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IL SISTEMA IMPRESA COSA SI INTENDE PER AZIENDA Esistono diverse definizioni: Organismo composto di persone e beni diretto al raggiungimento di un fine economico (cioè creazione del valore aggiunto), d’interesse sia pubblico sia privato; ➔ azie...

IL SISTEMA IMPRESA COSA SI INTENDE PER AZIENDA Esistono diverse definizioni: Organismo composto di persone e beni diretto al raggiungimento di un fine economico (cioè creazione del valore aggiunto), d’interesse sia pubblico sia privato; ➔ azienda autonoma: creata dallo stato, dalle province o dai comuni per l’esercizio diretto di un’impresa pubblica cui non si ritenga di poter provvedere mediante un ramo ordinario della pubblica amministrazione ➔ company, entreprise o farm Organismo = apparato che deve relazionarsi e adattaSIe all’ambiente esterno imponendo dove e quando necessario il cambiamento Complesso di beni e persone organizzato ai fini della produzione di beni e servizi ➔ Azienda familiare: costituita da beni forniti da componenti della famiglia IMPRESA VS AZIENDA IMPRESA: un’attività economica esercitata professionalmente e organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o di servizi. (Art. 2082 CC) cioè è ciò che dovrà essere fatto per realizzare la produzione AZIENDA: il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (Art. 2555 CC) cioè è ciò che dovrà essere utilizzato per realizzare la produzione(ad esempio il capannone) Comunque sia impresa che azienda hanno degli elementi in comune: PROFESSIONALITA’ : rispetto delle norme PRODUZIONE E SERVIZIO : di beni ORGANIZZAZIONE : delle attività e dei ruoli PRINCIPALI CARATTERISTICHE DI UN’AZIENDA È un sistema complesso: cioè un insieme di elementi eterogenei tra loro integrati e interdipendenti, eterogenei significa che le persone che lavorano sono diverse per ruoli e competenze; Di natura economica: finalizzato a soddisfare bisogni attraverso l’impiego di risorse limitate Avente il fine di creare ricchezza: realizzare prodotti di valore superiore al valore delle risorse impiegate OBIETTIVI DELL’AZIENDA L’obiettivo principale è quello della Creazione di ricchezza (ottenere un profitto, valore dei prodotti superiore ai costi) per il perseguimento della ECONOMICITA’(la capacità dell'azienda di prosperare massimizzando l'efficienza delle risorse impiegate); tale obiettivo viene raggiunto se sono rispettati: Equilibrio reddituale : è dovuto al flusso economico ed è associato ai costi e ricavi dovuti ad acquisti di input e vendite di output Riguarda la GESTIONE OPERATIVA secondo il principio della competenza economica (cioè considerare solo costi e ricavi del periodo di riferimento) Implica che R>C cioè il rapporto costi ricavi deve essere positivo Equilibrio monetario: è dovuto al flusso finanziario ed è associato alle entrate ed uscite Riguarda la GESTIONE FINANZIARIA controllata mediante appositi indici finanziari Implica che ENTRATE>USCITE cioè il rapporto entrate uscite deve essere positivo L’obiettivo secondario, ma non meno importante, è quello di raggiungere il vantaggio competitivo sui concorrenti ossia avere una redditività più elevata e si misura sulla capacità di avere Utile superiore ai competitors Valore creato superiore ai competitors Il vantaggio competitivo è determinato dai seguenti fattori: Il valore è la somma che i compratori sono disposti a pagare per quello che l’azienda fornisce, ovviamente deve essere superiore ai costi; Il valore creato è il valore che i prodotti di tale azienda assumono e deve fornire risultati superiori alla spesa sostenuta per crearlo; infatti, a parità di costi, se aumenta il valore del bene ed il cliente è disposto a pagare di più pur di averlo, aumenteranno i profitti Il vantaggio competitivo deve essere sostenibile nel tempo contro le forze che determinano la concorrenza Altri obiettivi da perseguire sono: Sopravvivenza Quote di mercato Diversificazione Carriera IL FUNZIONAMENTO DELLE AZIENDE Affinché un’azienda possa funzionare correttamente è necessario avere uno schema di organizzazione, lo schema prevede che: si parte da una idea che deriva dall’individuazione di un bisogno da soddisfare, si organizza l’insieme di risorse necessarie: persone, denaro, impianti, attrezzature, conoscenze… tali risorse vengono organizzate al fine di condurre delle operazioni tra cui quella di produrre un bene o un servizio che soddisfi il bisogno individuato Le principali operazioni da eseguire sono: Acquisizione di mezzi finanziari Acquisizione di fattori produttivi Trasformazione dei fattori produttivi in prodotti/servizi Vendita dei prodotti/servizi L’IMPRESA COME SISTEMA L’impresa è vista come un sistema ORGANIZZAZIONE L’organizzazione è un mezzo attraverso il quale si arriva a raggiungere lo scopo prefissato, anche in questo caso abbiamo diverse definizioni a riguardo: Entità sociali guidate da obiettivi, progettate come sistemi di attività deliberatamente strutturate e coordinate, che interagiscono con l’ambiente esterno (R. Daft,2001) cioè le persone hanno obiettivi più o meno convergenti con l’obiettivo dell’organizzazione stessa Aggregazione di individui che esercitano sforzi finalizzati ad un obiettivo comune esplicitato (def di Bau and Soft) Complesso delle modalità secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e quindi viene realizzato il coordinamento tra tali compiti (H. Mintzberg,1979) Attraverso l’organizzazione si allinea l’obiettivo dell’azienda con quello dell’individuo. Gli elementi che compongono un’ organizzazione sono: Persone Struttura Sociale, l’ambiente in cui i soggetti interagiscono tra loro Tecnologia Obiettivi Ambiente esterno COSA FANNO LE ORGANIZZAZIONI Le organizzazioni: Mettono insieme risorse per raggiungere gli obiettivi ed i risultati desiderati Producono beni e servizi in maniera efficiente Facilitano l’innovazione attraverso il miglioramento continuo dovuto a processi di socializzazione Si adattano all’ambiente in trasformazione e lo influenzano (caratteristica principale di un sistema complesso e aperto) Creano valore per gli azionisti, i clienti ed i dipendenti (stakeholders) I risultati dell’organizzazione interessano agli stakeholders cioè ai portatori di interesse, ognuno ha obiettivi diversi ma alla fine convergono con quelli degli altri. GLI STAKEHOLDERS E LORO INTERESSI Gli obiettivi principali dell’organizzazione, che interessano ai portatori di interesse, sono efficienza ed efficacia in primis ma ci sono anche una serie di altri obiettivi che cambiano a seconda della persona con cui si sta interagendo: PROPRIETARI DIPENDENTI Remunerazione del capitale Soddisfazione, compenso CLIENTI Qualità,servizi. valore FORNITORI transizioni soddisfacenti, pagamenti L’ORGANIZZAZIONE è CREDITORI affidabili influenzata da diversi Capacità di credito stakeholders aventi interessi diversi MANAGEMENT COMUNITA’ Efficienza, efficacia responsabilità sociale SINDACATI retribuzione lavoratori, GOVERNO condizioni di lavoro, stabilità Rispetto leggi I portatori di interesse per capire l’andamento dell’azienda guardano gli indici finanziari, tra cui i principali: ROI return on investment è la misura dell’efficienza (degli investimenti) 𝑈𝑇𝐼𝐿𝐸 𝑂𝑃𝐸𝑅𝐴𝑇𝐼𝑉𝑂 ROI=𝐶𝐴𝑃𝐼𝑇𝐴𝐿𝐸 𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝐼𝑁𝑉𝐸𝑆𝑇𝐼𝑇𝑂 Misura quanto bene si gestisce la prodizione in termini di ricavi assoluti , valuta l’utile ottenibile dall’impiego di un dato capitale dovuto alla produzione e vendita di beni : GESTIONE CARATTERISTICA ROS return on sales è la misura dell’efficacia, intesa come redditività del fatturato ROE return on equity è la misura del rendimento realizzato dagli azionisti 𝑈𝑇𝐼𝐿𝐸 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 ROE=𝑃𝐴𝑇𝑅𝐼𝑀𝑂𝑁𝐼𝑂 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 Valuta quanto bene si sta investendo il capitale sociale, non considera l’utile dovuto alla vera produzione caratteristica bensì quello ottenuto in corrispondenza di investimenti in azioni : GESTIONE NON CARATTERISTICA ESERCIZIO Dire se le seguenti affermazioni sono vere o false e spiegare perché 1. Un’organizzazione può essere compresa principalmente considerando le persone che ne fanno parte FALSO perché bisogna considerare anche il contesto in cui gli individui sono chiamati ad operare, le organizzazioni hanno caratteristiche indipendenti dagli individui 2. Il compito principale dei dirigenti di un’organizzazione è conseguire la massima efficienza FALSO bisogna tener conto anche di altre proprietà come l’efficacia dovuta agli interessi e obiettivi degli stakeholders 3. La principale priorità dei manager è assicurarsi che l’organizzazione sia ben progettata VERO una buona organizzazione consentirà di avere ottimi risultati e raggiungimento degli obiettivi ORGANIZZAZIONE COME SISTEMA L’organizzazione può essere vista come un sistema: “Insieme di elementi interagenti, che acquisiscono input dall’ambiente, li trasformano e restituiscono output all’ambiente esterno” gli input sono dipendenti, materie prime, risorse fisiche, risorse finanziarie e informazioni, gli output sono prodotti e/o servizi destinati ai clienti le interazioni riguardano lo scambio di informazioni sia a livello sociale che tecnico Esistono due tipologie di organizzazione: Organizzazione formale: Insieme dei ruoli, norme, procedure, relazioni che nel loro complesso costituiscono la struttura organizzativa. Sono indipendenti dalle caratteristiche delle persone Organizzazione informale: Insieme dei rapporti che si vengono ad instaurare fra i componenti del sistema organizzativo in funzione delle loro diverse personalità, indipendentemente dalle regole, attitudini e caratteristiche degli individui da quelle che sono le regole e le strutture formali. Non fanno altro che migliorare la prestazione degli individui È grazie all’organizzazione informale che è possibile mettere in mostra quelle che sono le skills dei singoli individui all’interno dell’organizzazione; se ci fosse solo quella formale, ad esempio, una persona creativa potrebbe svolgere solo attività standardizzate non mettendo in luce le proprie abilità e quindi potrebbe portare sia al suo fallimento che a quello aziendale. IL PROBLEMA CENTRALE: SPECIALIZZAZIONE O COORDINAMENTO? Ripartire il lavoro nell’organizzazione attraverso i ruoli necessita di meccanismi di specializzazione e di coordinamento tra gli individui. La divisione del lavoro tra persone differenti migliora l’efficienza. Il problema centrale riguarda quello di bilanciare la specializzazione con il coordinamento perché: Coordinamento = gestire attività interdipendenti, la divisione del lavoro comporta interdipendenza tra le attività, a maggiore efficienza corrisponde un aumento dei costi di coordinamento Specializzazione = divisione del lavoro con lo scopo di ottenere maggiore efficienza. A maggiore efficienza corrisponde un aumento dei costi e necessita di meccanismi di coordinamento tra gli individui. Man mano che l’organizzazione cresce aumenta la necessità di specializzazione Secondo Adam Smith suddividere il lavoro in piccoli compiti (task) ne facilita e migliora le prestazioni, perché attraverso task elementari ogni individuo si specializza su quel task, questo comporta il vantaggio di avere una migliore efficienza dal punto di vista di gestione del lavoro ma comporta anche la necessità di avere per forza dei meccanismi di coordinamento del lavoro. Ciò si ripercuote sui costi facendoli aumentare ecco perché è necessario bilanciare i due aspetti. + EFFICIENZA + COSTI +SPECIALIZZAZIONE +COORDINAMENTO SPECIALIZZAZIONE E DIVISIONE DEL LAVORO Esistono due tipologie di divisione del lavoro 1) Divisione/specializzazione orizzontale ad ogni operatore viene assegnata una mansione specifica su cui si specializza, si riferisce al n° di compiti assegnati. Più è alto, più la specializzazione orizzontale è bassa. OBIETTIVI mira alla creazione di nuclei specialistici (funzioni aziendali) che sviluppano proprie tecniche e strumenti al fine di realizzare in modo efficiente i compiti e le operazioni aziendali. I compiti simili (per tecnologia e competenze) vengono raggruppati in nuclei di attività omogenee e affidati ad operatori specializzati. VANTAGGI grazie alla ripetitività dei contesti operativi e decisionali posso risolvere i problemi che sorgono; ci sono elevati livelli di competenze tra individui, maggiore standardizzazione (ergo automazione) e minori costi di attrezzaggio; PROBLEMI con la specializzazione orizzontale aumenta la necessità di coordinare il lavoro, con tutti i costi che ne conseguono; la ripetitività delle azioni operative potrebbe provocare alienazione negli stessi individui che svolgono il lavoro. Attraverso questo meccanismo possiamo notare una differenza tra le curve di apprendimento dell’individuo tra quando lavorava senza specializzazione (gialla) che quando lavora con specializzazione (rossa) infatti notiamo che la produttività sarà più elevata nel secondo caso e si avrà apprendimento più rapido + SPECIALIZZAZIONE + PRODUTTIVITÀ 2) Divisione/specializzazione verticale Si riferisce all’autonomia decisionale che ho sulla mansione da svolgere. Più l’autonomia è alta, più è bassa la specializzazione verticale. OBIETTIVI la creazione dei livelli gerarchici nella struttura organizzativa attraverso la definizione di ruoli con diverso grado di potere e responsabilità. VANTAGGI si ricorre alla specializzazione verticale perché si ha la possibilità di ricorrere a manodopera meno qualificata, la valorizzazione delle competenze fa riferimento non al lavoro ma alla capacità di coordinare e programmare, gli individui sono autonomi nelle proprie decisioni, con onori e oneri del caso Ci possono essere PROBLEMI dovuti ad una certa rigidità della struttura e ad una scarsa comunicazione tra dipartimenti, con basse possibilità di miglioramento dovute al disinteresse ad assumersi una responsabilità. La principale differenza è che nella specializzazione verticale c’è una gerarchia, nell’orizzontale c’è maggiore collaborazione su un certo compito tra pari. La prima migliora il controllo e la coordinazione delle operazioni aziendali, la seconda permette di eccellere in un determinato ambito. Un operaio che svolge compiti elementari è un caso di alta specializzazione verticale e orizzontale, mentre un manager che deve avere un’ampia visione d’insieme per sfruttare al meglio il proprio potere decisionale è un caso di bassa specializzazione verticale e orizzontale. MECCANISMI DI COORDINAMENTO Una volta suddiviso il lavoro ho la necessità di adottare meccanismi di coordinamento per gestire meglio le interdipendenze tra gli individui; infatti, Coordinare significa gestire attività interdipendenti; due sistemi sono interdipendenti se le azioni intraprese da uno influenzano le prestazioni o i risultati dell’altro. I meccanismi di coordinamento rappresentano le modalità adottate per gestire le interdipendenze, in generale i meccanismi di coordinamento si basano sull’esistenza di collegamenti, che possono essere collegamenti verticali consentono di attivare i meccanismi di supervisione diretta; collegamenti orizzontali consentono di attivare il reciproco adattamento degli operatori; Tali collegamenti supportano la comunicazione sia verticale che orizzontale all’interno dell’organizzazione, intesa come scambio di informazioni per risolvere problemi e possono essere gestiti e supportati da sistemi informativi. I principali meccanismi di coordinamento sono: 1) RECIPROCO ADATTAMENTO DEGLI OPERATORI Consiste nello scambio di informazioni tra gli operatori a livello orizzontale, mediante il contatto diretto in modo tale da gestire il lavoro separatamente ma allo stesso tempo interdipendente L’adattamento reciproco consegue il coordinamento tramite il processo della comunicazione informale, il controllo del lavoro resta nelle mani degli stessi esecutori, è applicabile ad: aziende piccole: per lo scambio di informazione durante il lavoro, un esempio è la squadra di calcio che si divide i ruoli e si scambiano informazioni durante la partita aziende più complesse: quando non si ha certezza sugli output, si sviluppa la conoscenza man mano che il lavoro procede, un esempio è il processo di sviluppo di un nuovo prodotto 2) SUPERVISIONE DIRETTA Il manager assume la responsabilità, ordina e controlla le azioni degli operatori La supervisione diretta consegue il coordinamento attraverso una persona che assume la responsabilità del lavoro di altri dando loro ordini e controllando le loro azioni, è applicabile ad : aziende medie: vi è necessità di comunicazione tra manager ed operatori, un esempio è nel calcio a 11 la presenza dell’allenatore che coordina le attività dei giocatori 3) STANDARDIZZAZIONE Predetermino già in precedenza i meccanismi di coordinamento a prescindere dai ruoli e dalle attività La standardizzazione consegue il coordinamento attraverso le predeterminazioni degli standard di riferimento, abbiamo tre tipi di standardizzazione: Standardizzazione per processi: le modalità di esecuzione del lavoro sono programmate ed i processi diventano routinari Standardizzazione degli output: i risultati del lavoro sono predefiniti, specificati attraverso parametri dimensionali, indicatori di performance, etc. ( ad esempio tempi di attesa) Standardizzazione delle competenze: le skills e la conoscenza sono standardizzati attraverso la formazione Ogni meccanismo di coordinamento ha dei costi per questo motivo è necessario avere un trade off tra specializzazione e coordinamento al fine di ottenere la massima efficienza ed il minimo costo Al crescere della specializzazione, aumenta l’efficienza e si riducono i costi di esecuzione perché stiamo standardizzando le attività; allo stesso tempo si riducono i costi di coordinamento e totali perché non abbiamo più necessità di coordinare le attività I costi di esecuzione si riducono se aumenta la specializzazione perché essendoci ripetitività nelle operazioni si ha meno perdita di tempo durante la loro esecuzione e quindi questo significa minore fabbisogno di formazione del personale perché ogni individuo svolge il proprio compito correttamente. Questo succede fino al punto di minimo, detto soglia dell’alienazione, in quanto oltre una certa soglia i costi potrebbero riprendere ad aumentare proprio perché gli individui facendo sempre le stesse attività non sarebbero più soddisfatti del loro operato. I costi di coordinamento aumentano se aumenta la specializzazione perché più specializzo più avrò necessità di implementare meccanismi di coordinamento, ognuno con i propri costi. I costi di coordinamento si ammortizzano nel tempo perché li dovrò sostenere solo una volta. I costi totali si minimizzano quando i due costi si incontrano e sono uguali. Possiamo misurare l’efficacia organizzativa analizzando le performance economico- finanziare (visione classica), i risultati si misurano attraverso le performance finanziarie, orientate alla massimizzazione del valore per gli shareholders (azionisti), proprietari dell’impresa a cui interessa il profitto, oppure le performance sostenibili (visione contemporanea), dove i risultati si misurano attraverso l’equilibrio tra le performance finanziarie, ambientali e sociali, orientate alla soddisfazione degli stakeholders interni ed esterni, cioè quei soggetti detentori d’interesse verso l’azienda LE INTERDIPENDENZE Come già detto i meccanismi di coordinamento risolvono le interdipendenze, ma che cosa è l’interdipendenza? Questa esprime la misura in cui le unità organizzative o le attività dipendano le une dalle altre per informazioni, risorse o materiali al fine di svolgere i propri compiti. In generale si possono avere due livelli di interdipendenza: Bassa: le unità svolgono il lavoro in maniera indipendente, hanno poca necessità di interagire Alta: le unità devono consultarsi al fine di svolgere il proprio lavoro Per scegliere il giusto modello di meccanismo di coordinamento, si guarda alle interdipendenze che si vengono a generare, possiamo avere: Interdipendenze sequenziali: Il compito A precede il compito B, in quanto produce un risultato che è un input necessario allo svolgimento di B (informare i pazienti e prenotare) Interdipendenze reciproche: I compiti A e B producono output che costituiscono input rispettivamente necessari a entrambi. L’attività procede attraverso un certo numero di cicli iterati di A e B (prenotazione e gestione rapporto con cliente) Interdipendenze legate alle risorse: A e B, pur non essendo strettamente collegati, di fatto interagiscono, perché condividono le stesse risorse tecnologiche o le stesse competenze (ad esempio due filiali di una stessa banca) Interdipendenze spazio-temporali: A e B, pur non essendo logicamente collegati, di fatto interagiscono, perché vengono svolti nello stesso luogo e/o nello stesso momento (ad esempio università) ESEMPI DELLA REALTA’ : MECCANISMI DI COORDINAMENTO Film The Founder (McDonald) Divisione del lavoro in cucina, specializzazione degli individui in una sola mansione, aumento dell’efficienza, della produttività e dei guadagni, ottimizzazione del layout mediante ottimizzazione degli spazi in cucina DaD del Poliba nel periodo Covid19 Il politecnico si è subito attivato con la didattica a distanza, alcune organizzazioni sono già pronte poiché avevano già un piano di emergenza pronti per essere messi in atto; sono stati individuati dei ruoli cui è stato assegnato un certo compito ed una certa responsabilità. C’è stato un grande coordinamento da parte di tutti in modo tale da fruire correttamente il servizio, il fallimento di alcune organizzazioni su questo argomento è dovuto al fatto che non hanno avuto un delegato alla didattica innovativa e quindi non si sono potuti adattare al cambiamento ELEMENTI DI BASE DELL’ORGANIZZAZIONE Secondo Mintzberg gli elementi di base dell’organizzazione sono: 1) I meccanismi di coordinamento, comunicazione e controllo La comunicazione si realizza mediante scambio di informazione tra le persone, il controllo avviene mediante organi di supervisione 2) Parti componenti dell’organizzazione Ogni organizzazione è fatta da cinque principali componenti indipendentemente dalla struttura e organigramma che questa assumerà Vertice Strategico (CdA) svolge un ruolo di supervisione diretta, di gestione delle relazioni dell’organizzazione con l’ambiente, e di formulazione della strategia aziendale, degli obiettivi e delle politiche dell’organizzazione. Linea Intermedia (capi reparto, responsabili di produzione, marketing) Funge a supporto degli altri elementi, il suo ruolo è quello di implementazione delle politiche decise dal vertice strategico; di coordinamento a livello di unità organizzative; di controllo dell’organizzazione; e di trasmissione delle informazioni dal nucleo operativo al vertice strategico. Nucleo Operativo (compratori, venditori, operai) Prendono indicazioni dalla linea intermedia per sviluppare le attività , ha la funzione di approvvigionamento degli input per la produzione; di trasformazione degli input in output; di distribuzione degli output; e di funzioni di supporto alla produzione. Tecnostruttura (analisti di processo, programmazione e produzione) Studiano la realtà per adattare e modificare l’organizzazione in base ai cambiamenti che avvengono, garantisce la standardizzazione dei processi di lavoro; l’analisi dei problemi del personale e lo sviluppo delle innovazioni. Staff di supporto (ufficio legale, ricerca e sviluppo, mensa) garantiscono la manutenzione dell’organizzazione, comprende l’ufficio legale, la gestione delle risorse umane che si occupa delle procedure di selezione e assunzione, di determinazione dei benefit, e la formazione e sviluppo dei dipendenti, svolge inoltre il ruolo di manutenzione Maggiore sarà il livello della tecnostruttura e maggiore sarà la standardizzazione e minore sarà la supervisione diretta 3) I flussi interni all’organizzazione I diversi flussi presenti nell’organizzazione quali flusso del potere che lega le unità organizzative, flusso delle comunicazioni formali e informali, flusso dei poteri decisionali LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: DIMENSIONI STRUTTURALI In base agli obiettivi dell’organizzazione, alla strategia, alla cultura e performance da raggiungere è necessario intraprendere delle scelte relative alla strutturazione, ogni organizzazione può essere descritta da un set di caratteristiche che vengono chiamate dimensioni strutturali 1) FORMALIZZAZIONE DEL COMPORTAMENTO La formalizzazione serve a regolamentare il comportamento degli individui e a ridurne la variabilità e si riferisce alla quantità di documentazione scritta riguardante l’organizzazione come: Mansionari/job description : documento il cui scopo è quello di ufficializzare ed evidenziare in forma scritta funzioni e compiti delle persone che lavorano in un'azienda. Maggiore sarà la documentazione scritta e maggiore sarà la formalizzazione. Uno SVANTAGGIO nell’avere il mansionario è che potrei imbrigliare la dinamica della formalizzazione cioè dopo tanti anni, se non aggiorno il mansionario, risulta difficile modificare l’ambiente di lavoro Norme, procedure e regolamenti Gli OBIETTIVI principali della formalizzazione sono: ridurre i comportamenti indesiderati, rendere possibili eventuali sanzioni, favorire la standardizzazione e quindi il coordinamento, garantire comportamenti uniformi nei confronti di terzi e limitare il libero arbitrio dei manager 2) LIVELLO DI SPECIALIZZAZIONE Riguarda il grado in cui i processi vengono suddivisi tra posizioni lavorative separate, maggiore è il grado di specializzazione più ristretti saranno i compiti assegnati agli individui Le scelte sul livello di specializzazione sono guidate dagli obiettivi da raggiungere ma anche dalla tipologia di processi 3) GERARCHIA Descrive chi riporta a chi e descrive anche l’ampiezza di controllo di ogni manager, si misura nel n° di livelli gerarchici all’interno della struttura organizzativa, si stabilisce: DIMENSIONE : più grande è e più livelli gerarchici intermedi mi aspetto, il n° di livelli gerarchici è inversamente proporzionaleall’ampiezza di controllo Ampiezza di controllo riguarda il n° di subordinati direttamente controllati da ogni singolo capo, più l’ampiezza di controllo risulta limitata e più la gerarchia si allunga DISPONIBILITÀ FINANZIARIA E RISORSE la scelta di aumentare il numero di livelli gerarchici dipende anche dalla disponibilità dell’azienda in quanto aumentare i livelli comporta dei costi in quanto vado ad inserire un meccanismo di coordinamento ulteriore cioè la supervisione diretta 4) CENTRALIZZAZIONE Riguarda come è distribuito il potere decisionale lungo la gerarchia, più il potere è ristretto ai livelli superiori maggiore sarà la centralizzazione e viceversa. Le autorità hanno il diritto di prendere decisioni senza l’approvazione di manager di più alto livello e di esigere l’obbedienza da altri. In tal senso viene spesso utilizzato uno strumento chiamato delega La Delega, strumento attraverso il quale si conferisce il potere decisionale ad un altro individuo della stessa organizzazione, cioè l’autorità decisionale viene delegata lungo la linea gerarchica, viene delegato il processo di decision making; può essere alta se sono delegati entrambi gli aspetti dell’autorità decisionale e obbedienza oppure bassa quando viene delegato un solo aspetto. La delega consente di passare da una struttura centralizzata ad una decentralizzata DECENTRALIZZAZIONE (struttura verticale) Controllo procedure più stringente, ristretta ampiezza di controllo e decentralizzazione dell’autorità; è utilizzata per Decisioni non routinarie In presenza di elevate competenze dei manager Alta motivazione degli individui, ambiente dinamico Con elevata disponibilità di risorse finanziarie PRO: velocizza le decisioni perché queste vengono prese anche dai livelli inferiori, alleggerisce i compiti dei manager attraverso l’uso della delega, alta motivazione dei managers, flessibilità al cambiamento, sviluppo e professionalità CONTRO: aumento dei costi per la formazione CENTRALIZZAZIONE O ACCENTRAMENTO (struttura piatta) Controllo per obiettivi, grande ampiezza di controllo e centralizzazione dell’autorità; è utilizzata per Decisioni routinarie In assenza di specifiche competenze decisionali In presenza di scarsa motivazione e capacità di leadership dei manager In presenza di indisponibilità di risorse finanziarie PRO decisioni prese solo dall’alta direzione, garantisce una conduzione più integrata favorita da una visione di insieme 5) PROFESSIONALITÀ Riguarda il livello di formazione dei dipendenti che dipende dalla tipologia di attività 6) COMPOSIZIONE DEL PERSONALE Riguarda la tipologia di ruoli e incidenza di impiegati ed operai ed i rapporti tra gli stessi Le scelte relative alle dimensioni strutturali, variabili in base all’ambiente in cui l’azienda opera configureranno l’organizzazione in maniera differente,in genere ci danno due modelli estremi: ORGANIZZAZIONE MECCANICISTOCA (ambiente stabile) : modello di organizzazione caratterizzato da una struttura centralizzata, presente soprattutto nella PA, elevata formalizzazione dovuta all’abbondanza di normative e procedure; presenta una comunicazione verticale rigida e conoscenze concentrate nel top management ORGANIZZAZIONE ORGANICA (ambiente instabile): caratterizzato da una bassa formalizzazione, maggiore decentramento delle autorità. I dipendenti godono di una maggiore autonomia decisionale, presenta una linea gerarchica meno rigida e si concentra sul raggiungimento di biettivi piuttosto che sull’esecuzione del lavoro. Si presta ad organizzazioni flessibili, capacità di adattarsi ai cambiamenti Gli altri modelli sono il modello elementare, modello funzionale, modello divisionale e modello a matrice, in base all’ambiente, alla dimensione e alla tipologia di prodotti offerti. LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: AMBITI Progettare l’organizzazione vuol dire gestire le risorse umane, le quali interagiscono in modo attivo e sono mosse da obiettivi personali e aspirazioni. I principali ambiti della progettazione organizzativa sono: Progettazione delle posizioni o microstrutturale Con microstruttura ci si riferisce a tutto ciò che riguarda le specializzazioni e le mansioni individuali, quindi le risorse umane. La progettazione microstrutturale si basa sulla definizione dei compiti, dei sistemi e metodi operativi che consentono ad un’organizzazione di raggiungere gli obiettivi Progettazione macrostrutturale Con macrostruttura ci si riferisce a tutto ciò che riguarda la gestione delle unità organizzative cioè un sottoinsieme di posizioni o ruoli a cui è assegnato una serie di compiti collegati tra loro (es. filiale bancaria). La progettazione macrostrutturale si basa sul raggruppamento delle posizioni in unità organizzative (u.o.), sulle loro dimensioni e funzioni. Progettazione dei meccanismi di collegamento orizzontale e verticale Risponde alle seguenti domande Quanti compiti dovrebbero formare una certa posizione? Quale dovrebbe essere il grado di specializzazione? Su quali basi fare i raggruppamenti delle unità organizzative? LA PROGETTAZIONE MICROSTRUTTURALE Si compone di tre fasi: Definizione dei compiti e dei ruoli dei singoli individui nell’organizzazione Definizione del livello di formalizzazione del comportamento; Definizione del livello di competenze e capacità. DEFINIZIONE DEI RUOLI In tale fase si vanno ad individuare i compiti e le attività di lavoro principali per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, raggruppando le attività elementari in mansioni e definendone i ruoli. I ruoli si caratterizzano in base a: 1. Contenuto: cioè che cosa fare, attività attraverso cui il ruolo si esplica 2. Scopo: cioè perché si sta caratterizzando tale ruolo, fini e responsabilità attribuite 3. Strumenti: come fare per svolgere le attività, tecnologie/strumenti con cui operare 4. Relazioni: con chi si rapporta questo ruolo, rapporti di dipendenza e di collaborazione In particolare un ruolo è definito da tre principali elementi: 1. Job range = numero di tasks 2. Job depth = livello di autonomia nel decidere sul proprio lavoro 3. Job relationships = numero e tipi di relazioni Le diverse tipologie di ruoli che si vengono a creare dipendono molto anche dagli effetti congiunti della specializzazione verticale e orizzontale, se la specializzazione è alta si tende ad avere un numero di ruoli limitato in quanto l’ampiezza di controllo è ristretta e viceversa. Possiamo notare le diverse combinazioni dalla seguente tabella Mansioni professionali=alta specializzazione orizzontale, elevata discrezionalità e autonomia decisionale (esempio progettista specializzato) I criteri per l’attribuzione dei ruoli, chiamati anche job design, sono i seguenti con relative qualità appartenenti ad ognuno: significatività del compito = varietà e chiara identità dei compiti responsabilità del compito= autonomia, lavorare come un team, essere responsabili coscienza dei risultati= feedback sulle prestazioni da eseguire, feedback sulle prestazioni degli altri A volte può succedere che alcuni ruoli debbano essere riprogettati, a causa di diverse necessità dell’organizzazione; a tal proposito possiamo dire che esistono diverse tecniche di riprogettazione dei ruoli, tra cui troviamo: Job enlargement = la mansione viene allargata a più compiti diversificati, si ottiene così minore specializzazione orizzontale e maggiore specializzazione verticale. Si passa da una mansione più stretta ad una più ampia Job enrichment = vi è un forte utilizzo della delega professionale, in tal caso si ha minore specializzazione verticale e si allarga il potere decisionale ad altri ruoli. Si ha un maggiore livello di autorità passando dal basso all’alto livello Job rotation = rotazione dei ruoli Teamwork = lavoro di gruppo L’implementazione di queste tecniche fa sì che si possano individuare dei percorsi di crescita professionale all’interno dell’organizzazione e si possa delineare il passaggio da certe mansioni ad altre applicando una specifica metodologia. Guardando il seguente grafico possiamo leggere delle specifiche caratteristiche per ogni ruolo: ad esempio le mansioni professionali sono caratterizzati da un’alta specializzazione orizzontale (numero di compiti limitato), e da un’elevata discrezionalità ed autonomia decisionale. DEFINIZIONE DEL LIVELLO DI FORMALIZZAZIONE DEL COMPORTAMENTO Abbiamo visto nel precedente paragrafo quanto importante sia la formalizzazione del comportamento all’interno dell’organizzazione, in quanto si va a regolamentare il comportamento che ogni individuo deve avere, definendo cosi un mansionario. La formalizzazione del comportamento si ottiene attraverso: Mansionari/job description: prescrivono gli specifici comportamenti individuali e chiarisce le aspettative aziendali Norme e procedure di valenza generale L’obiettivo della formalizzazione è ridurre la variabilità dei comportamenti e limitare l’arbitrio dei manager, quindi aumenta la specializzazione verticale. DEFINIZIONE DELLE COMPETENZE E CAPACITA’ Definire le competenze vuol dire definire le procedure di reclutamento e selezione del personale ed elaborare dei programmi di formazione e sviluppo per tutti gli individui all’interno dell’organizzazione. In particolare, i requisiti necessari per occupare una certa posizione di solito sono: Conoscenze = SAPERE , deriva dagli studi fatti, dalle conoscenze tecniche Esperienza = SAPER FARE, deriva dalle esperienze pregresse, dalle attività e condizioni professionali già vissute Capacità = SAPER ESSERE, riguarda la capacità di comportarsi in una certa maniera, le caratteristiche che definiscono il carattere di una persona possono essere sia sviluppabili che immutabili Le capacità sono suddivise in quattro aree : area intellettuale (flessibilità di pensiero), area relazionale (collaborazione), area realizzativa (capacità realizzativa) ed area manageriale (leadership). Le competenze possono essere core (definiscono quello che l’azienda sa fare) o distintive (rendono unica l’impresa rispetto alla concorrenza). LA PROGETTAZIONE MACROSTRUTTURALE Dopo aver definito i ruoli si passa a definire la dimensione delle unità organizzative e scegliere il criterio di raggruppamento delle posizioni, così da poter definire l’ORGANIGRAMMA dell’organizzazione, una rappresentazione visiva della struttura organizzativa, nella quale è possibile identificare i seguenti elementi: 1. Parti dell’organizzazione 2. Modalità di raggruppamento delle unità organizzative 3. Gerarchia intesa come le unità sono tra loro legate formalmente DEFINIRE LA DIMENSIONE DELLE UNITA’ ORGANIZZATIVE Per poter definire la dimensione dell’u.o. è necessario capire quante posizioni dovrebbero comporre una unità organizzativa, quante unità dovrebbero essere comprese nell’unità di ordine via via più elevato e quante persone dovrebbero dipendere da ciascun manager. Rispondere alle seguenti domande significa stabilire la dimensione, quindi, è necessario andare a definire per ogni unità organizzativa i seguenti parametri: - Ampiezza del controllo numero di subordinati direttamente controllati da ogni singolo capo - Numero di livelli gerarchici - Forma della macrostruttura: verticale o piatta DEFINIZIONE DEI CRITERI DI RAGGRUPPAMENTO Definire i criteri di raggruppamento significa stabilire come raggruppare le posizioni delle diverse unità organizzative ed allo stesso tempo definire la progettazione dei meccanismi di collegamento, in quanto tra le u.o. si vengono ad instaurare in maniera indiretta dei meccanismi di coordinamento. Abbiamo diversi criteri di raggruppamento: Raggruppamento in base alle conoscenze/competenze (omogenee) Le posizioni possono essere raggruppate in base alle conoscenze specialistiche necessarie per la realizzazione dei compiti. Raggruppamento in base ai processi di lavoro e alle funzioni (omogenee) I lavoratori possono essere raggruppati in base ad attività e processi simili. Raggruppamento in base agli output (eterogenee) I dipendenti sono organizzati in base a ciò che l’organizzazione produce. Raggruppamento in base alla clientela (eterogenee) Le unità organizzative possono essere costituite per trattare con diverse tipologie di clienti. Raggruppamento in base alla località geografica (eterogenee) I dipendenti sono raggruppati in base alle zone geografiche in cui l’azienda opera. I meccanismi di coordinamento che si vengono a creare, come già detto, sono i seguenti: 1. In ogni unità è presente la figura di un supervisore -> supervisione diretta 2. Ogni u.o. ha ben definito ciò che deve fare -> standardizzazione degli output 3. Ogni u.o. segue ben precise attività routinarie -> standardizzazione dei processi 4. Ogni individuo deve essere formato in modo tale da avere determinate competenze nel settore in cui opera -> standardizzazione delle competenze 5. Raggruppamento delle unità organizzative -> adattamento reciproco degli individui Una volta individuato il criterio in base al quale raggruppare le diverse posizioni, si passa alla progettazione dei meccanismi di collegamento tra le varie unità organizzative. PROGETTAZIONE DEI MECCANISMI DI COLLEGAMENTO La funzione dei collegamenti è quella di consentire la comunicazione ed il coordinamento tra le unità organizzative sia verticalmente che orizzontalmente. Da questo punto di vista possiamo dire che esistono due tipi di collegamento: COLLEGAMENTI VERTICALI sono determinati da regole e dalla gerarchia o supervisione diretta ma anche da procedure e piani e da sistemi informativi verticali COLLEGAMENTI ORIZZONTALI sono invece necessari per favorire i rapporti fra le persone, per coordinare l’attività di due o più unità Le principali strutture utilizzate per il collegamento orizzontale sono: Comitati organi collegiali ai quali partecipano i rappresentanti delle funzioni direttamente interessate all’assunzione di una data decisione es. definizione strategie, formulazione budget Sistemi informativi un insieme di persone, funzioni che interagendo tra di loro hanno come obiettivo rendere disponibile ad un soggetto una serie di informazioni e dati nel momento e nel luogo desiderati Ruoli di collegamento singoli individui collocati in una u.o. che hanno la responsabilità di comunicare, collaborare e coordinarsi con altre unità Task force, costituite attraverso l’aggregazione temporanea di specialisti di funzione impegnati in modo parziale (fanno il loro lavoro standard ma dedicano alcune ore a svolgere un determinato progetto per cui è stata costituita) e temporaneo su progetti non ripetitivi Team, sono task force permanenti, costituiti attraverso l’aggregazione di specialisti di diverse funzioni impegnati a tempo pieno su specifici progetti Integratore full-time: Organi full time adibiti solo al coordinamento (project manager) STRUTTURE ORGANIZZATIVE Il risultato della progettazione macrostrutturale è l’organigramma. Ne esistono diversi tipi, in base alla struttura adottata e agli obiettivi da perseguire. Le tipologie ideali di struttura, nella realtà difficili da trovare cosi come sono, ma si tende ad applicare delle ibridazioni che cercano di prendere i vantaggi di una struttura e mitigare gli svantaggi di un’altra. Il modello elementare della struttura organizzativa è caratterizzato da una struttura organizzativa poco formalizzata ed è diffusa solitamente nelle aziende familiari o le startup. I vantaggi del modello elementare sono una scarsa formalizzazione, un’alta centralizzazione delle decisioni e una gerarchia semplice. Da questo modello nascono altre strutture, in base al criterio di raggruppamento utilizzato per raggruppare le unità organizzative: STRUTTURA FUNZIONALE (Raggruppamento in base ai processi di lavoro) Il criterio di raggruppamento utilizzato è quello funzionale. Di seguito è mostrato soltanto il primo livello gerarchico, ovviamente la struttura si svilupperà secondo le unità organizzative previste dell’organizzazione, si individuano le diverse funzioni in base alle attività svolte In questa struttura, tipica delle pmi con poche linee di prodotti, abbiamo un basso coordinamento orizzontale tra le varie funzioni, col controllo affidati ai collegamenti verticali. Subattività di Subattività di Subattività di Subattività di Subattività di gestione del amministrazione gestione gestione gestione personale acquisti vendite produzione Possiamo avere altre funzioni quali: attività di ricerca e sviluppo e progettazione e altre necessarie a realizzare l’obiettivo dell’azienda. Su ciascuna funzione sono impegnate determinate u.o. che svolgono quindi ruoli simili. PUNTI DI FORZA Presenza di economie di scala all’interno delle unità funzionali quindi sostengo meno costi all’aumentare del volume di produzione Garantisce elevata efficienza in quanto per ciascuna funzione vi è lo sviluppo di conoscenze e capacità approfondite facendo aumentare il livello della specializzazione Aumento dell’efficienza aziendale mediante: concentrazione degli sforzi e degli interessi su singole aree gestionali e attento controllo dei costi e degli sprechi Conseguimento di obiettivi funzionali Preferibile in presenza di un solo prodotto o pochi PUNTI DI DEBOLEZZA Rigidità al cambiamento tempo di risposta lento di fronte a cambiamenti Inadeguatezza al crescere della dimensione aziendale e/o ampliamento dei prodotti e mercati Rischio di burocratizzazione in caso di crescita dimensionale Rischio di eccessiva specializzazione cioè una attività è considerata prioritaria rispetto alle altre, visione ristretta sulle priorità aziendali Accumulo elevato di decisioni al vertice e sovraccarico della gerarchia Scarso coordinamento orizzontale tra le u.o. Minore innovazione Visione ristretta degli obiettivi aziendali Ma quali sono le unità subordinate alle varie direzioni presenti in questa struttura? Adesso ci concentriamo ad osservare quali sono le diverse FUNZIONI AZIENDALI (sono 10) FUNZIONE ACQUISTI Riguarda una serie di attività importanti quali Scelta dei fornitori dove ci sono criteri di scelta diversi a seconda della tipologia di fornitura (rapporto qualità/prezzo, puntualità nelle consegne, ecc.) Emissione di ordini di acquisto/fatture FUNZIONE LOGISTICA Riguarda la gestione del flusso dei materiali in ingresso o uscita e attività quali: Problematiche dei trasporti e dei magazzini Logistica in ingresso: gestione dei materiali in ingresso o punti di riordino Logistica in uscita: gestione dei beni in uscita e attribuzione dei carichi Logistica interna: gestione delle movimentazioni e degli immagazzinamenti per evitare lacreazione di blocchi al flusso di materiale FUNZIONE PROGETTAZIONE Riguarda attività legate a definire le caratteristiche e specifiche tecniche dei prodotti attraverso dati provenienti o dal designer o dal marketing con analisi di mercato o innovazione Trasformare le informazioni provenienti dal marketing in una serie dicaratteristiche e specifiche tecniche New Product Development FUNZIONE PRODUZIONE Si occupa di trasformare materie prime e componenti in prodotti finiti, generando profitto Le prestazioni a cui punta sono quelle relative alla qualità dei prodotti, alla conformità, ai tempi di produzione minimizzando i tempi morti, reattività di risposta FUNZIONE COMMERCIALE E MARKETING Riguarda attività come Ricerche di mercato: analisi e rilevazione delle esigenze del cliente Formulazione di nuove idee di prodotto da tradurre nelle progettazioni di nuovi prodotti Gestione dei rapporti con la rete di vendita: concessionari, grossisti, agenti, ecc. Alcune principali attività “allargate” al marketing sono attività che riguardano principalmente transazioni commerciali quindi promozioni, pubblicità, strategie di vendita, rapporto con clienti. FUNZIONE RICERCA E SVILUPPO Sviluppo di innovazioni di prodotto e processo Sperimento nuove soluzioni tecniche, nuovi materiali, innovazioni tecnologiche, ecc. FUNZIONE PERSONALE E ORGANIZZAZIONE Gestione delle risorse umane: piani di sviluppo carriere e formazione Gestione delle problematiche organizzative: risoluzione dei conflitti, adeguamento della struttura all’ambiente esterno Amministrazione: piani ferie, salari, ecc. FUNZIONE AMMINISTRAZIONE Gestione della contabilità aziendale: registrazione fatture, redazione bilancio, scritture contabili, ecc. Controllo interno (internal auditing) verifica procedure aziendali, verifica attendibilità dei dati per aziende quotate, è obbligatoria e viene realizzata da società esterne Controllo di gestione contabilità industriale, budgeting, reporting etc FUNZIONE FINANZA Conoscenza per procedere alla valutazione degli investimenti Gestione della finanza aziendale: debiti, crediti, convenienza economica degli investimenti, fonti di finanziamento, rapporti con gli azionisti, gestione del credito etc FUNZIONE TOP MANAGEMENT Coordinamento e controllo interno all’organizzazione Definizione degli obiettivi aziendali e verifica del loro raggiungimento Formulazione delle strategie e dei programmi aziendali ESEMPIO: STRUTTURA FUNZIONALE CON SVILUPPO DELLE ALTRE FUNZIONI Sviluppare la seguente struttura utilizzando il criterio di raggruppamento per funzioni DIREZIONE GENERALE ORGANIZZAZIONE E LOGISTICA MARKETING PRODUZIONE ACQUISTI AMMINISTRAZIONE RISORSE UMANE SELEZIONE INBOUND GESIONE FORNITORI PERSONALE OUTBOUND GESTIONE ORDINI FORMAZIONE INTERNAL GESTIONE RU La struttura funzionale viene teorizzata come un modello organizzativo adeguato e ben strutturato in un periodo storico in cui le imprese si trovano ad operare in uno scenario competitivo caratterizzato da: stabilità cioè le previsioni circa l’andamento della domanda e le questioni inerenti all’innovazione tecnologica sono piuttosto prevedibili bassa complessità ambiente stabile con pochi competitors In questo scenario le imprese iniziavano a produrre grandi volumi su prodotti non differenziati. Per questa tipologia di imprese e per questo scenario il modello funzionale è quello adeguato. Ad un certo punto il mercato richiede prodotti differenti a causa dell’innovazione e quindi le aziende iniziano a sviluppare linee di prodotto differenti e questo comportò difficoltà a livello organizzativo poiché la struttura non era preparata e non potevano adeguarsi al cambiamento. La prima azienda che introduce un cambiamento radicale all’interno della propria organizzazione è la General Motors che introduce per la prima volta la struttura divisionale per prodotto. STRUTTURA DIVISIONALE Abbiamo tre diverse tipologie di struttura divisionale 1) DIVISIONALE PER PRODOTTO Criterio di raggruppamento delle u.o. di primo livello per output poi mantiene un criterio di raggruppamento per processi al 2° livello. Le u.o. di ogni divisione vengono anche chiamate business unit perché è come se ogni divisione fosse un’azienda a sé stante, col ruolo di controllare e coordinare le attività con i manager; così si ha una specializzazione delle funzioni. Tale struttura è adatta per aziende in crescita, adottata quando il mercato va incontro a continui cambiamenti e la competizione è molto elevata. Modello caratterizzato da elevata autonomia delle decisioni ed elasticità operativa, con alta efficienza grazie a crescita e innovazione. Il responsabile di divisione ha la piena autonomia di tutte le attività che presiedono la divisione di quel prodotto; la direzione generale si concentra sull’assegnazione dei budget a ciascuna divisione e determina anche le strategie che ogni business unit dovrà adottare. 2) DIVISIONALE PER AREA GEOGRAFICA Il criterio di raggruppamento utilizzato è quello in base alla località geografica, tale struttura viene adottata quando le aziende delocalizzano le loro attività sui mercati diversi in cui operano. Queste u.o., (filiali), includono tutte le funzioni necessarie a realizzare e commercializzare i prodotti nell’area di riferimento, così da poter rispondere alle varie esigenze della clientela. 3) DIVISIONALE PER CLIENTI Il criterio di raggruppamento è quello per clientela, ed è attuabile quando le imprese sono chiamate a specializzarsi sulle esigenze specifiche dei loro clienti che esprimono una domanda differente in termini di prodotto e servizio e vogliono soddisfare tutte queste richieste, creando business unit separate per ciascuno dei diversi mercati a cui l’azienda si rivolge, così da fornire risposte rapide ed efficienti alla domanda dei consumatori. Per esempio, il Gruppo UniCredit ha specializzato la sua offerta creando tre business unit separate, orientate rispettivamente ai tre diversi segmenti di clienti a cui la banca si rivolge: il segmento retail, ovvero i privati e le famiglie con disponibilità finanziare non eccessivamente elevate, il segmento corporate, costituito dalle imprese, e il segmento private, ovvero la clientela privata proprietaria di patrimoni di alto valore. Adesso vediamo per tutte queste quali sono i PUNTI DI FORZA Responsabilità sul prodotto/area geografica/cliente Capacità di adattamento delle unità a differenze di prodotto, aree geografiche, clientela Indicata in casi di rapidi cambiamenti in ambiente instabile Decentramento del processo decisionale: le strategie di business nelle mani dei responsabili di divisione e non solo della direzione generale Dirigenti con capacità gestionali globali, evitando il rischio di eccessiva specializzazione Preferibile in organizzazioni di grandi dimensioni con molti prodotti PUNTI DI DEBOLEZZA Assenza di economie di scala nelle unità funzionali, ad esempio, la funzione R&S di un prodotto può avere delle ricadute sui prodotti sviluppate nelle altre divisioni Scarso coordinamento tra le divisioni a causa dellapresenza di diverse business unit Maggiori conflitti per la ripartizione delle risorse, ad esempio, su una divisione sono allocate più risorse rispetto ad un’altra Maggiori costi della struttura rispetto a quella funzionale perché vado a replicare tutte le funzioni per ogni divisione e questo richiede una disponibilità elevata di risorse Difficoltà di integrazione e standardizzazione tra le divisioni alcune divisioni non conoscono l’esistenza di prodotti presenti in altre divisioni (caso Apple) Necessità di potenziare il sistema informativo aziendale ESEMPIO REALE: PROCTER & GREMBLE Caso reale di un’azienda che ha cambiato la propria struttura organizzativa negli anni in accordo ai cambiamenti che questa ha avuto. Questa azienda che produce e vende i pannolini pampers, inizialmente aveva una struttura divisionale per area geografica nella quale si era evidenziato il principale problema legato all’innovazione anche del marchio che impiegavano più di 10 anni per globalizzarsi. Si portava un prodotto nelle aree geografiche differenti in anni diversi questo dovutoal fatto che potevano esserci dei ritardi. ESEMPIO REALE: APPLE Anche la apple avverte lo stesso problema cioè che c’era poca interazione tra i prodotti e la struttura non riusciva a sfruttare le economie di scala migliorando aspetti di alcune funzioni piuttosto che altre, c’è chi si concentra sui diversi prodotti e chi sui diversi software. Come si risolvono tutti questi punti di debolezza dovuti alla struttura divisionale? Una prima soluzione sarebbe quella di utilizzare delle strutture ibride al fine di mantenere i vantaggi di una e limitare gli svantaggi dell’altra. STRUTTURA A MATRICE Struttura organizzativa adatta a situazione complesse, dove abbiamo criteri funzionali e divisionali di egual peso nel determinare il raggruppamento delle attività, quindi creo una pluralità di linee gerarchiche, una per ciascun raggruppamento rilevante. Per esempio, per risolvere il problema della duplicazione dei ruoli nelle diverse divisioni posso pensare di “estrarre” dalla divisione quelle funzioni che non necessitano della specializzazione come la gestione risorse umane che potrebbe anche non essere replicata in ogni divisione. Posso ripartire le responsabilità organizzative mediante la definizione di una matrice di responsabilità attraverso l’adozione di due (o più) criteri di specializzazione. Utilizzo la struttura a matrice nel momento in cui si verificano le seguenti condizioni: dimensioni aziendali medie, prodotti a breve ciclo di vita, necessità di svolgere attività interne di sviluppo tecnologico per adattarsi ad ambiente dinamico. Struttura tipica delle agenzie di consulenze. La struttura a Matrice utilizza due criteri di raggruppamento, per funzioni e per output (progetto), cioè integra le varie aree funzionali con quelle per linea di prodotto. Il primo livello gerarchico, collegato alla direzione generale, si sviluppa secondo una riga ed una colonna, dove troviamo i responsabili di ogni funzione e poi tutte le unità impegnate a lavorare su quella funzione. La matrice mostra un flusso verticale di responsabilità funzionale e un flusso orizzontale di responsabilità sul progetto (integratore full time garantisce il collegamento orizzontale). I componenti del team riportano a due “capi”: il project manager e il responsabile di funzione, è necessario che vi sia un buon coordinamento orizzontale tra attività eterogenee. PROJECT MANAGER: manager focalizzati su un determinato progetto, hanno una dimensione verticale molto sviluppata, ma anche una basilare dimensione orizzontale. Ha il compito di curare i rapporti con i vertici, contribuire alla soluzione di problemi e controllare gli obiettivi di tempo, costo e performance Chi fa cosa? Il project manager è impegnato nell’attività di coordinamento e controllo di tutte le attività e risorse necessarie a realizzare l’output e si pone gli obiettivi che il progetto sia realizzato come richiesto rispondendo ad obiettivi di tempi, costi, specifiche concordate con il committente. I responsabili di funzione prestano la loro competenza specifica sui diversi progetti e sono chiamati a rispondere a specifiche di progetto, conformità, tempestività. Questa struttura combina gli aspetti delle strutture viste precedentemente riuscendo ad avere un maggiore coordinamento e controllo e ottimizza l’uso delle specializzazioni funzionali in quanto le funzioni intervengono su ogni progetto. Le intersezioni indicano chi fa cosa. PUNTI DI FORZA Adattamento a decisioni complesse e a cambiamenti frequenti in un ambiente instabile Condivisione flessibile delle risorse umane funzioni usate su più progetti Coordinamento per far fronte a richieste duali da parte dei clienti Opportunità per lo sviluppo di competenze sia funzionali sia di prodotto Preferibile per organizzazioni di media grandezza con più prodotti/progetti realizzati per uno specifico committente tra loro differenziati ed unici PUNTI DI DEBOLEZZA Insorgenza di conflitti: avere più linee di comando ci disorienta perché non sappiamo a chi dare la priorità di comando Confusione e frustrazione causate dalla presenza di una duplice linea di autorità Necessità di buone capacità interpersonali e formazione approfondita dei partecipanti Grandi sforzi per mantenere un bilanciamento di potere Necessità di un clima di collaborazione a tutti i livelli Più onerosa in termini di tempo richiesto SISTEMI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE Le risorse umane sono cruciali, secondo la Resource BasedView, teoria economica che individua nelle risorse interne di un’azienda la chiave per ottenere vantaggio competitivo. Il capitale umano, inteso come competenze dei dipendenti, è fonte di vantaggio competitivo, mentre il capitale organizzativo si riferisce all’adeguatezza delle competenze agli obiettivi strategici. L’importanza di questi due capitali è collegata alla loro liquidità, cioè quanto riescono a sostenere adeguatamente la strategia. La liquidità può essere sviluppata attraverso interventi volti a stimolare Fedeltà del personale Cultura organizzativa Ricambio generazionale Il sistema compensativo si pone i seguenti obiettivi: Mantenere attrattività e competitività del mercato Accrescere la performance complessiva Rinforzare i comportamenti organizzativi coerenti con le strategie aziendali Mantenere il grado di flessibilità del costo del lavoro Gli obiettivi per le risorse umane devono essere Prioritari per le strategie aziendali Correlati con le prestazioni individuali Realistici Misurabili attraverso i sistemi aziendali Coerenti della dimensione temporale Knowledge management: prevede la costituzione di ruoli di presidio dei processi di formazione delle competenze (knowledge manager), l’adozione di incentivazione del personale e anche di valutazione I PROCESSI AZIENDALI Nel loro complesso, la microstruttura e la macrostruttura di un’organizzazione ci aiutano a capire “chi fa che cosa” all’interno dell’impresa. Spesso però non sono sufficienti a farci capire “come” vengono svolte le attività. Esiste una dimensione organizzativa che consente di comprendere anche quali sono i legami di interdipendenza tra le attività necessari per ottenere i prodotti e i servizi. Questa è la dimensione dei processi aziendali. La visione per processi di un’organizzazione si pone in alternativa a una visione orientata alle risorse, dove il successo dell’impresa dipende dalle sue risorse chiave (Resource Based View). Il processo aziendale è un insieme organizzato di attività e decisioni, finalizzato alla creazione di un output effettivamente richiesto dal cliente, e al quale questi attribuisce un “valore” ben definito. Presenta le seguenti caratteristiche: INPUT: risorse, tangibili o non, trasformate durante l’esecuzione delprocesso FASI E ATTIVITÀ: gli input vengono trasformati facendo acquisire valore all’output OBIETTIVO/OUTPUT: che può essere un prodotto finito, un servizio, un deliverable o una informazione necessaria ad altri processi aziendali; questo output potrebbe rappresentare un input per un altro processo L’output di processo ha un valore per il cliente finale che può essere un cliente esterno o interno all’azienda, in caso di cliente interno si intende che l’output di un processo diventa input di un altro processo. Inoltre, ogni processo aziendale impiega delle risorse per essere realizzato e ha delle forti interdipendenze con tutte le attività coinvolte all’interno del processo. Ad ogni processo aziendale saranno attribuiti indicatori di prestazione KPI (key performance indicator) Le organizzazioni sono spinte verso una visione per processi per vari motivi, detti DRIVER, che sono: Orientamento al cliente: la centralità del cliente, e l’importanza di soddisfarne le esigenze, è uno dei fattori fondamentali che spingono le aziende a gestire i propri processi; Time-based competition: la forte pressione competitiva sui tempi spinge le aziende a ricercare modi sempre nuovi per garantire risposte rapide ai clienti e, di conseguenza, ridurre i propri tempi interni; Orientamento al risultato: l’output è l’elemento fondamentale, non mi concentro sul risultato del lavoro di una certa attività, la misura di prestazione è sull’output e non sull’attività. Quindi abbiamo visto come esiste la differenza tra le due tipologie di visione aventi specifici obiettivi differenti : la visione per risorse CHI E CHE COSA, quella realizzata mediante organigramma, tende a definire quali sono i ruoli e le attività presenti nell’organizzazione quindi a mostrare la struttura gerarchica e le principali attività che vengono svolte la visione per processi COME, viene realizzata mediante flowchart, e mostra come i processi sono svolti all’interno dell’organizzazione ponendo il focus sui processi e non sulle attività svolte I principali OBIETTIVI dell’organizzazione per processi sono: Superare le “specializzazioni” (Ri)dare centralità al cliente Enfatizzare le collaborazioni interfunzionali PROCESSI AZIENDALI TIPICI 1. PROCESSO DI APPROVVIGIONAMENTO Parte dalla pianificazione dei fabbisogni, attività che viene svolta da u.o. che inserita nella funzione logistica; poi abbiamo la scelta del fornitore inserita nella funzione acquisti, emissione dell’ordine può essere fatta dalla parte amministrati. Tutti i deliverables di queste fasi vanno a finire nella fase finale di gestione della fornitura. Questo processo ha una serie d’attività interdipendenti che tipicamente verrebbero svolte in funzioni organizzative differenti; invece, così facendo le attività verrebbero svolte all’interno di un team di processo che consente il coordinamento orizzontale che non si avrebbe se le attività venissero svolte separatamente. Questo garantisce maggior velocità del processo poiché i flussi informativi sono diretti e non è necessario seguire più delle linee gerarchiche. Il cliente interno si aspetta che il risultato sia soddisfacente, in tal caso che il materiale arrivi dei tempi previsti e che rispetti determinati indicatori di qualità. 2. LANCIO DI UN NUOVO PRODOTTO L’input di tale processo parte dallo sviluppo dell’idea come risultato di una attività di R&S, risultato dell’analisi dei prodotti concorrenti, si arriva poi al concept, alla progettazione del prodotto e del processo fino al lancio commerciale. Questo particolare processo è caratterizzato da interdipendenza reciproca poiché dopo il risultato di una fase potrebbe succedere di tornare indietro per compiere alcune verifiche. L’output di tale processo è interesse di un cliente esterno. Le unità organizzative raggruppano generalmente mansioni simili, i processi invece sono trasversali rispetto alle unità organizzative. Vediamo la differenza tra un’organizzazione funzionale ed una per processi circa la gestione di un ordine di un cliente ORGANIZZAZIONE PER PROCESSI La principale differenza tra la struttura organizzativa per processi rispetto alle precedenti è che questa viene creata intorno a processi chiave interfunzionali piuttosto che intorno a compiti, funzioni o aree geografiche. Si vengono a formare team interfunzionali e vengono definiti i process owner, che hanno la responsabilità di ogni processo chiave. Il PROCESS OWNER è il responsabile di processo, coordina tutte le risorse interfunzionali: 1. PROJECT MANAGER è il responsabile del processo di sviluppo di nuovi prodotti o servizi 2. GESTORE DI COMMESSA responsabile del processo di gestione ordini del cliente 3. CASE MANAGER è il responsabile del processo di servizio al cliente e di assistenza I processi chiave sono quelli che maggiormente impattano sui fattori critici di successo dell’azienda, cioè quei fattori su cui si basa il vantaggio competitivo dell’azienda. Questi team interfunzionali dispongono della libertà di reagire in maniera flessibile alle nuove sfide che si manifestano. I clienti e la loro soddisfazione sono il fattore guida dell’organizzazione e la cultura organizzativa è focalizzata sul miglioramento continuo. PUNTI DI FORZA Flessibilità e velocità di reazione ai cambiamenti nei bisogni dei clienti Attenzione sulla creazione del valore per il cliente Visione più ampia degli obiettivi aziendali da parte dei dipendenti Focus sul lavoro di gruppo e collaborazione Miglioramento della qualità della vita dei dipendenti per l’opportunità di condividere le responsabilità, di prendere decisioni e di farsi carico dei risultati PUNTI DI DEBOLEZZA Complessità nella determinazione dei processi chiave Necessità di cambiamenti nella cultura, nella progettazione delle mansioni, nella filosofia di management Resistenza da parte dei manager ad abbandonare potere e autorità Necessità di formazione significativa dei dipendenti sul lavoro in team Limitazione nello sviluppo di conoscenze approfondite TIPOLOGIE DI PROCESSI AZIENDALI I processi primari sono quelli legati a processi di sviluppo, di vendita o logistici e creano direttamente valore riconosciuto dal cliente esterno I processi di supporto sono necessari alla realizzazione dei primari e riguardano i processi di gestione delle HR, quelli amministrativi e di gestione dell’IT interessati al cliente interno; si distinguono in processi di supporto operativo e di governo. I processi possono anche essere ripetitivi (approvvigionamento, produzione e distribuzione di vendita) o discontinui (lo sviluppo di un nuovo prodotto/processo, l’entrata in un nuovo mercato oppure la campagna pubblicitaria) BPM E TIPI DI PROCESSO I processi direzionali sono tipicamente caratterizzati da decisioni non strutturate, assunte cioè in assenza di regole predeterminate per decidere. Nei processi gestionali sono invece prevalenti le decisioni semi-strutturate, assunte in base regole solo in parte predeterminate. Nei processi operativi, infine, la grande maggioranza delle decisioni sono strutturate, ossia assunte in base a regole completamente predeterminate. Questi tre processi sono svolti a livelli diversi della struttura aziendale: Top management, livelli più alti i processi direzionali Middle management, livelli intermedi quelli gestionali First line management, livelli più bassi quelli operativi Business Process Management (BPM): Il BPM è una metodologia per la revisione dei processi che consente di massimare l’efficienza operativa, eliminando passaggi dove si generano non conformità. Consiste in un insieme di attività necessarie per definire, ottimizzare, monitorare, integrare i processi aziendali al fine di creare un processo orientato a rendere efficiente ed efficace il business dell’azienda. ORGANIZZAZIONE E GESTIONE PER PROCESSI Possiamo scomporre gerarchicamente un processo in diverse parti. Partiamo dal Macroprocesso, che coinvolge le funzioni organizzative al più alto livello dell’azienda; Processo vero e proprio, insieme delle attività finalizzate alla creazione dell’output, con obiettivi chiaramente individuabili; Fase, un insieme di attività tra loro fortemente interdipendenti, con input e output chiaramente definiti, anche in termini temporali e di sequenza, e con obiettivo comune; Attività, unità elementari di un processo, costituite da un insieme di operazioni svolte da una singola funzione aziendale o anche da una sola persona; Operazioni, azioni e passi elementari, non ulteriormente scomponibili, che compongono le attività, svolte da una singola risorsa. Il coordinamento: In un processo sono normalmente coinvolti più organi aziendali e il loro apporto è coordinato attraverso un flusso di informazioni. Il coordinamento può essere perseguito in vari modi: formalizzando in procedure i compiti e le responsabilità degli organi aziendali che intervengono nel processo attribuendo la necessaria autorità funzionale ad un'apposita figura manageriale, il process manager, che ha il compito di coordinare tutto il processo nella sua interezza raggruppando in un'unica unità organizzativa tutti gli organi coinvolti nel processo. ESEMPIO: INDIVIDUAZIONE DEI PROCESSI CHIAVE Supponiamo che un’azienda abbia i seguenti fattori critici di successo (FCS) indicati nella tabella sulla prima colonna e che abbia dei processi elencati sulla prima riga della stessa tabella Valutiamo se e come questi processi impattano sui FCS al fine di individuare i processi chiave e riorganizzare l’azienda per processi Sviluppo nuovi prodotti impatta molto sulla capacità innovativa dell’azienda e impatta sulla flessibilità dell’offerta Gestione ordini impatta sulla qualità del servizio al cliente e la puntualità nelle consegne Gestione resi e reclami impatta sulla qualità del servizio Dopo aver fatto questa scheda qualitativa a fronte di questa analisi faccio la seguente analisi: a fronte dei fcs che impattano sui processi dell’azienda individuati, i processi chiave sono lo sviluppo di nuovi prodotti e la gestione dell’ordine. Quindi dovrei, in termini organizzativi, riorganizzare l’azienda in base a questi processi chiave quindi individuare le attività interfunzionali, individuare il process owner da un lato, dall’altro devo dotarmi di modelli di gestione per processo e quindi pensare ai kpi di processo misurabili come numero di nuovi prodotti sviluppati all’anno, tempo medio di produzione del nuovo prodotto, numero di ordini evasi su numero di ordini ricevuti. Questo in ottica di spingere verso un miglioramento continuo e spingere oltre il target imposto dall’azienda. MISURA DELLE PRESTAZIONI DEI PROCESSI Le prestazioni dei processi quantificano la capacità degli output di soddisfare le richieste e le esigenze del cliente e dunque il loro ruolo nel creare valore per l’azienda. Queste prestazioni determinano: EFFICIENZA, la capacità di raggiungere i risultati aziendali attraverso un ottimale utilizzo delle risorse, riducendo gli sprechi EFFICACIA, la capacità di raggiungere gli obiettivi di soddisfazione del cliente Sono complementari perché se l’efficacia ha l’obiettivo di soddisfazione del cliente si traduce in maggiori ricavi e se l’efficienza riguarda la capacità di ottimizzare le risorse significa meno costi; quindi, il raggiungimento congiunto di queste due prestazioni impatta sui risultati complessivi aziendali e sulla definizione delle prestazioni basata sui seguenti fattori: Tempi competere sul tempo significa offrire prodotti e servizi on time (fast delivery) Costi competere sul costo significa offrire prodotti meno costosi rispetto ai competitors Qualità competere sulla qualità significa ottenere migliori risultati Flessibilità significa adattarsi alle nuove richieste in maniera rapida e rispondere alle necessità del mercato sia in termine di mix che di volume in base alla domanda Altre modalità per definire le prestazioni di processo è quello di utilizzare degli INDICATORI: INDICATORI GENERALI misurano il volume del lavoro del processo, ad esempio per un processo di ordine potrebbe essere numero di ordini evasi alla settimana INDICATORI DI QUALITÀ valutano la qualità dell’output di processo i3n base a determinati standard, ad esempio misuro il grado di soddisfazione del cliente INDICATORI DI COSTO INDICATORI DI SERVIZIO misurano il tempo di risposta a partire dall’avvio del processo fino alla sua conclusione LE PRESTAZIONI DI COSTO Le misure di costo sono indicatrici di efficienza di uno specifico processo. L’identificazione del costo richiede l’applicazione di tecniche di contabilità chiamate tecniche di costing attraverso le quali vado ad imputare i costi sostenuti a specifici processi o output (contabilità analitica): Costi per l’impresa: Costi sostenuti dall’azienda per la realizzazione del prodotto/servizio Costo per il cliente: Costi sostenuti dal cliente per l’acquisto e l’uso del prodotto. Tale costo è dato dalla sommatoria di costo (prezzo d’acquisto)+ costo di accesso (costo delle risorse impegnate per acquistare il prodotto) + costo d’uso Tecniche di costing: tecniche contabili che consentono di imputare i costi alle attività o al processo L’Activity Based Costing (ABC) Il costo viene prima imputato alle attività poi il costo finale dell’output viene calcolato come somma dei costi sostenuti dalle attività impegnate nella realizzazione di quell’output o Calcola il costo delle attività tramite localizzazione dei costi delle risorse impiegate o Calcola il costo pieno del prodotto sommando ai costi diretti anche i costi trovati nella fase precedente Il Process Costing Fa una allocazione di costi alle risorse e ai processi o Allocazione costi risorse tra le varie attività e conseguente determinazione costo attività; o Determinazione del costo dei processi; o Ribaltamento dei costi delle attività sui prodotti; o Calcolo del costo dei prodotti; LE PRESTAZIONI DI QUALITÀ La qualità può assumere diversi significati: Qualità “soggettiva”: misura la soddisfazione del cliente (customer-concept matching). Qualità “oggettiva”: misura il rispetto delle specifiche progettuali Garantire qualità oggettiva significa anche garantire una qualità soggettiva ma non è semprevero La qualità dell’output (oggettiva) viene valutata in base a: Qualità teorica o di progetto: insieme delle caratteristiche definite in fase di progetto Qualità di conformità: corrispondenza dell’output alle specifiche definite in fase di progetto Disponibilità: durabilità, affidabilità, manutenibilità ESEMPIO DI PRESTAZIONE DI QUALITA’: IL POLITECNICO DI BARI Il Poliba intende valutare la qualità della didattica erogata, fornire parametri di valutazione di Qualità soggettiva : la misuro attraverso i questionari, grado di soddisfazione sulle aspettative relativamente ai diversi aspetti come interessi sull’insegnamento, informazione sugli argomenti trattati, sulle strutture Qualità oggettiva : la misuro attraverso il tasso si studenti che ottengono subito occupazione, oppure un tasso di studenti promossi ad un esame, numero di appelli all’anno LE PRESTAZIONI DI TEMPO Anche in questo caso utilizziamo alcuni indicatori : Per il CLIENTE : tempo di risposta e puntualità Per l’IMPRESA : lead time (tempo di attraversamento per realizzare il prodotto o servizio) e time to market (tempo per lanciare il prodotto o servizio sul mercato) Queste prestazioni sono tra loro collegate perché al ridurre del lead time aumento la puntualità ed alla riduzione del time to market aumento il tempo di risposta LE PRESTAZIONI DI FLESSIBILITÀ La flessibilità si misura nella capacità di adattarsi a variazioni di volumi di produzione o dei mix di produzione: FLESSIBILITA’ AI VOLUMI DI PRODUZIONE: capacità di aumentare/diminuire i volumi di produzione, quando richiesto (cercando di contenere i costi fissi, se riduco i volumi di produzione i costi fissi rimangono gli stessi quindi il costo del prodotto aumenta in tal caso ho un problema) FLESSIBILITA’ AI PRODOTTI : capacità di adattare/modificare il prodotto in termini di mix, su richiesta del cliente, man mano favorita da nuove tecniche di gestione della diversificazione dei prodotti, tempi di set-up etc. LE DECISIONI ORGANIZZATIVE Tutte le organizzazioni sono caratterizzate da decisioni che ne determinano il successo o l’insuccesso. Talvolta la decisione appare a chi deve prenderla con vivida chiarezza e tinte anche drammatiche. Altre volte invece la decisione non è avvertita come rilevante o critica. I PROCESSI DECISIONALI Le decisioni possono essere: consapevoli si basano sul processo di identificazione, analisi e risoluzione di un problema inconsapevoli sono quelle i cui effetti non sono prevedibili programmate sono quelle che riguardano la risoluzione a problemi ripetitivi come programmazione della produzione, manutenzione preventiva etc non programmate sono quelle che si prendono di fronte a nuovi problemi o situazioni, ad esempio, il lancio di un nuovo prodotto, risposte a nuovi comportamenti dei competitori LA TEORIA DELLE DECISIONI Teoria che permette di confrontare decisioni alternative affinché il decision-maker possa scegliere consapevolmente, a patto che questo agisca razionalmente I PARAMETRI IN GIOCO Dagli esempi sopra fatti a questo punto possiamo tirare fuori quelli che sono gli aspetti chiave delle decisioni organizzative che vengono chiamati parametri in gioco: complessità nelle decisioni programmate: le decisioni programmate non sono necessariamente semplici. Ad esempio, programmare la produzione di prodotti formati da centinaia di componenti può richiedere calcoli molto complessi basati su algoritmi sofisticati, infattibili senza l’ausilio di potenti sistemi informativi; l’incertezza nelle decisioni non programmate: perché affronto una nuova situazione e non ne conosco l’esito quindi utilizzo strumenti di previsione (lancio di un nuovo prodotto); tempestività delle decisioni: il tempo nei processi decisionali ha un ruolo fondamentale; sistemi di decisione automatizzati: utilizzo dei big data (procedure, sistemi esperti, ecc.) rischio: nelle scelte, soprattutto se non programmate, quando si valuta l’esito di una scelta si deve valutare il rischio associato quindi fare un trade off tra rischio e ritorno atteso razionalità limitata: nella teoria economica classica (mercato concorrenziale perfetto) si suppone, utopisticamente, che i soggetti abbiano accesso a tutte le info. Nella realtà, ogni soggetto che decide non possiede tutte le informazioni disponibili per mancanza di tempo e obiettivi ben chiari, si possono prendere decisioni alla rinfusa (garbage-can) Di fronte a questi aspetti il primo pensiero va alla situazione che abbiamo vissuto circa il Covid- 19, incertezza di non sapere, tempestività nello sviluppare vaccini, decisioni consapevoli e inconsapevoli, influenza degli stakeholders sulle decisioni, gli esiti incerti. Le decisioni sono state prese con tempestività pur non avendo una quantità di informazioni disponibili. IL PROCESSO DECISIONALE Il processo decisionale è generalmente costituito da due fasi fondamentali: l’identificazione del problema e la sua soluzione PROBLEM SETTING: si compone dei seguenti step: o Definizione degli obiettivi: Spesso nel processo decisionale intervengono più soggetti con varie percezioni del problema, differenti obiettivi e di conseguenza differenti soluzioni. La presenza di più obiettivi può far nascere opinioni contrastanti che porterebbero a decisioni non ottimali. In tal caso, infatti, si decide sulla base di un trade off di rischio/risultato atteso sia nell’ottica di breve che di lungo periodo valutando sia le varie condizioni al contorno (situazione finanziaria florida o meno), che non si controllano direttamente e vanno a delineare l’incertezza della decisione, che identificando gli indicatori di prestazione che influenzeranno il processo decisionale in base ai risultati ottenuti. o Individuazione dei vincoli: possono essere esterni, derivanti dal contesto e dalle condizioni in cui l’azienda si trova ad operare, interni come il budget o vincoli tecnologici o derivanti da decisioni pregresse o Costruzione modello decisionale, un modello è una rappresentazione selettiva della realtà, scegliendo i fattori determinanti alla decisione e i nessi casuali relativi o Sviluppare le previsioni o Gestione risoluzione conflitti, derivano da obiettivi, azioni, culture contrastanti, norme e burocrazia, condivisione e ripartizione di risorse, interdipendenze PROBLEM SOLVING: Formulo la mia decisione. Si compone dei seguenti step o Generazione di alternative o Valutazione e scelta TECNICHE PER IL PROBLEM SETTING Ci sono diverse tecniche per modellare il processo decisionale che consentono fare delle previsioni e procedere alla valutazione delle alternative decisionali e scegliere quella migliore. TECNICHE DI MODELLAZIONE Le mappe causali rappresentano in modo qualitativo la funzione che lega i risultati della decisione alle variabili ambientali e decisionali, cioè le relazioni causa-effetto tra le variabili di un modello. Tali mappe vengono costruite attraverso l’utilizzo di un GRAFO : ▪ Nodi rappresentano le variabili rilevanti ▪ Gli Archi con segno positivo (+) rappresentano il nesso causale di relazione diretta tra le variabili, situazioni in cui al crescere della variabile-causa cresce anche la variabile-effetto e, viceversa, al diminuire della variabile-causa diminuisce la variabile-effetto ▪ Gli Archi con segno negativo (-) rappresentano il nesso causale di relazione inversa tra le variabili, situazioni in cui al crescere della variabile-causa diminuisce la variabile-effetto e, viceversa, al diminuire della variabile-causa cresce la variabile-effetto ▪ Si rappresentano anche le variabili endogene o decisionali cioè quelle controllabili dal decisore, le variabili strumentali ed esogene non controllabili TECNICHE DI PREVISIONE Con queste tecniche potrò dire quale sarà il risultato della decisione, in questo caso posso usare: Tecniche quantitative, richiedono l’utilizzo di dati storici relativamente alla variabile oggetto della previsione o ad altre variabili a questa collegate. Formulano una previsione assumendo che la variabile da prevedere abbia un legame con alcune variabili note e più facilmente misurabili. Utilizzo modelli di regressione che spiegano la correlazione tra più variabili e mostrano l’effetto delle scelte sull’obiettivo finale Y = F(x1, x2, …xn) dove x1…xn sono le variabili sotto controllo del decisore ed Y è il risultato della decisione; Tecniche qualitative, basate sul giudizio di esperti. TECNICHE PER IL PROBLEM SOLVING TECNICHE DI GENERAZIONE DELLE ALTERNATIVE L’obiettivo è sviluppare più alternative possibili, attraverso sessioni di brainstorming e approcci creativi TECNICHE DI VALUTAZIONE E SCELTA Abbiamo tecniche differenti a seconda se sono in una decisione mono-obiettivo o multi-obiettivo: Metodi di ottimizzazione per decisioni mono-obiettivo utilizzo dei metodi di ottimizzazione per massimizzare la funzione obiettivo nel rispetto di alcuni vincoli. Un problema mono obiettivo utilizza un criterio Metodi di rating per problemi multi-obiettivo utilizzo il metodo a punteggio in cui definisco dei criteri per la valutazione delle alternative decisionali, definisco dei pesi da attribuire a ciascun criterio, attribuisco un punteggio alle alternative decisionali e faccio uno scoring delle alternative decisionali = peso x punteggio moltiplicando perso per punteggio attribuendo un punteggio ai diversi obiettivi utilizzando un approccio multicriterio TRE APPROCCI AL PROCESSO DECISIONALE 1. THINKING FIRST: approccio analitico e modellistico della realtà in cui viene analizzato il processo, viene fornita l’analisi attraverso l’identificazione di variabili controllabili e non controllabili e si valuta la decisione e l’effetto che potrebbe avere rispetto alle diverse alternative; 2. DOING FIRST: si sperimenta una soluzione e poi si ricercano alternative per migliorare la decisione andando a tentativi. L’enfasi è posta sul problem solving; 3. SEEING FIRST si identifica a priori una soluzione e la si persegue ESERCITAZIONE: COSTRUZIONE DI UNA MAPPA CAUSALE (tecnica modellazione) Supponiamo che siamo di fronte ad un processo decisionale di marketing e si vuole valutare come le azioni di marketing impattano sui profitti aziendali. Quindi l’obiettivo è quello di massimizzare il profitto e verificare come le decisioni della funzione marketing possano influenzare il profitto al fine di intraprendere le giuste decisioni. 1) ANALISI DEL PROBLEMA Quali sono le decisioni inerenti al marketing? Le decisioni del marketing sono inerenti a 4 aree ossia fissazione del prezzo , decisioni del prodotto, pubblicità e canali distributivi. Quindi l’azienda in questione può decidere di agire su una o più aree/leve 2) OBIETTIVO E INDIVIDUAZIONE DELLA VARIABILE OBIETTIVO L’obiettivo è quello di massimizzare il profitto, quindi la variabile obiettivo/decisionale è il profitto Sappiamo che : PROFITTO = RICAVI – COSTI COSTI = COSTI DI MARKETING+COSTI DI PRODUZIONE , evidentemente le scelte sulle leve del marketing andranno ad influenzare i relativi costi RICAVI = PREZZO * QUANTITÀ QUANTITÀ= DOMANDA DI MERCATO (variabile esogena, non dipendente dalle decisioni di marketing, numero di clienti interessati al prodotto) * QUOTA DI MERCATO (influenzata dal marketing più faccio pubblicità e più aumento Qi ossia la quantità venduta dall’impresa i esima) Quota di mercato relativa = Qi/ Quantità 3) TRACCIO LA MAPPA CAUSALE Partendo dalla variabile obiettivo traccio a ritroso tutte le altre variabili che la andranno ad influenzare Traccio tutte le variabili del problema decisionale Collego poi le variabili mediante gli archi positivi o negativi a seconda dell’impatto che hanno tra loro e sulla variabile obiettivo, se è diretto + se è indiretto - DOMANDA R I CAV I + PREZZO DI MERCATO + RICAVI + - + - + QUOTA DI QUANTIT PROFITTO SFORZO DI MERCATO VENDUTE MARKETING CONCORRENTI + + - SFORZO DI + COSTI + MARKETING + + MARKETING + + COSTI PUBBL DISTRI PROD OTTO COSTI PROD R I CAV I Evidenzia quali sono le variabili che entrano in gioco nel processo decisionale e le relazioni che intercorrono tra di esse fornendo una prima valutazione di tipo qualitativo ossia mostra vantaggi e svantaggi nell’intraprendere o meno una determinata scelta su quella variabile. ESERCITAZIONE: VALUTAZIONE DELLA CASA EDITRICE CON CUI PUBBLICARE UN TESTO - METODO DEL PUNTEGGIO (tecnica di valutazione e scelta) Dei professori universitari devono decidere con quale casa editrice pubblicare il libro; quindi, riguarda una tipica decisione di fornitura, quale fornitore scegliere tra un set di fornitori disponibili. Per ogni fornitore abbiamo una serie di criteri in relazione ai più obiettivi che si vogliono perseguire. Due case editrici CE1 e CE2 Diversi criteri di valutazione quali : a. Prezzo di copertina b. Numero massimo di pagine concesso c. Marchio della casa editrice d. Qualità grafica e. Qualità della copertina f. Continuità con un altro libro già scritto g. Entità dei diritti d’autore riconosciuto 1) PRIMO PASSO : ATTRIBUISCO UN PESO AD OGNI CRITERIO Ciascun autore, chiamato decisore, da un peso a ciascun criterio di valutazione secondo propri criteri fino ad arrivare al 100% D1 D2 D3 D4 17% 10% 13% 5% 13% 15% 21% 20% 21% 20% 8% 30% 8% 0% 2) SECONDO PASSO: ATTRIBUSICO UN PUNTEGGIO AD OGNI FORNITORE IN BASE AL CRITERIO ciascun decisore dà alla casa editrice un punteggio sempre in base ai criteri di valutazione questa volta basandosi sull’offerta ricevuta dalla casa editrice D1 D2 D3 D4 CE1 CE2 CE1 CE2 CE1 CE2 CE1 CE2 5 2 4 2 4 5 2 5 5 4 5 2 3 4 3) SI CALCOLA LO SCORE COME PESO * PUNTEGGIO E SI FA LA SOMMATORIA Scelgo la casa editrice che ha lo score più alto sommando le decisioni dei singoli decisori relative alla singola casa editrice D1 D2 CE1 CE2 CE1 CE2 =(17*5+13*4+13*4…)/100=4 Il metodo appena visto è tipicamente utilizzato per la selezione dei fornitori dalle aziende DECISIONI IN CONDIZIONI DI RISCHIO E INCERTEZZA Fin ora abbiamo ragionato senza considerare l’aleatorietà delle variabili decisionali; quindi, abbiamo supposto di essere in condizioni deterministiche in cui il decisore conosce il valore delle variabili e come queste influiscano sulle decisioni. Ma in realtà questo non avviene perché esiste un ritardo tra l’istante in cui si prende la decisione e l’istante in cui si misurano i suoi effetti. L’incertezza è determinata dalla non programmabilità degli eventi e dall’incapacità di prevedere lo stato futuro; quindi, in un sistema economico volatile non è possibile guardare al futuro facendo affidamento su un solo scenario possibile, ma è necessario considerare un ventaglio di scenari possibili, considerando l’aleatorietà delle variabili decisionali. Quindi possiamo dire che le decisioni possono essere caratterizzate da : condizioni di incertezza: si è a conoscenza dei possibili scenari o eventi esterni che si possono realizzare ma non è possibile associare ai diversi scenari una probabilità di accadimento (ad esempio per il covid le decisioni iniziali sono state prese in condizioni di incertezza perché non si conosceva il virus) condizioni di rischio: il decisore conosce i possibili scenari ed è in grado di associare a ciascuno una probabilità di accadimento (ad esempio per il covid quando hanno iniziato a riaprire le attività con il rischio di un’altra ondata ma si è consapevole dello scenario). Il rischio è l’impossibilità di prevedere in modo esatto gli avvenimenti futuri e può essere puro, cioè la possibilità che si verifichi un evento esterno non controllabile, o d’impresa, legato ai fattori d’incertezza connessi all’attività economica. Alcune fonti di rischio possono essere le persone, il mercato, l’innovazione o il contesto politico e sociale. I rischi d’impresa possono anche essere positivi, in base all’andamento di variabili non controllabili come la domanda e la concorrenza. Vediamo quali sono i criteri decisionali utilizzati in condizioni di rischio CRITERIO DEL VALORE ATTESO (RISCHIO) È il criterio decisionale più intuitivo usato in condizioni di rischio, è applicabile quando è possibile stimare l’effetto del ri

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