Formulazione e Rilascio di Farmaci Biotecnologici PDF

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Questo documento fornisce una panoramica completa di formulazione e rilascio di farmaci biotecnologici, dalla distinzione tra farmaci e medicinali, alla classificazione delle forme farmaceutiche e delle vie di somministrazione.

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Formulazione e Rilascio di Farmaci Biotecnologici Farmaci e Medicinali Prof. Sara Nicoli Indice 0. Introduzione 1 1. Forme Farmaceutiche 14 2. Forme F...

Formulazione e Rilascio di Farmaci Biotecnologici Farmaci e Medicinali Prof. Sara Nicoli Indice 0. Introduzione 1 1. Forme Farmaceutiche 14 2. Forme Farmaceutiche Liquide 14 2.1. Formulazioni Liquide: Soluzioni 15 2.2. Formulazioni Liquide: Emulsioni 23 2.3. Formulazioni Liquide: Sospensioni 28 2.4. Applicazione delle Formulazioni Liquide per la Via Parenterale 31 2.5. Formulazioni Liquide: Prodotti Biotecnologici 34 2.6. Sterilizzazione 37 2.7. Formulazioni Liquide: Dispersioni Colloidali 43 3. Forme Farmaceutiche Semisolide 45 3.1. Formulazioni Semisolide: Idrogeli 46 4. Forme Farmaceutiche Solide 47 4.1. Formulazioni Solide: Polveri 47 4.2. Essiccamento 52 4.3. Formulazioni Solide: Compresse 59 4.4. Formulazioni Solide: Capsule 65 5. Forme Farmaceutiche Innovative 68 5.1. Polimeri 73 5.2. Diffusione 80 5.3. Sistemi Reservoir e Sistemi a Matrice 85 5.4. Sistemi Osmotici 92 5.5. Vettori Microparticellari 97 5.6. Vettori Nanoparticellari 101 6. Vie di Somministrazione Alternative 119 6.1. Via Transdermica 119 6.2. Via Transmucosale 123 7. Somministrazione Oculare 128 8. Somministrazione di Peptidi e Proteine 134 8.1. Proteine PEGilate 134 8.2. Somministrazione Orale di Peptidi 135 0. Introduzione Distinzione tra farmaco e medicinale Farmaco (o principio attivo): in genere si tratta di un’unica molecola che ha una determinata attività biologica, perchè interagisce con un recettore, un enzima ed in generale con i substrati biologici. In alcuni casi l’attività biologica si può attribuire ad una serie di molecole ed è ciò che capita nel caso delle sostanze di derivazione vegetale, infatti, negli estratti sono presenti una serie di componenti, che prendono il nome di fitocomplesso, ai quali si attribuisce l’attività biologica. Salvo le eccezioni del fitocomplesso, quando si parla di principio attivo o di farmaco si fa riferimento ad una singola molecola. Si tratta di una sostanza attiva dotata di attività terapeutica, diagnostica o preventiva. Prodotto medicinale (o medicinale): è un’associazione di sostanze che viene somministrata all’uomo con lo scopo di correggere una determinata situazione patologica, con scopo diagnostico, terapeutico e\o preventivo. Tutte queste azioni sono esplicate attraverso meccanismi immunologici, farmacologici o metabolici. La differenza tra principio attivo e medicinale è che il principio attivo è la molecola, mentre il medicinale è quello che il paziente assume (es. sciroppo, fiala, soluzione, capsula), ovvero tutto il prodotto e la confezione venduta che contiene il principio attivo ed una serie di altre sostanze ausiliarie che ne permettono la somministrazione. Ad esempio, la compressa che contiene il paracetamolo è un prodotto medicinale, mentre il paracetamolo in essa contenuto è il farmaco. Medicinale: definizione dall’art. 1 del D. Lgs 219/2006 Il medicinale, nel decreto legislativo del 2006, viene definito come: “(1) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; (2) ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero stabilire una diagnosi medica”. La prima definizione afferma che sarebbe possibile prendere un flacone, inserirvi dell’estratto di camomilla e riportare sull’etichetta “per il trattamento del tumore” e, questa, per definizione di legge sarebbe un medicinale. Questo è possibile perchè un medicinale, per essere messo in commercio come tale, deve avere un’autorizzazione all’immissione in commercio, che prevede una serie di test di ogni genere, che garantiscano sicurezza ed efficacia. Si devono, quindi, fornire tutti i dati di sicurezza, efficacia e le analisi di tutti i componenti e dei principi attivi. L’introduzione di questa frase all’interno della definizione di medicinale è una tutela per i consumatori, in questo caso i pazienti, hanno la garanzia che se un medicinale è in commercio, significa che il claim riportato in etichetta è garantito essere reale. Formulazione Non è sufficiente avere a disposizione una molecola che ha una determinata attività farmacologica, è indispensabile formularla e trasformarla in una formulazione che consenta la somministrazione e successivamente l’assorbimento del principio attivo. La formulazione è sinonimo di forma di dosaggio e forma farmaceutica, si tratta del contenitore del principio attivo, che consente la somministrazione in una determinata dose e con una specifica via di somministrazione. La forma farmaceutica è rappresentata dalla compressa, dalla capsula, dalla soluzione, dall’unguento, dalla soluzione iniettabile, dal collirio, ecc… Regime di dosaggio Il regime di dosaggio (o regime terapeutico) coincide con la posologia indicata dal medico (es. assumere 2 cp 2 volte al giorno dopo i pasti); questo tiene in considerazione il programma delle dosi di un farmaco, incluso l’intervallo di tempo tra le dosi, la durata del trattamento e la quantità da assumere ogni volta. I regimi di dosaggio includono anche il modo in cui il farmaco deve essere assunto, in quale tipo di formulazione farmaceutica (es. per via orale, sciroppo o compressa) ed eventuali modalità di assunzione (es. a stomaco pieno o vuoto). Forma farmaceutica La forma di dosaggio (o formulazione farmaceutica) indica la presentazione del farmaco che ne permetta la somministrazione della dose richiesta attraverso la via di somministrazione prescelta (aerosol, compressa, fiala pomata, ecc…). Per passare da un principio attivo ad una forma farmaceutica si devono aggiungere delle sostanze al principio attivo, chiamate eccipienti. Un eccipiente è qualunque componente, diverso dal/dai principio/i attivo/i presente/i in una preparazione medicinale o usato/i nella produzione della preparazione. La funzione di un eccipiente è quella di operare come il vettore (veicolo o base) o come un componente del vettore del/i principio/i attivo/i e, in questo modo, contribuire alle caratteristiche del prodotto, come stabilità, profilo biofarmaceutico, aspetto e gradimento da parte del paziente, oltre che di facilitare l’allestimento della preparazione. Di norma, nella formulazione di una preparazione medicinale, si usa più di un eccipiente. 1 Quindi, la formula farmaceutica contiene il principio attivo ed una serie di sostanze con diverse funzioni, ad esempio di veicolo, stabilizzazione del principio attivo, dolcificante, aromatizzante, facilitazione per l’allestimento della preparazione. Un ruolo degli eccipienti è anche influenzare il profilo biofarmaceutico. Lo scopo della forma farmaceutica è (1) permettere la somministrazione per una determinata via, (2) garantire la stabilità (la formulazione preparata deve rimanere integra per mesi o anni prima dell’utilizzo) e (3) garantire che il principio attivo venga liberato ed assorbito, cercando di massimizzare l’efficacia e ridurre il più possibile gli effetti collaterali. La formulazione ha importanza nell’efficacia e nella sicurezza dei medicinali. Le forme vanno dalle più tradizionali, come le compresse, le capsule rigide, le capsule molli, gli sciroppi, le soluzioni iniettabili, le polveri, i granulati, le formulazioni semi-solide da applicare sulla pelle o sulle mucose ed i colliri. Le formulazioni possono essere anche molto più complesse, tra queste si annoverano i cerotti transdermici, i sistemi che contengono micro-aghi, le metodiche per produrre nanoparticelle, i sistemi liposomiali e gli idrogeli; queste sono forme farmaceutiche a contenuto tecnologico innovativo decisamente superiore, con impatto più elevato sulla biodisponibilità del principio attivo. Per sottolineare il ruolo della formulazione, l’esempio più eclatante è il nuovo vaccino Pfizer o Moderna, un vaccino a mRNA, la cui molecola attiva è responsabile della risposta immunitaria. Se si sciogliesse l’mRNA in una soluzione, questa una volta iniettata verrebbe immediatamente degradata da endonucleasi ed esonucleasi, perciò si è dovuto formulare la molecola attiva come vaccino in una formulazione, creando delle nanoparticelle lipidiche. È l’inclusione nelle nanoparticelle che consente all’mRNA di rimanere stabile fino al raggiungimento del target biologico. Senza questa formulazione, che costituisce uno scudo lipidico, non esisterebbe il vaccino. Nelle formulazioni una delle problematiche è relativa alla conservazione, che avviene in frigorifero per un tempo maggiore o minore a seconda della formulazione. Tutto questo dipende dalla formulazione, perchè i vari vaccini hanno utilizzato componenti diverse per dare origine alle particelle lipidiche, con caratteristiche di stabilità differenti, quindi, si renderà necessaria anche una conservazione differente in termini di temperature. Ciò sottolinea il ruolo della formulazione nell’efficacia del principio attivo. Classificazione delle forme farmaceutiche Le forme farmaceutiche possono essere classificate secondo diversi criteri: - Per forma fisica: semisolide, solide, liquide, gassose. Rientrano in questa categoria le soluzioni, gli unguenti e le capsule. - Per via di somministrazione: orale, parenterale, oculare, ecc… - Per modalità di liberazione del principio attivo: 1. Formulazioni farmaceutiche tradizionali (o a rilascio immediato): se si inietta una soluzione di una proteina per via sottocutanea questa è sciolta in un veicolo e, quindi, è immediatamente disponibile per l’assorbimento. 2. Formulazioni farmaceutiche innovative (o a rilascio controllato): il rilascio del principio attivo viene controllato dalla formulazione e ciò incide sull’assorbimento e sulla concentrazione ematica. Ad esempio, ci sono dei farmaci che si utilizzano nel trattamento degli attacchi di angina, perchè l’angina è caratterizzata da degli episodi che sono particolarmente frequenti nelle prime ore del mattino e ci sono delle formulazioni che vengono somministrate la sera, così che parte del principio attivo venga rilasciato subito ma il picco sia rilasciato dopo un certo numero di ore; questo permette di fare coincidere il rilascio del farmaco con la necessità terapeutica. 2 Tecnologia farmaceutica Come passare dal principio attivo al medicinale: - Caratterizzazione del principio attivo (pre-formulazione): prima fase in cui avviene la caratterizzazione del principio attivo; questo è necessario, perchè si deve conoscere tutto della molecola che si andrà a formulare. Ciò implica avere dati sulla solubilità della molecola in acqua ed in altri eccipienti normalmente impiegati nelle formulazioni e sulla solubilità in funzione del pH. Se un farmaco da somministrare per via endovenosa non si scioglie in acqua, si deve trovare un modo per riuscire a formularlo e consentire la somministrazione endovena; questa è una difficoltà tipica nella somministrazione di farmaci chemioterapici, che sono spesso molto lipofili, insolubili in acqua. Questa fase richiede anche la conoscenza della stabilità del principio attivo, questo consente di individuare la forma farmaceutica, gli eccipienti e la metodica di preparazione; se il principio attivo viene idrolizzato non si potrà impiegare in una formulazione liquida, perciò si cercherà di svilupparne una solida oppure creare una formulazione estemporanea. In funzione delle caratteristiche del principio attivo si decide quale formulazione e via di somministrazione si può selezionare. A questo punto si deve individuare la metodica di preparazione, che dipende ancora dalla stabilità del principio attivo. Ad esempio, se si vuole formulare una polvere di un determinato principio attivo da somministrare per via inalatoria attraverso i polmoni a partire da una soluzione, questo principio attivo si può ottenere per essiccamento, eliminando il veicolo. Questa operazione si fa con delle procedure diverse in funzione della stabilità del principio attivo. - Forma farmaceutica - Preparazione - Controlli e valutazione della formulazione: le forme farmaceutiche devono essere sempre accuratamente controllate. Il controllo è indispensabile ed esiste un sistema molto rigido dettato da delle linee guida e da indicazioni di Farmacopea, che elenca tutti gli aspetti che devono essere valutati. Si deve valutare se il principio attivo rimane stabile nel tempo, se la compressa somministrata libera il principio attivo, se la compressa mantiene la sua integrità e non si spezza durante la fase di conservazione. - Stabilità: la stabilità del principio attivo deve essere sempre valutata. - Conservazione: una volta sviluppato un medicinale lo si deve conservare ad una certa temperatura per una data di scadenza. Queste indicazioni derivano da degli studi relativi alla stabilità del principio attivo. Farmacopea Ufficiale Il mondo del farmaco è altamente regolamentato e questo va a garanzia della sicurezza e dell’efficacia. Farmacopea è un testo ufficiale, che ha valore di legge in Italia, in cui sono presenti una serie di informazioni su vari aspetti riguardanti il farmaco. In questa sono descritte quali devono essere le caratteristiche di una compressa, che requisiti deve avere, come si valuta se una compressa è ben fatta o meno e come si controllano i singoli principi attivi. Ad esempio, il paracetamolo acquistato per realizzare le compresse deve essere analizzato per controllare che le impurezze presenti siano al di sotto dei limiti stabiliti da Farmacopea; dopodiché lo si caratterizza, si valuta il punto di fusione, ecc… solo dopo essere certi del principio attivo e della sua purezza lo si può inserire nella formulazione. In Farmacopea si trattano anche le modalità di conservazione, l’etichettatura, gli obblighi per le aziende produttrici e la gestione del farmaco per il farmacista all’interno delle farmacie. La prima edizione di Farmacopea risale al Regno d’Italia (1892), sono poi state realizzate delle edizioni successive. Di norma, revisione e pubblicazione vengono fatte ogni 5 anni, ma le procedure cambiano molto rapidamente, quindi, ad oggi l’ultima edizione ufficiale è la XXII, ma seguono continui aggiornamenti. Nella Farmacopea non si trovano tutti i principi attivi e tutte le sostanze eccipienti presenti nelle formulazioni farmaceutiche, perchè non è pensabile aggiornare costantemente questi aspetti. Se sono presenti in Farmacopea l’azienda farmaceutica vi fa riferimento, altrimenti l’azienda fa autonomamente una scheda per un nuovo farmaco, perciò è l’azienda a definire i controlli ed i criteri. Prima dell’immissione in commercio tutte le informazioni vanno alle autorità regolatorie, che decideranno se i criteri sono effettivamente accettabili. Farmacopea Europea Oltre alla Farmacopea italiana esiste anche quella europea, un testo che ha valore di legge ed è realizzato nel tentativo di rendere costante su tutto il territorio europeo la modalità di controllo, conservazione ed analisi dei farmaci. L’obiettivo è, quindi, armonizzare le legislazioni nazionali relative alla fabbricazione, la circolazione e la distribuzione di medicinali in Europa mediante la creazione di una Farmacopea europea. Per molte parti la Farmacopea europea ed italiana coincidono. Il 22 luglio 1964, il Belgio, la Francia, la Germania, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Svizzera, il Regno Unito hanno firmato una convenzione relativa all'elaborazione di una Farmacopea europea. Gli obiettivi sono quelli di armonizzare le specificazioni delle sostanze medicinali di interesse generale per i cittadini europei e di stabilire più rapidamente le specificazioni relative alle nuove sostanze medicinali, sempre più numerose sul mercato. 3 Contenuto della Farmacopea Ufficiale Italiana (FUI) Capitoli generali In questa sezione si trovano una serie di altri sotto-capitoli: 1. Prescrizioni generali: sono necessarie perchè aiutano a leggere le indicazioni contenute nei capitoli successivi di Farmacopea nei suoi termini e simboli. (es. espressone del contenuto, volume su volume, conservare in congelatore sotto i -15 °C). 2. Metodi di analisi: dettaglio come si analizzano sia i principi attivi che i medicinali. 2.5 Saggi: farmaci estratti da matrici biologiche rendono necessaria l’analisi delle eventuali contaminazioni da metalli pesanti. 2.9 Saggi e procedimenti tecnologici: dettagliano i controlli da eseguire sulle forme farmaceutiche. Monografie Il termine monografia indica uno scritto che approfondisce in maniera specifica un determinato soggetto. Sono di diverso genere in Farmacopea. - Monografie generali: affrontano diverse tipologie di argomenti, che possono interessare anche l’ambito biotecnologico (es. anticorpi monoclonali ad uso umano). - Forme farmaceutiche: sono di maggiore interesse e specifiche riguardo a compresse, capsule, soluzioni, sospensioni, ecc… danno indicazioni sulle caratteristiche che le forme farmaceutiche devono avere. Nel glossario si forniscono spiegazioni riguardo ad alcuni termini, ad esempio, la differenza tra un veicolo ed una base: il veicolo è un vettore costituito dall’insieme di uno o più eccipienti per la/ le sostanze attive in una preparazione farmaceutica liquida, la base è un vettore costituito dall’insieme di uno o più eccipienti per la/le sostanze attive in preparazioni farmaceutiche semi-solide e solide. - Materie prime: ci sono degli elenchi di sostanze, sia di eccipienti che di principi attivi, e per ciascuna è descritta la modalità di analisi e cosa si deve controllare. Si riporta un esempio di monografia per l’ossido di ferro. Queste indicazioni hanno lo scopo finale di ottenere prodotti di qualità, efficaci e sicuri. 4 Tabelle Riguardano in particolare il lavoro dei farmacisti, con le apparecchiature che devono essere presenti in farmacia, le sostanze velenose che devono essere tenute sotto chiave e gli stupefacenti soggetti a particolari condizioni di vendita. Tecnologia farmaceutica Chi trasforma il principio attivo in prodotto medicinale? - Industria farmaceutica: per commercializzare un farmaco necessita della Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC), questa garantisce che il farmaco sia efficace e sicuro, ciò viene dal Ministero della Sanità. Inoltre, è necessaria una preventiva autorizzazione dell’AIFA alla produzione e all’immissione in commercio che garantisca qualità, efficacia e sicurezza. Le tipologie di medicinali industriali sono due: - Specialità medicinali: sono medicinali precedentemente preparati e immessi in commercio con una denominazione speciale e in confezione particolare, hanno spesso un nome di fantasia. Un esempio è l’Aulin, che contiene come principio attivo la Nimesulide, un FANS. - Medicinali equivalenti (o generici): riportano il nome del principio attivo e per essere considerati generici devono presentare rispetto alla formulazione del medicinale di riferimento la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica, nonché una bioequivalenza dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità. - Farmacista in farmacia: in questo caso non necessita dell’AIC e non è necessaria l’autorizzazione dell’AIFA per l’immissione in commercio. Le tipologie di medicinali preparati in farmacia sono tre: - Preparati (o galenici) magistrali o individuali: la trasformazione si basa sulla prescrizione di un medico e sono destinati ad un determinato paziente (es. prepara una capsula di tiroxina 50 mg). - Preparati (o galenici) officinali o multipli: il farmacista può fare una trasformazione autonomamente in farmacia, sia in quelle aperte al pubblico che quelle ospedaliere, in base alle indicazioni riportate nella Farmacopea Ufficiale Italiana, dove alcune monografie riguardano le forme farmaceutiche specifiche. - Preparati (o galenici) magistrali ospedalieri: preparati nelle farmacie ospedaliere e destinati ad essere impiegati all’interno dell’ospedale. Biodisponibilità In questo corso si fa riferimento alla biodisponibilità di una molecola somministrata all’interno di una determinata formulazione, in particolare la biodisponibilità è la frazione di farmaco assorbita (AUC, curva concentrazione plasmatica-tempo). ADME 1. Farmaco al sito di somministrazione = assorbimento: per un principio attivo che viene somministrato per una qualunque via, ad eccezione della via endovenosa, nella quale il principio attivo viene inserito direttamente nel torrente circolatorio, la prima fase è quella dell’assorbimento. L’assorbimento è il passaggio del principio attivo dal sito di applicazione o dalla forma farmaceutica verso il compartimento plasmatico. 2. Farmaco nel plasma = distribuzione: una volta nel compartimento plasmatico il farmaco va incontro alla fase di distribuzione, in cui il farmaco viene distribuito nei diversi tessuti in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche; ci sono farmaci che si distribuiscono in tutti gli organi, altri che non raggiungono il SNC, altri ancora che si depositano a livello del tessuto adiposo a seconda delle caratteristiche del principio attivo. 3. Farmaco e metaboliti nei tessuti = metabolismo: il principio attivo nel plasma e nei tessuti viene metabolizzato. 4. Farmaco e/o metaboliti nelle urine/feci/bile = eliminazione: l’eliminazione può riguardare il principio attivo immodificato oppure i metaboliti che si sono formati. Farmacocinetica Azione dell’organismo sul farmaco. 5 Le vie di somministrazione È importante sottolineare la differenza tra una somministrazione sistemica e quella locale (o topica): - Somministrazione sistemica: il principio attivo viene effettivamente assorbito, cioè raggiunge il circolo sistemico, prima di arrivare al target. Ad esempio, se si applica un cerotto transdermico contraccettivo alla pelle, i principi attivi contenuti in esso devono passare in circolo per essere distribuiti ed avere azione terapeutica. In questo caso, i livelli plasmatici che si trovano nel circolo sistemico sono indicativi dell’assorbimento e della biodisponibilità di un farmaco. - Somministrazione topica: l’assorbimento riguarda direttamente il passaggio tra il sito di applicazione ed il target, poiché questo si trova a monte rispetto al circolo sistemico. Ad esempio, se si applica un unguento con antifungino alla pelle, il farmaco, per raggiungere il sito di azione, non deve entrare in circolo, passa attraverso lo strato corneo e raggiunge direttamente il target. Lo stesso vale per un gel, che si applica a livello gengivale, o un collirio che agisce direttamente a livello oculare. In questo caso i livelli di farmaco nel plasma non sono minimamente indicativi della sua biodisponibilità, i livelli del farmaco nel sangue non interessano. Definizione di biodisponibilità (FDA e EMA1): la biodisponibilità è un’entità e velocità con cui un principio attivo viene assorbito dal sito di applicazione (o dalla forma farmaceutica) al sito d’azione (o al compartimento plasmatico). La biodisponibilità, dal punto di vista concettuale, si applica a qualunque via di somministrazione, poiché descrive il passaggio dal sito di applicazione al sito d’azione. Si tratta di un concetto generale. Questo concetto è usato principalmente quando si parla di somministrazione sistemica di farmaci, perché si può utilizzare il compartimento plasmatico come specchio della biofase. Nella somministrazione locale di farmaci, ciò che accade a livello di plasmatico non è indicativo della biodisponibilità, perchè non fornisce informazioni riguardo alla quantità di farmaco nel sito d’azione, mentre nella somministrazione sistemica si può dire che il compartimento plasmatico è lo specchio della biofase; non si sa quale sia la concentrazione di farmaco a livello del target, perchè magari è il SNC e non si vanno a misurare le concentrazioni di farmaco a quel livello, ma si sa che quando la concentrazione plasmatica si trova al di sopra di un determinato valore allora si ha l’effetto terapeutico. Seguire ciò che accade nel compartimento plasmatico è possibile solo a livello di somministrazione sistemica. Curva di concentrazione plasmatica La biodisponibilità non è solo in relazione alla quantità di farmaco che arriva in circolo e nel sito d’azione, ma anche alla velocità con cui arriva in circolo. Per valutare la biodisponibilità di una forma farmaceutica si somministra ai pazienti volontari la formulazione e si fanno dei prelievi di sangue a tempi definiti; dopodiché, con un adeguato metodo analitico, che dipende dal principio attivo in esame, si quantifica il farmaco e si costruisce una curva su un grafico. In y ci sarà la concentrazione plasmatica, mentre in x il tempo. Con azione sistemica il farmaco arriva nel plasma ed in questo compartimento si misurano le varie concentrazioni in funzione del tempo. Nel grafico ci sono due valori fissi, che si identificano in due linee orizzontali: - Minima concentrazione efficace: se il principio attivo si trova in circolo al di sopra di questo valore ha attività terapeutica. - Minima concentrazione tossica: è quel valore di concentrazione plasmatica che deve essere evitato per non avere effetti tossici. - Finestra terapeutica: si identifica nell’intervallo tra le due linee; ciò che deve fare la formulazione è mantenere il più a lungo possibile la concentrazione plasmatica all’interno della finestra terapeutica, in modo da avere attività terapeutica senza effetti collaterali. La finestra terapeutica è influenzata dal principio attivo; rispettare questa finestra è più semplice con i farmaci più sicuri, che hanno minime concentrazioni tossiche molto elevate, come i farmaci steroidei, che rimangano facilmente nella finestra. È più complesso mantenere la concentrazione all’interno della finestra per farmaci molto tossici, per i quali la finestra terapeutica è più stretta, perchè si deve raggiungere la minima concentrazione efficace ma è molto facile sforare, andando oltre la minima concentrazione tossica; un esempio sono i farmaci chemioterapici, con finestra terapeutica molto ristretta, infatti, i pazienti in chemioterapia fanno infusioni lente, così che il principio attivo venga fornito lentamente nel tempo, mantenendosi in questa finestra. Questa curva concentrazione plasmatica/tempo dipende (1) dalla modalità con cui il principio attivo viene somministrato (via di somministrazione), (2) dalla forma farmaceutica somministrata, (3) dalla dose, ma anche (4) dallo stesso principio attivo e dalle sue caratteristiche chimico-fisiche (es. metabolizzato o non metabolizzato). Esempio: 100mg di farmaco per via orale in soluzione non dà necessariamente la stessa biodisponibilità di una compressa di 100mg dello stesso farmaco. 1Queste autorità regolatorie, FDA (Food & Drug Administration) ed EMA (European Medicinal Agency), non si preoccupano della molecola, perchè non devono dare l’autorizzazione all’immissione in commercio, ad esempio, del paracetamolo, bensì della forma farmaceutica. 6 Parametri farmacocinetici Per la descrizione delle forme farmaceutiche si rendono necessari in particolare 3 parametri farmacocinetici: - Concentrazione di picco (Cmax): è il valore massimo raggiunto dalla concentrazione del principio attivo nel plasma; è un parametro che dipende dalla dose somministrata, dalla via di somministrazione ed anche dalla forma farmaceutica, perché la Cmax è influenzata dalla velocità di assorbimento. È un valore di concentrazione che dipende dalla velocità oltre che dall’entità dell’assorbimento. È uno dei parametri farmacocinetici usati per definire la biodisponibilità del farmaco e per valutare la bioequivalenza fra formulazioni. - Tempo di picco (Tmax): è il tempo a cui viene raggiunta la concentrazione di picco; dipende strettamente dalla velocità di assorbimento, quindi, dalla via di somministrazione e dalla forma farmaceutica. Un principio attivo somministrato in soluzione ha una velocità di assorbimento maggiore rispetto allo stesso principio attivo somministrato in forma solida, che deve rompersi prima di liberare il principio attivo stesso, ciò si rispecchia in una diversa Tmax. Il tempo di picco, invece, non dà alcuna informazione riguardo l’entità dell’assorbimento, è indipendente dalla dose, quindi, se si hanno dosaggi diversi della stessa formulazione, il Tmax non cambia. - Area sotto la curva della concentrazione plasmatica (AUC): indica la frazione di farmaco assorbita e che arriva immodificata in circolo sistemico in seguito alla somministrazione attraverso una qualsiasi via. Si ottiene dall’integrale della curva concentrazione plasmatica in funzione del tempo. Essa dipende dalla dose di farmaco somministrata, più precisamente dalla quantità assorbita. ∞ ∫0 Matematicamente: AU C = C (t ) d t Questi parametri permettono di definire la biodisponibilità, che è legata sia all’entità dell’assorbimento, ovvero alla quantità assorbita descritta dall’area sotto la curva, che alla velocità, quindi, è necessario calcolare anche la concentrazione di picco ed il tempo necessario per raggiungere questa concentrazione. Esempi di curva concentrazione plasmatica/tempo che dipende da: - Differente dose, stessa via di somministrazione e stessa forma farmaceutica: in questo caso, avendo dosi diverse, AUC cambia, perchè sensibile alla dose, mentre Tmax e Cmax restano invariati. - Differente via di somministrazione: in grafico si mostrano tre diverse vie di somministrazione, nelle quali si osserva bene che la velocità di assorbimento è diversa, questo si rispecchia nel Tmax che è diverso nei tre casi, ma la diversa velocità di assorbimento si riflette anche nella Cmax diversa nei tre casi. Le classiche vie di somministrazione, diverse da quella endovena, nel profilo concentrazione plasmatica/tempo sono sempre caratterizzate da una fase crescente, in cui prevale l’assorbimento, ed una fase decrescente, in cui prevale l’eliminazione. La curva che si ottiene tramite la somministrazione endovena è caratterizzata unicamente dalla fase di distribuzione ed eliminazione, che porta alla riduzione della concentrazione plasmatica. Nel caso della somministrazione endovena, al tempo zero, c’è un certo valore che si ritrova direttamente sull’asse delle y, perchè non c’è la fase di assorbimento; il farmaco si distribuisce e poi viene eliminato con una sola curva discendente. L’area sottesa alla curva, in seguito alla somministrazione endovena di una determinata dose, è sempre maggiore rispetto a quella che si ottiene per tutte le altre vie di somministrazione. L’AUC massima si ha sempre in seguito a somministrazione endovena, perché nella fase di assorbimento del farmaco, ci può essere una parte del farmaco che può non essere assorbita oppure una parte che può essere metabolizzata prima di arrivare al plasma, cosa che non accade per la via endovenosa. Ad esempio, considerando la somministrazione orale, si assume una compressa, può darsi che parte del principio attivo non venga assorbito e venga espulso direttamente, mentre parte del principio attivo sarà assorbito, ma sarà soggetto al metabolismo di primo passaggio epatico, quindi, la quantità che si trova in circolo è sempre più bassa rispetto a quella che si otterrebbe per somministrazione endovena. Da qui nasce il concetto di biodisponibilità assoluta. 7 Biodisponibilità (F) assoluta o semplicemente disponibilità La biodisponibilità assoluta è la biodisponibilità di una data forma farmaceutica confrontata con la somministrazione endovenosa, ovvero il rapporto tra una qualsiasi via di somministrazione diviso la via di somministrazione endovenosa; questo valore è sempre minore di uno, perchè non si può mai superare l’AUC della somministrazione endovena. AUCextr F = AUCiv Qualora le dosi somministrate non siano uguali, si deve ricorrere alla normalizzazione rispetto alla dose: AUCextr D os eiv F = ⋅ AUCiv D os eextr Per fare questa valutazione, molto spesso non si può somministrare esattamente la stessa dose sia per via endovena che per via orale, perchè se si ha un metabolismo molto elevato in seguito a somministrazione orale, 10 mg darebbero luogo a livelli plasmatici troppo bassi, che non si riescono a quantificare, quindi, si devono somministrare delle dosi più alte, tuttavia, a livello endovena, dosi più elevate possono portare delle tossicità. Di conseguenza, per valutare F, si usano dosi diverse per le due vie di somministrazione, quindi, si deve fare la normalizzazione per la dose. Perciò, la biodisponibilità assoluta è influenzata dalla dose somministrata (dose ematica/dose orale). Biodisponibilità (F) relativa È la biodisponibilità di una data forma farmaceutica confrontata con un’altra presa come riferimento (non endovena). AUCtest F = AUCrif Qualora le dosi somministrate non siano uguali, si deve ricorrere alla normalizzazione rispetto alla dose: AUCtest D os erif F = ⋅ AUCrif D os etest Bioequivalenza La forma farmaceutica ha un impatto importante sulla biodisponibilità, per questo si deve introdurre il concetto di bioequivalenza, che riguarda le forme farmaceutiche. Le forme farmaceutiche equivalenti sono forme farmaceutiche che, somministrate nella stessa dose e nelle stesse condizioni, non differiscono significativamente né per la frazione assorbita né per la velocità di assorbimento. Se ci sono due forme farmaceutiche che danno la stessa velocità ed entità di assorbimento avranno presumibilmente lo stesso effetto terapeutico, per questa ragione le si possono definire bioequivalenti. Valutazione della bioequivalenza (parametri utilizzati) AUC e Cmax sono utilizzati per calcolare l’indice di bioequivalenza. Si costruisce la curva concentrazione plasmatica/tempo e si confrontano tra loro due parametri: - AUC: dà informazioni sulla quantità assorbita a partire dalle due forme farmaceutiche. - Cmax: dà indicazioni sia sulla quantità assorbita che sulla velocità. Indice θAUC Per vedere se due forme farmaceutiche sono equivalenti, nel caso di AUC, si fa il rapporto tra le due aree e se l’entità dell’assorbimento è identica il rapporto sarà pari ad 1. Sulla base di diverse sperimentazioni farmacologico-cliniche si è osservato che può essere considerata accettabile una oscillazione di circa il 20% rispetto a questo valore, quindi, si può dire che le due AUC sono paragonabili se il rapporto va da 0.80 a 1.25, che sono i limiti attualmente accettati. La perfetta bioequivalenza è 1, ma dal punto di vista clinico anche se c’è una leggera variabilità non è un problema. AUCtest θ = AUCrif 0.80 ≤ θ ≤ 1.25 8 Indice θCmax Si deve confrontare anche la Cmax, in questo caso non si fa il rapporto tra le due Cmax ma si applica una formula: differenza tra le due Cmax, diviso la Cmax di uno dei due prodotti preso come riferimento. Se c’è la perfetta equivalenza il valore sarà pari a zero, ma sono accettabili anche dei valori compresi in un intervallo che va da -0.20 a +0.20, stabilito sulla base di diverse sperimentazioni farmacologico-cliniche. C m a xtest − C m a xrif θ = C m a xrif -0.20 ≤ θ ≤ +0.20 Affinché due formulazioni si possano definire bioequivalenti entrambe le condizioni devono essere rispettate. Biofarmaceutica ed assorbimento Il percorso del farmaco nell’organismo parte con l’assorbimento e poi prosegue con le varie fasi. L’assorbimento è di maggiore interesse, perchè è quello sul quale le forme farmaceutiche hanno effettivamente un impatto, soprattutto nel caso delle formule farmaceutiche tradizionali, ma anche in molte di quelle innovative. Quando si parla di molecola (principio attivo) si fa subito riferimento all’assorbimento, mentre se si parla di forma farmaceutica, prima dell’assorbimento c’è la fase di liberazione (L), che può essere presente o meno; il principio attivo deve essere liberato dalla forma farmaceutica prima di essere assorbito, per questo l’acronimo diventa (L)ADME. Assorbimento: passaggio dal sito di somministrazione al circolo sistemico; dal punto di vista fisico riguarda il passaggio di un farmaco attraverso una serie di barriere biologiche, che dipendono dalla via di somministrazione. Le membrane biologiche che il farmaco deve attraversare per arrivare al circolo sistemico dipendono dalla via di somministrazione: - Epiteli monostratificati: nella somministrazione orale o polmonare. - Epiteli pluristratificati: nei cerotti transdermici che si applicano sulla pelle, per somministrazione sublinguale a livello buccale oppure attraverso la mucosa vaginale. - Connettivo e tessuto adiposo: nella somministrazione sottocutanea. - Endotelio vasale: il farmaco attraversa l’endotelio dei capillari per raggiungere il circolo. Meccanismi di trasporto Il trasporto di farmaci attraverso l’epitelio vede diversi meccanismi, tra cui: - Pinocitosi - Transcitosi - Endocitosi - Trasporto attivo - Diffusione passiva: meccanismo più utilizzato con cui i farmaci vengono assorbiti. Più del 98% dei farmaci sfruttano la diffusione passiva per passare dal sito di assorbimento al plasma. LADME: Liberazione La liberazione è quell’insieme dei processi che portano il farmaco ad essere presente nel sito di assorbimento in forma assorbibile. Generalmente si considera assorbibile il farmaco in soluzione (dissoluzione). È importante sottolineare che è il principio attivo nella sua forma solubile (molecolare) ad essere in grado di attraversare gli epiteli. Se c’è una formulazione liquida, il principio attivo è già in soluzione pronto per attraversare gli epiteli ed essere assorbito, mentre nella formulazione solida è necessaria la fase di liberazione; è indispensabile, con qualche eccezione, che il principio attivo venga rilasciato in forma molecolare. Fanno eccezione i sistemi nanoparticellari, che sono in grado di entrare all’interno delle cellule come tali, perciò non si rende necessaria la liberazione delle molecole ma si verifica direttamente l’up-take da parte delle cellule. 9 Diffusione passiva Il meccanismo prevalente di attraversamento delle barriere è la diffusione passiva, che viene descritta dalla legge della diffusione (o Legge di Fick). Per descrivere la diffusione si usa il parametro di Flusso (J): dm 1 dc J= ⋅ = − DK ⋅ dt A dx Dal punto di vista dimensionale un flusso è la quantità di un farmaco che attraversa l’unità di area nell’unità di tempo. (es. μg cm-2 h-1; se si prende un cm2 di assorbimento in un’ora passa 1 μg di farmaco). (Cd − Cr ) Formula semplificata senza differenziali: J = DK h Se Cd > > Cr DK Formula ulteriormente semplificata: J= ⋅ Cd h J: flusso di farmaco (mg cm-2 h-1) K: coefficiente di ripartizione. dc/dx: gradiente di concentrazione A: area di permeazione (cm2) D: coefficiente di diffusione (cm h ) 2 -1 C: concentrazione del farmaco (mg/cm) h: lunghezza del cammino diffusionale (cm), il farmaco deve attraversare un determinato epitelio, quindi, “h” si può approssimare allo spessore della barriera che deve essere attraversata. Questa approssimazione, che si usa per semplicità, in realtà non è precisa, perchè i farmaci non attraversano in modo perfettamente perpendicolare la superficie. In ogni caso si afferma che c’è un trasporto (J) tanto maggiore quanto più piccolo è lo spessore della barriera che deve essere attraversata. Fattori che influenzano l’assorbimento Concentrazione Cd − Cr: differenza di concentrazioni, indica la forza motrice del flusso. Cd è la concentrazione all’esterno del corpo (es. nel cerotto a contatto con la pelle), Cr è la concentrazione all’interno della barriera da attraversare. Il trasporto avviene per la differenza di concentrazione ai due lati della barriera che deve essere attraversata. Ciò implica una diffusione passiva dalla soluzione più concentrata a quella meno concentrata. Mentre il farmaco attraversa la barriera viene allontanato e va in circolo. Ripartizione e lipofilia Ripartizione e lipofilia: il principio attivo che si trova nello stomaco in forma molecolare si deve ripartire nella membrana per poi diffondere ed essere assorbito. Per comprendere il concetto di coefficiente di ripartizione si prende in considerazione il coefficiente di ripartizione di una molecola, che è in relazione alla sua lipofilia; si tratta della misura della lipofilia di una molecola e si calcola per tutte le sostanze, non solo per i farmaci, perchè è una caratteristica chimica di ogni molecola. Il coefficiente di ripartizione si valuta usando un veicolo acquoso ed un veicolo lipofilo, in genere si impiega l’ottanolo; ottanolo ed acqua non sono miscibili tra di loro, quindi, si dispongono insieme in un imbuto separatore e si aggiunge il farmaco, dopodiché si agita per un certo tempo per poi quantificare il farmaco sia nella fase acqua che in quella olio. Il coefficiente di ripartizione è il rapporto tra la concentrazione di farmaco nella fase lipofila (olio, ottanolo) e la concentrazione di farmaco nella fase acquosa. Se un farmaco ha delle caratteristiche lipofile, si scioglierà principalmente nell’ottanolo ed il rapporto sarà più elevato. Il coefficiente di ripartizione è un valore tabulato che si trova in letteratura, maggiore è la lipofilia e maggiore è il coefficiente di ripartizione. La ripartizione è la capacità di un farmaco di ripartirsi in due fasi che sono immiscibili tra di loro. Il coefficiente di ripartizione si può indicare sia con K che con P ed è un numero puro, derivando dal rapporto tra due concentrazioni. Spesso viene espresso in scala logaritmica, perchè ci sono molecole con lipofilie estremamente diverse da -0.5 a 100’000; se il farmaco si ripartisce in uguale misura è 1, con LogP=0, farmaco lipofilo LogP>0, farmaco idrofilo LogP dose parenterale). In seguito a somministrazione orale il metabolismo non avviene solo nel fegato ma anche a livello di cellule di stomaco ed intestino, ma la porzione più importante si metabolizza a livello di fegato. Quando si costruisce la curva concentrazione plasmatica/tempo si sta già andando a vedere quello che è arrivato nel plasma, perciò si è a valle rispetto al metabolismo di primo passaggio. Reazioni di fase I e di fase II Nel metabolismo si hanno: - Reazioni di fase I - Reazioni di fase II: portano tipicamente alla coniugazione del principio attivo con molecole altamente idrofile, che le rendono idrosolubili e, quindi, eliminabili per via renale. Nel grafico riassuntivo si mostra che i farmaci possono essere eliminati sia dopo essere stati metabolizzati sia come tali. Il farmaco può essere eliminato come tale, semplicemente coniugato nel metabolismo di fase II ed eliminato oppure può essere metabolizzato, i metaboliti vengono coniugati e poi eliminati. LADME: Eliminazione L’eliminazione di un farmaco avviene per escrezione del farmaco immodificato o dei suoi metaboliti. L’eliminazione avviene in genere per via renale o epatica (attraverso le feci) e dipende da una serie di fattori tra cui il legame alle proteine plasmatiche, il pH nel caso dei farmaci ionizzabili ed i sistemi di trasporto attivo a livello tubulare. 12 Vie di somministrazione Sono molto numerose, per avere una somministrazione sistemica si può somministrare il farmaco non solo per via parenterale, ma anche per via orale, rettale, buccale, nasale, polmonare, oculare (solo per applicazione locale), dermica (si applica alla pelle per agire nella pelle) e transdermica (si applica alla pelle per ottenere un effetto sistemico). L’unica somministrazione che non ha assorbimento è quella endovena. La via parenterale rappresenta una via iniettiva ed include diverse tipologie di iniezioni, infatti, il farmaco può essere iniettato per via endovenosa (circolo), via intramuscolare (muscolo), via sottocutanea (sotto-cute), via intradermica, via endocardica, all’interno della pelle in caso di alcuni vaccini (TBC), via epidurale, via intratecale (liquor spinale), via intrarteriosa, via intrasinoviale (articolazioni) e per via intracamerale/intravitreale (bulbo oculare). Definizione di Biofarmaceutica La tecnologia trasforma il principio attivo nella forma farmaceutica e la biofarmaceutica studia come i processi di produzione, i materiali (farmaco, eccipienti, contenitori) e la formulazione farmaceutica incidano sulla liberazione del farmaco e sui processi di assorbimento. La liberazione è il processo essenziale che si deve verificare per poi avere l’assorbimento. Studia l’effetto di tutte le variabili della forma farmaceutica che influiscono sull’assorbimento. Tipi di studi di Biofarmaceutica: - In vitro: test di dissoluzione, test di permeazione - In vivo: farmacocinetica - In situ: perfusione 13 1. Forme Farmaceutiche Forme Farmaceutiche, Preparazioni Farmaceutiche, Forme di Dosaggio o Formulazioni Classificazione delle forme farmaceutiche: - Per forma fisica: liquide, semisolide, solide. - Per via di somministrazione: parenterale, orale, oculare, polmonare, ecc… - Per modalità di liberazione dell’attivo: rilascio immediato o rilascio controllato di farmaco. Nella tabella vengono classificate, in funzione dello stato liquido, semi-solido e solido, le varie tipologie di formulazioni e le tipologie di somministrazione. Le soluzioni sono formulazioni liquide che si possono impiegare per qualsiasi via di somministrazione, mentre le sospensioni si possono usare per tutte le vie fatta eccezione per l’endovena. Oltre a queste classificazioni è importante cercare di focalizzare l’attenzione sul farmaco biotecnologico, perchè ci sono alcune di queste formulazioni che non vengono impiegate nella realizzazione di farmaci biotecnologici. I farmaci biotecnologici si possono includere in tutte le formulazioni liquide, almeno quelle che abbiano una parte acquosa; le formulazioni semi-solide si trovano solo in un tipo di formulazione, gli idrogel, mentre paste ed unguenti non sono usate per i farmaci biotecnologici, perchè non si inseriscono proteine in paste per applicazione cutanea. Per quanto riguarda le formulazioni solide è possibile realizzare dei farmaci biotecnologici con tutte le polveri, che possono contenere spesso dei farmaci biotecnologici ottenuti per liofilizzazione. Rientrano in questa categoria anche impianti, inserti, capsule e compresse, perché uno dei più attivi ambiti di ricerca è il tentativo di somministrare per via orale farmaci di natura peptidica e proteica. Ad oggi, compresse o capsule di proteine sono pochissime, ci sono solo un paio di esempi, soprattutto sono molecole proteiche o peptiche con caratteristiche particolari. L’idea di riuscire a somministrare per via orale dei farmaci proteici risolverebbe moltissimi problemi. In questa seconda tabella le formulazioni sono organizzate per via di somministrazione. In queso caso si rivolge l’attenzione alla differenza tra somministrazione locale e somministrazione sistemica. È importante sapere che la via parenterale per somministrazione sistemica include la via iniettiva endovenosa, intramuscolare e sottocutanea, mentre le altre somministrazioni parenterali danno azione localizzata di farmaco, ad esempio, a livello oculare (via intravitreale/intracamerale) o articolare (via intrarticolare). Tra le vie non parenterali ci sono quelle impiegate sia per azione sistemica che locale, come la via orale, che per azione locale tratta diarrea, morbo di Crohn, ulcere; la via buccale, che sfrutta una forma farmaceutica sulla gengiva, a livello della parte interna della guancia o sotto la lingua (via sublinguale, assorbimento rapido), dove in alcuni casi l’azione è locale (es. afte), in altri sistemica (es. nitroglicerina); la via nasale e la via polmonare. La via dermica ha azione locale con somministrazione a livello della pelle, mentre la via transdermica ha azione sistemica (es. cerotti). Per quanto riguarda la modalità di rilascio ci sono farmaci biotecnologici con formulazioni a rilascio immediato, che al momento rappresentano la maggioranza, ma anche a rilascio controllato (ritardato, protratto, …). 2. Forme Farmaceutiche Liquide All’interno delle formulazioni liquide si trovano 3 tipologie diverse dal punto rivista tecnologico: soluzioni, sospensioni ed emulsioni. Si tratta di preparazioni liquide contenti una o più sostanze (principi attivi) disciolte o disperse o emulsionate in un adatto veicolo (solvente o miscela di solventi). Si utilizzano diverse vie di somministrazione (es. orale, dermica, auricolare, oculare, parenterale, nasale, polmonare), che possono essere o meno sterili. La sterilità è una proprietà indispensabile per tutte le formulazioni che devono essere iniettate, quindi, per tutte le formulazioni parenterali, per tutte le applicazioni oculari (es. colliri) e anche molte formulazioni per somministrazione polmonare. 14 2.1. Formulazioni Liquide: Soluzioni Le soluzioni sono preparazioni liquide contenenti una o più sostanze disciolte, presenti come dispersione allo stato molecolare. Le soluzioni possono essere liquide, gassose o solide, facendo riferimento alla natura del solvente. La soluzione è un sistema monofasico, ciò significa che il suo stato fisico e la sua composizione chimica sono uniformi; qualsiasi punto della soluzione presenta uguale stato fisico e composizione, completamente diverso da sospensioni ed emulsioni, che non sono omogenei né monofasici. Le definizione chimica di soluzione dice che le soluzioni sono delle miscele omogenee a livello molecolare tra due sostanze chimiche (es. S/L, L/L, G/L, S/S, G/G). Le vie di somministrazione sono: orale, dermica, auricolare, oculare, parenterale, nasale, polmonare… Solvente: determina la fase della soluzione, in genere è il componente più abbondante (eccezione: sciroppo) Soluto: componente dispersa allo stato molecolare Sistemi monofasici, trasparenti: la soluzione deve essere trasparente, altrimenti non è una soluzione. Trasparente non significa incolore, la soluzione può avere un colore, l’importante è che sia limpida. Solubilità: massima quantità di soluto disciolto in un determinato volume di solvente a una data temperatura e pressione. Velocità di dissoluzione (≠ Solubilità): la velocità di dissoluzione e la solubilità non sempre sono correlabili, la velocità di dissoluzione è un concetto diverso dalla solubilità, che fa riferimento alla massima concentrazione che può raggiungere un soluto in soluzione ad una determinata temperatura, mentre la velocità di dissoluzione è un concetto cinetico, che fa riferimento alla velocità con cui un principio attivo passa in soluzione. Solubilità: si esprime come una concentrazione (massa disciolta per unità di volume) e rappresenta la massima quantità di soluto disciolto in un determinato volume di solvente a una data temperatura (e pressione). - Soluzione satura: la concentrazione del soluto è pari alla solubilità; il soluto è in equilibrio con il corpo di fondo. La concentrazione della soluzione satura esprime la solubilità del soluto ad una data temperatura. - Soluzione insatura: la concentrazione del soluto è inferiore alla sua solubilità. - Soluzione sovra-satura: la concentrazione del soluto è superiore alla sua solubilità; è una situazione transitoria di instabilità, che si verifica in alcuni casi e poi porta alla precipitazione del principio attivo, per tornare alla concentrazione della solubilità. In tabella si presentano le espressioni di concentrazione più impiegate durante il corso, ovvero le percentuali P/P, V/V, le conversioni mg-mL, e le unità internazionali. (misure di attività). La Farmacopea parlando di solubilità ogni tanto dice che un farmaco è “poco solubile”, ma questa non è una quantificazione indicativa, per questo, nelle trascrizioni generali, c’è scritto cosa significa per la Farmacopea. La preparazione delle soluzioni è estremamente semplice ed avviene per l’aggiunta del principio attivo al solvente, in genere si usa l’agitazione (o la temperatura) per favorire la dissoluzione, che deve avvenire in un recipiente adeguato. Poi ci possono essere delle operazioni farmaceutiche supplementari, come filtrazione e sterilizzazione, che servono a sterilizzare ed eliminare eventuali corpuscoli dalla soluzione. Vantaggi dell’utilizzo di una soluzione come forma farmaceutica: - Uniforme distribuzione del farmaco: il sistema è monofasico, ciò risulta comodo perché non c’è la necessità di agitare la formulazione prima dell’uso, qualsiasi volume si prelevi da una soluzione si sa che contiene una precisa quantità di principio attivo. - Immediata disponibilità per l’assorbimento: il farmaco è già solubilizzato e solo i principi attivi allo stato molecolare possono attraversare le barriere, perciò l’assorbimento a partire da una soluzione sarà più rapido rispetto ad altre formulazioni. - Somministrazione agevole: nel caso di particolari tipi di pazienti (bambini, anziani) la somministrazione per via orale risulta essere particolarmente agevole. - Dosaggio preciso e personalizzato: si può iniettare un volume preciso in funzione del peso corporeo del paziente. 15 Svantaggi dell’utilizzo di una soluzione come forma farmaceutica: - Problemi di solubilità di molti farmaci: la scelta dei solventi è limitata e se un principio attivo in acqua non si scioglie, difficilmente si riuscirà a fare una soluzione. - Ridotta stabilità chimica: la possibile presenza di fenomeni di tipo idrolitico rendono, in generale, una formulazione liquida meno stabile di una formulazione solida, con un periodo di validità inferiore rispetto a forme solide. - Possibilità di contaminazione e sviluppo microbico: si parla in particolare delle formulazioni a base acquosa, in cui è possibile la contaminazione e la proliferazione microbica. - Sapore sgradevole più accentuato: per via orale le soluzioni accentuano il sapore sgradevole del principio attivo. - Scomodi da trasportare e immagazzinare: a livello industriale sono più complessi da trasportare e immagazzinare. Fattori che influenzano la solubilità: 1. Temperatura: si può scaldare per favorire la dissoluzione, però poi la formulazione viene conservata a temperatura ambiente e non si hanno grandi possibilità di agire sulla temperatura per favorire la solubilità del principio attivo. 2. Struttura cristallina (amorfi e polimorfi): a seconda del principio attivo, soprattutto per piccole molecole, se possiede degli amorfi, si può selezionare la molecola con caratteristiche di solubilità migliori. 3. pH: mezzo importante a disposizione per favorire la solubilità del principio attivo (es. la solubilità dell’insulina è pH dipendente), si può cambiare il pH della soluzione per favorire la solubilità del principio attivo. 4. Eccipienti: si possono impiegare eccipienti particolari che aiutino nella solubilizzazione, come co-solventi, tensioattivi e complessanti (ciclodestrine). Eccipienti per soluzioni Gli eccipienti rappresentano qualsiasi componente, al di fuori del principio attivo, presente nella formulazione o usato per la sua fabbricazione al di fuori del principio attivo. Ad esempio, se si produce un liofilizzato, l’acqua presente all’inizio viene poi eliminata, ma rimane comunque un eccipiente. Materie prime che entrano nella composizione di una preparazione farmaceutica con gli obiettivi di: - Dare una forma alla preparazione - Facilitare la somministrazione - Conservare il principio attivo - Favorire la biodisponibilità del principio attivo - Controllare la velocità di rilascio del principio attivo - Aiutare la lavorazione del sistema durante la produzione - Aiutare l’identificazione del prodotto: colorazioni particolari permettono di non confondere i farmaci. Inerzia degli eccipienti: - Verso i componenti attivi - Verso l’organismo - Farmacologicamente inerti: - GRAS (Generally Regarded As Safe): etichetta che viene data alle sostanze, ma non tutti gli eccipienti sono classificati così, quando possibile è una garanzia di sicurezza. - Verso i materiali di confezionamento: gli eccipienti non devono interagire con i contenitori ed altri recipienti. Quali sono i componenti di una soluzione per preparare la formulazione? Eccipienti per soluzioni: - Solvente/veicolo - Stabilizzanti (chelanti e tamponi, antiaggreganti) - Tamponanti - Addensanti - Antimicrobici - Aromatizzanti - Antiossidanti - Dolcificanti - Solubilizzanti - Coloranti Le formulazioni liquide possono essere anche emulsioni o sospensioni: - Disperdenti - Sospendenti - Bagnanti - Emulsionanti 16 Acqua L’acqua impiegata in preparazioni farmaceutiche deve avere caratteristiche controllate e rispondere a specifici requisiti. Ogni tipo di acqua ha un impiego in specifiche preparazioni farmaceutiche. Ci sono vari tipi di acqua, con requisiti diversi, tutti indicati in Farmacopea, tra questi ci si focalizza su: - Acqua depurata - Acqua per preparazioni iniettabili Procedimenti di purificazione dell’acqua: - Distillazione - Scambio ionico - Osmosi inversa - Ultrafiltrazione Acqua depurata È acqua per la preparazione di medicinali diversi da quelli che devono essere sterili ed apirogeni (es. sciroppi, formulazioni per applicazione cutanea), salvo eccezione giustificata ed autorizzata. Si prepara mediante distillazione, scambio ionico o qualsiasi altro metodo adeguato, a partire da acqua conforme alla normativa prevista, dall'autorità competente, per l'acqua destinata al consumo umano (acqua potabile). Requisiti per acqua depurata ed acqua potabile: - Non devono essere presenti determinate sostanze, come gli ioni metallici. - La TOC (Total Organic Content), ovvero il contenuto di sostanze organiche presenti nell’acqua deve stare al di sotto di un determinato valore nell’acqua depurata, mentre non ci sono limiti particolari per l’acqua potabile. - Il residuo secco deve essere particolarmente basso Acqua per preparazioni iniettabili Questa acqua viene impiegata per la preparazione di medicinali per somministrazione parenterale. Questa acqua deve avere delle caratteristiche particolari, in particolare deve essere sterile; si prepara sempre a partire dall’acqua potabile oppure dall’acqua purificata per distillazione in un apparecchio le cui parti a contatto con l'acqua sono di vetro neutro, quarzo o metallo idoneo e che è munito di un dispositivo che impedisce il trascinamento delle gocce. La prima porzione del distillato, ottenuta quando l'apparecchio comincia a funzionare, deve essere scartata e il distillato è raccolto e conservato. Questa acqua oltre ad essere sterile, deve essere sottoposta ad un saggio, ovvero ad una valutazione che riguardi le endotossine batteriche. Saggi: - Sterilità: assenza di microrganismi. - Endotossine batteriche: si tratta di un gruppo di composti, derivati in predominanza dalla parete cellulare dei batteri Gram-negativi; questi lipopolisaccaridi (LPS), danno origine a rialzo termico (febbre) se iniettati nei mammiferi, quindi, sono pirogeni. Le endotossine batteriche non sono l’unico composto pirogenico, ma sono di gran lunga il più comune. Queste sostanze, quando iniettate, in particolare quando si praticano delle infusioni (iniezioni di volumi elevati di acqua), possono dare una serie di problemi, tra cui febbre, infiammazione, necrosi tissutale, danneggiamento dei capillari, ipotensione, coagulazione intravascolare, shock e morte. Per questo è molto importante che l’acqua, soprattutto quando si iniettano volumi elevati, sia priva di endotossine batteriche. Tali frammenti sono resistenti al calore (3 ore a 180°C o 30 minuti a 250°C), di conseguenza sterilizzare non è sufficiente e si deve controllare la presenza o meno nella formulazione di endotossine batteriche. Per molto tempo, per verificare la presenza di endotossine batteriche, si prendeva l’acqua e la si iniettava nella vena dell’orecchio dei conigli, osservando se vi fosse un rialzo termico, dal momento che si tratta di composti pirogeni ed una delle prime manifestazioni è proprio la febbre. Tuttavia, al di là del fatto che si cerchi di usare, per quanto possibile, sempre meno i modelli animali, c’è un problema sostanziale che deriva dal fatto che il coniglio è un animale che si stressa facilmente, quindi, c’erano dei casi di falsi positivi dovuti ad una reazione del coniglio non collegata al pirogeno. Quindi, da ormai 10-15 anni si impiega il LAL test. 17 LAL test Questo test fa uso del lisato di amebociti di Limulus, un estratto acquoso proveniente dalle cellule sanguigne (amebociti) del “granchio a ferro di cavallo”, Limulus polyphemus. In presenza di endotossine batteriche il lisato di ameboidi coagula. Howell descrisse la coagulazione del sangue del Limulus nel 1885. Negli anni cinquanta, presso il laboratorio biologico marino di Woods Hole, nel Massachusetts, Bang scoprì che i batteri Gram-negativi provocavano la coagulazione del sangue di Limulus. Levin e Bang determinarono in seguito che la reazione è di tipo enzimatico e che gli enzimi sono situati nei granuli degli amebociti. Dimostrarono che la coagulazione viene iniziata da un componente strutturale unico, presente nella parete della cellula batterica: l’endotossina o lipopolisaccaride. Ci sono diversi test che si possono acquistare e funzionano in modo diverso, essi prendono in considerazione la cascata della coagulazione mediata da questi LPS. Ci sono una serie di fattori coinvolti che mediano la coagulazione. La cascata di reazione mediata da LPS coinvolge: pro-enzimi serina proteasi (fattore C, fattore B) pro- enzima proclottante e il coagulogeno (proteina gelificante). Co-solventi In alcuni casi il principio attivo potrebbe non sciogliersi in acqua, perciò si deve aggiungere una componente che favorisca la dissoluzione. A questo scopo si possono utilizzare i co-solventi, che sono sostanze perfettamente miscibili con l’acqua, le quali consentono la solubilizzazione dei principi attivi. I quattro co-solventi impiegati maggiormente sono: - Etanolo: è miscibile con l’acqua e ha un ottimo potere solvente verso composti chimici naturali (resine, oli essenziali, alcaloidi). Inoltre ha proprietà antimicrobiche, dal momento che ostacola la crescita batterica ed i fenomeni idrolitici (es. gel per le mani: dovrebbero essere al 70% di etanolo, ma se si vuole semplicemente conservare è sufficiente una percentuale del 10-15%, così che si blocchi la proliferazione microbica). Un’altra azione è come promotore di assorbimento, infatti, l’alcol tende ad aumentare la permeazione dei principi attivi attraverso le membrane biologiche (es. pelle e mucose). Viene impiegato come solvente in cosmesi ed in farmaceutica, come conservante e come promotore di assorbimento in formulazioni topiche. - Alcoli: - Glicerina (o glicerolo): molecola idrofila con 3 OH, un liquido molto viscoso impiegato come co- solvente e molto usato in cosmesi (es. Glysolid). La glicerina è igroscopica, quindi, trattiene l’acqua e quando viene applicata alla superficie della pelle garantisce l’idratazione dello stato superficiale; la glicerina si posiziona nello stato corneo e con essa una certa quantità d’acqua. Inoltre, ha anche un certo potere conservante. É miscibile sia in acqua che in alcool, si impiega come solvente nelle formulazioni parenterali e orali, è umettante ed emolliente in farmaceutica e cosmesi, ma funge anche da plasticizzante (saponi). - Glicole propilenico: presenta 2 OH, uno in meno rispetto alla glicerina. - Sorbitolo: un polialcol con struttura diversa rispetto a glicerina e glicole propilenico. Soluzioni oleose: veicoli In generale si parla di acqua come veicolo, perchè è il caso tipico del farmaco biotecnologico, ma si possono formulare anche delle soluzioni oleose. Un esempio è il farmaco DIBASE®, il cui principio attivo è la vitamina D3, una vitamina per definizione liposolubile; per questa caratteristica del principio attivo non è possibile produrre una formulazione acquosa, quindi, il farmaco è formulato in un veicolo oleoso, che contiene olio di oliva raffinato, nel quale si scioglie il principio attivo (50’000 U.I./2,5 mL, soluzione orale, P.A. colecalciferolo 1,25 mg pari a 50’000 U.I., eccipienti olio d’oliva raffinato). I veicoli oleosi sono diversi, includono l’olio di mandorle dolci, l’olio d’oliva, l’olio d’arachidi e l’olio di sesamo, che sono tutti oli raffinati e purificati. Queste soluzioni sono più comunemente utilizzate per vie di somministrazione diverse dall’orale (es. soluzioni oleose di canfora per uso esterno). Soluzioni in altri veicoli In alcuni casi si rende necessaria l’aggiunta di altri co-solventi molto più aggressivi di quelli presentati sin ora, tra cui Cremophor EL, ovvero olio di ricino polietossilato. Un esempio è il Taxol® impiegato in chemioterapia, nel quale si trova Paclitaxel sciolto in 50% Cremophor EL e 50% etanolo; provoca reazioni di sensibilizzazione. 18 Complessanti Oltre all’utilizzo di co-solventi, tra i fattori formulativi utili ad influenzare la solubilità di un principio attivo ci sono le sostanze complessanti, le quali favoriscono la solubilità, perchè creano un complesso più idrofilo rispetto al farmaco. Un esempio sono le ciclodestrine, degli oligosaccaridi ciclici (6-8 molecole di piranosio, che possono essere di dimensioni diverse), con una struttura tridimensionale ad anello tronco-conica, anche detta “a tronco di cono”. Questa struttura è fatta in modo tale che all’esterno ci siano degli -OH primari e secondari, che conferiscono grande idrofilia alla molecola e le permettono di sciogliersi in acqua, mentre la cavità interna ha delle caratteristiche più lipofile, è idrofoba. Se si dispongono in acqua la ciclodestrina ed il principio attivo poco solubile in solvente acquoso, quest’ultimo, se ha le caratteristiche giuste, può entrare all’interno della ciclodestrina ed essere solubilizzato tramite questo complesso. È un sistema che si usa anche per stabilizzare delle molecole poco stabili, perchè queste, racchiuse all’interno della ciclodestrina, aumentano la loro stabilità. Quindi, le ciclodestrine formano con alcuni farmaci dei complessi di inclusione e sono usate per l’azione solubilizzante, ma anche per proteggere i principi attivi dalla degradazione. Tensioattivi (o tenside, surfattante) Sostanze caratterizzate dalla presenza nella loro molecola di due porzioni: - Idrofila: ione, -OH, -COO-, -NH3+. - Lipofila: catena/e idrocarburica. I tensioattivi in soluzione acquosa, quando la concentrazione aumenta al di sopra di un certo valore, definito concentrazione micellare critica (cmc), formano delle micelle. Con un sistema di questo genere, all’interno di una soluzione acquosa, il core delle micelle ha caratteristiche più lipofile, che consentono la solubilizzazione del principio attivo. Nel momento in cui si aggiunge un tensioattivo compatibile con il principio attivo di interesse all’acqua, al di sopra della cmc, si può favorire la solubilizzazione. L’azione detergente si basa sullo stesso principio. All’interno della famiglia dei tensioattivi ci sono diversi tipi di molecole, che presentano parti idrofile e lipofile un po’ diverse sia in termini chimici che di ingombro sterico, perciò a seconda della natura chimica e della dimensione verranno usati come solubilizzanti, emulsionanti, bagnanti o antischiuma. Solubilizzanti Il tensioattivo solubilizzante ha un elevato HLB (15-18), quindi, è idrofilo; grazie alla formazione di micelle permette di incorporare componenti liposolubili in un sistema acquoso con formazione di un sistema colloidale. Queste micelle sono dei colloidi. Un esempio di solubilizzanti sono i polisorbati. Oltre ai solubilizzanti sono spesso necessari altri eccipienti Oltre alla necessità di solubilizzare si può avere la necessità di stabilizzare il principio attivo ed eventualmente anche altre componenti della soluzione. - Garantire la stabilità del principio attivo (anche dal punto di vista microbiologico) - Garantire la stabilità della formulazione - Regolazione del pH - Modificare la viscosità della soluzione - Modificare aspetto e gusto: se si parla di una soluzione per via orale Conservanti Le sostanze che si utilizzano come conservanti sono di diverso tipo. Conservare una preparazione è un termine generico che prende in considerazione la preservazione delle caratteristiche chimiche, fisiche, microbiologiche, terapeutiche e biofarmaceutiche del prodotto finito. - Antimicrobici - Antiossidanti: azione di protezione chimica. - Chelanti, tamponi: sostanze che contribuiscono alla stabilità. 19

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