Introduzione alla pedagogia sperimentale PDF
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Teresa Savoia
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This document provides an introduction to experimental pedagogy, tracing the historical development of scientific methods in education. It explores the interplay between common sense, myths, and scientific understanding in shaping our understanding of education.
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Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (...
Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale Indice 1. INTRODUZIONE: SENSO COMUNE, MITO, SCIENZA.............................................................. 3 2. LA NASCITA DELLE SCIENZE NATURALI SPERIMENTALI......................................................... 5 3. LA NASCITA DELLE SCIENZE UMANE SPERIMENTALI............................................................. 8 4. LE ORIGINI DELLA PEDAGOGIA SPERIMENTALE.................................................................. 10 5. RIASSUMENDO................................................................................................................. 11 BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................................... 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale 1. Introduzione: senso comune, mito, scienza Da dove nasce la scienza? E perché nasce? A quale esigenza risponde? Per rispondere a questi quesiti ci affidiamo all’interpretazione che ne ha dato Mauro Laeng, nel suo storico manuale di Pedagogia sperimentale. “Tra il generico sapere e la scienza ci sono non poche differenze: la scienza nasce infatti sul terreno del generico sapere, lo presuppone e se ne alimenta, ma in pari tempo se ne distacca per esigenze più rigorose”. Così esordisce Mauro Laeng (1992) per introdurre la sua riflessione sulla nascita delle scienze. Le scienze nascono proprio nel terreno di questo sapere generico, ovvero da ciò che gli esseri umani sanno, dicono, pensano nelle loro vite quotidiane, dal cosiddetto “senso comune”. Ma nascono, però, anche dal bisogno di capire e di comprendere meglio ciò che li circonda, dall’esigenza di assecondare una necessità di conoscenza che è intrinseca alla natura umana stessa. Il generico sapere, il senso comune, è tutt’altro che inutile. Esso si caratterizza per avere natura eterogenea e vasta, per la mancanza di organizzazione dei contenuti e la diversa affidabilità degli stessi, ma la nostra vita si basa su di esso, e la scienza stessa vi attinge (Laeng, 1992). Anzi, la scienza nasce proprio dal bisogno di approfondire e normare questo corpo di saperi, questo senso comune, di per sé ampio e informe e dargli una forma e una coerenza. Ma prima che una vera scienza, come la intendiamo noi oggi, potesse nascere e affermarsi, è trascorso molto tempo. Molto tempo richiese anche lo sviluppo di un linguaggio scientifico. Il linguaggio ordinario, infatti, quello associato al senso comune che abbiamo menzionato precedentemente, dovette modificarsi nel tempo, arricchirsi e specializzarsi, per poter esprimere i nuovi contenuti che la scienza lo chiamava ad assumere. Un elemento costante nel processo di elaborazione del senso comune è la costruzione dei MITI. Cosa sono i miti e perché nascono? I miti sono narrazioni fantastiche, interpretazioni magiche della realtà, che gli esseri umani costruiscono per dare conto dei fenomeni naturali che li circondano. I miti sono parte della storia dell’essere umano da sempre, poiché sono stati i primi tentativi di dare spiegazioni alla realtà circostante. In queste interpretazioni mitologiche, realtà e fantasia si intrecciano. E così vi sono miti che spiegano i più diversi fenomeni naturali, miti che riguardano i movimenti del sole delle stelle, ma anche la pioggia, la siccità, la nascita, la morte, e così via. Essi interpretano e offrono una articolazione di quegli accadimenti naturali che osserviamo, e che risultano inspiegabili. La capacità di elaborare dei miti è caratteristica specifica dell’homo Sapiens, da cui deriviamo noi oggi. Questa capacità è forse il tratto Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale distintivo che più ci ha differenziato dalle altre specie viventi e grazie alla quale abbiamo costruito le società e le culture che ci caratterizzano. Questa fase di costruzione del mito, detta MITOPOIESI, è comune a tutte le civiltà e appartiene anche a culture diverse e lontane tra loro. Possiamo dire che il ricorso al mito è una caratteristica trasversale della nostra specie. Questa trasversalità del mito ci fa comprendere e ci conferma come esso risponda proprio a quell’esigenza intrinseca dell’essere umano che dicevamo prima, ovvero la necessità di comprendere il mondo che lo circonda. Possiamo dunque affermare che nel percorso di comprensione della realtà, o verso costruzioni pre-scientifiche della realtà, un passaggio importante è costituito dalla costruzione dei miti (Laeng, 1992). La tabella seguente sintetizza quanto abbiamo detto relativamente ai concetti di senso comune, mito e scienza e alla differenza tra linguaggio ordinario e scientifico. Dal senso comune al Mito Il senso comune tiene insieme le componenti del generico sapere (esperienze dirette e indirette, “sentito dire”, etc.) Il linguaggio ordinario risponde alle esigenze comunicative del senso comune La scienza nasce in gran parte dall’esigenza di superare le contraddizioni del senso comune Una fase di transizione iniziale dal senso comune alla scienza è costituita dalla “fase del mito” La mitopoiesi è la produzione di collegamenti fantastici organizzati tradotti e tramandati in forma di racconti. Tabella 1 – Senso comune, mito, scienza Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale 2. La nascita delle scienze naturali sperimentali Le prime discipline che attraversarono il processo verso la formazione di una coscienza scientifica furono la matematica e l’astronomia. Inevitabilmente, nel tempo si dovette constatare la regolarità con cui si manifestavano i fenomeni celesti e fare dei tentativi per costruirvi delle osservazioni non più fantastiche, fantasiose, ma che avessero una base razionale (Laeng, 1992). La scienza, tuttavia, non si affermò da un giorno all’altro: ci vollero secoli perché si consolidasse un metodo scientifico. Vi fu, sia chiaro, una lunghissima fase di convivenza tra mito e scienza. Si pensi che lo stesso Johannes Keplero (1571-1630), per fare un esempio, autore di scoperte scientifiche grazie alle quali si è compreso il movimento dei pianeti, è ricordato come astronomo e astrologo allo stesso tempo. Ovvero, nonostante fosse uno scienziato in senso moderno si occupava, simultaneamente, di interpretare gli stessi movimenti celesti attraverso l’astrologia, e fare gli oroscopi, rappresentando una sintesi emblematica della convivenza tra passato e presente, mito e scienza. La nascita delle scienze naturali fu, inoltre, complessa e contrastata. La teologia e la metafisica, ad esempio, erano in un contrasto profondo con alcune delle nuove interpretazioni naturalistiche del mondo. Esse rappresentano altrettanti tentativi di mettere ordine, di dare una spiegazione organica e coerente alle evidenze della realtà circostante e ai misteri legati alla vita. La teologia aveva cercato di ottenere una rappresentazione della realtà “razionalmente accettabile”, sebbene non refutabile dalla fede. La metafisica, invece, tentava di seguire la via della verità, mirando a formulazioni sull’universale e necessario (Laeng, 1992). Per accettare le spiegazioni scientifiche, si dovette rinunciare a convinzioni profonde che ci animavano e sostenevano da secoli, oppure trovare un modo per farle convivere tra loro. Il consolidamento e l’accettazione da parte della comunità delle nuove istanze della scienza rappresenta una vera e propria rivoluzione per l’umanità. Di questa rivoluzione parleremo più dettagliatamente quando ci soffermeremo sui paradigmi scientifici. Essa richiese secoli per affermarsi. Se la matematica era già assunta a scienza in epoca greca, grazie alla sua natura di scienza pura, auto-verificante, le altre discipline, come la già citata astronomia, richiesero lunghi periodi di adattamento (Laeng, 1992). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale Figura 1- Mito, metafisica, scienza Vi furono, in questo percorso, alcune personalità che scardinarono con forza le vecchie convinzioni. La diffusione delle loro opere segna, simbolicamente, dei passaggi importanti. Il 24 maggio 1543 veniva pubblicato De rivolutionibus orbium coelestium di Nicolò Copernico (1473-1543), un testo che metteva in crisi completamente la visione antropocentrica dell’universo e, di conseguenza, quella teocentrica della vita. Nel corso del secolo successivo, si arrivò a definire un vero e proprio METODO SCIENTIFICO, grazie all’opera e al pensiero di Galileo Galilei (1564-1642). Il suo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1633) è considerato, infatti, il testo fondante della scienza moderna. Galileo individuò le fasi della ricerca che definiscono il metodo sperimentale che ancora oggi conosciamo: osservare la realtà, trasformare gli interrogativi in ipotesi di ricerca, cercare di riprodurre un fenomeno in ambiente controllato per isolare e neutralizzare le variabili; studiare e, quindi, verificare le ipotesi, sviluppando a questo scopo anche strumenti di analisi adatti, che non fossero i sensi umani. Figura 2 - Fasi del metodo sperimentale Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale Le prime scienze che si affermarono utilizzando il metodo così messo a punto furono la biologia, la zoologia, la botanica, nei secoli XVII e XVIII, la fisiologia e la patologia e la chimica nel XIX. Si tratta di scienze cosiddette NATURALI, ovvero scienze che hanno per oggetto lo studio della natura e del mondo. Nella metà del XIX secolo gran parte di queste scienze naturali avevano raggiunto una propria identità e uno stadio abbastanza maturo. Ne nacque una filosofia che aveva per oggetto proprio questi saperi scientifici: il positivismo, su cui ci soffermeremo più avanti (Laeng, 1992). Chiudiamo il nostro rapidissimo excursus nella storia che ha condotto alla nascita della pedagogia sperimentale, aggiungendo un ultimo tassello. Alla fine del XIX secolo, nacque un nuovo gruppo di scienze che aveva come oggetto, non più la natura, o i fenomeni naturali, ma proprio l’elemento che fino a quel momento era stato escluso dall’indagine scientifica, ovvero l’essere umano. A questo gruppo di scienze viene dato il nome di scienze UMANE. Facciamo un’importante precisazione: quando si utilizza il metodo scientifico per indagare la realtà, bisogna essere sempre consapevoli dei limiti della scienza, che è sempre un'operazione di riduzione della ricchezza del reale a misura delle esigenze di controllo della nostra mente. La complessità della realtà, definita e ridefinita costantemente dal rapporto uomo-mondo, non può essere tradotta sistematicamente in termini controllabili. Quest'osservazione, tuttavia, non induce a rinunciare al tentativo di esplorare scientificamente il mondo, ma sollecita una raccomandazione di cautela. Non invita ad abbandonare l’approccio scientifico, ma ad usarlo con consapevolezza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale 3. La nascita delle scienze umane sperimentali Nello sviluppo delle scienze umane sperimentali, la seconda metà del XIX secolo rappresenta un momento cruciale. Le scienze umane, come abbiamo appena detto, erano rimaste escluse dall’introduzione del metodo scientifico alla luce del quale le scienze naturali avevano iniziato, già da qualche secolo, a rivedere le interpretazioni tradizionali dei fenomeni naturali. L’essere umano si era sempre considerato un osservatore esterno, dotato di una natura particolare rispetto alle altre specie viventi, della sintesi di corpo e di anima, ed era stato escluso da ogni possibilità di indagine. Fu ancora una volta la diffusione di due testi scientifici ad inaugurare il vivacissimo dibattito sulla natura dell’uomo: l’Origin of species di Charles Darwin (1809-1882), nel 1859, che suscitò violente polemiche; e, pochi anni dopo, nel 1871, fu sempre Darwin, con The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex, a sconvolgere completamente gli assetti tradizionali, poiché attribuiva all’essere umano un’origine ed un’evoluzione comune alle altre specie viventi. Dopo una prima fase molto burrascosa, la teoria darwinista fu accolta e si consolidò quasi dovunque. Una reazione simile si verificò alla fine del XIX secolo e nei primi anni del XX, con la pubblicazione delle opere di Sigmund Freud (1856- 1939). Anche in questo caso, fu necessaria una fase di assestamento perché si potesse accettare l’idea che nella psiche umana esistessero istinti e dinamiche dell’inconscio che ne condizionavo le azioni, piuttosto che la ragione Lo studio della psiche umana, la scienza dell’evoluzione, le nuove ricerche della fine del secolo XIX, aprirono scenari nuovi sulla vita e sull’osservabilità del funzionamento umano e, soprattutto, condividevano la volontà di applicare il metodo scientifico proprio delle scienze dure o naturali, al proprio oggetto di studio, appunto l’essere umano. Scienze naturali Scienze umane XVII secolo XIX-XX secolo Hanno come oggetto di studio la natura Hanno come oggetto di studio l’uomo Tabella 2 – Confronto scienze naturali e scienza umane Quando ebbe luogo questa rivoluzione scientifica, esistevano già alcune discipline che potremmo definire “umane”, ovvero che avevano come oggetto l’uomo, come la storiografia scientifica, la linguistica Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale teorica, il diritto, l’economia, la politologia. Tuttavia, esse procedevano con un metodo più vicino alla filosofia, con un ragionamento se non metafisico, filosofico (Laeng, 1992). Non avevano, quindi, un metodo sperimentale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale 4. Le origini della pedagogia sperimentale Nel gruppo di scienze giovani, definite umane sperimentali, che si vanno definendo all’inizio del XIX secolo, rientra la pedagogia sperimentale. La pedagogia sperimentale si trovò a condividere i primi passi con la psicologia sperimentale. La nascita di quest’ultima (la psicologia sperimentale) viene, per convenzione, riferita a Lipsia, dove nel 1879 Wilhelm Wundt aprì uno dei primi laboratori europei. Ma nello stesso periodo altri laboratori furono aperti in diversi paesi, a Parigi da Jean-Martin Charcot e Pierre Janet, a Roma da Giuseppe Sergi, a San Pietroburgo da Ivan Pavlov, ad Harvard da William James ed a Filadelfia e a New York da James McKeen Cattell; cosicché già alla fine del secolo scorso la nuova disciplina si poteva dire in pieno sviluppo. Nell’arco di alcuni decenni, nei laboratori che aprirono in Europa e negli Stati Uniti, si prese a lavorare anche ad aspetti legati alla cognizione e all’apprendimento, come il confronto tra componenti innate e acquisite nell’apprendimento, le possibilità di attuare interventi modificatori, ci si interessò all’analisi dei livelli di intelligenza, nonché a quegli aspetti più specificamente didattici, come insegnare a leggere e scrivere correttamente, che offrivano materia facile misurazione (Laeng, 1992). Fu in questi laboratori, quindi, che si formarono diversi esponenti della nascente pedagogia sperimentale. La pedagogia sperimentale rappresenta la volontà di applicare all’educazione il metodo scientifico, nella convinzione che si potessero misurare fatti e contenuti educativi. Questa convinzione, condivisa anche dalle altre scienze umane vicine alla pedagogia sperimentale, è legata al cosiddetto modello positivista. Obiettivo di queste scienze è di basarsi sullo studio di fatti accertabili e misurabili, svincolandole dall’impostazione filosofica che aveva avuto fino a quel momento. Ma oggi che abbiamo superato il modello positivista in che modo è possibile applicare i principi scientifici a un sapere così specifico come l’educazione? E quali devono essere i principi su cu si basa la scienza dell’educazione? I fondamenti ontologici e le riflessioni epistemologiche sulla pedagogia sperimentale hanno caratterizzato un dibattito vivace nel corso del secolo XX e saranno oggetto di una prossima discussione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale 5. Riassumendo Nel corso del XVIII secolo si afferma la scienza, intesa come paradigma centrale della conoscenza e modello guida dell’organizzazione dei saperi. La scienza si sostituisce, o meglio si affianca, alla filosofia, alla metafisica, alla teologia, discipline che fino a quel momento avevano tentato una comprensione del mondo, dei fenomeni naturali e dei misteri sulla natura. Questo processo investe successivamente anche le scienze umane che si emancipano dalla tradizione filosofica e empirica che ne aveva determinato la nascita e inaugurato la riflessione. Nel corso del XX secolo, la pedagogia dà vita a una costante riflessione epistemologica, allo scopo di definire il proprio statuto, l’ambito specifico di azione e intervento, il fondamento del proprio sapere. Cerca di emanciparsi come sapere autonomo, nonostante le forti implicazioni ideologiche e politiche che la caratterizzano. È importante precisare ancora una volta che bisogna mantenere una sana consapevolezza dei limiti della scienza, che è sempre un'operazione di riduzione della ricchezza del reale a misura delle esigenze di controllo della nostra mente. La complessità della realtà non può essere circoscritta alle spiegazioni scientifiche, ma di converso, ciò non deve indurre a rinunciare al tentativo di esplorare scientificamente il mondo. Non invita ad abbandonare l’approccio scientifico, ma ad usarlo con consapevolezza. Diremo, quindi, che la pedagogia sperimentale si ispira, ma non si fonda esclusivamente, sul metodo sperimentale. L’adozione del metodo scientifico aiuta a comprendere meglio alcuni aspetti del reale, evidenziare gli ambiti in cui è più necessario un intervento educativo, ma non può sostituirsi completamente all’intervento umano e all’esperienza diretta. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 12 Teresa Savoia - Introduzione alla pedagogia sperimentale Bibliografia Cohen, L., Manion, L., Morrison, K. (2007). Research methods in Education. Routledge: New York Comte, A.. Discorso sullo spirito positivo. Trad. it (1985). A. Negri, Laterza: Roma-Bari Corbetta, P. (2014). Metodologia e tecniche della ricerca sociale. Il Mulino: Bologna. De Landsheere, G. (1986). Storia della pedagogia sperimentale. Armando Editore: Roma. De Landsheere 1973 introduzione alla ricerca in educazione la nuova italia firenze Dewey, J. (1929). The Sources of a Science of Education. Livering Publishing Corporation: New York. trad. it. (1951) Le fonti di una scienza dell’educazione, La Nuova Italia: Firenze. Durkheim, E. (1922). éducation et sociologie. Paris: Librairie Feliz Alcan. Gatti, R., Gheradi, V. (a cura di). (1995). 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