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NEUROLOGIA 2 (Sbobine a cura di Debora Mancuso a.a. 22\23) L’encefalo, come sappiamo, è suddiviso in sostanza grigia e sostanza bianca (chiamata così per la presenza della mielina). La sostanza grigia sta all’esterno rispetto alla bia...

NEUROLOGIA 2 (Sbobine a cura di Debora Mancuso a.a. 22\23) L’encefalo, come sappiamo, è suddiviso in sostanza grigia e sostanza bianca (chiamata così per la presenza della mielina). La sostanza grigia sta all’esterno rispetto alla bianca e costituisce la corteccia, formata dai corpi cellulari; questi ultimi creano delle interazioni tra di loro e comunicano con dei prolungamenti, gli assoni, che poi scendono nella parte interna, formando un fascio di fibre. Il grigio è sul telencefalo, ma anche sul cervelletto. Il telencefalo è formato da alcuni nuclei che sono i gangli della base (nucleo caudato, putamen, sostanza nera, nucleo rosso…), importanti poiché la loro alterazione è alla base di malattie caratterizzate da disordini del movimento, come Parkinson, parkinsonismi, Corea di Huntington e altri. L’encefalo, esternamente, non è liscio, ma presenta delle circonvoluzioni (o giri) che servono per aumentare la superficie totale dalla corteccia cerebrale. Vi sono anche delle scissure; una delle più grosse è la scissura laterale e poi ve ne sono altre che servono per dividere i diversi lobi dell’encefalo: frontale, temporale, parietale e occipitale. In realtà ci sono altri 2 lobi che non sono visibili che sono: l’insula e il lobo limbico. Il lobo limbico è una struttura molto importante perché sta alla base dell’emotività del soggetto. I lobi e le funzioni Ogni lobo è deputato al controllo di specifiche funzioni; infatti, il lobo occipitale è importante per il controllo della vista, il lobo temporale contiene in profondità una struttura importante per la memoria (ippocampo), nel lobo parietale c’è una piccola area deputata al controllo della sensibilità dell’emicorpo controlaterale e più avanti c’è il giro precentrale, importante per il movimento. Il lobo frontale è importante, invece, per alcune funzioni corticali superiori, che ci distinguono dagli animali, come la pianificazione delle nostre azioni, il ragionamento. Esistono delle malattie, in particolare la demenza fronto-temporale, in cui si assiste ad una forma di demenza con una memoria intatta (a differenza dell’Alzheimer), ma con cambiamenti nel comportamento. I due emisferi comunicano tra di loro attraverso un sistema di fibre che costituiscono il corpo calloso, una struttura molto importante, infatti, ad esempio, in una malattia che è la degenerazione cortico-basale noteremo che un danno a carico di questa struttura produce manifestazioni bizzarre nel paziente. I nervi cranici I nervi cranici sono 12 paia di nervi: 1° - Nervo Olfattivo → è composto da piccoli “fili” che raggiungono il bulbo, attraversando l’osso etmoide e penetrano dalla cavità nasale 2° - Nervo Ottico → i due nervi ottici originano da chiasma ottico, penetrano nell’orbita e si connettono con il bulbo oculare 3°, 4°, 6° - Nervi Oculomotore, trocleare, abducente → nervi che controllano la motilità dell’occhio sia intrinseca (dilatazione e restrizione della pupilla + movimento del 1 cristallino che permettere l’accomodazione, importante per la visione degli oggetti da vicino e da lontano) che estrinseca. 5° - Nervo Trigemino → è chiamato così perché ha 3 branche ed è fondamentale perché se si infiamma provoca la nevralgia del trigemino, un dolore a scosse che colpisce una parte del viso. Il trigemino raccoglie la sensibilità dall’emivolto ed ha anche una componente motoria utile ai fini della masticazione. 7° - Nervo Faciale → interviene nella mimica, infatti quando è alterato provoca una paresi e quindi la persona potrebbe presentare la bocca storta, un occhio che rimane aperto 8° - Nervo Statoacustico → interviene nell’udito e nel mantenimento dell’equilibrio 9°, 10° - Nervi Glossofaringeo e Vago → intervengono nella deglutizione) 11° - Nervo accessorio → fa muovere il collo e le spalle 12° - Nervo Ipoglosso → fa muovere la lingua I due emisferi sono separati dalla scissura interemisferica. Paul Broca Paul Broca, celebre neurologo francesce, ricevette nel 1861 la visita di un paziente che, pur stando benissimo fino il giorno prima, si alzò una mattina non riuscendo più a parlare, anzi l’unica cosa che riusciva a dire era “Tan” (motivo per cui poi venne chiamato “il paziente Tan Tan”); il paziente era capace di comprendere tutto ciò che gli veniva detto ma non riusciva a produrre un linguaggio. Quando morì, si scoprì che il suo cervello aveva un buco (come si può notare dall’immagine che raffigura il suo cervello) inizialmente attributo ad un evento ischemico causata da una sifilide, che era localizzato in una zona del cervello che sta nella parte frontale; tale zona poi venne chiamata “area di Broca”. Oggi sappiamo che quest’area è importante perché riesce a trasformare il nostro pensiero in parole e quando non funziona bene provoca un disturbo definito “afasia”. L’afasia di Broca si può vedere in pronto soccorso quando arriva, per esempio, un paziente con un ictus che non riesce ad esprimersi. Altri due studiosi, nel 1870, due tedeschi, Fritsch e Hitzing, scoperchiando il cranio di alcuni cani, notarono che, nel momento in cui veniva lesionata una zona della corteccia, il cane diventava paralizzato e quindi si è capito che la zona che controlla il movimento è l’area motoria primaria o giro precentrale. Se questa zona viene stimolata con un elettrodo avremo il movimento nella parte opposta. Phineas Gage Un altro esempio importante per la comprensione del funzionamento del cervello è il caso di Phineas Gage. Quest’uomo lavorava alle ferrovie e mentre stava lavorando una trave gli perforò il cranio, in particolar modo la parte anteriore del cervello. Questa storia è importante 2 perché ci ha dimostrato un altro funzionamento del cervello, in quanto Gage, in seguito all’incidente, cambiò completamente carattere: da tranquillo divenne aggressivo e morì solo come fenomeno da baraccone. Da qui è emerso che la zona danneggiata è il lobo frontale, fondamentale nel controllo del comportamento. Sulla base di questo, Antonio Egas Moniz, vinse il premio Nobel nel 1949 per l’introduzione di un metodo, oggi considerata cruenta, che è la leucotomia prefrontale. In assenza di farmaci, questa metodica veniva usata nei pazienti psichiatrici aggressivi schizofrenici; veniva inserito un punteruolo d’acciaio nel naso e da qui si perforava l’etmoide arrivando al lobo frontale e ciò serviva a separare questo lobo dal resto del cervello. Ciò faceva in modo che pazienti molto aggressivi divenissero più tranquilli (da considerare che a quei tempi i farmaci psicotici ancora non esistevano). Qualche anno dopo il Nobel vennero introdotti i primi farmaci neurolettici, che oggi sono quelli che vanno a sostituire chimicamente questa metodica: si riduce il carico di dopamina nei lobi frontali e di conseguenza si ha un maggior controllo dei disturbi del comportamento. Henry Molaison H.M. è probabilmente il paziente più studiato della medicina; egli era un bambino normalissimo e un giorno, mentre andava in bici, cadde e riportò un grave trauma cranico dal quale ci riprese, ma iniziando però ad avere crisi epilettiche. Queste crisi erano farmacoresistenti ed erano fortemente invalidanti (poteva avere fino a 100 crisi epilettiche al giorno). I genitori disperati si rivolsero ad un neurochirurgo che propose di rimuovere il tessuto danneggiato dal trauma (il che era una novità) che era il lobo temporale. Con questa tecnica guarì dall’epilessia, ma accadde una cosa preoccupante: aveva problemi di memoria. Arrivato ad 80 anni, guardandosi allo specchio non si riconosceva perché pensava di vedere quel bambino al momento dell’incidente; in pratico da quel momento il suo cervello si fermò. Quindi H.M. perse la capacità di apprendere nuovi ricordi, scoprendo così che c’è una struttura molto importante per la memoria: l’ippocampo. L’ippocampo ci permette di acquisire ricordi, di selezionare quelli che ci servono e quelli che non si servono (questi ultimi vengono dimenticati); se questa selezione non funziona, noi perdiamo giornalmente tutti i ricordi della giornata. H.M. perdeva le informazioni dopo pochi minuti che le aveva acquisite perché il suo ippocampo non funzionava. 3 FUNZIONI CORTICALI SUPERIORI Le funzioni corticali superiori sono quelle che differenziano l’uomo dall’animale. Ad esempio, il movimento è una funzione di base presente in tutti, mentre la capacità di scrivere una poesia o di parlare o di ricordarti il libro di neurologia è proprio solo dell’uomo. Quando esaminiamo un paziente dobbiamo andare ad indagare i domini cognitivi: Attenzione Memoria Linguaggio Funzioni esecutive Comportamento ed emozioni Performance visuo-spaziali Attività della vita quotidiana MMSE Un test che va ad esplorare in modo molto rapido queste funzioni, senza fare però una diagnosi specifica, è il Mini Mental State Examination, prodotto negli anni ’70 e usato fino ad oggi. È un test con un punteggio massimo di 30 punti; quando andremo a eseguirlo dobbiamo correggerlo per la scolarità. Punteggi: Da 24 a 30 → le funzioni cognitive sono integre Da 18 a 23 → ci potremmo trovare di fronte ad un MCI (disturbo cognitivo lieve) Da 0 a 17 → c’è già un coinvolgimento cognitivo importante 4 In questo test si va ad analizzare: Orientamento temporale → si chiede al paziente in che anno siamo, stagione, mese, giorno (il paziente con Alzheimer può riferire di essere, ad esempio, nel 1930) Orientamento spaziale → si chiede al paziente dove abita, in che via risiede, dove è. Registrazione → si chiede al paziente di dire 3 oggetti, poi viene distratto con calcoli, ad esempio, e poi si richiede i 3 oggetti che ha detto, per valutare la funzione dell’ippocampo Attenzione e Calcolo Richiamo Linguaggio → lo si analizza attraverso le varie componenti: ad esempio si chiede al paziente di dire cos’è una penna, poi gli viene chiesto di esprimersi e si cerca, quindi, di analizzare sia la comprensione che la produzione del linguaggio Funzioni visuo-spaziali Una corretta diagnosi Ovviamente una valutazione neuropsicologica completa va ad analizzare questi domini in maniera molto più approfondita. Quando analizziamo le funzioni cognitive, il dottore deve valutare tante cose perché quando parliamo di demenza, oggi è inaccettabile che uno psicologo parli di demenza “senile” perché alcuni disturbi, come l’Alzheimer, possono colpire persone di 35-40 anni. È bene anche ricordare che non esiste solo l’Alzheimer e bisogna fare sempre una diagnosi corretta per una buona riabilitazione, ma anche per una buona terapia. Ad esempio, mettendo a confronto la malattia di Alzheimer e la demenza fronto-temporale: per quanto riguarda l’Alzheimer, tipicamente ci troviamo davanti ad un paziente sopra i 65 anni che sta fermo, che non si ricorda le cose, che sta lì tranquillo e che sarà accompagnato da un caregiver molto preoccupato questo perché il paziente ha uno scarso insight, quindi non è consapevole, mentre i familiari, abituati ad un'altra persona, ne risentono; per quanto riguarda la demenza fronto-temporale, il paziente è spesso aggressivo, allucinato, disinibito. Viene da sé che la terapia cambia completamente perché ad un paziente con Alzheimer si andrà a dare un farmaco stimolante; cosa che non si può fare con l’altro tipo di demenza per ovvie ragioni. Una corretta diagnosi è anche importante ai fini della ricerca perché se si testa una molecola per le proteine tau e beta-amiloide (Alzheimer) su un paziente che ha ad esempio la demenza dei copri di Lewy e che quindi ha un accumulo di alfa-sinucleina, fallisce la sperimentazione non perché il farmaco non funziona, ma perché lo si sta testando sul paziente sbagliato. È importante anche andare a valutare le forme genetiche su cui incidono molto la familiarità; quindi, aver in famiglia un'altra persona affetta dalla stessa demenza e soprattutto l’età perché più precoce è l’esordio e peggio è; c’è da dire che avere in famiglia più persone con, ad esempio, il Parkison non è indice per forza di una forma genetica della malattia perché ricordiamo che l’Alzheimer e, al secondo posto, il Parkinson sono le due demenze più diffuse al mondo. Oltre a questo, si va a valutare anche la condizione medica generale perché un problema cognitivo può essere anche determinato da alcune condizioni come un mal funzionamento della tiroide, alcune malattie circolatorie periferiche, traumi, malattie cerebrovascolari, crisi epilettiche. 5 LA MEMORIA È l’abilità cognitiva del cervello di acquisire, conservare e richiamare informazioni. La memoria si divide: Memoria esplicita o dichiarativa: - Memoria semantica → è il patrimonio culturale di ciò che abbiamo appreso nella nostra vita (es. anno della scoperta dell’America). Ha sede prevalentemente nei lobi temporali - Memoria episodica → memoria autobiografica Memoria implicita o non dichiarativa → memorie anche motorie, collegate ai gangli della base, come andare in bicicletta, allacciarsi le scarpe. La memoria episodica funziona in 3 fasi: 1. Working memory 2. Memoria a breve termine (o recente) 3. Memoria a lungo termine (o remota) La memoria di lavoro consiste, ad esempio, nel ricordare una serie di numeri che ci vengono detti e si misura con il test “digit span” ed è concentrata nella corteccia prefrontale. Praticamente il cervello funziona così: noi acquisiamo informazioni che possono rimanere per breve tempo; nel momento in cui si tratta di un’informazione importante, dalla memoria di lavoro passa alla memoria a breve termine e quindi nell’ippocampo che manterrà l’info per un certo periodo di tempo, dopo il quale o verrà eliminata o passerà alla memoria a lungo termine. L’ippocampo, quindi, ci permette di ricordare le cose brevi e fa parte di un circuito molto ampio che è il circuito di Papez che interviene durante il richiamo. Dato che la memoria remota riguarda tutta la corteccia, un paziente con Alzheimer è difficile che inizialmente vada a perdere questa; infatti, all’inizio avrà un disturbo per quanto riguarda la memoria a breve termine perché le cose che ha acquisito dopo la malattia non arrivano alla memoria a lungo termine a causa dell’ippocampo che non funziona bene. Valutazione clinica della memoria 1. Working memory → si fa ripetere una sequenza crescente di numeri (digit span) fino ad arrivare a 7 numeri o sequenza decrescente fino ad arrivare a 5 numeri 2. Memoria episodica: - richiamo dopo 10 minuti di tre parole o di figure (analisi memoria a breve termine) - chiedere informazioni autobiografiche o su eventi remoti (analisi memoria a lungo termine) 3. Memoria semantica: - chiedere il nome di un quadro - riconoscere un oggetto e le sue parti 6 se chiedessimo ad un paziente con Alzheimer cosa ha mangiato stamattina non lo ricorderebbe, ma ricorderebbe invece dove abitava da piccolino perché memoria a lungo e a breve termine sono diverse e sono localizzate in punti diversi. Se è alterata la memoria semantica si può parlare di demenza fronto-temporale. Amnesia È un disturbo della memoria. Può essere: anterograda retrograda Generalmente si inizia con un’amnesia anterograda e poi diventa retrograda. La sindrome amnesica pura tipicamente risparmia la memoria procedurale, quindi il paziente alzheimeriano o con un’amnesia post-traumatica riesce a fare cose che ha appreso precedentemente così come sono preservate le memorie remote. Come comportarsi di fronte ad un paziente con amnesia? La prima cosa che si va ad indagare è come è insorta l’amnesia: improvvisamente (amnesia acuta) o peggiora piano piano (amnesia non acuta → persistente → causata da malattie metaboliche come un’ipossia, malattie demielinizzanti, malattie neurodegenerative come l’Alzheimer). La forma acuta può essere: Transitoria ischemica (dovuta ad ischemia dell’ippocampo) e transitoria epilettica; in entrambi i casi il paziente perde la memoria solo per un lasso di tempo dopo il quale la riacquista. La TGA (Amnesia Globale Transitoria) è legato ad un attacco ischemico transitorio (il paziente mentre fa le scale non si ricorda più nulla e per, ad esempio, 24h non riesce a memorizzare nulla e dopo lui non ricorda nulla di queste 24h) Persistente: il paziente perde la memoria e non la riacquista. Ciò può essere dovuto a: - Stroke → la differenza tra un attacco ischemico transitorio e uno stroke è che nel primo caso un’area del cervello rimane per un breve lasso di tempo senza ossigeno e quindi la funzione collegata a quella struttura si blocca però se poi ritorna il sangue non subisce danni e riprende a funzionare. Nello stroke, il vaso si chiude e il tessuto muore perché non arriva sangue per molto tempo (danno irreversibile) - Trauma - Infezione da herpes ai lobi temporali IL LINGUAGGIO È la capacità di esprimere e comprendere un concetto; è un complesso sistema di comunicazione che utilizza simboli e regole per il loro utilizzo. Oltre a Broca, nel 1874 un altro ricercatore descrisse un’altra area (area di Wernicke) che sta più dietro (lobo temporale) ed è importante per la comprensione; il paziente con una lesione qui riesce a parlare (afasia fluente) però non comprende ciò che gli viene detto. La comprensione avviene grazie al fatto che l’area di Wernicke comunica con l’ippocampo dove sono conservati i significati delle parole e comunica con l’area dell’udito. L’area di Broca e quella di Wernicke sono collegate fra loro attraverso il fascicolo arcuato che permette di far sì che l’informazione che abbiamo elaborato, e quindi appreso e compreso, possa essere espressa. L’area di Broca corrisponde all’area 44-45, mentre l’area di Wernicke corrisponde all’area 22. 7 Esame del linguaggio Si va ad analizzare: Linguaggio spontaneo (se il paziente non riesce a parlare bene o effettua circonlocuzione, ovvero invece di dire il nome dell’oggetto dice la sua funzione, possiamo iniziare a pensare che l’area di Broca non funziona bene) Nominazione → insieme alla memoria a breve termine, la nominazione è un segno precoce di Alzheimer perché nel momento in cui il paziente deve nominare un oggetto deve accedere al suo patrimonio mnesico e se la memoria non funziona bene, il nome dell’oggetto non riesce a dirlo (anomia). Comprensione uditiva → è chiaro che se un paziente ha un deficit sensoriale non capisce quello che gli viene detto e non si può parlare di afasia. Per valutare la comprensione uditiva si dice al paziente, ad esempio, “chiudi gli occhi”: se lo fa ha capito. Ripetizione → l’area di Broca e quella di Wernicke sono collegate dal fascio arcuato che ci permette di acquisire le informazioni, comprenderle, trasmetterle e rispondere; nel momento in cui il fascio arcuato non funziona (afasia di conduzione) il paziente non è in grado di ripetere le cose. Lettura (Alessìa → il paziente non capisce quello che legge) Scrittura → tipicamente i problemi di scrittura si riscontrano in pazienti con afasia di Broca. Afasia È un disturbo centrale della formulazione e\o della comprensione del linguaggio. Il paziente non ha alterazioni della coscienza e non è attribuibile a deficit sensoriali o motori e quindi il paziente non deve essere né cieco né sordo. Il paziente con Parkinson o con SLA non riesce a parlare bene non perché ha un danno nelle aree del linguaggio, ma perché ha un problema ai muscoli della fonazione oppure se ad un paziente manca la lingua è normale che non può parlare e non si tratta di afasia. Le afasie possono riguardare varie modalità del linguaggio: Espressione e comprensione verbale Scrittura Lettura Ripetizione → per questa, è fondamentale il fascicolo arcuato Oltre all’afasia di Broca e di Wernicke, c’è anche l’afasia globale che riguarda un danno a tutto l’emisfero, soprattutto quello sinistro che è quello dominante del linguaggio. In questo caso è tutto alterato per quanto concerne il linguaggio. Aprassia Disturbo della capacità di eseguire correttamente movimenti complessi precedentemente appresi che non può essere attribuita a significativi disordini motori, sensoriali o cognitivi quindi il paziente non ha un Parkinson o un altro importante disturbo cognitivo. Es: accendersi la sigaretta → chi fuma prende il pacchetto, apre, prende la sigaretta, la mette in bocca poi prende l’accendino e la accende; un paziente aprassico magari mette l’accendino in bocca o usa la sigaretta come cerino. 8 Con l’apprendimento noi abbiamo memorizzato nel nostro cervello una serie di atti motori che sono conservati prevalentemente nell’emisfero sinistro e si pensa soprattutto nei lobi parietali; quindi, le aprassie sono espressione di un danno ai lobi parietali. Agnosia Anche questo è collegato alla memoria ed è la capacità di riconoscere oggetti e persone; c’è anche la prosopagnosia che un disturbo caratterizzata dall’incapacità di riconoscere i volti. Nel caso dell’Alzheimer la persona arriva a non riconoscere sé stesso allo specchio. IL COMPORTAMENTO Il circuito che controlla il comportamento è questo: Corteccia frontale Gangli della base Talamo È alla base dei lobi frontali che tendono a comunicare con le strutture sottostanti, ovvero i gangli della base. Esistono diversi circuiti alla base del nostro comportamento e quando questi non funzionano bene ci sono dei sintomi particolari; la “sindrome disesecutiva” è dovuta ad un danno di un circuito che si trova nella parte dorso-laterale frontale. Il paziente con ciò non è in grado di fare compiti complessi poiché questo circuito controlla le funzioni esecutive; perciò, lo psicologo farà il test delle funzioni esecutive e di conseguenza il paziente non riesce a portare a termine compiti complessi (infatti la memoria di lavoro si trova nella parte frontale). Il circuito dorso-laterale frontale è particolarmente alterato nella malattia di Parkinson. Il circuito prefrontale dorso-laterale parte dalla parte laterale del cervello frontale raggiunge il caudato, poi il globo pallido, poi i nuclei del talamo e risale. Un altro circuito importante è quello orbitofrontale; in questo caso è la parte inferiore del lobo frontale a non funzionare bene. È collegato al sistema limbico e regola il comportamento, le emozioni e la cognizione sociale. Chi ha un disturbo di questo circuito è disinibito (es. si spoglia in pubblico), diventa aggressivo, dice le parolacce, è iperfagico, oppure si manifestano problemi con il gioco d’azzardo causati dalla perdita di inibizioni da parte del paziente con conseguente ripetitività e impulsività, fino ad arrivare a comportamenti criminali. C’è una particolare malattia, la demenza frontotemporale, in cui la degenerazione non inizia nei lobi temporali dove risiede l’area della memoria, ma in questi circuiti; perciò, nel momento in cui visitiamo il paziente, questo si ricorda tutto ma è capace di alzarci le mani perché perde il controllo degli impulsi. Poi vi è il circuito cingolato anteriore che si trova nella parte interna mediale del cervello: quando non funziona bene, il paziente rimane apatico (fino ad un mutismo acinetico) perché questo circuito è implicato nella motivazione. 9 Come si interviene? Occorre prima considerare il ruolo dei familiari, riconoscere i fattori scatenanti, valutare i farmaci assunti e le condizioni mediche generali. Si può optare anche per approcci non farmacologici perché molti disturbi comportamentali possono essere causati dal fatto che il paziente cambia improvvisamente ambiente o ha dinamiche familiari particolari. Laddove non ci sia una riuscita della terapia comportamentale, si interviene con i farmaci, come la memantina o la sertralina, che intervengono sull’umore, fino agli antipsicotici. DISORDINI IPERCINETICI I gangli della base I gangli della base (o sistema extrapiramidale) sono delle strutture sottocorticali e sono dei nuclei grigi contenuti nella sostanza bianca. Ricordiamo la sostanza nera, chiamata così perché i prodotti di degradazione della dopamina portano alla formazione di melanina, la sostanza che colora la nostra pelle, che nel cervello dà un colore scuro, nero. La sostanza nera forma una sinapsi con le strutture sovrastanti (giunzione o sinapsi nigro-striatale). Ricorda: il cervello in risonanza si guarda dal basso verso l’altro. Lo striato è costituito da 2 nuclei che si trovano più in alto nel cervello: Testa del caudato (una parte del nucleo caudato che forma una specie di C). Una malattia caratterizzata dalla degenerazione del caudato è la malattia di Huntington (movimenti involontari, disturbo comportamentale, tendenza al suicidio Putamen Più medialmente c’è un altro nucleo importante che è il globo pallido che è distinto in una parte interna e una esterna. I gangli della base partecipano in dei circuiti che partono dalla corteccia frontale, scendono nello striato, raggiungono il globo pallido e la sostanza nera e di conseguenza poi c’è la comunicazione con il talamo che è eccitatore sulla corteccia frontale. Questo circuito non ha una funzione diretta nel movimento o nel comportamento, ma ha una funzione regolatrice, nel senso che la corteccia frontale contiene i neuroni che controllano i muscoli (motoneuroni); la corteccia frontale scende a formare il fascio piramidale, i motoneuroni 10 raggiungono i nuclei sul tronco dell’encefalo con il midollo e da questo fuoriescono, con i nervi, e formano direttamente la sinapsi con il muscolo. Quindi quando noi quando compiamo un movimento, come alzare un braccio, attiviamo il primo e il secondo motoneurone controlaterali. Ricordiamo che il movimento ha delle componenti: la forza → regolata dal sistema piramidale la velocità → regolata dal sistema dei gangli della base la precisione → regolata dal cervelletto Quindi, nel momento in cui io esercito una determinata velocità, prima di attivare il sistema dei motoneuroni, la corteccia frontale, che elabora il movimento, attiva questo circuito che regola la quantità di velocità. Se questo circuito viene interrotto in qualche punto possono presentarsi dei disordini ipercinetici o ipocinetici. Disordini ipocinetici o bradicinetici → il movimento tende ad essere molto più lento Disordini ipercinetici → il movimento tende ad essere eccessivamente esagerato. Disordini ipercinetici Tra questi abbiamo: Tremore → è il più frequente di tutti. Si verifica quando si è sotto stress, quando si ha freddo, ma in alcuni casi può diventare un segno patologico, come nel Parkinson oppure quando si parla di tremore essenziale. Nel tremore essenziale, il paziente non ha il tremore a riposo tipico del parkinsoniano, ma ha un tremore quando tiene un oggetto. Distonia → un esempio di distonia è il torcicollo o il crampo dello scrivano. Corea → movimento involontario particolarmente fastidioso per il paziente e molto semplice per il medico perché vedremo che ha delle caratteristiche che permettono di identificarlo correttamente. Tic e stereotipie → c’è una sindrome famosa caratterizzata dai tic: la sindrome della Tourette. Acatisia → fenomeno per cui il paziente non riesce a stare fermo, si deve alzare e muovere costantemente Mioclono e ipereklepsia → movimenti improvvisi. Un mioclono fisiologico accade a tutti magari quando ci addormentiamo la sera e all’improvviso arrivano quelle scosse da addormentamento; quando invece le mioclonie si verificano costantemente in veglia assumano un carattere patologico Stiffness → sindrome in po’ più rara caratterizzata da un’eccessiva rigidità dei muscoli 11 COREA Il termine “corea” deriva dal greco χορεία e significa “danza”. È un disordine del movimento ed ha come caratteristica base, rispetto a tutti gli altri disordini del movimento, l’essere random, imprevedibile e irregolare; infatti, il movimento involontario non è mai uguale, ma cambia costantemente nel: Tempo → esordio improvviso, rapidità velocità e aritmico (l’aritmicità ci permette di differenziare la corea dal tremore perché quest’ultimo è sempre uguale, ritmico) Direzione Distribuzione (può colpire prima un braccio, poi la bocca, poi la lingua, poi l’altro braccio, poi la gamba ecc..) Intensità → irregolare Ci sono altre caratteristiche che permettono di differenziare meglio la corea e sono: Impersistenza motoria → il paziente non riesce a mantenere per un certo tempo un movimento; quindi, non riesce a mantenere una contrazione costante. Si fanno due prove per questo: - Si chiede al paziente di tirare fuori la lingua (da qui notiamo che non riescono a mantenere la lingua fuori e dopo qualche secondo la rimettono dentro → sindrome del camaleonte) - diamo un dito, come l’indice, al paziente e gli diciamo che stringere; lui non mantiene la contrazione costante ma contrae e rilascia, contrae e rilascia così come fa chi munge per ottenere il latte → Segno del mungitore Paracinesia → movimento che fa il paziente con corea per “mascherarla”. Ad esempio, tende a mettere la mano in tasca e quindi associa un movimento afiinaliistico ad un finalistico per mascherare la corea stessa Possibile anosognosia → mancanza di consapevolezza della malattia Riflessi pendolari Associazione con caratteristiche non motorie → ad esempio chi ha la Corea di Huntington non ha solo un disturbo del movimento, ma anche del comportamento, depressione oppure in altre malattie possono presentarsi allucinazioni o disturbi sensoriali Il paziente coreico, come quello con malattia di Huntington, oltre ai tipici movimenti coreici può presentare anche delle distonie, ovvero contrazioni prolungate e involontarie. Nella corea i movimenti fini sono veloce e quindi non c’è la bradicinesia tipica del Parkinson; inoltre, per quando riguarda la marcia, apparentemente potrebbe sembrare una persona molto sciolta, però nel momento in cui lo si fa camminare come se stesse su una corda il movimento involontario si slatentizza. Le cause La corea può essere ereditaria, come quella di Huntington, ma ci possono essere cause secondarie, ovvero c’è una causa esterna che produce un malfunzionamento dei circuiti sopracitati e di conseguenza compare il movimento involontario. 12 Per capire quale sia la causa, la prima cosa che si fa è indentificare la sede, ovvero dove è più localizzata la corea. Quella che noi vedremo di più è quella verde, ovvero la corea tardiva. La corea o discinesia tardiva è tipica di chi prende neurolettici, come gli schizofrenici; essi hanno generalmente dei movimenti involontari soprattutto nella regione oro-bucco-linguale dovuti ai neurolettici. Di solito quando la corea è localizzata soltanto in un lato del corpo (emicorea), molto spesso non si va a pensare alla malattia di Huntington che è, generalmente, una malattia più diffusa, soprattutto nella parte alta del cranio, ma si pensa ad una causa strutturale. Questo vuol dire che sul lato opposto del cervello c’è qualcosa (ischemia, tumore ecc..) che ha danneggiato le strutture coinvolte. Però è modo di muoversi molto complesso che prevede di fare una “lista della spesa” in basa alla sede e inoltre per analizzare tutte le malattie possibili ci vorrebbero tantissimi soldi perché alcuni richiedono esami genetici costosi. Quindi come si fa? Si usano gli algoritmi diagnostici, ovvero dall’anamnesi devo ottenere una serie di informazioni che mi consentano di seguire un percorso che mi porta a quella che può essere la causa più probabile di quella malattia e così facendo c’è un risparmio in termini di tempo e soldi per il paziente. Molto spesso, inoltre, facendo esami alla cieca non è detto che si arrivi alla causa; perciò, è sempre bene usare un ragionamento logico, partendo dall’anamnesi. Ad esempio, la prima cosa da fare è chiedere al paziente da quanto tempo ha la corea e come gli è comparsa, perché se dice che gli è comparsa improvvisamente o in pochi giorni, posso iniziare a pensare che non sia una causa genetica in quanto una condizione genetica fa sì le alterazioni si manifestino in maniera molto rallentata nel tempo. 13 Perciò, se il paziente ha un episodio acuto o subacuto e non ha familiarità, vado a vedere l’età del paziente, perché se è un adulto vado a pensare ad una condizione acquisita (tumore, diabete, infezione, farmaci). Ci sono tantissime sostanze che possono dare movimenti coreici, come la cocaina, oppure la Levodopa, farmaco usato per il Parkinson; in questo caso quando il paziente dorme gli passa tutto perché dipende dal momento della giornata in cui si trova: quando il paziente prende la compressa di Levodopa generalmente è bloccato e quando inizia a fare effetto si hanno questi movimenti perché è come se il farmaco invece di dare 10 come effetto, dà 1000. Invece se si tratta di un bambino, so che l’infezione da streptococco, un batterio che produce una faringite, può dare un movimento involontario tipico per cui molto spesso da noi arriveranno bambini con un disturbo del comportamento associato a tali movimenti (corea di Sydenham). Esistono, tra le cause secondarie, quelle: vascolari, come lo stroke endocrino-metaboliche, come un’insufficienza epatica, eccesso di sodio, carenza di magnesio, eccesso di zuccheri. Infezioni, come l’AIDS Immunologiche, come il lupus, la corea di Sydenham, la celiachia Corea di Sydenham È un disturbo legato allo streptococco beta-emolitico di gruppo A, un batterio che si localizza a livello della faringe e produce una faringite. In alcune persone, geneticamente predisposte, accade che il sistema immunitario per difendersi da questo batterio produce degli anticorpi che in alcune persone riconoscono come estraneo il batterio e lo distruggono, ma allo stesso tempo tendono a riconoscere come estranei i gangli della base che iniziano perciò a non funzionare bene. Questo avviene a causa di un mimetismo per cui le molecole della parete del batterio somigliano a delle molecole presenti nei gangli della base e quest’ultime vengono attaccate. Questo spiega il perché in alcuni bambini (8-9 anni – genere femminile più frequente), dopo 1-2 mesi dalla comparsa di una faringite, si manifestano i movimenti coreici che possono essere presenti in un solo lato del corpo oppure generalizzati e a volte possono essere così gravi da ridurre il tono muscolare così tanto da non consentire più il movimento (corea paralitica). A questo si possono associare DOC e ADHD. Diagnosi e trattamento della Corea di Sydenham La diagnosi è molto semplice perché in un bambino che ha dei movimenti involontari si fa un tampone nasofaringeo per vedere che è ancora presente il batterio. 14 Dopodiché è importante anche fare altri esami perché le complicanze dello streptococco non sono solo a livello centrale, ma possono generare problemi a livello cardiaco, come un danno valvolare (mitrale) oppure causare problemi alle articolazioni e causare un’artrite; quindi, è bene fare si un esame cardiologico con un ecocardiogramma e un esame reumatologico. Dopo avere fatto diagnosi, si fa un trattamento con una medicina che si dà per l’epilessia, ovvero è l’acido valproico oppure, se il batterio è ancora presente, di può fare un trattamento con cortisone ed eventualmente con penicillina e trattarla, perciò, come una malattia infettiva. Corea di Huntington È chiamata così perché è stata descritta da George Huntington nel 1872: “Oltre 50 anni fa, mentre cavalcavo con mio padre lungo una strada circondata da alberi che conduceva verso la parte orientale di Long Island, vidi i miei primi casi di “quella malattia” come veniva abitualmente chiamata dai nativi la temuta malattia. Ci imbattemmo improvvisamente in due donne, madre e figlia, alte e magre, quasi cadaveriche che barcollavano, si contorcevano e facevano smorfie punto le fissai quasi spaventato punto di cosa si trattava? Da allora il mio interesse per quella malattia non si è mai del tutto esaurito.” Da questa definizione, vengono fuori due cose importanti, ovvero che c’è la possibile che sia genetica (e siccome riguarda madre e figlia si parla di una trasmissione verticale) e il quadro clinico; sono cadaveriche perché il movimento involontario fa dimagrire queste persone perché il loro metabolismo è continuamente attivo. Nell’immagine si può notare un albero genealogico di una famiglia con malattia di Huntington autosomica dominante: i rossi sono i pazienti affetti, inoltre la trasmissione è verticale quindi non salta una generazione. La probabilità di trasmettere questa malattia ai figli è del 75%, infatti in questo albero genealogico non tutti i figli sono malati. Epidemiologia della Corea di Huntington È una malattia dui base rara, infatti la prevalenza è di 5-10 persone di 100.000 abitanti. In alcune zone del mondo, però, come il Lago Maracaibo o in una zona della Scozia c’è un’elevatissima frequenza, probabilmente perché in queste zone qualcuno ha avuto più figli, i quali a loro volta hanno avuto altri figli e così il gene malato si è maggiormente diffuso (effetto fondatore). Nel 1983, il ricercatore Gusella ha individuato il locus genetico: la causa della malattia di Huntington è una mutazione di un gene IT15 o huntungtina, situato sul cromosoma 4. Di solito la mutazione dipende da una tripletta che viene sostituita con un'altra e quindi c’è un amminoacido alterato, ma in questo caso è una malattia da espansione di triplette: nei soggetti sani il numero di ripetizioni è inferiore a 26, ovvero chi, in un tratto del gene, ha un numero di triplette CAG inferiore a 26 non ha la malattia. Per avere la malattia occorre avere un numero di triplette superiore a 40. 15 Instabilità genetica La cosa particolare è che nel 10% dei casi, il malato di Huntington non ha i genitori malati perché c’è un meccanismo chiamato “instabilità genetica”, ovvero il genitore può avere un numero di triplette tra 27 e 35 e se un padre, ad esempio, ha un numero pari a 35 (non è malato), nel bambino questo numero, con la formazione dello spermatozoo, può espandersi e quindi lui avrà la malattia. Un altro aspetto dell’instabilità genetica è che, nel passaggio da una generazione all’altra, man mano che aumenta il numero delle triplette (da 40 a 50, poi a 60 ecc..) l’età di insorgenza tende ad essere sempre più precoce e la gravità sempre maggiore. Ad esempio, il nonno può non avere nulla, il papà può avere la malattia a 40 anni con una gravità di 5 e il nipote può avere la malattia a 20 anni di gravità 20 sempre per l’espansione di triplette. Caratteristiche cliniche Nella malattia di Huntington, i ventricoli sono fortemente dilatati, ma soprattutto la testa del caudato è completamente assente; i lobi frontali sono molto atrofici e questo ci traduce in quadro clinico atipico. L’esordio avviene intorno alle terza-quarta decade di vita. Ci sono: Disturbi del movimento (corea, distonia, tic, parkinsonismo) Disturbi psichiatrici/ comportamentali (aggressività, depressione) Disturbi cognitivi Alterazioni movimenti oculari L’Huntington attraversa 4 fasi temporali: 1. Fase premanifesta → fase in cui non c’è la corea (15-20 anni prima della diagnosi), ma ci sono disturbi comportamentali e qui c’è un elevato rischio di suicidio 2. Fase precoce → con corea 3. Fase moderata → perdita autonomia e secondo picco di suicidi 4. Fase avanzata → il paziente è completamente dipendetnte Il decesso di solito avviene dopo 15-20 dall’onset (esordio) In uno studio, uscito nel 2019, i ricercatori, prima su cavie, e ora su esseri umani hanno usato una medicina chiamata “oligonucleotidi antisenso”; nella malattia l’RNA è più lungo perché contiene più sequenze CAG ripetute e quindi i ricercatori hanno creato delle molecole di RNA complementari all’RNA malato che, di conseguenza, si va a legare e lo distrugge, impedendo così la produzione eccessiva di molecole alterate. Ciò ha dimostrato che, così facendo, la malattia tenderà a rallentare nel tempo perché meno molecole alterate si creano e più lenta è la progressione. 16 BALLISMO Il termine “ballismo” deriva dal greco βάλλω e significa “lanciare”. È un disturbo del movimento molto simile alla corea, ma, a differenza di quest’ultima, è molto molto più intensa (movimento molto ampio e violento). In letteratura sono descritti casi di pazienti, con ballismo a carico di un arto, che hanno deciso di farselo amputare pur di non avere questo movimento esagerato. È spesso unilaterale (emiballismo), perché a differenza della corea dove le cause possono essere tante, il ballismo tra le cause principali c’è uno stroke, ovvero una lesione ischemica a carico del nucleo subtalamico che determina un danno in questa struttura a causa della mancanza di sangue. Terapia Ci sono due categorie di farmaci importanti: Farmaci che producono un blocco della dopamina e quindi neurolettici (Risperidone, Queatiapina, Olanzapina) Tetrabenazina (nome commerciale: Xenazina), che è elimina direttamente dalle vescicole la dopamina e, di conseguenza, il paziente ha meno movimenti involontari. È molto efficace. TREMORE Il tremore è un movimento involontario, ritmico (a differenza della corea che è aritmica, variabile) o oscillatorio di una parte del corpo ed è prodotto da una contrazione alternante o sincrona di muscoli antagonisti reciprocamente innervati. Nel caso di una contrazione alternante i muscoli flessori ed estensori tendono a contrarsi in maniera ritmica dando il tremore. Le cause La causa più frequente di tremore può essere l’ansia, ma c’è un altro disturbo, detto “tremore essenziale” che è più frequente del Parkinson. C’è da dire che le cause di un tremore sono tantissime e tra queste, per la nostra attività, sono importanti quelle associate a farmaci perché tanti pazienti spesso non tremano né per l’ansia, né per il Parkinson, né per il tremore essenziale, ma tremano per i farmaci che prendono. Tra le medicine che possono dare tremore ci sono gli antidepressivi e, ancor di più, gli antipsicotici che possono dare un parkinsonismo iatrogeno che può essere sia rigido acinetico sia di tipo tremorigeno. Il tremore può essere dovuto anche ai farmaci per l’epilessia, in particolar modo l’acido valproico (Depakin), e alcuni stabilizzatori del tono dell’umore come il Carbolitio (e l’acido valproico rientra in questi anche). Anamnesi Nell’anamnesi andiamo a vedere alcuni parametri per capire quale possa essere la causa; quindi, per un paziente che arriva all’osservazione bisogna capire innanzitutto a che età è comparso il tremore, perché se il tremore ha un esordio intorno ai 20 anni è molto raro che si possa trattare di Parkinson. Poi si cerca di capire se sia un episodio acuto o progressivo nel tempo e poi si va a valutare la passata storia medica e i farmaci che si prendono. Naturalmente dopo si fa la visita per inquadrare le caratteristiche del tremore; ad esempio, nel parkinsoniano si ha un tremore a riposo che, in genere, in postura scompare, a differenza del 17 tremore essenziale che a riposo non c’è, ma compare quando, per esempio, il paziente tiene la tazzina del caffè o una forchetta. Si può anche valutare la frequenza, infatti, in genere, il tremore parkinsoniano ha una frequenza più bassa rispetto al tremore essenziale. Poi si vanno a vedere i segni associati, ad esempio se un paziente ha un tremore a riposo e anche lentezza, quest’ultimo è un segno associato neurologico di malattia di Parkinson. Si fanno, in seguito, anche dei test aggiuntivi di supporto come la scintigrafia, la risonanza, gli esami del sangue. I farmaci che possono dare tremore sono davvero tanti e sono usati in diversi ambiti (psichiatria, cardiologia, farmaci per la tiroide). L’ipertiroidismo è un’altra causa di tremore, infatti una delle cose che si fanno quando arriva un paziente con tremore è un dosaggio degli ormoni della tiroide. Generalmente alcuni medici cercano di identificare il tipo di farmaco a seconda delle condizioni in cui il tremore compare (a riposo, nel mantenimento di una postura o durante un movimento), però, ad esempio, il litio può dare tremore in tutti e 3 i casi oppure l’acido valproico può dare sia tremore a riposo che posturale. L’attivazione del tremore Il tremore noi lo distinguiamo in base alle condizioni di attivazione: Rest (a riposo) Action (mentre si compie un movimento) Il tremore a riposo, come già detto, è tipico del Parkinson; mentre il tremore mentre si compie un movimento può essere: Cinetico → è un tremore che compare con specifici movimenti (vedi prova indice-naso) e può essere: - Semplice (quando è costante durante tutto il movimento) - Intenzionale (quando man mano che si avvicina all’obiettivo tende ad aumentare) - Task-specifico (è quello che compare in specifiche azioni, come scrivere, suonare uno strumento) Posturale → si chiede al paziente si assumere una postura, generalmente si chiede si stare con le braccia in avanti e dopo un po’ di tempo noteremo il tremore. Può essere: - Posturale dipendente da specifiche posizione - Posturale indipendente Isometrico → se noi stingiamo forte la mano ad un paziente, facendogli fare una contrazione, avvertiamo il tremore. Tremore a riposo È un tremore presente in una parte del corpo ferma supportata contro la gravità e non è associata ad alcuna attività volontaria; di solito scompare durante il sonno e con l’azione e in alcuni casi può ricomparire durante alcune posture (tremore riemergente). Le sedi principali sono gli arti superiori e il tremore può avere vari aspetti, ovvero può essere: flesso-estensione, prono-supinazione e contar moneta); generalmente nel parkinsoniano è asimmetrico, ovvero inizia da una parte e poi successivamente anche dall’altra. Le sedi possono essere anche il capo e la faccia. Il tremore a riposo nella malattia di Parkinson è inibito da movimenti volontari finalizzati ed è attivato da: Marcia 18 Distrazione Movimenti eseguiti con altre parti del corpo Tremore essenziale È il più frequente ed ha una frequente storia familiare. Molto spesso può comparire interno ai 20 anni. Rispetto al Parkinson, quello essenziale è un tremore generalmente posturale con un esordio un po’ più precoce. Risponde all’alcol, quindi con l’alcol tende a ridursi e le sedi sono diverse: mani, testa, voce, gambe, mandibola, viso, tronco. Ci possono essere altri segni associati, come segni non motori, disfunzioni attentive e/o esecutive. Si fanno fare al paziente alcune prove, come la spirale di Archimede in cui si chiede al paziente di seguire la spirale senza alzare la punta della penna dal foglio. Si fa fare al paziente anche la propria firma: il paziente parkinsoniano ha la micrografia, mentre il paziente con tremore essenziale ha una scrittura tremorigena. DISTONIA È un disordine del movimento causato da contrazioni muscolari sostenute che possono causare: Movimenti ripetitivi (il più frequente è il blefarospasmo) Movimenti di torsione Posture anormali A volte si può arrivare a condizioni molto gravi, generalmente geneticamente determinate, che distonie generalizzate, in cui le persone hanno questi movimenti costanti nel corso dell’intera giornata per cui poi sono necessari interventi neurochirurgici; sono dovute a mutazioni, perciò, possono colpire sia bambini che adulti. Le distonie coinvolgono sempre lo stesso gruppo muscolare, a differenza della corea. Possono essere scatenate da alcuni movimenti, ma la cosa peculiare è che c’è il gesto antagonista (il paziente fa dei movimenti che tendono ad annullare la distonia stessa). 19 Blefarospasmo Le distonie possono essere focali, quando sono localizzate in alcune zone del corpo. Un esempio è il blefarospasmo che coinvolge i muscoli orbicolari che ci fanno chiudere gli occhi e sono controllati dal nervo faciale; gli spasmi possono essere accentuati dalla luce, dal vento, dallo stress e dal movimento. Molto spesso i pazienti arrivano all’osservazione del clinico con gli occhiali da sole perché la luce forte aumenta loro il rischio di avere questo movimento. Le distonie hanno anche manifestazioni non motori e il gesto antagonista che i pazienti fanno è toccarsi intorno all’occhio; questo gesto antagonizza la distonia e migliora. Ci possono essere associazioni anche con problemi cognitivi come l’MCI (disturbo della memoria lieve) o di tipo psichiatrico (ansia, depressione, DOC). In alcuni casi il paziente può diventare un cieco funzionale, nel senso che la vista funziona ma non si aprono le palpebre e di conseguenza non riesce a vedere nulla. Queste contrazioni involontarie del muscolo si possono trattare con la tossina botulina, quindi con delle punture di botulino. Distonia oro-mandibolare È localizzata alla bocca; in questo caso il paziente tende ad avere dei movimenti involontari di apertura e chiusura della bocca o deviazione della mandibola. Quando questa distonia si associa a blefarospasmo si parla di Sindrome di Meige. Distonia cervicale In questo caso c’è la rotazione del capo che può essere da un lato o in avanti e indietro e quindi ci può essere: Anterocollo Retrocollo Laterocollo Torcicollo A volte può essere anche tremore del capo e il paziente, a causa di questa contrazione costante che esercita sui muscoli cervicali, può avere un aumento delle dimensioni del muscolo stesso. Il gesto antagonista che di solito fanno è toccare un lato della mandibola in modo tale da interferire con questo tipo di movimento. Distonia degli arti L’esempio più eclatante è il crampo dello scrivano; il paziente inizia a scrivere e la mano ad un certo punto si blocca e non riesce più a scrivere. La stessa cosa avviene con il crampo del musicista. 20 TICS Il tic può essere isolato o associato ad una sindrome famosa che è la sindrome di Gilles de la Tourette. Rispetto agli altri disordini del movimento, il tic non è random e non è ritmico. I tic sono dei movimenti involontari che non sono solo motori, ma possono essere anche vocali e quindi il paziente durante la fonazione emette dei rumori o fasi particolari. Quindi i tic sono improvvisi, rapidi (< 1-2 secondi), aritmici, ricorrenti e stereotipati, ma le caratteristiche può importanti sono le prime due che permettono di differenziare i tic da tremore, distonia e da corea. Ci sono caratteristiche distintive come: Urgenza premonitrice → il paziente stesso prima del tic percepisce un disagio che tende a sparire nel momento in cui esegue l’azione Se il paziente si concentra il tic può essere soppresso Sono peggiorati da stress, tensione, fatica, alta temperatura Possono essere presenti durante il sonno Si riducono con l’attività mentale Abbiamo già detto che i tic si distinguono in motori e fonici e a loro volta si distinguono in: Motori semplici e complessi Fonici semplici (fare un piccolo rumore con la gola) e complessi (dire frasi, parolacce) Categorie di Tics Il DSM-5 distingue i tics in tic di breve durata e persistenti\cronici a secondo se durano più o meno di un anno. Importante è la sindrome di Gilles de la Tourette che oltre al tic presenta caratteristiche aggiuntive come mancanza di inibizione, ADHD, DOC. I neurologi utilizzano diverse scale, la più famosa è la YGTSS (Yale Global Tic Severity Scale) che va ad indagare il numero di tic, la frequenza, l’intensità, la complessità e l’interferenza con le attività della vita quotidiana; si danno dei punteggi da 0 a 5 e poi si ottiene un quadro. Classificazione eziologica dei tic Non dobbiamo sempre parlare di tic semplici o primari, ma ci sono anche malattie che possono dare tic come la malattia di Huntington e il tourettismo può essere consequenziale ad alcune condizioni secondarie: infezioni, corea di Sydenham, stroke ecc... Il tic, un po’ come l’epilessia, è stato inquadrato in passato come una possessione demoniaca e le persone venivano addirittura bruciati sui roghi come le streghe. La prima descrizione di tic fu data da Jean Itard nel 1825 che descrisse questa sindrome in una nobildonna francese, la marchesa di Dampierre, famosa perché andava nei salotti e urlava delle frasi sconce e volgari. Fu però George Gilles de la Tourette, allievo di Charcot, che descrisse nel 1885 la sindrome che poi prese il suo nome. Ci sono anche personaggi famosi affetti da sindrome di Gilles de la Tourette come Eminem, Mozart, Moliere. Caratteristiche della sindrome di Tourette Colpisce prevalentemente in età giovanile (bambini e adolescenti) e sono più colpiti i maschi rispetto le femmine. I primi tic si cominciano a vedere intorno ai 4-6 anni e l’età con maggior severità con presenza di segni motori si aggira intono ai 10-12 anni. La causa di questa malattia non si conosce, si sa solo che c’è un’iperattività del circuito motorio. 21 Le cause possono essere sia genetiche che ambientali, batteriche o condizione autoimmune. Il tic è solo un fenomeno di tutto lo spettro della Tourette, dove sono presenti tanti altri disturbi come ADHD, disturbi ansiosi, DOC, depressione e poi ci sono altri segni associati che possono portare anche a comportamenti autolesivi. I disturbi con maggiore comorbidità sono ADHD e DOC, ma anche il disturbo del controllo degli impulsi con rabbia eccessiva. I criteri della Tourette sono: tic multipli motori o fonici che devono persistere per più di un anno e l’onset deve essere prima dei 18 anni. Vanno escluse le cause secondarie e l’abuso di stupefacenti, ma anche malattie geneticamente determinate come la malattia di Huntington. I tic tendono a ridursi verso i 15-20 dove però fa da padrone il DOC Trattamento della Tourette Prima di ricorrere ai farmaci (dato che dare un neurolettico ad un bambino non è il massimo), si usano delle tecniche comportamentali attraverso cui il paziente viene portato a ripetere i tic anche quando non li ha per desensibilizzarsi; ci sono metodiche di rilassamento o di feedback visivo diretto. Quando poi le tecniche comportamentali non funzionano o funzionano poco, interviene direttamente il medico e si danno una serie di medicina, come la tetrabenazina, ma anche antipsicotici come il Risperidone. 22 PARKINSON Il segno tipico che caratterizza i parkinsonismi è la bradicinesia, ovvero un rallentamento dei movimenti. Quando parliamo di parkinsonismi non ci possiamo solo riferire al Parkinson, perché nella nostra attività il parkinsonismo che più vedremo sarà quello iatrogeno, ovvero un parkinsonismo secondario indotto da farmaci che bloccano la dopamina e causano gli stessi sintomi del Parkinson (bradicinesia, tremore..); tra questi rientrano i neurolettici, ovvero i farmaci utilizzati per la schizofrenia. Cosa sono i parkinsonismi? I parkinsonismi sono un gruppo di patologie neurodegenerative che presentano caratteristiche extrapiramidali, ma che si differenziano per la presenza si segni/sintomi aggiuntivi e per una diversa evoluzione. Questa è la definizione di parkinsonismo primario in cui c’è alla base una degenerazione neuronale. I parkinsonismi si dividono in due tipi: Parkinsonismi primari − Malattia di Parkinson − Parkinsonismo atipici → forme con un quadro clinico più complesso e che molto spesso, a differenza del Parkinson, hanno un impatto anche sulla durata della vita, perché i pazienti con queste forme atipiche tendono a morire più rapidamente. Un esempio è la demenza a corpi di Lewy, una forma di demenza che non è caratterizzata dalla perdita di memoria, come nell’Alzheimer, ma dal fatto che i pazienti hanno le allucinazioni. Parkinsonismi secondari → riconoscono varie cause: forme vascolari, infettive, tossiche, metaboliche, tumori, traumi, idrocefalo normoteso. Che cos’è il Parkinson? È una malattia neurodegenerativa progressiva, il che vuol dire che i neuroni, ad un certo punto, iniziano a morire molto rapidamente e nella maggior parte dei casi non ne conosciamo il motivo; l’evoluzione è inarrestabile sebbene con velocità differenti. La malattia fu descritta per la prima volta nel 1817 da James Parkinson ed è la malattia degenerativa più frequente dopo l’Alzheimer. Un fattore di rischio molto importante è l’età, anche se più avanti vedremo che esistono anche delle forme precoci. L’età di insorgenza media è intorno ai 65 anni, mentre le forme precoci sono generalmente sotto i 50 anni e rappresentano in media il 10% dei casi. I maschi sembrano essere più colpiti rispetto alle femmine e ci sono anche delle differenze di razza perché c’è un alto rischio per i caucasici e un basso rischio per africani e asiatici. Neuropatologia della malattia di Parkinson Dal punto di vista neuropatologico, la malattia è una conseguenza della degenerazione della sostanza nera che si trova nel mesencefalo. La sostanza nera dà origine alla via nigro-striatale che la mette in comunicazione con il putamen e con il caudato, attraverso questa liberata la dopamina. A sua volta, il caudato comunica con talamo e poi con la corteccia e regola la velocità dei movimenti; in assenza di dopamina o meglio, in seguito ad un danno della sostanza nera si verifica ciò che viene rappresentato nella foto in basso: 23 Si può notare che, nel paziente con Parkinson, la sostanza nera (che deve il suo colore ad un prodotto di degradazione che è la melanina) appare poco colorata. La cosa importante da notare è che solo un lato è decolorato proprio perché il Parkinson ha un esordio asimmetrico; ovvero viene prima colpita una mano o una gamba e poi l’altra e ciò corrisponde ad un danno della sostanza nera controlaterale. Dall’immagine, essendo il danno a sinistra, ci aspettiamo che il paziente abbia una bradicinesia sul lato di destra. Degenerazione dei neuroni pigmentati nella pars compacta della sostanza nera Diminuzione della trasmissione dopaminergica nigro-striatale Sintomatologia motoria I corpi di Lewy Il Parkinson rientra nelle malattie a corpi di Lewy perché fu il ricercatore Lewy, negli anni ’30, che descrisse per la prima volta nei cervelli di queste persone degli accumuli, oggi chiamati “corpi di Lewy”. Esistono tre malattie importanti caratterizzate dai corpi di Lewy: Parkinson Demenza a corpi di Lewy Atrofia multi-sistemica Per poter identificare la natura dei corpi di Lewy si è dovuto aspettare molti anni, che oggi sappiamo essere una proteina, l’alfa-sinucleina, che forma dei gomitoli e tende ad accumularsi all’interno di questi corpi di Lewy. Il motivo per cui ciò si verifica non si sa; ovvero non si sa se il corpo di Lewy è la causa scatenante la degenerazione oppure se il corpo di Lewy è un tentativo da parte della cellula di proteggersi dall’accumulo di sostanze tossiche. Il Parkinson presenta dei segni premotori che possono quindi precedere il tremore e la lentezza anche di diversi anni (anosmia, depressione, disturbo del sonno e disturbi intestinali). 24 Si è visto che i pazienti con la malattia molto avanzata che ha la demenza presentano i corpi di Lewy in corteccia, mentre quelli in una fase precoce li avevano nel tronco dell’encefalo ; in uno studio, svolto qualche anno fa in Svezia, hanno analizzato i pezzi di appendice di alcuni pazienti e in una piccola percentuale di casi hanno trovato i corpi di Lewy. Esiste un’ipotesi (Ipotesi Ascendente dei Corpi di Lewy) molto recente secondo cui i corpi di Lewy inizierebbero ad accumularsi prima nel tronco dell’encefalo, dando la depressione, poi salirebbero, dando i segni parkinsoniani, per poi raggiungere la corteccia, dando la demenza; ma secondo questa ipotesi, prima di arrivare allo stadio 1 in cui i corpi di Lewy sono già nel sistema nervoso centrale, essi potrebbero essere nel bulbo olfattivo e nell’intestino. Questo potrebbe voler dire che il Parkinson potrebbe essere scatenato da un qualcosa che viene dall’esterno che inaliamo o ingeriamo. Dall’intestino, i corpi di Lewy salirebbero al tronco attraverso al nervo vago e poi dal tronco finirebbero nella corteccia. Questa è una teoria recentissima, e recentemente è stato anche scoperto che in pazienti che hanno subìto un intervento di vagotomia, per problemi di gastrite o altro (in quanto il nervo vago regola la produzione l’acido cloridrico a livello dello stomaco), il rischio di avere la malattia di Parkinson si riduce. Fattori di rischio Tra i fattori di rischio abbiano sia alcuni geni e sia alcuni fattori ambientali, come: Esposizione a pesticidi Traumi Vivere in ambienti rurali Paradossalmente, tra i fattori di protezione abbiamo il fumo di sigaretta e il consumo di caffè e alcool. L’ipotesi, quindi, sulla patogenesi del Parkinson è che c’è una predisposizione genetica e dei fattori esterni ed endogeni che scatenano la malattia attraverso una serie di meccanismi (accumulo di alfa-sinucleina, stress ossidativo, infiammazione ecc..). Il Parkinson, circa nel 10% dei casi, può essere anche genetico e un esame genetico per un paziente con il Parkinson si fa quando ha un esordio precoce e quando c’è familiarità. La malattia ha una sua evoluzione e cambia nel tempo e, infatti, i pazienti sono uno diverso dall’altro e ciò dipende dalla fase in cui si trovano. Abbiamo detto che esistono dei segni premotori e poi si entra nella fase motoria, con la comparsa della triade (tremore, bradicinesia, rigidità); questa fase è quella precoce di malattia e il paziente inizia a fare subito la terapia. Poi si entra nella fase di “luna di miele”, in cui il paziente sta benissimo. Successivamente, dopo circa 7-8 anni dall’esordio dei segni motori, si entra in una fase medio-avanzata in cui il paziente ha una serie di complicanze, come discinesie e fluttuazioni, demenza, sintomi psicotici e inoltre il paziente avrà difficoltà attentive e nelle funzioni esecutive. Caratteristiche cliniche della malattia di Parkinson Le caratteristiche: Tremore a riposo Rigidità Acinesia o bradicinesia Disturbi Posturali 25 Ricordiamo, inoltre, che il Parkinson inizia sempre da un lato e si bilateralizza. Il tremore è un’oscillazione ritmica di una parte del corpo, causata da contrazioni sincrone o alternanti (nel Parkinson sono alternanti) di muscoli antagonisti reciprocamente innervati. Il tremore è a riposo e si ha anche: diminuzione dell’ampiezza dei movimenti volontari finalizzati aumento dell’ampiezza sotto stress mentale oppure quando cammina C’è anche un tremore riemergente e, in casi più rari, il tremore con il movimento. Il tremore può essere a contar monete, prono-supinazione, flesso-estensione. La rigidità è un aumento del tono muscolare, egualmente distribuito tra muscoli estensori e flessori; costante durante tutta l’escursione del movimento articolare. Si prende il braccio del paziente e lo si muove; se sentiamo una resistenza costante avremo la rigidità plastica. Può essere accentuata da movimenti volontari in arto opposto (segno di Froment) e può essere associato al segno della troclea, ovvero quando facciamo un movimento sentiamo dei piccoli scatti come una ruota dentata. Per quanto riguarda la lentezza dei movimenti, ne esistono varie forme: acinesia (assenza di movimento) ipocinesia (movimento a bassa ampiezza) bradicinesia (lentezza, ridotta ampiezza del movimento ed effetto sequenza, ovvero la velocità e l’ampiezza diminuiscono con movimenti ripetitivi e continui) Indizi sospetti all’esordio ci sono alcuni aspetti tipici del Parkinson: lentezza ed impaccio unilaterale tremore a riposo unilaterale riduzione della pendolarità ad un arto superiore dolore ad una spalla amimia facciale variazione della scrittura (micrografia) Ci sono anche deformità posturali come la camptocormia (il paziente sta piegato a 90° verso avanti e ciò si risolve quando si sdraia e ciò testimonia il fatto che non si tratta di un problema articolare-osseo, ma muscolare); a volte può esserci un’inclinazione laterale (sindrome di Pisa) o una testa piegata in avanti (testa cadente) oppure ancora alterazioni a carico di mani e piedi (es. alluce sollevato verso l’alto) Sintomi non motori Da alcuni studi recenti è emerso che i sintomi che più danno fastidio al malato di Parkinson non sono i sintomi motori, bensì quello non motori, come: Depressione, Ansia, Apatia, Anedonia Disfunzioni cognitive (soprattutto a livello esecutivo) Demenza (il paziente parkinsoniano, all’inizio, si distingue dal paziente con Alzheimer perché quest’ultimo ha problemi di memoria, mentre il primo le cose le ricorda, ma ha 26 un disturbo dell’attenzione fluttuante, ovvero ci sono momenti in cui va meglio e momenti in cui va peggio) Allucinazioni (queste possono essere causate sia dalla malattia che dal farmaco e li distinguiamo in base alla capacità critica perché il paziente demente è convinto che le allucinazioni siano vere e quindi perde la capacità critica, mentre il paziente con allucinazioni da farmaci sanno che le cose che vede non sono vere) Disturbi gastrointestinali (reflusso, costipazione, nausea ecc..) Disturbi sulla sfera sessuale (es. impotenza) Disturbi del sonno (RBD, disturbi respiratori nel sonno, insonnia) Ipotensione ortostatica (abbassamento di pressione quando si mettono in piedi → che può essere causato sia dalla malattia che dai farmaci) Disturbi delle funzioni esecutive (problemi di working-memory) Problemi visuo-spaziali Disturbi del linguaggio Ci sono dei fattori di rischio che possono favorire l’insorgenza di malattia di Parkinson con demenza come l’età avanzata, disfunzioni autonomiche, mancanza di tremore (quindi le forme più rigide), precoce comparsa di allucinazioni e psicosi, RBD; ci sono anche fattori genetici come l’APOE4, che è tipico anche dell’Alzheimer. Patologie psicomotorie disinibitrici Il paziente ha una disinibizione comportamentale, molto spesso legata ai farmaci (soprattutto i dopamino-agonisti) per cui ci può essere: DDS (Sindrome da Disinibizione Dopaminergica) → si prende troppa medicina (invece di prendersi 2 compressi, magari ne prende 10) Alcuni camminano senza fermarsi mai Disordine del controllo degli impulsi → è il più frequente. Questo è tipico di alcuni farmaci dopamino-agonisti che, in soggetti predisposti, fanno venir fuori alcuni comportamenti, come il gioco d’azzardo patologico, la disinibizione sessuale, si alzano di notte a mangiare, shopping compulsivo Come si fa diagnosi di Parkinson? La diagnosi si basa prevalentemente su anamnesi ed esame obiettivo anche se la diagnosi definitiva è istopatologica; quindi, noi in clinica non possiamo avere una certezza assoluta. Nell’anamnesi si va a vedere quando è iniziato il disturbo, a che età, dove è localizzato, la familiarità, l’esposizione al farmaco, sintomi precoci. Inoltre, si possono effettuare esami aggiuntivi come la risonanza, scintigrafia o esame di laboratorio, come l’esame genetico. Gli esami che si fanno spesso sono la risonanza e la scintigrafia cerebrale; la risonanza non si fa per vedere la sostanza nera degenerata (che non si vede), ma la si fa per escludere le cause secondarie (ischemia, tumore, un’infiammazione che potrebbe giustificare il quadro clinico); infatti la risonanza magnetica nel Parkinson è normale, ma deve essere ugualmente eseguita per escludere parkinsonismi atipici o secondari. La scintigrafia cerebrale o SPECT-DAT) È l’esame che ci fa fare diagnosi malattia di Parkinson; si fa con un isotopo radioattivo che contiene iodio. Quando la dopamina viene liberata per evitare di consumarne troppo c’è un 27 trasportatore che si chiama DAT che ricapta la dopamina, la reinserisce nella cellula presinaptica e quindi la può riutilizzare. Utilizzando un isotopo radioattivo che si va a legare al DAT, andando a vedere l’immagine si potrà notare la parte finale della sostanza nera illuminata. Nel momento in cui c’è un danno da un lato, accade che l’isotopo radioattivo, che si chiama (123-Iodio-Ioflupano), non si può legare bene perché manca il DAT e di conseguenza c’è un ipocaptazione. Come cura la malattia di Parkinson? La malattia di Parkinson sostanzialmente si cura con la Levodopa, ma prima di questa, che è stato introdotta negli anni ’60, si è tentato di curarla con altri farmaci. Noi sappiamo che nel Parkinson, oltre ad una carenza di dopamina c’è anche un eccesso di acetilcolina e perciò, inizialmente, si davano degli antimuscarinici (Charcot) Successivamente nel 1910, Harry Dale, scoprì la dopamina. Oggi sappiamo che la dopamina è una molecola complessa prodotta dalla tirosina, che viene sintetizzata dalla Levodopa che a sua volta viene trasformata poi in dopamina. Si dà la Levodopa e non direttamente la dopamina perché la prima è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, mentre la dopamina no. Non molto tempo fa, Arvid Carlsson fece un esperimento molto importante: trattò dei conigli con una sostanza, la reserpina, che andava a ridurre la dopamina nei loro cervelli e perciò i conigli diventano apatici e bradicinetici. Dopodiché gli venne data la Levodopa e improvvisamente i conigli ricominciarono ad essere attivi. Naturalmente, nel ’57 non si sapeva ancora che il paziente con Parkinson era carente dopamina e qualche anno dopo un altro ricercatore, dimostrò che nel paziente con malattia di Parkinson c'era una riduzione della sostanza nera e che quest’ultima conteneva la dopamina. Successivamente, Cotzias fece 1 + 1 e diede ai pazienti la dopamina, ma ciò che accadde è che questi iniziarono a vomitare tantissimo perché questa molecola non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, ma va stimolare il centro del vomito. Dagli anni 60’ in poi venne usato il precursore della dopamina, la Levopoda, che ha rivoluzionato la vita delle persone. Però, bisogna stare attenti a dare la Levodopa perché se la diamo ad un paziente con Parkinson per 3 mesi e poi gliela togliamo subito, il paziente non peggiora immediatamente, ma ci impiega anche 20 giorni; il che vuol dire che i neuroni residui che si trovano nella sostanza nera tendono ad accumulare Levodopa e la rilasciano piano piano nel momento in cui il farmaco viene sospeso. Man mano che la malattia va avanti le cellule di riducono, però, e questa capacità di conservazione del farmaco viene meno e di conseguenza a livello del SNC il 28 farmaco aumenta e si riduce in continuazione; tutto ciò è alla base delle complicanze del Parkinson, tra cui discinesie levodopa-indotte, ovvero movimenti involontari in cui i pazienti iniziano a fare movimenti distonici o coreici legati al fatto che il suo cervello è sensibilizzato. Poi ha un blocco motorio, chiamato fluttuazione. Terapie avanzate Ci sono strumenti che sono in grado di sostituire i farmaci; tra questi abbiamo: FUS → il paziente viene sottoposto ad un fascio di ultrasuoni che vengono concentrati su specifici nuclei del cervello e di conseguenza ciò permette di abbattere completamente il tremore. Quindi è un intervento neurochirurgico che non prevede di aprire la testa. DBS (Stimolazione Cerebrale Profonda) → vengono inseriti elettrodi nel cervello e vanno a stimolare questi nuclei (talamo, pallido ecc..), andando a correggere con delle piccole correnti elettriche i disturbi del movimento. Pompe con Apomorfina Levodopa-Carbidopa Gel Intestinale → il farmaco viene dato attraverso un tubicino inserito nella pancia (salta lo stomaco) e dando il farmaco di continuo si evita quell’effetto oscillante che si avrebbe con la terapia orale 29 PARKINSONISMI ATIPICI Perché si chiamano “atipici”? I parkinsonismi “atipici” sono definiti tali per due motivi: 1. La clinica è molto più complessa e ci sono segni clinici che, nel Parkinson, o mancano completamente durante tutto il corso naturale della malattia stessa oppure, se compaiono, nel Parkinson lo fanno più tardivamente; invece, nei parkinsonismi atipici questi segni clinici sono molto precoci e possono manifestarsi anche all’esordio. 2. Per la degenerazione della via nigro-striatale → abbiamo detto che nel Parkinson degenera la sostanza nera, ma lo striato, cioè caudato e putamen, su cui sono collocati i recettori che legano la dopamina sono integri e perciò la terapia sostitutiva è efficace. Nei parkinsonismi atipici c’è una degenerazione sia della sostanza nera e sia dello striato; perciò, andranno a mancare i recettori su cui la dopamina va ad agire e ciò comporta che i pazienti non rispondono alla Levodopa con, inoltre, delle ovvie ripercussioni per quanto riguarda il quadro motorio. I parkinsonismi più frequenti sono in tutto 5: Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP) Degenerazione cortico-basale Atrofia multisistemica (MSA) Demenza a corpi di Lewy (DLB) Demenza fronto-temporale Nello schema li vediamo rappresentati di colore diverso perché le sostanze che si accumulano nei cervelli di questi pazienti sono diverse. Come avviene per il Parkinson, l’alfa-sinucleina si accumula anche nella demenza a corpi di Lewy e nella MSA. Nella PSP e in quella cortico-basale vi è un accumulo di proteina Tau (che si trova anche nell’Alzheimer) e poi esistono alcune varianti della demenza fronto-temporale in cui sono coinvolte proteine più rare che sono le TDP-43. 30 PARALISI SOPRANUCLEARE PROGRESSIVA (PSP) È conosciuta anche come “sindrome di Richardson” perché fu descritta per la prima volta nel 1964 da 3 ricercatori, ma in particolare da J. Clifford Richardson, che descrisse un suo amico, un agente di borsa, che aveva iniziato, intorno ai 50 anni, a presentare un’instabilità durante la marcia, dopodiché si andrò ad irrigidire e comparse un disturbo dei movimenti oculare, ovvero lui non riusciva a muovere gli occhi sul piano verticale (in alto e in basso). La malattia andò incontro ad un’evoluzione nel corso del tempo anche abbastanza rapida e nell’arco di 6 anni morì per problemi legati al soffocamento. Questo ci dà delle indicazioni sulla malattia: È progressiva Può somigliare al Parkinson, ma la PSP ha delle peculiarità come il disturbo del movimento oculare e il fatto che i pazienti cadono facilmente La prognosi è infausta perché nella maggior parte dei casi le persone nell’arco di 5-6 anni dall’esordio muoio Epidemiologia Fortunatamente non è una malattia molto frequente, infatti ha una prevalenza di 6 casi per 100.000 abitanti ed ha un’incidenza di cica 5 nuovi casi per 100.000 abitanti all’anno. Esistono alcuni fattori che tendono a ridurre la sopravvivenza media (5-6 anni), come l’insorgenza più tardiva, la precoce difficoltà ad ingoiare, deficit cognitivo precoce così come altri parametri radiologici e clinici. A cosa è dovuta questa malattia? La malattia è una Taupatia, ovvero queste persone hanno un accumulo di Tau. La Tau è una proteina che si trova sui microtubuli, ovvero delle specie di “rotaie” che si trovano nell’assone, lungo le quali viaggiano le vescicole e tutto il materiale che deve essere trasportato da un lato all’altro della cellula. La tau si agglomera a formare questa sorta di binari e in condizioni patologiche la tau tende a deformarsi e ad aggregarsi e ne derivano le taupatie. Le taupatie sono tantissime: PSP, malattia di Alzheimer, malattia cortico-basale, la 31 CTE (encefalopatia traumatica cronica → malattia che si sta iniziando a conoscere studiando gli effetti dei traumi ripetuti anche in alcuni sport, come il pugilato) Come si può notare il cervello di un soggetto con PSP è fortemente atrofizzato, a differenza di ciò che si può osservare nella malattia di Parkison. Nella PSP ci sono delle strutture che sono particolarmente colpite: Mesencefalo Peduncolo cerebellare → è un cordone di sostanza bianca che mette in comunicazione il mesencefalo con il cervelletto. Dall’anatomia possiamo ricordare che il tronco ha 3 sezioni (mesencefalo, ponte e bulbo) e ciascuna di esse è connessa con il cervellettto attraverso due paia di cordoni che si chiamano “peduncoli cerebellari”: - Peduncolo superiore → connette mesencefalo e cervelletto (questo riguarda la PSP) - Peduncolo medio → connette ponte e cervelletto - Peduncolo inferiore → connette bulbo e cervelletto La PSP può venire per esposizione a tossici e difetti su base genetica; tutto ciò avvia il meccanismo che poi porta all’aggregazione della proteina tau. Esiste una predisposizione genetica per questa malattia e sono state identificate delle intere famiglie con questa malattia così come sono state identificate delle mutazioni, come quelle del gene della proteina tau (gene MAPT). Generalmente, sebbene esista questa predisposizione genetica della PSP, ancora oggi viene considerata una malattia sporadica. Come si manifesta clinicamente? È una malattia neurodegenerativa a decorso cronico progressivo caratterizzata da: Sindrome di lentezza con rigidità che colpisce prevalentemente i muscoli del tronco Instabilità posturale con frequenti cadute verso dietro Disturbo della motilità oculare estrinseca sul piano verticale (assente o rallentato movimento verso l’alto e il basso). Questo accade perché la motilità oculare sul piano orizzontale viene controllata da centri che si trovano sul ponte, che nelle prime fasi di malattia non è coinvolto, mentre i centri che controllo la motilità verticale degli occhi si trovano nel mesencefalo, la struttura inizialmente atrofizzata. Disfagia Disartria Disturbi cognitivi di tipo frontale (disinibizione e disturbi de comportamento) 32 Questi ultimi 3 sintomi appaiono nelle fasi più avanzate di malattia. Grazie al lavoro di Aldo Quattrone, precedente rettore dell’UMG, è stato identificato uno strumento radiologico per poter identificare anche precocemente la PSP; questa formula è stata riconosciuta a livello mondiale ed è stata pubblicata su riviste di radiologia mondiale. Questa formula consente di ottenere un valore che, a sua volta, consente anche in fasi precoci di malattia di identificare le PSP. Il radiologo misura alcune aree del cervello: il ponte (P), lo spessore del peduncolo cerebellare medio (PCM), il mesencefalo (M) e il peduncolo cerebellare superiore (PCS) Notiamo che le strutture che stanno al denominatore sono quelle che si atrofizzano nella PSP e quindi che P e PCM rimangono più o meno costanti, se io moltiplico il rapporto tra il ponte e il mesencefalo per il PCM e il PCS, avrò nella PSM un valore molto più alto rispetto a quello che ottengono in altre malattie. Di solito un valore superiore a 13.55 mi consente di differenziare, in una fase molto precoce, la PSP dalle altre malattie che possono somigliarle. La formula è MRPI (Magnetic Resonance Parkinsonism Index) Oltre alla risonanza magnetica, per la PSP, il DAT-SCAN rileva una captazione ancora più ridotta rispetto al Parkinson. Anche nella PET, dando il tracciante per il glucosio, i pazienti, avendo un danno frontale, hanno una ridotta captazione. 33 ATROFIA MULTISISTEMICA (MSA) È un altro parkinsonismo molto grave che dà tantissime problematiche. Rientra nelle alfa- sinucleinopatie e quindi, in un certo senso, condivide lo stesso accumulo anomalo della malattia di Parkison e della Demenza a corpi di Lewy. La MSA è grave perché coinvolge più sistemi: la via nigro-striatale che dà il parkinsonismo ed essendoci un danno anche un danno allo striato, le persone non rispondono alla Levodopa oppure possono avere una risposta all’inizio per poi perderla dopo qualche mese. Inoltre, ci sono segni cerebellari, per cui il paziente non ha coordinazione, ha disartria, nistagmo (movimenti oscillatori oculari). Poi c’è una disfunzione autonomica per cui viene colpito anche il SN autonomo, che ad esempio controlla la minzione (i pazienti diventano incontinenti), la pressione arteriosa (quando la pressione tende ad abbassarsi il sistema nervoso autonomo interviene per aumentarla, ma quando questo meccanismo non funziona i pazienti svengono); altre disfunzioni che si verificano sono ad esempio l’impotenza nell’uomo. Inoltre, ci sono i segni piramidali e quindi hanno riflessi aumentati, disturbi di forza. Oggi l’MSA viene divisa in due sottotipi: MSA di tipo P → se c’è una prevalenza di segni parkinsoniani MSA di tipo C → se c’è una prevalenza di segni cerebellari È una malattia che è stata riconosciuta soltanto qualche anno fa e si pensava che i tipi di MSA fossero forme diverse, ma poi si scoprì che all’interno delle cellule gliali di queste persone c’erano degli accumuli che contenevano tutti alfa-sinucleina. Epidemiologia Fortunatamente anche questa malattia non è molto frequenza con una prevalenza di 3-4 casi per 100.000 abitanti e un’incidenza un po’ più bassa. L’età di insorgenza è 60 anni e rispetto alla PSP ha una sopravvivenza media un po’ più lunga (7-9 anni), sebbene nelle fasi tardive i pazienti sono generalmente bloccati a letto. L’accumulo è di alfa-sinucleina che non si accumula solo nei neuroni ma anche nelle cellule gliali (inclusioni citoplasmatiche gliali). Tra le varie cause ci sono fattori genetici predisponenti e fattori virali, pesticidi, metalli pesanti, ma comunque non è ancora chiaro un meccanismo eziopatogenetico ben chiaro. 34 Ci sono associati anche sintomi psichiatrici, come depressione e ansia, che possono essere sia la conseguenza della reazione alla malattia e sia possono essere legati alla malattia stessa dato che degenerano i circuiti che controllano l’umore. Storia naturale dall’MSA Come possiamo notare dall’immagine molto spesso si inizia con delle disfunzioni sessuali, urinarie, disturbo del comportamento in fase REM del sonno (presente anche nel Parkinson), ipotensione ortostatica (quando si mettono in piedi svengono) e poi compaiono i segni che abbiamo già elencato prima. In fase avanzata il paziente va sempre a peggiorare fino a perdere l’autonomia e poi morire per una serie di cause legate o a problematiche polmonari o ad infezioni delle vie urinarie. Come fare diagnosi? I criteri sono molto complessi però ci troviamo con paziente o con un parkinsonismo scarsamente responsivo alla Levodopa oppure una sindrome cerebellare che deve essere però associata a dei segni di coinvolgimento autonomico. Importante è che nei criteri viene considerato un segno: l’atrofia del peduncolo cerebellare medio. In uno studio sempre del prof.re Quattrone si è dimostrato che andando a misurare questo peduncolo cerebellare medio è possibile differenziare il Parkinson dall’MSA. Un valore normale di solito è uguale o superiore a 8 mm, ma nei pazienti con MSA il valore è più basso. 35 L’MSA radiologicamente ha degli aspetti peculiari: è presente una striscetta bianca che si chiama “slit-like hyperintensity” che si trova ai lati del putamen ed è dovuta al fatto che una volta che il putamen si è atrofizzato e quindi rimpicciolito, lo spazio rimasto viene occupato da una proliferazione di tessuto fibroso che si vede bianco in risonanza magnetica; oppure dove c’è spazio si accumula ferro. Inoltre, si possono notare due atrofie: cervelletto e ponte (ma non mesencefalo come nella PSP); addirittura sul ponte si vede un segno tipico di questa malattia che è una croce (hot cross bun sign), descritta da un italiano. Quando il radiologo vede questa croce si inizia ad allarmare perchè identifica la possibilità di questa malattia. Facendo la DAT-SPECT, si può notare una ridottissima captazione a livello di caudato e putamen. DEMENZA A CORPI DI LEWY Il nome deriva da Patrick Lewy che, nel 1912, descrisse al microscopi questi accumuli di alfa- sinucleina. La demenza a corpi di Lewy e la malattia di Parkison con demenza sembrano essere simili, ma la differenza è che la prima è una forma accelerata della seconda; le catteristiche tipiche del paziente con Parkinson con demenza si manifestano, non in tutti, ma in media dopo 10 anni dall’esordio della malttia, mentre nella demenza a corpi di Lewy le caratteristiche si notano nel primo anno di malattia. Una caratteristica importante di questa demenza sono le allucinazioni visive. Epidemiologia È la seconda demenza degenerativa più frequente dopo la malattia di Alzheimer; infatti, ha un’incidenza di 112 nuovi casi all’anno su 100.000 abitanti. Molto spesso i pazienti arrivano come soggetti con demenza senile o Alzheimer, con delle ripercussioni gravissime perché scambiare le malattie può comportare un approccio terapeutico dannoso; infatti, trattare un soggetto con demenza a corpi di Lewy come uno che ha l’Alzheimer può portare addirittura alla morte del paziente. 36 È più frequente nel sesso maschile e l’età media di insorgenza si aggira tra i 60 e gli 80 anni con una sopravvivenza ridotta rispetto al Parkinson con demenza (PDD): circa 3,72 anni (il PDD circa 10 anni). Caratteristiche cliniche È caratterizzata dalla presenza di corpi di Lewy, (accumuli di proteina alfa-sinucleina), presenti prevalentemente a livello della corteccia cerebrale. Una caratteristica peculiare che la distingue dal Parkinson è il fatto che ci sono alterazioni fluttuanti delle abilità cognitive; quindi, il paziente sta benissimo in certi periodi e male in altri, mentre come ricordiamo il Parkinson è lentamente progressivo e i sintomi scompaiono solo con la terapia. Nei giorni in cui stanno male, i soggetti con demenza a corpi di Lewy hanno deficit nelle abilità visuo-percettive, nell’attenzione, nelle funzioni esecutive e nelle fasi iniziali non è coinvolta la memoria. Ci possono essere anche alterazioni neuropsichiatriche (allucinazioni visive e deliri). Ci sono parkinsonismi, come tremore ad una mano, disautonomia, ovvero cadute frequenti. Un concetto importantissimo e tipico di questa malattia è la sensibilità ai neurolettici, ovvero gli antipsicotici ed è per questo che se prendono farmaci per curare l’Alzheimer, i pazienti possono anche morire. È presente anche un RBD, ovvero un disturbo del comportamento in fase REM del sonno. Come si fa diagnosi? La diagnosi si fa con la clinica e se il paziente, con anche una valutazione neuropsicologica, senza terapia, a distanza di tempo, lo troviamo migliorato o variabile possiamo avere un campanello d’allarme. Poi si possono fare esami radiologici: risonanza magnetica e la scintigrafia cerebrale. Nella risonanza magnetica, confrontando un cervello con Alzheimer (AD) e uno con demenza a corpi di Lewy (DLB), si può notare che nell’AD c’è sin da subito atrofia dell’ippocampo, mentre nella DLB no. Essendo, nella DLB, più compromessa la corteccia cerebrale il paziente avrà un disturbo disesecutivo, mentre nell’AD si inizia con un disturbo della memoria episodica recente ed ecco spiegato il perché dell’atrofia ippocampale. Nel DAT-SCAN, in un paziente con 37 DLB e parkinsonismo si può notare una ridotta captazione e quindi un esame alterato, mentre nell’altro paziente è normale. Un altro esame che si può fare è la PET, un esame in cui viene somministrato del glucosio radioattivo che viene captato dalla corteccia e in condizioni normali la corteccia si illumina completamente, ma se ci fosse atrofia in una zona di essa potremmo notare una ridotta captazione in quella zona. Nella demenza a corpi di Lewy possiamo notare una ridotta captazione nella zona posteriore della corteccia, dove c’è l’area visiva primaria; ecco spiegato il perché delle allucinazioni. Trattamento dei sintomi La demenza a corpi di Lewy possiamo curarla bene, se diagnosticata correttamente, perché è un disturbo che si stabilizza. Ci sono due categorie di farmaci per le demenze: Memantina → farmaco che interviene nel sistema del glutammato Farmaci che aumentano l’acetilcolina nel cervello Ci sono anche altre medicine, come la Clozapina che è l’unico neurolettico che non dà problemi a questi pazienti ed è il farmaco migliore che c’è in assoluto nei pazienti con parkinsonismo per far sparire completamente le allucinazioni. L’unico problema che può dare questo farmaco è un abbassamento dei globuli bianchi. DEMENZA FRONTO-TEMPORALE È una condizione molto frequente, ma non la più frequente in quanto questo posto lo ricopre la malattia di Alzheimer. Il paziente cambia completamente il suo comportamento e sembra non essere più la persona che era prima; in alcuni casi tende a diventare anche aggressivo, ma soprattutto disinibito e la disinibizione può avere tanti aspetti (es. alimentare → il caregiver può riferire che il paziente si alza la notte e va a svaligiare il frigo; shopping compulsivo; gioco d’azzardo; disinibizione sessuale). Oltre alla variante comportamentale, ce n’è un’altra ovvero le funzioni superiori, in particolar modo il linguaggio perché che la regione frontale è implicata nell’espressione, il paziente avrà un’afasia non fluente, ovvero riuscirà a comprendere ciò che gli viene detto, ma avrà difficoltà ad esprimersi. Sia la demenza frontotemporale che quella corticobasale, di cui parleremo dopo, sono accomunate dal fatto che vi è un accumulo di proteina tau e quindi sono entrambe taupatie, a anche se in realtà la demenza corticobasale è una taupatia pura, mentre la demenza fronto- temporale non è una taupatia singola in quanto esistono almeno 3 sottotipi di DFT, alcuni accumulano proteina tau e altre la TDP-43, proteine nuove che sono associate a dei fenotipi differenti, basti pensare che uno dei questi è associato alla SLA, la malattia del motoneurone. Quindi il soggetto può avere un disturbo cognitivo associato a problemi motori, come parkinsonismo o malattia del motoneurone (in quest’ultimo caso il paziente non è lento, ma ha un disturbo della forza con una conseguente sopravvivenza più limitata); infatti il paziente con DFT e SLA può avere una sopravvivenza anche di soli 6 mesi/1 anno. 38 Cosa è la demenza fronto-temporale? Quando parliamo di DFT non facciamo riferimento ad una sindrome unica, ma ad uno spettro di sindrome cliniche caratterizzato da disturbi progressivi delle funzioni esecutive, del comportamento e del linguaggio; tali disturbi possono essere prevalenti (es. il paziente ha solo un’afasia o solo un disturbo comportamentale) o miste tra di loro. Epidemiologia La demenza frontotemporale è il tipo di disturbo cognitivo più comune in persone al di sotto dei 65 anni ed è più prevalente dell’Alzheimer in individui sotto i 60 anni. La prevalenza in generale non è altissima (15/100.000), ma c’è da dire che questo dato è influenzato dal fatto che probabilmente è sottostimato ed è scambiato facilmente con l’Alzheimer o con demenze senili. L’età media di insorgenza è 50-60 anni e non c’è un

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