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TriumphantNovaculite8373

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Università degli Studi di Torino

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plant reproduction genetic incompatibility plant biology botany

Summary

This document discusses the different types of incompatibility mechanisms in plant reproduction, including gametophytic and sporophytic incompatibility systems. It also explores the genetic basis of incompatibility, how the locus S works, and instances where it will or won't result in offspring in the context of parental plants.

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LEZ. 4 11/10/2023 Prof.ssa Comino SISTEMI RIPRODUTTIVI - TERZA PARTE L’INCOMPATIBILITÀ L’incompatibilità è un insieme di meccanismi che vanno ad impedire l'autofecondazione oppure l'incrocio tra genotipi che risultano molto simili tra loro, possiamo...

LEZ. 4 11/10/2023 Prof.ssa Comino SISTEMI RIPRODUTTIVI - TERZA PARTE L’INCOMPATIBILITÀ L’incompatibilità è un insieme di meccanismi che vanno ad impedire l'autofecondazione oppure l'incrocio tra genotipi che risultano molto simili tra loro, possiamo quindi descriverli come dei sistemi di controllo genetico che determinano questa incompatibilità tra polline e pistillo della stessa pianta, per questo viene detta autoincompatibilità. Questa situazione obbliga la pianta ad una fecondazione incrociata: tra piante diverse tra di loro. L’autoincompatibilità è quindi incapacità di una pianta fertile, ermafrodita, che si riproduce per seme, ad originare zigoti a seguito di autofecondazione. Questo primo situazione risulta molto diverso rispetto alla maschiosterilità, poiché nel sistema di autoincompatibilità sia il polline che gli ovuli sono vitali, ma l'impossibilità di produzione del seme tra individui simili tra di loro è proprio dovuta a degli ostacoli che sono fisiologici e morfologici che impediscono l'autofecondazione; possiamo concludere che questa situazione porta ad allofecondazione. Esistono poi basi genetiche, dell'autoincompatibilità, che derivano dall’analisi dei risultati di diverse combinazioni di incrocio, le quali hanno portato al riconoscimento di un singolo locus multiallelico definito locus S; questo contiene due geni: uno che contiene il determinante femminile (che viene espresso nel pistillo) e uno maschile che è espresso nel polline. Questi due geni sono in stretta associazione tra di loro e vengono trasmessi alla progenie come fossero un unico locus S o più correttamente un unico aplotipo S. L’autoincompatibilità può verificarsi in diversi stadi di incompatibilità, di determinazione. Quando parliamo di stadi di determinazione intendiamo lo stadio in cui la parte femminile del fiore ed il gametofito maschile ricevono l'informazione per la determinazione delle reazioni di incompatibilità. Esistono due tipi di incompatibilità che si differenziano in base allo stadio di determinazione: L’incompajbilità gametofijca, nei sistemi gametofijci l’incompajbilità è sono i controlli dei geni S e tra di loro non si manifestano mai dei rapporj di dominanza e recessività (è come se fossero codominanj). L’incompajbilità sporofijca, nei sistemi sporofijci è la pianta madre che conferisce al polline la reazione di incompatibilità, inoltre si possono avere delle situazioni dominanza e recessività a livello degli alleli S presenti nei locus S. INCOMPATIBILITÀ: sistema gametofi@co In questo sistema qualsiasi granello pollinico può germinare e quindi permettere la fecondazione dell’oosfera, purché l’allele S del granulo pollinico, nel suo corredo cromosomico aploide, non sia presente nei tessuti diploidi del pistillo (dello stigma e dello stilo). 21 § Esempio A: caso in cui i genojpi parentali coincidono con il locus (è presente un’autofecondazione o un incrocio tra due individui strenamente imparentaj), dal momento in cui il granulo pollinico è presente nei tessuj diploidi dello sjgma e dello sjle non posso avere progenie. § Esempio B: caso in cui i genojpi parentali sono parzialmente compajbili con il locus, l'unico granulo pollinico che non viene riconosciuto sarà S3 poiché non è presente in tessuto diploide di sjgma e sjlo, allora può fecondare S1 e S2 dando due progenie S1S3 e S2S3. § Esempio C: caso in cui i genojpi parentali presentano alleli diversi dal locus, i gamej S3 e S4 germinano tuu perché non hanno alleli in comune con tessuto diploide dello sjgma e sjlo. Quindi è il genoma del polline (n) che determina il risultato di compatibilità o meno. INCOMPATIBILITÀ: sistema sporofi@co Quando parliamo di autoincompatibilità sporofitica può esistere il caso dell'omomorfica oppure eteromorfica: Omomorfica significa che non c'è differenziazione dei caraneri morfologici di fiori, quindi si presentano nello stesso modo a livello morfologico. L'autoincompajbilità viene determinata dal fenojpo s del polline in combinazione e dall’interazione con gli alleli s nello sporofito parentale diploide, quindi è il genoma dello sporofito 2n a determinare il risultato della reazione. à è il tessuto prodono dal polline a interferire Il granulo pollinico contenente S2 (immagine a sx) presenta sulla superficie anche un determinante S1, quindi anche S2 non entra perché è il genotipo dello sporofito che ha prodotto il polline a determinare il risultato della reazione; invece nel caso in cui a livello sporofitico non sono condivisi alleli s (immagine a dx), allora il polline feconderà gli ovuli. Eteromorfica vuol dire che c'è una differenziazione a livello di morfologia fiorale. Nella primula il sistema sporofijco è di jpo eteromorfico e a livello di locus S esiste una relazione di dominanza: ci sono due alleli S e s che controllano la reazione di incompajbilità e la morfologia del fiore (lunghezza sjlo, lunghezza del filamento delle antere e dimensione polline). [a destra] Fiori a SPILLO: stilo lungo e filamenti staminali corti (ss) [a sinistra] Fiori a SPAZZOLA: stilo corto e filamenti staminali lunghi (Ss) Quali sono le unioni possibili? § ss X ss (due fiori a SPILLO): risulta un’unione impossibile sia per fanori genejci, risulta esserci condivisione dei determinanj presenj sullo sporofito maschile e femminile, sia per fanori morfologici poiché le antere risultano più basse rispeno al pisjllo. § Ss X Ss (due fiori a SPAZZOLA): risulta anch’essa un’unione impossibile, ma solamente per fanori genejci, il fenojpo è sempre quello della pianta madre poiché esiste una condizione di dominanza che non fa verificare l’autofecondazione. 22 § ss X Ss e viceversa Ss X ss: questa risulta essere l’unica unione possibile poiché non c’è riconoscimento tra i fenojpi degli sporofij maschili e femminili, tuno ciò originerà una progenie formata dal 50% Ss e dal 50% ss. I SITI D’AZIONE In questo caso andiamo a differenziare l'autoincompatibilità a seconda del sito di azione in cui può avvenire: § A livello dello sjgma, che causa una inibizione della germinazione del polline (se il granulo non germina mai). § A livello dello sjlo, avviene la germinazione del polline, ma c’è una inibizione della crescita del tubeno pollinico. § A livello dell’ovario, in questo caso si ha una inibizione della fecondazione. cosa succede a livello molecolare? A livello molecolare non sono ancora state descritte nel dettaglio le reazioni, ma sono stati caratterizzati tre sistemi: Due sistemi di tipo gametofitico: il primo è quello delle Solanaceae, se si effenua il riconoscimento da parte dei locus S esistono delle RNasi che degradano i trascriu necessari al polline per germinare; il secondo sistema è il Papaver rhoeas, qui il locus S dello sjgma codifica per una proteina che auva un meccanismo di trasduzione del segnale che va ad inibire la germinazione del polline (che condivide l’allele S). Un sistema di jpo sporofijco invece è quello delle Brassicacee, dove il determinante femminile risulta essere cosjtuito da un recenore chinasico, che viene espresso a livello dello sjgma, quello maschile, invece, è una proteina ricca in cisteine (SCR) prodona dal tessuto diploide dell’antera, ma rimane sul rivesjmento del granulo pollinico maturo (sistema proteina-recenore). Quando le due glicoproteine self si legano inizia una reazione di rigeno del polline self, quindi viene impedita completamente la reazione di idratazione e di crescita del tubeno. Il sistema delle Brassicacee risulta quello meglio descrino e conosciuto nel denaglio fin ora. LA MASCHIOSTERILITÀ La maschiosterilità è una condizione di determinate piante le quali non riescono a produrre gameti maschili (possono essere utilizzate SOLO come parentali femminili), nel caso venissero prodotti non risulterebbero funzionali, quindi per poter produrre progenie queste piante devono per forza andare incontro ad allofecondazione. È una condizione che viene replicata anche a livello manuale, viene detta emasculazione genetica delle piante: viene tolto dai fiori il gamete maschile in modo tale che queste piante siano obbligate a produrre seme per allofecondazione. La maschiosterilità è una condizione di determinate piante le quali non riescono a produrre gameti maschili, nel caso venissero prodotti non risulterebbero funzionali, infatti se raccolgo un semem da pianta maschiosterile so che esso è da incrocio e non da fecondazione (è 100% ibrido). Quali sono i tipi di maschiosterilità? Esistono tre diversi tipi di maschiosterilità: 23 Maschiosterilità genejca: è data da mutazioni monofanoriali e dipende da un singolo gene nucleare dove l’allele per tale condizione è recessivo, le piante maschiosterili saranno ms ms, potranno ricoprire solamente il ruolo di parentali femminili. ms ms potrà incrociarsi con Ms Ms (maschioferjle omozigote), dando il 100% di progenie maschioferjle eterozigote. Un altro incrocio possibile è con un maschiofeterjle eterozigote, questo darà 50% di individui maschiosterili e 50% di individui maschioferjli. Questo jpo di maschiosterilità risulta svantaggiosa dal punto di vista della produzione di un seme ibrido poiché è impossibile onenere un 100% di piante maschiosterili. Maschiosterilità citoplasmajca (mitocondriale): è legata a dei geni mitocondriali e segue l’eredità materna, le piante che risultano con questa condizione contengono un fanore S a livello citoplasmajco, perciò fungono solamente da parentale femminile. Possono essere incrociate con una pianta maschile (ferjle a livello citoplasmajco) onenendo una progenie al 100% maschiosterile citoplasmajca. Molto ujle per la produzione di seme ibrido, a differenza della condizione precedente (è seme da incrocio e non da autofecondazione). Maschiosterilità genejco-citoplasmajca: è il risultato dell’interazione tra fanori nucleari e citoplasmajci, i fanori R o Rf (ristoratori), solo se sono allo stato dominante, rendono ferjli delle piante con fanore S a livello citoplasmajco. È in grado di restaurare la maschioferjlità, ma deve essere almeno in eterozigosi. Se, infau, incrocio una pianta maschiosterile rr con una maschiosterile RR onerrò una progenie al 100% maschioferjli perché la forma dominante del fanore R supera la maschiosterilità citoplasmajca; onerrò lo stesso risultato anche con un incrocio tra pianta maschiosterile citoplasmajca rr e una maschioferjle citoplasmajca RR. Se abbiamo invece una pianta maschiosterile che si va ad incrociare con una pianta maschioferjle, anche nel caso avessimo in questa pianta una situazione di sterilità a livello citoplasmajco questa sarà superata dal fanore R presente nel nucleo, si onerrà perciò una situazione di 50% di maschioferjli ed un 50% di maschiosterili. La sterilità citoplasmatica (CMS) in carota si manifesta come presenza di petali al posto degli stami: petaloidy. Oppure con la presenza di brattee verdi al posto degli stami: green bract-like organs. Se invece c’è la presenza del gene nucleare Rf, il fiore viene espresso nel modo corretto (almeno un allele dominante à cambia completamente il fenotipo). Per riassumere... 24 Allofecondazione (i gamej derivano da piante diverse): svolgono tale fecondazione piante con caranerisjche di dioicismo e monoicismo, fiori unisessuaj ed ermafrodij (grazie a fenomeni di impollinazione entomofila/anemofila, dicogamia, incompajbilità e maschiosterilijtà). Allofecondazione molto più favorita in natura. Nelle specie prevalentemente allogame si ha una popolazione formata da mescolanza di individui caranerizzaj da un pool di geni che si combinano tra loro nelle generazioni, ci saranno quindi piante altamente in eterozigosi. Autofecondazione (i gamej derivano dalla stessa pianta o da piante altamente imparentate): svolta da fiori ermafrodij con fenomeno di cleistogamia, ovvero la fecondazione a fiore chiuso. Nelle specie prevalentemente autogame si ha una mescolanza di linee in omozigosi. 25 LEZ. 5 17/10/2023 Prof. Barchi STRUTTURA GENETICA DELLE POPOLAZIONI Nelle piante abbiamo due principali sistemi di riproduzione: Sistema di autoimpollinazione: un sistema di autofecondazione Sistema di impollinazione incrociata: un sistema di impollinazione tra due individui diversi Definiamo inoltre: Pianta autogama: pianta che si autofeconda Pianta allogama: pianta in cui avviene la fecondazione tra due individui diversi Una pianta non sarà mai totalmente autogama o allogama, una pianta potrà essere preferibilmente autogama o allogama. PASSAGGIO SPONTANEO DA UN MECCANISMO DI ALLOGAMIA A IL MECCANISMO DI AUTOGAMIA Nell’ambito delle angiosperme possiamo assistere a un passaggio da un meccanismo di allogamia ad un meccanismo di autogamia, considerandolo come una via evolutiva tra le più comuni. Questo meccanismo però non risulta essere cosi esclusivo della specie, infatti possiamo trovare piante di specie simili che hanno natura e meccanismi di impollinazione completamente diversi. Ad esempio, prendendo in considerazione Arabidopsis Lyrata e Arabidopsis Thaliana due specie molto vicine tra di loro a livello di parentela, notiamo che mentre Arabidopsis Lyrata risulta essere autoincompatibile e per questo abbia tendenzialmente una riproduzione in allogamia, Arabidopsis Thaliana invece è una specie che si autofeconda facilmente (se la accoppiassi con altre piante sarebbe allogama). In questo caso quindi abbiamo un esempio di due specie appartenenti allo stesso genere, ma che nonostante questo presentano due comportamenti riproduttivi completamente diversi. Il meccanismo di autofecondazione risulta essere favorito nel breve periodo per tre grandi motivi: 1. Viene onenuto un vantaggio riproduuvo sfrunando un meccanismo di doppia fecondazione, le piante che subiscono tale transizione possono inizialmente trasmenere il loro DNA sia per autoimpollinazione che per impollinazione crociata; 2. La pianta ouene vantaggi nel caso in cui l’ambiente circostante risulj essere difficile riuscendo comunque a produrre semi, nonostante la possibilità di incroci sia bassa; à se non ci sono api la pianta non sì può riprodurre per allogamia 3. Grande capacità di colonizzazione; Lo svantaggio lo ritroviamo nella situazione iniziale (erano allogame), quando la pianta tende ad andare in autogamia, risulta essere la depressione da inbreeding, evento che si verifica all’inizio del passaggio da allogamia ad autogamia (le specie manifestano tanti caratteri negativi). Questa depressione da incrocio può manifestarsi come una ridotta vigoria delle progenie rispetto alla generazione precedente. Superata però questa condizione, una pianta autogama potrà poi autofecondarsi normalmente. Nel lungo periodo però, l’autogamia risulta essere problematica. Questo perché la pianta che ha cambiato modalità di impollinazione, passando da allogamia ad autogamia, tende a perdere tutti quei meccanismi genetici e strutturali a livello del fiore, che prima erano preposti all’impollinazione incrociata (allogamia). Infatti, paradossalmente in molte specie si sono diffusi diversi meccanismi che favoriscono il mantenimento dell’allogamia, questi meccanismi sono: Dioicismo: piante maschili e femminili separate che impediscono l’impollinazione; Proteroginia e proterandria: sviluppo prima dell’apparato riproduuvo maschile o di quello femminile; Autoincompajbilità: impossibilità di autofecondarsi. 26 È importante sottolineare che il passaggio da parte di una pianta allogama a un meccanismo riproduttivo autogamo è un evento molto raro. Nonostante l’elevata frequenza di transizioni verso l’autoimpollinazione, solo il 10-15% delle piante da seme è prevalentemente autoimpollinante, questo perché, secondo l’ipotesi di Stebbins, l’autoimpollinazione è vista come un vicolo cieco evolutivo e i taxa autogami soffrono di un elevato rischio di estinzione, come conseguenza di un ridotto potenziale di adattamento. Il passaggio da allogamia ad autogamia inoltre determina anche dei cambiamenti a livello morfologico: Le antere e gli sjgmi sono molto vicini tra loro, così da favorire l’autoimpollinazione; Cleistogamia: meccanismo di impollinazione a fiore chiuso; Riduzione della dimensione del fiore: autofecondandosi la pianta non necessità di grandi quanjtà di polline; Possiamo quindi evidenziare le due grosse differenze: una fecondazione incrociata ci dà una maggiore flessibilità e adattabilità delle piante a un ambiente, portandoci a ricondurlo al meccanismo ancestrale; l’autofecondazione invece si è probabilmente sviluppata come una risposta ad una pressione selettiva per favorire l’adattamento immediato (genotipo che si è adattato molto bene all’ambiente e che viene selezionato). Specie più longeve (i.e. pluriennali o perenni) tendono ad essere allogame, mentre quelle annuali tendono ad essere autogame. Da considerare: § Molte piante annuali occupano ambienj difficili (ad esempio tempi ridou per la crescita e la riproduzione). Per cui può essere favorito il selfing per mijgare la limitazione di polline. § Piante perenni spesso si trovano in ambienj altamenj compejjvi, dove sono premiate le progenie compejjve (che spesso derivano da outcrossing) LA GENETICA DI POPOLAZIONE Il concetto di popolazione è definito come “insieme di individui dentro una specie che occupano un certo spazio e che condividono un insieme di geni, detto pool genetico”. Il pool genetico è l’informazione genetica complessiva presente in una popolazione; esso viene mantenuto nel corso del tempo grazie alle diverse generazioni che si susseguono. Per poter studiare la struttura genetica di una popolazione è importante tenere conto del suo meccanismo di riproduzione, che ci porta a definire 3 grandi diverse tipologie di popolazione: § Le popolazioni di specie autogame; § Le popolazioni di specie allogame; § Le popolazioni di specie apomiuche e a propagazione vegetajva: le specie apomiuche sono specie che riproducono senza la fecondazione, mentre le popolazioni a propagazione vegetajva sono quelle che si riproducono ad esempio con bulbi, rizomi o cloni. La genetica di popolazione studia la frequenza dei geni e dei genotipi e la sua variazione nel tempo, semplicemente applicando le leggi di Mendel all’intera popolazione. Il modello più semplice di popolazione mendeliana è sempre quello di un unico locus genico con due alleli che possono andare a formare tre possibili genotipi: due omozigoti (uno recessivo e uno dominante), e uno eterozigote. Dinamica delle popolazioni Oltre al meccanismo di riproduzione, per poter studiare la struttura genetica di una popolazione, dobbiamo anche considerare se le piante che compongono la popolazione sono annuali o poliannuali ottenendo così altre due grandi categorie di popolazioni: Popolazioni a generazioni separate: composte da specie di piante annuali, il cui ciclo vitale si ripete anno per anno e che quindi non vedranno mai una sovrapposizione temporale tra la generazione precedente e quella successiva Popolazioni a generazioni sovrapposte: composte da specie di piante poliannuali che hanno però una sovrapposizione tra le varie generazioni 27 Questo concetto ci permette di definire dei modelli di dinamica delle popolazioni e di definire il concetto di fitness (concetto tendenzialmente vegetale). La fitness (w) è il contributo di figli che ogni pianta dà alla generazione successiva: Se w=1: la fitness rimane costante nel tempo Se w1: la fitness aumenta e anche la popolazione crescerà nel tempo POPOLAZIONI DI SPECIE AUTOGAME Se consideriamo una popolazione autogama teorica possiamo dire che abbiamo un 100% di autofecondazione, che in queste condizioni abbiamo un’assenza di selezione, e che tutti gli individui che la compongono sono il risultato di infinite generazioni di autofecondazione. Possiamo così supporre che ogni individuo sia in omozigosi per tutti i loci, anche se per loci diversi. Nelle specie autogame gli individui ottenuti sono quindi il risultato di numerosi cicli di autofecondazione e prendono il nome di linee pure. Una linea pura, proprio per il meccanismo di autofecondazione, è una linea che in omozigosi ha tutti i loci, è importante però che in una popolazione di piante autogame ho la possibilità di trovare diverse linee pure (ad esempio abbiamo due linee pure composte una da individui in omozigosi recessiva e una da individui in omozigosi dominante). Gli individui di popolazioni autogame, avendo alle spalle un lungo periodo di autofecondazione non risentono degli effetti negativi dati dalla depressione da inbreeding. Le piante che compongono questo tipo di popolazione vengono definite “fossilizzate”, cioè sono piante statiche proprio perché quando si autofecondano si ottiene una pianta geneticamente uguale a quella della generazione precedente. Questo comporta che se gli individui sono ben adattati ad un determinato ambiente, grazie alla loro “situazione genica” possono fissarsi. Lo svantaggio è che se esse subiscono un brusco cambiamento nell’ambiente circostante non riescono ad adattarsi velocemente ad esso, in quanto tendono ad essere identiche all’interno della stessa linea. In realtà non esiste una popolazione autogama al 100%, infatti essa ha sempre un minimo livello di variabilità che crea nuove combinazioni, permettendo l’adattamento e l’evoluzione della specie. Questa variabilità può essere ottenuta sia grazie all’incrocio naturale occasionale sia grazie a delle mutazioni spontanee: § Gli incroci naturali occasionali (si creano regioni del genoma in eterozigosi) sono permessi grazie al mantenimento di un minimo livello di meccanismo allogamo e essi determinano l’aggiunta di nuove linee pure, con combinazioni alleliche diverse da quelle originarie, che in seguito risenjranno degli effeu della selezione naturale e di conseguenza potranno essere eliminate o affermarsi a seconda della loro capacità di adanamento à alcune linee pure moriranno § Le mutazioni insorgono quasi sempre nello stato di eterozigosi: la mutazione coinvolge solo uno dei due alleli e spesso sono recessive, cioè per vedere il suo effeno dovremo trovarci in una situazione di omozigosi recessiva; nelle specie autogame la mutazione la ritroviamo sempre e solo in un’unica generazione. Se la mutazione ha effeu posijvi allora verrà mantenuta, se invece ha degli effeu negajvi l’individuo verrà eliminato. (la frequenza dei singoli alleli mutaj varia tra uno ogni centomila e uno ogni milione e quindi manteniamo un minimo di variabilità. 28 Nella tabella che segue, viene mostrato il numero di mutazioni osservate per diversi geni, tra le quali quelle osservate per il gene R che influisce sul colore. Nelle popolazioni ibride di piante autogame, la percentuale di eterozigosi diminuisce nel corso delle generazioni successive. Partendo da un individuo in eterozigosi alla G0 con una quota di eterozigosi del 100%, generiamo 4 individui: uno omozigote dominante, uno omozigote recessivo e due eterozigoti. In questi 4 individui la quota di eterozigosi è diventata del 50%. Dopo l’autofecondazione di questi 4 individui della G1, i due individui in omozigosi daranno sempre dei figli in omozigosi, mentre i due individui in eterozigosi daranno 2 individui omozigoti dominanti, 4 individui eterozigoti e 2 individui omozigoti recessivi; sommando alla G2 avrò: 6 individui in omozigosi dominante, 4 individui in eterozigosi e 6 individui in omozigosi recessiva, ottenendo così una quota di eterozigosi del 25%. Andando avanti nelle generazioni successive vediamo appunto che la quota di eterozigosi di riduce del 50% per ogni generazione successiva. Quindi nel momento in cui abbiamo un incrocio in una popolazione prevalentemente autogama, a partire da un genotipo ibrido per n coppie alleliche in eterozigosi, la frazione di piante omozigoti dopo m generazioni segreganti è uguale a: [(2m-1)/ 2m]n. Ad esempio se io prendo due alleli, e quindi due geni, alla G5, considerando m=4 e n=2, ottengo che l’87% degli individui avrà portato dopo 5 generazioni quei due loci in omozigosi. Dopo una serie infinita di generazioni di autofecondazioni, la popolazione risulterà costituita da un elevato numero di linee pure omozigoti per alleli diversi, precisamente da n coppie alleliche posso ottenere 2n linee pure omozigoti diverse. Importante: quando noi osserviamo una popolazione autogama la variabilità dentro la popolazione non è data dalla variabilità dentro i figli di una linea pura, visto che i figli saranno esattamente uguali alla generazione precedente, ma la variabilità sarà dovuta dalle differenze tra le linee pure. Considerando una popolazione di piante autogame di specie che sono state introdone recentemente in coljvazione riusciamo a vedere una grande rappresentazione della variabilità. Infau gli alleli favorevoli per una determinata specie risultano essere sparsi in tanj individui. Nelle specie che hanno un’anjca tradizione colturale e che quindi sono coljvate, le varietà migliori tendono ad accumulare gli alleli migliori in molj dei loci ubicaj nello stesso cromosoma. Ad esempio, 21 = 2 linee pure (AA, aa) 22 = 4 linee pure (AABB, AAbb, aaBB, aabb) 240 = 1.009.511.627.776 linee pure Teoricamente con 40 geni ci possono essere più di mille miliardi di combinazioni possibili di omozigosi (dominante e recessiva insieme). 29 Una generazione di piante autogame è costituita da un infinto insieme di individui geneticamente molto simili, ma diversi perché tra un individuo e l’altro cambia come sono messi in omozigosi. Più consideriamo geni e più gli individui saranno diversi. Le uniche variabilità che possiamo vedere in una popolazione autogama sono dovute alle differenze tra omozigosi. In realtà nelle popolazioni autogame naturali c’è sempre una quota di eterozigosi. Quando creiamo una nuova combinazione, generando variabilità, si fa un incrocio di Mendel e si ottiene una F1 teorica, cioè un individuo eterozigote in tutti i loci. Se si genera nuova variabilità, quell’individuo avrà una sua fitness (contributo di figli che ogni pianta da alla generazione successiva) o capacità riproduttiva; se la fitness è forte, esso ha una grande adattabilità e si è casualmente creata una combinazione che da’ dei vantaggi alla pianta in quell’ambiente e viene mantenuta. Presenza costante di una quota di variabilità genetica nelle popolazioni naturali (possibilità di evoluzione) Nelle popolazioni di specie autogame la limitata variabilità dovuta all’autofecondazione è bilanciata dal rilascio di nuova variabilità derivante da mutazioni e da incroci naturali ed al vantaggio selettivo degli eterozigoti 30 LEZ. 6 18/10/2023 Prof. Barchi Popolazioni di specie allogame Contrariamente alle autogame, le popolazioni allogame non sono costituite da linee pure, ma da un insieme di individui altamente eterozigoti. È in genere presente un’ampia variabilità genetica, fondamentale per un ottimo adattamento all’ambiente, il cui mantenimento è favorito dall’impollinazione incrociata tra i diversi individui. Rispetto alle autogame (dove non c’è il concetto di impollinazione libera), le allogame risentono maggiormente della depressione da inincrocio (manifestazione degli alleli recessivi) e allo stesso modo è ancora più evidente l’effetto dell’eterosi nell’ibrido prodotto da un incrocio. Rispetto alle autogame, l’elevata eterozigosi fa sì che eventuali mutazioni deleterie recessive vengano mascherate dall’effetto dominante dell’altro allele. Di conseguenza, la rimozione di queste mutazioni da parte della selezione naturale è resa più complicata (la mutazione si manifesta unicamente negli omozigoti recessivi). Osserviamo quello che succede nelle popolazioni di specie allogame, quest’ultime sono costituite da individui altamente eterozigoti, al contrario di quello che avviene per gli altri autogami. È presente un’importante variabilità genetica che ha il grosso vantaggio di permettere una buona adattabilità all’ambiente. Le piante autogame e le popolazioni di piante autogame sono caratterizzate da un buon adattamento ad uno specifico ambiente, ma nonostante questo appena viene modificato l’ambiente non sempre riescono a rispondere alle variazioni. Le popolazioni di piante allogame, a differenza delle precedenti, hanno un’ampia variabilità genetica che permette loro di adattarsi all’ambiente, il cui mantenimento è anche favorito dall’impollinazione incrociata fra diversi individui. Differentemente dalle piante autogame, le piante allogame risentono della depressione da inincrocio (o da inbreeding) la quale comporta la manifestazione dei caratteri recessivi mantenuti in eterozigosi. Nelle piante allogame diventa evidente il meccanismo dell’eterosi, in cui l’incrocio fra due linee inbred, ovvero tra piante allogame autofecondate per più cicli e portate dunque in condizioni di omozigosi recessiva, fa ottenere un individuo eterotico, cioè con caratteristiche notevolmente migliori rispetto ai genitori. Nelle popolazioni allogame l’eterozigosi fa in modo che le mutazioni deleterie vengano mascherate grazie all’effetto dominante di uno solo dei due alleli. Nonostante ciò, la mutazione deleteria rimane presente nella popolazione, perciò se una pianta si autofeconda ha 1/4 di probabilità di dimostrare il carattere legato all’allele recessivo (la mutazione si manifesta unicamente negli omozigoti recessivi). Questo è il concetto alla base della depressione da inbreeding, condizione che comporta il manifestarsi nelle piante di caratteri negativi non presenti in eterozigosi e spesso difficili da eliminare. Fra tutte le specie allogame è stato molto studiato il mais, nel quale gli individui ottenuti in seguito all’autofecondazione mostrano una tendenza ad andare in omozigosi, portando inizialmente a una forte depressione da inbreeding, per cui molte piante muoiono, altre diventano negative e meno efficienti. Le piante che sopravvivono vengono autofecondate per più generazioni producendo linee inbred, ossia delle linee pure ma ottenute da piante allogame. Incrociando due linee pure si ottiene un ibrido F1, il quale manifesta l’eterosi, dunque le caratteristiche migliori della generazione parentale. Poiché si parte da due linee inbred omozigoti in tutti i loci, gli ibridi F1 sono tutti uguali fra di loro, e sono quindi molto produttivi, lo svantaggio è quello di dover essere acquistati ogni anno, in quanto la generazione F2 segrega completamente. Un concetto molto importante nelle specie allogame è il concetto di panmissia, secondo cui gli individui si interincrociano liberamente, tutti gli individui hanno quindi la stessa probabilità di incrociarsi, tenendo conto che all’interno della popolazione se i geni favoriscono la fitness si assiste a un aumento della loro frequenza, se invece ha degli effetti negativi la loro frequenza diminuisce. 31 Legge di Hardy-Weinberg (HW) Le popolazioni naturali sono caratterizzate da unioni casuali che consentono di mantenere teoricamente inalterate le frequenze geniche nel corso del tempo. Questo è un assunto della legge di Hardy-Weinberg, una legge fondamentale nella genetica di popolazione, secondo cui vengono mantenute in equilibrio le frequenze alleliche e genotipiche fra una generazione e l’altra. La legge di Hardy-Weinberg (si applica solo alle specie allogame) è un modello di riferimento teorico che però non esiste in pratica poiché ha degli assunti abbastanza importanti, in quanto in una popolazione: non devono avvenire delle mutazioni nel corso delle generazioni; la popolazione deve essere isolata e non avvengono migrazioni da altre popolazioni; la popolazione ha dimensioni infinite; non esiste selezione poiché tuu gli individui si riproducono ugualmente bene e sopravvivono à significa che non c’è selezione; le unioni sono casuali. Si può riassumere la legge di Handy-Weinberg in un unico enunciato: “In una popolazione infinitamente grande, ad accoppiamento casuale ed in assenza di mutazione, migrazione e selezione, le frequenze alleliche (geniche) non variano nel tempo e le frequenze genotipiche si ottengono dallo sviluppo del seguente binomio” (p+q)2 = p2 + 2pq + q2 = 1 Nel binomio p e q rappresentano le frequenze alleliche, p2 è il genotipo omozigote dominante, q2 è il genotipo omozigote recessivo, 2pq equivale agli eterozigoti. Tali frequenze si raggiungono in una generazione di unioni casuali basandosi su un solo locus, guardando più loci sono invece necessarie alcune generazioni in più. Una volta determinate le frequenze geniche e le frequenze genotipiche di una particolare generazione, è possibile prevedere le frequenze geniche e genotipiche anche nelle generazioni successive. Ipotizzando di avere una popolazione in cui la frequenza di p(A) di q(a) è 0,5 la frequenza genotipica sarà data dalla somma di p2 + 2pq + q2 (come riportato in figura) e risulterà essere costituita dal 50% di individui eterozigoti, il 25% da individui omozigoti dominanti e il 25% da individui omozigoti recessivi. Se venissero rispettate le condizioni di Handy-Weinberg la popolazione non cambierebbe nel corso delle varie generazioni e gli individui ottenuti presenterebbero anch’essi una frequenza allelica uguale a quella degli individui di partenza. Considerando un’altra popolazione, in cui le frequenze alleliche sono: p(A)=0.7 e q(a)=0.3, avremo una popolazione la cui distribuzione genotipica sarà quella riportata nell’immagine che segue: Quindi in una popolazione in equilibrio di Handy-Weinberg la composizione genetica rimane costante nel corso delle generazioni. Può essere definita come la legge dell’immobilità di una generazione ed è abbastanza improbabile che avvenga. Per calcolare e ricavare le frequenze genotipiche basta fare una proporzione dei diversi genotipi in una data popolazione ottenendo delle frequenze la cui somma è uguale a 1. 32 Le frequenze alleliche (o geniche) corrispondono alla proporzione di un allele in un dato locus, ossia la frequenza di un dato allele sul totale degli alleli possibili ad un dato locus. In cui D è il numero di individui omozigoti dominanti (moltiplicato per 2 perché gli alleli dominanti sono 2), H il numero di individui eterozigoti (i cui l’allele dominante/recessivo è uno solo) e R è il numero di omozigoti recessivi (moltiplicato per 2 perché gli alleli recessivi sono 2). Dunque, considerando un esempio numerico, in cui abbiamo 100 individui omozigoti dominanti (AA), 80 individui eterozigoti (Aa), 20 individui omozigoti recessivi (aa), le frequenze di p e q sono: L’equilibrio di HW si raggiunge in una popolazione, e basandosi sulla sola osservazione si può dedurre se una popolazione sia in equilibrio o meno. Nel seguente esempio si osservano 3 popolazioni distinte, si nota come la popolazione 2 sia in equilibrio di HW: [dalla linea gialla in poi le popolazioni entrano in HW e da quel momento in poi non cambia niente] La prima e la terza popolazione non erano inizialmente in equilibrio di HW poiché nella prima generazione le frequenze genotipiche non sono coerenti frequenze genotipiche della seconda generazione. L’immagine riportata di fianco è utile per capire quelle che sono le frequenze di p e q. Considerando il caso in cui si ha la frequenza di p=0.5 e la frequenza di q=0.5, si osserva come il 50% dei genotipi siano in eterozigosi, mentre un 25% di individui omozigoti dominanti e omozigoti recessivi. 33 Gli agenM responsabili della microevoluzione Le frequenze alleliche di una popolazione cambiano, nel corso del tempo, solo se le condizioni del modello di Hardy-Weinberg non sono rispettate. I processi che generano il cambiamento microevolutivo, includono mutazione, flusso genico, deriva genetica, selezione naturale e accoppiamento non casuale Assunzioni : Fattori di disturbo: 1. La dimensione della popolazione è 1. Deriva genejca in popolazioni di piccole sufficientemente grande. dimensioni 2. La selezione naturale è trascurabile 2. Selezione naturale 3. La mutazione è trascurabile 3. Mutazione 4. La migrazione è trascurabile 4. Migrazione e flusso genico 5. La riproduzione è sessuale ed allogama 5. Unioni non casuali tra individui (accoppiamento casuale = random majng) genejcamente simili (inbreeding) 6. Le generazioni non si sovrappongono 6. Sovrapposizione delle generazioni 7. L'organismo studiato è diploide 7. Aploidia e poliploidia Le mutazioni Fra i fattori di disturbo dell’equilibrio di HW vi è la mutazione. La mutazione è un cambiamento spontaneo del DNA che in alcuni casi può essere ereditabile. Le mutazioni sono eventi rari in quanto il rapporto dei gameti che portano una mutazione in un locus genico è di 1:100000 (o 1:1000000). Perché una mutazione sia ereditata dalle generazioni successive questa deve riguardare le cellule che producono i gameti. La frequenza delle mutazioni fortunatamente è bassa ma, nell’ottica di diversi milioni di anni, comporta la maggiore variabilità. Le mutazioni possono essere di tre tipi: § Deleterie: alterano la strunura, la funzione di un gene e sono mutazioni che vengono selezionate dalla selezione naturale. Tra le mutazioni deleterie vengono riscontrano le mutazioni letali che comportano la morte dell’individuo. Spesso però le mutazioni letali sono presenj sull’allele recessivo e dunque, affinché l’individuo muoia, è necessario che i due alleli siano presenj in omozigosi, viceversa se la 34 mutazione è presente sull’allele dominante basta anche solo l’eterozigosi per determinare la morte dell’individuo; § Vantaggiose: totalmente contraria rispeno alla mutazione deleteria, porta vantaggi all’individuo che ne è affeno. Vale lo stesso discorso di omozigosi e/o eterozigosi a seconda che l’allele sia recessivo o dominante. § Neutrali: rappresentano la maggior parte delle mutazioni, non comportano nessun effeno all’individuo (a livello del DNA non cambiano la sequenza). La mutazione non avviene su regioni codificanj o al terzo nucleojde del codone, senza andare ad alterare la sequenza amminoacidica. Le mutazioni neutrali possono essere mutazioni che cambiano il fenojpo di un individuo senza modificarne la fitness, tunavia la mutazione se in un determinato momento è neutrale non è deno che dopo un determinato periodo di tempo potrebbe rivelarsi ujle, in quanto potrebbero cambiare le condizioni in cui l’individuo vive. Basj pensare alla possibilità dell’uomo, specialmente europeo, di poter digerire il lane anche da adulto e questo ha rappresentato un vantaggio evolujvo, in quanto nelle situazioni di scarsa reperibilità di cibo era possibile introdurre anche il lane come alimento all’interno della propria dieta. Le mutazioni comportano la variazione nelle frequenze geniche, causando l’uscita dall’equilibrio di HW, ciò avviene perché vi è un tasso di mutazione che modifica l’allele p(A) in q(a) e un tasso di retromutazione che porta q(a) ad essere p(A). All’equilibrio vi è un equilibrio fra il tasso di mutazione e il tasso di retromutazione pu=qv. La mutazione nell’equilibrio di HW fa cambiare le frequenze alleliche, fino al momento in cui non si raggiunge un equilibrio, dato dal rapporto fra il tasso di mutazione singolo e il tasso di mutazione complessivo. La migrazione e il flusso genico Un secondo elemento che non fa rispettare la legge di HW è la migrazione e il flusso genico. La migrazione consiste nello scambio di geni fra due popolazioni, portando ad un cambio delle frequenze alleliche, e che può provocare cambiamenti della loro struttura genetica quando le popolazioni interessate sono caratterizzate da differenti frequenze alleliche e quando il numero di individui coinvolti non è trascurabile; dunque un cambio nelle frequenze alleliche delle generazioni successive. Naturalmente il flusso genico, non avviene solo fra individui, ma anche con il polline e con i semi, in quanto il vento o gli animali che trasportano i semi sono responsabili del flusso genico. Per fare un esempio, considerando una popolazione Y in cui le frequenze p e q sono p = 0.1 e q = 0.9, successivamente all’impollinazione, gli alleli vengo portati in una popolazione in cui le frequenze sono differenti: p = 0.8 e q = 0.2. Portando gli alleli a da una generazione in cui rappresentano la maggioranza a una popolazione in cui sono notevolmente di meno si noterà un aumento di questi ultimi e una riduzione nella generazione successiva con frequenze alleliche diverse. 35 La deriva gene@ca Un terzo esempio di elemento che va contro la legge di HW è la deriva genetica in popolazioni di piccole dimensioni. In condizioni normali, le frequenze geniche oscillano leggermente, ci sono dunque delle fluttuazioni casuali (in popolazioni piccole), tali frequenze da una generazione all’altra cambiano e quindi le frequenze genotipiche diventano in qualche modo indipendenti da quelle geniche della generazione precedente. Tanto più la popolazione è piccola e tanto più può capitare che, per effetto casuale, un allele venga perso (vedi 2N=40 nell’immagine). Tanto più la popolazione è grande e tanto più è difficile che per effetto del caso un allele venga eliminato completamente. Quindi l’equilibrio di HW prevede popolazioni molto ampie, invece se la popolazione fosse piccola si potrebbe verificare una variazione casuale nelle frequenze geniche (deriva genetica). Altri esempi di deriva genetica sono rappresentati dall’effetto del fondatore (riduzione della variabilità genetica) o effetto del collo di bottiglia. L’effetto del fondatore consiste nel considerare una popolazione dalla quale estrarre una sottopopolazione molto piccola, in cui si hanno fondamentalmente pochi individui, portando alla fine ad un’omogeneizzazione della popolazione. Secondo l’effetto collo di bottiglia da una grande popolazione rimangono pochi individui (basti pensare ad un bosco colpito da un incendio, al termine del quale rimangono solo dieci piante) in cui gli individui rimanenti avranno delle frequenze genotipiche diverse rispetto alla popolazione originale, quindi si avrà un cambio delle frequenze alleliche. Di seguito è riportato un esempio in cui per effetto del fondatore si ha un cambio totale delle frequenze alleliche: La selezione naturale Un altro meccanismo che fa lavorare l’evoluzione è la selezione naturale, la quale va contro la legge di HW. La selezione spesso agisce sul fenotipo (seleziona fenotipo e i corrispondenti genotipi), quest’ultimo è ciò che ha più successo rispetto ai singoli alleli, l’insieme degli alleli che sopravvivono vanno poi alla generazione successiva. La selezione naturale si esplica con il concetto di fitness, ossia il contributo alla generazione successiva che viene dato dai singoli individui, più l’individuo è adattato all’ambiente e maggiore sarà la sua 36 fitness. I genotipi che saranno meno adatti all’ambiente avranno una fitness ridotta di un coefficiente di selezione pari ad S, dunque la loro fitness sarà pari ad 1-S. S indica quanto vale la riduzione del contributo gametico alla generazione successiva per quegli individui. Senza selezione S è pari a 0, dunque la fitness è 1. Ma nel momento in cui agisce la selezione che va a prediligere un determinato fenotipo, S può variare fra 0 e 1, dunque la fitness può variare da 0 a 1. La selezione a livello fenotipico può essere di tre tipi: Direzionale stabilizzante diversificante La selezione direzionale la ritroviamo nel momento in cui si ha una curva di distribuzione di un determinato carattere, la selezione direzionale va a selezionare i fenotipi che sono ad uno dei due estremi della curva gaussiana di distribuzione dei fenotipi. Questo comporta il favorire degli individui che hanno i valori più estremi e che hanno quindi una fitness più elevata. Questo comporta uno spostamento del valore medio della popolazione verso destra. Considerando una popolazione di piante molto vicine fra loro, queste competono per la luce, le piante con gli steli più lunghi sono più avvantaggiate in quanto riescono a captare meglio la luce, comportando una selezione naturale, andando a favorire gli individui con un’altezza maggiore. La selezione direzionale può essere anche effettuata a favore di caratteristiche negative, in questo caso la media si sposterà a sinistra. La selezione stabilizzante è un tipo di selezione diversa, in cui non vengono favoriti gli estremi ma, viene favorito il valore medio. La specie con il fenotipo avente valore intermedio viene favorita rispetto ai fenotipi aventi valori minori o maggiori, dunque la curva gaussiana si restringe in quanto si vanno a limitare gli estremi, il valore medio tende a rimanere costante. Un esempio è rappresentato da un lavoro fatto sulle galle, create dalle larve di una mosca. Le dimensioni di queste galle sono dovute ad una selezione stabilizzante, che viene operata ai due lati da due parassiti predatori: una vespa parassitante che attacca le galle di questa mosca e va a deporre le uova in galle piccole, il Dendrocopus Pubescens (picchio vellutato), tende a predare le galle più grandi, dunque la selezione avviene ai due lati della curva gaussiana. La selezione diversificante nella quale si vanno a selezionare in contemporanea i due estremi di una curva, comportando il fatto che si potrebbe arrivare ad avere due popolazioni separate. 37 à selezioni su caratteri quantitativi La selezione può anche agire, non solo sul fenotipo in generale, ma anche sul tipo di fenotipo. Si può avere una selezione contro il fenotipo dominante, quindi viene favorito l’omozigote recessivo. Se ipotizzassimo di avere un coefficiente di selezione S pari ad 1 andremmo ad eleminare completamente tutti i fenotipi dominanti da quella popolazione, andando dunque ad eliminare gli alleli dominanti. La selezione del fenotipo dominante è molto efficace nel causare l’eliminazione di un allele dalla popolazione. La selezione contro il tipo recessivo agisce esattamente al contrario della selezione precedentemente citata. In una generazione elimino tutti gli omozigoti recessivi, ma non elimino tutti gli alleli recessivi in quanto sono ancora “nascosti” negli eterozigoti. Questo tipo di selezione è meno efficiente nel momento in cui si vuole eliminare un allele da una popolazione. Questo è uno dei motivi per cui molte malattie genetiche o alleli letali recessivi rimangono nascosti nella popolazione, poiché si manifestano solo ed esclusivamente in omozigosi recessiva. Questo spiega anche perché l’inbreeding o l’incrocio fra due individui molto vicini fra loro è problematico, in quanto possono più facilmente generare degli omozigoti recessivi. Esiste ancora la selezione contro l’eterozigote, in cui si va a selezionare non più il fenotipo dominante o recessivo, ma il genotipo eterozigote. Comportando un aumento della frequenza dell’allele più frequente e una diminuzione della frequenza dell’allele meno frequente. Per calcolarsi le nuove frequenze alleliche è sufficiente eseguire delle proporzioni come in esempio. Un altro tipo è la selezione a favore dell’eterozigote, in questo caso la selezione comporta il fatto che si vanno a sfavorire i due individui omozigote dominante e omozigote recessivo (aventi coefficienti di selezioni diversi, S e T), comportando un aumento della frequenza dell’allele meno frequente e la diminuzione di quello più frequente. Viene così raggiunto un equilibrio, secondo un fenomeno chiamato polimorfismo bilanciato, in cui gli omozigoti rimangono nella popolazione anche se svantaggiati. Lo si osserva per esempio nel caso della talassemia (che causa un’alterazione dei globuli rossi), in cui gli eterozigoti hanno un’anemia lieve, gli individui che portano in omozigosi recessiva l’allele “mutato” hanno un tipo di anemia letale e per via selettiva muoiono. L’unione non casuale tra individui Uno degli ultimi concetti associati all’equilibrio di HW è proprio l’unione non casuale tra individui in cui vengono alterate le frequenze di p(R) e q(r). Come mostrato nell’immagine che segue, in una popolazione in cui avremmo nella generazione parentale p(R)=0.7 e q(r)=0.3, nella prima generazione filiale le frequenze di p(R) e q(r) (=0.5) cambieranno, uscendo dall’equilibrio di HW; nel caso in cui solo due piante contribuiscano alla generazione successiva (in questo caso solo le omozigoti dominanti), si osserva come un allele venga fissato (q=0.0), il concetto di unione non casuale. 38 Questo è il fenomeno di inbreeding, secondo cui l’unione casuale fra individui simili genera una diminuzione della variabilità genetica, avendo come effetto quello di generare genotipi omozigoti e quindi la manifestazione di fenotipi recessivi. Le piante autogame hanno un’ottima tolleranza nei confronti dell’inbreeding, in quanto hanno già fatto i conti con quest’ultimo. Nelle piante allogame, essendo in condizioni di eterozigosi andando incontro ad autofecondazione, si manifestano nel giro di qualche generazione tutti gli alleli che possono essere negativi, osservando dunque il fenomeno meglio conosciuto come depressione da inbreeding. In conclusione, la variabilità nelle specie allogame è data da ricombinazione, segregazione e mutazione. Si può avere una variabilità fra popolazioni, in cui vengono selezionati certi individui della popolazione stessa ed in un’altra popolazione favorisce altri individui ancora. Il flusso genico al contrario tende ad uniformare una popolazione. Infine, all’interno delle popolazioni si ha: variabilità libera: quella che si manifesta variabilità potenziale: quella “nascosta” e presente negli eterozigoj I cloni I cloni sono due individui geneticamente identici, la variabilità genetica è presente esclusivamente tra cloni (tra cloni diversi), non tra piante derivate dalla stessa pianta. In essi è possibile eseguire delle segregazioni per via sessuale o sfruttare delle mutazioni indotte o spontanee. 39

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