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palliative care pain management healthcare

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MEDICINA PALLIATIVA “Un approccio olistico e multiprofessionale che migliora la qualità della vita dei malati inguaribili e delle loro famiglie attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza per mezzo dell’identificazione precoce, dell’approfondita valut...

MEDICINA PALLIATIVA “Un approccio olistico e multiprofessionale che migliora la qualità della vita dei malati inguaribili e delle loro famiglie attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza per mezzo dell’identificazione precoce, dell’approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi fisici, psico-sociali e spirituali” Le dimensioni del “prendersi cura” in cure palliative: - La dimensione dell’accoglienza - La dimensione comunicativo-relazionale - La dimensione dell’alleanza terapeutica - L’informazione - Il rapporto con la famiglia - La gestione del rapporto clinico/assistenziale Le scelte devono tendere a questi risultati: - Qualità di vita - Benessere fisico e funzionale - Benessere psicologico - Benessere spirituale La qualità dell’assistenza è raggiunta anche con l’attenzione ai piccoli dettagli che non sono facilmente definibili e quantificabili. All’equipe curante non è richiesto esclusivamente di individuare ed offrire strumenti di cura adeguati e tecnicamente corretti ma anche di aiutare a capire quali sono le potenzialità residue, come valorizzarle per raggiungere uno scopo non oggettivamente individuabile, ma quello più rispondente alle soggettive necessità ed aspirazioni del paziente. Quanto tipo di rapporto richiede una grande e profonda reciproca conoscenza. DOLORE: sensazione spiacevole ed esperienza emotiva negativa associata a un danno tissutale potenziale o reale o comunque descritta in rapporto a tale danno. Essendo un’esperienza soggettiva, come trovare un metodo oggettivo per misurarlo? - VAS - 0-10 NUMERIC PAIN - WONG BAKER Il dolore è un fenomeno duplice: la percezione di una sensazione e la reazione emozionale che ne deriva. L’interpretazione e la reazione ad uno stimolo variano con l’umore, la morale e le precedenti esperienze del dolore. Anche il contesto clinico e il significato attributo al dolore sono importanti: quello post- operatorio ha un peso emozionale differente da un dolore legato a una possibile recidiva o a metastasi del tumore già trattato. Per sottolineare tale complessità è stato coniato il termine di “dolore totale” in cui confluiscono aspetti fisici, psicologici, sociali, spirituali ed etici. Il dolore oncologico è un dolore totale. Classificazione del dolore rispetto alla sede d’insorgenza - Viscerale (distribuzione vaga, è profondo, sordo e dolente ed è spesso associato a nausea, vomito, alterazione della pressione e del battito cardiaco); - Somatico (localizzato, può essere anche dovuto ad un organo viscerale affetto da patologia e può essere un dolore riferito ad es. braccio sinistro-infarto); - Neuropatico (causato da un danno al sistema nervoso periferico o centrale, è dissimile dal dolore somatico spesso viene riferito come sensazione di «punture di spillo» e può persistere malgrado la terapia antalgica). Manifestazioni cliniche del dolore oncologico:  dolore acuto (in senso stretto ed esacerbazione acuta di sintomatologia dolorosa cronica in trattamento ossia dolore episodico intenso BTP);  dolore cronico (espressione di malattia in atto, ex. neoplasia, o esito di trattamento chirurgico e/o chemio-radiante). La componente organica del dolore è modulata da numerosi fattori di tipo emotivo, interpersonale, sociale, finanziario e spirituale. Per conoscere questo dolore occorre: Credere al paziente e a ciò che dice Raccogliere un'accurata anamnesi algologica 1. sede del dolore. Registrandola, se possibile, su di una mappa corporea 2. caratteristiche temporali 3. qualità 4. circostanze di insorgenza e di estinzione 5. fattori allevianti ed aggravanti Valutare l'intensità del dolore 1. in base a valori oggettivi (scala di rilevazione) 2. per confronto con altri dolori già provati (mal di denti, dolori del travaglio, postoperatori …) Valutare gli indici di qualità di vita 1. le ore di sonno, quelle passate in piedi, seduti o coricati 2. l'interferenza con il lavoro o gli hobby 3. il "Performance Status" secondo la scala di Karnofsky o quella dell'Eastern Cooperative Oncology Group e la valutazione socio- ambientale Criteri per il passaggio allo scalino successivo criterio clinico: insufficiente analgesia criterio farmacologico: presenza di effetto “tetto” (1°e 2° scalino) Linee Guida WHO 1. by mouth: ove possibile, i farmaci analgesici dovrebbero essere somministrati per via orale; nei casi in cui questa via non è praticabile la somministrazione sottocutanea (continua o intermittente) rappresenta una valida alternativa 1. by the clock: gli analgesici debbono essere somministrati ad orari fissi rispettando le caratteristiche farmacocinetiche delle singole molecole 2. for the individual: non esistono delle dosi standard relativamente ai farmaci oppioidi: la dose dovrebbe essere titolata fino all’ottenimento della dose minima efficace 3. attention to detail: è buona regola lasciare al paziente uno schema scritto della terapia che deve assumere, riportando l’orario di assunzione, il nome del farmaco e la dose. Inoltre, il paziente deve essere avvertito dei possibili effetti collaterali dei farmaci che assumerà. FARMACI ADIUVANTI Secondo la scala del WHO, “adiuvanti” sono quei farmaci che non sono specificamente degli analgesici ma che, nel contesto del dolore, possono contribuire a ridurlo corticosteroidi (compressione nervosa, ipertensione endocranico) antidepressivi (depressione correlata al dolore, dolore neuropatico) anticonvulsivanti (dolore neuropatico) sedativi (controllo dell’ansia o dell’insonnia correlata a dolore) RIFLESSIONI: i FANS o gli altri farmaci antinfiammatori vanno considerati uno scalino autonomo (1°scalino) o una categoria di farmaci adiuvanti ? Ha senso usare i farmaci del 2°scalino (oppioidi “deboli”) o sarebbe meglio iniziare utilizzando fin dall’inizio i farmaci del 3°scalino (oppioidi “forti”) ? La scala WHO imposta la sequenza logica e cronologica dell’impiego dei farmaci solo sulla base dell’entità del dolore senza riferimenti alla tipologia del dolore e agli eventuali meccanismi d’azione La scala del WHO è impostata in modo da coprire il dolore continuo. Non considera il dolore discontinuo e il BTP. Il primo gradino è rappresentato dagli analgesici non-oppioidi, i cui prototipi sono l’aspirina ed il paracetamolo Meccanismo d’azione: inibiscono la sintesi delle prostaglandine bloccando le cicloossigenasi (Cox1 e Cox2) centrali e periferiche, responsabili della infiammazione e causa della sensibilizzazione dei nocicettori. I COX 2 inibitori risultano più mirati al controllo dei processi infiammatori e del dolore indotto da flogosi. Dovrebbero avere meno effetti collaterali sugli organi bersaglio rispetto ai COX 1 inibitori. Per quanto riguarda i farmaci da utilizzare per ridurre la gastrolesività da FANS nei pazienti ad alto rischio, gli studi condotti negli ultimi anni indicano che gli inibitori della pompa protonica sono le molecole più efficaci. TOLLERANZA: si definisce “tolleranza” la perdita progressiva di efficacia di un farmaco dovuta a motivi di tipo farmacologico e biologico. Ciò significa che mantenendo lo stesso dosaggio del farmaco l’effetto (analgesico) si riduce nel tempo oppure che per mantenere la stessa analgesia dobbiamo progressivamente aumentare la dose del farmaco fino al momento in cui può accadere che anche una escalation della dose non produca più un effetto accettabile (tolleranza conclamata). Lo switch è una strategia terapeutica che consiste nel cambiamento del farmaco in uso con un altro farmaco all’interno della stessa famiglia. Viene eseguito: a seguito di perdita di efficacia di un oppioide in presenza di effetti collaterali gravi e non controllabili per effetto di entrambi i fattori co-esistenti. VIE DI SOMMINISTRAZIONE DEGLI OPPIOIDI: - via orale - sottocutanea a boli - sottocutanea continua - transdermica - transmucosa - sublinguale - endovensoa continua - spinale EFFETTI COLLATERALI: nausea, vomito sonnolenza prurito confusione stipsi xerostomia delirium veritigini EFFETTI COLLATERALI GRAVI Dosi elevate: - età avanzata del malato sottovalutata - dolore poco responsivo (es. neuropatico) - stato di disidratazione (sottostimato) - ridotta funzionalità renale o epatica - precedente storia di dipendenza Effetti di accumulo (terapie protratte) misure generali da adottare ridurre la dose o sospendere temporaneamente idratare ridurre le associazioni con farmaci interagenti somministrare farmaci sintomatici cambiare via di somministrazione degli oppioidi cambiare oppioide (switch) SINTOMI: ASTENIA: dal greco «privo di forza» Sensazione soggettiva di stanchezza, debolezza o mancanza di energia (EAPC 2008) Nell’ambito Cure Palliative la componente fisica dell’astenia ha spesso forti correlazioni con la componente cognitiva ed emotiva In assoluto è uno dei sintomi più frequentemente presenti in Cure Palliative SPESSO ASSOCIATO A ANORESSIA E CACHESSIA NELLA SINDROME ASTENIA- ANORESSIA-CACHESSIA. In assoluto uno dei sintomi più frequentemente riportati in Cure Palliative Nonostante l’elevato impatto sulla qualità di vita è anche uno dei sintomi maggiormente sottostimati e meno trattati. Pazienti con tumore 32-90% Cardiopatie fase avanzata 69-82% BPCO fase avanzata 68-80% Malattie renali 73-87% AIDS 54-85% Trattandosi di fenomeni complessi e multidimensionali, di disfunzioni su basi polifattoriali, interessando multipli livelli di regolazione biochimica e metabolica nell’organismo, si dovrebbe parlare di “sindrome anoressiacachessia”. ANORESSIA-CACHESSIA: ASSESSMENT INTERVENTI NON FARMACOLOGICI: INTERVENTI FARMACOLOGICI: ASTENIA- INTERVENTI FARMACOLOGICI ALTERAZIONE DEL CAVO ORALE Sintomo presente nel 60-80% dei pazienti affetti da malattia oncologica Fattori predisponenti: - debilitazione - ridotta assunzione cibi/acqua - farmaci - radioterapia - chemioterapia - tumori della bocca cause : - effetto diretto della neoplasia - progressione locale della malattia - iatrogena (CT, RT) - Da patologia coesistente Alterazione del cavo orale: Ulcerazioni virali : farmaci antivirali (acyclovir) Ulcere aftose: corticosteroidi topici / spray antisettici (antivirali) Ulcere maligne: metronidazolo per via sistemica Infezioni fungine (Candida): farmaci antimicotici (nistatina, ketoconazolo, fluconazolo, myconazolo) bicarbonato. ALTERAZIONI DEL GUSTO Nel 25-50% dei pazienti oncologici - IPOGEUSIA: riduzione del gusto - AGEUSIA: assenza del gusto - DISGEUSIA: alterazione del normale gusto FATTORI PREDISOPONENTI: Malnutrizione, RT, farmaci, disturbi metabolici, xerostomia, stomatiti ed infezioni orali, fattori endocrini, scarsa igiene orale, carenza di Zn. ALTERAZIONI DEL GUSTO - Igiene orale, tratt. per incremento saliva - Assunzione di cibi caldi molto saporiti - Riduzione dose RT ove possibile (non alterazione sotto i 20Gy, max per dosi di 60Gy) - Sostituzione del farmaco se possibile - Zn p. os XEROSTOMIA Frequente (40-70%) nel mantenimento della terapia con oppioidi Trattamento - Rotazione oppioide - Igiene orale – abitudini di vita (cubetti di succo ananas ghiacciato…) - Antimicotici - Farmaci Sintomatici (Pilocarpina) - Saliva artificiale NAUSEA E VOMITO TRATTAMENTO: STIPSI Cause malattia di base, dieta scarsa di fibre, disidratazione, oppiacei, immobilità → rallentato transito intestinale, aumentato riassorbimento idrico, ridotte secrezioni intestinali e pancreatiche. Se STIPSI da OPPIACEI: non si instaura TOLLERANZA → trattamento adeguato in tutti i pazienti. Prevenzione: correzione di disionie, aumento dell’apporto di liquidi per os, aggiunta di fibre alla dieta Il controllo della stipsi deve essere attuato in modo profilattico e continuativo con: assunzione regolare di liquidi se e appena possibile: mobilizzazione assunzione di sostanze formanti massa (fibre: crusca, cereali, ecc.) o lubrificanti (olii minerali) associazione di emollienti e stimolanti di contatto (sennosidi, bisacodile, cascara) assunzione di agenti osmotici organici (lattulosio, glicerolo) o inorganici (PEG, macrogol) lassativi salini (magnesio, fosfati) supposte e clisteri di glicerina, rimozione di eventuali fecalomi TRATTAMENTO: DIARREA IN CURE PALLIATIVE Emissione di feci liquide, almeno 3 scariche al giorno Incidenza 7-10 % dei pazienti oncologici Cronica se persiste per almeno 3 settimane Causa più comune: sbilancio di trattamento lassativo Peggiorata da differenti classi di farmaci (antiacidi, antibiotici, FANS, Fe), CT, RT diretta, resezione ileale. Nutrizione enterale Attenzione alla diarrea paradossa in occlusioni ed ingombro fecale! K testa del pancreas (↓assorbimento dei grassi: steatorrea) DIARREA Trattamento reidratante di supporto + glucosata per facilitare trasporto elettrolitico attraverso la parete intestinale - Trattamenti antidiarroici: - agenti assorbenti e adsorbenti (diosmectite) - loperamide - oppioidi - Somatostatina (inibizione di secrezione e peristalsi) - Ioscina di Bromuro OCCLUSIONE INTESTINALE: PATOGENESI ILEO MECCANICO OSTRUZIONE DEL LUME (NEOPLASIE VEGETANTI, FECALOMI) INFILTRAZIONE PARIETALE COMPRESSIONE ESTRINSECA (MASSE OCCUPANTI SPAZIO, BRIGLIE ADERENZIALI POSTCHIRURGICHE) ILEO PARALITICO INFILTRAZIONE DEL PLESSO CELIACO, DEL MESENTERE, DELLA TONACA MUSCOLARE NEUROPATIA PARANEOPLASTICA E/O DA INVASIONE MIDOLLARE EFFETTO IATROGENO SINTOMI: - NAUSEA E VOMITO - DOLORE (continuo, riacutizzazioni coliche) - SENSO DI TENSIONE ADDOMINALE - STIPSI OSTINATA LA SINTOMATOLOGIA PUÒ INSORGERE REPENTINAMENTE (EVENTI ACUTI) O LENTAMENTE (SETTIMANE O MESI), SPESSO PRECEDUTA DA EPISODI SUBOCCLUSIVI DIAGNOSI: - ANAMNESI GENERALE E FARMACOLOGICA - ESAME OBIETTIVO: ADDOME ESPLORAZIONE RETTALE - INDAGINI STRUMENTALI GIUSTIFICATE PER: DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA STIPSI OSTINATA ED OSTRUZIONE MECCANICA POSSIBILITÀ DI TERAPIA SPECIFICA. OCCLUSIONE INTESTINALE TERAPIA PALLIATIVA Possiamo ragionevolmente pensare che l’intervento possa migliorare la qualità di vita? L’intervento è proponibile con un rischio accettabile di morbidità e mortalità? TERAPIA CHIRURGICA PALLIATIVA COMPLICANZE Mortalità a 30 giorni → 5% - 50% Complicanze a 30 giorni (infezioni, fistole enterocutanee, deiscenza della ferita chirurgica, emorragie, trombosi) → 9% - 90% Recidiva precoce → 10% - 50% Inoperabilità «sfuggita» alla TC (carcinosi peritoneale) Numerosi studi hanno evidenziato che non vi sono differenze nella mortalità a 30 giorni tra pazienti operati e pazienti non operati STENTS METALLICI AUTOESPANSIBILI: utilizzati in pazienti selezionati e non operabili, spesso li preferiscono ad una stomia e i costi sono contenti rispetto alla chirurgia. SONDINO NASO GASTRICO: INDICAZIONI AL POSIZIONAMENTO DEL SONDINO NASO-GASTRICO Uso temporaneo per il drenaggio dei secreti nei primi giorni di applicazione della terapia medica palliativa Terapia medica palliativa inefficace ed impossibilità di eseguire gastrostomia COMPLICANZE Irritazione nasale e/o faringea Erosione della cartilagine nasale Ostruzione Espulsione spontanea OCCLUSIONE INTESTINALE TERAPIA MEDICA PALLIATIVA PRINCIPI GENERALI Vie di somministrazione dei farmaci. Tener conto di: Possibilità di assorbimento transdermico e sottocutaneo (cachessia, anasarca) Presenza di sistemi già impiantati Setting (casa, centro residenziale) «Desiderata» del paziente (comfort, immagine corporea) PRINCIPI GENERALI: 1- Nei pazienti oncologici, la nutrizione parenterale totale dovrebbe essere riservata a pazienti con Karnofsky Performance Status > 50 ed aspettativa di vita di almeno 1- 2 mesi 2- L’idratazione parenterale è poco utile per controllare sete e xerostomia (molto più utili i presidi locali come l’impiego di ghiaccio tritato, granite, cura adeguata del cavo orale, ecc.) Un’idratazione parenterale di 500-1000 cc/die può essere utile per controllare la nausea e prevenire i deficit cognitivi (sonnolenza, confusione), senza incrementare le secrezioni intestinali (come avverrebbe invece con l’iperidratazione, perpetuando in tal modo il meccanismo fisiopatologico che determina l’insorgenza dei sintomi) OCCLUSIONE INTESTINALE: Di fronte ad uno stato (sub)occlusivo, in base ad anamnesi e quadro clinico, abbiamo una speranza realistica di ripristinare la canalizzazione con terapia medica? Se sì: metoclopramide (procinetico), desametasone (antiedemigeno, effetto antiemetico centrale), lassativi, enteroclisma… Se no…: - MORFINA CLORIDRATO O ALTRI OPPIACEI MAGGIORI - ALOPERIDOLO (2 → 16 mg/die) - OCTREOTIDE (0.3 → 0,9 mg/die): disponibile anche in forma LAR 10, 20, 30mg 1 volta al mese; problema: picco raggiunto dopo 2-3 settimane Possiede potenza e durata d’azione maggiori rispetto alla somatostatina nativa. Inibisce le secrezioni gastrointestinali Riduce il flusso ematico splancnico Favorisce il riassorbimento di acqua ed elettroliti Inibisce la peristalsi Rispetto agli anticolinergici induce una più rapida riduzione del numero di episodi di vomito così come della quantità delle secrezioni gastrointestinali È miscelabile con morfina, aloperidolo, midazolam, scopolamina butilbromuro - RANITIDINA (150 → 300mg/die): (apparentemente più efficace e meno costosa degli IPP nel ridurre le secrezioni gastriche) - SCOPOLAMINA BUTILBROMURO (60 → 380 mg/die) DISFAGIA Nel 15 - 25% dei pazienti oncologici (40-80% nei tumori testa/collo) Fattori predisponenti: Neoplasie testa-collo (bocca, faringe o esofago, mediastino); Tumori SNC Neuropatia/malattie neurologiche Trattamenti: chirurgia, RT, CT, farmaci (neurolettici, oppiodi, metoclopramide) Ridotta assunzione cibi/acqua Xerostomia Mucositi Astenia Trattamento Piccoli pasti frazionati, mangiare seduti con capo stabile Trattare, se possibile, le cause Idratazione Valutare nutrizione Endoprotesi/stent… DISPNEA Esperienza soggettiva di discomfort nel respirare che può variare qualitativamente da persona a persona “A subjective experience of breathing discomfort that consists of qualitatively distinct sensations that vary in intensity”. SOGGETTIVA!! Sensazione di respiro cosciente, volontario, penoso… Non definibile se non dal paziente → Sintomo “patient-centered. Credere al malato perché non c’è evodenza di correlazione costante tra sensazione di dispnea e parametri soggettivi (ossigeno nel sangue). La gravità della dispnea è quella che il malato riferisce e non dipende dalla gravità della condizione sottostante. ESAME OBBIETTIVO: - Generale (pallore, cianosi, ascite, cachessia, edema…) - Ispezione polmonare (movimenti respiratori, muscoli accessori, cachessia…) - Pattern respiro (respiro prolungato, iperventilazione…) - Auscultazione (rumori umidi, secchi, gemiti, sibili, sfregamenti...) - Valutazione sistema cardiovascolare INDAGINI STRUMENTALI  Emocromo, creatinina, indici flogosi  Saturimetro/EGA  Radiografia torace  Ecografia (toracica)  Tc torace/addome  Broncoscopia SOLO se la loro esecuzione comporta una condotta terapeutica diversa in base al risultato. Scale di valutazione: medical research council, vas, nrs, esas APPROCCIO La dispnea SPAVENTA: restare calmi, rassicuranti, parlare lentamente e in modo tranquillo, dare istruzioni semplici una alla volta non lasciare solo il paziente con difficoltà respiratoria Approccio generale Aiutare il pz ad assumere una posizione seduta nel letto o in poltrona → lasciar scegliere la posizione più confortevole. Per il paziente troppo debole è utile sapere che spesso la posizione più confortevole è quella semi-seduta con supporto di cuscini sotto le ginocchia e le braccia ricordare ai familiari di respirare... ambiente illuminato, fresco e ventilato, finestra aperta, corrente d’aria La dispnea AFFATICA: abiti comodi ridurre gli sforzi al minimo indispensabile (tragitti brevi con pause, igiene a letto, pasti frazionati e di facile assunzione) in caso di tosse secca, umidificare l’ambiente dare al paziente la possibilità di bere frequentemente a piccoli sorsi per evitare la xerostomia (O2 terapia). Per la secchezza della mucosa nasale utilizzare apposite pomate i familiari possono essere di grande aiuto se adeguatamente informati, supportati e psicologicamente pronti TERAPIA STEROIDEA: indicazioni: - Broncospasmo - Sindrome della cava superiore - Linfagite carcinomatosa - BPCO e fibrosi polmonare Attenzione alla miopatia da steroidi ed agli effetti psicomimetici. TERAPIA O2 Mancano prove consistenti per sostenere con forza l’uso dell’O2 con finalità sintomatica (vs aria) Gli studi disponibili (più numerosi, nel paziente non oncologico) evidenziano la possibilità di ottenere un beneficio sintomatico SOLTANTO NEL PAZIENTE IPOSSICO, A RIPOSO E SOTTO SFORZO, E CON DISPNEA SEVERA Può essere opportuno un tentativo a breve termine (qualche giorno), valutandone i benefici, con un flusso di 1-5 l/min Nel caso, la maschera garantisce una minore dispersione dell’O2 , ma è poco tollerata dalla maggior parte dei pazienti in fase avanzata di malattia Vi sono studi randomizzati che evidenziano la superiorità della morfina nel controllare la dispnea, rispetto all’O2 , in pazienti ipossici e non ipossici. BENZODIAZEPINE ED ALTRI FARMACI PSICOTROPI Beneficio limitatissimo e molto discusso Possono essere indicate quando coesiste importante componente ansiosa e/o per favorire il sonno Non possono essere considerate come monoterapia di prima scelta della dispnea cronica Viceversa, rivestono un ruolo fondamentale NELLA SEDAZIONE PROFONDA TEMPORANEA (CRISI ASFITTICA) E CONTINUA (DISPNEA REFRATTARIA) OPPIACEI Sono oramai numerosi gli studi a sostegno dell’efficacia degli oppiacei (in particolare della morfina) per via orale o parenterale nel trattamento sintomatico della dispnea (al contrario della via inalatoria) LA MORFINA È IL FARMACO CON MAGGIOR EVIDENZA DI EFFICACIA NEL TRATTAMENTO DELLA DISPNEA NEL PAZIENTE ONCOLOGICO E NON ONCOLOGICO IN FASE AVANZATA DI MALATTIA. Il farmaco è assolutamente sicuro se si rispettano le “buone pratiche” di titolazione ed uso degli oppiacei. SE RISPETTATE QUESTE CONDIZIONI, IL TIMORE DELLA DEPRESSIONE RESPIRATORIA È INFONDATO E’ possibile che siano efficaci anche altri oppiacei maggiori (fentanyl, idromorfone, ossicodone, metadone), ma mancano prove sufficienti a sostegno RANTOLO TERMINALE Nelle fasi terminali, il paziente può diventare incapace di deglutire e/o espettorare le proprie secrezioni, che tendono ad accumularsi in gola Il passaggio d’aria attraverso queste secrezioni causa un rumore molto simile ad un gorgoglio, definito anche come “rantolo terminale” (prevalenza di 30- 90%) Il paziente in queste fasi è spesso incosciente e non accusa disturbo né dal rumore né dall’accumulo di secrezioni; il rantolo invece è particolarmente angosciante per i caregiver. Classificazione in due distinte categorie: – Secrezioni della fase terminale (vero rantolo terminale; tipo I). Causato dalla combinazione di inalazione soprattutto di saliva legata alla incapacità di deglutire associata a difficoltà di espettorazione – Secrezioni legate a patologie intercorrente (in qualunque fase della malattia; pseudo rantolo; tipo II). Causato prevalentemente da secrezioni bronchiali e da difficoltà di espettorazione. Il vero rantolo terminale è un forte predittore di mortalità (76% decessi entro le 48 h) Il distress dei caregivers spesso associato non tanto a rumore quanto ad aspetto suggestivo sofferenza/non sofferenza del proprio caro Misurazione 0 = non avvertibile 1 = udibile da molto vicino 2 = chiaramente udibile ai piedi del letto 3 = chiaramente udibile alla porta della camera Terapia farmacologica: – Butilbromuro di ioscina a boli sc, im o ev (20 mg, ripetibile) o in infusione sc nelle 24 ore (20-80 mg). Efficace nel 55-70% dei casi – Scopolamina transdermica (durata 72 ore; inizio azione 12 ore; steady state circa 24 ore); non più in commercio in Italia (sì online, estero) TOSSE Cause di tosse in ambito “palliativo”: - Compressione delle grandi vie aeree - Metastasi polmonari - Versamenti pleurici - Infezione/BPN anche su tumori - Embolia polmonare - BPCO - Fibrosi polmonare - Scompenso cardiaco congestizio Sintomo di esordio nel 65% dei pazienti con k polmone 80% dei pz con tumori testa-collo o con tumori toraco-mediastinici. Circa il 38-68% dei pazienti con neoplasia evoluta lamentano tosse. All’inizio la tosse ha un significato protettivo (rimuovere muco e corpi estranei dall’albero bronchiale), ma quando cronicizza diventa invalidante, sia fisicamente sia socialmente e non di rado peggiora gli altri sintomi (dolore, dispnea, incontinenza, insonnia). Nei casi più estremi può anche causare fratture costali. VALUTAZIONE: 1. Identificare e trattare la causa sottostante 2. Favorire l’espettorazione del muco e delle secrezioni 3. Sedare la tosse se vi sono poche secrezioni (tosse secca) o se è particolarmente stressante e disturbante TERAPIA NON FARMACOLOGICA TERAPIA FARMACOLOGICA SINGHIOZZO TRATTAMENTO: PRURITO L’incidenza e la prevalenza del prurito in Cure Palliative non sono definite in modo preciso. Studi spagnoli identificano il prurito nel 27% delle persone con tumore (l’80% di questa % è indotta da colestasi). Nei pazienti con avanzata insufficienza renale può raggiungere il 77% dei casi, con una media del 35%. In Cure Palliative, il prurito può essere un effetto avverso della somministrazione di oppioidi, anche se l’incidenza è bassa, circa l’1-2% se somministrazione sistemica. TRATTAMENTO: DELIRIUM Il termine delirium [dal latino de lira, ovvero “fuori dal solco (dell'aratro)” fu introdotto da Celso (I sec. d.C.), che descrisse una condizione patologica acuta con alterazioni della coscienza, anomalie comportamentali e febbre e la mise in relazione ad intossicazioni e ad altre malattie, distinguendola da mania, depressione ed isteria. IL 30-60% DEI CASI VIENE DIAGNOSTICATO TARDIVAMANTE O NON RICONOSCIUTO PERCHÈ: Le manifestazioni cliniche del delirium non consistono sempre in agitazione, allucinazioni e comportamenti “inappropriati” ma anche in letargia, ipoattività, cui spesso non viene dato peso Solo recentemente lo stato confusionale acuto è stato classificato come un’emergenza medica FORMA IPOATTIVA (40-86% dei casi) Riduzione del livello di coscienza o letargia, sonnolenza, iporeattività agli stimoli esterni, riduzione dell’attività motoria; è più frequente nelle persone anziane; spesso associata a disidratazione, alterazioni metaboliche ed uso di farmaci anticolinergici FORMA IPERATTIVA (13-46% dei casi) Modificazione del comportamento, ricca “produzione” mentale, disturbi della percezione e del pensiero, iperreattività agli stimoli esterni, stato di “allerta”; pare più frequente nell’insufficienza epatica, oppure come effetto collaterale di farmaci (oppiacei e corticosteroidi) e nella sospensione improvvisa di alcool e medicamenti FORMA MISTA alternanza imprevedibile dei periodi di letargia e di marcata eccitazione La reversibilità è più frequente se il delirium è scatenato da farmaci o dalla disidratazione, meno frequente se il delirium è severo o ipoattivo (probabilmente perché spesso non viene riconosciuto…), se entrano in gioco l’encefalopatia ipossica, l’insufficienza d’organo, i disordini metabolici o se vi sono stati precedenti episodi (Leonard, Palliat Med, 2008) Il delirium è un fattore predittivo di minore efficacia delle cure attuate per la malattia in atto, di maggiore durata dell’ospedalizzazione, di aumento del rischio di riospedalizzazione e di ricovero in residenze sanitarie assistenziali, di riduzione delle performance cognitive e funzionali, di decesso (Fang, Jpn J Clin Oncol, 2008; Cole, Age Ageing, 2009; Miller, Am Fam Physician, 2008, Campbell, J Gen Intern Med, 2009, Witlox, JAMA, 2010) Anche in un contesto di cure palliative il delirium adeguatamente trattato può essere reversibile (sino al 50% dei casi), ma raramente nelle ultime 24-48 ore di vita; l’irreversibilità del delirium è un fattore prognostico negativo così come la severità (Leonard, Palliat Med, 2008). Eziologia (nella maggior parte dei casi è multifattoriale) - MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE - ALTERAZIONI METABOLICHE (insufficienza renale, epatica, polmonare, cardiaca, carenze nutrizionali, iper/ipoglicemia, ipossiemia, anemia, CID, disionie, malattie endocrine) INFEZIONI ED IPERPIRESSIA - SINDROMI - PARANEOPLASTICHE - IATROGENA IPOALBUMINEMIA: incremento delle concentrazioni plasmatiche di farmaci psicotropi liberi dal legame con l’albumina, con aumento della potenziale tossicità a livello del sistema nervoso centrale FARMACI (SINO AL 40% DEI CASI), ALCUNI DEI QUALI APPARENTEMENTE “INSOSPETTABILI”: psicofarmaci (in particolare, la somministrazione contemporanea di 3 o più farmaci psicoattivi), steroidi, F.A.N.S., oppiacei, antistaminici, antibiotici, antivirali, citostatici, anticolinergici, antiemetici, diuretici, digossina, teofillina, nifedipina, anti-H2) ABUSO/ASTINENZA DI/DA FARMACI, ALCOOL, NICOTINA: attenzione alla sospensione improvvisa di benzodiazepine, corticosteroidi ed oppiacei assunti cronicamente FATTORI PREDISPONENTI E PRECIPITANTI DETERIORAMENTO COGNITIVO PREESISTENTE (demenza, depressione, precedenti episodi di delirium) ETÀ (anziani e bambini) STATO FUNZIONALE (dipendenza, scarso livello di attività sino all’immobilità, precedenti cadute a terra, fratture) DEPRIVAZIONE O IPERSTIMOLAZIONE SENSORIALE SINTOMI NON CONTROLLATI (fisici e psichici) DISIDRATAZIONE MALNUTRIZIONE ED IPOVITAMINOSI (tiamina, acido folico, acido nicotinico, vitamina B12) CARENZA DI SONNO AMBIENTALI (istituzionalizzazione, sistemi di contenzione, ritenzione urinaria acuta/posizionamento di catetere vescicale, coprostasi) FAMILIARI, SOCIO-ECONOMICI L’ESORDIO È SPESSO IMPROVVISO, MA PUÒ ESSERVI UNA FASE PRODROMICA (irrequietezza, irritabilità, ansia, depressione, malessere, rabbia, labilità emotiva, cefalea, ipersensibilità agli stimoli visivi ed acustici, illusioni, allucinazioni, insonnia, sonnolenza diurna, sogni vividi, incubi, concentrazione ed attenzione ridotte, iniziale disorientamento, alterazioni dei tratti di personalità) LE ALTERAZIONI COGNITIVE SONO FLUTTUANTI, POLIMORFE, CON FREQUENTE ESACERBAZIONE NOTTURNA. SI CARATTERIZZA PER LA COMPROMISSIONE DI: - STATO DI COSCIENZA (ridotta capacità di comprendere l’ambiente circostante) - CAPACITÀ DI FOCALIZZARE, MANTENERE, SPOSTARE L’ATTENZIONE - IDEAZIONE (disorganizzazione del pensiero: linguaggio sconnesso, flusso di idee illogico o confuso; temi deliranti, spesso a carattere persecutorio) - LINGUAGGIO (orale: frasi ripetute, lunghe pause, confabulazione, parole passepartout, anomia; scritto: scrittura tremula, errata disposizione spaziale, ecc.) - ORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE - PERCEZIONE PSICO-SENSORIALE (illusioni, allucinazioni, in genere visive, spesso correlate ad esperienze emotive attuali o pregresse ed a tratti di personalità) - MEMORIA (soprattutto a breve termine; tuttavia, nella fase conclamata, anche la memoria a lungo termine è seriamente compromessa) - SFERA EMOZIONALE (angoscia, paura, agitazione, tristezza, irritabilità, rabbia, euforia, apatia) - RITMO SONNO-VEGLIA I CRITERI DIAGNOSTICI PER IL DELIRIUM SECONDO IL DSM-IV-TR SONO I SEGUENTI: A. Alterazione della coscienza (cioè, riduzione della lucidità della percezione dell’ambiente), con ridotta capacità di focalizzare, mantenere o spostare l’attenzione. B. Una modificazione cognitiva (quale deficit di memoria, disorientamento, alterazioni del linguaggio) o lo sviluppo di alterazioni percettive. C. Il disturbo si sviluppa in un breve periodo di tempo e tende a fluttuare durante il corso del giorno. D. Vi è la dimostrazione, fondata sulla storia, sull’esame fisico, o sugli esami di laboratorio: 1. che il disturbo è causato dalle conseguenze fisiologiche dirette di una condizione medica generale (Delirium Dovuto a una Condizione Medica Generale). 2. di una delle due condizioni seguenti: a. i sintomi del Criterio A e B si sono sviluppati durante una Intossicazione da Sostanze; b. l’uso di farmaci è correlato eziologicamente al disturbo (Delirium Indotto da Sostanze). 3. che il delirium ha più di una eziologia (per es., più di una condizione medica generale eziologica, una condizione medica generale più una Intossicazione da Sostanze o effetti collaterali da farmaci) (Delirium Dovuto a Eziologie Molteplici). 4. Delirium dovuto a cause non elencate in D1-3 (per es., deprivazione sensoriale) (Delirium Non Altrimenti Specificato). INTERVENTI: EZIOLOGICI AMBIENTALI FARMACOLOGICI INTERVENTI AMBIENTALI- COMPORTAMENTI DA ADOTTARE AL MANIFESTARSI DELLA SINDROME Essere calmi, cortesi, rassicuranti, disponibili Usare frasi brevi e chiare per facilitare la comprensione Incoraggiare dolcemente la risposta Far capire all’ammalato che non gli si vuol far del male Parlare standogli di fronte Cercare di capire se c’è qualcosa che lo spaventa e le ragioni dell’eventuale aggressività Analizzare ed ascoltare tutto quello che dice, anche se incoerente Valutare se è meglio tentare di riorientarlo alla realtà piuttosto che spostare l’attenzione su altri temi Nel primo caso, quando possibile, fargli indossare occhiali, eventuali apparecchi acustici, inserire nel campo visivo orologio, calendario, oggetti a lui cari, come le fotografie dei familiari Ridurre i rumori disturbanti Garantire in camera illuminazione e temperatura adeguate Incoraggiare il coinvolgimento dei parenti, educandoli e sostenendoli Favorire la continuità assistenziale Evitare la contenzione fisica! TERAPIA FARMACOLOGICA: aloperidolo 0,5-5 mg ogni 2-12 h PO, SC (i.c.), IM risperidone 0,5-4 mg/die PO, IM olanzapina 5-20 mg/die PO, IM quetiapina 50-750 mg/die PO clorpromazina 12,5-50 mg ogni 4-12 h PO, IV (i.c.), IM promazina 25-50 mg ogni 8-12 h PO, IV (i.c.), IM lorazepam 0,5-2 mg ogni 1-4 h PO, IV (i.c.), SC (i.c.), IM midazolam 30-100 mg/die IV (i.c.), SC (i.c.), IM delorazepam 4-30 mg/die PO, IV (i.c.), SC (i.c.), IM Sono il trattamento di prima scelta nei pazienti con delirium associato a crisi convulsive o da astinenza da alcool e nel morbo di Parkinson; non indicati nella maggior parte degli altri casi (rischio di effetto paradosso o di eccessiva sonnolenza), a meno che il delirium sia refrattario e s’intenda attuare intenzionalmente una sedazione palliativa. I caregivers di pazienti in fase avanzata di malattia con delirium hanno una probabilità 12 volte maggiore di sviluppare una sindrome ansiosa rispetto ai caregivers di pazienti non affetti da delirium In ogni caso, l’esperienza del delirium provoca un significativo stress psicologico in almeno il 50% dei familiari Il “conflitto” interiore tra il desiderio di poter interagire con l’ammalato e la consapevolezza di dover contenere la sintomatologia pare essere una delle cause più frequenti di sofferenza emotiva, così come il senso di colpa nel riconoscere di incontrare difficoltà ad accostarsi al paziente delirante I familiari più sofferenti e bisognosi di supporto sembrano essere le persone giovani, di sesso maschile, che forniscono particolari interpretazioni dell’evento (delirium “scambiato” per dolore non controllato, “responsabilità” dei farmaci nell’induzione del quadro clinico, timore che il congiunto stia diventando “matto”) e critici nei confronti degli operatori riguardo a: presenza attiva, rispetto ed ascolto del paziente nonostante l’alterazione dello stato di coscienza, disponibilità a rendere conto della mutevolezza delle situazioni. SEGNI E SINTOMI DEGLI ULTIMI 6 MESI DI VITA NEI PAZIENTI CON SCOMPENSO CARDIACO EMERGENZE-URGENTZA IN CURE PALLIATIVE URGENZA situazione clinica nella quale vi è un potenziale pericolo per la vita del pz. EMERGENZA situazione in cui vi è un immediato pericolo per la vita del pz. L’emergenza nell’immaginario collettivo e nella medicina in generale si ricollega a "salvamento” ed azioni immediate salvavita. Profondamente diverso è l'assunto di base di "emergenza in Cure Palliative” ove la morte è un evento atteso e riconosciuto come normale in cui il focus primario è rappresentato dalla qualità di vita del paziente e non dal prolungamento temporale della vita biologica. Nell’assistenza al pz in fase avanzata ed evolutiva di malattia occorre avere chiaro:  quale si pensa sia l’aspettativa di vita del pz (Early Palliative Care vs ultime ore di vita)  qual è il grado di consapevolezza del pz sulla diagnosi e prognosi  qual è il grado di consapevolezza della famiglia circa diagnosi e prognosi  qual è, ove espressa, la volontà del malato circa il luogo dell’exitus  Qual è l’atteggiamento del pz e della famiglia nei confronti di un eventuale trattamento sedativo Qualora non venga trattata adeguatamente, l’Emergenza può essere causa di intensa sofferenza e pesare enormemente sulla qualità di vita residua del malato con ricoveri in setting inappropriati e/o interventi sproporzionati. Tutto ciò può inoltre influire in modo negativo sul processo di elaborazione del lutto familiare. La gestione delle emergenze deve essere fatta sulla base: dei principi etici dei desideri espressi dal paziente / dai familiari dei possibili trattamenti in base:  all'aspettativa di vita  al livello di complessità/invasività dell’intervento ritenuto necessario per  affrontarla  ad un bilancio fra rischi-benefici, effetti collaterali e costi dei trattamenti Il prolungamento ed il supporto delle funzioni vitali non è generalmente un obiettivo perseguibile in ambito Palliativo. Le principali U/E che si verificano in Cure Palliative sono: Emorragia Compressione spinale Insufficienza Respiratoria Acuta Delirium Crisi epilettica Alterazioni elettrolitiche Ostruzione vena cava superiore Dolore Occlusione intestinale EMORRAGIE L’evenienza di un grave emorragia interessa il 10% dei pazienti oncologici e può essere clinicamente molto rilevante. Si presenta più frequentemente nelle neoplasie di testa-collo, polmone, nelle lesioni neoplastiche cutanee, nella compromissione mediastinica, nei casi di varici esofagee e nelle malattie ematologiche. TIPOLOGIA 1. INTERNA O ESTERNA 2. ARTERIOSA O VENOSA 3. RISOLVIBILE O NON RISOLVIBILE Se esterna ed arteriosa è molto impressionante con risvolti psicologici importanti. EMORRAGIE MASSIVE O CATASTROFICHE In caso di emorragia massiva o della più rara emorragia catastrofica (es. rottura carotidea), la perdita di coscienza è rapidissima a causa del repentino shock emorragico con decesso a breve; è difficile agire con trattamenti efficaci: è pertanto più importante rimanere accanto al paziente. Qualsiasi sia l'entità dell'evento emorragico da tutta la letteratura viene sottolineata l'importanza della presenza dell'operatore sanitario. PROVVEDIMENTI Se superficiale: compressione, utilizzo topico di Ac. Tranexamico e/o Adrenalina, emostatici topici (Collagene e/o Gelatine). Contenere l'impatto visivo dell'emorragia con teli verdi o scuri. Utilizzare i dispositivi di sicurezza individuali-occhiali e maschera protettivi. Mettere il paziente in posizione di sicurezza. In caso di sanguinamenti gastro-esofagei indicato l'uso di cocktail sucralfatighiaccio e, se strettamente indicata, una manovra endoscopica emostatica. Molto impressionante con risvolti psicologici importanti. È corretto proteggere il paziente dall’angoscia indotta dall’evento emorragico. Può essere opportuno l’utilizzo di Sedazione Palliativa d’urgenza. COMPRESSIONE MIDOLLARE La Compressione Midollare (o spinale) si verifica nel 10% dei pazienti oncologici ed è correlata all'invasione metastatica dello spazio epidurale, alla frattura di una vertebra, a malattia meningea. Si presenta più frequentemente nelle neoplasie del polmone, mammella, prostata, rene, mielomi e linfomi. Estremamente importante effettuare una diagnosi precoce per migliorare, se possibile, la prognosi. L’infermiere dovrà segnalare precocemente: rapida progressione di dolore alla schiena (che ha la peculiare caratteristica di peggiorare con la tosse, lo starnuto ed in posizione distesa) sintomi neurologici come diminuzione di forza, sensibilità I sintomi sfinteriali sono tardivi e associati a prognosi severe poiché conducono a paraplegia nel 25% dei casi in meno di 48 ore. PROVVEDIMENTI Gli interventi da predisporre possono riguardare: Il controllo del dolore Gli accertamenti radiologici se opportuni La somministrazione di cortisonici L’accesso al Dipartimento d'emergenza se opportuno L’accesso alla radioterapia secondo il protocollo in uso Da un punto di vista assistenziale: Corretto allineamento posturale neutro a letto. In caso di esito plegico, gestione dell’evacuazione/diuresi e dell'integrità cutanea. CRISI EPILETTICHE Le crisi epilettiche sono presenti nel 10-15% dei pazienti in Cure Palliative, possono essere di tipo generale o parziale. Sono spesso dovute a neoplasia cerebrale primaria o secondaria, a compromissione cerebrovascolare, a malattia epilettica e a disordini metabolici. PROVVEDIMENTI Osservazione e Posizionamento in sicurezza del paziente con controllo pervietà delle vie aeree. Somministrazione di farmaci anticonvulsivanti parenterali quali diazepam, midazolam o lorazepam endovena, midazolam sottocute. Se indicata in base alla prognosi, una terapia anticonvulsivante di copertura per prevenire le crisi Particolare attenzione va posta al supporto ai familiari per l'impatto emotivo che può essere generato dalle convulsioni. STATO DI MALE EPILETTICO Si definisce “Stato di Male Epilettico refrattario” la situazione in cui 1) non vi sia risposta clinica ad un'adeguata dose di un anticonvulsivante di prima linea per via parenterale (diazepam, lorazepam, midazolam) 2) quando l'attacco epilettico non risponda a 2 dosi di successive di diazepam (o altra bdz) per via endovenosa o per via rettale, in successione, seguite da fenitoina e/o fenobarbital 3) comunque, quando una crisi continui per 60-90 m', dopo l'inizio del trattamento. IPERCALCEMIA L’omeostasi del calcio è mantenuta da 2 ormoni: il PARATORMONE(PTH) e il CALCITRIOLO (1,25-diidrossi vitamina D). La secrezione del PTH è stimolata da un decremento sierico del calcioBionizzato Il PTH: - incrementa il riassorbimento tubulare del calcio - stimola il riassorbimento del calcio dall’osso - la conversione della vitamina D nella sua forma attiva, il calcitriolo, che incrementa l’assorbimento del calcio e del fosforo soprattutto a livello intestinale. La CALCITONINA ha azione antagonista al PTH abbassando il calcio ed il fosforo sierico ed inibendo il riassorbimento osseo. Nel giovane adulto sano formazione e riassorbimento osseo sono in equilibrio dinamico dovuto innanzitutto all’attività degli osteoblasti e degli osteoclasti. Sebbene più del 99% del calcio totale sia a livello osseo, l’osso sembra avere una funzione minore nel mantenimento quotidiano dei livelli plasmatici di calcio. Il normale scambio giornaliero tra osso e liquidi extracellulari è piuttosto piccolo. PATOGENESI I tumori possono produrre una sostanza simile al PTH, il PTHrelated peptide (PTHrP), che incrementa il riassorbimento di calcio. MECCANISMI DI IPERCALCEMIA ASSOCIATA A TUMORE Una causa fondamentale è l’incremento del riassorbimento osseo con aumento del calcio nei liquidi extracellulari e secondariamente un’inadeguata clearence renale del calcio 2 tipi di ipercalcemia indotta da tumore: osteolitica: è legata alla distruzione diretta dell’osso da parte del tumore primitivo o metastatico umorale: è invece mediata da fattori umorali secreti dalle cellule maligne senza evidenza di malattia ossea che in ultima istanza possono anche causare riassorbimento osseo (ex PTHrP) MANIFESTAZIONI Una rapida diagnosi di ipercalcemia può essere difficile perché i sintomi associati sono tipicamente aspecifici e facilmente attribuibili alla malattia cronica o terminale. Sono generalmente sintomatici i pazienti con una concentrazione sierica di calcio superiore a 14 mg/dl (7.0 mEq/l o 3.49 mmol/l). Le manifestazioni cliniche sono direttamente correlate alla rapidità con cui si instaura l’ipercalcemia. Le manifestazioni neuromuscolari sono generalmente più marcate nelle persone più anziane mentre i sintomi di presentazione più comuni sono malessere generale ed astenia seguiti da letargia, anoressia, dolore, poliuria-polidipsia, stipsi, nausea e vomito. SINTOMI NEUROLOGICI Un incremento del calcio sierico diminuisce l’eccitabilità muscolare che porta ad ipotonicità della muscolatura liscia e striata. La gravità dei sintomi è direttamente correlata con l’eccesso di concentrazione sierica degli ioni calcio ed inversamente correlata con la velocità d’insorgenza. Sintomi neuromuscolari: debolezza, diminuzione dei riflessi tendinei, riduzione della forza muscolare, possibile riduzione della capacità muscolare respiratoria. A livello di SNC: possibile delirio, cambiamenti della personalità, alterazioni della funzione cognitiva, disorientamento, eloquio incoerente, sintomi psicotici. L’obnubilazione progredisce con l’incremento della concentrazione sierica di calcio sino ad arrivare allo stupore e al coma. La letargia può essere sintomo di presentazione. I pazienti letargici possono essere erroneamente valutati come depressi sino a che l’eziologia non diviene evidente a causa dell’aggravamento della sintomatologia neurologica. SINTOMI CARDIACI Le alterazioni dell’ECG sono caratterizzate dal rallentamento della conduzione. Quando la calcemia è > 16 mg/dl (8.0 mEq/l o 3.99 mmol/l) le onde T si allargano e secondariamente aumenta l’intervallo Q-T. All’ulteriore incremento della calcemia sono associati bradiaritmie e blocchi di branca. Un blocco AV di I, II o III grado si può sviluppare a valori di calcemia di 18 mg/dl (9.0 mEq/l o 4.49 mmol/l) e può evolvere in asistolia ed arresto cardiaco. L’ipercalcemia aumenta la sensibilità dei pazienti agli effetti farmacologici dei glicosidi della digitale. SINTOMI GASTROINTESTINALI Sono probabilmente correlati all’azione depressiva dell’ipercalcemia sul sistema nervoso autonomo risultante in ipotonicità della muscolatura liscia. L’ipercalcemia è spesso accompagnata da un incremento della secrezione acida gastrica. La stipsi è aggravata dalla disidratazione che accompagna l’ipercalcemia. Il dolore addominale può essere confuso con quello dell’addome acuto da occlusione intestinale. SINTOMI RENALI L’ipercalcemia causa un difetto tubulare reversibile che porta alla perdita della capacità di concentrare le urine e a poliuria. La disidratazione che ne consegue porta a sintomi come sete, secchezza delle mucose, ridotta o assente sudorazione, riduzione del turgore cutaneo. La riduzione del riassorbimento prossimale di sodio, magnesio e potassio porta alla perdita di sali ed acqua e causa di ipotensione e di disidratazione cellulare. Possibili, ma poco frequenti, nefrolitiasi e nefrocalcinosi. VALUTAZIONI DI LABORATORIO I livelli normali di calcio sierico sono : da 9.0 a 10.3 mg/dl (4.5-5.2 mEq/l o 2.25-2.57 mmol/l) per gli uomini e da 8.9 a 10.2 mg/dl (4.4-5.1 mEq/l o 2.22-2.54 mmol/l) per le donne. La sintomatologia dell’ipo o dell’ipercalcemia è dovuta ad alterazioni della frazione della calcamia totale di calcio ionizzato. Il calcio ionizzato è valutato raramente di routine: il calcio plasmatico totale è utilizzato per valutare la frazione ionizzata, tale valutazione è accurata tranne che in condizioni di ipoalbuminemia. Dal momento che l’ipoalbuminemia è frequente in Cure Palliative è necessario correggere la concentrazione di calcio plasmatico totale per la percentuale che dovrebbe essere legata all’albumina se fosse entro il range di normalità: CALCIO SIERICO TOTALE CORRETTO PER IL LIVELLO DI ALBUMINA: Calcemia corretta [mg/dL] = calcemia totale [mg/dL] + (0.8 x albumina [g/dL]) TRATTAMENTO DELL’IPERCALCEMIA Se possibile ed indicato → trattamento della neoplasia primitiva Idratazione endovenosa e ripristino di volemia e diuresi adeguata (generalmente indicata soluzione fisiologica 125 -200 cc/h) Aumento dell’escrezione urinaria di calcio mediante furosemide (fino a dosaggi di 40 mg ogni 2h solo dopo che la volemia è stata ripristinata!) Riduzione del riassorbimento osseo DIFOSFONATI ev (pamidronato, zoledronato) Mobilizzazione, se possibile Nel caso l’ipercalcemia si manifesti durante gli ultimi stadi della patologia tumorale resistente alla terapia, va adottato un trattamento cauto, dal momento che gli elevati livelli di calcemia possono avere effetto sedativo. Riflettere prima di intraprendere la terapia per l’ipercalcemia in un paziente in fine vita può essere relativamente asintomatico. Il rimpiazzo volemico resta il cardine della terapia, seguita dall’uso di farmaci. La personalizzazione della terapia è necessaria perché la durata della risposta ai farmaci è relativamente imprevedibile. SEDAZIONE TERMINALE/SEDAZIONE PALLIATIVA “Pratica volta ad alleviare sintomi refrattari riducendo lo stato di coscienza in misura adeguata e proporzionata alle necessità, effettuata quando la morte è attesa entro un lasso di tempo compreso tra poche ore e pochi giorni” Refrattarietà del sintomo  “Il sintomo refrattario è quello che non può essere adeguatamente controllato nonostante gli sforzi effettuati per identificare una terapia idonea che non comprometta le funzioni di relazione del paziente” Riduzione/abolizione dello stato di coscienza  CLASSIFICAZIONE DELLA SEDAZIONE (Morita 2001) Profondità  Parziale: permane risposta a stimoli verbali e/o dolorifici Completa: assenza di risposta a stimoli dolorifici Durata Discontinua: prevede momenti di sospensione Continua: somministrazione continua di farmaci Intenzione  Intenzionale (primaria): non dovuta ad effetto collaterale di farmaci Non intenzionale (secondaria): dovuta ad effetto collaterale di farmaci usati per controllare sintomi difficili SEDAZIONE FARMACOLOGICA Completa (profonda) Continua Intenzionale (primaria) I DATI DELLA LETTERATURA EVIDENZIANO CHIARAMENTE CHE LA SEDAZIONE FARMACOLOGICA NON ABBREVIA SIGNIFICATIVAMENTE LA SOPRAVVIVENZA, ANZI… SEDAZIONE EUTANASIA INTENZIONE Alleviare la sofferenza del Provocare la morte paziente immediata del paziente PROCEDURA Uso di farmaci per il Somministrazione di controllo dei sintomi farmaci letali Delirium e dispnea sono le più frequenti cause di sedazione Midazolam e fenotiazine sono i farmaci più frequentemente utilizzati L’intervento è efficace nell’80-90% dei casi L’indicazione va condivisa in équipe e quindi con paziente/famiglia. Quando possibile/indicato, l’argomento è da affrontare con congruo anticipo Nel paziente «competent» il consenso informato è indispensabile. Nel paziente «non competent» la condivisione con la famiglia è altrettanto indispensabile, ma decisione e attuazione spettano all’équipe. RACCOMANDAZIONI Per quanto concerne l’induzione e il mantenimento della ST/SP, si devono considerare i seguenti fattori: Ad oggi la letteratura consiglia di attuare la sedazione con il midazolam (1a scelta) e, come alternative, clorpromazina, promazina o barbiturici. La letteratura riporta anche l’uso di altre benzodiazepine (lorazepam, diazepam...) Le dosi di midazolam utili si situano in un ampio range: da 5 a 1.200 mg/die, mediamente 30-70 mg/die. Le dosi più alte sono associate a pazienti giovani, assenza di ittero, pregresso uso di midazolam (per pregressa comparsa di tolleranza), prolungata sedazione (per probabile comparsa di tolleranza). Gli oppioidi devono essere somministrati come farmaci utili per il controllo del dolore e della dispnea e non come farmaci sedativi; l’oppioide di 1a scelta è la morfina. La sedazione deve essere attuata a dosi iniziali basse, incrementandole sino al raggiungimento del grado di sedazione utile per il controllo della sintomatologia fisica o psichica per la quale si è deciso di intraprendere la sedazione stessa, ad esclusione di quelle situazioni cliniche acute in cui il rischio di morte sia imminente. La via di somministrazione indicata è quella sottocutanea o quella endovenosa (midazolam e morfina sono somministrabili per via sottocutanea). È consigliabile utilizzare una scheda raccolta dati. La valutazione dell’induzione della sedazione deve essere effettuata frequentemente (idealmente ogni 20’ in ambiente di ricovero) sino al raggiungimento del grado di profondità ottimale per quel malato. Raggiunto il livello di sedazione ottimale, la sedazione dovrà essere rivalutata, se possibile, più volte al giorno per le eventuali modifiche. CURE PALLIATIVE: ASPETTI ORGANIZZATIVI SETTING Le Cure Palliative, in relazione ai bisogni del malato possono essere erogate con modalità e sedi differenti: CURE PALLIATIVE AMBULATORIALI CURE PALLIATIVE IN ASSISTENZA DOMICILIARE RICOVERO IN HOSPICE CURE PALLIVE IN DAY HOSPICE CONSULENZA IN CURE PALLIATIVE A FAVORE DI PAZIENTI DEGENTI IN REPARTI PER ACUTI TIPOLOGIA ASSISTENZIALE Paziente con buona autonomia e assenza di sintomi invalidanti ASSISTENZAAMBULATORIALE Paziente con ridotta autonomia o presenza di sintomi invalidanti CURE PALLIATIVE DOMICILIARI Paziente con necessità di intervento terapeutico e assistenziale più complesso cccHOSPICE Condizioni necessarie affinché possano essere erogate le Cure Palliative a domicilio Consenso alle cure domiciliari Indicazione al trattamento di tipo palliativo finalizzato al controllo dei sintomi e al miglioramento della qualità di vita in pazienti in fase avanzata di malattia degenerativa, non più autosufficienti (Performance Status sec Karnofsky inferiore 50%), Ambiente abitativo e familiare idoneo, livello di complessità e intensività delle cure compatibili con l’ambiente domestico Disponibilità della famiglia a collaborare PERFORMANCE STATUS SCALE HOSPICE L’Hospice è una struttura residenziale a bassa intensità tecnologica ma ad elevata intensità assistenziale che si inserisce all’interno di un più ampio progetto comprendente l’assistenza domiciliare e l’ambulatorio. E’ dedicato all’assistenza dei malati inguaribili in fase avanzata di malattia, con limitata aspettativa di vita che presentano problemi prevalentemente sanitari, un basso grado di autonomia e che necessitano di assistenza continuativa. Si integra in modo flessibile con l’assistenza domiciliare in Cure Palliative al fine di consentire anche il ricovero in Hospice come risorsa per fornire un breve periodo di sollievo alle famiglie oppure per ottenere un miglior controllo dei sintomi. FINALITA’ ED OBBIETTIVI Garantire un ricovero temporaneo per i malati per i quali le cure a domicilio non sono possibili o appropriate. Ottenere un miglior controllo dei sintomi legati alla fase finale della vita, nel caso questo non sia possibile a domicilio Fornire un periodo di sollievo alle famiglie nella cura dei pazienti. Essere un punto di riferimento per l’informazione e il supporto agli utenti UTENTI DESTINATARI Per l’ammissione devono essere presenti contemporaneamente i seguenti criteri (D.G.R. 15-7336 del 2002): Presenza di malattie progressive e in fase avanzata, in via prioritaria malattie neoplastiche, a rapida evoluzione e a prognosi infausta, per le quali ogni terapia finalizzata alla guarigione o alla stabilizzazione della patologia non è possibile o appropriata; Aspettativa di vita presunta assai limitata, non superiore ai 4 mesi; Performance status secondo Karnofsky ≤ 50%; Impossibilità della famiglia ad assistere il malato a domicilio CURE PALLIATIVE: DEFINIZIONE L’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da una inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici. CURE SIMULTANEE Interazione tra terapie attive e cure per il controllo dei sintomi, dal momento della presa in carico del paziente con malattia inguaribile. Le Cure Simultanee integrano precocemente terapie specialistiche e cure di sostegno con lo scopo di soddisfare i fabbisogni sanitari, sociali e psicologici del malato e della sua famiglia attraverso la collaborazione di vari professionisti (Specialisti di branca, Palliativisti, Infermieri, Psicologi, ecc.). PERCHE’ “EARLY PALLIATIVE CARE” NEI MALATI DI CANCRO? Motivazioni cliniche Numerosi studi, anche trials clinici randomizzati, documentano il miglioramento nel controllo dei sintomi e nella qualità di vita dei pazienti Iniziare precocemente le C.P. aiuta i malati a comprendere meglio la propria prognosi e a fare di conseguenza scelte terapeutiche motivate La società americana di oncologia clinica e il forum nazionale della qualità hanno dichiarato che l’uso di chemioterapia entro 14 giorni della morte è un indicatore di cattiva qualità di cure di fine vita. Uno studio numericamente ampio su pazienti che hanno ricevuto cure presso l’hospice e nessuna chemioterapia vs coloro che non hanno ricevuto assistenza in hospice ma hanno effettuato chemioterapia ha dimostrato che… LA SOPRAVVIVENZA era: significativamente maggiore nei pazienti seguiti in hospice se affetti da tumore polmonare e del pancreas maggiore in tumore del colon sovrapponibile nel tumore della mammella o della prostata APPARENTI CONTRADDIZIONI DEI BISOGNI DEL MALATO ALLA FINE DELLA SUA VITA - DI SAPERE MA ANCHE DI NON SAPERE - DI AVERE UN PERSONALE CONTROLLO DELLA PROPRIA VITA E ANCHE DI DIPENDERE, DI AFFIDARSI E DELEGARE AD ALTRI - DI PENSARE AL FUTURO MA ANCHE DI PENSARE SOLO AL “QUI ED ORA” - AUTOINGANNO DIFENSIVO …la lezione dell’esperienza - Impotenza e incontro col limite - Capacità di OSPITALITA’ del dolore altrui - La capacità di SOPPORTARE per RENDERE SOPPORTABILE - La convivenza con l’irreparabile - Il valore psicologico del FARE - L’IMPORTANZA di saper STARE Cosa cercano dai noi i nostri pazienti La nostra competenza presentata con umanità La nostra partecipazione autentica nella relazione L’empatia ‐ reciprocità Una risposta prima salvifica e poi… realista, accudente e protettiva La possibilità di essere messi nella condizione di fare la migliore SCELTA e di essere sostenuti nel farla creatività nella relazione ogni relazione è unica perché ogni persona/coppia relazionale è unica in ogni coppia relazionale si avviano pensieri, sentimenti peculiari a quella specifica coppia non esiste mai la stessa “soluzione” ma in ogni relazione bisogna trovare risposte che nascono proprio all’interno di quella specifica e unica relazione ogni paziente è irrepetibile ma anche ogni operatore lo è LUTTO (vale per il paziente anche per il care giver) il lutto è un processo che ci accompagna nella vita, in risposta alla perdita, alla separazione. Possiamo vivere situazioni di perdita molto diverse: dobbiamo separarci dalle persone care che vengono a mancare (per morte o fine di una relazione), ma anche a luoghi, sensazioni, progetti… IL LUTTO “NORMALE” Reazione alla perdita di una persona significativa. Stato doloroso per cui il mondo appare vuoto e privo di senso. Percorso emotivo e psicologico che conduce, quando evolve positivamente, al reinvestimento di energie nel mondo e al recupero del proprio progetto di vita. RIELABORARE IL LUTTO - Di un’immagine corporea cambiata - Di un sé sano - Di momenti convivialità come erano prima Le emozioni presenti nei ricordi sono diverse dalle emozioni degli stessi ricordi dopo che sono stati raccontati? Raccontare un evento passato ne modifica il ricordo in modo tale che qualche tempo dopo quando lo richiamiamo a memoria lo facciamo con una tonalità emotiva diversa. La narrazione di un evento passato produce una modificazione del vissuto emotivo associato al ricordo. In particolare, con il racconto la persona percepisce nuove emozioni, spesso contrastanti rispetto alle precedenti, andando ad arricchire il proprio vissuto emotivo e modificando quindi il significato del ricordo su cui si sta concentrando (complessificazione). Nei pazienti oncologici e nei loro congiunti i ricordi di malattia, attraverso la narrazione, si arricchiscono emotivamente e, dopo il racconto, risultano più accessibili in memoria. I racconti di esperienze positive e negative di malattia sono molto diversi tra loro e producono effetti differenti sul vissuto emotivo dei pazienti. In particolare, è verosimile che focalizzarsi nella narrazione sulle esperienze negative della malattia aiuti a ridurre le emozioni negative, a favore di un vissuto più complesso, che prende in considerazione nuovi aspetti e nuove riflessioni. MEDICINA NARRATIVA La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura. ENPOWERMENT la narrazione della patologia del paziente al sanitario è considerata fondamentale al pari dei segni e dei sintomi clinici della malattia stessa. Ascoltando la storia di malattia del paziente, il sanitario compie una serie di operazioni mentali molto specifiche, il cosiddetto ragionamento clinico che ha come punto di arrivo la diagnosi

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