attraverso la pubblicità) 4. Lo stesso bene potrebbe essere scambiato a prezzi diversi nel medesimo istante 5. Prezzi mediamente stabili nel corso del tempo: non vi è una forte volatilità del prezzo - DOMANDA: ipotetica quantità che si desidera e si è pronti ad acquistare. Risponde a ragionamento ipotetico “se… allora… acquisto”. Fattori che influiscono sulla domanda: Il prezzo in € del bene stesso, diciamo, il bene n: pn Il prezzo in € degli altri beni: (p1, p2, …, pn-1) Il reddito in €: y Una serie di fattori sociologici (es. età media, livello di istruzione, …): S A parte vi sono anche le preferenze. - FUNZIONE DI DOMANDA: qnd = D (pn ; p1 ; p2 ; … ; pn-1 ; y ; S): possiamo studiare influsso di una singola variabile isolandola, e attribuendo valore costante alle altre variabili. Funzione di domanda ha 1 proprietà: se tutti i prezzi e il reddito aumentano nelle stesse proporzioni, la domanda di un bene non varia: non vi è illusione monetaria. - Acquistando un certo bene riduco la capacità di acquistarne altri: vi è sempre un costo opportunità. Dato un certo reddito e il prezzo di due beni, possiamo scrivere l’equazione del VINCOLO DI BILANCIO (che è RETTA DI BILANCIO se spesa è esattamente uguale al reddito e se vi sono solo 2 beni): Y= p1q1 + p2q2 - Se spesa è inferiore al reddito l’equazione diventa una disuguaglianza: abbiamo RISPARMIO (posticipazione del consumo). Per quale motivo si risparmia? 1. Movente precauzionale (incertezza del futuro) 2. Interessi aggiuntivi 3. Tutelare future generazioni 4. Pensioni (risparmio previdenziale) - Per rappresentare GRAFICAMENTE RETTA DI BILANCIO conviene scriverla così: Per disegnarla, suppongo di utilizzare tutto il reddito solo per un bene (Y/p1) e poi tutto il reddito solo per il secondo bene (Y/p2) e collego i punti. È una retta inclinata negativamente perché avendo un budget fisso se aumento la domanda di un bene devo per forza ridurre la domanda dell’altro: vi è un costo opportunità che calcolo facendo p1/p2. –(p1/p2) col segno meno davanti indica l’inclinazione. - PREZZO RELATIVO del bene 1 rispetto al bene 2 è il rapporto fra il prezzo in € del bene 1 e il prezzo in € del bene 2. - La COMBINAZIONE di beni che la famiglia sceglie dipende dai gusti e dal meccanismo di razionalità scelto: MECCANISMO DI RAZIONALITÀ UMANA: famiglia sceglie la combinazione in base ad abitudini chiamate ROUTINE che ritiene soddisfacenti. Se il reddito aumenta, si crea nuova retta di bilancio e si affermerà una nuova routine. MECCANISMO DI RAZIONALITÀ OLIMPICA: scelta implica di provare matematicamente tutte le combinazioni possibili dei punti sulla retta di bilancio e verificare quale scelta porta un maggior soddisfacimento. - Se il prezzo di un bene cala (mentre reddito e prezzo dell’altro bene restano costanti), la RETTA di bilancio RUOTA VERSO L’ALTO. Il prezzo relativo del secondo bene in termini del primo aumenta, mentre il prezzo relativo del primo bene in termini del secondo diminuisce. Possiamo supporre che il consumatore passa dal punto A al punto B, cioè compra di più sia del primo bene che del secondo. Se restasse nel punto A mantenendo le sue abitudini, spenderebbe meno perché il prezzo di un bene è diminuito. L’economista distingue tra: EFFETTO DI REDDITO: consiste in una variazione delle quantità domandate dei beni per effetto della variazione del potere di acquisto del consumatore indotta da una variazione di prezzo di un bene: Un aumento di reddito (a parità di prezzo relativo) determina un aumento della domanda per molti beni ma non tutti. EFFETTO DI SOSTITUZIONE: imputabile alla variazione del prezzo relativo. La riduzione del prezzo relativo (a parità di reddito) determina sempre un aumento della domanda del bene il cui prezzo relativo diminuisce. Quindi, nel caso di una diminuzione del prezzo di un bene, a parità di ogni altro prezzo e del reddito, fa aumentare la domanda del bene stesso. - Dalle rette di bilancio passiamo alla CURVA DI DOMANDA MICROECONOMICA della singola famiglia rappresentando la quantità di un solo bene in relazione al prezzo. Curva di domanda esprime gli acquisti desiderati di quel bene in relazione a prezzo del bene stesso, fermi restando reddito e prezzi di altri beni. È inclinata negativamente perché se aumenta il prezzo del bene, la domanda di quel bene generalmente cala perché la clientela si rivolge a concorrenti Se però dovesse aumentare il prezzo del bene nell’intero mercato allora la domanda probabilmente diminuirà ma in maniera molto meno rilevante, o addirittura potrebbe non diminuire. Inoltre, vi sono alcuni beni legati alla sopravvivenza la cui domanda non diminuisce anche in caso di aumento del prezzo di tale bene. - BENI DI GIFFEN: nell’ ‘800 la dieta dei contadini irlandesi era principalmente costituita da patate. Immaginiamo che il prezzo delle patate diminuisca: avremo così un effetto di sostituzione. Siccome le patate non danno un grande contributo nutritivo, i contadini decidono di non aumentare o diminuire il consumo di patate, e di acquistare carne. Aumenta così il consumo di carne e diminuisce il consumo di patate. Immaginiamo che il prezzo delle patate aumenti a parità di reddito: i contadini consumeranno meno carne e torneranno ad acquistare più patate. - CURVA DI DOMANDA DELL’INTERO MERCATO = dobbiamo considerare tutte le famiglie potenzialmente interessate al bene, poi formulare le curve di domanda individuali, infine sommare le quantità domandate, per ogni prezzo. - DOMANDA IN RELAZIONE AL REDDITO: se reddito aumenta, la domanda di un bene può: aumentare o restare costante (in caso di beni normali) o diminuire (in caso di beni inferiori). BENE NORMALE = bene la cui domanda aumenta (o resta costante) all’aumentare del reddito, a parità di ogni altra circostanza. Normalità di un bene è un attributo soggettivo, e può dipendere dal suo reddito BENE INFERIORE = bene la cui domanda diminuisce all’aumentare del reddito, a parità di ogni altra circostanza. Inferiorità di un bene è un attributo soggettivo, e può dipendere dal suo reddito. - DOMANDA IN RELAZIONE AL PREZZO DI UN ALTRO BENE: se aumenta il prezzo di un altro bene, la domanda del primo bene può: aumentare (in caso di beni sostituti) o diminuire (in caso di beni complementari). BENE SOSTITUTO = dati due beni (i e j) sono sostituti quando all’aumentare del prezzo del bene j, la domanda del bene i aumenta, a parità di ogni altra circostanza. La sostituibilità può riguardare anche gruppi di beni sostituibili tra loro e la sostituibilità andrebbe definita al netto dell’effetto di reddito. BENE COMPLEMENTARE = dati due beni (i e j) sono complementari quando all’aumentare del bene del bene j, la domanda del bene i diminuisce, a parità di ogni altra circostanza. La complementarietà può riguardare anche gruppi di beni complementari tra loro e la complementarietà andrebbe definita al netto dell’effetto di reddito. - DOMANDA IN RELAZIONE ALLE CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE: mutamento nelle caratteristiche demografiche (natalità, vita media, immigrazione, mutamento nel grado di istruzione o tasso di attività…) ha un suo influsso sulla domanda dei vari beni, a parità di ogni altra circostanza. - Tramite spostamenti della curva di domanda possiamo esprimere gli effetti della variazione di queste variabili: Aumento di reddito sposta curva verso destra se è un bene normale Aumento di reddito sposta curva verso sinistra se è un bene inferiore Aumento di prezzo di un bene sostituto sposta curva verso destra Aumento di prezzo di un bene complementare sposta curva verso sinistra - MOTIVI che fanno ESPANDERE la DOMANDA da q1 a q2: Abbassamento del prezzo per fattori interni (1) Espansione della domanda (a parità di prezzo) per fattori esterni (2) 2 1 - PREZZO MASSIMO CHE SI È DISPOSTI A PAGARE PER UNA PREFISSATA QUANTITÀ: Nel grafico a sinistra si parte dal prezzo offerto dal mercato e si determina la quantità ottimale da acquistare che ciascuna famiglia desidera di tale bene. Nel grafico a destra abbiamo la rappresentazione della funzione inversa che rappresenta il prezzo massimo che il consumatore è disposto a pagare per avere una prefissata quantità di tale bene. La disponibilità a pagare è più elevata quanto minore è la quantità che si vuole acquistare. Per consumare quantità crescenti di quel bene, si è disposti a pagare, per ogni unità, sempre meno in quanto il bene fornisce un beneficio minore. - OFFERTA: ipotetica quantità di un bene che si desidera e si è in grado di vendere NELL’UNITÀ DI TEMPO in date circostanze. Risponde a ragionamento ipotetico “se… allora…”. Offerta di un bene che viene prodotto non è necessariamente pari alla quantità prodotta. - Le FORZE CHE AGISCONO SULL’OFFERTA sono DIVERSE a seconda dell’ORIZZONTE TEMPORALE. I venditori reagiscono in modo immediato alle mutevoli circostanze occasionali, ma richiede più tempo per reagire a circostanze attese più persistenti. - La detenzione di SCORTE assicura flusso continuo di offerta sul mercato, anche se i flussi di produzione/forniture sono discontinui. Vi è un continuo accumulo/decumulo di scorte quindi dobbiamo considerare lo STOCK MEDIO DETENUTO. - Questo VALORE MEDIO di scorte PUÒ VARIARE VOLONTARIAMENTE: Vi è ACCUMULO volontario quando il prezzo sul mercato cala, fermo restando il flusso di produzione. Vi è DECUMULO volontario quando il prezzo sul mercato aumenta, fermo restando il flusso di produzione. - Questo VALORE MEDIO di scorte PUÒ VARIARE INVOLONTARIAMENTE: AUMENTA quando il flusso di offerta non è assorbito dal mercato DIMINUISCE quando la produzione viene involontariamente ridotta. - MARKETING = processo per raggiungere in modo più efficace ed efficiente il mercato. - Semplifichiamo il ragionamento IGNORANDO l’esistenza della FILIERA DI PRODUZIONE, supponendo che vi sia un’unica impresa che controlla sia la produzione che la distribuzione dello stesso bene. - Le VENDITE ATTESE quest’anno è il RISULTATO di scelte e decisioni contingenti (prese quest’anno), ma anche di scelte prese negli anni precedenti. La teoria dell’offerta ha un’importante dimensione temporale. Fondamentale è il SETTORE R&S (le spese di R&S sono classificate come spese di investimento, che definiscono la qualità del bene nel futuro e la capacità produttiva dell’impresa) che prende decisioni sia di breve che lungo periodo: Le decisioni di breve riguardano quanto utilizzare la capacità produttiva e sono reversibili Le decisioni di lungo sono permanenti e irreversibili. - Distinguiamo 3 ORIZZONTI DI TEMPO (no arco di tempo in numero, ma in senso logico): 1. BREVISSIMO PERIODO: tempo appropriato per reazioni immediate, praticabili subito, a circostanze che sono avvenute in modo totalmente casuale e che ci si aspetta siano transitorie/occasionali. I flussi (mensili, settimanali, perfino giornalieri) di produzione non sono modificabili e l’offerta può essere modificata solo attraverso variazioni di scorte. 2. BREVE PERIODO: Riguarda l’iniziale reazione a circostanze attese più profonde e permanenti (es. mucca pazza): i flussi di produzione vengono regolati attraverso un uso più o meno intenso di una capacità produttiva già esistente (senza variare la capacità produttiva stessa). 3. LUNGO PERIODO: Riguarda la piena reazione a circostanze attese profonde e permanenti: sono oggetto di scelta la capacità produttiva, i modi di produzione e la stessa presenza nel mercato o riconversione in un altro mercato. Nel lungo periodo vengono prese le scelte strategiche. - OFFERTA DI UN’IMPRESA, in un tempo sufficientemente lungo, dipende da: Il prezzo (attuale e atteso) del bene “n”: pn Il prezzo (attuale e atteso) dei fattori produttivi (risorse): F1, F2, …, Fm FUNZIONE DI OFFERTA: - Il criterio in base al quale si stabilisce il valore esatto di qno è il MASSIMO PROFITTO. - Dati i prezzi (pn, F1, F2, …, Fm), la capacità della singola impresa di generare profitti dipende dalla sua TECNOLOGIA (= tutte le conoscenze organizzative e tecniche che consentono di trasformare l’utilizzo di risorse, che genera costi, in prodotti, che generano ricavi). - OFFERTA singola impresa IN RELAZIONE AL PREZZO DEL BENE STESSO: a parità di altre circostanze, essa è esprimibile attraverso la CURVA DELL’OFFERTA. Offerta è diversamente sensibile in relazione all’orizzonte temporale. 1. BREVISSIMO PERIODO: La distanza tra la retta verticale e la curva indica la variazione nell’uso delle scorte e l’aumento dell’offerta è limitato all’uso delle scorte disponibile. La linea tratteggiata verticale esprime il flusso di produzione dato e costante L’offerta è poco sensibile rispetto al prezzo, specie nel caso di prodotti molto deperibili (o conservabili ad un costo molto elevato), perché vi sono scarsi margini di manovra. - Offerta = Produzione se il prezzo di mercato è quello atteso al momento di progettare la produzione (linea tratteggiata orizzontale) - Se il prezzo è superiore, l’offerta supera la produzione e c’è decumulo volontario di scorte (entro certi limiti) - Se il prezzo è inferiore, l’offerta è inferiore alla produzione e c’è un accumulo volontario di scorte. 2. BREVE PERIODO: l’offerta è più sensibile al prezzo, a parità di altre circostanze, perché abbiamo maggiori margini di manovra (non ha più senso utilizzare le scorte, perché posso modificare la produzione utilizzando più intensamente i fattori produttivi) La linea tratteggiata verticale esprime ora la capacità produttiva data e costante - Offerta = capacità produttiva se il prezzo sul mercato è in linea con quello previsto, utilizzo al 100% la capacità produttiva allora la produzione sarà il punto di incontro tra la curva dell’offerta e la retta tratteggiata verticale. - Se il prezzo sul mercato è superiore rispetto a quello previsto (l’imprenditore si rende conto che avrebbe dovuto investire di più nel passato) vi è un sovra-utilizzo della capacità produttiva (sopra al 100%) - Se il prezzo sul mercato è inferiore rispetto a quello previsto, vi è un sottoutilizzo della capacità produttiva. 3. LUNGO PERIODO: l’offerta è molto sensibile rispetto al prezzo, a parità di altre circostanze, perché tutto è modificabile nel lungo (sia la produzione che la capacità produttiva): l’unico vincolo è costituito dalle conoscenze tecnologiche. Nella curva di offerta di lungo periodo non ci sono errori sistematici di previsione del prezzo futuro (costruzione alquanto astratta) (?) - CAPACITÀ PRODUTTIVA = flusso di produzione ‘normale’ in previsione del quale gli impianti sono stati progettati e costruiti. Il grado di utilizzo della capacità produttiva è normalmente espresso in numero indice (cioè fatta pari a 100 la capacità produttiva). - CONCORRENZA = risultato interazione sul mercato di più imprese che competono tra loro. 2 tipi di concorrenza: PRICE COMPETITION: riduzione del prezzo rispetto ad altre imprese (ci occupiamo solo di questa) NON-PRICE COMPETITION: offerta di servizi o beni di maggior qualità e più adatti al cliente (senza riduzioni di prezzo). - SCELTA di comprare tra un’impresa e l’altra dipende dal PREZZO DELLA CONCORRENZA. - ELEMENTI NECESSARI affinché vi sia CONCORRENZA SUL MERCATO: 1. TRASPARENZA DELLE CONDIZIONI: vi è obbligo dei commercianti di esporre i propri prezzi. Riguarda possibilità di conoscere i prezzi di tutte le imprese senza costi. Vi è trasparenza perfetta nei mercati formali. 2. ASSENZA DI COSTI DI USCITA 3. ASSENZA DI INTESE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA: devono essere proibite dalla legislazione antitrust. 4. ASSENZA DI BARRIERE ALL’INGRESSO DI NUOVI CONCORRENTI 5. ATTIVITÀ DI REGOLAMENTAZIONE E SANZIONE per tutelare concorrenza a favore dell’interesse collettivo 6. SISTEMA DI COMPENSAZIONE: permette di far prevalere l’interesse pubblico (che è legittimo e degno di essere tutelato) contro le grandi imprese che si vedono danneggiate da una politica pro-concorrenziale - Vi è CONCORRENZA PERFETTA quando sono presenti tutti questi elementi e quando nessuna impresa può influire in modo apprezzabile sulle condizioni del mercato perché se lo facesse (praticando un prezzo appena più elevato a quello praticato sul mercato) non riceverebbe alcuna domanda. L’influenza di ciascuna impresa è tanto piccola da poter essere trascurata, ma non è nulla. Quando questo accade diremo che l’impresa è PRICE TAKER. - PUÒ PRODURRE UNA QUALSIVOGLIA QUANTITÀ al prezzo espresso dalle dinamiche del mercato perché è in grado di vendere sempre tutta la quantità prodotta nel mercato di concorrenza perfetta. Infatti, se anche non riuscisse a venderla tutta, l’impresa può abbassare marginalmente il prezzo (riduzione infinitesimamente piccola) portando così verso di sé tutta la domanda necessaria a vendere i prodotti. - In un mercato di concorrenza perfetta, le vendite desiderate siano maggiori degli acquisti (ad esempio, a causa di una minor preferenza da parte dei consumatori). Si avrà la seguente sequenza: a. ciascuna impresa individualmente riduce di poco il proprio prezzo b. il prezzo dell'intero mercato tende a diminuire c. l'offerta di ogni singola impresa tende a diminuire d. la domanda tende a raggiungere l'offerta e. diminuisce il numero di imprese nel mercato - CURVA DI DOMANDA che si rivolge a IMPRESA PRICE TAKER è una retta orizzontale: se il prezzo applicato fosse superiore a p*, la quantità domandata sarebbe zero fino a che l’impresa non abbassa il prezzo a p*. La curva di domanda però in realtà NON è completamente orizzontale: se impresa si accorge che non vi è sufficiente domanda, applica una riduzione infinitesimale del prezzo (tanto piccola da non essere visibile nel grafico) in modo da vendere tutto. È in realtà una retta inclinata negativamente. La concorrenza perfetta è una situazione limite che mai troveremo in un mercato reale. Stati possono tentare di costringere le imprese non perfettamente concorrenziali ad operare come se il mercato fosse perfettamente concorrenziale attraverso la NORMATIVA ANTITRUST - CURVA DI OFFERTA INTERNO MERCATO NEL BREVE e BREVISSIMO: partendo dalle singole curve di offerta di tutte le imprese, le sommiamo e troviamo la curva di offerta dell’intero mercato nel breve e brevissimo. Calcolo: - CURVA DI OFFERTA INTERO MERCATO NEL LUNGO: più complicato ottenere la curva perché ci aspettiamo che un aumento permanente del prezzo faccia entrare nuove imprese o che una diminuzione permanente del prezzo faccia uscire alcune imprese esistenti: supponiamo impresa operi sempre in modo efficiente, ai minimi costi. Se il mercato è in espansione, il prezzo aumenta, si fanno più profitti e questo funge da incentivo per le imprese ad entrare nel mercato. Più imprese entrano nel mercato e più il prezzo cala perché aumenta l’offerta che “raffredda” la dinamica del prezzo. L’incentivo ad entrare nel mercato termina quando il prezzo è tornato più o meno al livello originario e cessano i maggiori profitti rispetto ad altri mercati. Se il mercato è in contrazione (perché si riduce la domanda), calano i prezzi, si fanno meno profitti e le imprese chiudono o lasciano il mercato perché cercano settori più profittevoli e l’offerta si riduce. Questo meccanismo si protrae fino alla scomparsa del mercato oppure si assesta quando con la riduzione dell’offerta il prezzo torna a salire e si assesta fino al livello originario: sono così ripristinate le condizioni per avere un buon profitto. - Questo prezzo critico è appena in grado di coprire i costi di produzione compresa la retribuzione del capitale (interessi da pagare): è il MINIMO COSTO UNITARIO. - Se il prezzo sul mercato è pari al prezzo critico, le imprese fanno profitti in linea con le previsioni e riescono a retribuire il capitale. Se il prezzo sul mercato è superiore al prezzo critico, vi è la tendenza di nuove imprese ad entrare nel mercato e quindi all’espansione della produzione e al conseguente calo del prezzo verso il prezzo critico. Se il prezzo sul mercato è inferiore al prezzo critico, le imprese tendono ad uscire dal mercato e quindi con la riduzione dell’offerta il prezzo torna a salire verso il prezzo critico. - L’EFFETTO DELLA VARIAZIONE DEL PREZZO DI UN FATTORE PRODUTTIVO, a parità di altre circostanze, è descrivibile attraverso uno spostamento della curva di offerta. Anche l’effetto del progresso tecnologico (aumento della produttività dei fattori produttivi) è descrivibile attraverso uno spostamento della curva di offerta. N.B.: Nel lungo periodo c’è un prezzo critico che consente alle imprese che operano in quel mercato di ottenere un tasso di profitto in linea con quello degli altri mercati. Un prezzo più elevato attrarrebbe illimitatamente delle nuove imprese e Qno sarebbe infinito. Un prezzo più basso farebbe chiudere tutte le imprese e Qno sarebbe pari a zero. - EFFETTO DELL’AUMENTO DEL PREZZO DI UN FATTORE PRODUTTIVO (es. salario): a parità di pn e del prezzo degli altri fattori, l’aumento del prezzo di un fattore produttivo riduce l’incentivo a produrre e Qno diminuisce. Oppure, un Qno costante richiede un pn più elevato (oppure una combinazione delle due cose, in relazione alla curva di domanda). L’opposto vale per una diminuzione del prezzo di un fattore produttivo. - EFFETTO DEL PROGRESSO TECNOLOGICO SULLA CURVA DI OFFERTA: a parità di tutti i prezzi, il progresso tecnologico offre un maggior incentivo a produrre e quindi aumenta Qno. Oppure, la stessa produzione viene offerta ad un prezzo più basso (oppure una combinazione delle due cose, in relazione alla domanda). - EQUILIBRIO DI MERCATO del bene “n” è una coppia di valori (pn, qn) tale che tutti i soggetti interessati (famiglie, imprese) possono realizzare le transazioni desiderate e che nessuno abbia un incentivo a modificare il proprio comportamento, a parità di altre circostanze. Come si determina (pn, qn) in un mercato di concorrenza perfetta? Essi convergono verso un punto di equilibrio tra le forze della domanda e dell’offerta (graficamente, l’intersezione tra le due curve). - Siccome le forze dell’offerta sono diverse a seconda dell’orizzonte temporale, distinguiamo: 1. BREVISSIMO (GIORNO PER GIORNO): la quantità offerta ha poca variabilità. Le forze dell’offerta influiscono prevalentemente su qn, mentre le forze della domanda influiscono prevalentemente su pn. L’equilibrio varia di giorno in giorno perché dipende da fattori transitori/casuali (es. quotazione giornaliera petrolio) 2. BREVE: la variabilità dell’offerta è molto maggiore. Le curve di domanda e offerta sono come 2 lame di una forbice e concorrono egualmente alla determinazione di qn e pn. 3. LUNGO: la quantità offerta è estremamente variabile e il prezzo tende a gravitare verso un valore fisso di lungo periodo. Le forze dell’offerta determinano pn, mentre le forze della domanda determinano qn. - MECCANISMI CONCORRENZIALI SPONTANEI: Se il prezzo fosse p’, DOMANDA INFERIORE ALL’OFFERTA e la quantità scambiata sarebbe q’. I venditori non riescono a vendere ciò che vorrebbero vendere: venditori offrono sconti/svendite e consumatori offrono prezzi più bassi. La concorrenza tra venditori fa diminuire prezzo. Se il prezzo fosse p’’, DOMANDA SUPERIORE ALL’OFFERTA e la quantità scambiata sarebbe q’’. I consumatori non riescono a comprare ciò che vorrebbero comprare: consumatori offrono prezzi più alti e venditori aumentano prezzi per guadagnare di più. La concorrenza fra compratori fa aumentare prezzo. C’è una convergenza verso la coppia p*, q*. Nella coppia q*, p* i consumatori desiderano comprare esattamente la stessa quantità che i produttori desiderano vendere. - SPOSTAMENTI DELLA CURVA DI DOMANDA O OFFERTA: Aumento di DOMANDA verso DESTRA, aumenta sia la quantità che prezzo di equilibrio. Vediamo due grafici che però hanno diversa proporzione tra effetti: A B Grafico A: aumenta molto il prezzo e poco la quantità. Grafico B: aumenta molto la quantità e poco il prezzo. I grafici differiscono nell’inclinazione della retta dell’offerta: per capire l’effetto dello shock dal lato della domanda dobbiamo guardare l’inclinazione della curva dell’offerta. Diminuzione di DOMANDA verso SINISTRA, diminuisce sia quantità che prezzo di equilibrio Aumento di OFFERTA verso DESTRA, aumento quantità e diminuzione prezzo di equilibrio Diminuzione di OFFERTA verso SINISTRA, diminuzione quantità e aumento prezzo di equilibrio. Vediamo due grafici che però hanno diversa proporzione tra effetti: C D Grafico C: aumenta molto il prezzo e poco la quantità. Grafico B: aumenta molto la quantità e poco il prezzo. I grafici differiscono nell’inclinazione della retta della domanda: per capire l’effetto di uno shock dal lato dell’offerta dobbiamo guardare l’inclinazione della curva di domanda. - ELASTICITÀ ASSOLUTA: indica di quanto aumenta mediamente la quantità prodotta all’aumentare di 1 euro di prezzo Esempio: Confrontiamo due punti sulla curva di offerta, punto A e B. Viene prodotta 1 tonnellata se il prezzo è pari a 1 euro, e 2 tonnellate se il prezzo è pari a 5 euro. Facciamo il calcolo della variazione: Δq = (nuova quantità – vecchia quantità) = (2-1) = 1 tonnellata Δp = (nuovo prezzo – vecchio prezzo) = (5-1) = 4 euro tonnellate/euro Ora cambiamo unità di misura (secondo grafico) e misuriamo il grano prodotto in quintali. È l’esatta situazione precedente ma con diverse unità di misura. Con 1 euro si produce sempre 1 tonnellata cioè 10 quintali. Il grafico però è diverso: cambiando unità di misura è cambiata l’inclinazione che dipende dalle unità di misura utilizzate e quindi anche l’elasticità assoluta (2,5 quintali/euro). Questo ci impedisce di fare confronti fra le varie elasticità (che dipendono dall’inclinazione della curva/retta). Ecco perché dobbiamo annullare le unità di misura e utilizzare numeri puri. - ELASTICITÀ PROPORZIONALE: L’elasticità proporzionale della domanda rispetto al prezzo (η) è la variazione proporzionale (%) della quantità domandata dovuta ad una variazione percentuale unitaria (dell’1%) del prezzo. Possiamo sempre passare dalle variazioni proporzionali in variazioni percentuali moltiplicando per 100. Una variazione proporzionale è sempre espressa da un numero puro, cioè adimensionale. ESEMPIO 1: Prezzo= 1 euro, Quantità = 1 tonnellata Prezzo = 5 euro, Quantità = 2 tonnellate Calcolo elasticità assoluta: Δq = (nuova quantità – vecchia quantità) = (2-1) = 1 tonnellate Δp = (nuovo prezzo – vecchio prezzo) = (5-1) = 4 euro ε= tonnellate/euro -> Elasticità assoluta All’aumentare di 1 euro, la quantità offerta aumenta di 0,25 tonnellate. Variazione percentuale assoluta (prezzo): 4*100= 400% euro Variazione percentuale assoluta (quantità): 1*100 = 100% tonnellate Annulliamo le unità di misura: Δq/q = 1 tonnellate / 1 tonnellate (tonnellate si annullano) = 1 -> Numero puro Δp/p = 4 euro / 1 euro (euro si annulla) = 4 -> Numero puro Calcolo elasticità proporzionale All’aumentare del prezzo di un’unità, la quantità offerta aumenta di 0,25 Elasticità proporzionale percentuale = 0,25*100 = 25% ESEMPIO 2: Prezzo = 1 euro, Quantità = 10 quintali Prezzo = 5 euro, Quantità = 20 quintali Calcolo elasticità assoluta: Δq = (nuova quantità – vecchia quantità) = (20-10) = 10 quintali Δp = (nuovo prezzo – vecchio prezzo) = (5-1) = 4 euro ε= 2,5 quintali/euro -> Elasticità assoluta All’aumentare di 1 euro, la quantità offerta aumenta di 2,5 quintali. Variazione percentuale assoluta (prezzo): 10*100 = 1000% euro Variazione percentuale assoluta (quantità): 4*100 = 400% quintali Annulliamo le unità di misura: Δq/q = 10 quintali / 10 quintali (quintali si annullano) = 1 -> Numero puro Δp/p = 4 euro / 1 euro (euro si annulla) = 4 -> Numero puro Calcolo elasticità proporzionale All’aumentare del prezzo di un’unità, la quantità offerta aumenta di 0,25 Elasticità proporzionale percentuale = 0,25*100 = 25% - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELL’ELASTICITÀ: L’elasticità proporzionale, nel punto di incontro tra retta e asse verticale, è tendente a -∞ (“meno” perché la retta va verso sinistra). Calcolo: L’elasticità proporzionale, nel punto di incontro tra retta e asse orizzontale, è zero perché - In generale, η NON È COSTANTE lungo la curva di domanda, ma può variare moltissimo (e quindi è un attributo di un intervallo o un punto e non dell’intera curva) dato che p e q non sono costanti. ECCEZIONI: Dobbiamo ricordare 3 casi nei quali l’elasticità è costante. Come facciamo a dirlo? Semplicemente considerando una o entrambe le variabili p e q costanti. CASO I) q costante, di conseguenza la domanda non reagisce per nulla al prezzo (es. farmaco salvavita): in questo caso l’elasticità è costante e avremo che Δq/Δp è ZERO allora l’elasticità sarà essa stessa pari a zero. CASO II) p costante, possiamo notare che il grafico corrisponde alla curva di domanda che si rivolge all’impresa price-taker. Il valore limite non si potrebbe calcolare precisamente: avrò valori di elasticità che tendono a meno infinito. La domanda è infinitamente elastica, cioè estremamente reattiva rispetto a variazioni minime di prezzo. CASO III) prodotto (p x q) = costante (graficamente è un ramo di iperbole equilatera) Es. se aumenta dell’1%, diminuisce dell’1%. Il valore dell’elasticità sarà pari a -1 (perché p e q sono inversamente proporzionali tra loro). - ELASTICITÀ IN UN PUNTO DELLA CURVA DI DOMANDA: L’elasticità è talvolta definita in un punto della curva di domanda, piuttosto che in un intervallo: - ELASTICITÀ DOMANDA/OFFERTA RISPETTO VARIABILI: Facendo il rapporto fra la variazione proporzionale della quantità domandata (o offerta) e la variazione proporzionale del prezzo del bene (o di altri prezzi o del reddito) si ottengono misure di elasticità. - FATTORI che INFLUISCONO sul valore dell’ELASTICITÀ DI DOMANDA: Presenza di sostituti (elasticità tanto maggiore quanto più stretti sono i sostituti) Orizzonte temporale (elasticità tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale) Definizione dei gruppi merceologici (elasticità tanto maggiore quanto più personalizzato è il bene per il cliente) - TERMINOLOGIA ELASTICITÀ: |0|: domanda PERFETTAMENTE RIGIDA (es. prezzo di farmaci salvavita nei Paesi ricchi) |0 La quantità è una funzione del prezzo (curva di domanda) In base alla politica di prezzo che scegliamo p e q aumentano e diminuiscono rispettivamente. L’effetto netto dipende dal valore dell’elasticità. 1) Aumenta il prezzo in caso di Domanda rigida < 1 (numeratore minore del denominatore): Se il prezzo aumenta dell’1%, la domanda diminuisce, ad esempio, del 0,5%. Domanda reagisce poco. Effetto netto: il prezzo varia di più rispetto alla quantità, se Δp è positivo, ΔR è positivo anche esso e quindi AUMENTANO I RICAVI. 2) Diminuisce il prezzo in caso di domanda rigida < 1 (numeratore maggiore del denominatore): se Δp è negativo anche ΔR è negativo e quindi DIMINUISCONO I RICAVI. 3) Aumenta il prezzo in caso di domanda elastica > 1: l’aumento di prezzo fa DIMINUIRE I RICAVI. 4) Diminuisce il prezzo in caso di domanda elastica > 1: la diminuzione di prezzo fa AUMENTARE I RICAVI. 5) Se | η |= 1 (elasticità unitaria), il valore di ΔR/Δp = 0, si ha un EFFETTO NULLO. ESEMPIO: Q = 120 – 20p Δp = (pB -pA) = 0.2 € Δq = (qB – qA) = -4 unità ε = - (4/0,2) = -20 unità/€ η = |-0,5| < 1 All’aumentare del prezzo dell’1%, la domanda cala del 0,5% All’aumentare del prezzo del 10%, la domanda cala del 5% - LEGGE ENGELIANA DI DOMANDA: aumentando il reddito, il consumo dei beni aumenta in proporzioni diverse e quindi l’elasticità dei vari beni è diversa da 1. All’aumentare del reddito, la domanda di tutti i beni NON aumenta nelle stesse proporzioni, cambia la composizione del paniere di consumo. - ELASTICITÀ DELLA DOMANDA RISPETTO AL REDDITO (ηy) è la variazione proporzionale (o percentuale) della domanda dovuta ad una variazione proporzionale unitaria (dell’1%) del reddito. Quindi avremo che: - TERMINOLOGIA ELASTICITÀ: Se ηy < 0: BENE INFERIORE Se ηy > 0: BENE NORMALE ▪ Se 0 < ηy < 1: BENE NECESSARIO: domanda aumenta ma in maniera meno che proporzionale rispetto al Y ▪ Se ηy > 1: BENE DI LUSSO: domanda aumenta in maniera più che proporzionale rispetto al Y - Se una famiglia consuma 5 diverse categorie di beni e sappiamo che per i primi 4 l’elasticità di domanda rispetto al reddito è pari a 1, desumiamo che anche per il quinto l’elasticità è pari a 1, altrimenti al variare del reddito ci sarebbero eccessi di spesa sul reddito (>1) o eccessi di reddito sulla spesa ( w. Con riferimento alla domanda precedente si calcoli il numero di lavoratori che verranno assunti al nuovo prezzo del prodotto: 1, infatti con 21 lavoratori il P’F diventa 300/63=4,76 (con approssimazione per difetto), più basso di prima (legge del prodotto marginale decrescente). Tuttavia, moltiplicando questo P’F per il nuovo prezzo unitario del prodotto (21 euro), si ottiene 100 euro, esattamente pari al salario giornaliero. Se quell'impresa rimanesse con 20 lavoratori e il prezzo del bene fosse pari a 21 euro, allora il salario giornaliero massimo che l'impresa sarebbe disposta a pagare sarebbe pari a: 105 (P’F*p) - L’impresa sarà quindi in equilibrio quando ciascun fattore è retribuito secondo il valore del proprio prodotto marginale. - DOMANDA DI LAVORO È INVERSAMENTE CORRELATA AL SALARIO: se w cala, aumenta convenienza ad assumere e viceversa. Ma questa convenienza ad assumere non può essere illimitata per la LEGGE DEL PRODOTTO MARGINALE DECRESCENTE: se aumenta la quantità di lavoro, a parità di ogni altro fattore, il prodotto marginale tende ad un certo punto a diminuire. Nel caso dell’impresa concorrenziale questo vale sia per il prodotto marginale fisico che per il prodotto marginale in valore, poiché p è assunto costante. ESEMPIO: campo di pomodori: passando da 0 a 1, da 1 a 2, da 2 a 3, da 3 a 4 ecc. lavoratori, è possibile che inizialmente, ma solo inizialmente, il prodotto marginale sia CRESCENTE. Da un certo punto in poi però, il P’F inizia a DECRESCERE (e quindi decresce anche il salario massimo che l’impresa è disposta a pagare) perché non vi può essere convenienza illimitata ad assumere. Perché? Essenzialmente perché gli altri fattori produttivi sono costanti (il campo ha una dimensione fissa e ci sarà necessariamente un punto in cui raccoglierò tutti i pomodori e assumere ulteriori lavoratori sarebbe inutile e non profittevole). - PUNTO DI EQUILIBRIO tra SALARIO E QUANTITÀ DI LAVORO nell’impresa concorrenziale: P’F e P’V possono inizialmente aumentare. Da un certo punto in poi tendono a decrescere. Grafico mostra la curva del prodotto marginale in valore (P’F * p). Poniamo che l’impresa price taker offra il salario w’, usando L’ unità di lavoro, in modo da eguagliare il P’V al salario (in €). Quindi il punto “A” è un punto di equilibrio dell’impresa: l’impresa paga al lavorare il massimo salario perché sono i meccanismi concorrenziali a “spingerla” a pagare quel salario. Impiegare una minor quantità di lavoro (L > L’) non sarebbe un punto di equilibrio, e vi sarebbe una situazione in cui il P’V è più alto del salario dato, ma noi sappiamo che se: P’V > w allora conviene assumere, quindi l’impresa ha convenienza ad andare verso L’: è un meccanismo di gravitazione/incentivo che la porta ad assumere di più. Poniamo ora che il salario diminuisca da w’ a w’’, fermo restando la curva del P’F e del P’V e il prezzo del bene in equilibrio, all’impresa conviene assumere (aumentare L). A mano a mano che impresa assume, il salario rimane costante a w’’, ma il P’F decresce per la legge del prodotto marginale decrescente e vi è un movimento verso il basso sulla curva del P’V, fino a che non si annulla la differenza fra P’V e il salario e quindi non ci sarà più incentivo ad incrementare la quantità di lavoro e l’impresa si trova in un nuovo punto di equilibrio. ESERCIZIO: Calcola la quantità di lavoro che all’impresa conviene assumere (L’), ponendo: o Prezzo costante del bene 2 €; o P’F = 10/L (P’F in generale non è una costante, ma è una funzione decrescente): Questa funzione se disegnata sul grafico forma la curva di P’F. o w’ = 1 Partiamo dalla condizione di equilibrio, cioè quella situazione in cui l’impresa massimizza i profitti: P’V = w Ora passiamo dal P’F al P’V: Ora imponiamo la condizione di equilibrio, in cui P’V = w perciò avremo: Semplifichiamo: E otterremo: o Ora, poniamo che w=2,5 Avremmo L=8 e la condizione di equilibrio sarebbe: - I LAVORATORI NON SONO TUTTI UGUALI. Differiscono in: Genere Anzianità di servizio (esperienza) Diverso capitale umano Tipo di contratto di lavoro Nazionalità / Cittadinanza / Etnia - Impossibilità o difficoltà a passare da una categoria all’altra (es. cambiare genere, etnia…) consente esistenza di persistenti DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI. Anche se cambiare categoria in certi casi è possibile, farlo sarebbe molto costoso. - Se calcoliamo P’F di queste differenze, la produttività cambia in base al diverso capitale umano, anzianità di lavoro. - Se calcoliamo P’F di queste differenze, la produttività NON cambia in base a genere e nazionalità, quindi se vi sono differenze fra le retribuzioni in base a questi fattori si tratta di DISCRIMINAZIONE. - Differenze fra IMPRESE di QUALITÀ DIVERSE che pagano salari diversi: Grado di meccanizzazione/tecnologia Dimensione dell’impresa Territorio Differenze di settore (in base alla domanda e offerta nel mercato di tale settore) - Il CONTRATTO DI LAVORO può avere una diversa natura: Contratti standard (permanenti e a tempo pieno) Contratti non standard (a tempo determinato e a tempo parziale) - Vi sono importanti effetti di discriminazione/segregazione nel genere, cittadinanza/etnia, tipologia di contratto. - Per DISCRIMINAZIONE si intende un diverso trattamento economico a parità di mansione lavorativa. - Per SEGREGAZIONE si intende una minor probabilità di occupare mansioni dirigenziali. - Il modo migliore di ridurre l'effetto di discriminazione NON è quello di stabilire per legge l'uguaglianza salariale a parità di mansione perché questo comporterebbe una riduzione dell'occupazione femminile. Piuttosto bisognerebbe potenziare i congedi parentali del padre. - La presenza di differenziali retributivi tra uomini e donne NON contraddice l'eguaglianza fra P’V e salario. Infatti, congedi e le assenze per maternità (o paternità) riducono il prodotto marginale fisico di un lavoratore, se misurato in un periodo di tempo sufficientemente lungo; d'altro lato, il prodotto marginale in valore di lavoratori che occupano diverse mansioni è naturalmente diverso. - La presenza di un differenziale retributivo, a parità di mansioni, esclusivamente dovuto alla tipologia di contratto (tempo indeterminato/tempo determinato) contraddice l'eguaglianza fra P’V e salario. Questa differenza si spiega con il diverso potere contrattuale delle due categorie di lavoratori. Evidentemente il mercato del lavoro non è perfettamente concorrenziale! - I differenziali dovuti alla diversa dimensione di impresa sono del tutto compatibili con l'uguaglianza fra P’V e salario. Infatti, Le imprese più grandi hanno spesso una maggiore e più sofisticata dotazione di capitale, che tende ad aumentare la produttività del lavoro. - Per 'sottoccupati' si intendono i lavoratori che: lavorano a tempo parziale ma sarebbero disponibili a lavorare a tempo pieno. - Nella DOMANDA DI LAVORO DELL’INTERO MERCATO (ottenuta aggregando le varie domande di lavoro delle singole imprese) vale ancora una volta la stessa regola: una riduzione dei salari ha un effetto incentivante sulla domanda di lavoro e viceversa. Domanda di lavoro è inversamente correlata con salario reale. - OFFERTA DI LAVORO = FORZE LAVORO = POPOLAZIONE ATTIVA: numero di persone che desiderano lavorare alle condizioni di mercato (persone in età lavorativa che o lavorano o cercano attivamente il lavoro). - Offerta di lavoro è condizionata da fattori demografici (numero di residenti compresi immigrati in età di lavoro 15- 64), ma anche dai comportamenti delle persone. - In Italia: TASSO DI INATTIVITÀ è particolarmente alto (34 SU 100 in età di lavoro). - Il NON offrirsi nel mercato da parte di persone in età di lavoro dipende da: Studio, formazione professionale Pensione Inabilità Attività fuori dal mercato Scoraggiamento/basse probabilità di trovare lavoro - Tra pieno attivismo nella ricerca del lavoro e inattività vi sono varie sfumature: vi è forte fenomeno in Italia fra donne di educazione medio-bassa nel Mezzogiorno, scoraggiate, a non cercare lavoro attivamente. - FORZE DI LAVORO POTENZIALI: “zona grigia”, persone in età lavorativa, che non cercano lavoro, ma sono disponibili a farlo (su 100% persone inattive, 23% non cercano ma sono disponibili a lavorare, 76.1% non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare, come gli studenti a tempo pieno). - Calcolo indicatori: TASSO DI INATTIVITÀ = TASSO DI ATTIVITÀ = (100 – TASSO DI INATTIVITÀ) TASSO DI OCCUPAZIONE = TASSO DI DISOCCUPAZIONE = ATTIVI = OCCUPATI + DISOCCUPATI POPOLAZIONE IN ETÀ DI LAVORO = ATTIVI + INATTIVI - DISOCCUPATO non ha un lavoro, ma lo cerca attivamente. - INATTIVO non ha un lavoro e non lo cerca e non è disponibile a lavorare. ESERCIZIO: Posto che al II trimestre 2016 gli inattivi siano (in migliaia) 13.484, gli occupati siano 22.936 e i disoccupati siano 2.983, si calcoli il tasso di inattività (si ricordi che la popolazione in età di lavoro corrisponde alla somma fra gli attivi e gli inattivi; e gli attivi corrispondono alla somma fra gli occupati e i disoccupati): 34.22% ESERCIZIO: Somma tasso di inattività + Tasso di attività = sempre 1 (100%): Vero ESERCIZIO: Somma Tasso di occupazione + Tasso di disoccupazione = sempre 1 (100%): Falso ESERCIZIO: Posto che al II trimestre 2016 gli inattivi siano (in migliaia) 13.484, gli occupati siano 22.936 e i disoccupati siano 2.983, si calcoli il tasso di occupazione (si ricordi che la popolazione in età di lavoro corrisponde alla somma fra gli attivi e gli inattivi; e gli attivi corrispondono alla somma fra gli occupati e i disoccupati). Approssimazione (per eccesso) alla seconda cifra decimale: 58.21%. E il tasso di disoccupazione? 11.51%. - Il NON offrirsi nel mercato dipende anche da: Costi della mobilità Sistema di welfare (sussidi di disoccupazione, reddito minimo gratuito): a parità di valore tra salario e sussidio/reddito minimo gratuito, diminuisce l’incentivo a cercare lavoro. Estensione economia illegale Fattori culturali - SCELTA ORARIO DI LAVORO: per semplicità la scelta è fra lavorare o non lavorare (tempo libero). Poniamo per semplicità che il lavoro sia sempre disponibile (non stagionale) e che il tempo libero non costi niente. ESEMPIO: Sono un libero professionista e dormo 8 ore al giorno. Quanto lavoro? Parto da 6 h di lavoro al giorno per 20 €/h. A fine giornata ottengo 120 €. Posso avere un consumo medio giornaliero di 120 € e avrò 10 h di tempo libero. Entrambi sono fattori di benessere. Lavorare più di 6 h significa poter consumare di più (e ottenere maggior benessere), ma significa ridurre il tempo libero (minor benessere). Supponiamo che salario passi da 20 €/h a 30 €/h. All’AUMENTARE del SALARIO, AUMENTA il COSTO OPPORTUNITÀ del tempo libero: se guadagno poco, non lavorare mi costa poco, ma se guadagno tanto, non lavorare mi costa tanto. All’aumentare del salario si tende a sostituire il tempo libero a vantaggio del lavoro. Quindi aumenta salario, aumenta costo opportunità del tempo libero e aumenta offerta di lavoro. Però ANCHE LAVORARE DI MENO HA UNA LOGICA perché se lavoro 5 h al giorno a 30 euro/h guadagno a fine giornata 150€, più di quanto guadagnavo prima lavorando 6 h. Con il nuovo salario quindi posso avere sia più reddito che più tempo libero. Vi è quindi una RELAZIONE INVERSA fra AUMENTO DEL SALARIO e RIDUZIONE DEL LAVORO: aumenta salario, aumenta capacità di avere sia più reddito sia più tempo libero quindi diminuisce offerta di lavoro. - MANO INVISIBILE (A. Smith): In una situazione di non interferenza di un’autorità esterna, i singoli operatori del mercato, che operano per massimizzare il proprio profitto e interesse, sono portati a perseguire involontariamente l’interesse collettivo grazie a questa forza suprema e oscura detta “mano invisibile”. - In una situazione di non interferenza di un’autorità esterna e l’agire indipendente dei mercati, il mercato garantisce da solo l’EFFICIENZA ALLOCATIVA e si afferma la RAZIONALITÀ SOCIALE se vi è un mercato di concorrenza perfetta e se funzionano i meccanismi di libera oscillazione dei prezzi. - Bisogna dunque “lascia fare” ai mercati? NO. Vi sono alcuni limiti del mercato che hanno una natura economica: nella pratica mercati tendono ad allontanarsi da ideale di concorrenza perfetta e meccanismo di determinazione dei prezzi è soggetto a distorsioni. - Possiamo individuare 5 CASI in cui il mercato ANCHE SE FOSSE IN CONDIZIONI DI CONCORRENZA PERFETTA NON GARANTIREBBE l’EFFICIENZA ALLOCATIVA: sono i cosiddetti FALLIMENTI DEL MERCATO (pur verificandosi le condizioni previste da Adam Smith, le decisioni assunte nei mercati in presenza di questi “fallimenti del mercato” sono socialmente inefficienti) 1) CONCENTRAZIONI INDUSTRIALI (MONOPOLIO): in assenza di interventi correttivi, il prezzo tende ad essere superiore al costo marginale. Questo NON è efficiente. 2) ESTERNALITÀ: casi nei quali l’equilibrio di un mercato non tiene conto di alcuni costi sociali (esternalità negative) o di alcuni benefici sociali (esternalità positive). Anche in questo caso il prezzo non riflette adeguatamente i “veri” costi e benefici. Rispetto ad una allocazione efficiente, si produce troppo nel primo caso e troppo poco nel secondo. 3) Presenza di RISORSE DI PROPRIETÀ COMUNE che il privato può utilizzare senza che venga contabilizzato il danno subito da altri (free riding = comportamento opportunistico). 4) Presenza di BENI PUBBLICI: che se affidati al mercato verrebbero prodotti in quantità insufficienti (ancora free riding). 5) ASSIMETRIE INFORMATIVE: alcuni soggetti sono più informati nel mercato rispetto ad altri. È necessario ridurre il gap informativo tra venditore e acquirente. - CONCENTRAZIONI INDUSTRIALI/MONOPOLIO: quando nel libero mercato vi è un monopolista, l’equilibrio non è efficiente e il mercato non ha razionalità sociale. COSTO MARGINALE = aumento (diminuzione) del costo totale dovuto ad un incremento (diminuzione) unitario della quantità prodotta. Costo marginale = Δ Costo complessivo / Δ quantità RICAVO MARGINALE = aumento (diminuzione) del ricavo totale dovuto ad un incremento (diminuzione) unitario della quantità prodotta. Ricavo marginale = Δ Ricavo complessivo / Δ quantità Se RICAVO MARGINALE > COSTO MARGINALE, i profitti aumentano. ESEMPIO: Prezzo medio di un volo Ryanair è 80 €. A Rayanair riempire un posto costa 25 €. Immaginiamo vi sia un’offerta “last minute”: quanto la farà pagare Ryanair? Viaggiatore non offrirà più di 80 € e Ryanair non accetterà sotto i 25 €. Tra le due cifre vi è un margine di negoziazione. Immaginiamo concordino a 50 €. La posizione degli altri passeggeri ne migliora ne peggiora, ma Ryanair aumenta il suo profitto (perché Ricavo marginale > Costo marginale) e il passeggero ha un vantaggio in termini di utilità propria rispetto al non partire. Viaggiare con 1,34 posti liberi è inefficiente perché Costo marginale < disponibilità a pagare da parte di qualcuno per avere quel bene. CONDIZIONE DI MASSIMO EQUILIBRIO: Se il costo marginale < ricavo marginale, un aumento della produzione genera un aumento dei profitti. Se il costo marginale > ricavo marginale, una diminuzione della produzione genera un aumento dei profitti. Quindi l’IMPRESA è IN EQUILIBRIO quando COSTO MARGINALE = RICAVO MARGINALE Confrontiamo condizione di perfetta concorrenza a condizione di monopolio: 1) CASO CONCORRENZA PERFETTA: L’impresa è price-taker dunque p è costante e non varia al variare di q. ΔR/ Δq = p (vero in condizioni di concorrenza perfetta) Sappiamo che l’impresa massimizza il profitto quando (ΔC/Δq = Δ R/Δq = p) quindi quando il COSTO MARGINALE EGUAGLIA IL PREZZO. Non vi è margine di miglioramento. 2) CASO DI MONOPOLIO: forma di mercato in cui abbiamo un’unica impresa che non sarà mai price-taker (p dipende da q). Se il monopolista vuole vendere tanto deve applicare un prezzo basso, se vuole vendere poco deve applicare un prezzo più alto. In base a quel criterio decide se posizionarsi sul punto A o B? Per il monopolista R = p(q) * q perché p dipende da q e il prezzo stesso cambia al cambiare di q. Quindi: ΔR = p*Δq + Δp * q + Δp*Δq (quest’ultima parte è trascurabile perché possiamo renderla piccola a piacere) Vale nel monopolio la stessa regola della concorrenza perfetta? No. Vale una ineguaglianza che è o maggiore o minore a seconda del segno di Δp/Δq. Poiché l’impresa massimizza i profitti quando: Allora avremo che: In equilibrio il monopolista produce una quantità q* e la vende al prezzo p*. L’equilibrio del monopolista è INEFFICIENTE perché ha un prezzo più alto del costo marginale ed esclude degli scambi potenzialmente vantaggiosi (sia per il monopolista che per i consumatori) e che non danneggiano altri: sarebbe vantaggioso sia per il monopolista che per alcuni consumatori se si potesse produrre ulteriori quantità e venderle, solo quelle, ad un prezzo inferiore a p*, ma comunque superiore al costo marginale. Il MONOPOLISTA PRODUCE di MENO A un PREZZO PIÙ ALTO rispetto alla ipotetica condizione di concorrenza perfetta. La normativa antitrust è volta a indurre le imprese a gravitare su prezzi più vicini ai costi marginali, in modo che nel mercato vi sia una situazione simile alla concorrenza perfetta e in modo che venga eliminata questa inefficienza sociale - ESTERNALITÀ NEGATIVA (o DISECONOMIE ESTERNE): esiste quando alcuni membri della società (o la società nel suo insieme) sopportano dei costi in seguito agli scambi che avvengono nel mercato senza che abbiano la possibilità di influire sul prezzo e sulla quantità scambiata p = costo marginale ESEMPIO “esternalità negativa”: viviamo in un condominio dove vive una coinquilina insegnante di violino che fa un certo numero di ore di lezioni private a 20 euro all’ora. Supponiamo che vi sia un equilibrio di concorrenza perfetta caratterizzato dall’uguaglianza prima vista. Vi sono però dei costi sociali ulteriori, che non entrano nell’equilibrio di mercato: vi sono cioè delle persone terze, estranee (da cui deriva termine esternalità) al mercato che subiscono passivamente delle conseguenze di quel certo equilibrio di mercato (es. inquinamento acustico che comportano dei costi sociali). Vi sono 3 parti in gioco: Imprese private che offrono (professoressa) Consumatori privati che acquistano (studenti) Parti terze che sopportano degli ulteriori costi: sia il mercato di concorrenza perfetta, l’equilibrio formatosi non riflette i veri costi sociali perché: COSTO SOCIALE > COSTO PRIVATO, cioè il prezzo non contabilizza delle componenti sociali del costo. Le ESTERNALITÀ NEGATIVE POSSONO teoricamente ESSERE MISURATE in DUE MODI, a seconda che i danneggiati non abbiano o abbiano un diritto ad impedire l’azione che genera l’esternalità: 1. La misura è la SOMMA MASSIMA che i TERZI sono DISPOSTI a PAGARE PUR DI INDURRE gli INTERESSATI a RECEDERE DALL’AZIONE (se i terzi non hanno il diritto di impedire l’azione che genera l’esternalità). 2. La misura è la SOMMA MINIMA che i TERZI sono DISPOSTI AD ACCETTARE per NON IMPEDIRE L’AZIONE (se i terzi hanno il diritto di impedire l’azione che genera l’esternalità). Ricordiamo che: CM complessivo = CM privato ± Esternalità marginale Esternalità marginale = esternalità determinata dall’incremento unitario della quantità prodotta Esternalità complessiva = intero “fastidio” ricevuto - TEOREMA DI COASE: esso dimostra che, se le parti possono contrattare a costo nullo, si raggiunge una situazione efficiente indipendentemente dal fatto che i diritti vengano attribuiti a chi genera o a chi subisce l’esternalità. Lo scopo è indurre il mercato a passare dal punto E (inefficiente) al punto A (efficiente) e per farlo bisogna far aumentare il prezzo che determinerà una riduzione della domanda e quindi minor esternalità negativa (l’esternalità marginale resterà uguale, ma la esternalità complessiva si ridurrà con la riduzione della quantità prodotta). Dobbiamo creare un mercato parallelo delle esternalità. Step: 1. Internalizzare l’esternalità nel mercato attribuendo dei DIRITTI DI PROPRIETÀ a favore di chi produce l’esternalità OPPURE a favore di chi la subisce 2. Rendere negoziabili questi diritti 3. Una parte costringerà l’altra a stipulare un contratto nel quale viene attribuito un valore ed una quantità all’esternalità. 4. Le inefficienze allocative dovute all’esternalità vengono corrette: chi subisce paga chi produce l’esternalità negativa affinché produca meno quantità chi produce l’esternalità negativa paga chi la subisce come indennizzo per il fastidio prodotto I beneficiari pagato chi produce l’esternalità positiva affinché ripeta l’azione Chi produce l’esternalità positiva paga i beneficiari per ricompensarli per la cessazione dell’azione Si passa così dal punto E al punto A. - ESTERNALITÀ POSITIVA (o ECONOMIE ESTERNE): esiste quando alcuni membri della società (o la società nel suo insieme) hanno dei BENEFICI in seguito agli scambi che avvengono nel mercato senza che abbiano la possibilità di influire sul prezzo e sulla quantità scambiata. In questo caso BENEFICI SOCIALI > BENEFICI PRIVATI, cioè il prezzo non riflette l’intera disponibilità a pagare. ESEMPIO: istruzione, la società trae più vantaggio se sul mercato sono presenti sia le università private che pubbliche, in modo che vi siano più laureati (beneficio marginale complessivo > costo marginale complessivo). È vero che per ogni laureato il costo marginale aumenta, ma abbiamo un beneficio complessivo superiore al costo. Abbiamo convenienza sociale all’aumento della produzione. Le ESTERNALITÀ POSITIVE POSSONO teoricamente ESSERE MISURATE in DUE MODI a seconda che i beneficiari non abbiano o abbiano il diritto di far continuare l’azione: 1. la misura è il CONTRIBUTO MASSIMO che essi SONO DISPOSTI a DARE PUR DI GARANTIRE la RIPETIZIONE DELL’AZIONE (caso in cui i beneficiari non hanno il diritto a far continuare l’azione) 2. la misura è la CIFRA MINIMA che RICOMPENSEREBBE i BENEFICIARI SE L’AZIONE DOVESSE CESSARE (caso in cui i beneficiari hanno il diritto a far continuare l’azione). In che MODO la SOCIETÀ PUÒ INCORAGGIARE il PASSAGGIO da Q* al nuovo Q (incrementato)? Con le TASSE, IMPOSTE: i trasferimenti dal MIUR verso le università coprono la differenza. Un CONTRIBUTO PUBBLICO, FINANZIATO CON MAGGIOR TASSAZIONE, consente la maggiore istruzione pubblica. Le comunità nazionali (finanziate tramite il pagamento delle imposte) contribuiscono alla produzione di beni la cui produzione ha delle esternalità positive per i beneficiari (i beneficiari pagano meno del costo di produzione) - L’attività di RICERCA E SVILUPPO ha IMPORTANTI IMPLICAZIONI per le IMPRESE che OPERANO in ALTRI SETTORI (esternalità positive). - I BENI NEL MERCATO sono CLASSIFICABILI secondo 2 ATTRIBUTI: ESCLUDIBILITÀ: possibilità di impedire ad una persona di usufruire di un bene RIVALITÀ: fatto che una persona usufruisca di un bene impedisce ad altri di usufruire dello stesso bene (ha a che fare con la scarsità: i beni scarsi sono rivali). Es. consumo di 1 kg di pane. - RISORSA/BENE DI PROPRIETÀ COMUNE: bene NON ESCLUDIBILE (non si può impedire al singolo di usufruirne), ma RIVALE (l’uso da parte di un soggetto diminuisce la possibilità di uso da parte di altri soggetti). Il privato può utilizzare queste risorse senza che venga contabilizzato il danno (perché troppo piccolo) subito da altri (free riding = comportamento opportunistico). Una risorsa (o un bene) è di proprietà comune se non hai la possibilità di escludere un utente, non puoi praticare un prezzo positivo e non puoi costruirci sopra un’attività commerciale. THE TRAGEDY OF COMMONS: nel caso di beni non escludibili, ma rivali, il singolo può avere l’incentivo ad abusare/sovra-utilizzare la risorsa provocando un piccolissimo danno agli altri, tuttavia se tutti si comportano allo stesso modo, il danno diventa grande e la risorsa collettiva viene dissipata creando inefficienza. Es. pascolo, cacciagione, reputazione di uno studio professionale, reputazione dello studio… - BENI PUBBLICI: bene NON ESCLUDIBILE e NON RIVALE (la fruizione del bene da parte di un soggetto non limita la fruizione di altri soggetti). Il costo del bene pubblico non dipende da quanti soggetti ne usufruiscono. Se affidati al mercato questi beni verrebbero prodotti in quantità insufficienti (ancora free riding). Es. luminarie di Natale (Il problema nasce dal fatto che il negoziante vuole che siano gli altri negozi a finanziare le luminarie. Ciascuno avrebbe l’incentivo che siano gli altri a produrre il bene luminarie che è non escludibile e non rivale: PROBLEMA del FREE-RIDING, attendere di ottenere i benefici di un’azione intrapresa da altri, se però tutti ragionano in questo modo va a finire che le luminarie di Natale non vengono fatte), difesa nazionale, paesaggio, accesso ad Internet (anche se non è nelle mani del settore pubblico) posto che i servizi di telefonia siano pagati - BENI DI CLUB: beni ESCLUDIBILI, ma NON RIVALI. Sono beni di club tutti i servizi che viaggiano su reti condivise. Es. servizi di telefonia (escludibili perché per usufruire dobbiamo pagare un contratto a titolo oneroso, ma non rivali perché il fatto che ne usufruiamo noi non diminuisce la capacità di altri di fare telefonate), accesso a Internet - COME RIMEDIARE AI FALLIMENTI DEL MERCATO? POLITICHE MICROECONOMICHE: dove la mano invisibile di A. Smith fallisce, serve una mano visibile (politiche microeconomiche) che rimedii a queste insufficienze del mercato. 1. POLITICHE ANTITRUST NON esisterà mai condizione di perfetta concorrenza, le politiche antitrust cercando di indurre le imprese (seppur grandi e seppur poche) ad agire con comportamenti simili a quelli di un’impresa price-taker di piccole dimensioni. La grandezza dell’impresa può essere utile per sfruttare al meglio le grandi tecnologie e per poter reggere alla forte concorrenza nel mercato. Non va impedito all’impresa di essere grande, ma vanno impediti i casi che limitano la concorrenza: INTESE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA: accordi fra imprese nel fissare politiche di prezzo, quote di mercato e comportamenti nel mercato a vantaggio delle imprese stesse che decidono di non competere tra loro. ABUSI DI POSIZIONE DOMINANTE: abusi nei confronti del consumatore che non può “minacciare” di rivolgersi ad altre imprese concorrenti perché esiste solo una impresa nel mercato o perché le imprese hanno stipulato intese tra loro. CONCENTRAZIONI DI IMPRESE E DI CONTROLLO: le concentrazioni (acquisizioni) non vengono sanzionate di per sé. Nella legislazione antitrust vi è consapevolezza che la grande dimensione aiuta l’impresa (è giustificata se è per motivi tecnologici, organizzativi…), ma il problema sorge quando la concentrazione industriale è motivata dal desiderio di acquisire una posizione dominante e limitare la concorrenza sul mercato dopo aver acquisito un’altra impresa. Per tutelare la concorrenza ed impedire questi comportamenti servono: 1) Legislazione antitrust 2) Istituzioni ad hoc, istituzioni terze (non governo o parlamento): Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) - L’AGCM effettua indagini ed audizioni parlamentari e ha poteri di istruttoria e di sanzione. È un organismo indipendente e collegiale, i cui membri (formati da personalità di notoria competenza) sono nominati dai presidenti delle Camere. Ottiene il proprio finanziamento dal Governo (però se questo volesse interferire, lo farebbe di fronte agli occhi di tutti, il che è ampiamente impopolare). AGCM giudica: ▪ se una concentrazione è giustificata da interesse sociale (maggior efficienza produttiva, economie di scala, miglior organizzazione…) e in tal caso essa è consentita. ▪ se una concentrazione ha lo scopo di acquisire una posizione dominante e in tal caso verrà aperta un’istruttoria e vi sarà un’eventuale sanzione e divieto di tale comportamento lesivo della concorrenza. 2. POLITICHE AMBIENTALI 1° LIVELLO) Con la REGOLAMENTAZIONE AMMINISTRATIVA: Si fissano dei valori massimi di emissione Si impongono delle procedure di smaltimento (es. Terra dei Fuochi in Campania) Si proibisce l’uso di certi materiali (es. amianto che provoca il cancro) Si fissano degli standard ecologici e relativa certificazione In questo modo le esternalità vengono in parte ‘internalizzate’ attraverso maggiori costi privati. Questo approccio però crea un sistema di proibizioni del tutto indipendente dal peso economico di un’emissione piuttosto che un'altra e dalla diversa capacità di un’impresa di eliminare una emissione rispetto a un'altra. 2° LIVELLO) Prevede l’ATTRIBUZIONE di una RESPONSABILITÀ AMBIENTALE (‘chi inquina paga’): TASSE ECOLOGICHE. L’imposta internalizza le emissioni Il livello di emissione è sottoposto ad un calcolo economico Il gettito dell’imposta può essere destinato ad interventi ambientali 3° LIVELLO) PERMESSI NEGOZIABILI Si fissa l’emissione complessiva tollerata e si attribuiscono dei diritti. I diritti (quote di emissione) possono essere liberamente scambiati in un mercato ad hoc dove si fissa un prezzo. Fissato cioè il tetto massimo non superabile, non importa chi inquina quanto, ma che non si superi in complessivo tale ammontare: quindi le emissioni vanno ripartite tra le imprese in un modo economicamente efficiente attraverso il sistema dei permessi negoziabili. Se la singola impresa vuole emettere di più, può farlo solo acquistando diritti da altre imprese che avendoli venduti devono ridurre le loro emissioni. Abbiamo 2 imprese: impresa “A” e “B”. Supponiamo che nell’aggregato (impresa A+B) le emissioni fatte siano pari a 360. Viene stabilito un tetto globale di 180. Gli altri 180 vanno eliminati O cambiando la tecnologia per non fare emissioni O eliminando ciascuna 90 di inquinamento prodotto. Per eliminare 90, impresa “A” spenderebbe 100, impresa “B” spenderebbe 50. Le due imprese sono diversamente abili nell’eliminare inquinamento. Con il solo vincolo amministrativo, un’impresa pagherebbe 100 e l’altra 50. L’interesse di eliminare l’inquinamento sarebbe tutelato, ma in modo inefficiente. Attribuendo alle imprese dei DIRITTI DI EFFETTUARE EMISSIONI diventa efficiente: entrambe hanno diritto di emettere fino a 90 tonnellate di inquinamento, però questi diritti sono negoziabili. Se l’impresa “A” potesse comprare diritti di inquinare ad un prezzo inferiore a 100 avrebbe un vantaggio perché invece di spendere 100 per eliminare, spenderebbe meno di 100 acquistando un diritto e non dovrebbe più eliminare quella parte di inquinamento. Impresa “B” (che ha un costo pari a 50 per eliminare inquinamento) se potesse eliminare dell’inquinamento in più e vendere poi il diritto di inquinare a un prezzo superiore a 50 ne avrebbe un guadagno. Vi è un RECIPROCO INTERESSE a uno SCAMBIO DI DIRITTI: Impresa “A” COMPRA diritti di inquinare a un prezzo inferiore a 100 quindi elimina meno inquinamento rispetto ai propri diritti, Impresa “B” VENDE a un prezzo superiore a 50 quindi elimina più inquinamento rispetto ai propri diritti. Quindi vi è un MARGINE DI CONVENIENZA RECIPROCA: entrambe le imprese ci guadagnano e si fermano in un punto di equilibrio efficiente (costo alla tonnellata: 80) Impresa “A” elimina soltanto 60 quantità, e inquina per 90+60 = 120 (lo può fare perché ha comprato i diritti). Impresa “B” che ha venduto i propri diritti di inquinare deve smaltire 120. A quel punto non vi è più differenza di costo di smaltimento fra le due imprese e per entrambe le imprese i: COSTI DI SMALTIMENTO = PREZZO DEL DIRITTO DI INQUINARE. Inquinamento Diritti Da smaltire Costo di smaltimento Prezzo del diritto Tot. negoziabili Impresa “A” 180 90 (+30) -90 (-30) = 60 100 € 80 € Impresa “B” 180 90 (-30) -90 (+30) = 120 50 € 80 € Totale 360 180 -180 - L’impresa “A” con il costo più elevato ACQUISTA diritti di inquinare: (90+30) quindi può emettere 120, (prima emetteva 180) quindi deve smaltire soltanto 60. All’impresa “A” conviene fare questo perché ha un risparmio fino a che può comprare i diritti di inquinare a un costo minore rispetto al costo dello smaltimento: PREZZO DEL DIRITTO < COSTO DI SMALTIMENTO - L’impresa “B” con il costo minore VENDE diritti di inquinare: (90-30) quindi può emettere solo 60 (prima emetteva 180) quindi deve smaltire 120. L’impresa “A” ha RICAVI AGGIUNTIVI e COSTI AGGIUNTIVI: ricavi aggiuntivi dai diritti venduti e costi aggiuntivi dello smaltimento aggiuntivo. Visto che i ricavi superano i costi quindi questa impresa ha convenienza a fare questo fino a che: PREZZO DEL DIRITTO > COSTO SMALTIMENTO - Finché questa ineguaglianza vale c’è incentivo ad effettuare quest’operazione. Entrambe hanno incentivo a fare questa operazione di scambio e a cambiare la quantità di smaltimento fino a che: COSTO SMALTIMENTO “A” > PREZZO DEL DIRITTO > COSTO SMALTIMENTO “B”. Il costo dell’impresa “B” però AUMENTA e il costo dell’impresa “A” DIMINUISCE finché questi costi alla fine nell’equilibrio si portano ad un livello di uguaglianza con il prezzo del diritto di emettere. Quindi l’incentivo cessa. Alla fine, si stabilisce un EQUILIBRIO EFFICIENTE con quest’uguaglianza: COSTO DI SMALTIMENTO “A” = PREZZO DEL DIRITTO = COSTO SMALTIMENTO “B” - La MANO VISIBILE si articola in attività di regolamentazione (Antitrust) che prevede divieti ed incentivi, nel mercato dei permessi negoziabili (diritti) e nell’intervento del settore pubblico nella vita economica (statalizzazione o pubblicizzazione, SP detiene quote di azioni in modo da acquisire il controllo diretto o indiretto di attività economica per scopo lucrativo o per tutelare la collettività). Può fallire la mano visibile? Sì. - Vi è SPESSO CONFLITTUALITÀ tra SETTORE PUBBLICO e PRIVATO nell’economia. Il settore pubblico può imporre vincoli e costi al privato: NELLA STORIA v’è stato un ALTERNARSI di PERIODI DI LIBERISMO (in cui prevale il pilastro privato, laissez-faire) e altri di PROTEZIONISMO/INTERVENTISMO nell’economia. Anni ’20 del Novecento Keynes pubblica “The end of laissez-faire”: il settore pubblico diventa rilevante Si arriva al dirigismo economico nei regimi totalitari negli anni ’30-‘40 Liberalismo nel post-guerra Anni ’60, ’70, ’80 ritorna dirigismo animato da principi di uguaglianza sociale (nascita del welfare State) Negli USA Reagan, nel UK Thatcher impongono il neoliberismo a fine anni ‘70/inizio anni ’80 Dopo la grande recessione vi è stato un ritorno di un maggior intervento statale - Il neoliberismo degli anni ’70 ha creato una crescente ineguaglianza. POLITICHE REDISTRIBUTIVE hanno tentato di tutelare la pace e la coesione sociale. Ma esse vanno accompagnate con politiche di crescita economica. - TRIBUTI = TASSE (corrispettivo per fruire di un servizio), IMPOSTE (dirette e indirette), CONTRIBUTI PREVIDENZIALI - Imposte indirette tendono ad essere regressive (es. Iva: per questo sono previste aliquote diversificate) - L’ineguaglianza nella distribuzione del reddito è oggetto di valutazione etica e politica e non riguarda i “fallimenti del mercato”. Gli interventi includono: 1. IMPOSTE DIRETTE PROGRESSIVE: chi è più ricco paga proporzionalmente di più perché le aliquote d’imposta crescono al crescere del reddito. 2. TRASFERIMENTI SOCIALI: pensioni, sussidi di disoccupazione, sostegni al reddito, deduzioni d’imposta… 3. BENI E SERVIZI GRATUITI (o a prezzo sociale, molto più basso rispetto al costo di produzione): istruzione, sanità, mense, alloggi… Il sistema è efficiente quando: ▪ Il beneficio sociale del loro consumo > beneficio privato ▪ La domanda è poco elastica rispetto al prezzo (per evitare un’eccessiva espansione della domanda, se prezzo calasse di poco) ▪ Diversamente conviene utilizzare i trasferimenti (sostegni al reddito). MACROECONOMIA - Principali SOGGETTI da considerare nella MACROECONOMIA: FAMIGLIE: percepiscono un reddito (complessivo, risultato dell’attività economica complessiva) che spendono per consumi e per investimenti edilizi. Pagano imposte e risparmiano. IMPRESE: retribuiscono i servizi lavorativi, pagano le imposte, effettuano investimenti (acquistano cioè beni di investimento). FAMIGLIE + IMPRESE = SETTORE PRIVATO PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: riscuote le imposte, effettua spese per consumi e investimenti pubblici, effettua trasferimenti (pensioni, sussidi di disoccupazione…) RESTO DEL MONDO: effettua importazioni ed esportazioni di beni e servizi - Variabili flusso (si misurano in un determinato periodo di tempo) VS Variabili stock (si misurano in un determinato istante, es. debito pubblico, popolazione complessive, ecc.) - Con riferimento a un periodo di tempo (trimestre, anno…) possiamo misurare due grandezze che rappresentano due facce della stessa medaglia (infatti sono uguali): Valore aggregato della produzione (PIL) Complesso dei redditi percepiti (Reddito nazionale) - Il PIL può essere scomposto in: CONSUMO PRIVATO (C) ≃ 60% INVESTIMENTO PRIVATO (I) ≃ 20% SPESA PUBBLICA PER CONSUMI E INVESTIMENTI (G) ≃ 20% (di cui ≃4% investimenti) SALDO FRA ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI (NX) Quindi PIL = C + I + G + NX - Il REDDITO NAZIONALE (Y) COMPLESSIVO può essere scomposto in: REDDITO DISPONIBILE DELLE FAMIGLIE (Yd) PRELIEVO FISCALE NETTO (T) = (IMPOSTE + ONERI PREVIDENZIALI – TRASFERIMENTI) Imposte nette che restano allo Stato. Mette in evidenza il saldo a favore della P.A che la P.A. riceve e usa per finanziare l’erogazione di beni e servizi pubblici. Quindi Y = Yd + T E Yd = Y – Imposte e oneri + Trasferimenti - Se i conti previdenziali non sono in ordine perché i contributi sono minori dei trasferimenti, si ricorre alle imposte per coprire il disavanzo e ciò provoca una riduzione dei capitali disponibili per l’erogazione dei beni e servizi pubblici. Per avere gli stessi beni e servizi pubblici, nonostante l’erosione del reddito del settore pubblico a causa del disavanzo dei conti previdenziali, O si aumentano le imposte O la P.A. si indebita nei confronti degli investitori nazionali o esteri facendo sottoscrivere obbligazioni. La P.A. cioè si finanzia utilizzando il risparmio di altri soggetti: sorge il problema della sostenibilità del debito. Le obbligazioni sono sottoscritte volontariamente sul mercato tramite un meccanismo di incentivo: il tasso di interesse. In passato, durante i regimi totalitari, era possibile obbligare le banche a destinare una parte del loro capitale alla sottoscrizione di obbligazioni pubbliche; oggi, nel sistema di mercato questo non è possibile. - Scomponiamo Yd: Yd = C (consumo) + S (saving, risparmio) Quindi: Y=C+S+T Ricordiamo la scomposizione del Pil: PIL = C + I + G + NX (esportazioni nette) Quindi: PIL = Y Cioè: C+ I + G + NX = C + S + T Semplifichiamo eliminando C da entrambe le parti e portiamo tutto a sinistra: (I - S) + (G-T) + NX = 0 - Legenda: (I-S) indica il disavanzo del settore privato dato da (spesa del settore privato - reddito disponibile del settore privato), può infatti anche essere scritto come: (C+I) - (C+S) (G-T) è il disavanzo del settore pubblico. NX è il disavanzo del settore estero. È dato da esportazioni-importazioni ed è visto dal punto di vista del settore estero. Per esempio, se NX= -5 (esportazioni = 20; importazioni = 25) è avanzo del settore estero. Se NX= +2 (esportazioni = 22; importazioni = 20) è disavanzo del settore estero. (Disavanzo settore privato) + (Disavanzo settore pubblico ed estero) risultato deve essere zero. Esempio: Poniamo che: (I-S) = -10 (G-T) = +10 NX=0 Come può il settore pubblico coprire il disavanzo? Serve una intermediazione finanziaria, cioè un modo di trasferire quello che è nel settore privato un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti. Ciò può avvenire tramite 2 canali: 1. Attraverso i mercati finanziari (per far acquistare titoli di stato) 2. Sistema bancario (che riceve risparmio del settore privato ed effettua i propri impieghi, acquistando per esempio titolo di stato) - Un incremento di disavanzo pubblico, chiedendo ai risparmiatori di sottoscrivere titoli di Stato non riduce l’ammontare di risparmio disponibile per gli investimenti privati che farebbero altresì crescere l’economia? Prendiamo un’economia forte (con grossi investimenti e risparmi bassi rispetto alle quote id investimento) come gli USA, caratterizzata da un forte eccesso di investimento privato rispetto al risparmio privato perché è un’economia di cicale, cioè una società molto propensa a spendere anche soldi che non si hanno. Il consumo è molto sviluppato. La quota di PIL risparmiata negli USA è molto più bassa rispetto a quella di altri Paesi europei o il Giappone (economia delle formiche, che risparmiano molto). Se (I-S) è positivo (settore privato è in disavanzo) e se (G-T) è positivo (settore pubblico è in disavanzo), quindi la somma di questi due termini dà un numero positivo. Dobbiamo sommare NX e alla fine ottenere zero, NX deve necessariamente essere negativo (eccesso di importazioni rispetto alle esportazioni): è il settore estero che deve finanziare questi disavanzi con le importazioni, ma di fatto vi è un enorme flusso di risparmio dal resto del mondo agli stati uniti (investimenti finanziari). Questo ci spiega come sia potuto persistere il fenomeno di ingenti disavanzi della bilancia commerciale associati a disavanzi del settore pubblico e a una formazione di risparmio privato insufficiente rispetto agli investimenti: perché gli USA sono un’economia forte in grado di attrarre investimenti dall’estero al contrario dell’Italia che è un’economia debole. - Il PIL è il VALORE COMPLESSIVO (STIMATO) dei BENI e SERVIZI PRODOTTI. In Italia, nel 2014, il PIL è stato di circa 1.613.859.000.000 euro. Il calcolo si fa su stime di campioni fatte ogni trimestre. - Nella macroeconomia, il PIL ha significato solo in senso comparativo, dobbiamo compararlo con altre grandezze: Con PIL di altri Paesi; Valutare il PIL pro capite (PIL/popolazione): reddito medio lordo annuo Valutare il PIL/popolazione attiva: produttività del lavoro Rispetto al PIL di altri anni … Il PIL NON è un INDICATORE della RICCHEZZA NÉ un indicatore del BENESSERE. Ricchezza è un valore stock, Pil è il FLUSSO DI PRODUZIONE che si realizza attraverso la ricchezza: Paesi più ricchi riescono a produrre di più perché hanno più risorse, vi è comunque un nesso fra i due valori. - PIL è un indicatore molto rozzo del benessere: l’aumento del PIL pro-capite è stato accompagnato da maggior tempo libero, quindi più benessere, ma allo stesso tempo non tiene conto dell’aumento dell’inquinamento che riduce il benessere. PARADOSSO DI EASTERLIN: il paradosso consiste nel fatto che, quando aumenta il reddito, e quindi aumenta il benessere economico, la felicità umana aumenta fino a un certo punto, ma poi comincia a diminuire, seguendo una curva a forma di parabola con concavità verso il basso. La “decrescita felice” e la relazione fra PIL e la qualità della vita è stato studiato dallo studioso premio Nobel Joseph Stiglitz, temi che non analizziamo. Consideriamo la serie storica (serie di dati ordinati in ordine cronologico) del PIL Italiano dal 2005 al 2014 a prezzi correnti (che ha 2 declini: 2009 per effetto della crisi del 2008, 2012 per la ricaduta nella crisi europea). Ma a noi non interessa il valore in assoluto (in migliaia di miliardi di euro), ma ci interessa vedere i tassi di variazione del PIL nel corso del tempo, cioè le proporzioni. - Trasformiamo la serie storica del PIL in NUMERI INDICE (numeri puri, variazioni del PIL rispetto al PIL di un certo anno di riferimento). Esempio: Prendiamo il PIL del 2010 come termine di paragone, e confrontiamo il PIL degli altri anni rispetto al PIL del 2010. Facciamo le proporzioni: Arriviamo al PIL espresso nei cosiddetti NUMERI INDICE, ogni numero si chiama “Numero indice del PILt a base PIL0” (anno base, cioè il PIL del 2010). Calcolo: 100 : PIL0 = x : PILt -> x = (100*PILt)/Pil0 OPPURE (PILt/PIL0) * 100 - Osserviamo il numero indice del 2011, è passato da 100 a 102,1 in un anno. Il PIL è veramente aumentato di 2,1 punti? No, perché se i prezzi sono aumentati del 2%, significa che non abbiamo prodotto di più in realtà. Guardano il 2009, sembra che il PIL sia caduto solo di 2% e nel 2011 di solo 1,5%, ma in realtà è caduto molto di più. Questo dati non ci danno una misura esatta dei fenomeni reali dietro alle variazioni del PIL perché i numeri indice A PREZZI CORRENTI (PIL NOMINALE) mischiano gli effetti delle: 1) Variazioni di prezzi in € (anche se c’è stato il rischio di deflazione, in realtà non c’è mai stata. I dati sono stati “gonfiati” da questo aumento dei prezzi) 2) Variazioni delle quantità prodotte. Dobbiamo separare queste due componenti. - Dobbiamo valutare il PIL dei vari anni ai prezzi di un anno base (nella contabilità del 2014 l’anno base è il 2010) e otteniamo la serie storica del PIL A PREZZI COSTANTI (il PIL viene ricalcolato applicando i prezzi dell’anno base). - Ora calcoliamo la serie storica dei numeri indice del PIL A PREZZI COSTANTI: Nel 2009 il Pil crolla da 104,02 a 98,32: è fenomeno enorme da punto di vista del benessere sociale (perdita posti di lavoro, disoccupazione, chiusura imprese). Qual è stato il tasso proporzionale di decrescita dell’economia italiana nel 2009 in percentuale? Basta prendere la differenza (90,32 - 104,02) = -5,7%? NO. Se partiamo da 100 e calcoliamo la variazione dell’anno dopo sì, ma noi partiamo da 104,02. Quindi dobbiamo fare: (-5,7/104,02) *100 = -5,5% Questo è il vero tasso di decrescita del PIL reale. Formula TASSO DI CRESCITA/DECRESCITA DEL PIL REALE: (PILt – PILt-1) / PILt-1*100 -> [(98.32 - 104.02) / 104.02] * 100 OPPURE [(PILt/PILt-1) – 1] * 100 - Nello schema del PIL a prezzi correnti vediamo che nel 2009 il PIL è crollato di circa “solo” il 3,5% perché? Perché vi è stato il fenomeno dell’inflazione (rispetto al dato reale del 5,5, quel 2% di differenza è coperto dall’incremento dei prezzi). ESTRAIAMO da questo CONFRONTO informazioni riguardanti l’INFLAZIONE (andamento dei prezzi). - Terminologia: l numero indice del PIL a prezzi correnti si chiama anche PIL NOMINALE. Il numero indice del PIL a prezzi costanti si chiama anche PIL REALE (misura le variazioni di prodotto reale eliminando le variazioni di prezzo). Il rapporto (PIL nominale/PIL reale) * 100 si chiama DEFLATORE DEL PIL (se PIL nominale = PIL reale sono uguali, il deflatore è 1 e significa che i prezzi sono rimasti costanti, non sono cambiati. Se PIL nominale > PIL reale abbiamo un deflatore >1 e capiamo che vi è stato un AUMENTO DE PREZZI). Ovviamente, il rapporto (PIL nominale/Deflatore del PIL) ci dà il PIL REALE. - Il deflatore del Pil è un indice di prezzo, ma vi sono anche altri indici di prezzo (prezzi alla produzione, all’ingrosso e al consumo). Tutti INDICI DI PREZZO sono delle medie e vengono calcolati sulla base di un PANIERE di beni, ossia un elenco di quantità di beni da prendere in considerazione: q1, q2, …, qn. - Il PANIERE di beni viene VALUTATO: ai prezzi correnti: ai prezzi di un anno base: Prese delle quantità, stabiliamo un loro valore aggregato in un certo “anno base”. Poi le stesse quantità vengono valutate in un anno successivo ai prezzi dell’anno successivo e dal confronto di questi due valori estraiamo un’informazione sul TASSO DI VARIAIZONE MEDIA DEI PREZZI. - Come si CALCOLA l’INDICE DI PREZZO (P)? Attraverso un rapporto fra questi due valori moltiplicato per 100: - Il valore dell’indice di prezzo all’anno 0 è 100. Quindi il valore dell’indice di prezzo di ciascun anno va confrontato con l’anno base o con l’anno precedente. Se P = 1%, P = 100 (moltiplicato per 100) allora i prezzi per quel paniere sono rimasti MEDIAMENTE COSTANTI. Se P > 1% (numeratore supera denominatore), abbiamo un numero indice P > 100 e ciò significa che dall’anno 0 all’anno t vi è stato un AUMENTO MEDIO DEI PREZZI. - L’inflazione è calcolata attraverso un indice dei prezzi al consumo: in Europa l’INDICE ARMONIZZATO DEI PREZZI AL CONSUMO. - A seconda dell’uso che dobbiamo fare, selezioniamo un certo paniere: il deflatore del PIL usa un paniere diverso (non il paniere dell’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo) perché nel PIL non sono presenti solo beni di consumo, ma anche beni di investimento e beni e servizi della PA che non figurano nell’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo. - Date le risorse disponibili, il PIL a prezzi costanti (PIL REALE) HA un MASSIMO VALORE POTENZIALE. Quando l’economia utilizza pienamente le proprie risorse si trova sulla FRONTIERA delle POSSIBILITÀ PRODUTTIVE. - L’IPOTETICO PIL (a prezzi costanti) che verrebbe PRODOTTO in un certo anno SE TUTTE le RISORSE fossero UTILIZZATE ad un GRADO ‘NORMALE’ (tenendo in considerazione il tasso di disoccupazione normale diciamo), si chiama PIL POTENZIALE (se le risorse venissero utilizzate a pieno, avremmo un PIL superiore a quello effettivamente prodotto). - In Italia la disoccupazione del 10% o 11% è eccessiva dunque il sistema economico italiano è anormale. - La DIFFERENZA tra PIL EFFETTIVO (reale) e PIL POTENZIALE si chiama GAP DEL PIL (o divario del PIL o output gap) e viene normalmente espresso in rapporto al PIL potenziale. - Ci sono quindi due ordini di fattori che concorrono a determinare il PIL effettivo (a prezzi costanti): FATTORI che DETERMINANO il PIL POTENZIALE (formazione di capitale cioè gli investimenti fatti, quantità e qualità della forza lavoro, efficienza allocativa dei mercati…) FATTORI che DETERMINANO il GAP DEL PIL (fase congiunturale della domanda, competitività, stabilità finanziaria…) - Una DISOCCUPAZIONE del 3% o 4% NEGLI USA è considerata NORMALE perché il sistema economico è vivente, vi sono sempre settori in espansione ed altri in declino, vi sono imprese che nascono (e assumono) e imprese che muoiono (e licenziano): questi due ritmi possono essere anche esattamente gli stessi, ma in un grande sistema economico come quello americano non è pensabile che una persona che ha perso il lavoro in uno stato dell’Est trovi subito lavoro in una nuova azienda nata nell’Ovest degli USA. Ci vuole tempo e impegno per trovare un nuovo lavoro. Trovato il numero dei lavoratori in cerca di lavoro, è individuabile una soglia normale di lavoratori in cerca di lavoro perché lasciato un lavoro non se ne