Istituzioni di Diritto Pubblico PDF

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This document, titled Istituzioni di Diritto Pubblico, explores the origin and structure of constitutions, contrasting ancient with modern perspectives. It examines the evolution of power structures and the role of revolutions in shaping modern constitutions, emphasizing the significance of the separation of powers and protection of individual rights in modern constitutionalism.

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Istituzioni di Diritto Pubblico Origine della Costituzione Ogni stato e ogni ordinamento giuridico ha la sua Costituzione. Comporre vuol dire dare forma, costruire qualcosa, costituito. Infatti con la Costituzione si dà forma a un gruppo sociale, al popolo di uno Stato che per stare insieme ha biso...

Istituzioni di Diritto Pubblico Origine della Costituzione Ogni stato e ogni ordinamento giuridico ha la sua Costituzione. Comporre vuol dire dare forma, costruire qualcosa, costituito. Infatti con la Costituzione si dà forma a un gruppo sociale, al popolo di uno Stato che per stare insieme ha bisogno di alcune regole. Se viene meno la costituzione viene meno il gruppo sociale che non riesce più ad essere stabile e durare nel tempo. Questo concetto esiste da sempre, da quando esiste l'uomo e i popoli in generale. Con la nascita dei regimi totalitari si segna un punto di rottura ed essi fanno sì che cambi la natura del concetto di Costituzione. L'incognita che si poneva nei gruppi sociali era decidere chi dava le regole, chi stabiliva quali erano le regole, chi esercitava il potere. Nell'antichità il potere era esercitato dal più forte all’interno del gruppo sociale perché vigeva la legge del più forte. Si riteneva che chi esercitava il potere aveva un potere divino, che derivava da Dio o da una divinità, e dunque esercitava un potere assoluto, illimitato. Questo potere era incontestabile e illimitato e il popolo poteva solo subirlo. Per secoli è stato così ma ad un certo punto avviene un punto di svolta in cui si ritiene che il potere deve essere frenato e delimitato. Questo punto di svolta avviene in contemporanea con le rivoluzioni di fine '700 (rivoluzione francese e rivoluzione americana) animate dagli ideali illuministi secondo i quali tutti gli individui erano dotati di ragione e che restauravano la centralità dell’uomo rispetto al divino. Queste Rivoluzioni diedero origine alla Costituzione in chiava moderna. Questo cambiamento/passaggio da costituzione in senso antico a costituzione in senso moderno avviene in un determinato periodo storico e l'atto che sancisce questo cambiamento è l’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 26 agosto 1789 che afferma che: “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata né la separazione dei poteri stabilita non ha una Costituzione” Quest’articolo può essere considerando il manifesto del passaggio da costituzione in senso antico a costituzione in senso moderno perché in esso è presente un elemento prescrittivo, infatti l’articolo ci dice che affinchè una costituzione sia definita in senso moderno deve prevedere almeno due elementi che sono la garanzia dei diritti e la separazione dei poteri. Se non ci sono almeno questi due elementi si parla di costituzione in senso antico. Costituzione in senso moderno L'obiettivo della Costituzione in senso moderno è quello di porre dei limiti e freni al potere ,un concetto che fino a quel momento era sconosciuto e assente. La costituzione moderna deve essere una costituzione rigida, difficile da modificare. Non è immutabile ma non è neanche flessibile come quelle vecchie che venivano cambiate quando volevano. La costituzione moderna è stabile ma non eterna infatti è necessario che sia modificata nel tempo perché con il tempo cambia il contesto. Quindi non può essere eterna ma aspira all’eternità, vuole durare il più possibile ma per durare il più possibile deve poter essere cambiata. La costituzione aveva già previsto l’esigenza di essere modificata. Essa, infatti, prevede una procedura ben precisa che viene esplicata nell’articolo 138. Articolo 138 “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.” Dall’articolo 138 capiamo che esistono delle leggi di revisione costituzionale ovvero degli atti normativi che modificano la Costituzione. Nell’articolo 138 si specifica che il soggetto legittimato alla modifica della Costituzione è il Parlamento (composto dalle due camere: Camera dei deputati e Senato) ovvero un potere costituito. Nel caso della revisione costituzionale sono necessarie due deliberazioni a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra: la proposta di una revisione costituzionale va alla camera che deve approvarla o meno, se la proposta viene approvata passa al Senato che deve, a sua volta, approvarla o meno. Se anche il Senato la approva c’è la prima deliberazione, ovvero le Camere approvano lo stesso testo. A questo punto il testo approvato viene messo da parte per almeno tre mesi (possono essere anche 6 mesi, un anno o più) durante i quali esso non può essere assolutamente modificato. Questo periodo di almeno tre mesi in cui il testo è fermo serve per animare il dibattito pubblico, per vedere cosa ne pensa la società dalla quale poi il Parlamento ne recepisce le manifestazioni. Il Parlamento dovrà poi rivotare su quello stesso testo approvato riconfermando quanto approvato precedentemente (seconda deliberazione). Dopo i 3 mesi il Parlamento decide se approvare o no e si torna alla votazione. Se nelle camere (Senato e Camera dei Deputati) si raggiunge la maggioranza assoluta, ovvero il 50% + 1 (Camera dei Deputati 201 – Senato 101) è possibile richiedere il referendum popolare per confermare o meno il voto parlamentare. La possibilità del referendum è prevista solo nel caso di approvazione in seconda deliberazione a maggioranza assoluta. Il referendum non si può chiedere se la maggioranza è di ⅔ perchè in quel caso nei voti complessivi è presente anche la votazione delle minoranze, e quindi dell’opposizione. Se non si raggiunge la maggioranza assoluta la procedura viene interrotta e si ricomincia tutto da capo. Nel caso delle leggi è necessaria una sola deliberazione: una legge per essere approvata passa prima alla Camera e poi al Senato. Quando Camera e Senato approvano lo stesso testo, la legge è approvata. Fino a quando non c’è lo stesso testo non c’è la deliberazione. Costituzionalismo Le Costituzioni in senso moderno sono figlie del costituzionalismo. Il Costituzionalismo non annulla il potere, il potere resta ma viene limitato. Quando il costituzionalismo dice di limitare, nasce il nuovo tipo di Costituzione in senso moderno che deve avere 5 caratteristiche: deve prevedere un testo scritto; deve includere la garanzia dei diritti: deve prevedere la separazione dei poteri; essa deve essere frutto di un potere costituente legittimato dal popolo; deve prevedere una giustizia costituzionale. I primi 4 elementi ci potevano essere anche prima delle costituzioni moderne, nel caso in cui il sovrano (chi deteneva il potere) fosse particolarmente clemente, generoso e umano. La giustizia costituzionale invece è uno strumento impensabile prima, non concepibile, perché fino ad allora non si era mai parlato di limitare il potere. Prima del Costituzionalismo la presenza dei 4 elementi, eccetto la Giustizia Costituzionale, era una scelta del sovrano. Dopo il costituzionalismo quegli elementi non sono facoltativi, devono esserci e se non ci sono non siamo in presenza di una Costituzione in senso moderno (con l’eccezione dell’Inghilterra, che pur essendo madre e padre del Costituzionalismo, ha una Costituzione non scritta). La Giustizia Costituzionale Il quinto elemento o tassello delle Costituzioni moderne si chiama Giustizia Costituzionale. La Giustizia Costituzionale è una novità del Costituzionalismo moderno.Essa esiste perché se vige una legge essa deve essere rispettata e se non viene rispettata è prevista una sanzione e si andrà davanti a un giudice. Come per gli esseri umani anche il potere, di fronte ai limiti costituzionali, va avanti a un giudice costituzionale ovvero la Giustizia Costituzionale. Se, ad esempio, la legge non rispetta o va contro la Costituzione, anche se essa è stata approvata dal Parlamento, può essere annullata dal giudice costituzionale. In Italia solo la Corte Costituzionale può dichiarare l’incostituzionalità di una legge. L’articolo 136 dispone che nel momento in cui la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità di una legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione. Costituzione moderna Le costituzioni del secondo Novecento non si accontentano più di preservare quello che c’è, ma si prendono l’impegno di trasformare la società. Ciò su cui bisogna lavorare e agire sono le disuguaglianze socio-economiche che lo stato liberale non voleva vedere e non considerava. Questo perché le costituzioni in senso antico erano costituzioni difensivistiche del potere e non performative. Le costituzioni difensivistiche furono alimentate anche dallo sviluppo del populismo che considerava il popolo un unico blocco monolitico, ovvero un gruppo sociale facilmente riconoscibile mediante un tratto caratterizzante forte, prevalente ma non assoluto che per il popolo italiano può essere il fatto di avere la carnagione chiara. Se si ammette che la società sia un unico blocco monolitico non si prendono in considerazione le diversità di ogni individuo. Al contrario,la nostra Costituzione è basata sul pluralismo, che è considerato il principio più importante della Costituzione non perché è più importante degli altri, ma perché ha la stessa valenza degli altri pur non essendo mai espresso, infatti leggendo la Costituzione non si troverà mai la parola pluralismo ma tutto all’interno di essa sarà declinato al plurale (partiti, minoranze, diritti, doveri). La costituzione italiana è una costituzione pluralista perché rifiuta totalmente l’idea dell’uno e l’approccio populista, e promuove, sviluppa, agevola, valorizza in ogni forma i più, le pluralità e dunque le minoranze linguistiche, i partiti politici, le religioni…“Tutti i cittadini” è espressione di pluralismo. Separazione dei poteri Un esempio di pluralismo è la separazione dei poteri, infatti separare i poteri è già un limite al potere perché fino ad allora tutto il potere lo deteneva un’unica persona, il sovrano, mentre separando il potere si individuano funzioni diverse di esso.Distinguiamo potere legislativo,che spetta al Parlamento che dà le leggi generali e astratte; esecutivo che spetta al Governo che mette in atto queste leggi; giudiziario che spetta alla Magistratura che le fa applicare e rispettare. Quando si dice legge generale e astratta si intende una legge che vale per tutti e si applica nel tempo e generale perché riguarda tutti coloro che appartengono a una determinata categoria (in una legge non ci saranno mai nomi e cognomi delle persone a cui è rivolta ma la categoria a cui appartengono). Il potere esecutivo si occupa di mettere a terra la legge generale e astratta attraverso dei provvedimenti, ovvero i decreti ministeriali che permettono di passare dalla legge astratta al caso concreto. Ad esempio una persona che ha bisogno di assistenza sanitaria può recarsi alla ASL che gli erogherà il servizio di cui ha bisogno perché ha il dovere di farlo in base al diritto all’assistenza sanitaria che ha l’individuo. Il potere giudiziario è un potere di controllo che agisce su richiesta su un caso che richiede l’intervento del giudice e sul quale il giudice ha il dovere di intervenire. Il Parlamento è l’organo rappresentativo del popolo italiano, eletto e legittimato dal popolo stesso. Esso esercita una funzione rappresentativa ma deve anche essere in grado di funzionare e prendere decisioni: è necessario che ci sia un equilibrio tra rappresentatività e funzionalità che però non è facile da ottenere. Di questo bilanciamento se ne occupa la legge elettorale che stabilisce come il popolo elegge il suo Parlamento. Il Governo ha potere esecutivo e ha una funzione di iniziativa perché avanza le proposte di legge. Legittimazione dei poteri Il Parlamento è legittimato dal popolo e la legislatura ha una durata di 5 anni. Al contrario i giudici e la Magistratura sono completamente esterni al voto popolare: per essere giudice è necessario vincere un concorso pubblico che poi permette di lavorare a tempo indeterminato. L’organo del Governo è il Consiglio dei Ministri che mantiene l’unità dell’indirizzo politico e l’atto che innesca la formazione del Governo è l’individuazione del Presidente del Consiglio dei Ministri che spetta al Presidente della Repubblica. Lo Stato Italiano ha una forma di governo parlamentare perché il Parlamento legittima il Governo: come il popolo legittima il Parlamento attraverso il voto, il Parlamento legittima il Governo e gli dà il potere di esercitare le sue funzioni attraverso il voto di fiducia. Articolo 94 comma 1 A conferma di ciò, l’articolo 94 diche che “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.” Ciò significa che il governo si può formare e può esistere ma non è legittimato e non può esercitare le sue funzioni finché il Parlamento non gli dà fiducia. Entro 10 giorni il governo deve presentarsi alle camere, per ottenerne la fiducia attraverso un voto e in quei 10 giorni il governo deve redigere un programma, basato sull’indirizzo politico, ovvero gli obiettivi che il gruppo sociale intende raggiungere, e il Parlamento deve dare la fiducia su quel programma e votare. Se vota la fiducia il Governo può iniziare ad esercitare le sue funzioni; se non la vota il Governo si deve dimettere. Una volta che il governo ha ottenuto la fiducia, non è tutto blindato, il Parlamento è libero e mantiene la sua autonomia. Sistema elettorale maggioritario e proporzionale Un sistema elettorale è un insieme di regole che stabiliscono in che modo gli elettori, scelgono i loro rappresentanti, gli eletti, in un organo elettivo. I sistemi elettorali possono essere raggruppati in due categorie:proporzionali e maggioritari. Il sistema proporzionale prevede che ogni partito o coalizione di partiti elegga un numero di rappresentanti in proporzione alla percentuale di voti che ha ottenuto alle elezioni: un partito che ottiene, per esempio, il 10% dei voti per un’assemblea composta da 500 seggi, avrà diritto a 50 rappresentanti. Il sistema proporzionale spesso prevede che oltre al partito da votare possa scegliere anche un candidato specifico e in questo sistema esiste anche il voto disgiunto in cui gli elettori possono votare per un partito, ma assegnare la propria preferenza al candidato o ai candidati di un altro partito.Lo svantaggio di questo sistema è che l’assemblea legislativa eletta rischia di essere frammentata rendendo difficile formare una maggioranza che possa sostenere un Governo. A fronte di ciò esiste la soglia di sbarramento che permette di non assegnare seggi a partiti che non superino una determinata percentuale di voti; e il premio di maggioranza che assegna a un partito o coalizione un numero maggiore di rappresentanti di quelli che dovrebbe avere. Il sistema maggioritario invece è un sistema che assegna più seggi al partito di maggioranza relativa: chi ottiene più voti viene premiato e gli vengono assegnati metà dei seggi 1 in modo che abbia la maggioranza assoluta. Il vantaggio di questo sistema è che favorisce i partiti o coalizioni più forti e dunque consente di avere un Parlamento in cui è più facile avere una maggioranza di governo; lo svantaggio invece è che gli eletti non riflettono fedelmente la volontà dell’elettorato. Per il sistema maggioritario esistono dei collettivi, ad esempio il ballottaggio quando nessuno dei candidati supera una certa percentuale di voti e dunque gli elettori sono chiamati a rivotare tra i due candidati che al primo giro hanno avuto più voti. Il maggioritario è poco democratico e la nostra Costituzione spinge verso il sistema proporzionale. Lo Stato Italiano dal 2017 ha un sistema elettorale misto, chiamato Rosatellum bis, in cui nel Parlamento il 37% dei seggi dell’assemblea è attribuito con un sistema maggioritario a turno unico mentre il 61% viene ripartito con un meccanismo proporzionale con clausole di sbarramento. Gli elettori non dispongono né del voto di preferenza né del voto disgiunto. La Costituzione Italiana La Costituzione Italiana entra in vigore il 1 Gennaio del 1948. E’ composta da 139 articoli di cui i primi 12 sono dedicati ai principi fondamentali della Repubblica e i successivi invece sono divisi in due parti: la prima parte riguarda i diritti e doveri del cittadino nell’ambito dei rapporti civili, etico-sociali, economici e politici; la seconda parte è dedicata all’ordinamento della Repubblica. In particolare l’ultimo articolo cita che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.” e dunque sancisce che lo Stato Italiano non può che essere e rimanere una Repubblica. I diritti Per la prima volta si parla di diritti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Più sono i diritti più si riduce lo spazio per il potere, infatti, i diritti individuano un’area attorno alla persona, all’interno della quale non può entrare nessuno, soprattutto il potere. I primi diritti che sono stati riconosciuti sono quelli che difendevano dal potere e lo limitavano. Questi diritti sono detti di prima generazione o “diritti di libertà”e sono ad esempio la libertà personale, la libertà di pensiero, la libertà di manifestazione religiosa. La voglia e l’esigenza di libertà era già viva nei primi anni dell’Ottocento, infatti in questo periodo nasce lo Stato Liberale che si fonda sulla massima fiducia nella capacità dell’uomo di realizzarsi all’interno del gruppo sociale. Lo Stato Liberale si fonda sul trionfo del principio di libertà e di capacità del singolo di realizzarsi in presenza di diritti. Ad un certo punto lo stato liberale diventa vittima del suo creato perché il principio di libertà su cui era fondato era necessario ma era altrettanto necessaria una riconciliazione tra libertà e uguaglianza. Infatti l’enorme disuguaglianza socio-economica all’interno del gruppo sociale era più forte dei principi dello stato liberale e questo ha portato al crollo dello stato liberale che scatenò la prima guerra mondiale. La Costituzione di Weimar Tra la prima e la seconda guerra mondiale succede una cosa molto importante per il futuro delle Costituzioni: viene approvata la Costituzione di Weimar (1919). Dura pochissimo ma è importante perché è considerata il più grande laboratorio costituzionale del ‘900 perché a Weimar si capisce dove è crollato lo stato liberale; si capisce che manca il pezzo dell’intervento del potere. Infatti il potere non deve solo essere limitato, ma bisogna far capire che è suo compito trasformare la società. Dunque se il potere dello stato liberale ignorava le differenze socio-economiche, il potere progettato a Weimar è un potere responsabile che prende a carico questa problematica e se ne occupa, intervenendo per modificare le condizioni socio-economiche dei membri della società. Grazie alla Costituzione di Weimar, ai vecchi diritti di libertà di prima generazione si aggiunge un'ulteriore categoria di diritti ovvero i diritti di seconda generazione detti diritti sociali che guardano alle condizioni socio-economiche delle persone. Questi diritti prevedono che, se due persone non sono uguali dal punto di vista delle condizioni di vita, il potere interviene a favore di chi è in una condizione di maggior svantaggio. L’idea che anima il laboratorio costituzionale di Weimar è che i diritti non sono solo diritti difensivistici ma sono spazi di libertà che in caso di condizioni socio-economiche diverse esigono l’intervento del potere. Nello stato liberale i diritti sono considerati negativi perché l’essere umano ha il diritto di non essere ostacolato dai pubblici poteri nell’esercizio della propria libertà. I diritti sociali danno, perciò, concretezza (fanno vivere) ai principi della democrazia. Un esempio di diritto sociale è il diritto all’istruzione o il diritto alla salute. Se questi invece di essere diritti sociali fossero diritti di libertà individuali, la conseguenza sarebbe che molti non avrebbero l’accesso alla salute e la conseguenza sarebbe che chi può permettersi di pagare questo servizio si istruisce o si cura mentre chi non se lo può permettere non si istruirebbe né si curerebbe. Lo Stato Italiano prevede un servizio pubblico per quanto riguarda ad esempio l’istruzione (le scuole, le università, gli insegnanti) o la sanità(strutture, medici, infermieri, professionisti). Articolo 3 della Costituzione L’ articolo 3 dice: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale , che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Questo articolo elenca in modo molto esaustivo le condizioni possibili in cui lo Stato non deve essere indifferente nei confronti del gruppo sociale. L’articolo si compone in due parti: la prima uguaglianza che riguarda tutti e la seconda che cita l’intervento dello Stato che ha il compito di rimuovere gli ostacoli. L’articolo 3 è definito l’articolo che individua il riconoscimento del principio di uguaglianza declinato in 2 versioni: uguaglianza formale presente nel primo comma e uguaglianza sostanziale presente nel secondo comma perchè non va soltanto riconosciuta l’uguaglianza ma va anche assicurata. Articolo 2 della Costituzione “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” La parola chiave dell’articolo 2 è strettamente legata all’articolo 3:“riconoscere”. Dunque la Repubblica riconosce ciò che già esiste, ovvero i diritti inviolabili, che sono già propri dell’essere umano mentre prima erano concessi dal sovrano se era particolarmente magnanimo. L’articolo 2 però non dice quali sono le formazioni sociali, le nomina soltanto. Il termine persona umana, che sta nell’articolo 3 è spiegato nell’articolo 2: la persona umana è la dimensione individuale + la dimensione relazionale. (Singolo individuo+relazionalità=persona umana). Principio di solidarietà Negli articoli 2 e 3 si può individuare un altro principio costitutivo della Costituzione oltre a quello dell’uguaglianza che è appunto quello della solidarietà. Abbiamo un riferimento al principio di solidarietà anche nell’Articolo 53 che cita che“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. “ In questo articolo il soggetto sono le tasse che sono un’espressione di solidarietà economica e politica e di esse viene riconosciuta la necessità e l'utilità. Analizzando l’Articolo 53 esso dice che sono tutti tenuti a concorrere alla spesa pubblica e dunque a un bene comune. Per spesa pubblica infatti si intende la spesa che la Repubblica deve sostenere nell’interesse di tutti, che comprende i servizi tipo istruzione, sanità, assistenza che richiedono strutture e organizzazione e che dunque non possono essere gratis perché presuppongono il lavoro di qualcuno che necessita di essere retribuito. Il medico, ad esempio, insieme all’insegnante sono due lavori per i quali serve una vocazione. Devi sentire qualcosa di diverso. In Italia il prelievo fiscale è molto alto perchè non tutti contribuiscono alla spesa pubblica e dunque lo Stato vuole essere certo del prelievo. Infatti ad esempio gli enti pubblici hanno la trattenuta delle tasse sulla retribuzione lorda. Il privato invece che ha la partita IVA dovrebbe andare dal commercialista per vedere quante tasse pagare. Il problema principale che si pone con i privati è che spesso non rilasciano fattura e questo è un danno per la comunità perché se non richiede la fattura i soldi se li prende, li ha, ma non sono soldi tracciati. Non tracciare i soldi vuol dire che per lo Stato non esistono, e dunque non possono essere oggetto di prelievo. Questo riduce il prelievo fiscale e quindi la conseguenza è il taglio del servizio. Quindi per garantire il servizio bisogna aumentare le aliquote per coloro che so per certo che i soldi riescono a darli, cioè i dipendenti pubblici. Se ci si sottrae al prelievo fiscale, obbligo fiscale esso diventa evasione fiscale che è un reato penale. Articolo 114 della Costituzione L’articolo 114 dice che“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.” Questo articolo è stato introdotto con una riforma costituzionale, nel 2001. Prima del 2001 , ovvero dal 1948 al 2001 era in vigore un’altra formula dell’articolo 114: “La repubblica si riparte in regioni, province e comuni”. Nel 2001 cambiano 3 cose: il verbo infatti si passa da “si riparte in” che dà un’idea di gerarchizzazione a “è costituita da” che dà il messaggio che non c’è una gerarchia perché appunto la gerarchia appartiene al vecchio modello; l’ordine perchè si parte dal più piccolo (comune, provincia,città metropolitane, regioni,Stato) mentre in quello del 1948 si partiva dal più grande al più piccolo; nell’articolo del 2001 viene nominato lo Stato mentre in quello del 1948 no perché si riteneva che lo Stato fosse incluso nella Repubblica e quindi non era necessario citarlo. Articolo 1 della Costituzione “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Nell’articolo 1 l’Italia è intesa come gruppo sociale e il lavoro è l’unica forma di affermazione all’interno di esso. Infatti esistono altre strade che però non sono conformi alla Costituzione e sono ad esempio l’ereditarietà, ovvero l’acquisizione di status sociali, non per meriti, o per impegno ma per fortuna (è’ quello che accade ad esempio a figli di famiglie benestanti); l’altra strada è l’illegalità che riguarda appunto quelle attività illecite dalle quali si ricava denaro, ad esempio lo spaccio di stupefacenti o la prostituzione, che non sono conformi ai principi della Costituzione. Questo articolo si collega all’articolo 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” che riconosce il diritto e il dovere rispetto al lavoro. Articolo 36 della Costituzione Una caratteristica del lavoro è l’aspetto retributivo che è trattato nell’Articolo 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.” Da questo articolo possiamo ricavare il fatto che un’attività non retribuita non è riconosciuta come lavoro e possiamo dire che la retribuzione si ricava da: quantità + qualità + impegno + fatica = retribuzione. Ognuno dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter scegliere liberamente il proprio lavoro e tutti i lavori devono essere preceduti da formazione. Articolo 33 della Costituzione comma 2 “La repubblica detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Il soggetto Repubblica qui è usato in modo improprio perché in questo articolo intende lo Stato e si capisce anche dal fatto che dopo dice “scuole statali”, ovvero scuole dello Stato e quando dice “per ogni ordine e grado” intende dire che le scuole statali devono esserci in ogni parte del territorio dello Stato. Devono proprio perché per loro è proprio un dovere esistere perché devono soddisfare il diritto sociale all’istruzione. Articolo 34 della Costituzione L’articolo 34 comma 1 cita: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore impartita per almeno 8 anni è obbligatoria e gratuita” Con questo articolo la Costituzione impone un obbligo di istruzione ma per imporlo, siccome è un servizio che presuppone attività lavorative comporta costi per la spesa pubblica. (ritorniamo all’articolo 53). Tornimo così al concetto di diritti sociali e all’articolo 53 che ci dice che tutti sono tenuti a contribuire (dovere di solidarietà) alla spesa sociale in ragione della loro capacità contributiva. Dunque non dobbiamo dare tutti quanti lo stesso ma tutti dobbiamo dare un tot in base alla capacità che abbiamo di farlo. Esiste però nel nostro ordinamento la possibilità di essere riconosciuti in una condizione per la quale non si è tenuti a pagare alcuna tassa. E’ il caso di famiglie non agiate e in stato precario ad esempio e tutto ciò non è in contraddizione con l’articolo 53. Lo sarebbe se l’articolo 53 dicesse che tutti sono tenuti a concorrere e basta. Invece specifica che va fatto in base alla propria capacità contributiva. Quindi se una capacità contributiva è al di sotto di una soglia minima quella persona è esente da quel dovere di solidarietà politica, economica e sociale. Articolo 9 L’articolo 9 ha riconosciuto il diritto all’ambiente aggiungendo un comma in cui cita di tutelare l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi nell’interesse delle future generazioni. Esso è un bene collettivo che va valorizzato. Bisogna educare alla responsabilità perché prendendoci cura dell’ambiente ci prendiamo cura anche degli altri e di noi stessi. Figli nella costituzione italiana Il concetto di figlio è un concetto relazionale perché si relaziona appunto con le figure dei genitori, della famiglia e altre istituzioni sociali. Il tema che si vuole affrontare è quello dello status di figlio che si distingue sul piano formale e sul piano sostanziale. Sul piano sostanziale indubbiamente un bambino nato è materialmente figlio di quei genitori, si è figli quando due genitori hanno procreato e messo al mondo un bambino ma in termini giuridici non è così semplice, perché dal punto di vista formale non sempre un bambino messo al mondo da due genitori è riconosciuto come figlio. Prima della costituzione repubblicana non avevamo un testo costituzionale; c'era lo statuto albertino del 1948 che era un testo para-costituzionale, ma non una vera e propria costituzione, che comunque non conteneva alcun tipo di disciplina in materia né di famiglia, né di filiazione. Il compito di trattare questa materia era affidato al codice civile, ovvero la raccolta di tutte le previsioni normative che riguardano i rapporti inter privatistici, cioè tra privati, tra persone. Nel Codice civile del 1865 si trattava la tematica della filiazione esclusivamente toccando i rapporti patrimoniali. Se invece si guarda il Codice civile del 1942 , quando c’era lo stato totalitario fascista, la famiglia inizia a ricevere attenzione perché è vista come una istituzione pubblica in grado di trasmettere i valori dello Stato. Quando nell’assemblea costituente si dovette trattare la tematica della filiazione si confrontarono due orientamenti ideologici: i cattolici e i laici. I cattolici consideravano i figli nati al di fuori del matrimonio una minaccia e si schierarono contro di loro. Per loro non dovevano essere messi sullo stesso piano i figli nati dentro il matrimonio, considerati legittimi, e quelli nati fuori, considerati illegittimi che potevano essere figli di adulterio, figli incestuosi o figli fatti tra persone non sposate. I laici invece si contrapponevano a questa visione perché ritenevano che più che soffermarsi sui diritti e sulla tutela della formazione sociale “famiglia”, ci si doveva concentrare nel riconoscere, tutelare e garantire i diritti dei singoli individui e diffidavano dalla differenziazione tra figli legittimi e figli illegittimi. Essere figlio illegittimo voleva dire essere marchiato di un disvalore sociale così profondo che nessun intervento legislativo avrebbe potuto sradicare. Nel 1975 con la legge 151 “riforma del diritto di famiglia”viene eliminato il termine “illegittimo”: si parla di figli naturali e figli legittimi. Articolo 30 della Costituzione L’articolo 30 della Costituzione dice che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.” Ciò che ha spinto maggiormente alla stesura di questo articolo erano i figli illegittimi, una categoria che storicamente aveva sofferto in termini giuridici e sociali. Questo perché, come sappiamo, la Costituzione è uno strumento che si pone a disposizione dei più deboli. Il comma 2 dice che se il genitore non è capace nei suoi compiti bisogna intervenire perché i compiti vengano svolti da qualcun altro, sempre per tutelare la figura dei figli. Con questo comma la Costituzione dimostra anche un “diritto all’adozione” perché appunto afferma che i figli hanno diritto a una famiglia che non per forza deve essere di sangue. Un altro diritto racchiuso nell’articolo 30 è il diritto alla “bi-genitorialità”, ovvero avere relazioni significative con entrambi i genitori. Possiamo dire che il nostro ordinamento si è preso cura della tutela dei figli in un'ottica evolutiva e che il percorso non si è ancora concluso. Il criterio della specialità Un’altro problema che si è posto era il rapportarsi dell’articolo 30 con gli articoli 2 e 3 della costituzione. L’articolo 2 apre alla tematica “dei diritti e dei doveri”, l’articolo 3 parla “dell’eguaglianza”mentre leggendo l’articolo 30 si parla di situazioni non eguali in realtà (“figli nati dentro e fuori dal matrimonio”). Per far fronte a questa situazione in quel periodo si ritenne di dover utilizzare come criterio interpretativo il “criterio della specialità", che ci dice che quando ci sono due norme che toccano la stessa materia e di queste due una è generale e una speciale, tra le due prevale quella specifica. Questo criterio è stato riportato anche nella nostra costituzione, nel rapporto tra l’articolo 30 e 3 e si ritenne che l’articolo 30 potesse derogare il principio di eguaglianza in quanto norma speciale e si ritenne lecito introdurre un trattamento differenziato tra figli legittimi e illegittimi. Riforma della filiazione Nel 2012 è stata approvata la “riforma della filiazione”, una legge dedicata a riformare lo status e la posizione giuridica dei figli. Questa riforma innovando il codice civile cerca di recepire appieno il messaggio nell'articolo 30 della costituzione, tanto che viene scritto nel codice civile nell’articolo 315 che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico” e che “devono essere eliminate dal codice della normativa tutte le differenziazioni (quindi gli appellativi di legittimo, illegittimo ecc.) permettendo così un’unificazione dello status dei figli. Questa riforma elimina quel disvalore dato ai figli illegittimi e recupera il senso dell'articolo 3 della costituzione (principio di uguaglianza). Questa riforma della filiazione è molto importante perché prima di questa riforma i diritti dei figli erano ricavabili solo dai doveri dei genitori mentre ora hanno diritti propri. I figli iniziano a passare da oggetti di tutela a soggetti di diritto Tra i loro diritti c’è il fatto che i genitori, oltre a provvedere al mantenimento dei figli, devono garantire loro anche assistenza morale e affettiva e questo non riguarda solo i genitori ma tutti i parenti. Ad esempio l’articolo 317 del codice civile parla dei diritti degli ascendenti, ovvero i nonni, ad avere rapporti significativi con i nipoti. Il divorzio La legge sul divorzio è stata emanata il primo Dicembre 1970 e nel 2006 l’affido condiviso diventa la norma perché prima a livello procedurale il giudice in momenti di separazione affidava i figli in modo esclusivo ad un solo genitore. Con la legge 206 del 2021 viene riconosciuta la migrazione familiare e la figura professionale del mediatore familiare, una figura professionale terza, imparziale e con una formazione specifica che interviene nei casi di cessazione di un rapporto di coppia, costituita di fatto o di diritto (unita in matrimonio), prima, durante, o dopo l’evento separativo. Il mediatore familiare si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale. Si propone di dare un tempo ai genitori, al di là delle loro problematiche di coppia, per riprendere in mano le loro responsabilità come genitori, perché ogni figlio ha diritto ad avere entrambi i genitori, a beneficiare della loro presenza e ad essere accompagnato nel proprio percorso di crescita, al di là del fatto che i genitori stiano insieme oppure no. Piano 473 bis 12 Un'altra grande novità a livello di procedure legali genitoriali è il piano previsto nel Codice di procedura civile 473 bis 12 che prevde che nei procedimenti relativi ai minori sia allegato un piano genitoriale che indica gli impegni, le attività quotidiane, le attività extrascolastiche, le vacanze relative ai figli. Esso ci dice che nel momento in cui due genitori si separano dovranno presentare al giudice il loro piano genitoriale che permette a breve, medio e lungo termine di poter andare avanti nella vita. Il tribunale unico La riforma Cartabia istituisce il Tribunale unico per le persone, i minorenni e le famiglie nel quale giudici, avvocati, mediatori, assistenti sociali, psicologi, terapisti possano costruire spazi di dialogo. Il parlamento europeo Il parlamento è un organo dell’Unione Europea, ovvero un gruppo sociale, formato dagli stati membri che nasce agli inizi degli anni 90 per ragioni puramente economiche (poco dopo la IIGM). L’unica soluzione per evitare nuove guerre era quella di costruire un gruppo sociale europeo, Il Parlamento Europeo non ha una vera e propria Costituzione ma ha dei trattati sui quali si fonda l’ordinamento. Il trattato istitutivo di questo ordinamento fu firmato a Roma nel 1957 e parte con 6 stati membri(Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Italia e Germania) mentre ad oggi ne conta 27. Fino al 1979, i membri del Parlamento non erano votati dal popolo, ma dai singoli parlamenti nazionali che individuavano i loro rappresentanti. Dal 1979 per dare maggiore spinta democratica a questo ordinamento si è deciso di far votare il popolo. Il parlamento europeo è l’unico organo rappresentativo del popolo europeo e il potere è condiviso con il Consiglio dell’Unione Europea. Questo Consiglio dell’Unione Europea è un organo legislativo che approva atti normativi. ed è composto da tutti i ministri dei singoli Stati. Gli atti normativi si distinguono in Regolamenti europei e Direttive:i regolamenti possono essere paragonati alle nostre leggi perché, una volta approvati,sono efficaci in tutti i singoli Stati membri; le direttive invece sono approvate ma fino a quando il Parlamento Nazionale non le accetta non entrano in vigore. Se c’è un Regolamento Europeo che va contro la normativa interna di un singolo Stato, tra di loro prevale il Regolamento Europeo. Ad esempio nell’articolo 11 si cita che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e consente le limitazioni di sovranità necessarie per assicurare pace e giustizia tra le Nazioni. Con questo articolo lo Stato Italiano riconosce che ci sia qualcun altro che gestisce la questione del mantenimento della pace e della giustizia al di fuori dello Stato Italiano. Il Consiglio Europeo Il Consiglio Europeo è l’organo di indirizzo politico che è composto dal Presidente di Consiglio e dai Capi del Governo di ogni stato membro. Viene convocato minimo due volte all’anno ed è molto importante perché ha preso decisioni fondamentali sulle politiche, ad esempio durante la pandemia. La Commissione Europea La Commissione Europea è l’organo esecutivo dell’Unione Europea composta dai commissari, ovvero un componente rappresentativo per ogni Stato membro, che presenta i disegni di legge e dopo aver avuto la fiducia li attua. La Commissione Europea ha un Presidente che ora è Ursula von der Leyen che ha un ruolo centrale. L’organo che esercita il potere giudiziario è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha sede a Lussemburgo in cui c’è una corte composta da giudici di nazionalità diversa, che giudica l’Ordinamento Europeo e verifica che gli atti normativi siano rispettati.

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