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Per riassumere: memorie… CHE COS'È LA MEMORIA La memoria, con tutti i suoi limiti, tra i quali la sua fallibilità ci permette di funzionare come soggetti autonomi nel complesso mondo che ci circonda. La memoria, fuori dal lavoratorio, riguarda innumerevoli...

Per riassumere: memorie… CHE COS'È LA MEMORIA La memoria, con tutti i suoi limiti, tra i quali la sua fallibilità ci permette di funzionare come soggetti autonomi nel complesso mondo che ci circonda. La memoria, fuori dal lavoratorio, riguarda innumerevoli aspetti, tra i quali il decadimento mnestico, la memoria nei bambini, le testimonianza nelle aule giudiziarie, o, banalmente, come memorizziamo le password o il fatto di ricordare di prendere i farmaci. Teoria, mappe e modelli Nel caso delle teorie psicologiche, teorie differenti adottano livelli di spiegazione diversi e sono incentrate su aspetti disparati. Tutte queste spiegazioni sono istruttive e, in linea di principio, possono essere riferite l'una all'altra, ma nessuna di esse è l'unica interpretazione corretta. Come possiamo studiare la memoria? I tentativi di comprendere la memoria umana risalgono almeno ad Aristotele e sono uno dei classici temi affrontati nell'ambito della filosofia della mente, senza giungere però a chiare conclusioni. Verso la fine del diciannovesimo secolo, Francis Galton si interessò alle differenze individuali nelle facoltà mentali; fu infatti il primo a studiare sperimentalmente le immagini mentali. Hermann Ebbinghaus, nell'arco di due anni, condusse un'approfondita serie di esperimenti su sé stesso, dimostrando come fosse in realtà possibile stabilire relazioni sistematiche tra le condizioni d'apprendimento e il materiale appreso; studiò l'apprendimento di materiale privo di significato e descrisse i i modi della dimenticanza. Dopo aver pubblicato questi risultati nella sua prima classica opera sulla scienza della memoria (1885), egli passò a studiare la visione dei colori, l'intelligenza e altri problemi che stavano emergendo nel nuovo campo della psicologia sperimentale. Ivan Petrovich introdusse e sistematizzò lo studio del condizionamento. La tradizione di ricerca di Ebbinghaus fu proseguita e approfondita soprattuto negli Stati Uniti, con particolare attenzione per i fattori e le condizioni alla base del modo in cui le nuove conoscenze interagiscono con quelle già possedute; I risultati erano interpretati in termini di associazioni fra stimolo e risposta, e veniva usata una limitata varietà di metodi, che di solito richiedevano la memorizzazione di liste di sillabe o parole prive di significato. È questo l'approccio del cosiddetto apprendimento verbale, che si sviluppò negli anni Trenta e Sessanta. Si sviluppò anche un secondo orientamento, la scuola della psicologia della Gestalt; diversamente dai comportamentisti, gli psicologi della Gestalt tendevano a dare più importanza alle rappresentazioni interne che non agli stimoli e alle risposte osservabili, e a sottolineare il ruolo attivo della persona che ricorda. Questo fu l'orientamento di due importanti ricercatori nati in Europa ma formatisi in Nord America: George Mandler e Endel Tulvig. In Gran Bretagna si sviluppò un terzo approccio alla memoria, illustrato da Frederic Bartlett nel suo Remembering (1932); egli sosteneva che l'apprendimento di materiale senza significato non fosse il modo giusto di studiare la memoria, e impiegava invece materiali complessi. Questo approccio dava grande importanza allo studio degli errori di memoria, spiegandoli nei termini dei nostri assunti culturali sul mondo. Bartlett faceva dipendere tali assunti da rappresentazioni interne che egli chiamava schemi. Edward Chace Tolman invece illustrò gli aspetti cognitivi implicati anche negli apprendimenti, apparentemente semplici, di comportamenti. Ulric Neisser, nel 1967, diede il nome al nuovo campo della psicologia che stava nascendo: la psicologia cognitiva; un approccio alla psicologia basato sulla metafora tra mente umana e computer, approccio introdotto da Kenneth Craik nel 1943. QUANTI TIPI DI MEMORIA CI SONO? Con l'accrescersi dell'influenza dell'approccio cognitivo, l'idea di un singolo sistema di memoria basato su associazioni stimolo risposta fu lasciata cadere in favore dell'idea che fossero all'opera due, tre o forse più sistemi di memoria. Il quadro generalmente accettato negli anni Sessanta era che l'informazione proviene dall'ambiente ed è elaborata da prima da una serie di sistemi di memoria sensoriale, che si possono immaginare come un'interfaccia fra la percezione e la memoria. Da qui l'informazione passa in un sistema temporaneo di memoria a breve termine, e poi viene registrata nella memoria lungo termine.una versione particolarmente influente di questo modello fu proposta da Atkinson e Shiffrin (1968). Ebbe il nome di modello modale, nel senso di vicino alla moda statistica: infatti esso era rappresentativo di buona parte dei modelli del funzionamento della memoria umana in voga in quegli anni; diversi assunti alla base di questo modello furono poi messi in dubbio, ed esso fu rielaborato; banalmente non si assume più che vi sia un semplice flusso di informazione dall'ambiente alla memoria lungo termine, ma è abbondantemente provato che l'informazione fluisce in entrambe le direzioni. LA MEMORIA SENSORIALE Il sistema percettivo conserva l'informazione visiva abbastanza lungo da riempire le lacune fra le immagini statiche, integrando ciascuna immagine con la successiva, leggermente diversa dalla precedente; questo fenomeno è alla base del cinematografo. Neisser (1967) diede a questo sistema di memoria visiva a breve termine il nome di memoria iconica, e il suo equivalente uditivo, memoria ecoica. Nei primi anni Sessanta, negli Stati Uniti, alcuni ricercatori dei Bell Laboratories adottarono l'approccio dell'elaborazione dell'informazione per analizzare questo evanescente questo evanescente sistema di memoria visiva. Sperling (1960) presentava per breve tempo una matrice di dodici lettere (tre righe di quattro lettere ciascuna) e poi chiedeva ai partecipanti di rievocare quante più lettere possibile. I partecipanti, di solito, erano in grado di ricordare correttamente 4 o 5 lettere; in realtà nel praticare questo compito si ha la sensazione di vedere più di quattro o cinque lettere, queste però vengono dimenticate prima che si possa dire quali sono. Per sfuggire al problema dell'oblio al momento della rievocazione, una possibilità è presentare la stessa matrice ma chiedere di elencare le lettere di una sola delle righe, senza però dire in anticipo quale riga; questo richiede la codifica dell'intero insieme. Per indicare la riga da rievocare, Sperling si serviva di un segnale acustico: un tono alto per la riga superiore, un tono medio per la riga di mezzo, un tono basso per la riga inferiore. Siccome egli non diceva in anticipo ai partecipanti quale riga sarebbe stata indicata dal segnale, il risultato ottenuto poteva essere considerato rappresentativo dell'intera matrice; bastava moltiplicare il punteggio per tre per ottenere una stima del numero totale di lettere mantenute in memoria. Il risultato è influenzato dal momento in cui è presentato il segnale. Quando la rievocazione è immediata, il risultato rappresenta una stima della capacità totale del magazzino di memoria; il peggioramento della prestazione quando il segnale acustico viene ritardato rappresenta la perdita di informazione. La prestazione cambia anche in base al fatto che prima e dopo la presentazione delle lettere vi sia un campo luminoso o un campo scuro. È stato infatti dimostrato sperimentalmente che quanto maggiore è la luminosità durante quell'intervallo di tempo, tanto peggiore è la prestazione; ciò significa che la luce, in qualche modo, interferisce con la traccia mnestica (mascheramento). La funzione della memoria iconica è probabilmente in diretta, ed è parte del processo attraverso il quale percepiamo il mondo.è probabile che la memoria iconica rappresenti le fasi iniziali del processo attraverso il quale le informazioni vengono estratte dalla retina e, in parte, vengono trasmesse al magazzino visivo a breve termine di maggiore durata. LA MEMORIA A BREVE TERMINE E DI LAVORO Il termine memoria a breve termine (MBT) è teoricamente neutro e si riferisce all'immagazzinamento temporaneo di piccole quantità di informazione per brevi intervalli di tempo. Molte delle ricerche in questo campo hanno usato materiale verbale; è tuttavia importante tenere a mente che la MBT non riguarda solo il materiale verbale; essa è stata estesamente studiata anche in relazione all'informazione spaziale e visiva (e, meno estesamente, in relazione all'olfatto e all'udito). Il concetto di memoria di lavoro (ML) poggia sull'assunto che vi sia un sistema per la ritenzione temporanea e la manipolazione dell'informazione, e che esso ci aiuti a svolgere molti compiti complessi. La maggior parte degli studiosi, assume che la memoria di lavoro operi come una sorta di spazio di lavoro mentale che offre una base al pensiero. LA MEMORIA A LUNGO TERMINE La memoria a lungo termine ci permette di conservare un numero elevato di conoscenze in modo permanente; le informazioni sono mantenute tramite un'organizzazione. La capacità della MLT è molto ampia, forse illimitata; la perdita di informazioni avviene invece per interferenza, e in questo caso l'oblio si potrebbe considerare apparente, ovvero dipende dalla difficoltà di accesso alle informazioni. Vi sono due sistemi di memoria specializzati nella ritenzione di informazioni di natura differente: 1. Memoria fattuale: "sapere cosa"; insieme delle conoscenze individuali; 2. Memoria procedurale: "sapere come"; conoscenze sul come svolgere attività e compiti vari; La classificazione della memoria a lungo termine proposta da Squire (1992) traccia una prima distinzione fra la memoria esplicita o dichiarativa e la memoria implicita o non dichiarativa. La memoria esplicita si riferisce alle situazioni nelle quali normalmente pensiamo sia in gioco la memoria (sapere di sapere): il ricordo di eventi particolari, ma anche il ricordo di fatti o conoscenze sul mondo. La memoria implicita si riferisce alle situazioni in cui vi è stato apprendimento, ma un apprendimento che si riflette nella prestazione senza tradursi in ricordi espliciti (sapere senza sapere). 1. La memoria esplicita Si possono distinguere due tipi di memoria esplicita: la memoria semantica e la memoria episodica. La memoria semantica concerne la conoscenza del mondo; essa va oltre la semplice conoscenza del significato delle parole e abbraccia gli attributi sensoriali, come il colore di un limone o il gusto di una mela. La memoria semantica comprende anche la conoscenza generale del modo in cui la nostra società funziona, ad esempio che cosa fare quando si va ristorante o come prenotare un posto a teatro. E, per se stessa, una conoscenza di carattere generale, benché, in linea di principio, possa essere acquisita in un solo colpo. Il tipo di memoria che alla base della nostra capacità di ricordare episodi o eventi particolari è la memoria episodica; di fatto, uno stesso evento può essere rappresentato in tutti e due i tipi di memoria. Tulvig limita l'uso del termine "memoria episodica" alle situazioni in cui ci torna in mente qualche aspetto dell'esperienza originale, ad esempio quando ricordiamo la situazione specifica in cui abbiamo appreso una determinata cosa; Tulvig parla a questo proposito di viaggio mentale nel tempo e sottolinea la sua importanza, sia perché ci permette di rievocare e rivivere particolari eventi, sia perché possiamo usare questa informazione per pianificare un'azione futura. Memoria episodica Memoria semantica - conoscenze di eventi o episodi - conoscenze di parole, connetti e loro relazioni - si riferisce a specifici eventi ed esperienze di vita reciproche, simboli - contiene informazioni spazio-temporali che - si riferisce a conoscenze astratte e generali specificano dove e quando si è verificato un - le informazioni non sono specificate da evento coordinate spazio-temporali - organizzata cronologicamente - organizzata in modo tassonomico e associativo 2. La memoria implicita Nella memoria implicita, il comportamento è influenzato da eventi passati ma senza consapevolezza. Esempi di memoria implicita (che è preservata nei pazienti amnestici) possono essere - giudicare più piacevole qualcosa solo per il fatto che vi si è stati esposti Le varie - - funzioni della memoria essere influenzati nella velocità o nella direzione di certe operazioni mentali (es. fragment completion) essere facilitati nel riapprendimento LA MEMORIA A BREVE TERMINE La memoria a breve termine (MBT) è il sistema che ci permette di ritenere per breve tempo piccole quantità di informazione. Quella della MBT è una nozione teoricamente neutra, ovvero si limita a descrivere fenomeni osservati in laboratorio. MEMORIA A BREVE TERMINE E MEMORIA DI LAVORO: QUAL È LA DIFFERENZA? La memoria a breve termine si riferisce a una particolare capacità, cioè la ritenzione di piccole quantità di informazione, testata immediatamente o dopo un breve intervallo di tempo. Il sistema o i sistemi di memoria su cui si basa la MBT fanno parte del sistema della memoria di lavoro (ML). La memoria di lavoro è un sistema che non solo immagazzina temporaneamente l'informazione ma anche la manipola, in modo da rendere possibile attività complesse come il ragionamento, l'apprendimento e la comprensione; a differenza della nozione di MBT, che fa riferimento a una situazione sperimentale, la nozione di ML si basa su un assunto teorico: che compiti come ragionamento e l'apprendimento dipendono da un sistema in grado di immagazzinare nel tempo e manipolare l'informazione, un sistema evolutosi come uno spazio di lavoro mentale. All'interno del modello multicomponenziale della ML, la MBT si riferisce a compiti che richiedono la semplice memorizzazione di informazioni senza la necessità di manipolarle. LO SPAN DI MEMORIA Nella maggior parte delle persone, lo span di cifre (digit span), cioè la più lunga sequenza di cifre che una persona sia in grado di ripetere senza errori, esso è limitato a sei o sette cifre, sebbene vi siano alcuni che riescono ad arrivare a dieci cifre o più, mentre altri hanno difficoltà a ricordarne più di quattro o cinque. Le misure dello span di memoria richiedono due cose: a) ricordare quali sono gli item; b) ricordare l'ordine in cui essi sono stati presentati. Nel caso delle cifre da 1 a 9, gli item sono ben noti, perciò il problema è più che altro quello di ricordarne l'ordine; se però ad esempio venisse presentata una sequenza di cifre pronunciate in una lingua non familiare lo span sarebbe di molto inferiore, visto che ci sarebbe molto più informazione da ricordare. George Miller ha proposto che la capacità di memoria sia limitata non dal numero di item da ricordare, ma dal numero di chunks (raggruppamenti di item). Il raggruppamento (chunking) è basato su insiemi di lettere conformi a regolarità linguistiche a lungo termine, il che dimostra una cosa importante: che la MLT può influenzare la MBT; il raggruppamento può anche essere prodotto dal ritmo della presentazione di una sequenza di item (i gruppi di tre item sembrano funzionare meglio di tutti). Dunque il ritmo è un meccanismo che facilita il funzionamento della MBT. Conrad e Hull (1964) mostrarono che il ricordo di sequenze di consonanti è significativamente peggiore quando esse si somigliano nel suono (ad esempio, CPDVGT contro a KRXLYF); Conrad interpretò i suoi risultati nei termini di un magazzino di memoria breve termine basato su una traccia acustica che si risolve rapidamente dando luogo all'oblio. Ciò rendeva particolarmente difficile la rievocazione delle lettere acusticamente simili; esse infatti possedevano meno caratteristiche distintive e perciò ciascun item si confondeva più facilmente con gli item adiacenti, con conseguenti errori nell'ordine di rievocazione (ad esempio PTCVB ricordato come PTVCB). MODELLI DELLA MEMORIA A BREVE TERMINE VERBALE Il modello modale di Atkinson e Shiffrin, il "modello modale" prevede che l'informazione fluisca dall'ambiente a una serie di sistemi di memoria sensoriale e paralleli, i sistemi iconici ed ecoici. Da qui l'informazione passa a una memoria a breve termine che funge anche da "memoria di lavoro", in grado di immagazzinare ed elaborare il materiale, che viene poi trasferito in un magazzino a lungo termine di maggiore durata. 1. Il loop fonologico Il loop fonologico, che fa parte del modello multicomponenziale della memoria di lavoro proposta da Baddeley e Hitch, ha due sotto componenti: un magazzino a breve termine e un processo di ripasso (rehearsal) di natura articolatoria. Il magazzino ha capacità limitata e gli item vi sono Modello di funzionamento della MBT: il loop fonologico registrati con tracce di memoria che decadono nel giro di qualche secondo; le tracce però possono essere "rinfrescate" per ripasso articolatorio, cioè ripetendo gli item a se stessi attraverso un processo articolatorio che può essere vocale o subvocale. Ad esempio, nel caso dello span di cifre, se nella sequenza vi sono poche cifre, è possibile ripeterle tutte prima che la cifra iniziale svanisca; con l'aumentare del numero di cifre, ci sarà bisogno di più tempo per ripeterle le tutte, e perciò la probabilità che le cifre svaniscano prima di essere rinfrescata aumenterà, il Modello del loop fonologico: effetto somiglianza che pone un limite alla span di memoria. fonologica Il modello del loop è in grado di dar conto della caratteristiche principali della MBT verbale. a. L'effetto di somiglianza fonologica Baddeley (1966) Una caratteristica del magazzino è l'effetto di somiglianza fonologica: la scoperta, dovuta a Conrad (1964), che lo span di Indaga l’influenza della similarità fonologica e lettere si riduce quando gli item hanno un suono simile. semantica sul ricordo di liste di 5 parole Baddeley (1966) Esempi Indaga l'influenza in italiano: della similarità fonologica e semantica sul ricordo di liste di 5 parole. - Lista A: somiglianza fonologica Lista A: gatto matto fatto ratto patto - Lista B: dissomiglianza fonologica 10% vs - Lista C: somiglianza semantica Lista B: luce palla cena spilla tenda 80% - Lista D: dissomiglianza semantica I risultati mostrano che la somiglianza fonologica peggiora la prestazione di Lista C: grande immediata rievocazione ampio spazioso (10%largo lista grosso A contro 80% 65%lista B), mentre laLista somiglianza di significato ha scarso effetto D: magro, svelto, forte, lucido, stabile (65% lista Vs 73% C contro 73% lista D). Un assunto è che l'effetto di somiglianza fonologica sia all'opera nel recupero, al momento di estrarre le informazioni presenti nella traccia di memoria breve termine; item simili hanno meno caratteristiche distintive, e perciò è più facile confonderli. Un altro assunto è che il materiale linguistico uditivo passi direttamente nel magazzino fonologico. Ma anche gli item presentati visivamente possono entrare nel magazzino purché si possano denominare - come nel caso di cifre, lettere oggetti denominabili - per mezzo di un processo articolatorio vocale o sublocate, nel quale la persona elenchi gli item a sé stessa. Il nostro sistema di ripasso sul vocale può essere messo fuori uso se ci viene chiesto di pronunciare ripetutamente una parola non attinente (ad esempio, l'articolo la); questo processo è detto soppressione articolatoria. Esso rende impossibile rinfrescare la traccia mnestica pronunciando subvocalmente il materiale da ricordare. La soppressione articolatoria impedisce anche di denominare su vocalmente gli item presentati visivamente (delle lettere, ad esempio), che perciò non possono essere registrati nel magazzino fonologico. Di conseguenza, quando gli item sono presentati visivamente e accompagnati da soppressione articolatoria, è irrilevante se Modello del loop fonologico: effetto della siano fonologicamente simili o no. Sia gli item simili sia quelli simili saranno ricordati peggio, ma lunghezza della parola un livello equivalente. Si noti che se invece la soppressione uditiva, le parole accedono direttamente al magazzino fonologico nonostante la soppressione articolatoria, e si osserva ugualmente un effetto di somiglianza; inoltre, anche in caso di soppressione resta possibile ricordare fino a quattro o cinque cifre presentate visivamente. Baddeley et al. (1975) ES. RICORDO DI LISTE DI PAROLE b. L'effetto della lunghezza della parola Relazione tra rievocazione e velocità di Baddeley e colleghi (1975) hanno studiato la relazione fra la articolazione lunghezza della parola, la velocità di lettura e la rievocazione e hanno trovato che le parole più lunghe implicano un tempo di ripasso maggiore e provocano la riduzione dello span di Spiegazioni: memoria; la relazione fra rievocazione e velocità di tempo di articolazione articolazione – tempodicendo si può riassumere del decadimento che si possono Oblio avviene ricordare durante all'incirca tantela parole ripetizione in codifica quante se ne possono pronunciare in due secondi. Cowan e al 1992: l’effetto è dovuto anche al tempo di rievocazione SOPPRESSIONE ARTICOLATORIA: cancella l’effetto di lunghezza di parola Il ripasso si svolge nel tempo, come pure il decadimento della traccia; di conseguenza, le parole più lunghe, che richiedono più tempo per essere pronunciate, lasciano più tempo anche al decadimento. L'effetto della lunghezza della parola può essere dunque attribuito all'oblio durante il ripasso subvocalico e la rievocazione. Ciò implica che se il ripasso fosse impedito, l'effetto della lunghezza della parola dovrebbe venire meno. Questa ipotesi può essere messa alla prova ricorrendo alla soppressione articolatoria: ai partecipanti viene chiesto di ripetere un suoni irrilevante durante l'esecuzione del compito di memoria. Come previsto, questo annulla l'effetto della lunghezza della parola; le persone ricordano meno parole, ma senza che vi sia una differenza tra parole lunghe e brevi, presumibilmente perché la soppressione impedisce alle parole presentate visivamente di accedere al processo di ripasso articolatorio. c. L'effetto dei suoni irrilevanti Salamé e Baddeley (1989) hanno mostrato che la musica interferisce con il ricordo di cifre, e la musica vocale più di quella strumentale. Jones e Macken (1993) hanno scoperto che anche i toni puri danneggiano la MBT verbale, purché abbiano fluttuazioni d'altezza. Essi hanno proposto quello che hanno chiamato changing state hypothesis, ipotesi dello stato variabile, secondo cui la ritenzione dell'ordine seriale può essere danneggiata da stimoli uditivi irrilevanti, posto che essi fluttuino nel tempo. Jones ha messo in relazione l'effetto dei suoni irrilevanti con le teoria della percezione uditiva, sottolineando come l'effetto dei suoni irrilevanti sia basato sulla compromissione della memoria dell'ordine seriale. 2. Il problema dell'ordine seriale Sono stati proposti diversi modelli basati sul loop fonologico; essi hanno affrontato la questione dell'ordine seriale in una varietà di modi. In tutti i modelli c'è un magazzino fonologico e un meccanismo separato per l'ordine seriale e il recupero dal magazzino è influenzato dalla somiglianza. La maggior parte dei modelli collegati al loop fonologico respingono l'interpretazione dell'ordine seriale in termini di concatenamento, e propongono che l'informazione sull'ordine sia veicolata da qualche tipo di contesto dinamico, da connessioni con il primo item,delo loop Modello da fonologico: l connessioni con il primo e l'ultimo degli item. Il ripasso fa sì che gli item siano recuperati dal Modello del loop fonologico: l’ordine seriale magazzino fonologico e successivamente reintrodotti come stimoli ripetuti. Modello del loop fonologico: l’ordine seriale 1. CONCATENAMEN L'immagazzinamento dell'informazione sull'ordine seriale 1. CONCATENAMENTO ? 1. Concatenamento: ciascun item è associato con l'item successivo; la 2. CONTESTO ? rievocazione comincia dal primo item (A), che evoca 1. CONCATENAMENTO il secondo, e così? 2. CONTESTO ? 3. PRIMACY? via; 2. Contesto: ciascun item è collegato a un contesto variabile, che può essere basato sul tempo; il contesto opera poi come un suggerimento 2. CONTESTO ? per il recupero; 3. PRIMACY? 3. Primacy: Ciascun item presentato riceve attenzione; il primo ne riceve di più, il secondo un po' meno, e così via; gli item sono rievocati in ordine di forza; dopo essere stato rievocato, l'item viene soppresso e viene scelto il più forte fra i rimanenti; TEORIE ALTERNATIVE DELLA MEMORIA A BREVE TERMINE VERBALE Un modello della MBT verbale è il feature model di James Nairne (1988;1990) che fa cadere la separazione fra MLT e MBT e postula un unico sistema di memoria in cui ciascun item è rappresentato da un insieme di caratteristiche (features), che appartengono a due categorie fondamentali: le caratteristiche dipendenti dalla modalità e quelle indipendenti dalla modalità. La parola GATTO, quando viene letta, ha sia caratteristiche dipendenti dalla modalità visiva, come il carattere di stampa, sia caratteristiche da essa indipendenti, come il significato. Se la parola GATTO viene pronunciata anziché letta, le caratteristiche indipendenti dalla modalità, come il significato, sono le stesse, mentre le caratteristiche che dipendono dalla modalità sono acustiche anziché visive. L'ipotesi è che l'oblio dipenda dall'interferenza: i nuovi item alterano gli insiemi di caratteristiche costruiti dagli item precedenti, provocando errori di rievocazione. Brown, Neath e Chater (2007) hanno proposto un modello di memoria di applicazione molto ampia, che hanno chiamato SIMPLE model (memoria, percezione e apprendimento e invariata di scala), che si applica sia alla MBT sia alla MLT. Si tratta fondamentalmente di un modello dell'oblio basato sul recupero, nel quale gli item più distintivi sono più facili da recuperare. Gli embedded processes invece, sono i processi cognitivi che mantengono l'informazione più accessibile dell’ordinario. LA RIEVOCAZIONE LIBERA La caratteristica più notevole della rievocazione libera è l'influenza dell'ordine in cui le parole sono state presentate, cioè l'effetto di posizione seriale. Il risultato più evidente è la tendenza a rievocare meglio gli ultimi elementi della lista, che va sotto il nome di effetto recency o di recenza. C'è anche una tendenza a a rievocare relativamente bene i primi elementi, chiamata effetto primacy o di prima posizione o di priorità; questo secondo effetto, di regola, è molto meno pronunciato dell'effetto recency, diversamente da quel che accade nella rievocazione seriale, dove pesa maggiormente la prima posizione. L'effetto recency viene meno quando la rievocazione è brevemente ritardata. Secondo Glanzer e Cunitz (1966) questo risultato si può interpretare secondo il fatto che l'informazione sui primi item è mantenuta nella MLT, mentre dell'effetto recency è responsabile un processo distinto basato sulla MBT; un breve intervallo di tempo in cui il partecipante è impegnato in un'altra attività è sufficiente ad annullare il contributo della MBT, mentre lascia gli item conservati nella MLT relativamente intatti. Le prove in favore di questa interpretazione avevano un'ampia varietà di origini; diverse variabili legate alla MLT influenzavano i primi elementi della lista, ma non modificavano l'effetto recency. 1. la velocità di presentazione: lento è meglio 2. la frequenza delle parole: le parole familiari sono più facili 3. l'immaginabilità delle parole: se le parole sono visualizzatili le prestazione ne guadagna; 4. l'età dei partecipanti: i giovani adulti ricordano più dei bambini e degli anziani; 5. lo stato fisiologico: sostanze come marijuana e l'alcol pregiudicano la prestazione; L'idea che la recenza dipendesse semplicemente dall'output di un magazzino a breve termine è stata successivamente messa in dubbio dalla dimostrazione che gli effetti recency possono presentarsi anche quando la traccia a breve termine dovrebbe essersi ormai dissolta (recenza a lungo termine). In uno studio (Bjork e Whitten, 1974) chiedevano ai partecipanti di rievocare sequenza di parole presentate in tre condizioni distinte. a) rievocazione immediata b) rievocazione differita di 20 secondi c) intervallo di 20 secondi dopo ogni parola Come risultato ottennero che l'effetto recenza era presente sia nella condizione a che c. Effetti recency sono stati dimostrati anche per intervalli di tempo molto più lunghi. Ad esempio Baddeley e Hitch (1977) hanno studiato la capacità di un gruppo di giocatori di rugby di ricordare contro quali squadre avessero giocato nella stagione in corso; le loro risposte mostravano un chiaro effetto recency. Siccome non tutti i giocatori avevano partecipato a tutte le partite, fu possibile determinare se l'oblio riflettesse il tempo trascorso o piuttosto il numero di partite disputate; il predittore migliore risultò essere il numero di partite, il che indica come la semplice ipotesi del decadimento temporale non offre una spiegazione soddisfacente di questi risultati. Il fatto che gli effetti recency si osservino in situazioni tanto numerose e varie, e che in qualche caso siano cancellati da alcuni secondi di attività non correlata, mentre in altri casi persistono per mesi, sta significare che l'effetto non è legato a un singolo sistema di memoria, ma dipende piuttosto da una strategia di recupero basata sul fatto che gli eventi più recenti sono più facilmente disponibili per la rievocazione. La maggiore accessibilità dell'ultima esperienza di un certo tipo potrebbe avere l'importante funzione di facilitare l'orientamento nello spazio e nel tempo. L'interpretazione più plausibile della reticenza sembra essere in termini di recupero che rende più disponibile l'item più recente: secondo Crowder (1976), l'effetto recency può essere descritto nei termini di una regola di discriminazione basata sulla distanza temporale tra l'item da recuperare e il suo principale concorrente, l'item immediatamente precedente; quando la rievocazione è immediata, l'item più recente è considerevolmente avvantaggiato, ma quando l'intervallo aumenta, diventa sempre meno facile distinguere l'ultimo item dal suo predecessore. LA MEMORIA A BREVE TERMINE VISUO-SPAZIALE Per riuscire a tenere ferma una rappresentazione di un mondo che cambia continuamente con i nostri movimenti, la MBT visiva deve conservare le sue rappresentazioni nel corso del tempo, permettendo, al tempo stesso, il loro continuo aggiornamento mentre ci muoviamo. Un'analisi dettagliata della MBT visiva è stata avviata da relativamente poco tempo, perciò la maggior parte delle ricerche descritte utilizza stimoli abbastanza semplici e facili da specificare, MBT visiva come forme o lettere colorate, benché vi sia un crescente interesse per lo studio della MBT visiva in relazione a scene complesse del mondo reale. 1. MBT e MLT visiva: in cosa differiscono? Utilizzando un metodo detto di rilevazione del cambiamento, Phillips (1974) presentava ai partecipanti una Compito serie di matrici quadrate di complessità variabile (da 4x4 a 8x8); in ciascuna matrice, metà delle celle erano nere e metà bianche, in modo casuale.dopo un intervallo che poteva Philips variare da 09 secondi, veniva presentato uno stimolo di test, variabil identico o con una cella cambiata.quando il test era Metà d immediato, le prestazioni erano pressoché perfette; esse però destinavano nel tempo ed erano peggiori nel caso dei pattern modo c più complessi.se ne può concludere che la MBT visiva ha una capacità limitata. Successivamente, in un articolo molto influente, Luck e Vogel (1997) hanno proposto una variante di questo compito di rilevazione del cambiamento: in un tipico studio, i partecipanti visualizzano una matrice di quadrati di colore differente, seguita, dopo un intervallo di tempo variabile, da un pattern identico o con il colore di un quadrato cambiato. Siccome i quadrati colorati possono essere versate verbalizzati e, quindi, essere ricordati in forma non visiva, di solito ai partecipanti viene richiesto di impegnare il sistema di ripasso verbale pronunciando continuamente una semplice sequenza come uno, due tre; venivano variati il numero di quadrati colorati, da uno a 12, scoprendo, che le prestazioni peggioravano drasticamente con l'aumentare del numero di quadrati, e mostrando, inoltre, che la capacità era limitata a tre o quattro item. La capacità della MLT è estremamente più grande. In un classico studio, Standing, Conezio e Haber (1970) presentavano 2560 diapositive a colori per 10 secondi ciascuna, e poi testavano il MBT visiva ricordo diversi giorni dopo, presentando due item, uno dei quali, che era stato mostrato in precedenza, era categorizzato come "vecchio", mentre l'altro, che non era stato mostrato, era categorizzato come "nuovo". Nonostante l'enorme numero di immagini presentate e il tempo intercorso tra la presentazione e il test, i partecipanti fornivano circa Compito di il 90% di risposte corrette. Questo risultato è stato cambiamen successivamente replicato ed esteso in una serie di studi che mostrano come le persone possano rilevare i Luck e Voge cambiamenti anche molto sottili, come l'inversione quadrati di sinistra-destra o un bicchiere di aranciata, in un caso seguita, dop pieno fino all'orlo, nell'altro solo a metà. Ciò non tempo vari significa necessariamente che fosse tenuta mente ogni identico o dettaglio delle immagini, e si è visto che quando le quadrato c immagini appartengono a una categoria ben definita, soppressio per esempio le immagini di porte, le prestazioni peggioravano significativamente (Baddeley et al, 1994; 24 immagini usate come test clinico per la MLT). 2. Ripasso attivo nella MBT visiva La MBT visiva sembra trarre vantaggio da uno sforzo attivo di mantenere un item al centro dell'attenzione. In uno studio sulla MBT visiva, McCollough, Machizawa e Vogel hanno usato potenziali evento-correlati (ERP) per indagare questo aspetto misurando l'attività cerebrale nell'intervallo tra presentazione e test. Ai partecipanti veniva chiesto di ricordare di ricordare gli item presentati in corrispondenza di un lato del campo visivo; l'effetto osservato era un'attività elettrofisiologica nell'emisfero controlaterale che iniziava circa 200ms più tardi e persisteva fino alla presentazione dell'item di test. I ricercatori hanno scoperto che il livello di attivazione aumentava in proporzione al numero di item con un massimo corrispondente a quattro item (si può supporre sia il limite della capacità), e che le prove non riuscite tendevano essere associate a un livello di attivazione inferiore. 3. Che cosa è immagazzinato nella MBT visiva? Il sistema visivo elabora il mondo e per mezzo di una varietà di canali sensoriali indipendenti; ad esempio, la forma, il colore e il movimento sono tutti rilevati da sistemi neurali distinti. Per percepire un oggetto come un quadrato rosso, le caratteristiche indipendenti di colore e MBT visiva: combinazione di caratteristiche forma che sono presentati nello stimolo, devono, successivamente, essere combinate, in modo che i canali separati che codificano forme colore portino la percezione di un unico oggetto, un quadrato colorato. La combinazione delle caratteristiche di un oggetto e va sotto il nome di binding, o integrazione. Allen e colleghi (2006) Si sono chiesti se siano necessarie risorse attentive per attuare questo tipo di integrazione, e hanno concluso che, se così fosse, l'esecuzione contemporanea di un compito oneroso per l'attenzione dovrebbe interferire maggiormente con la condizione di integrazione rispetto alle condizioni che richiedono di tenere a mente solo singole caratteristiche. I risultati mostrano che ricordare Allen etial.,colori 2006 è più facile; le forme sono un po' più difficili; le caratteristiche combinate e non sono significativamente più difficili. In tutti e tre i casi, un compito attentivi o concomitante interferiva con la prestazione, ma, cosa cruciale, questa non era peggiore nella condizione di integrazione rispetto alle condizioni a caratteristica singola.il processo di integrazione sembra essere relativamente automatico, benché il ricordo chiaramente non lo sia, poiché, nel complesso, tutte le condizioni risentono negativamente del compito aggiuntivo. Comunque non si crede che la MBT visiva sia completamente separata dall'attenzione. Chun e Johnson (2011) hanno proposto una distinzione tra due tipi di attenzione: il primo tipo a che fare con la nostra capacità di dirigere e controllare il flusso di informazioni sensoriali che proviene dal mondo che ci circonda, e, forse, potrebbe essere considerato come un aspetto della percezione. Un secondo tipo riguarda gli aspetti esecutivi del controllo attentivi orientate internamente, ovvero quella componente della memoria di lavoro che va sotto il nome di esecutivo centrale. I risultati indicano che questo sistema svolge un ruolo nella prestazione di memoria complessiva, che peggiora per effetto di un carico esecutivo come il compito concomitante di contare. Il fatto che il carico supplementare, non comprometta l'integrazione, suggerisce che tale integrazione percettiva non dipenda dalla capacità esecutiva ma riflette invece una capacità attentivi distinta legata alla percezione. 4. La MBT visuo-spaziale: la distinzione fra visivo e spaziale Distinzione tra MBT visiva e spaziale Vi sono due aspetti collegati ma distinti della memoria di lavoro visiva: il primo ha a che fare con MBT spaziale (dove?), l'altro con la memoria di oggetti, ovvero la MBT visiva (che cosa?). In concreto, questi due sistemi operano assieme, ma sono stati ideati i compiti che sollecitano Misura MBT spaziale maggiormente l'una o l'altra di queste due forme di memoria visuo-spaziale. Span di Corsi (1972) In un classico compito spaziale, il block tapping test o test di Corsi, il partecipante ha di fronte a sé un gruppo di nove cubetti. Lo sperimentatore tocca con l'indice Permette i cubettidiinottenere unae misura sequenza della capienza il partecipante, subitodella dopo, deve fare lo stesso; la lunghezza della sequenza viene MBT spaziale progressivamente finché il aumentata E’ presente in due versioni: forward e backward partecipante non sbaglia.questa lunghezza è nota come span di Corsi; lo span è tipicamente di circa cinque cubi, due unità in meno dello span di cifre. Lo span visivo può essere determinato per mezzo di matrici del tipo usato da Phillips (1974), in cui metà delle celle sono piene e metà sono vuote. Ai partecipanti viene mostrato un pattern; il loro compito è riprodurlo su una matrice vuota contrassegnando le celle da riempire. Il test comincia con un semplice pattern 2x2, dopo di che il numero delle celle viene gradualmente aumentato fino a che il partecipante non sbaglia, cosa che di solito avviene più o meno quando la matrice è di 16 celle. Distinzione tra MBT visiva e spaziale Klauer e Zhao (2004) In una serie di studi veniva messo a confronto un compito spaziale, in cui i p a r t e c i p a n t i d o vKlauer e v a n&o Zhao ricordare l'ubicazione di un punto bianco su un campo nero, con un compito visivo, che richiedeva di ricordare degli ideogrammi cinesi. In entrambi i casi, la presentazione dello stimolo era seguita da un intervallo di ritenzione di 10 secondi, dopodiché ai partecipanti venivano presentati otto item tre quali dovevano trovare l'item appena presentato. Durante l'intervallo di 10 secondi, i partecipanti svolgevano un compito che poteva essere spaziale o visivo.nel compito spaziale venivano presentati i 12 asterischi, 11 dei quali si muovevano a caso mentre uno era stazionario; il partecipante doveva trovare quello stazionario. Nel compito interferente visivo veniva presentata una serie di colori, sette dei quali erano variazioni di un colore, che poteva essere il rosso, mentre uno, quello critico, era azzurro. I risultati mostrano che la localizzazione spaziale dei punti era danneggiata dal movimento ma non dal colore, mentre per gli ideogrammi valeva l'opposto. 5. Che cosa limita la capacità della MBT visiva? Un primo fattore riguarda la cecità attenzionale, ovvero il fatto che non tutto ciò che colpisce l'occhio viene notato, anzi. Uno studio di Luck e Vogel (1997) ha mostrato che il numero di oggetti che possono essere mantenuti con successo nella MBT arriva fino a un massimo di tre o quattro, per poi diminuire con la presentazione di nuovi item; questo è stato interpretato come un sistema di immagazzinamento comprendente quattro slot. Secondo il modello a slot (spazi) fissi, la memoria comprende un numero limitato di slot che possono contenere oggetti complessi, indipendentemente dal grado di complessità; secondo il modello a risorse continue, invece, le risorse di memoria limitate possono essere utilizzate in modo flessibile, sia per assicurare la ritenzione, fin nei dettagli, di un piccolo numero di oggetti, sia per il mantenimento, in modo meno dettagliato, di un insieme di oggetti più grande. Secondo Schurgin e Flombaum (2018), i due modelli dovrebbero essere combinati. APPROCCI NEUROPSICOLOGICI ALLO STUDIO DELLA MEMORIA A BREVE TERMINE Lo studio di pazienti con un deficit molto puro della MBT ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo teorico di questo campo. Tutto è cominciato da uno studio sulla MBT verbale riguardante un paziente, K.F., che aveva uno span di cifre di due soli item, e mostrava un ridotto effetto recency nella rievocazione libera. Il paziente non mostrava un deficit generale della MBT, ma piuttosto uno specifico deficit della MBT fonologica; di conseguenza, la sua prestazione era decisamente migliore quando lo span di cifre era testato attraverso una presentazione visiva, il che era in accordo con l'integrità della memoria visuo-spaziale testimoniata in K.F. dal test di Corsi. Altri pazienti mostrano il quadro opposto: una MBT verbale normale e prestazioni scadenti dei compiti di MBT visiva o spaziale. I deficit dei pazienti con problemi di memoria a breve termine visus-spaziale non sono limitati al semplice immagazzinamento di stimoli visivi e spaziali, ma riguardano compiti più complessi, come creare e manipolare immagini mentali, e l'uso di tali immagini in attività sofisticate quali la scultura e l'orientamento spaziale; ovvero questi deficit chiamano in causa sia la memoria a breve termine sia la memoria di lavoro. LA MEMORIA DI LAVORO IL MODELLO MODALE Dal modello modale alla memoria di lavoro L'idea che la memoria a breve termine (MBT) servisse da memoria di lavoro fu proposta negli scorsi anni Sessanta da Atkinson e Shiffrin (1968); nel modello modale l'informazione proviene dall'ambiente ed è elaborata da una varietà di sistemi di memoria sensoriale di breve durata che Il modello modale di Atkinson e Shiffrin operano in parallelo, tra i quali sono compresi i processi di memoria iconica ed ecoica. Da qui l'informazione passa nel magazzino a breve termine, che è una componente cruciale del sistema, non solo perché in via informazioni al magazzino a lungo termine e da questo riceve a sua volta informazioni, ma anche perché opera come una memoria di lavoro, che presiede alla scelta e all'attuazione di strategie di ripasso e, in generale, ha il ruolo di spazio di lavoro globale. Un primo problema di questo modello era l'assunzione che la mera ritenzione di un item nel magazzino a breve termine fosse garanzia di apprendimento; questa idea fu messa in discussione da Craik e Lockhart (1972), che proposero il principio dei livelli di elaborazione, secondo cui Dal modello modale alla memoria di lavoro l'apprendimento dipende dal modo in cui il materiale è elaborato, piuttosto che dalla permanenza nel magazzino a breve termine. Inoltre il modello modale difficilmente spiegava alcuni dati neurologici: infatti, in contrapposizione al modello, pazienti con deficit di MBT mantengono la capacità di acquisire nuove informazioni e riescono a svolgere compiti cognitivi complessi. Il modello modale di Atkinson e Shiffrin: CRITICITA’ II Baddeley e Hitch (1974) Nel loro esperimento i partecipanti dovevano eseguire Baddeley e Hitch, 1974uno span di cifre (compito tipicamente contemporaneamente associato alla MBT) e altri compiti di ragionamento (che si pensava fossero anch'essi basati sulla MBT), come verificare Eseguire un'affermazione sull'ordine di due lettere (es. A segue B | B contemporaneamente —>A; vero o falso?), un test correlato con l'intelligenza unoverbale. span diI risultati cifre mostrano che in media, il tempo richiesto interferisce poco per verificare un su un enunciato tenendo a mente fino a otto cifre supera di circa il 50% il tempo Aumento richiestotempo per medio: eseguire50%il compito di ragionamento compito senza alcun carico concomitante di cifre; inoltre Percentuale di errori: restala p e rc e n t u a l e d i e r ro r i r i m a n e v a c o s t acostante n t e a lal 55%%, , i n d i p e n d e n t e m e n t e dindipendentemente a l c a r i c o e dal s enumero r c i t a di to contemporaneamente dalle cifre. cifre da ricordare La percentuale di errori indica che la prestazione può restare abbastanza buona nonostante il carico di cifre concomitante, mentre i dati sul tempo di elaborazione indicano che in realtà un effetto c'è, ma non è grandissimo; questo può far pensare che siano all'opera un sistema che è danneggiato dal compito di cifre concomitante e, insieme, un secondo sistema che è in grado di svolgere il compito di comprensione in modo efficace, anche se più lentamente. Venne quindi sviluppato un modello più complesso, ovvero la memoria di lavoro (termine coniato, ma non ulteriormente elaborato, da Miller, Galanter e Pribram, 1960); l'accento sulla specificazione "di lavoro" serviva a distinguerlo dai precedenti modelli di MBT, incentrati soprattutto sull'immagazzinamento, e a sottolineare il suo ruolo funzionale di sistema al servizio dell'attività cognitive complesse, un sistema alla base della nostra capacità di elaborazione mentale e di pensiero coerente. IL MODELLO MULTICOMPONENZIALE Il modello multicomponenziale proposto da Baddeley e Hitch (1974) ha tre componenti. 1. loop fonologico (primo sottosistema), che è responsabile della ritenzione di sequenze di item acustici o verbali; 2. taccuino visuo-spaziale (secondo sottosistema), che svolge una simile al loop fonologico, ma per gli item e gruppidi item codificati visivamente e/o spazialmente; 3. esecutivo centrale, che è la componente che controllato il sistema nel suo complesso, un sistema limitato attentamente che seleziona e manipola il contenuto dei sottosistemi, una specie di struttura di controllo; 1. Il loop fonologico: funzioni Mettere fuori uso il loop fonologico tramite soppressione articolatoria riduce lo span, a dimostrazione dell'utilità del ripasso articolatorio. Tuttavia, lo span viene ridotto da circa sei o sette cifre a quattro o cinque in un compito semplice (e un po' artificioso) come quello di ripetere una lista. Quale dunque può essere il significato evolutivo di questo piccolo potenziamento della capacità di rievocazione immediata? Il loop fonologico sembrerebbe essersi evoluto come ausilio nell'apprendimento del linguaggio. Il primo dato a sostegno di questa ipotesi è che la paziente P.V., che aveva un deficit molto pure del loop fonologico, aveva un danno selettivo nell'apprendimento di lingue straniere; anche mettendo fuori uso il loop fonologico, tramite soppressione articolatoria, di partecipanti normali impegnati nell'apprendimento di una lingua straniera effettivamente l'apprendimento era danneggiato. In un altro studio (Papagno e Vallar, 1992) veniva variata la somiglianza fonologica con la lunghezza delle parole straniere da imparare, due fattori che influenzano il loop fonologico; entrambe le operazioni danneggiavano l'apprendimento di vocaboli di una seconda lingua ma non l'apprendimento nella lingua madre. Gathercole e Baddeley 1990 Oggetto di questo studio è l'influenza del loop fonologico sull'acquisizione della lingua madre da parte di bambini. I partecipanti a questo studio erano bambini di 8 anni con un'intelligenza non verbale normale, ma lo sviluppo linguistico di un bambino di 6 anni; erano sottoposti a un test di ripetizione di non-parole, in cui ascoltavano e dovevano ripetere pseudo-parole di lunghezza crescente. I risultati mostrano chiaramente che i bambini con disturbo del linguaggio avevano prestazioni peggiori rispetto ai gruppi di controllo; la loro capacità di ripetere non-parole equivale a quella di bambini di 4 anni. Ulteriori risultati mostrano anche che vi è una stressa relazione tra la capacità di ripetere non- parole e la misura e il grado di sviluppo del vocabolario. Uno studio sullo sviluppo del vocabolario in bambini di età compresa fra 5 e 6 anni ha indicato che la memoria fonologica può effettivamente essere il fattore cruciale in questo stadio dello sviluppo; tuttavia, a mano a mano che i bambini crescono, cresce anche la loro capacità di usare il vocabolario di cui sono in possesso per imparare nuove parole. Infine diversi studi hanno indagato il ruolo del loop fonologico nell'acquisizione del linguaggio studiando bambini che imparano una seconda lingua a scuola: in effetti la MBT fonologica era un buon predatore dell'esito. Benché il nesso con l'acquisizione del vocabolario sia probabilmente l'applicazione evolutiva più evidente del loop fonologico, È probabile che il loop faciliti anche l'acquisizione della grammatica e, forse della lettura. Di fatto, il test di ripetizione di non-parole è ampiamente utilizzato nella diagnosi della dislessia, sebbene la ridotta capacità del loop fonologico rappresenti probabilmente solo una di una serie di variabili che possono influire su un'attività complessa come l'apprendimento della lettura. 2. Il loop fonologico e il controllo dell'azione Il loop non serve solo da (abbastanza limitato) sistema di immagazzianemtno, ma può anche avere un ruolo nel controllo dell'azione. Uno studio di Baddeley, Chincotta e Adlam (2001) ha esaminato la capacità di spostare l'attenzione da un compito a un altro; quello di addizionare o sottrarre 1 a partire da un numero dato. I partecipanti dovevano completare una colonna di addizioni o una colonna di sottrazioni, o dovevano alternare le due operazioni: sommare al primo numero, sottrarre dal secondo, sommare al terzo, ecc. L'alternanza rallentava in modo considerevole la prestazione, in particolare quando i partecipanti dovevano sopprimere l'articolazione, ripetendo una parola priva di significato, mentre erano alle prese con la condizione di alternanza.Le prestazioni restavano comunque buone: evidentemente, il loop era utile ma non necessario per l'alternanza.è possibile che i partecipanti facessero uso di auto-istruzioni sub-vocali del tipo "somma-sottrai-somma-sottrai-somma…" per rispettare la regola. Recentemente è stato dimostrato che le auto-istruzioni sub-vocali possono essere utili nei compiti di alternanza di più lunga durata, nei quali sembrano aiutare le persone a resistere all'interferenza di abitudini preesistenti. In questi compiti, il ruolo del loop nel controllo dell'azione sembra essere, quantomeno, quello di facilitare il mantenimento di un piano o una strategia che probabilmente dipendono da processi di selezione e controllo da parte dell'esecutivo centrale, che è un sistema molto più flessibile. È degno di nota che le persone che partecipano a esperimenti psicologici sembrano usare molto spesso la codifica verbale per facilitarsi il compito. Aleksandr Lurija e Lev Vygotskij (1934) hanno dimostrato l'importanza delle autodistruzioni verbali nel controllo del comportamento studiando il loro impiego nella riabilitazione di pazienti con danni cerebrali e il loro sviluppo nei bambini. Aleksandr Lurija Ideò un'ingegnosa tecnica per studiare il ruolo del linguaggio nel controllo delle azioni. In un esperimento, egli chiedeva a bambini di varie età di premere un bulbo di gomma quando si accendeva una luce rossa, e di non prenderlo quando la luce era blu. Prima dei 3 anni di età, in genere, i bambini premono il bulbo in risposta a entrambe le luci, benché siano in grado di ripetere correttamente le istruzioni, e di fare la cosa giusta se viene data loro l'istruzione "premere" quando la luce rossa si accende ma nessuna istruzione nel caso della luce blu. Alcuni mesi più tardi, gli stessi bambini sono in grado di dare le risposte verbali appropriate, ma senza ancora passare all'azione. Verso i 5 anni d'età, rispondono con parole e azioni appropriate; solo più tardi imparano ad agire senza dare a se stessi un segnale verbale. Lurija mostro che anche i pazienti con lesioni al lobo frontale possono avere difficoltà a svolgere questo compito, e che possono trovare aiuto in segnali verbali dati a se stessi. Il taccuino visuospaziale LE IMMAGINI MENTALI E IL TACCUINO VISUO-SPAZIALE Se si chiede alle persone in che misura facciano uso di immagini mentali visive (visual imagery), le risposte saranno diversissime. Sorprendentemente, queste Manipolazione di immagini differenze individuali nella vividezza delle immagini hanno poco a che vedere con la prestazione in compiti che sembrerebbero dipendere in buona misura dalle immagini visive, come la rievocazione visiva. Gli studi che hanno trovato differenze mostrano, inaspettatamente, che i partecipanti che riferiscono un Shepard e Feng (1972) largo uso di immagini visive hanno una prestazione peggiore nei compiti di memoria visiva; Compito la ragione di «ripiegatura mentalesembra di fogli»: essere che le persone con immagini vivide non per questo hanno ricordi migliori, ma usa CORRELAZIONE non la vividezza TRA TEMPO come IMPIEGATO criterio di fedeltà dei loro E NUMERO DI PIEGATURE ricordi, e tendono a considerare fedele un ricordo vivido, anche quando è fallace. Sono stati ideati diversi tipi di compiti di manipolazione di immagini. Shephard e Feng (1972) hanno ideato un compito di "ripiegatura mentale di fogli" e hanno trovato una correlazione tra tempo impiegato per dire che cosa accadrebbe se le figure disegnate sui fogli fossero piegate in modo da formare un cubo, e il numero di piegature. Shepard e Metzler hanno ideato un compito di rotazione mentale, in cui bisogna dire se due figure geometriche (viste da diverse prospettive e girate in modo diverso) sono le stesse; il tempo di reazione è in una funzione lineare con il grado di rotazione delle figure. Finke e Slayton (1988) hanno ideato un compito con istruzioni verbali a immaginare, in cui poi bisogna dire cosa si vede nell'immagine mentale ricavate in seguito alle istruzioni: "Immaginate una lettere J maiuscola e una D maiuscola, ruotate la D di 90 gradi in senso antiorario e sistematela sopra la J; a che cosa somiglia la figura così prodotta?" Pearson, Logie e Gilhood (1999) Hanno ideato in compito per cercare di analizzare in dettaglio i processi i gioco. Ai partecipanti venivano presentate 4, 6 o 8 figure geometriche (quadrati, triangoli, cerchi o simili); essi dovevano usarle per comporre un oggetto, che poi dovevano denominare e disegnare.se dopo due minuti non avevano ancora prodotto nulla, i partecipanti dovevano semplicemente ricordare i simboli memorizzati. Il ruolo del taccuino visuo-spaziale e del loop fonologico in questo compito era studiato per mezzo di compiti concomitanti: per mettere fuori uso il lupo veniva impiegata la soppressione articolatoria, mentre per mettere fuori uso il taccuino visuo-spaziale veniva chiesto ai partecipanti di toccare con un dito (tapping) una serie di punti nello spazio. I risultati mostrano che il tapping spaziale danneggiava la capacità di comporre nuovi oggetti, ciò che indicava come questo aspetto dipendesse dal taccuino, ma non aveva effetto sulla capacità di ricordare quali figure geometriche fossero state presentate. Quest'ultima capacità era invece danneggiata dalla soppressione articolatoria, a dimostrazione del fatto che i nomi delle figure da manipolare erano mantenuti nel loop fonologico (in quanto verbalizzabili). Questo studio è un buon esempio del modo in cui il taccuino visus-spaziale e il loop fonologico possono concorrere al miglioramento della prestazione. Si noti che proprio come l'attività spaziale può ostacolare l'uso delle immagini mentali, così le immagini mentali possono interferire con l'elaborazione spaziale. L'ESECUTIVO CENTRALE Il modello multicomponenziale assume che la memoria di lavoro si è retta dall'esecutivo centrale: un sistema di controllo attentivo, piuttosto che un sistema di memoria. Secondo il modello, questo sistema opera fondamentalmente come ipotizzato da Norman e Shallice (1986), che hanno postulato due modalità di controllo, una automatica e basata su abitudini pregresse, l'altra basata su un supervisore attentamente limitato. Le attività implicato nel controllo semiautomatico possono essere relativamente complesse (es. guidare), cosicché c'è spazio per potenziali conflitti (es. fermarsi al semaforo rosso). Quando la risoluzione automatica dei conflitti è impossibile o quando si presenta una situazione nuova, si attiva il sistema attentivo superiore (SAS). Esso può intervenire per favorire l'una o l'altra delle opzioni in gioco o, se occorre, attivare strategie per la ricerca di soluzioni alternative. È il SAS che è in relazione con l'esecutivo centrale. Norman e Shallice guardavano al loro modello da punti di vista leggermente differenti. Norman era interessato ai lapsus d'azione (slip of action), nei quali una caduta dell'attenzione produce conseguenze impreviste, alla quali vi è alla base il SAS che manca di intervenire quando dovrebbe. Shallice, invece, era interessato soprattutto a pazienti con una lesione del lobo frontale, che spesso hanno problemi di controllo attentivo. L'esito può essere la perseverazione: compiere più volte la stessa azione o commettere ripetutamente lo stesso errore. In altre occasioni, lo stesso paziente non riusciva a focalizzare neppure per un momento l'attenzione, e si limitava a rispondere a qualunque stimolo ambientale si presentasse. Ciò può condurre a quello che è stato chiamato comportamento di utilizzazione: il paziente utilizza liberamente qualunque oggetti gli capiti davanti. Senza il controllo del SAS, il paziente semplicemente ricorrere al controllo basato sulle abitudini e risponde in modo automatico agli stimoli e alle opportunità ambientali. I lobi frontali sembrano essere la regione del cervello più importante per il corretto funzionamento del SAS; una lesione in questa regione può compromettere il controllo attentivi dell'azione, soprattutto quando la lesione è estesa e riguarda sia il lobo frontale destro sia quello sinistro. Un'altra funzione dei lobi frontali è quella di monitorare il comportamento, controllando che sia appropriato. Se questa funzione viene meno, le persone possono mostrare comportamenti bizzarri o produrre confabulazioni. Una funzione fondamentale dell'esecutivo centrale è la focalizzazione attentava, la capacità di concentrare l'attenzione sul compito che abbiamo di fronte. Si consideri un compito complesso come giocare a scacchi confrontando la capacità di ricordare delle posizioni sulla scacchiera in diverse condizioni (Robbins et al., 1996): 1. soppressione articolatoria (per interferire con il loop) 2. tapping spaziale (per interferire con il taccuino) 3. generazione causale di numeri (compito oneroso, che consiste nel produrre una successione di numeri quando più causale possibile) Esaminando sia giocatori di scacchi molto esperti molto esperti sia giocatori relativamente inesperti, si ottengono prestazioni complessive dei due gruppi molto differenti, ma lo stesso tipo di interferenza. La soppressione articolatoria non aveva nessuna influenza, il che indicava che il loop fonologico non era coinvolto, mentre il compito visuo-spaziale danneggiava la prestazione ma non quanto la generazione casuale. Il risultato era lo stesso quando il compito non era più quello di ricordare posizioni sulla scacchiera ma scegliere la mossa migliore, il che indica che sia il taccuino sia l'esecutivo centrale hanno un ruolo critico nella pianificazione così come nel ricordo delle posizioni sulla scacchiera. L'esecutivo centrale ci permette anche di dividere l'attenzione fra due o più compiti, ad esempio guidare e nel frattempo chiacchierare con un passeggero; diverso è il caso di una conversazione al cellulare, infatti l'elaborazione di informazioni spaziali può interferire con la guida. Ancor più importante, tuttavia, è l'effetto dell'uso concomitante del telefono sulla capacità di ben ponderare le decisioni di guida; infatti, il pericolo, quando si telefona stando alla guida, non dipende tanto da ciò che le mani del guidatore stanno facendo, quanto da ciò che il cervello sta tralasciando di fare. IL BUFFER EPISODICO Il modello tricomponenziale proposto da Baddeley e Hitch solleva un problema: come avviene l'interazione tra ML e MLT? Ad esempio Baddeley e Andrade (2000) hanno trovato che l'informazione relativa a immagini di stimoli familiari non sembra dipendere in modo essenziale dai Il buffer episodico sottosistemi visuo-spaziale e fonologico, ma che essa dipenda piuttosto dalla quantità e dalla qualità delle informazioni immagazzinate nella MLT ( mentre per stimoli non familiari, ovvero da poco «caricati» in MBT, si ha un effetto di interferenza selettiva. Nel tentativo di chiarire questo aspetto, è stata postulata una quarta componente, il buffer episodico. Il buffer episodico è un sistema di immagazzinamento che può mantenere circa quattro blocchi, o chunks, di informazione in un codice multidimensionale. Esso può immagazzinare chunks con più dimensioni, ad esempio le dimensioni visiva, verbale e semantica, e con una varietà di origini oltre alla memoria di lavoro, ad esempio la percezione e la MLT. Queste fonti di informazione usano codici differenti, che però è appunto possibile Rappresen memoria d combinare nel buffer multidimensionale. Quindi in breve il buffer episodico: - mantiene fino a 4 chunks di informazione in un codice multidimensionale Mantiene fino a 4 chunks di informazione in un codice multidimensionale (b (binding) Mette in comunicazione i diversi sottosistemi della MdL con la MLT - mette in comunicazione i diversi sottosistemi della ML con la MLT Collega l’informazione ottenuta dalla percezione con quella contenuta in M - collega l’informazione ottenuta dalla percezione con quella contenuta C’è inconscia consapevolezza MLT della informazione recuperata dal buffer episod - c’è consapevolezza conscia della informazione recuperata dal buffer episodico Infatti un'ipotesi è che l'informazione sia recuperata accedendo in modo consapevole al buffer episodico. Questa idea collega in modello della memoria di lavoro con un'influente teoria sulla funzione svolta dalla coscienza. Secondo Baars la consapevolezza conscia permette la riorganizzazione dei flussi separati dell'informazione sensoriale e la loro integrazione in oggetti ed eventi percepiti. Egli collega questa idea all'ipotesi che la coscienza funzioni come uno spazio di lavoro mentale in cui hanno luogo attività cognitive complesse, ovvero che serva da memoria di lavoro. Nella sua prima versione, il buffer episodico era descritto come un sistema attivo, controllato interamente dall'esecutivo centrale. L'idea era che esso fosse in grado di integrare i concetti separati e di combinarli in modi nuovi; nel caso di attività più ordinarie, l'ipotesi era che l'esecutivo centrale fosse deputato all'integrazione delle parole di una frase in raggruppamenti dotati di significato, o all'integrazione di caratteristiche come la forma o il colore in oggetti percepiti. In realtà ad esempio nella rievocazione di frasi, il processo di integrazione delle parole in chunks sembra automatico e resistente agli effetti di un carico oneroso per l'attenzione. In breve, il buffer episodico non è tanto il centro dell'azione; esso assomiglia piuttosto a uno schermo passivo su cui viene proiettata un'azione generata e controllata dall'esterno. Il concetto di buffer episodico si è dimostrato utile in vari modi. Sul piano teorico esso getta un ponte fra il modello multicomponenziale di Baddeley e Hitch, che pone l'accento sull'immagazzinamento , e il modello di Cowan, centrato piuttosto sull'attenzione. L'attuale modello della memoria di lavoro è essenzialmente una rielaborazione dell'originario modello tripartito, con due differenze principali. Una di queste è rappresentata dai nessi ipotizzati Il buffer episodico tre sottosistemi fonologico e visuo-spaziale e la MLT, uno dei quali permette l'acquisizione del linguaggio, mentre l'altro ha una funzione analoga per l'informazione visiva e spaziale. La seconda importante modifica è l'inclusione del buffer episodico; nella prima versione del buffer, l'unica via d'accesso al buffer era l'esecutivo centrale; tuttavia, i dati sull'integrazione dell'informazione visiva e verbale in chunks indicano che l'informazione può accedere al buffer direttamente dai sottosistemi visuo-spaziale e fonologico e dalla MLT (frecce d e e). Le due frecce aggiuntive che accedono al buffer episodico, tratteggiate e non continue in modo da indicare la loro natura ipotetica, riflettono la possibilità che l'olfatto e il gusto accedono anche al buffer quando ne abbiamo esperienza cosciente. Rappresentazione ipotetica del flusso di informazione dalla percezione alla Secondo Alan Baddeley l'interfaccia tra ML, percezione e TVS, memoria di lavoro. MLT è visuo-spaziale. taccuino complessa, flessibile e interattiva. La ML costituisce un cruciale anello di congiunzione tra congnizione e azione. Può acquistare informazioni a una varietà di livelli, da quello sensoriale alla memoria lungo termine, passando Mantiene fino a per la percezione.il 4 chunks di informazione modo esatto in un codice in cui operano multidimensionale questi collegamenti dipende dalle (binding) Mette in comunicazione i diversi sottosistemi della MdL con la MLT informazioni da elaborare e dalle azioni da compiere.si noti che non tutto passa necessariamente Collega l’informazione attraverso ottenuta la memoria di dalla percezione lavoro; con quella gli stimoli contenuta minacciosi in MLT attivare una risposta di Evita mento possono C’è consapevolezza conscia della informazione recuperata dal buffer episodico prima ancora che lo stimolo acceda alla consapevolezza conscia; quindi in generale vi è un certo accordo, anche rispetto a Nelson Cowan, riguardo al fatto che la memoria di lavoro implichi l'attivazione della MLT. DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLA MEMORIA DI LAVORO L'approccio correlazione sfrutta le differenze tra gli individui per far emergere la struttura dei sistemi sottostanti. Il nesso tra lo span verbale e l'apprendimento di una seconda lingua è un esempio di questo approccio. Esso ha avuto un ruolo centrale nello studio della memoria di lavoro, grazie a un influente studio di Daneman e Carpenter (1980) Sulla funzione della memoria di lavoro nella comprensione del linguaggio. L'essi assunsero come caratteristica definitoria della memoria di lavoro la capacità di immagazzinare e al tempo stesso elaborare l'informazione, e si proposero di definire un compito che misurasse questa capacità. Il compito era molto semplice: I partecipanti dovevano leggere delle frasi e poi rievocare l'ultima parola di ciascuna di esse; questo compito di Spandi memoria di lavoro permetteva di predire la capacità di comprensione di testi dei partecipanti allo studio, un risultato che è stato replicato numerose volte. Si è visto che lo Spandi memoria di lavoro permette di predire molte altre capacità; i partecipanti con span più elevato riescono meglio in varie prestazioni, di fatto scolastiche: comporre testi scritti, obbedire a istruzioni complesse, prendere appunti; inoltre è stata trovata un'elevata correlazione tra memoria di lavoro e intelligenza fluida (QI). APPROCCI ALTERNATIVI ALLO STUDIO DELLA MEMORIA DI LAVORO Una delle principali caratteristiche del modello multicomponenziale della memoria di lavoro è che il suo approccio è di tipo bottom-up, dal basso verso l'altro: parte dallo studio dello span verbale e solo successivamente affronta le complesse questioni connesse al controllo attentivo. La maggior parte dei modelli alternativi, invece, ha adottato un approccio top-down, dall'alto verso il basso, che parte dalle questioni più complesse e mette in secondo piano le relazioni con la MBT. 1. Il modello dei processi integrati di Cowan Cowan (1999) ha descritto la memoria di lavoro come un insieme di processi cognitivi che mantengono l'informazione in uno stato più accessibile dell'ordinario; secondo Cowan, la memoria di lavoro dipende dall'attivazione che ha luogo nella memoria a lungo termine, ed è controllata da processi attentivi.l'attivazione temporanea e the cade se non mantenuta attraverso il ripasso verbale attivo o il persistere dell'attenzione. Top-down La MLT Partono attiva èdalle questioni più complesse multidimensionale, simile ine mettono questo al concetto di buffer in secondo pianoepisodico: la la le relazioni con differenza MBT. principale sta nel fatto che nel modello di Baddeley gli item sono "scaricati" dalla MlT e siano rappresentati nel buffer episodico, mentre, secondo Cowan, viene MODELLI DEI costruita ogni volta PROCESSI INTEGRATI una nuova DI COWAN rappresentazione nella MLT. Cowan Mette l'accento soprattutto sulla capacità della memoria di lavoro, che gli determina in circa quattro chunks, al posto dei sette dell'ipotesi originaria di Miller. Dunque, secondo la teoria dei processi integrati di Cowan, la memoria LA TEORIA di lavoro funziona DEL CONTROLLO nel seguente INIBITORIO DI ENGLE modo: un sistema esecutivo centrale controlla il fuoco dell'attenzione, che si concentra sulle caratteristiche attivate recentemente nella memoria lungo termine; il fuoco dell'attenzione permette di tenere a mente circa quattro oggetti nello stesso tempo. 2. La teoria del controllo inibitorio di Engle La maggior parte delle ricerche sul controllo esecutivo della memoria di lavoro a impiegato misure con relazionali basate su differenze individuali, a volte in combinazione con metodi sperimentali. Molto influente in questo ambito è il lavoro di Engle e colleghi, che pone l'accento sul ruolo della ML nell'inibizione di materiale potenzialmente distraente e nel facilitare il recupero dalla MLT. Secondo Engle, la prestazione in un compito di span complesso è resa più difficile dalla necessità di salvaguardare il ricordo degli item presentati dall'effetto dell'interferenza proattiva, la tendenza degli item precedenti a competere per il recupero con gli item da rievocare. Altri approcci, come quello di Barrouillet e Camos, sottolineano il ruolo nel mantenimento dell'attenzione nella ML. Neuroimaing della ML In ogni caso, la maggior parte degli studiosi concorda con l'idea di Cowan che la capacità della ML sia di circa quattro chunks, o blocchi. LA NEUROSCIENZA DELLA MEMORIA DI LAVORO Neuroimaing della ML Un collegamento più profondo a)edareaesteso psicologico e quello neuro biologico la Paulesu, Frith e Frackowiak compresa fra memoria temporale l'approccio fra i lobi è stabilito dell’emisfero parietale e dalle sinistro: immagazzinamento dell’informazione ricerche che applicano le tecniche di imaging fonologicacerebrale allo studio della ML. Paulesu, Frith e Frackowiak (1993) b)hanno area di Broca: connessa al ripasso subvocalecondotto uno studio basato sull'ipotesi del loop fonologico. Essi hanno individuato due regioni Paulesu, Frith edistinte; Frackowiakla prima (A) nell'area compresa fra i lobi parietale e Aree attivate in un compito di MLVS temporale a) area compresa dell'emisfero fra i lobi parietale e sinistro, sarebbe responsabile Memoria oggetti e posizioni dell'immagazzinamento temporale dell’emisfero sinistro: dell'informazione fonologica; Smith, Jonides la seconda e Koeppe (B) è l'area di immagazzinamento Broca, una regione situata più frontalmente, nota per dell’informazione il suo ruolo nella produzione linguistica, fonologica Memoriache appare spaziale: regioniconnessa al del dorsali o superiori ripasso subvocale (ripasso articolatorio). cervello b) area di Broca: connessa al ripasso La prima comparazione diretta traMemoria subvocale memoria di oggetti: di regioni lavoroinferiori visivao ventrali e verbale è stata condotta da Smith, Jonides e Koeppe (1996); Aree frontali: esecutivo centrale anche questi studiosi trovarono che Aree la memoria verbale attivava attivate in un compito di MLVS due regioni distinte dell'emisfero sinistro; la memoria visiva invece produceva l'attivazione di diverse aree nell'emisfero destro. Altri Smith, Jonides studie Koeppe hanno proposto una distinzione fra la memoria di lavoro spaziale e la memoria di oggetti o figure. La memoria spaziale attiva soprattutto Memoria spaziale: regioni dorsali le regioni dorsali o superiori del o superiori del cervello, mentre cervello la memoria di oggetti tende a essere associata piuttosto con le Memoria diregioni oggetti:inferiori regionioinferiori ventrali. o ventrali C'è largo accordo sul fatto che il controllo attentivo, quale si riflette nell'esecutivo centrale, sia collegato ai lobi frontali. Chun, Golomb Aree frontali: esecutivo centrale e Turk-Browne distinguono due aspetti generali del controllo attentivo: uno, di natura essenzialmente percettiva, permette di ricevere informazioni dal mondo esterno; l'altro è orientato verso l'interno e si occupa di aspetti come la selezione delle strategie il controllo e la manipolazione delle operazioni cognitive. Questi due tipi di attenzione fanno appello a una quantità limitata di capacità attentivi va, comune entrambi. Nonostante non sia indubbio che i lobi frontali abbiano un ruolo cruciale nei processi esecutivi, e meno chiaro fino a che punto le diverse attività esecutive siano associate a questa o a quella regione frontale. Infatti il collegamento tra modelli psicologici e dati di neuroimaging, sebbene potenzialmente importante, è indiretto ed è suscettibile di più di un'interpretazione. Eriksson e colleghi (2013) descrivono la ML come qualcosa che emerge dall'interazione dinamica di un vasto insieme di regioni cerebrali, e concludono che non è stata ancora trovata una caratterizzazione generale. APPRENDIMENTO Apprendere significa modificare attraverso l'interazione con l'ambiente comportamenti, conoscenze e abitudini. La parola "apprendere" si riferisce all'acquisizione di nuove informazioni, come nel caso dello studio. Tuttavia apprendere può essere riferito a tutto quello che noi acquisiamo attraverso l'esperienza come imparare una procedura, acquisire delle abitudini, ecc… CHE COSA DETERMINA IL SUCCESSO DELL'APPRENDIMENTO? I. Il tempo totale dedicato all'apprendimento Che relazione c'è tra la quantità di tempo dedicato all'apprendimento e la quantità di informazione appresa? Se dopo aver studiato per un giorno, si studia per un altro giorno: si impara il doppio, ovvero vi è una relazione lineare (quindi non vi è un rendimento decrescente, ovvero che studiando il doppia si impara meno del doppio, e non vi è un effetto "palla di neve" per cui studiando il doppio si impara più del doppio. Cosa determina l’appre Hermann Ebbinghaus (1885) studiò sperimentalmente l'apprendimento usando serie di sillabe senza senso (es. JIH, BAZ, FUB, YOX, SUJ, XIR, …); in questo modo viene minimizzato l'effetto delle conoscenze precedenti. Il primo giorno sceglieva una lista di sillabe prive di significato e la recitava alla velocità di 2,5 sillabe al secondo per 8,16, 24, 32, 42, 53 o 64 volte. Ventiquattro ore dopo, verificava quanto aveva appreso accertando quante ulteriori ripetizioni gli erano necessarie per riapprendere la lista a memoria. Fra il numero di ripetizioni del giorno 1 e il tempo di apprendimento del giorno 2 vi è una relazione lineare. Da ciò deriva l'ipotesi del tempo reale, ovvero che se il tempo di apprendimento raddoppia, la quantità di informazione immagazzinata raddoppia anch'essa. Ci sono anche evidenze della vita a sostegno di tale ipotesi. Astin (1993), e Johnstone, Ashbaugh e Warfield (2002) hanno dimostrato che l'abilità di scrittura aumenta linearmente all'aumentare dei corsi di scrittura frequentati. Ericcson, Rampe e Tesch-Romer (1993) hanno studiato il valore dell'addestramento per il raggiungimento dell'expertise; sottolineano l'importanza dell'esercizio in diversi ambiti, dagli scacchi alla dattilografia. I quadro che emerga da tali studi è che sono necessarie 10.000 ore di esercizio per raggiungere il livello di competenza di un esperto di livello mondiale, in qualsiasi ambito. Ericcson (2013) mette però in dubbio questa "regola delle 10.000 ore". Infatti secondo Ericcson l'ipotesi del tempo totale deve essere precisata alla luce del fatto che, dopo molta pratica, ulteriori ripetizioni sono di scarsa utilità. Per superare il plateau, ovvero l'appiattimento della prestazione, e diventare veri e propri esperti, è necessario il ricorso alla pratica deliberata. La pratica deliberata consiste nell'impegnarsi con piena concentrazione in un'attività di addestramento diretta a migliorare questo o quello specifico aspetto della prestazione attraverso il feedback immediato, il perfezionamento graduale grazie alle ripetizioni, e il problem solving; ciò implica che è necessario lavorare sui punti deboli e potenziare i punti di forza; particolare importanza ha il feedback. Solo attraverso questo tipo di pratica deliberata è possibile superare i plateau e continuare a trarre vantaggio dal tempo speso. Il tempo e la pratica deliberata possono portare chiunque allo stesso livello di abilità?Anche se la pratica deliberata può essere importante, la velocità di apprendimento di un'abilità e l'inclinazione a dedicarsi al suo esercizio possono essere di fatto influenzate dalle capacità naturali delle persone. Ad esempio, secondo le stime, le differenze individuali nella quantità di pratica deliberata spiegano solo il 30-43% della varianza della capacità musicale osservata nelle persone; si può quindi avere una inclinazione genetica a dedicarsi a certe attività e investire più tempo in esse! La plasticità strutturale è la capacità del cervello di modificare la propria struttura, per adattarsi alle richieste dell'ambiente. Gli effetti in termini di prestazioni del tempo di apprendimento, che Ebbinghaus ha documentato per primo, sono il riflesso nel comportamento di questa plasticità strutturale del cervello; alcune modificazioni strutturali associate all'apprendimento di un compito possono poi essere mantenute, mentre altre lasciate cadere. Eleanor Maguine e colleghi (2000) hanno mostrato che i tassisti di Londra hanno un ippocampo più sviluppato, a dimostrazione di come il loro cervello di fosse adattato alle loro esigenze lavorative. In uno studio longitudinale invece, Draganski e colleghi (2006), hanno scoperto che degli studenti di medicina tedeschi che si preparavano in modo intensivo per tre mesi a un esame mostravano un incremento significativo del volume dell'ippocampo, incremento che era ancora visibile tre mesi dopo il periodo di studio. II. La pratica distribuita Ripetere lo stesso materiale due volte produce un ricordo di gran lunga migliore se le ripetizioni sono spaziate (spaced) nel tempo (inframmezzate, preferibilmente ad altre attività), piuttosto che concentrate (massed), senza alcun intervallo a separarle. Il miglioramento dell'apprendimento che deriva dalla separazione delle sessioni di studio rispetto alle ripetizioni concentrate è noto come effetto di spaziatura (spacing effect), o più in generale, effetto della pratica distribuita. L'effetto di spaziatura è onnipresente, infatti la pratica distribuita e valida per tutti i tipi di materiali, per persone di tutte le età, come addirittura anche per organismi semplici (si trattati una proprietà della memoria evolutivamente antica). Quindi per quanto riguarda l'apprendimento, "poco e spesso" è un precetto eccellente. Melton (1970) ha trovato che l'aumento del numero di altre parole interposte tra due occasioni di studio della stessa parola miglioravano significativamente la prestazione di rievocazione finale, tanto più Cosa determina l’apprendim quanto più erano le parole inframmezzata e tra le ripetizioni. Ciò avveniva nonostante il tempo totale di studio rimanesse costante. Il fatto che si abbia un miglior ricordo degli stimoli ripetuti rispetto a quelli non ripetuti è detto effetto di ripetizione (repetition effect); il fatto che il beneficio dello studio ripetuto aumenti con l'aumentare dell'intervallo tra le ripetizioni e noto come lag effect. LA DISTRIBUZIONE DELLA PRATIC Cepeda e colleghi (2008) Hanno trovato chiare prove dei benefici della pratica distribuita usando nozioni di cultura generale e intervalli realisticamente lunghi tra presentazione e test. Hanno inoltre trovato che è un maggior LAG EFFEC intervallo non sempre corrisponde a un maggior beneficio; sembra infatti esserci un intervallo massimo tra studio e ripasso oltre il quale ulteriori aumenti riducevano leggermente il beneficio della ripetizione; in questo caso si parla di lag effect monotono, cioè della tendenza del lag effect dapprima ad aumentare e poi a diminuire se l'intervallo diventa troppo ampio (ma comunque meglio rispetto al non usare proprio la pratica distribuita). Cosa determina l’apprendimento? L'effetto dell'apprendimento distribuito e all'opera in quasi tutti i tipi di apprendimento, tra cui anche l'acquisizione di capacità motorie, comeLA imparare DISTRIBUZIONE ad usare unaDELLA macchinaPRATICA da scrivere (Baddeley e Longmann, 1988). Nel British Post Office ciò è stato insegnato dividendo gli impiegati postali in quattro gruppi Baddeley e Longman (1988) - British Post Office. 1. il gruppo 1 si esercitava una volta al giorno per un'ora (1x1) RISULTATI 2. il gruppo 2 si esercitava due volte al giorno per un'ora (2x1) 3. il gruppo 3 si esercitava una volta al giorno per 2 ore (1x2) 4. il gruppo 4 si esercitava due volte al giorno per 2 ore (2x2) Il gruppo 1 apprese in 55 ore quello che è il gruppo 4 apprese in 80 ore e dimostrò di avere conservato l'abilità acquisita e meglio del gruppo 4. Non si tratta di effetto di stanchezza o insoddisfazione del programma intensivo, anzi, il programma graduale dava meno soddisfazione perché dava minor impressione di efficacia (richiede più giorni). Infatti il programma graduale è il più efficiente, ma non sempre il più conveniente o/e pratico; richiede più tempo, in termini di giorni e settimane, per imparare; quindi sei giorni a disposizione sono pochi e meglio il programma intensivo (importanza della programmazione). Le persone mostrano una tendenza molto forte a preferire in modalità di apprendimento che diano loro soddisfazione e un significativo senso di padronanza durante l'apprendimento stesso, ma senza porre attenzione agli effetti sulla ritenzione a lungo termine, che possono essere meno evidenti ai loro occhi, nonostante quest'ultima sia l'obiettivo ultimo di solito. Kornell e Bjork (2008) Sono interessati al modo migliore di apprendere un concetto generale; usano un compito che si basa su un procedimento di induzione (a partire dai esempi particolari del concetto) per imparare a riconoscere gli stili di 12 artisti. Lo studio dimostra che, nonostante i partecipanti credano l'opposto, si hanno risultati peggiori quando i dipinti di ciascun artista erano presentati in blocco, i migliori quando i dipinti di ciascun artista erano alternati con i dipinti di altri artisti, e ciò anche quando i partecipanti erano testati su nuovi dipinti mai visti prima. Le credenze che abbiamo su come funziona la nostra memoria sono dette metamemoria e le credenze metamnestiche sono spesso alla base delle scelte che facciamo su come imparare qualcosa! Probabilmente la presentazione concentrata è più semplice e fa più facilmente pensare che il processo di apprendimento stia filando senza intoppi (es. addestramento giocatori di baseball). Perché l'apprendimento spaziato funziona? 1. Ipotesi dell'elaborazione insufficiente: l'effetto spaziatura e il lag effect derivano dal fatto che le persone prestano meno attenzione agli stimoli incontrati di recente, e non li elaborano come quelli visti molto tempo prima; 2. Teoria della variabilità della codifica: secondo questa teoria tendiamo a ricordare qualcosa è meglio se lo codifichiamo in una varietà di modi diversi e lo consideriamo da più prospettive, perché, così facendo, creiamo più associazioni per accedere alla memoria; 3. Ipotesi del recupero della fase di studio: il fatto di vedere qualcosa una seconda volta, ci fa ricordare la prima volta che l'abbiamo vista, appunto "recupero della fase di studio"; il ricordo sarebbe quindi rafforzato dall'atto stesso di recuperare il primo evento, e ciò tanto più quanto più è difficile il recupero; l'effetto spaziatura e il lag effect dipendono entrambi dal fatto che, quando la spaziatura tra le ripetizioni e maggiore, il recupero diventa più difficile e, di conseguenza, più benefico; La teoria 3 e 1 hanno trovato maggiore sostegno nei dai. III. L'apprendimento basato sul recupero Tra gli approcci di studio testare le proprie conoscenze è di gran lunga superiore, nella maggior parte dei casi, al semplice ristudiare o rivedere ciò che si sta cercando di imparare. La ragione è che recuperare qualcosa dalla memoria è, di per sé, un'attività di apprendimento estremamente efficace. Cosa determina l’apprendimento? Il fatto che il materiale sottoposto a test venga ricordato meglio è detto testing effect (effetto del test o della verifica) ed è un aspetto del principio generale che l'apprendimento trae beneficio dal recupero, principio che va sotto L’APPRENDIMENTO il nome di apprendimento BASATO SUL RECUPERO basato sul recupero. Karpicke e Roediger Karpicke e Roediger (2008) (2008) Hanno studiato l'apprendimento di vocaboli di una lingua straniera in quattro condizioni, Compito:per studiare imparare 40 il ruolo dei test di memoria per ilvocaboli ricordo differito. In in lingua ciascuna condizione, il compito era(swahili) straniera lo stesso: imparare 40 vocaboli in linguaabbinati ai vocaboli straniera (swahili) della lingua abbinati ai vocaboli della propria propria lingua (inglese); (inglese), es. mashua - es. mashua-boat. boat (= barca). 1. ST: presentazione e test di tutti gli item 2. SnT: nessuna presentazione degli item ricordati; il test continua 3. STn: presentazione di tutti gli item; nessun test degli item ricordati 4. SnTn: nessuna presentazione né test degli item ricordati; Il formato di apprendimento e i test non avevano effetto sulla velocità di apprendimento, ma i test avevano un effetto considerevole su ciò che i partecipanti ricordavano dopo una settimana (che aveva testato i vocaboli ne ricordava più del doppio rispetto a chi non lo aveva fatto). Questo tipo di testing effect non è limitato alla memorizzazione di coppie di vocaboli, ma vale per molti materiali diversi, tra cui conoscenze fattuali, lunghi brani, diagrammi, mappe e concetti scientifici; è all'opera in tutti i gruppi di età, dai bambini delle scuole elementari agli anziani; infine, può essere prodotto attraverso quasi tutti i tipi di test (es. rievocazione libera, domande mirate, ecc.). Il benefici della pratica del recupero (retrieval practice) rispetto allo studio ripetuto diventano particolarmente pronunciati quando gli intervalli sono più lunghi. Ma non tutti i test di recupero sono ugualmente efficaci nel migliorare la rievocazione successiva. In generale, quanto più difficile è il test di recupero, tanto maggiore è il beneficio apportato da un recupero riuscito; quindi il recupero più difficile è più utile di quello facile. Questa idea prende il nome di ipotesi della difficoltà del recupero. Il recupero però non sempre ha successo e, a volte, può produrre risposte sbagliate. Ovviamente, se il recupero fallisce, il beneficio sarà scarso nullo, e, se ricordiamo la cosa sbagliata, possiamo rafforzare le risposte errate. Benché un robusto testing effect si abbia anche quando alle persone non viene fornito un feedback sulle loro prestazioni, il feedback migliora notevolmente l'apprendimento basato sul recupero. In effetti, studiare la risposta giusta subito dopo un test di recupero migliora un ricordo molto più dello stesso tempo di studio non preceduto da un test di recupero. Questo fenomeno va sotto il

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