LEZIONE 8 - ISTOLOGIA - 31.10.2024 - Di Agostino PDF

Summary

This document, lecture 8 on histology, discusses cartilages and provides a detailed breakdown of their structure, types, and function. The lecture gives examples, such as the trachea, to illustrate aspects of histology and includes observations on cartilage types including hyaline, elastic, and fibrocartilage, as well as their functions and differences. It covers topics like pericondrium, cells, and matrix.

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ISTOLOGIA Silvia Di Agostino LEZIONE 8 – 31/10/2024 A A SBOBINATORI: ALESSIA METE (1...

ISTOLOGIA Silvia Di Agostino LEZIONE 8 – 31/10/2024 A A SBOBINATORI: ALESSIA METE (1 ORA); LUDOVICA NIGRO (2 ORA) CONTROLLORE: MARINA MANGANI Nella scorsa lezione avevamo descritto come sono costituiti i gruppi isogeni della cartilagine, cioè gruppi di condrociti (cellule mature della cartilagine) che sono in grado di rimodellare la cartilagine, e quindi la matrice cartilaginea dall’esterno. I condrociti sono cellule differenziate dei condroblasti, cellule che derivano dalle cellule progenitrici della cartilagine e che si trovano in uno strato più immaturo del tessuto (più superficiale, a ridosso del connettivo). Procedendo dal tessuto connettivale si trova poi uno strato di pericondrio. Esempio su Histology Guide di un tessuto cartilagineo del sistema respiratorio: trachea. L’epitelio tracheale è un epitelio pseudostratificato dove troviamo delle cellule tondeggianti scure che rappresentano cellule in mitosi. Le modificazioni apicali dell’epitelio tracheale sono le ciglia. In ematossilina-eosina riesce a precipitare il colore sul punto di polimerizzazione dei microtubuli e si forma una linea netta rosa, che rappresenta le cellule dell’MTOC. Inizia poi il tessuto connettivale di tipo lasso (molte cellule e poca matrice) e poi man mano che andiamo nella profondità della sottomucosa tracheale diventa un tessuto connettivale denso. Si può notare un dotto di un apparato ghiandolare che si trova nella sottomucosa, che ha un epitelio ghiandolare che secerne muco. In questo preparato più grande e a basso ingrandimento, abbiamo una sezione che ha preso tutto l’interno della regione anatomica del collo: esofago e trachea, con tutta la cartilagine intorno che forma un singolo anello. Si ha la classica sequenza di epitelio pseudstratificato, tessuto connettivale, apparato ghiandolare e trachea. Questa è una cartilagine di tipo ialina, nell’effettuare il taglio del tessuto, la parte bianca non è uno spazio vuoto bensì uno scollamento provocato durante il taglio, perché la densità della cartilagine è diversa rispetto a quella 1 del tessuto connettivale (la cartilagine è più rigida). Già nel pericondrio, la zona di passaggio che sembra connettivo ma inizia la produzione di collagene di tipo II, avviene lo strappo. La differenza di colore si fa più netta nel momento in cui inizia la deposizione di matrice cartilaginea negli strati sottostanti. La parte che si colora ancora in ematossilina-eosina con un colore rosa è già pericondrio, e le cellule che si osservano sono le cellule progenitrici dei condroblasti, che sono già differenziate e producono la matrice cartilaginea. Queste cellule effettuano due/tre cicli mitotici e poi rimarranno intrappolate all’interno della matrice rigida, formando lo strato di matrice cartilaginea matura. La parte di tessuto che rimane scollata è invece connettivo propriamente detto, e già nell’artefatto del taglio si riescono a distinguere i due tessuti. Identifichiamo il tessuto connettivale, poi il pericondrio, all’interno del quale abbiamo le cellule progenitrici commissionate a differenziare i condroblasti, che rimangono intrappolati nella matrice di collagene di tipo II all’interno della quale troviamo zuccheri e tantissime glicoproteine. Questa caratteristica è importante perché la matrice intercellulare della cartilagine intrappolerà l’acqua, elemento fondamentale per il trasporto dei nutrienti ai condrociti, non presenta infatti né vascolarizzazione né innervazione. Questo tipo di accrescimento della cartilagine è definito apposizionale, che poi si ritrova nelle metafisi dell’osso per permettere l’allungamento durante la pubertà. L’accrescimento di tipo interstiziale invece avviene all’interno delle lacune dei gruppi isogeni e poi il condrocita si occuperà di secernere le fibre della matrice esternamente. La microscopia elettronica ci permette di notare le estroflessioni del condrocita, che sembra quasi un macrofago, attraverso le quali riesce ad avere un’attività di tipo fagocitario: fagociterà delle fibre e resusciterà delle vescicole contenenti fibre nuove, mantenendo una certa fisiologia attorno e all’interno della lacuna. La matrice si mantiene nel suo stato fisiologico attraverso il rimodellamento di ogni singola lacuna. QUANTI TIPI DI CARTILAGINE ABBIAMO? La cartilagine si divide in tre tipi: - Cartilagine ialina: è molto ricca di collagene di tipo II, qualche fibre elastica e molta acqua. - Cartilagine elastica: ha una percentuale molto elevata di fibre elastiche e si trova per esempio nel naso o nel padiglione auricolare, dove troviamo anche il connettivo di tipo elastico. Entrambi questi tipi di cartilagine hanno un accrescimento attraverso attività pericondrale. - Fibrocartilagine: è ancora più rigida e in bassissima percentuale sono presenti anche fibre di collagene di tipo I. Essa non presenta pericondrio e quindi le fibre presenti all’interno della matrice irrigidiscono molto la struttura e i gruppi isogeni sono costretti ad adattarsi a queste fibre 2 reticolari. È un tipo di cartilagine che si trova nelle articolazioni o nei dischi intervertebrali. Non presentando il pericondrio, nel momento in cui abbiamo l’usura della fibrocartilagine, non è possibile generare nuova cartilagine. In realtà questo discorso in generale vale per tutti i tipi di cartilagine, per esempio quando si ha l’usura della cartilagine ialina si va incontro a calcificazione: ci saranno degli infiltrati cellulari di tessuti ossei circostanti che sostituiscono la cartilagine degenerata con collagene di tipo I e quindi sono presenti precipitati di calcio. La calcificazione è comunque diversa dalla mineralizzazione, un processo fisiologico tipico dell’osso. La fibrocartilagine si colora con la tricromica, attraverso la quale possiamo vedere le fibre che si dispongono in un orientamento ben definito. Essa, nel caso di una cartilagine articolare (che si trova sulla testa di un osso lungo), è rivestita da cartilagine ialina ed è suddivisa in diverse zone. La zona più esterna è una zona superficiale, poi c’è una zona di transizione dove le fibre reticolari si fanno molto più fitte, fino ad arrivare ad una zona vicino l’osso che inizia una calcificazione. Quindi le fibre dell’osso invadono la cartilagine, che presenta a questo punto dei precipitati di calcio. I gruppi isogeni sono in fila, non hanno un andamento sparso, proprio perché le fibre tendono a linearizzare tali gruppi, che si trovano come su dei binari. In superficie notiamo un velo di cartilagine ialina ma non il pericondrio, quindi una volta usurata la cartilagine ialina si arriva direttamente alla fibrocartilagine, che se in presenza di ulteriore stress meccanico può a sua volta essere usurato, l’osso viene esposto e risulta innervato e vascolarizzato, per cui soggetto a infiammazione. Nell’immagine si osserva l’ambiente in cui si trova una cartilagine di tipo articolare, che deve essere protetta: l’usura avviene a seguito di attività come sollevamento di pesi o alcuni tipi di sport o lavori in cui si espongono le articolazioni a particolari stress. La cartilagine articolare si trova in strutture chiamate cavità articolari. L’immagine rappresenta un’articolazione tra due ossa, che si incontrano in una struttura rivestita dalla capsula articolare, un tessuto connettivo denso di tipo fibroso reticolare che subisce numerosi stress meccanici. Si forma una specie di cameretta 3 intorno all’articolazione, in cui troviamo fibroblasti che secernono liquido sinoviale, un liquido viscoso ricco di zuccheri e immunoglobuline che forma un “cuscinetto”, uno spazio presente tra le due ossa. È un liquido che nutre, lubrifica e porta cellule del sistema immunitario: quando si ha un’infiammazione delle articolazioni significa che il sistema della capsula articolare è infiammato, può lacerarsi e quindi si ha la fuoriuscita del liquido sinoviale che ammortizza le due ossa, e inizia lo sfregamento delle cartilagini. La cartilagine subisce il meccanismo di invecchiamento, ma non si rinnova. Dopo i 30/35 anni si abbassa la quantità di acqua, così come succede nei tessuti connettivali, si abbassa anche la secrezione di glicosamminoglicani e tutto ciò si ripercuote sulla cartilagine, che diventa asfittica. I gruppi isogeni diminuiscono e la probabilità di rimodellare questa cartilagine si abbassa, arrivando alla calcificazione: si tratta di un fenomeno fisiologico, correlato all’avanzare dell’età. Si parla quindi di artrosi e osteoartrite, la sostituzione di cartilagine degenerata con calcificazione delle ossa e dei tessuti connettivi fibrosi intorno. È questo il caso del tessuto connettivale della mammella, dove tramite le mammografie si riscontrano calcificazioni di ghiandole mammarie in menopausa. La cartilagine che con l’età va incontro ad artrosi si presenta molto più simile all’osso, con pochi gruppi isogeni le cui cellule vanno in apoptosi, e le lacune vengono sostituite da un tessuto più simile all’osso che alla cartilagine. Diminuiscono quindi l’elasticità e la capacità di resistere alle trazioni. Esempi di cartilagine elastica La cartilagine elastica è presente nei padiglioni auricolari, nel naso e anche in organi interni come l’epiglottide e tutto il sistema di fonazione, che oltre ad avere connettivi elastici in alcune zone sono presenti anche cartilagini elastiche. La colorazione è quella tipica delle fibre elastiche, la Weigert, che evidenzia di nero la parte intorno ai gruppi isogeni che stanno secernendo fibre elastiche. È presente il pericondrio, ci sono i condroblasti e le fibre nere aumentano man mano che si va avanti verso la zona più matura. Esempio di fibrocartilagine Le numerose fibre reticolari costringono i gruppi isogeni a posizionarsi come un “trenino”. Cambia la composizione della matrice in quanto è più presente il collagene di tipo I e si abbassa la concentrazione di collagene di tipo II, non si hanno ancora precipitati di calcio. Quando alla concentrazione di collagene di tipo I si associa la 4 precipitazione dei cristalli di calcio, si avrà la calcificazione e in determinate condizioni anche osso. I gruppi isogeni sono più costretti in una cartilagine di questo tipo, invece nella cartilagine ialina non si riescono ad osservare i fasci di fibre. DISCO INTERVERTEBRALE Il disco intervertebrale è una struttura a protezione di due vertebre, in cui la fibrocartilagine si dispone in modo particolare. Le fibre della matrice si dispongono con i gruppi isogeni orientati in modo concentrico, dove il centro della struttura è definito nucleo polposo ed è un connettivo di tipo embrionale. In nostro corpo infatti presenta strutture vestigiali, che rimangono intatte dallo sviluppo embrionale nel corso dell’evoluzione del corpo umano (es. denti del giudizio). Il nucleo polposo fa parte di queste strutture e deriva dalla notocorda dell’embrione, un connettivo ricco di zuccheri che definiamo mesenchima, che ha la stessa funzione del cordone ombelicale. È un disco all’interno del quale vi è una sostanza morbida che fa da cuscinetto ma che intorno è protetta da fibrocartilagine. Essa (in azzurro) può essere erosa con lavori usuranti e sport, le due ossa entrano in contatto e lo schiacciamento provoca la fuoriuscita del nucleo polposo. Le ernie rappresentano proprio la fuoriuscita di questo tessuto connettivale che va a premere su un nervo che arriva dal nostro sistema nervoso centrale. Il nucleo polposo è fatto principalmente da zuccheri e bisogna aspettare del tempo affinché il focolaio infiammatorio diminuisca, i macrofagi andranno a fagocitare la matrice e si formerà un’essiccazione dell’ernia. Si deve evitare lo scorrimento delle vertebre tramite l’utilizzo di una placca per limitare l’usura in quanto, essendo l’osso vascolarizzato e innervato, si rischia uno shock sistemico infiammatorio. Ecco come si presenta un disco intervertebrale. Il nucleo polposo ha cellule molto chiare, proprio perché stanno secernendo zuccheri e non si colorano. Poi vi è la fibrocartilagine, le cui cellule sono disposte in modo concentrico, che anche in questo caso è rivestita da un velo di cartilagine ialina; poi inizia l’osso della vertebra sia sotto che sopra. SINFISI PUBICA Un’altra zona in cui abbiamo fibrocartilagine è la sinfisi pubica, che grazie ad una colorazione tricromica si possono osservare le fibre orientate e i gruppi isogeni costretti all’interno di questa regione. La sinfisi pubica è una zona di fibrocartilagine che unisce le ossa del bacino per permetterne il movimento, le ossa del bacino infatti formano due “ali”. Nelle donne questa è la zona addominale in cui si trova l’utero, ed è la cartilagine che permette l’aumento delle sue dimensioni durante il parto. 5 Come tutte le cartilagini può infiammarsi e durante il parto può calcificare e perdere la capacità di espandersi e ritornare alle dimensioni normali. MENISCHI A livello tessutale anch'essi sono costituiti da fibrocartilagine e si trovano a protezione delle articolazioni. Sono tipiche del ginocchio. Esempio di cartilagine su Histology Guide Nell’immagine sono rappresentate due ossa, con la zona di fibrocartilagine rivestita da cartilagine ialina. Non si trova il pericondrio ma subito dopo si trova direttamente l’osso, le trabecole ossee con il midollo osseo. La zona più scura rappresenta cartilagine ialina e cartilagine fibrosa, dove i gruppi isogeni sono orientati tutti in fila. IL TESSUTO OSSEO Così come nel caso del tessuto adiposo, anche il tessuto osseo non è un semplice tessuto ma anche un organo. È il bersaglio degli ormoni tiroidei, ipofisari, ed è anche un organo di accumulo del calcio. Il calcio ha diverse funzioni, ma in particolare funge da secondo messaggero: è uno ione che viene regolato da pompe (regolazione attiva) e una volta che viene internalizzato può andare a legare enzimi, scatenando delle risposte. Il primo messaggero è un segnale esterno, il calcio entra e si può legare alle chinasi evocando dei segnali su enzimi che fosforilano le proteine, fungendo da ponte tra un segnale esterno e una risposta interna alla cellula. Il calcio inoltre è il “Re” della contrazione muscolare e per questo è importantissimo che la sua concentrazione sia regolata, infatti tra gli esami diagnostici di problemi cardiaci si fanno quelli sui livello di calcio ematico. L’osso è l’organo deputato alla regolazione delle concentrazioni di calcio ematico e funziona quindi da riserva. Avevamo già visto come anche la tiroide avesse delle cellule C in grado di secernere 6 ormoni, così come le cellule parafollicolari e le paratiroidi, un sistema di ormoni che entrano nel circolo sanguigno e vanno sull’osso per togliere o mettere calcio nel sangue. Dal sangue poi il calcio raggiunge tutti i distretti: muscolo scheletrico e cardiaco. Il tessuto osseo è un tessuto connettivale specializzato con diverse popolazioni cellulari: - cellule osteoprogenitrici: in questo caso cellule staminali - osteoblasti: cellule che sono attivamente coinvolte nella prima fase della deposizione della matrice ossea - osteociti: sono le cellule intrappolate nella matrice e che si occupano di mantenere le proprie lacune in uno stato fisiologico. Sono cellule mature che derivano dagli osteoblasti. - osteoclasti: importanti nella fisiologia dell’osso perché deriva dalla linea monocitaria ematopoietica, essa produce i progenitori che circolano nel sangue e che vengono richiamati nell’osso mediante un processo differenziativo che portano allo sviluppo degli osteoclasti. Si tratta di un gruppo di cellule che degrada la matrice, Osteoblasti e osteoclasti sono due gruppi di cellule che devono rimanere in equilibrio in un osso fisiologico, quando si hanno degli sbilanciamenti nella loro attività si sviluppano delle patologie. Gli osteoclasti derivano dalla stessa linea monocitaria che produce i macrofagi nel connettivo e le cellule di Langherans nell’epidermide. Essi hanno un’attività fagocitaria particolare perché prima di essere fagocitato l’osso deve essere sciolto, attraverso la produzione di acidi: si devono sciogliere i cristalli di idrossiapatite in sali di bicarbonato (è il concetto della pioggia acida sulle statue di marmo). La matrice cellulare avrà quindi fibre di collagene di tipo I, un collagene estremamente rigido che esclude la presenza di acqua, ma sono presenti glicoproteine e proteoglicani. Inoltre si avranno dei fosfati di calcio che precipitano formando una matrice molto rigida, essi si chiamano cristalli di idrossiapatite. Oltre alle funzioni di sostegno e protezione degli organi, importante è la funzione di protezione di cellule staminali ematopoietiche: è l’osso che forma le nicchie midollari. In uno striscio di prelievo midollare si valuta anche la condizione e la fisiologia dell’osso associato. Anche in questo caso faremo una descrizione macroscopica e una descrizione microscopica. L’osso in generale si divide in due categorie, se tagliassimo longitudinalmente un femore, esso presenta internamente delle strutture: alcune sembrano quasi una spugna con dei filamenti di matrice con dei vuoti, sono le ossa 7 spugnose o trabecolari; quando invece abbiamo un osso senza parti vuote abbiamo un osso compatto, dove la matrice si dispone in modo molto stretto in modo concentrico. La distribuzione ad ampi spazi dell’osso si ripercuote anche a livello microscopico, è un osso infatti visibilmente largo e aperto, le cui cellule sono molto piccole. È la deposizione stessa della matrice che lascia delle zone vuote, sono zone in cui non c’è nulla, è aria. Si tratta di una struttura che presenta una specie di elasticità, un po' si può piegare rispetto ad un osso compatto con una matrice molto stretta e orientata in modo concentrico. La deposizione della matrice in un osso spugnoso è invece orientata in direzioni diverse nello spazio. Le ossa sono di diversi tipi: abbiamo i tavolati cranici che hanno osso compatto su due lati e osso spugnoso in mezzo tra le due fasce che prende il nome di diploe. OSSO LUNGO L’osso lungo presenta una porzione centrale lunga chiamata diafisi e le due porzioni all’estremità chiamate epifisi. In particolare abbiamo l’epifisi prossimale più vicina all’asse centrale del corpo (di solito si prende come riferimento il cuore) e l’epifisi distale più lontana. Esiste poi la metafisi, una zona che si trova in mezzo tra l’epifisi e la diafisi ed è una zona importante per l’accrescimento dell’osso, infatti dopo i 25 anni essa scompare. L’osso spugnoso si trova nell’epifisi, mentre quello compatto si dispone lungo le pareti delle diafisi, perché essa all’interno è cava. Dentro possiamo trovare un midollo osseo funzionale (midollo osseo rosso) oppure un midollo osseo in stato di quiescenza (midollo osseo giallo). Esso risulta giallo perché la componente lipidica va a sostituire tutta l’architettura del midollo osseo rosso, che invece ha questo colore perché è uno stato attivo di produzione di cellule del sangue. La zona azzurra rappresenta il velo di cartilagine ialina che deve proteggere. Le pareti di osso compatto esternamente non sono libere ma rivestite di tessuto connettivale, il periostio. È il tessuto connettivale che poi prosegue per formare la cavità articolare. Esso è molto importante perché non funziona solo come rivestimento della diafisi ma, essendo un tessuto connettivale, al suo interno contiene la nicchia staminale degli osteoblasti, le cellule osteoprogenitrici. Anche internamente la cavità midollare è rivestita da un altro velo di tessuto connettivale, l’endostio, ricco anch’esso di cellule staminali chiamate cellule endostali. In un prelievo di midollo osseo si va ad aspirare anche questo pezzo di osso compatto e la valutazione avviene sulle cellule endostali che sono cellule regolatrici delle nicchie midollari: l’osso trasduce i segnali per indurre il differenziamento delle cellule ematopoietiche. Le nostre ossa fino circa ai 20 anni presentano la metafisi, dove troviamo cartilagine ialina che subisce il processo di accrescimento apposizionale e 8 presenta il pericondrio. Una volta raggiunti i 25 anni, la nostra carta d’identità genetica ci impone la fine della crescita, questa cartilagine verrà ossificata e scomparirà. La matrice dell’osso è talmente dura che viene deposta a lamelle. Infatti, un osso si riesce a sfogliare come lamine impilate, che hanno una loro direzione di impilamento. Nell’immagine si possono vedere le pareti di una diafisi, mentre l’interno ha una cavità midollare dentro cui vi è un tessuto di midollo osseo: dunque, si ha un velo di tessuto connettivale chiamato endostio e un velo di tessuto connettivale chiamato periostio. Nella microscopia il periostio si attacca all’osso con delle fibre di collagene perpendicolari che penetrano all’interno dell’osso: le fibre di Sharpey, fibre di collagene I non deposte in maniera circonferenziale come nell’osso, ma che partono dal connettivo (il periostio) e perpendicolarmente traforano l’osso sulla superficie, in modo da ancorare il periostio all’osso. Dunque, dall’esterno abbiamo: il periostio, le fibre di Sharpey e poi l’osso compatto, che ha una disposizione di lamelle molto particolare: è formato da tantissime unità circonferenziali (gli osteoni) che presentano un asse interno e delle lamelle che si depositano circolarmente intorno a esso. Tantissime unità circolari, l’una vicino all’altra, formano l’osso compatto. Contrariamente alla cartilagine, l’osso è vascolarizzato: passano dei vasi, entrano dall’esterno e vanno a capillarizzare l’interno di questa struttura, che è quindi forato: le lamelle si depongono intorno a un asse non realmente vuoto, perché è il canale all’interno del quale passano i vasi sanguigni. Nell’epifisi, invece, le lamelle hanno una deposizione che potrebbe risultare disordinata: in realtà, essa segue la legge di Wolff, che sinergizza la forza di gravità con la deposizione delle lamelle. Le lamelle non sono casuali: la loro deposizione segue una direzione indotta dalla forza del nostro peso/dalla forza gravitazionale. Quindi, esse servono 9 innanzitutto per sostenere il nostro peso; per esempio, il femore, ha un esercizio di elasticità sotto il nostro peso, ed è il nostro peso che educa le cellule deputate alla deposizione della matrice (gli osteoblasti) a depositare le lamelle secondo delle forze, che vanno ad annullare la nostra forza peso. Le lamelle sono deposte, quindi, in modo tale che il peso che grava, per esempio, sulla testa di un femore, venga scaricata lungo tutta la diafisi. L’osso compatto, pertanto, riceve tutte le forze convergenti come se fossero dei vettori, e in effetti lo sono: sono delle linee di forze che poi vengono annullate quando vengono scaricate sulla diafisi. Sono stati fatti dei calcoli secondo cui un femore sotto trazione regge dei pesi intorno ai 1500 kg. Wolff era un fisico che si interessò delle forze vettoriali dell’osso: si accorse che le prime radiografie della metà dell’800 mostravano sempre gli stessi tipi di deposizione dell’osso: dunque, la deposizione della matrice non doveva essere una casualità. Anche a livello macroscopico si possono vedere delle linee di forza: per questo un esercizio fisico/ un lavoro di un determinato tipo portano a una deformità delle ossa; queste deformità sono l’adattamento della deposizione della matrice alle forze che stiamo obbligando a esercitare sulle nostre ossa. Nonostante l’osso sia molto elastico e resistente, una pressione laterale porta a una frattura; se la struttura viene danneggiata, ci può essere una fuoriuscita di midollo e un focolaio infiammatorio. Microscopia elettronica a scansione: a livello microscopico l’osso si presenta così. L’osso compatto non ha spazi fisici, mentre nell’osso trabecolare, anche a livello microscopico non si trovano le strutture circonferenziali, ma si trovano le lamelle deposte e impilate lungo direzioni diverse per creare spazi fisici. Questi spazi delle ossa sono anche occupati da una parte di midollo rosso, arrivano dei capillari e vi sono anche delle piccole nicchie staminali ematopoietiche, non importanti dal punto di vista di funzionalità ematopoietica, ma all’interno delle trabecole sono ospitati capillari che vanno a vascolarizzare l’osso spugnoso. Dunque, l’osso, sia il lamellare che lo spugnoso, è lamellare, ma le lamelle si dispongono secondo direzioni diverse: nell’osso spugnoso le lamelle si impilano seguendo direzioni differenti, nell’osso compatto vengono deposte in modo circonferenziale. 10 Quando si parla di osso non lamellare? L’osso non lamellare è l’osso di prima deposizione, embrionale, chiamato anche osso a fibre intrecciate, dove gli osteoblasti, le cellule scure, cominciano a deporre una matrice (collagene di tipo I, cristalli di idrossiapatite), ma questa matrice non ha ancora un senso, dato che dovrà essere lavorata dagli osteoclasti. Quindi, arriveranno gli osteoclasti, che eroderanno il primordio di matrice, e gli osteoblasti deporranno, a quel punto, una matrice consona a un osso di tipo spugnoso o a un osso di tipo compatto. Oppure, si trova una tale matrice di fibre intrecciate anche dopo le fratture ossee; allo stesso modo, ci saranno delle cellule che incominciano a deporre una matrice, che poi deve essere rilavorata: questa struttura si chiamerà callo osseo. Quindi, si passa da una struttura non lamellare a una struttura lamellare, che può essere compatta o spugnosa. Ematossilina-eosina: osso in accrescimento (histology guide): Ci sono cellule intrappolate nella matrice, però non trovo strutture circonferenziali e non trovo trambecole. Questo è un osso in accrescimento, e si trova nel punto in cui l’osso è formato ma deve essere ancora lavorato per diventare compatto o spugnoso. È anche così che l’osso si presenta a livello embrionale: si intravedono delle striature, dal momento che l’ematossilina- eosina si deposita in maniera specifica anche sulle proteine della matrice, ma è un osso che ancora non presenta le caratteristiche né dell’osso spugnoso né dell’osso compatto. Questo tipo di osso è chiamato anche osteoide, dunque un osso di tipo immaturo. Come si prepara la sezione per vedere al microscopio un osso? Essendo un tessuto rigido, vanno effettuate a delle procedure. Lo scopo è rendere le ossa fini come fettine, in modo da poterle mettere sul vetrino, far passare luce e poter guardare da una parte all’altra. Dunque, si utilizzano dei tipi di seghe che riescono a tagliare l’osso in un modo più sottile possibile, e poi si procede con la carta vetrata: la carta vetrata è impostata su degli apparecchi che fanno un movimento circolare di abrasione, l’osso si mette tra due lamelle e 11 questo movimento deve esfoliare il più possibile per arrivare a uno spessore di pochi micron. Questa preparazione è chiamata “sezione dell’usura”, e l’osso viene messo senza colorazione: l’immagine che ne esce quindi non è colorata, si lavora sui chiaroscuri della fettina che si riesce a rendere il più possibile sottile. Nell’immagine c’è una deposizione circonferenziale della matrice, quindi è un osso di tipo compatto (si può vedere anche a livello macroscopico). L’osso compatto ha quindi una deposizione circonferenziale di lamelle, e ognuna di queste unità circonferenziali prende il nome di osteone. Dunque, l’osteone è l’unità morfologica e funzionale dell’osso compatto, ed è costituita da un asse interno, che è una cavità, all’interno della quale risiedono i vasi e i nervi; poi presenta una deposizione circonferenziale delle lamelle. I punti neri (in realtà, in quest’immagine le cellule sono tutte morte) sono delle cavità all’interno delle quali risiedevano gli osteociti. Ogni osteone ha i suoi osteociti e le zone chiamate lacune osteocitarie. Il canale all’interno dell’osteone è chiamato canale di Havers. Tra un cerchio e l’altro rimangono degli spazi, ma in questi spazi si possono visualizzare ugualmente delle lamelle: si chiamano lamelle interterritoriali o intercirconferenziali, cioè lamelle che si trovano tra un osteone e l’altro, e derivano da vecchi osteociti. Quando il tessuto osteoide arriva alla popolazione degli osteoclasti con il sangue (sono cellule che derivano dai monociti circolanti) e cominciano a degradare la matrice, formano i primi osteoni, ma anche questi osteoni verranno degradati, e questa matrice è continuamente rimodellata: continuamente, in ogni momento della giornata, noi sollecitiamo il rimodellamento delle ossa (con le nostre azioni). Quindi ci saranno ogni momento osteoclasti che degradano la matrice, e osteoblasti e osteociti che depongono nuova matrice sopra osteoni vecchi che vengono degradati: in questo modo si forma un osso maturo. Tra un osteone e un altro troverò lamelle che appartengono a osteoni vecchi, che servono a dare compattezza a tutto l’osso. 12 Se aumento l’ingrandimento, noto altri dettagli: c’è la deposizione delle lamelle in maniera circonferenziale, (anche gli osteociti che rimangono intrappolati hanno un andamento circolare intorno all’asse del canale di Havers), e ci sono anche dei raggi che uniscono una lacuna e l’altra: gli osteociti tra loro comunicano perché questi sono dei canali, chiamati canalicoli; l’osteocita non è una cellula circolare, è una cellula con dei prolungamenti che entrano all’interno dei canalicoli e fanno giunzioni con gli osteociti vicini. C’è un’ulteriore differenza con la cartilagine: gli osteociti sono tutti in comunicazione tra di loro all’interno dei canalicoli, dove possono fare delle giunzioni; l’osso ha anche una quota di liquido, non nella matrice, ma attraverso questa rete di canalicoli, che sono importantissimi: passa acqua, passa un liquor, che con i nostri movimenti fa un ondeggiamento. Gli osteociti, attraverso questo stress, lo stress da strusciamento (shear stress), hanno la percezione del movimento (che tipo di movimento, se mi sto muovendo, se è un movimento veloce o lento ecc…). Dunque, la loro regolazione di deposizione della matrice è regolata da un segnale meccanico. La gravità è una componente importantissima per la deposizione proprio per lo shear stress. Questo si ripercuote anche sulle persone con un tempo prolungato a letto, come le persone con disabilità. Infatti, la ginnastica passiva in persone con disabilità è importantissima per mantenere una matrice ossea che non venga poi depauperata: non si rischiano, così, le fratture da ossa fragili. Quindi, all’interno dei canalicoli, nel liquor, vi è un sistema di ioni, nutrienti, molecole, tra cui tutti quelli della tiroide: oltre alla vascolarizzazione, queste piccole molecole riescono poi a entrare nella linfa e poi nel liquor dei canalicoli. Quindi le ossa sono tessuti vivi e molto plastici. Oltre ai canali di Havers che corrono lungo l’osteone, anche gli osteoni vicini comunicano con dei canali perpendicolari ai canali di Havers, i canali di Volkmann, che uniscono la vascolarizzazione di osteoni vicini. Quindi, questa rete in realtà è un unico tessuto in comunicazione. In quest’immagine vi è una sezione sia trasversale che longitudinale di un pezzetto di osso. Dall’interno si ha la cavità midollare, quindi l’endostio, poi gli osteoni vicini con le lamelle circonferenziali tra gli osteoni, il canale di Havers, e i vari canali di Havers sono uniti tra loro dai canali di Volkmann, il periostio, che con le fibre di Sharpey si va a incollare alla struttura dell’osso. Per compattare di più i vari strati, la deposizione delle fibre è in direzioni diverse per ogni lamella. Tra due deposizioni, le fibre orientate in modo diverso si vanno a intrecciare in una struttura 13 estremamente compatta. In più, ogni osteocita è all’interno delle lacune, collegate da canalicoli, dentro i quali c’è un liquor che circola. Osso normale: anche a livello macroscopico può essere sfaldato in lamelle. L’osso può essere colorato con l’ematossilina-eosina, ma prima vanno tolti con degli acidi tutti i componenti dei precipitati di calcio: si fa una reazione chimica, che è quella messa in atto dagli osteoclasti. L’osso va messo in acido cloridrico, e dopo una notte ne esce fuori un pezzo morbido: è stata tolta tutta la struttura dei cristalli di calcio, che davano ulteriore rigidità, ed è stata tirata fuori la matrice di collagene e glicoproteine. Questo pezzo di tessuto si può poi includere in paraffina e processare come un tessuto normale, si può colorare con ematossilina-eosina e visualizzare le strutture già viste per usura. Questo può essere un vantaggio se non si ha il macchinario che fa l’abrasione; si ha un’ottima immagine con una sola boccetta di acido cloridrico, perdendo solo una notte. Nell’immagine si vede il canale di Havers, l’osteone che si sta formando e la lamella che sta distruggendo l’osteone vecchio. La vascolarizzazione da dove arriva? Se prendo un osso lungo, questo non è bucherellato su tutta la diafisi, l’arteria e la vena entrano in un punto ben preciso, e così succede in tutte le ossa (anche le vertebre hanno un loro punto d’entrata); questi punti di entrata sono chiamati forami nutritizi, dove tutto l’osso si rimodella per creare un grande canale (un po’ come il canale di Havers e di Volkmann) per far entrare la vascolarizzazione e l’innervazione. Quindi, il forame nutritizio è la struttura che permette l’entrata dell’arteria e della vena, in genere è centrale, e all’interno del canale midollare si ramifica per seguire una ramificazione centrifuga (andando verso l’estremità); poi dall’interno, dall’endostio, entrano tutte le 14 ramificazioni interiori per creare la capillarizzazione, che a livello microscopico deve poi colonizzare gli osteoni, quindi entrare nei canali di Havers. Quindi, non entrano i vasi dall’esterno, ma si capillarizzano all’interno. Si vede che l’endostio, contrariamente al periostio, internamente è tutto forato, per permettere l’entrata dei vasi per andare all’interno dei canali di Havers e di Volkmann; si vede poi che l’endostio è ricco di tessuto adiposo che da’ sostegno e nutrimento al tessuto ematopoietico. Si vede la ramificazione dei vasi che devono poi diventare dei capillari e andare all’interno della struttura degli osteoni. In microscopia elettronica, si vede la morfologia dell’osteocita: è una cellula piena di prolungamenti; vengono chiamate cellule dendritiche, con decine di prolungamenti che entrano nei canalicoli e vanno ad effettuare delle giunzioni con gli osteociti vicini. Nell’immagine, l’osteocita si trova all’interfaccia con l’endostio, quindi quasi vicino alla cavità midollare. Cavità midollare: all’interno c’è un tessuto costituito da tantissime cellule, molto eterogeneo: tutte queste cellule sono le cellule progenitrici/ i precursori che poi daranno origine a globuli bianchi (granulociti, agranulociti linfociti) e a globuli rossi. L’ematologo può riconoscere i progenitori dalla forma a più alto ingrandimento. Quando si fa una biopsia midollare, si valutano varie componenti: si fa la conta dei genitori, quanto tessuto adiposo c’è nel midollo (ci sono alcuni tipi di leucemie che hanno una componente adipocitaria molto alta) e la componente endostale. Nella foto si può vedere come si presenta un osso fresco: c’è l’osso compatto; nella diafisi, essendo un osso maturo, il canale midollare è pieno di midollo giallo (nei giovani nella cavità midollare c’è midollo rosso nella) e poi c’è l’osso spugnoso, che appare rosso perché nelle trabecole c’è vascolarizzazione. Nelle ossa lunghe, la cavità midollare è soprattutto ricca di tessuto adiposo e non di midollo rosso in grado di dare ematopoiesi, perché dai 25 anni, in cui iniziano a esserci cambi metabolici, c’è il passaggio di ematopoiesi, in età adulta, dalle ossa lunghe alle ossa del bacino e dello sterno (infatti i prelievi di midollo si fanno con il puntato dallo sterno o dalle creste iliache del 15 bacino). Questo è uno dei motivi per cui alcuni tipi di leucemie giovanili hanno spesso un tempo veloce di risoluzione con prognosi infausta: è un momento in cui ancora si ha un’attività proliferativa molto accentuata, sia a livello delle ossa (gli osteosarcomi sono tra le patologie giovanili più comuni), sia le leucemie giovanili. Si ha quindi un’attività staminale molto accentuata, infatti la cellula ematopoietica è tra le cellule staminali a un livello di staminalità molto elevato. Nulla è casuale: quando si fa una striscia di midollo rosso, ci si deve aspettare delle percentuali di componenti che abbiano numeri fisiologici; il numero di cellule adipose per mm3 deve rientrare in un certo parametro, così come il numero di cellule endostali della componente ossea (quanti progenitori dei globuli rossi, quanti dei globuli bianchi) …quindi si divide il midollo rosso in un reticolato, ed esistono dei vetrini appositi per questo conteggio; ad oggi abbiamo la macchina come conta cellule, ma un tempo si faceva a mano con delle camere (camerette di thoma) con cui l’ematologo andava a valutare questi parametri; quindi anche il midollo, che potrebbe sembrare un sistema disarticolato, ha dei parametri fissi e si parla di nicchie midollari, dove l’osso partecipa alla formazione della nicchia. Infatti, si vede un’isola ematopoietica, dove l’osso ha un’attività molto importante nella regolazione della staminalità. È importante ricordare alcuni dati della tabella, dove sono mostrate glicoproteine e proteoglicani che caratterizzano l’osso. Collagene di tipo I. Osteopectina e osteopontina sono proteine importantissime che vengono utilizzate nella valutazione delle patologie, rientrando nella formazione della matrice delle lamelle ossee. L’osso va dunque rimodellato. Come si sistemano le popolazioni cellulari? Gli osteociti, sia nell’osso compatto che nell’osso trabecolare, rimangono intrappolati nelle lamelle. Gli osteoblasti si sistemano nel periostio e nell’endostio, in una situazione periferica (anche nell’osso trabecolare hanno una deposizione più periferica rispetto alla deposizione delle lamelle). 16 Gli osteoclasti si trovano all’interno della cavità midollare, perché sono delle cellule che derivano dal progenitore comune dei granulociti, i monociti, che arrivano circolanti attraverso il sangue, e poi c’è un sistema di fattori che ne determina il differenziamento e l’attivazione, e tramite i vasi si trovano all’interno della cavità midollare: arrivano all’interno del forame nutritizio e poi, attraverso i canali di Havers e di Volkmann, vanno a lavorare direttamente all’interno degli osteoni. Mentre gli osteociti e gli osteoblasti sono delle cellule mononucleate, l’osteoclasto presenta una morfologia diversa; quando subisce differenziamento da monocita circolante a osteoclasto, comincia a proliferare e una normale proliferazione prevede che si abbia una fase di duplicazione del DNA, ma queste duplicazioni del DNA non sono seguite dall’anafase; quindi, si hanno duplicazioni del DNA successive ma senza una divisione cellulare, e la cellula alla fine sarà polinucleata. Questo serve per aumentare le dimensioni di questa cellula: l’osteoclasto è una cellula enorme, che non lavora mai da sola. Ci sono, quindi, tante cellule enormi concentrate in un punto di osso che deve essere demolito. Come appaiono? È usato un colorante che colorare il nucleo: in blu si vedono tanti nuclei, e in verde ci sono strutture citoplasmatiche. Si vedono dei granuli perché all’interno, l’osteoclasto, dopo che mangia la matrice, presenta un sistema di endocitosi: effettua, di fatto, una fagocitosi; essendo una linea monocitaria, fa il lavoro di un macrofago, ma mangia qualcosa di molto resistente (collagene di tipo I), quindi si vede un sistema di vescicole al suo interno. L’osteoclasto, per demolire l’osso (nell’immagine, la struttura marrone è l’osso, quella verde è l’osteoclasto) utilizza il sistema dell’acido cloridrico, che non può essere in giro per la matrice, altrimenti si degraderebbe tutto l’osso. L’osteoclasto, quando viene attivato, modifica la sua morfologia, all’interno il citoscheletro si irrigidisce e forma una sorta di legame esponendo dei recettori. Nella matrice ci sono delle fibre: l’osteoclasto comincia a esprimere delle strutture simili agli emidesmosomi dove vi è una classe di integrine che si congiunge con la matrice dell’osso. Si forma, così, una struttura sigillante la zona da demolire (è come se formasse il suo cantiere): qui l’osteoclasto riversa l’acido cloridrico sotto forma di ioni idrogeno e Cl-; all’interno di questa cavità, che si chiama lacuna di Howship, si ha l’acidificazione della matrice e quindi lo scioglimento dei cristalli di idrossiapatite. È una cellula polarizzata: la zona libera dell’osteoclasto pompa attivamente cloro (consuma energia) ed elimina carbonato. All’interno c’è una reazione chimica per liberare idrogeno: l’acqua, con la CO2 forma ioni dicarbonato, il carbonato viene eliminato e l’idrogeno singoletto (H+) viene pompato attivamente nella lacuna di Howship; il cloro entra attraverso le vie di pompaggio normale della pompa sodio/cloruro e all’interno HCl acidifica tutto il sistema. Nel momento in cui vengono tolti i cristalli di idrossiapatite, l’osteoclasto secerne 17 enzimi (peptidasi di vario tipo, collagenasi…) che vanno a degradare le fibre. Una volta che le fibre sono degradate, l’osteoclasta può fagocitare il materiale degradato. La superficie della lacuna di Howship presenta una sorta di microvilli per aumentare la superficie, sia di acquisizione di materiale degradato, sia di esocitosi degli ioni. In microscopia elettronica si presenta così: La zona con microvilli è la zona della formazione della lacuna di Howship, si vedono 4 nuclei e all’interno vi è un sistema di reticolo, di vescicole, un sistema lisosomiale di degradazione delle proteine, vi sono i mitocondri, e poi nella zona opposta, c’è il sistema di esocitosi delle vescicole contenenti fibre che devono rientrare in circolo con il sistema di membrane. Cellule staminali lubrificate da un tessuto adiposo, messe in coltura e stimolate con fattori importanti per il differenziamento dell’osso, come RUNX2 o IGF1 (ci sono svariate decine di fattori) e si forma un centro di matrice, una sorta di coagulo, e si assiste alla formazione dell’osteoide; se si fa una microscopia elettronica sul pezzetto di osso, si vedono delle fibre intrecciate come trabecole di un osso spugnoso e andando avanti nei giorni, la matrice si indurisce e inizia la deposizione di cristalli di idrossiapatite e si forma 1,5 cm di osso. Questo è il principio attraverso il quale si formano matrici ossee per trapianti per facilitare la rigenerazione di fratture scomposte importanti o per la rigenerazione di ossa per pazienti che hanno subito delle risezioni mandibolari per i tumori testa collo. Sono principi di medicina rigenerativa che si stanno attuando in questo momento: ricreare un osso da nicchie staminali adulte è molto semplice. Gli osteoblasti alla microscopia elettronica sono cellule che presentano tanti mitocondri e un reticolo endoplasmatico molto sviluppato, dato che sono cellule che stanno secernendo matrice in maniera molto attiva. 18 Invece, gli osteociti sono cellule molto allungate con molte propaggini. Osteoide con una doppia colorazione: la matrice dell’osso si colora di blu, rimangono intrappolati all’interno gli osteoblasti che poi differenziano in osteociti, ma la matrice non presenta delle linee di deposizione delle lamelle. L’osso verrà modellato nel momento in cui arriverà una vascolarizzazione che porterà monociti circolanti, poi indotti a differenziare in osteoclasti. Microscopia elettronica a scansione, colorata dal software dopo l’acquisizione, in cui si vedono dettagli importanti: la colorazione della matrice dice che la matrice è nuova, l’osteocita rimodella la matrice all’interno della lacuna. Il citosol è ricco di vacuoli e di vescicole, e si vedono le propaggini dell'osteocita che entrano nei canalicoli e sono molto lunghe: vanno a raggiungere osteociti vicini. La microscopia ottica non da’ i dettagli di questa cellula molto articolata. L’osteocita presenta anche un ciglio che funziona da meccanico sensore, come una bandierina che viene strusciata dal liquido, molto sensibile alla velocità, alla pressione del liquido ecc… è, quindi, una cellula molto articolata rispetto a una semplice cellula che depone matrice. La microscopia elettronica a trasmissione permette di vedere l’interno della cellula: si vedono così delle palline nere che sono lisosomi e la presenza di un sistema lisosomiale dice che l’osteocita non solo depone matrice, ma, come il condrocita, ha una blanda attività macrofagica di pezzetti di matrice territoriale. Anche la lavorazione della sua lacuna prevede un sistema di fagocitosi e lo si capisce dal sistema lisosomiale presente all’interno. 19

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