Fisiologia Cellulare 1 - Appunti PDF
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Questi appunti trattano i concetti di base di fisiologia cellulare. Sono inclusi argomenti come la fisiologia umana I e II, con dettagli su esami, requisiti e libri di testo consigliati. Il documento introduce i diversi moduli, anche per il corso di fisiologia II. Inoltre, fornisce un'introduzione alla fisiologia come studio del funzionamento degli organismi viven e delle relative parti.
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INFORMAZIONI SULL’INSEGNAMENTO DEI CORSI DI FISIOLOGIA Il corso di fisiologia è suddiviso in due corsi integrati: Fisiologia umana I, si tiene nel primo semestre e vale 8 cfu; Fisiologia umana II, si terrà nel secondo semestre e varrà 9 cfu; Le diverse parti del corso...
INFORMAZIONI SULL’INSEGNAMENTO DEI CORSI DI FISIOLOGIA Il corso di fisiologia è suddiviso in due corsi integrati: Fisiologia umana I, si tiene nel primo semestre e vale 8 cfu; Fisiologia umana II, si terrà nel secondo semestre e varrà 9 cfu; Le diverse parti del corso saranno trattate da più docenti. Ecco le indicazioni riguardanti Fisiologia I: Fisiologia cellulare, con il prof. Maioli; Fisiologia della contrazione muscolare, con il prof. Maioli; Neurofisiologia, con la dott.ssa Brignani; Fisiologia del sistema endocrino, con la dott.ssa Brignani. Vengono anticipati anche i moduli che verranno affrontati nel corso di Fisiologia II: Fisiologia dell’apparato cardiovascolare; Fisiologia dell’apparato digerente; Fisiologia dell’apparato respiratorio; Fisiologia del sistema endocrino. ESAME Entrambi i corsi saranno seguiti da una prova scritta. In entrambi i casi, il test sarà formato da 50 domande a risposta multipla con un’ora di tempo e verrà svolto al computer in aula informatica. PROPEDEUTICITÀ Fisiologia I: per svolgere l’esame è necessario aver svolto Anatomia I; Fisiologia II: per svolgere l’esame sarà necessario aver svolto Fisiologia I e Anatomia II. LIBRO DI TESTO Il libro di testo maggiormente consigliato dal docente è: CONTI, Fisiologia medica, Edi-Ermes, III edizione. È un ottimo compromesso perché copre entrambi i moduli del corso di Fisiologia, anche se non tutti gli argomenti sono trattati in maniera esaustiva. Vengono forniti anche i titoli di alcuni testi di consultazione, più specialistici: BERNE, LEVY, Fisiologia, CEA, VII edizione; GUYTON, HALL, Fisiologia medica, EDRA, XIII edizione (valido per la fisiologia integrativa); Gli ultimi due libri non risultano particolarmente adatti per lo studio della neurofisiologia KANDEL, SCHWARTZ, JESSEL..., Principi di neuroscienze, CEA, IV edizione (per la neurofisiologia). INTRODUZIONE ALLA FISIOLOGIA La fisiologia è lo studio del normale funzionamento di un organismo vivente e delle parti che lo compongono. La complessità della fisiologia risiede nelle numerose interazioni che interessano i singoli apparati o sistemi. La fisiologia segue un approccio integrativo, ovvero mira a comprendere come i vari organi ed apparati interagiscono nell’espletamento delle funzioni biologiche. Si tratta di uno studio a molti livelli di organizzazione: cellulare, d’organo, di apparato, di integrazione funzionale fra i vari sistemi; ad esempio la pressione non dipende solo dall’apparato cardiovascolare ma anche 1 dal sistema renale, oppure il pH non dipende solo dalla composizione chimica del plasma ma anche dal funzionamento del sistema respiratorio e del sistema renale. Inoltre la fisiologia adotta anche un approccio meccanicistico: tutti i fenomeni degli organismi viventi, non importa quanto complessi, sono descrivibili nei termini delle leggi della fisica e della chimica. La fisiologia si interessa dello studio del funzionamento del corpo umano ricercando sempre un rapporto causa-effetto. Agli antipodi dell’approccio meccanicistico si pone quello teologico, quest’ultimo si fonda sul dare una spiegazione dei fenomeni in termini di uno scopo da raggiungere, interrogandosi sulla funzione di un processo, ma senza fornire una spiegazione di rapporto causa-effetto. Esempio di approccio teologico applicato alla fisiologia: “Durante l’esercizio la sudorazione e la vasodilatazione cutanea aumentano perché è necessario disperdere una quantità maggiore di calore prodotto.” L’analisi del fenomeno biologico visto da una prospettiva teologica è limitata e superficiale in quanto non ricerca le cause e i meccanismi, ovvero il “come”, dei processi biologici. I MECCANISMI FISIOLOGICI ALLA BASE DELLA VITA CELLULARE Per meccanismi fisiologici si intende la moltitudine dei processi e azioni messe in atto dal nostro organismo al fine di garantire la sopravvivenza cellulare, sostenendo costantemente l’adattamento alle variabili con cui si relaziona la cellula. Il corpo umano è un aggregato di molti tipi cellulari diversi, ciascuno specializzato in una o poche funzioni specifiche. I diversi tipi cellulari possiedono caratteristiche fondamentali comuni: ○ richiesta simile di nutrienti (O2 , carboidrati, aminoacidi, acidi grassi…). ○ uguali meccanismi generali di trasformazione dei nutrienti in energia. - ○ liberazione di prodotti metabolici terminali simili nei liquidi circostanti. La maggior parte delle cellule è molto poco tollerante ai cambiamenti dell’ambiente in cui vive. Al fine di preservare la funzionalità cellulare è richiesto il mantenimento delle variabili fisiologiche all’interno di un range ben definito di valori (la pressione arteriosa, la temperatura corporea, i livelli di ossigeno, di glucosio e di sodio ematici). Il mezzo interno o liquido extracellulare Per mezzo interno in fisiologia si intende il liquido contenuto al di fuori dell'ambiente cellulare e quindi al liquido interstiziale. Attraverso i meccanismi fisiologici le caratteristiche chimico-fisiche dell'ambiente interno del nostro corpo vengono mantenute costanti, nonostante il verificarsi di variazioni esterne e di variazioni interne indotte dal metabolismo. L’ambiente intermedio/extracellulare è sottoposto a continue variazioni di volume, di composizione dovute all’attività cellulare e alla influenze dell’ambiente esterno. Di 2 conseguenza l’organismo mette in atto una serie di meccanismi per mantenere invariata la composizione del fluido extracellulare. L’interazione con l’ambiente esterno è mediata dagli epiteli di rivestimento, questi regolano direttamente il rapporto tra il mondo esterno e il nostro organismo. Ma solo una piccola parte di cellule dell’organismo è in contatto diretto con l’ambiente esterno (le cellule di scambio). La maggior parte delle cellule è circondata dal fluido extracellulare che funziona da interfaccia con l’ambiente esterno, in quanto interposto tra liquido intracellulare e ambiente esterno. L’ambiente extracellulare viene mantenuto costante mediante due stadi successivi: 1) circolazione del sangue nell’albero circolatorio (in un minuto circa dal cuore passano 5 L di sangue); 2) lo scambio di liquidi tra sangue e cellule tramite il passaggio nel liquido interstiziale è molto efficiente. Per fluido extracellulare si fa riferimento ai liquidi esterni alla cellula rappresentati dal plasma e dal liquido interstiziale. Il sangue non raggiunge direttamente tutte le cellule del nostro organismo, infatti la stragrande maggioranza di queste non intrattiene scambi con il plasma ma con il liquido interstiziale (da inter-, tra + stare, che è localizzato tra il sistema circolatorio e le cellule). Bisogna sottolineare come la composizione del liquido interstiziale sia però di derivazione dal plasma sanguigno, perciò presentano caratteristiche e concentrazione di soluti molto simili. Al fine di stabilizzare la composizione del liquido interstiziale bisogna quindi mantenere costante quella del plasma. COMPARTIMENTI IDRICI DELL’ORGANISMO L’acqua nel nostro organismo all’interno e all’esterno delle cellule si distribuisce attraverso la formazione di compartimenti idrici. Per quanto riguarda la composizione percentuale, il 70% dell’acqua del nostro organismo è contenuta all’interno delle nostre cellule e costituisce il solvente del liquido intracellulare (LIC). Un 20% è contenuto negli spazi interstiziali contribuendo a formare il liquido interstiziale. Infine, il restante 7%, è rappresentato dalla componente acquosa sanguigna. Il mantenimento dei suddetti valori di volume espressi in percentuale nei diversi compartimenti è fondamentale per la sopravvivenza dell’organismo. È attraverso la circolazione sanguigna che si mantiene costante la percentuale di acqua anche negli altri compartimenti idrici. 3 COMPOSIZIONE IONICA DEI LIQUIDI CORPOREI L’acqua corporea è il solvente dei soluti dei liquidi corporei. La maggior parte dei soluti è costituita da sali presenti in forma dissociata, cioè ioni (soluti con carica elettrica). I soluti di natura organica sono presenti nei liquidi corporei sia come ioni (es: fosfati o proteine), sia come soluti privi di carica (es: glucosio). La composizione dei liquidi intra- ed extracellulari è diversa, poiché la distribuzione dei soluti è determinata dalle caratteristiche della membrana cellulare che separa i due compartimenti e regola gli scambi tra gli stessi. Il liquido extracellulare presenta una predominanza di ioni Na+ e Cl-, mentre il liquido intracellulare una predominanza di ioni K+ , fosfati e proteine. La concentrazione del sodio ad esempio è pressoché simile nel plasma e nell’interstizio, come per gli altri valori riportati in tabella. Eccezione sono le proteine che non sono in grado di oltrepassare la barriera endoteliale, avendo un alto peso molecolare non possono attraversare i capillari. La più elevata abbondanza di proteine nel citoplasma delle cellule, rispetto ai liquidi extracellulari, si spiega facilmente sulla base della sintesi proteica che ogni cellula promuove per autodeterminarsi funzionalmente. Nel citoplasma la concentrazione di sodio è molto bassa mentre quella di potassio è più elevata e viceversa nell’ambiente extracellulare, ciò è dovuto alla pompa sodio-potassio. Lo stesso vale per il Cl- che è poco presente nella cellula. Il calcio libero invece è scarsamente rappresentato nel citoplasma, questo infatti subisce variazioni di concentrazione nella cellula tipicamente associate a cambiamenti importanti dell’attività cellulare come la contrazione muscolare e l'apoptosi. Il calcio si trova anche nel plasma associato all’albumina, principale proteina di trasporto nel sangue. OMEOSTASI Con omeostasi si intende la capacità dell’organismo di mantenere un ambiente interno relativamente costante (variabile controllata). Dinanzi a variazioni di un dato valore chimico-fisico del nostro corpo si innesca una reazione da parte dell'organismo che tende a compensare questa variazione. Esistono tanti meccanismi di controllo omeostatici con recettori ed effettori differenti, ma che condividono tutti delle caratteristiche generali comuni essenziali per poter mantenere l’omeostasi cellulare. 4 CARATTERISTICHE GENERALI DEI MECCANISMI DI CONTROLLO OMEOSTATICI 1. La stabilità di una variabile omeostatica viene ottenuta attraverso il bilanciamento delle entrate e delle uscite. Concetto di bilancio e di omeostasi chimica A. Se la quantità di sostanze o di energia nel corpo rimane costante, l’introito deve essere bilanciato da una uguale perdita (Legge dell’equilibrio di massa), altrimenti avremmo un accumulo all’interno del nostro organismo che provocherebbe un allontanamento dall’omeostasi. Bilancio di una sostanza = entrate + produzione – uscite B. Il bilancio corporeo totale di una sostanza può essere: a. negativo: uscite > entrate + produzione b. positivo: uscite < entrate + produzione (esempio dell'azoto: questo sappiamo essere presente prevalentemente nelle proteine e che viene eliminato attraverso le urine. Ovviamente in base anche allo sviluppo e al periodo di vita dell’organismo si hanno esigenze metaboliche diverse. Infatti una donna gravida come un bambino presenta un bilancio positivo dell’azoto). c. stabile: uscite = entrate + produzione In sintesi possiamo dire che a periodi diversi della vita dell'organismo corrispondono esigenze metaboliche diverse, quindi diverso sarà il bilancio corporeo di quelle stesse sostanze. Esempio: bilancio del sodio. Il sodio (maggior soluto presente nell’ambiente extracellulare e quindi è anche il soluto osmoticamente più attivo) entra per via alimentare attraverso la dieta e la quantità varia da pasto a pasto. In media, la popolazione dell’europa occidentale introduce circa 10/10,5 grammi di NaCl ogni giorno, che corrispondono a circa 4,2 grammi di sodio. È una quantità decisamente troppo alta: il fabbisogno giornaliero massimo stabilito dall’OMS è inferiore alla metà di questa quantità. Prendiamo in considerazione comunque questo dato per l’esempio. Il sodio fuoriesce dal nostro organismo in parte con il sudore (0.1 g/die), in parte con le feci (0.1 g/die) ma in stragrande maggioranza attraverso l’urina (4 g/die). L’uscita del Na attraverso il sudore non risponde ad un criterio omeostatico primario (mantenimento del bilancio del Na+), ma risponde alla necessità di termoregolazione. La quantità di Na eliminata attraverso la funzione renale è invece in funzione del quantitativo di sodio che introduciamo con la dieta. Dunque il nostro organismo con un meccanismo particolarmente complesso è in grado di comprendere quanto sodio deve essere eliminato, in modo da garantire l’omeostasi e evitare la ritenzione idrica che porterebbe all’aumento della pressione arteriosa. 2. Un cambiamento della variabile regolata deve indurre risposte che tendono a muovere la variabile in direzione opposta al cambiamento iniziale (sistema a feedback negativo). Il cambiamento della variabile deve indurre delle risposte che muovono la variabile in direzione opposta al cambiamento iniziale. Esempio dell’acquario: la variabile omeostatica considerata è la temperatura dell’acqua che si vuole mantenere a 30 °C. Data la temperatura inferiore dell’ambiente esterno, si verifica una continua perdita di calore dall’acqua, per cui serve un sistema a feedback negativo che tende a mantenere a 30 °C la temperatura dell’acqua: 5 1) stimolo: la temperatura dell’acqua scende sotto il valore di riferimento; 2) sensore o recettore: il termometro rileva la riduzione della temperatura (variabile omeostatica) dell’acqua in un punto specifico; 3) via afferente: il segnale è condotto dal sensore al termostato tramite un cavo; 4) centro di integrazione: il termostato è programmato per rispondere quando la temperatura scende sotto i 29°C. Il centro di integrazione deve quindi fare una comparazione, ovvero vedere quanto la variabile misurata si discosta dal valore desiderato (set point); 5) via efferente: il segnale è condotto da un cavo alla resistenza; 6) effettore: la resistenza si accende; 7) risposta: la temperatura dell’acqua aumenta, chiudendo il circuito a retroazione negativa. 3. Non può essere mantenuta una costanza assoluta dell'ambiente interno. Ciascuna variabile regolata presenta un intervallo più o meno esteso di variabilità normale fisiologica. Alcune variazioni nel nostro organismo sono considerate come accettate e rientrano nei valori omeostatici. In assenza di feedback negativo il sistema non adotterebbe meccanismi di ripristino della situazione di partenza in seguito ad una perturbazione, si osserverebbe dunque una deviazione notevole della variabile controllata. La risposta invece adottata dal nostro organismo è rappresentata dalla linea rossa, ovvero in presenza di feedback, nella parte iniziale della risposta si nota una oscillazione. Essa dipende dal fatto che tutti i sistemi biologici presentano un ritardo; quindi, la risposta avviene in ritardo rispetto allo stimolo che l’ha provocata. Maggiore è il ritardo del sistema a feedback e maggiori saranno le oscillazioni riscontrabili nel grafico prima di raggiungere lo stato stazionario. Si nota inoltre che allo stato stazionario la variabile non viene riportata al valore dell’uscita richiesta, ma viene mantenuto un errore: esso è necessario ed è intrinseco dei circuiti a feedback negativo. Si parla di guadagno del sistema come il rapporto tra la correzione, che viene operata dal sistema rispetto ad una condizione di assenza di feedback, e l’errore che permane nello stato stazionario. guadagno = correzione / errore 6 Il guadagno è sempre negativo perché la risposta deve essere di segno opposto allo stimolo che l’ha prodotta. I nostri sistemi di controllo presentano dei tempi di reazione più o meno lunghi. In funzione di ciò quando l’organismo risponde alle variazioni (es. aumento del glucosio e rilascio insulina) ci sarà un momento in cui i livelli di insulina saranno sproporzionati rispetto ai livelli di glucosio una volta abbassata la glicemia. Esempio 1: glicemia Ormoni come insulina e glucagone sono importanti a determinare il livello di glicemia e ogni sua variazione innesca una risposta che tende a riportare il valore al setpoint iniziale grazie al feedback negativo. L’indice glicemico indica la velocità con la quale l’alimento viene digerito e il glucosio assorbito entra in circolo. Se viene introdotto un alimento ad alto indice glicemico (curva rossa), la glicemia sale velocemente fino a raggiungere un picco, si tratta di una variazione dinamica non patologica, per poi tornare a livelli anche inferiori rispetto al livello basale. Con alimenti ad indici glicemici ancora più alti l’oscillazione sarà più marcata e questo causerà una ipoglicemia reattiva data dal fatto che il sistema di controllo, essendo ormonale (insulina - glucagone), è lento per sua natura. Infatti, rilasciata l’insulina, essa impiegherà del tempo a favorire l’entrata di glucosio nelle cellule e ci sarà uno sfasamento della risposta del sistema a feedback negativo. Invece alimenti a basso indice glicemico determinano un’oscillazione inferiore. Esempio 2: bilancio del sodio Il rene è il principale meccanismo attraverso cui si ottiene un bilancio del sodio in pareggio, ed a seconda della quantità di sodio introdotto con la dieta, il rene varia la quantità di sodio escreto con le urine. Questa azione è estremamente efficiente ma ha la caratteristica di un ritardo temporale molto lungo, di circa alcuni giorni. Il grafico nell’immagine fa riferimento ad una situazione nella quale sperimentalmente è aumentato l’apporto di sodio giornaliero. Al primo giorno si potrà osservare come la quantità di sodio assunta e quella escreta siano assolutamente identiche, al giorno 2 si raddoppia la quantità di sodio assunta e per tale variazione si stimola un aumento graduale dell’attività renale dell’escrezione di sodio, solo nel giorno 4 si raggiungerà una condizione di stabilità, quando la funzionalità renale giungerà in pari con la dieta. Alla quantità di sodio aggiunta con la dieta deve corrispondere una perdita uguale attraverso il sistema renale. Se entra più sodio di quanto se ne riesce ad espellere avremmo un accumulo di questo catione nel 7 nostro organismo ed essendo un soluto osmoticamente molto attivo determina un’espansione del volume cellulare (sempre per ragioni osmotiche) e quindi aumento della pressione arteriosa. FEEDBACK POSITIVO Nei sistemi biologici sono anche presenti dei sistemi “autorinforzanti” a feedback positivo nei quali il valore in uscita non viene sottratto ma viene sommato al valore d’uscita richiesto; in questo caso una variazione della risposta rafforza lo stimolo invece di rimuoverlo. In un processo a feedback positivo la riposta spinge la variabile in uscita a crescere sempre di più verso livelli sempre più lontani dal suo valore iniziale e instaura una situazione che può essere descritta come un circolo vizioso in grado di autoalimentarsi, che porta il sistema fuori controllo e in grado di generare instabilità nei sistemi biologici. La variabile considerata non può crescere all’infinito ma raggiungerà una situazione di saturazione. Questo tipo di meccanismo necessita di un sistema esterno per poter tornare allo stato iniziale. Siccome questo sistema non tende a ridurre la variabile, come invece fa il sistema a feedback negativo, non si tratta di un sistema di tipo omeostatico. Esempio: parto La posizione del feto nell'utero determina la distensione della cervice uterina che stimola il rilascio di ossitocina, a sua volta il rilascio di questo ormone determina la comparsa delle contrazioni uterine che aumenteranno la pressione del feto contro la cervice e quindi ci sarà un’ulteriore distensione della cervice. Il ciclo continua così fino all’espulsione del feto. Altri esempi sono il potenziale d’azione e gli enzimi digestivi. 8 Sbobinatori: coppia A-L 5 Revisori: coppia A-L 5 Materia: Fisiologia cellulare Docente: CM Data: 22/09/2023 Lezione 02: Controlli omeostatici, trasporti di membrana: diffusione Riassunto: nella lezione precedente sono stati visti i circuiti a feed-back positivo e negativo, i circuiti di controllo omeostatici che tendono a mantenere costante la determinata variabile fisiologica. Abbiamo visto che fenomeni fisiologici che prevedono un circuito a feedback positivo non sono statici e non tendono a mantenere costante una determinata variabile fisiologica ma generano instabilità una volta innescati, determinando il processo autorigenerativo o autorinforzante che porta la variabile in uscita verso valori teoricamente all’infinito, in pratica a valori di saturazione supportati dal nostro sistema. Domanda: Il guadagno, dato dal rapporto tra correzione ed errore, è da considerare sempre in negativo? Si, dato che la correzione è negativa. Ad esempio, se ho un errore di 10, la correzione deve essere di - 10, e quindi negativa; la correzione è in senso opposto al segnale che la genera. CONTROLLI OMEOSTATICI - CONTINUAZIONE CIRCUITO FEED-FORWARD È un altro tipo di circuito senza controllo e senza retroazione, viene chiamato così in quanto è di tipo anticipatorio. Quando la previsione non è prevedibile per ridurre la variazione della variabile in uscita si attiva il feedback di tipo negativo (solo dopo che la perturbazione ha generato un errore). Molte volte però la perturbazione può essere prevista dal nostro sistema di controllo che produrrà una risposta anticipatoria, ovvero una deviazione del segnale in uscita. In questo caso, quindi, vengono innescati meccanismi di controllo frequenti anche se meno precisi ma anticipatori. Esempio: Il controllo posturale. Noi siamo in equilibrio perché la proiezione del nostro centro di massa sulla superficie cade all’interno della base di appoggio. Se un’oscillazione del corpo tende a portare la proiezione all’esterno della base di appoggio, c’è disequilibrio e quindi si tende a perdere il controllo posturale. Questo fenomeno innesca delle risposte posturali che tendono a riportare il centro di massa nel punto desiderato per far sì che si ristabilisca l’equilibrio. Tutto questo è possibile anche grazie alla presenza di numerosi sensori e recettori che misurano gli spostamenti del nostro corpo. Sono presenti anche recettori visivi, tattili (ad esempio sulla pianta del piede in grado di percepire il cambio di pressione applicata). In sintesi, la perturbazione genera un segnale che attiva i recettori, i quali inviano il segnale di spostamento del nostro corpo nello spazio. Quindi il controllo a feed-forward permette un’attivazione anticipatoria dei muscoli posturali, per esempio, in modo da impedire l’oscillazione e la perdita dell’equilibrio e mantenere il tono muscolare. Durante la vita quotidiana eseguiamo molte azioni per cui la perturbazione dell’equilibrio è predicibile (praticamente per la maggior parte delle nostre azioni volontarie). 9 Esempio: Il movimento volontario di alzare le braccia in avanti verso l’alto. Questo è un movimento volontario che genera una perturbazione posturale importante che deve essere precisamente compensata. Il sistema del controllo posturale non aspetta di rilevare questa variazione del centro di massa dovuta all’esecuzione di un movimento volontario ma prima di eseguire questo movimento attiva in modo predittivo e anticipatorio i muscoli posteriori che tendono a spostare all’indietro il nostro centro di massa in modo da preservare l’equilibrio. Per questa risposta motoria è necessario il concetto di modello interno. Il nostro sistema di controllo motorio sviluppa e perfeziona nel tempo, attraverso un processo di apprendimento motorio, un modello che riguarda l’azione dei muscoli e dei segmenti articolari. L’attivazione di questo sistema usando le variabili di stato, cioè i recettori che informano della posizione del nostro corpo (ad esempio riguardo allo stato degli angoli articolari), rende possibile l’aggiornamento del modello interno e l’attivazione del sistema di controllo prima che il sistema subisca una reale variazione del valore di setpoint. Questi modelli interni, che vedremo in modo più dettagliato nella seconda parte del corso, sono modelli che vengono modificati nel corso della vita attraverso l’autoapprendimento motorio, e quindi sempre maggiormente affinati grazie all’esperienza. Molti altri sistemi di controllo feed-forward del nostro organismo sono invece di tipo innato. Esempio: L’introduzione di un pasto a base di carboidrati porta all’aumento della glicemia e, grazie all’azione del sistema a feedback negativo, verranno attivate le cellule pancreatiche per il rilascio di insulina per riportare il valore aumentato della glicemia al valore di setpoint. In aggiunta a questo c’è un controllo a feed-forward che prevede che l’ingresso di glucosio nell’intestino tenue, sia a livello del duodeno che nella parte superiore dell’ileo, provochi il rilascio di incretine che modulano la secrezione di insulina nelle cellule pancreatiche prima che l’introduzione del glucosio con la dieta determini una variazione della glicemia. Questa è una risposta grossolana e precoce che viene poi resa più fine e precisa dai sistemi a feedback negativo. Esempio: le variazioni di gittata cardiaca e di ventilazione che accompagnano l’esercizio fisico vengono iniziate prima che effettivamente si sia verificato un segnale di errore delle variabili, controllate in termini di flusso sanguigno o variazione delle concentrazioni dei gas respiratori. Con lo sforzo, si verifica l’aumento di CO2 e la diminuzione di O2, ma prima che inizi il nostro organismo mette in atto una correzione anticipatoria riducendo l’errore. Durante lo svolgimento di esercizio fisico la nostra frequenza cardiaca aumenta e quindi di conseguenza anche la gittata cardiaca per permettere l’aumento della quantità di sangue che irrora i muscoli e quindi una quantità maggiore di ossigeno disponibile. Gran parte dell’aumento della frequenza cardiaca (da circa 70 battiti al minuto in condizione di riposo a 120/140 battiti al minuto in condizione di sforzo) avviene precedentemente all’inizio dello sforzo fisico. Chiaramente durante lo sforzo un ridotto apporto di sangue ai muscoli genera anche un sistema a feedback negativo che tende ad aumentare la gittata cardiaca per favorire un adeguato apporto di ossigeno. Ad esempio, anche per quanto riguarda la regolazione della ventilazione polmonare, il sistema feed- forward anticipa la carenza ossigeno e l’insufficiente irrorazione ematica dei muscoli. I sistemi appena affrontati non si escludono a vicenda ma anzi coesistono e rendono la risposta più efficace ed efficiente. Infatti, il controllo a feed-forward è in grado, in modo anticipatorio, di ridurre lo spostamento della variabile controllata dal valore di setpoint e successivamente il sistema a feedback negativo si affianca per perfezionare la risposta di regolazione. Riassumendo, possiamo dividere i diversi sistemi di controllo in: circuiti a catena chiusa circuiti a catena aperta 10 SERVOCONTROLLO Il set point di una variabile controllata può essere variato fisiologicamente (aumentato o diminuito). Questo meccanismo di controllo viene chiamato servocontrollo e prevede che la variabile, in questo caso definita variabile controllata, subisca delle perturbazioni in modo da modificare l’uscita effettiva rimanendo il più possibile vicino al valore di setpoint. La maggior parte dei sistemi possono operare in modo diverso modulando il valore di setpoint come stimolo per far variare l’uscita effettiva. Se il setpoint viene modificato in modo non fisiologico, il sistema a feedback negativo genera un segnale di errore che attiva il sistema controllato e gli effettori, facendo diminuire progressivamente tale errore. Esempio: In questo momento la temperatura del mio corpo è di 37 °C, valore di setpoint. Se il setpoint varia passando a 38 °C si innescheranno questi meccanismi effettori che tenderanno a spostare l’uscita effettiva per avvicinarla al nuovo valore di setpoint. Ecco che quindi i sistemi utilizzano questo modo per variare l’uscita effettiva non agendo direttamente sul sistema controllato ma sul valore di setpoint. Esempio: il sistema di controllo della temperatura nel corso della giornata in base al ritmo circadiano. La temperatura varia fisiologicamente il suo valore di setpoint a seconda del momento: poco prima del risveglio si misurano valori minimi mentre verso pomeriggio/sera si verifica un aumento della temperatura. Questa variazione è dovuta al rilascio in modo ciclico di glucocorticoidi, in particolare di cortisolo, a livello della corticale del surrene. Un aumento del cortisolo in circolo comporta un aumento della temperatura poiché l’ormone agisce a livello dell’ipotalamo, nel centro di controllo della temperatura dove viene impostato il valore di setpoint di riferimento, e le oscillazioni del setpoint implicano la variazione della temperatura corporea. Esempio: Il fenomeno della febbre è una variazione di setpoint: difatti, in presenza di un’infezione, determinate sostanze pirogene agiscono a livello ipotalamico aumentando il setpoint (da 37 a 40 gradi centigradi). Questo mette in atto tutti i meccanismi fisiologici che portano l’aumento della temperatura: cominciamo a tremare perché abbiamo freddo. Quando assumiamo aspirina o un FANS che abbassa la febbre, ci ritroveremo ad avere caldo perché il valore di setpoint è diminuito e vengono attivati i meccanismi fisiologici di sudorazione, in modo da abbassare la temperatura. Esempio: La temperatura corporea nelle donne nel periodo pre-ovulatorio e post-ovulatorio: questa variazione è determinata dal cambiamento del livello di setpoint indotto dai diversi livelli ormonali. 11 TABELLA RIASSUNTIVA 12 CLASSIFICAZIONE DELLE RISPOSTE OMEOSTATICHE I sistemi di controllo omeostatici permettono ai segnali afferenti generati dai recettori di essere inviati ai centri di integrazione, che a loro volta inviano segnali in uscita o efferenti. Sulla base delle distanze, le risposte (segnali di uscita) sono classificate in: Risposte locali, l’intero circuito a feedback negativo è situato localmente nell’organismo; Risposte riflesse a lunga distanza, i segnali inviati dai recettori viaggiano per lunghe distanze fino a giungere al centro di controllo. Risposte omeostatiche locali La forma più semplice di sistema di controllo è il controllo locale, il cambiamento è relativamente isolato e in una zona limitata e poco estesa. Questo cambiamento viene rilevato localmente da un gruppo di cellule che rispondono rilasciando sostanze chimiche che diffondono nelle cellule e sono captate da dei recettori che rispondono di conseguenza. Esempio: L’irrorazione sanguigna di un determinato tessuto, quindi locale, viene regolata sulla base dei bisogni metabolici del tessuto in questione; sulla base di queste necessità, vengono rilasciate sostanze vasoattive locali (come l’adenosina) che diffondono solamente nelle vicinanze di dove vengono prodotte e determinano vasodilatazione, che porta ad un aumento del flusso sanguigno in una specifica zona limitata del nostro corpo. La carenza di ATP inoltre determina anche la chiusura di canali al potassio quindi l’iperpolarizzazione della cellula che porta alla vasodilatazione locale grazie all’attivazione di meccanismi complessi e locali che prevendono il rilascio di sostanze in loco e l’attivazione di stimoli di tipo autocrino o paracrino. Risposte omeostatiche riflesse a lunga distanza Nelle risposte riflesse non si ha una risposta locale ma una risposta che si trova a distanza rispetto alla collocazione del recettore; questo sistema risulta essere operato dal sistema nervoso o dal sistema endocrino. Esempio: Il controllo della pressione arteriosa è un parametro che riguarda l’intero apparato vascolare e non localizzato in una specifica area. In questo specifico caso un meccanocettore posto a livello del seno carotideo rileva la pressione arteriosa e il dato viene considerato valido per l’intero sistema cardiovascolare. L’informazione giunge al SNC attraverso le vie afferenti e raggiunge un centro di controllo cardiovascolare posto a livello del solco bulbo-pontino dove si origina una risposta effettrice che modula la pressione arteriosa riportandola al valore di setpoint. 13 TIPI DI COMUNICAZIONI INTERCELLULARI Come abbiamo visto nelle risposte omeostatiche, le cellule necessitano di sistemi comunicativi tra più cellule per il corretto svolgimento delle loro azioni. Queste cellule per poter comunicare fra di loro secernono delle molecole che permettono di inviare dei segnali che vengono recepiti dalle cellule bersaglio. Questi segnali si distinguono in: Segnali autocrini, i quali agiscono sulla medesima cellula che ha secreto il messaggero; Segnali paracrini, i quali agiscono sulle cellule adiacenti alla cellula che ha secreto il messaggero; Segnali endocrini, i quali agiscono su cellule che possono essere poste a grande distanza rispetto alla cellula secernente in quanto il messaggero viaggia nel sistema circolatorio. Da questo possiamo capire che le risposte omeostatiche locali utilizzano segnali di tipo autocrino e paracrino, che quindi agiscono in maniera prossimale rispetto alla cellula che ha prodotto il segnale, mentre le risposte omeostatiche riflesse sono invece date da segnali di tipo endocrino o nervoso, in grado di raggiungere cellule poste a grande distanza fra di loro. Nel caso della comunicazione endocrina non tutte le cellule raggiunte dal recettore risponderanno, ma solamente le cellule bersaglio che presentano lo specifico recettore per la molecola segnale. Per quanto riguarda la trasmissione esistono tre differenti meccanismi: trasmissione ormonale, permette di inviare messaggi a molte cellule contemporaneamente ma in tempi molto lunghi; trasmissione nervosa, permette di inviare messaggi in maniera molto rapida ma ad un numero limitato di cellule (ovvero quelle innervate); trasmissione neuro-ormonale, risulta essere un sistema ibrido fra i due precedenti. Non va ad attivare direttamente la cellula bersaglio ma sostanze immerse nel torrente sanguigno che poi agiranno sulle cellule effettrici. È possibile ritrovarla a livello della neuroipofisi. 14 DIFFERENZE DI RISPOSTA TRA SISTEMA NERVOSO ED ENDOCRINO CONTROLLO TONICO Il controllo tonico è un meccanismo d’azione che permette la regolazione dei parametri fisiologici aumentandoli o diminuendoli rispetto al loro tono basale. Questo meccanismo risulta essere quindi importante perché permette delle risposte bidirezionali. Esempio: La costrizione e la dilatazione dei vasi: il sistema ortosimpatico ha una azione vasocostrittrice. Se la sua frequenza di segnale aumenta, il vaso si costringe, mentre se la frequenza di segnale diminuisce, il vaso si dilata. É errato pensare che quindi il sistema ortosimpatico abbia un’azione esclusivamente di vasocostrizione! Esempio: La frequenza cardiaca invece viene regolata dal sistema parasimpatico: se la frequenza del segnale aumenta si avrà una diminuzione del battito cardiaco, viceversa se la frequenza del segnale diminuisce si avrà un aumento del battito cardiaco. I sistemi garantiscono una risposta bidirezionale perché presentano un tono basale, cioè un’attività a riposo che mantiene un determinato livello di vasocostrizione o di frequenza cardiaca. Questo significa quindi che: il calibro dei vasi sanguigni può essere o ridotto aumentando il tono basale; o aumentato diminuendo il tono basale; la frequenza cardiaca può essere o diminuita aumentando il tono basale; o aumentata diminuendo il tono basale. L’effetto, eccitatorio o inibitorio, di un dato segnale dipende unicamente dalla tipologia del recettore, non dalla natura della molecola segnale rilasciata. Infatti, uno stesso segnale può avere una azione opposta su due cellule che presentano due recettori differenti. Esempio: L’epinefrina: il recettore alfa presente sui vasi determina una vasocostrizione in presenza del messaggero, mentre il recettore beta determina una vasodilatazione. Esempio: a livello sinaptico nel sistema nervoso, il GABA è un neurotrasmettitore che determina prevalentemente risposte inibitorie, mentre il glutammato prevalentemente risposte eccitatorie, ci sono però alcuni casi in cui questi neurotrasmettitori possono determinare risposte completamente opposte. 15 TRASPORTI DI MEMBRANA La finalità ultima dei sistemi di controllo fisiologici è quello di mantenere il più possibile costante la composizione del liquido extracellulare nel quale le cellule vivono. Una variazione di questa composizione può essere determinata dal passaggio di sostanze dall’interno della cellula verso l’esterno oppure dal passaggio di sostanze fra capillari e liquido interstiziale, quindi dal plasma verso l’Interstizio. Le sostanze non sono tutte uguali, non tutte possono attraversare liberamente la membrana plasmatica della cellula e, di conseguenza, necessiteranno di appositi sistemi per poterlo fare. Le sostanze che possono attraversare liberamente la membrana cellulare attuano un meccanismo chiamato diffusione semplice, nel quale le molecole di soluto si spostano dalla soluzione a più alta concentrazione a quella a più bassa concentrazione. DIFFUSIONE La diffusione è il movimento spontaneo, passivo, senza nessun dispendio energetico, di sostanze da un’area a concentrazione maggiore ad una a concentrazione minore. Questo processo continua fino al raggiungimento di una situazione di equilibrio, nel quale il gradiente di concentrazione viene totalmente eliminato, e quindi le due aree hanno uguale concentrazione. Il lavoro contrario, ovvero quello che determina una differenza di concentrazione, non risulta essere spontaneo ma necessita di una spesa energetica. Nel sistema vascolare abbiamo un esempio del meccanismo di diffusione: nella rete capillare si crea un equilibrio tra plasma e liquido extracellulare, e tra questi liquidi si ha un flusso di sostanze. Il glucosio, così come gli amminoacidi e gli ioni, passa per diffusione dal capillare all’interstizio e successivamente all’interno della cellula. Quest’ultima, consumando glucosio, riduce la sua concentrazione intracellulare, permettendo alle molecole di fluire spontaneamente verso la cellula per un gradiente di concentrazione. Anche a livello alveolare l’ossigeno entra nei capillari perché la sua concentrazione alveolare è superiore a quella che abbiamo nel sangue. Al contrario, l’anidride carbonica ha una concentrazione maggiore nei capillari polmonari, rispetto a quella degli alveoli, per cui passa spontaneamente dai capillari agli alveoli. Questo spostamento spontaneo delle molecole è determinato dall’agitazione termica delle stesse, da movimenti caotici (o Browniani) delle particelle che si trovano libere nel soluto, causati dall’energia termica posseduta dalla soluzione. L’energia cinetica di queste particelle è proporzionale alla temperatura della soluzione. Vi sono delle collisioni sia tra le molecole di soluto stesso che con quelle di solvente. Come vediamo nell’immagine, se inizialmente abbiamo il soluto tutto nella parte sinistra, in assenza di una barriera di separazione, a causa dei movimenti browniani una dose di molecole passerà alla parte destra. Ci saranno delle molecole che si muovono in senso contrario, ma fino a quando ci sarà una concentrazione maggiore a sinistra, il flusso maggiore sarà verso destra. Questo spostamento continua fino a che la concentrazione a sinistra diminuisce con un andamento esponenziale, mentre la concentrazione a destra aumenta in modo esponenziale, fino a che le due concentrazioni saranno esattamente identiche. Una volta raggiunto l’equilibrio quindi il flusso non si arresta, semplicemente ci saranno dei continui spostamenti fra i due compartimenti che determineranno un flusso netto pari a zero. 16 Come si crea questo gradiente di concentrazione nel nostro corpo? È chiaro che se le molecole di soluto e di solvente possono muoversi liberamente, nel corso del tempo il gradiente verrebbe completamente dissipato. Tuttavia, sono presenti dei sistemi metabolicamente attivi, che richiedono un consumo di energia, che mantengono nel tempo il gradiente di concentrazione. Ad esempio, se consideriamo la differenza di concentrazione di sodio e potassio all’interno e all’esterno della cellula, essendo la membrana plasmatica permeabile a questi ioni, senza un sistema di trasporto attivo il gradiente di concentrazione verrebbe dissipato nel tempo. LEGGE DI FICK La legge di Fick misura l’entità del flusso netto in un processo di diffusione semplice. Il flusso netto è direttamente proporzionale alla permeabilità della membrana, all’area della superficie di membrana e al gradiente di concentrazione, ma inversamente proporzionale allo spessore della membrana. A = area di superficie della membrana D=coefficiente/gradiente di diffusione= ΔC = differenza di concentrazione ΔS = spessore della membrana ΔC/ΔS rappresenta il gradiente di concentrazione come differenziale, poiché la variazione di concentrazione in ogni punto della soluzione è continua. Il segno negativo si giustifica in quanto le molecole si spostano nel verso in cui diminuisce il gradiente, per cui il flusso passa da una concentrazione maggiore a minore. La velocità risulta essere quindi determinata dal coefficiente di diffusione: La legge di Fick dà una misura di quanto velocemente si verifica il processo diffusivo. Il coefficiente di diffusione è determinato dalle caratteristiche di un particolare soluto e solvente. T = temperatura assoluta R = costante di Boltzmann (Le soluzioni si comportano similmente ai gas) r = raggio della molecola 𝜂 = viscosità del mezzo Questa relazione ci indica che il coefficiente di diffusione, e quindi la velocità di diffusione, aumenta all’aumentare dell’energia cinetica delle particelle (il prodotto R⋅T è proporzionale all’energia cinetica delle particelle) e diminuisce all’aumentare delle dimensioni della molecola del soluto e della viscosità del mezzo. Mantenendo praticamente tutti i valori costanti (la temperatura corporea non subisce grandi oscillazioni, la viscosità rimane uguale), la velocità di diffusione di un soluto nel corpo dipende dal raggio della molecola. Esempio: il saccarosio ha un coefficiente molto più basso rispetto all’ossigeno essendo più grande La velocità di diffusione dipende, quindi, da diversi fattori: Differenza di concentrazione: maggiore è la differenza di concentrazione, maggiore sarà la velocità del flusso. Superficie attraverso cui avviene il passaggio: maggiore è la superficie maggiore è la velocità del flusso. Ad esempio, i polmoni sono formati da un tessuto spugnoso, per cui la superficie alveolare (che consente lo scambio tra ossigeno e anidride carbonica) è molto estesa. Permeabilità della membrana: tanto più è permeabile la membrana, tanto più è rapido il flusso e viceversa. È influenzata da più fattori: 17 o la liposolubilità della membrana: le membrane di cellule diverse possono presentare diverse composizioni fosfolipidiche; o la dimensione e la forma delle molecole; o la temperatura: maggiore è la temperatura, maggiore sarà l’energia cinetica delle molecole e maggiore la probabilità di passaggio; o l’estensione della membrana. Relazione di Einstein È impossibile che i nostri processi fisiologici si affidino esclusivamente a questo moto casuale delle molecole. Utilizzando il meccanismo della diffusione, le sostanze che hanno una maggiore concentrazione capillare fluiscono verso l’interno della cellula, mentre le sostanze prodotte dalla cellula, avendo una concentrazione citoplasmatica maggiore, fluiscono per gradiente di concentrazione verso il capillare. Tuttavia, questo meccanismo non può essere sempre efficace per garantire lo scambio di sostanze da un ambiente all’altro. La relazione di Einstein sulla velocità di diffusione misura il tempo che impiega metà delle molecole che sono presenti nella soluzione a coprire una distanza di almeno x. Vediamo che questo tempo di diffusione è proporzionale al quadrato della distanza. Di conseguenza maggiore sarà la distanza che la molecola dovrà percorrere maggiore sarà il tempo impiegato e questo aumento esponenziale non sarà trascurabile. Di conseguenza, la diffusione si rivela estremamente efficace quando le distanze sono piccole, ma è del tutto inefficiente con distanze elevate. In seguito, una tabella che rapporta i tempi di diffusione in funzione non solo della distanza, ma anche in funzione dello spessore di membrana. Esempio: nel caso di una membrana cellulare di spessore 10nm c’è un tempo di diffusione di 100 nanosecondi, mentre quando lo spessore raggiunge i 2 cm, come nel caso della parete cardiaca, il tempo diventa 4,6 giorni. Si consideri il rilascio del neurotrasmettitore dal bottone sinaptico alla cellula post-sinaptica: la molecola di neurotrasmettitore rilasciata nello spazio sinaptico raggiunge la membrana post-sinaptica per diffusione passiva. Il tempo che impiega dipende dalla distanza tra le due membrane; quindi, è estremamente basso (pochi microsecondi) Il ritardo sinaptico, cioè il tempo che intercorre tra il momento in cui il potenziale d’azione invade il bottone sinaptico, e la membrana del bottone sinaptico viene depolarizzata, al momento in cui il potenziale della membrana post-sinaptica comincia a cambiare, è invece di mezzo millisecondo. Questo ritardo non ha a che fare con la diffusione poiché la distanza è estremamente piccola, la diffusione è estremamente veloce e non influisce sul fenomeno. Ciascuna cellula, nella maggior parte dei tessuti, ha una distanza dal capillare più vicino di circa 50 micron, per cui al processo di diffusione servono poche centinaia di millisecondi. Il sangue impiega da mezzo secondo a pochi secondi al massimo a percorrere un capillare, un tempo più che sufficiente per permettere di arrivare a un equilibrio di concentrazione tra plasma nei capillari ed interstizio. LA MEMBRANA CELLULARE Le pareti dei capillari sono permeabili alle piccole molecole, a basso peso molecolare, che possono quindi diffondere liberamente attraverso la parete endoteliale (al contrario, le proteine restano bloccate all’interno del capillare). Una volta passate a livello dell’interstizio, devono poi diffondere alla cellula. 18 La membrana cellulare è costituita da un doppio strato fosfolipidico, dove le teste idrofiliche dei fosfolipidi sono disposte verso l’esterno e le code idrofobiche invece sono rivolte verso l’interno a creare un ambiente apolare. Sostanze che sono lipofiliche (acidi grassi, ormoni come il cortisolo, derivati del colesterolo, gli ormoni sessuali, ma anche i gas respiratori come ossigeno e anidride carbonica…), quindi apolari, sono in grado di attraversare liberamente la membrana, mentre sostanze idrofiliche, quindi polari, come ioni (sodio, potassio, magnesio, calcio) ma anche glucosio e amminoacidi, che si trovano dispersi in soluzione acquosa, non sono in grado di farlo, per questo devono utilizzare meccanismi diversi come le proteine integrali. Diffusione attraverso una membrana fosfolipidica Quando parliamo di diffusione attraverso la membrana cellulare, la legge di Fick subisce una variazione. V = velocità di diffusione di una sostanza attraverso una membrana lipidica A = superficie di scambio d = spessore della membrana lipidica (generalmente costante nelle membrane biologiche) Cest-Cint = differenza tra la concentrazione esterna e la concentrazione interna di una specifica sostanza P = k⋅Dm = coefficiente di permeabilità Dm = coefficiente di diffusione della sostanza m nella membrana lipidica. È inversamente proporzionale a r (raggio della molecola), ergo P è direttamente proporzionale a k (coefficiente di solubilità della molecola nei lipidi) e inversamente proporzionale a r (raggio della molecola). Nella formula viene introdotto il coefficiente di permeabilità della membrana, che moltiplica non più un gradiente di concentrazione, ma una differenza di concentrazione tra interno ed esterno della membrana. Il coefficiente di permeabilità del soluto all’interno del doppio stato fosfolipidico è proporzionale a k, il coefficiente di solubilità della molecola nei lipidi. Quindi maggiore è la solubilità della molecola nei lipidi, maggiore è la velocità di diffusione attraverso la membrana lipidica. Al contrario, se il soluto è poco solubile nei lipidi, la concentrazione all’interno della membrana risulta nettamente inferiore alla concentrazione dell’ambiente extracellulare. Il coefficiente di permeabilità è invece inversamente proporzionale al raggio della molecola: le molecole piccole, a parità di liposolubilità, diffondono molto meglio di quelle grosse. Quindi la dimensione della molecola e la liposolubilità sono paramenti fondamentali che indicano quanto facilmente un soluto può passare attraverso la membrana senza l’aiuto di molecole trasportatrici. Nel grafico, in ordinata è presente il coefficiente di permeabilità e nelle ascisse un parametro detto coefficiente di distribuzione dell’olio di oliva/acqua (che misura la liposolubilità di una sostanza). Per tante sostanze notiamo che maggiore è la liposolubilità, maggiore è la permeabilità (molte tra queste sono sostanze con un grande peso a livello biometabolico). Un altro parametro importante in questo grafico è la dimensione dei pallini, che corrispondono alle varie molecole. Vediamo che a parità di liposolubilità, una molecola molto piccola diffonde meglio rispetto a una molecola di grosse dimensioni. 19 Nell’immagine a fianco, si vede come, a seconda della liposolubilità del soluto, questo passerà più o meno facilmente attraverso il doppio strato fosfolipidico: se il soluto è poco solubile nei lipidi (sostanza idrofila) la concentrazione della sostanza all’interno della membrana nel versante extracellulare è nettamente inferiore rispetto alla concentrazione della sostanza nell’ambiente acquoso extracellulare. Allo stesso modo, per l’ambiente intracellulare, si avrà la concentrazione all’interno del versante intracellulare della membrana inferiore rispetto alla concentrazione dell’ambiente intracellulare. Di conseguenza, all’interno della membrana il gradiente di concentrazione risulta estremamente ridotto rispetto alla differenza di concentrazione tra ambiente interno ed esterno. Se la sostanza è idrofila, quindi, la capacità di diffusione sarà enormemente ridotta. Al contrario, se la sostanza è idrofoba, la concentrazione di quella sostanza nella parte della membrana vicina all’ambiente extracellulare sarà più elevata rispetto ala concentrazione della sostanza nell’ambiente acquoso extracellulare. Questo proprio perché la ripartizione olio-acqua ci fa capire che la sostanza si scioglie più facilmente nei lipidi e quindi la sua concentrazione a questo livello sarà maggiore. All’interno della membrana si crea un gradiente di concentrazione molto maggiore rispetto alla differenza di concentrazione tra interno ed esterno. In conclusione, una sostanza molto liposolubile ha un gradiente di concentrazione in membrana superiore e produce un flusso diffusivo nettamente maggiore. Flusso netto Quando ci riferiamo a un flusso attraverso una membrana ci riferiamo al flusso netto, ovvero il flusso risultante dalla differenza tra il flusso entrante e il flusso uscente. Anche all’equilibrio avremo sempre un flusso di sostanza in entrambe le direzioni, ma noi consideriamo sempre il flusso netto, cioè la differenza tra i due. Il flusso netto risulta quindi dato alla differenza di concentrazione moltiplicata per il coefficiente di permeabilità. DIFFERENZA DI POTENZIALE CHIMICO Come detto in precedenza, il flusso diffusivo è un processo passivo, che non richiede energia metabolica, ma dobbiamo partire da una differenza di concentrazione che deve essere mantenuta nel tempo. Ad esempio, il potassio tende ad uscire dalla cellula e il gradiente di concentrazione tende a scomparire. Ci deve essere un meccanismo attivo che lo mantenga nel tempo, consumando ATP. L’energia sfruttata per garantire la differenza di concentrazione ionica tra interno ed esterno della cellula può essere calcolata mediante la differenza di potenziale chimico, che rappresenta il lavoro che occorre per spostare una mole di soluto contro gradiente di concentrazione, quindi dalla concentrazione più bassa alla concentrazione più alta. Questo lavoro è dato dalla formula: Questa formula ci permetterà di calcolare il potenziale di Nerst, il potenziale di equilibrio di una soluzione. 20 Sbobinatori: coppia A-L 6 Revisori: coppia A-L 6 Docente: C.M. Data: 26/09/2023 Lezione 03: Canali ionici, proprietà, caratteristiche e tipologie. SISTEMI DI TRASPORTO PASSIVO DI SOSTANZE POLARI ATTRAVERSO LE MEMBRANE CELLULARI Dopo aver trattato nelle lezioni precedenti, il coefficiente di solubilità lipidica di una molecola ed il problema della diffusione di una molecola idrofilica attraverso la membrana fosfolipidica, è ora necessario comprendere attraverso quali meccanismi, molecole polari passino dall’ambiente intracellulare a quello extracellulare e viceversa; è infatti possibile realizzare in laboratorio una membrana fosfolipidica artificiale (composta esclusivamente da fosfolipidi, quindi priva delle componenti proteiche e saccaridiche, tipiche delle membrane cellulari) e verificare come la permeabilità di quest’ultima ad alcune sostanze polari, quali Cl e Glucosio, sia di diversi ordini di grandezza inferiore rispetto alle membrane biologiche delle cellule (ex: 107 volte per Cl e 105 per il glucosio). Questo dimostra come la diffusione semplice di sostanze polari attraverso il bilayer fosfolipidico sia estremamente improbabile, e debbano quindi esistere vie alternative per il passaggio di queste sostanze. Per ovviare a questa problematica, le membrane cellulari possiedono infatti delle strutture proteiche, che costituiscono dei sistemi di trasporto capaci di rendere possibile il passaggio di queste sostanze attraverso la membrana plasmatica; questi si suddividono in due tipologie principali: canali proteici (o ionici): sono implicati in moltissimi processi fisiologici e costituiscono il principale sistema di trasporto passivo per moltissime molecole polari di piccole dimensioni (quelli per il trasporto dell’acqua prendono il nome di acquaporine). Si tratta di proteine organizzate a formare un poro idrofilico, esponendo sulla superficie esterna, cioè a contatto con i lipidi di membrana, amminoacidi idrofobici; all’interno del canale, sono invece presenti degli amminoacidi idrofilici, che permettono il flusso di particelle polari in senso bidirezionale (il trasporto avviene comunque secondo gradiente di concertazione). Il passaggio avviene senza cambiamento conformazionale ed il canale, grazie ad interazioni fra ione e proteine del canale, è estremamente efficiente, molto più rapido nel trasporto rispetto a quanto avverrebbe per diffusione semplice senza queste interazioni; tale sistema di trasporto è, in genere, estremamente selettivo, ma la selettività senza cambiamento conformazionale è garantita solamente per molecole di piccole dimensioni. Sistemi di trasporto mediato (Carrier): proteine che presentano un sito recettoriale per una singola molecola, garantendo la selettività del trasporto; il legame determina un cambiamento conformazionale che permette il trasporto del substrato dalla parte opposta della membrana. Anche questo meccanismo di trasporto, come il precedente, è bidirezionale, ma efficienza e velocità di trasporto sono notevolmente ridotte, rispetto al canale ionico. CANALI IONICI 21 PROPRIETÀ DEI CANALI IONICI Sono costituiti da subunità multiple assemblate a formare un canale centrale (si parla di pseudosubunità quando le subunità fanno parte della stessa catena polipeptidica) che fornisce una via idrofilica, attraverso la quale si muovono gli ioni per diffusione. La diffusione attraverso i canali ionici è puramente passiva; avviene cioè secondo gradiente e senza dispendio di energia. Generalmente sono bidirezionali. È importante notare che gli ioni sono cariche elettriche e pertanto il loro flusso attraverso il rispettivo canale è influenzato non solo dal gradiente di concentrazione, ma anche dal potenziale di membrana, ossia dal gradiente elettrico. Dunque, gli ioni sono sottoposti sia ad una forza di natura chimica che di natura elettrica, pertanto è corretto dire che gli ioni si muovono secondo gradiente elettrochimico. Esistono infatti sistemi di trasporto attivo (quindi non canali ionici), volti a mantenere un certo gradiente elettrochimico tra ambiente extracellulare e intracellulare, che altrimenti andrebbe dissipandosi a causa della presenza dei canali proteici. Grazie ad interazioni tra ione e canale, che ne incrementano l’efficienza, Il flusso attraverso il poro è estremamente elevato, maggiore di quello che si avrebbe in una soluzione libera a parità di gradiente (10^7 – 10^9 ioni/s). In molti casi, questi canali non rimangono sempre aperti, ma possiedono la cosiddetta proprietà del gating, ossia sono in grado di aprirsi o chiudersi in seguito ad uno stimolo di natura elettrica, chimica o meccanica; in particolare questa proprietà è responsabile di moltissime funzioni cellulari. SELETTIVITÀ DEI CANALI IONICI I canali ionici, generalmente, sono specifici per una singola specie ionica; la selettività tra anioni e cationi dipende dalla presenza all’interno del canale, di cariche di segno opposto rispetto a quello degli ioni trasportati, per cui ioni con carica dello stesso segno, vengono respinti; la selettività per il singolo ione dipende invece da meccanismi più complessi, correlati al concetto di ione in soluzione. Ricordiamo che uno ione in soluzione acquosa possiede delle cariche elettriche, che si interfacciano con le molecole di acqua, a loro volta dei dipoli; esso viene quindi circondato da un numero variabile di molecole d’acqua, detta acqua di idratazione e, la dimensione delo ione idratato, cioè comprensiva della sua acqua di idratazione è detta raggio idrato. Tanto più la carica dello ione è forte e localizzata, maggiore è il campo elettrico che genera e maggiore sarà la forza con cui attrae a sé le molecole d’acqua e, di conseguenza, il suo raggio idrato. Ogni ione possiede quindi un raggio idrato specifico, in quanto ioni più piccoli, avendo una carica più concentrata avranno un raggio idrato maggiore rispetto a quello di ioni più grandi; questa peculiarità viene sfruttata dai canali ionici per operare una selezione della singola specie ionica da trasportare, costituendo un cosiddetto filtro di selettività. Durante il passaggio attraverso il poro, lo ione perde tutta l’acqua di idratazione, e questo è possibile poiché nel canale, il filtro di selettività crea delle condizioni energetiche maggiormente favorevoli; per descriverne come queste si vengano a creare, prendiamo in esame il caso di un canale per il 22 potassio, dove il filtro di selettività è costituito da quattro gruppi carbonilici, esposti all’interno del canale, a formare altrettanti siti di legame organizzati a permettere il passaggio esattamente di uno ione potassio. l’ossigeno di questi gruppi, in quanto fortemente elettronegativo, crea delle condizioni maggiormente favorevoli dal punto di vista energetico, per cui il potassio tende a perdere la sua acqua di idratazione per legare i gruppi carbonilici, piuttosto che rimanere in soluzione come ione idratato. Il passaggio di un altro ione positivo quale il sodio, è sfavorito poiché ha dimensioni inferiori e non può legare i gruppi carbonilici in modo così specifico, come invece fa il potassio, rendendo più favorevole per il sodio, rimanere in soluzione, piuttosto che attraversare il canale. Non si tratta solamente di una questione di dimensioni, ma soprattutto dei legami di coordinazione che lo ione forma con i gruppi del filtro di selettività, permettono di scalzare l’acqua di idratazione che lo circonda quando si trova in soluzione. Dentro il canale ionico ci sono in realtà diversi filtri di selettività disposti in serie, più frequentemente in numero di tre o quattro; lo ione, quindi, salta da un filtro all’altro attraverso il canale, spinto dalla repulsione elettrostatica degli altri ioni legati al sito di legame precedente. Il passaggio può essere bidirezionale, ma avviene sempre secondo gradiente elettrochimico, ossia considerando sia il gradiente di concentrazione, che il gradiente elettrico; può quindi avvenire che lo ione si sposti anche contro gradiente di concentrazione, spinto da un gradiente elettrico più forte. Si è visto che in realtà passa uno ione perdendo solo parzialmente la sua acqua di idratazione. Nell’immagine è rappresentata la sezione della dimensione del filtro di selettività del canale del potassio, del canale sodio e di altri canali. Interessante è che lo ione sodio, anche se più piccolo dello ione potassio, ha un filtro più grande. Si è visto con tecniche molto sofisticate che il canale del potassio ha una sezione circolare (circa 3,3 armstrong di diametro), mentre il canale del sodio ha un’area nettamente più grande ed è rettangolare/allungato (lato lungo è di addirittura 5 armstrong). 23 Domanda del professore: “In che modo questo canale che è più grande blocca il potassio e fa passare solo il sodio?” Risposta: Perché permette la perdita di una parte dell’acqua di idratazione del sodio, che si inserisce con legami di coordinazione all’interno del filtro di selettività legato a una parte della sua acqua di idratazione. Nello schema si vede uno ione sodio legato a una molecola di acqua: questa unione sodio-acqua permette la coordinazione perfetta all’interno del filtro di selettività. In alcuni canali si ha, da una parte, un gruppo carbossilico (di un amminoacido acido) e da un'altra parte un gruppo carbonilico, con un atomo di ossigeno anch’esso elettronegativo. Il sodio riesce a legarsi in modo perfetto a questo filtro solo se rimane attaccato a una molecola d’acqua: questo permette un legame rapido e veloce di coordinazione che permette al sodio di essere catturato dal filtro, perdere gran parte della sua acqua di idratazione e passare dall’altra parte. Il potassio, invece, è più grande e non è in grado di interagire in modo adeguato con questo filtro di selettività. Quindi rimane attaccato alla sua acqua di idratazione. La durata di questi legami è molto breve, si parla di meno di 1 microsecondo, questa è la velocità con la quale lo ione salta da un legame all’altro nel filtro. Non tutti i canali soni così piccoli o hanno una capacità di interagire in modo così preciso con lo ione, ma sono molto più grandi (es. acetilcolina e canale nicotinico che vedremo meglio parlando della funzione neuromuscolare, che permette una depolarizzazione della membrana postsinaptica e quindi il potenziale d’azione). Questi canali, regolati dall’acetilcolina, quindi con un gate di tipo chimico, hanno una dimensione notevolmente più grande. Infatti questi canali sono molto poco selettivi, fanno passare sia sodio che potassio (il sodio passa comunque meglio del potassio). Esistono quindi canali più selettivi e canali che permettono il passaggio di più ioni (nella funzione neuromuscolare principalmente sodio e potassio e pochissimo calcio). I canali nicotinici, presenti nel SNC fanno passare anche il calcio. Una piccola precisazione: spesso questi canali ionici vengono chiamati di tipo passivo, cioè permettono il passaggio secondo gradiente elettrochimico, senza spesa energetica e sono bidirezionali. Inoltre, il comportamento del canale è lineare: se il gradiente elettrochimico raddoppia, il flusso di ioni attraverso il canale raddoppia. Tutto questo è vero, ma per gradienti di concentrazione che sono quelli fisiologici. Ma per poter passare lo ione, deve potersi legare, anche se per una frazione di secondo, al canale, quindi si ha un comportamento saturante: visto che bisogna avere un legame con il canale, oltre a una certa velocità il flusso di ioni non può aumentare. Se io considero il gradiente elettrochimico in un ambito fisiologico siamo sempre nella “parte lineare” del grafico, ma se il gradiente dovesse aumentare oltre determinati valori, questa durata del legame impedisce un aumento infinito della velocità di passaggio degli ioni attraverso il canale. Quindi, si ha una costante di dissociazione (differenza di concentrazione alla quale si ha la metà della velocità massima del flusso ionico attraverso il canale) è sufficientemente alta da garantire che la relazione mantenga un andamento lineare. Ci sarebbe saturazione per differenze di concentrazione nettamente superiori a quelle fisiologicamente presenti ai lati della membrana. Da ricordare che ogni cellula ha il suo corredo di canali ionici che ne determina le proprietà funzionali. Vedremo nelle prossime lezioni che ci sono alcuni canali ionici che non si comportano in modo perfettamente lineare e questo determina proprietà molto importanti per la cellula. TIPOLOGIE DI GATING DEI CANALI IONICI Alcuni canali ionici sono sempre aperti, ma la maggior parte ha un “gating” (controllo apertura/chiusura), quindi si apre e si chiude in base a diversi fattori: 24 Canali ligando-dipendenti: ad esempio i canali nicotinici a livello neuromuscolare, in generale quei canali che mediano la trasmissione sinaptica di tipo chimico, attraverso il rilascio di un neurotrasmettitore dalla membrana presinaptica, questo diffonde passivamente nello spazio sinaptico e si lega a dei recettori situati sulla superficie esterna del canale ionico, che cambia la sua conformazione per cui diventa aperto quando è presente il legame con il ligando endogeno. Questa tipologia di legame può avvenire sempre tramite legame di tipo allosterico, ma questa volta situato nella parte intracellulare del canale, con un secondo messaggero intracellulare. Anche lo ione calcio, situato all’interno della cellula può svolgere una funzione importante legata a un cambiamento conformazionale per cui il canale da aperto diventa chiuso o il canale cambia la sua facilità di apertura o chiusura in presenza del neurotrasmettitore. Digressione sulla funzione del calcio: il calcio all’interno della cellula in condizioni basali ha concentrazione bassissima, intorno a 10^-7 molare. Ma ci sono vari meccanismi per cui se cambia la sua concentrazione all’interno della cellula, questo è un meccanismo di segnalazione che porta a numerose risposte da parte della cellula, una di queste è il calcio che si va a legare all’interno del canale ionico e tende a bloccarlo. Canali modulati da un legame covalente: è il meccanismo più importante e frequente. E’ la fosforilazione del canale, questo avviene tipicamente all’interno della parte citoplasmatica del canale, dove sono presenti delle tirosin-chinasi che fosforilano (aggiunta di un gruppo fosfato) determinate proteine tra cui anche i canali ionici e determinano l’apertura o chiusura o cambiano la sensibilità di apertura del canale. Ovviamente sono presenti delle fosfatasi che, in modo opposto, rimuovono il gruppo fosfato. Canali voltaggio-dipendenti: l’apertura e la chiusura vengono controllate dalla variazione del potenziale di azione. Si fa riferimento alla corrente ionica/elettrica e alla variazione del potenziale di membrana. Canali attivati meccanicamente: l’apertura dipende dallo stiramento o da variazioni di pressione che inducono una deformazione meccanica della membrana. INATTIVAZIONE DEI CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI 25 La maggior parte dei canali voltaggio-dipendenti si aprono e si chiudono in seguito ad una variazione del potenziale di membrana cellulare variando la propria conformazione. Una volta aperti, per esempio, da una depolarizzazione di membrana si inattivano spontaneamente, con un certo ritardo. Stato a riposo: canale chiuso, polarità di membrana fisiologica a riposo. Stato attivato: depolarizzazione di membrana, canale si apre e con un certo ritardo anche se la depolarizzazione viene mantenuta nel tempo il canale si richiude. Stato inattivato Quindi la depolarizzazione determina l’apertura transiente del canale, che si apre, fa passare corrente ionica e poi spontaneamente si richiude, inattivandosi. Questo dettaglio è importante perchè se io mantengo la depolarizzazione a lungo, anche dopo che il canale è inattivato, questo canale non torna più nella sua condizione originale. Per tornare alla condizione iniziale è necessario ripolarizzare la membrana, e il canale sarà di nuovo pronto a riaprirsi in presenza di una nuova depolarizzazione. Eccezioni Molti canali voltaggio-dipendenti, non tutti, mostrano questo comportamento. Questo non è l’unico meccanismo di inattivazione, ce ne sono vari. Ad esempio, se attraverso il canale passano degli ioni calcio (o in generale se il calcio viene liberato all’interno della cellula) alcuni canali, soprattutto quelli del calcio, presentano sulla superficie interna la calmodulina, che lega il calcio se questo supera determinate concentrazioni intracellulari e determina una inattivazione del canale stesso fino a quando il calcio viene ricompartimentalizzato, e il canale torna nella sua conformazione iniziale. Infatti, come già detto il calcio libero all’interno del citoplasma è sempre bassissimo, ci sono delle scorte nel reticolo endoplasmatico liscio o i mitocondri stessi possono essere una scorta del calcio compartimentalizzato all’interno della cellula (viene accumulato grazie a delle pompe che raccolgono il calcio libero nel citoplasma). REGOLAZIONE DELL'ATTIVITÀ DEI CANALI IONICI Bisogna tener presente che di canali ionici ce ne sono tantissimi tipi diversi, e anche se un canale ionico viene attivato, ad esempio, dall’acetilcolina, ci sono canali come quelli a livello del SNC con caratteristiche diverse che legano sempre l’acetilcolina (ligando) ma con affinità diverse. Questo concetto è interessante per quanto riguarda i farmaci, che fungendo da ligandi, possono legarsi al sito di legame del canale. Quindi, il recettore adibito a legare il ligando endogeno può essere occupato da altre molecole endogene/esogene dette agonisti o antagonisti. Qual è la differenza? L’agonista è una struttura chimica sufficientemente simile al ligando interno che può legarsi (come il ligando endogeno) al recettore e determinare l'apertura del canale stesso. Invece, gli antagonisti sono sostanze che si legano al sito di legame, non sono sufficientemente “buoni” per aprire il canale ma se si legano a quel sito recettoriale impediscono all’agonista o al ligando endogeno di legarsi, quindi bloccano il canale. Ad esempio, il curaro si lega al recettore, non fa aprire il canale ma impedisce a un’altra molecola di legarsi a sua volta, quindi blocca il canale. Sono presenti varie tipologie di antagonisti: Nota:(parte solo accennata, quindi integrata con sbobine dell’anno scorso) Antagonisti competitivi: entrano in competizione con il ligando esogeno/endogeno per legare il medesimo sito di legame. Ad esempio alcune sostanze farmaceutiche legano lo stesso sito di legame 26 e determinano l’apertura del canale; altre invece non sono adatte per aprire i canali ma evitano all’agonista endogeno di legarsi, bloccando il canale. Antagonisti non competitivi: legano differenti siti recettoriali rispetto al ligando esogeno/endogeno. I recettori per il gaba hanno canali che presentano altri siti legami a cui si legano sostanze che favoriscono l’apertura del canale in presenza del neurotrasmettitore. (fine integrazione) Questi possono essere reversibili o non reversibili, in base alla forza del legame che instaurano con il sito di legame: Reversibili: si legano al recettore e se la loro concentrazione si riduce, la molecola si stacca e il recettore torna libero e il canale come in precedenza. Non reversibili: il ligando ha affinità talmente elevata che una volta che si instaura il legame, anche se diminuisce la concentrazione, il legame non può essere rotto e il canale rimane bloccato. CONDUTTANZA IONICA Tutti i canali ionici si aprono e chiudono con un meccanismo “tutto o nulla”. Ogni canale ionico ha una propria conduttanza ionica specifica. Le conduttanze ioniche attraverso le membrane possono cambiare in modo continuo, aumentando o diminuendo in base al numero di canali ionici che sono aperti (siccome l’apertura e chiusura del canale ionico è “probabilistica”/casuale, quello che cambia è la probabilità che un canale ionico sia aperto piuttosto che chiuso. Se la probabilità di apertura del canale ionico aumenta avremo che in un determinato momento avremo una maggiore quantità di canali ionici rispetto a quelli chiusi; quindi la conduttanza totale della membrana di quel determinato ione aumenterà in maniera graduale, ma ciascun canale ionico si aprirà con un “meccanismo di tutto o nulla”. E’ stato possibile misurare la corrente ionica attraverso i canali ionici con la tecnica del “patch clamp”: utilizzando delle pipette di vetro estremamente piccole (meno di 1 micron), si fa in modo che questa vada a toccare la membrana della cellula, andando a cercare un canale ionico. Dopo aver identificato un singolo canale ionico si inserisce all’interno la pipetta per misurare il flusso ionico e le variazioni di corrente relative al singolo canale. Inoltre, posso variare sperimentalmente il potenziale di membrana oppure posso porre all’interno un neurotrasmettitore per vedere come cambia la corrente del canale. Esempio visto in aula riguardante un canale voltaggio dipendente:. Se io depolarizzo la membrana, il canale si apre e ha un valore di corrente costante. Il canale dopo un po’, anche se mantengo la depolarizzazione si richiude e rimane chiuso per tutto il tempo che mantengo la depolarizzazione. In questa situazione, devo ripolarizzare la membrana per tornare alla situazione normale. Il canale quindi passa in continuazione dalla condizione di “aperto” a quella di “chiuso” (si apre, dopo un po’ si richiude, si riapre e così via). L’unica cosa che cambia è la probabilità di apertura del canale. Se io metto una maggior quantità di acetilcolina, aumenterà la probabilità che questo canale si apra rispetto alla condizione di chiusura. Ma vediamo che tutte le volte la corrente che passa attraverso il canale è la stessa per quella determinata condizione di gradiente elettrochimico. Domanda del professore: Quale sarà la corrente ionica che passa attraverso questo canale? Risposta: Per prima cosa c’è una differenza fondamentale tra corrente ionica e conduttanza. Affinché passi uno ione attraverso un canale aperto occorre che vi sia un gradiente elettrochimico che spinge lo ione attraverso il canale (si parla di gradiente elettrochimico perché, ad esempio per il potassio, il gradiente 27 di concentrazione dentro è sempre 140 mmol/L e fuori 4 mmol/L, ma a questa forza chimica devo sempre aggiungere la differenza di potenziale che cambia nella cellula). Quindi per un determinato gradiente elettrochimico posso avere una specifica corrente ionica. Poi, posso avere una conduttanza massima ma se il gradiente elettrochimico è 0, cioè la forza elettrica deve essere uguale e opposta a quella chimica, il canale è aperto ma attraverso questo non passa nulla. Quindi, la conduttanza cambia in modo “tutto o nulla”, ma la corrente ionica che passa attraverso una membrana e che quindi determinerà a sua volta una differenza di potenziale di membrana dipende dal gradiente elettrochimico che in quel momento è presente. Esisterà una differenza di potenziale che controbilancia esattamente il gradiente chimico di concentrazione ai lati della membrana: in questo caso posso aprire i canali ionici ma la corrente ionica sarà uguale a zero. Per ogni canale ionico esiste un potenziale di membrana detto potenziale di inversione, al quale la corrente ionica attraverso il canale è zero anche se la conduttanza è massima. Se io depolarizzo ulteriormente la membrana, vedo che le correnti ioniche aumentano sempre di più a mano a mano che mi allontano dal potenziale di inversione in una direzione. Invece, se vado nella direzione opposta, quindi porto il valore di membrana verso valori più negativi, avrò sempre delle correnti unitarie ma che vanno in direzione opposta (visto che i canali ionici sono bidirezionali). Bidirezionalità dei canali ionici: a seconda del gradiente elettrochimico presente posso avere flusso ionico verso l’interno o l’esterno della cellula. Siccome il gradiente di concentrazione normalmente non cambia, perché ciò che cambia è il potenziale di membrana, posso avere flusso in entrambe le direzioni. CANALI OHMICI La maggior parte dei canali ionici ha un comportamento lineare: la corrente varia in modo lineare rispetto al potenziale di membrana. Questi canali si chiamano “ohmici” perché l’ampiezza di queste correnti segue la legge di Ohm. La corrente ionica, secondo questa legge, è data dal rapporto tra la differenza di potenziale e la resistenza del canale al passaggio degli ioni. Tuttavia, in fisiologia, non si parla di resistenza ma si utilizza il termine conduttanza, che è l’inverso della resistenza. Quindi, per la legge di Ohm, la corrente sarà uguale a gamma (conduttanza) per la differenza di potenziale. Guardando il grafico, si nota come questa relazione sia raffigurata da una retta. Il professore accenna infine l’argomento che affronterà nella prossima lezione: Non tutti i canali ionici sono canali ohmici, dunque non tutti hanno un comportamento lineare. Come vedremo più avanti questi sono una tipologia di canali molto importante, collegati alla parte di elettrofisiologia cardiaca. Si tratta dei canali rettificanti. 28 Riassunto/integrazione: il professore entra in aula e chiede se ci sono domande riguardanti la lezione precedente e infine riprende gli ultimi argomenti trattati la volta scorsa, ovvero i canali ionici e per la precisione i canali ohmici. Quando parliamo di canali ionici è importante ricordare che tutti i canali ionici si aprono secondo il meccanismo “tutto o nulla”: ovvero che essi ,o si aprono completamente e hanno una conduttanza massima ,oppure non si aprono proprio ed è importante tenere ben presente la differenza che intercorre tra conduttanza e corrente ionica, poiché nel momento in cui il canale si apre in esso la conduttanza diviene massima ,ma la corrente che passa attraverso il canale dipende dalla forza netta che spinge lo ione attraverso il canale stesso. La corrente che attraversa il canale quando è aperto è sempre uguale per un determinato potenziale di membrana, si parla infatti di corrente unitaria ed essa cambia in ampiezza a seconda del valore che assume tale forza netta che non è altro che una forza di tipo elettrochimico, elettrica perché dovuta alla differenza di potenziale e chimica a causa del gradiente di concentrazione. Come si fa a capire se prevale la forza elettrica o la forza chimica ? dipende dal potenziale di membrana. La variazione di ampiezza della corrente unitaria transmembranale dipende dal potenziale di membrana quindi ci sarà un potenziale di inversione in cui non avremo nessuna corrente ionica, nonostante il canale rimanga aperto, e poi avremo una corrente che potrà essere diretta verso l’esterno o verso l’interno a seconda della forza elettrochimica che spinge lo ione. Queste informazioni risultano essere necessarie per comprendere che quasi tutti i tipi di canali ionici sono bidirezionali, lo ione quindi può attraversare il canale in entrambe le direzioni a seconda del gradiente elettrochimico. Canali ohmici: sono un particolare tipo di canali ionici che seguono la legge di ohm: hanno un andamento e relazione lineare tra l’ampiezza della corrente unitaria rispetto alla variazione del potenziale di membrana secondo la legge di ohm. Dal punto di vista elettrico il canale può essere visto come una resistenza, tuttavia per i canali non si utilizza il termine resistenza ma si utilizza conduttanza, la quale corrisponde all’inverso della resistenza. Dunque per la legge di ohm la corrente ionica è data dal prodotto della conduttanza con la differenza di potenziale di membrana. Molti canali presentano questo tipo di comportamento e per questo motivo vengono definiti lineari, mentre in altre tipologie di canali la conduttanza cambia a seconda del potenziale di membrana e in questo particolare caso non si parla più di canali ionici ma canali rettificanti in cui la conduttanza è maggiore quando il potenziale di membrana è di un certo tipo, positivo o negativo, e si riduce via via si sposta a seconda del valore di tale potenziale. CANALI IONICI CANALI RETTIFICANTI E CANALI KIR Vi sono anche dei canali, oltre a quelli ionici, che non seguono la legge di Ohm e che dunque non hanno andamento lineare. Si tratta di canali rettificanti. Essi non si comportano in modo simmetrico per quanto riguarda la corrente in entrata e in uscita e la loro conduttanza cambia a seconda del valore del potenziale di membrana. Un esempio sono i canali del potassio Kir, che verrà ripreso durante la trattazione dell’elettrofisiologia cardiaca (fisiologia ll). Questi canali del potassio sono detti a rettificazione entrante, ossia rettificazione verso l’interno (Kir = inward rectifier). Il comportamento lo si osserva nel grafico a fianco: si noti la variazione della corrente (non la conduttanza), in ordinata, in funzione del potenziale di membrana: esiste inoltre un potenziale di membrana ,chiamato potenziale di inversione, alla 29 quale la corrente e il potassio devono permettere di aprire questo canale al massimo e questo potenziale di inversione vedremo poi che corrisponderà al potenziale di equilibrio di inerzia del potassio; ad esso corrisponde una forza elettrochimica , che spinge lo ione verso il canale, che sarà uguale a zero e questo lo possiamo notare anche a livello del grafico. Quando la corrente del potassio è diretta verso l’interno (parte sinistra del grafico), quindi con potenziali di membrana particolarmente negativi, questi canali si comportano come canali omhici (con andamento lineare). Infatti, più sarà negativo, maggiore sarà la corrente che passa nel canale (ricordando che si tratta comunque di un “tutto o nulla”). L’aumento o diminuzione della corrente dipende dal numero di canali presenti sulla membrana cellulare e che in quel momento sono aperti o chiusi. Questi si aprono o chiudono secondo un sistema probabilistico-statistico; più iperpolarizzo la membrana cellulare oltre il valore in cui la forza elettrochimica è uguale a zero, più vediamo che il canale si comporta in modo lineare, più iperpolarizzo, più è probabile che si aprano i canali, maggiore è la corrente complessiva attraverso la membrana. Infatti, iperpolarizzando la membrana, l’interno diventa molto negativo e quindi, essendo il magnesio positivo, viene attratto all’interno della cellula, liberando il canale per il passaggio del potassio. Quando depolarizzo la membrana, invece, se fossimo in un canale omhnico, ovvero lineare, vedremmo che la corrente avrebbe l’andamento tratteggiato nel grafico, ma in realtà la corrente non aumenta come dovrebbe secondo la legge di Ohm,ma si riduce a valori sempre più piccoli ,a causa della chiusura di questi canali. Il comportamento adottato da questa tipologia di canali non è il comportamento di un singolo canale ma è il comportamento della membrana dove sono localizzati tali canali in cui la corrente varia anche in funzione del numero di canali presenti sulla membrana stessa: quello che succede è che ogni singolo canale o si apre completamente o non si apre affatto e nel momento in cui io depolarizzo la cellula la corrente diminuisce e questo avviene perché la probabilità di apertura di questi canali si riduce; questo spiega come questi fenomeni siano fortemente connessi alla probabilità. Se iperpolarizzo la cellula, la corrente aumenta perché aumenta la probabilità di apertura del canale stesso, se invece io depolarizzo, avrò l’effetto opposto. La domanda che dobbiamo porci è la seguente: come mai quando io depolarizzo la membrana della cellula, la probabilità di apertura del canale si riduce causando la diminuzione della corrente? La risposta a tale domanda è che nel meccanismo generale di questi canali entra in gioco il ruolo di un catione e in questo caso, tale lavoro viene svolto dal catione magnesio situato all’interno della cellula: quando la membrana viene iperpolarizzata, essendo il magnesio uno ione positivo, dentro la cellula lo spazio diventa sempre più negativo e quindi il magnesio viene attirato all’interno della cellula, se invece io depolarizzo la membrana avviene l’opposto, ovvero che gli ioni magnesio vengono attirati all’interno del canale dove è localizzato un sito di legame specifico per il magnesio, che è il sito poliammidico bloccante, che permetterà agli ioni magnesio di causare un ingombro sterico, impedendo al potassio di passare attraverso il canale stesso, causandone la chiusura. Questi sono canali, come vedremo, molto importanti sia nel SNC, sia nel controllo dell'elettrofisiologia cardiaca e dei vasi e anche del controllo del flusso ematico locale nei tessuti ,in funzione del loro livello metabolico. Riassumendo: alla luce di questo è chiaro leggere il grafico mostrato a fianco poiché all’inizio la corrente è bassa e nel grafico vengono mostrate due situazioni ben distinte tra di loro: se non ci fosse elettrificazione, il potassio entra nel canale e avremmo un andamento della corrente lineare ( linea tratteggiata), la corrente invece assume un altro tipo di andamento, diverso da quello lineare, a causa dell’elettrificazione entrante. STRUTTURA DEI CANALI IONICI Esistono centinaia di canali ionici con strutture e proprietà differenti e divisi in classi particolari ed è importante comprendere la struttura generale di questi canali e vedere poi il loro funzionamento e meccanismo.. Ciascun canale è formato da più subunità, che possono essere uguali o diverse, le quali vanno a formare un polo centrale. Queste vengono denominate con lettere greche (alpha, beta, gamma...), così come le diverse componenti del canale, le quali, ad esempio, possono avere funzioni regolative: bisogna dunque fare attenzione a non confondersi. Ci sono molte classi e ciascuna membrana possiede un numero e un corredo diverso di questi canali e questo determina un cambio nelle condizioni elettrochimiche delle cellule. Tutti i canali ionici sono dei polimeri: Eteropolimeri: costituiti da 5 subunità proteiche diverse, struttura tipica dei canali che vengono regolati a livello sinaptico da un neurotrasmettitore. Ciascuna subunità è formata da una proteina che presenta un certo numero di domini transmembranali. Come fa questa proteina a inglobarsi dentro la membrana? La risposta a tale domande è la seguente: per poterlo fare occorre che nella 30 parte di proteina che attraverso il doppio strato fosfolipidico esponga verso l’esterno dei gruppi non polari e tutte queste subunità hanno 4 domini transmembranali ciascuna chiamati M1,M2,M3,M4. Questa struttura generale è costante in tutte le subunità che costituiscono questi canali in quanto la subunità M2 è quella che viene esposta all’interno del canale stesso, cioè di tutte queste proteine, il filtro di selettività è dovuto alla subunità M2 che viene esposta all’interno del canale e per tale motivo è una struttura idrofobica, come le altre ( M1-M2-M3 = sono esposte all’esterno e per questo sono idrofile). omopolimeri: costituiti da 6 subunità proteiche identiche che costituiscono il polo centrale, struttura tipica delle gap junction ( giunzioni comunicanti) , ovvero un esempio di strutture e vie a bassa resistenza elettrica e bassissima selettività ionica che permettono il passaggio di correnti ioniche da una cellula all’altra → si parla di giunzioni comunicanti elettriche pseudo subunità: sono costituiti da un’unica catena proteica che ripete dei domini nella sequenza amminoacidica. Queste pseudo-subunità sono legate l’una all’altra con sequenze amminoacidiche intra o extra cellulari. Questa è la struttura tipica dei canali voltaggio dipendenti i quali hanno una selettività e una sensibilità estremamente elevate per un particolare ione, come gli ioni sodio, potassio e calcio e per ciascuno di questi ioni possiamo trovare varie tipologie di canali voltaggio dipendenti. Questi canali hanno una struttura ben precisa: sono costituiti da 4 pseudo-subunità che costituiscono un polo centrale ed esse formano la cosiddetta subunità alpha che non è altro che il canale ionico vero e proprio ed esso a cui sono ulteriormente associate delle proteine di canale ,che sono le proteine beta e gamma, ed esse non fanno parte del canale, ma sono in grado di modulare la capacità di apertura di questi canali voltaggio dipendenti: non ne determinano l’apertura o la chiusura, ma favoriscono l’apertura di tali canali in presenza di un determinato fattore, ovvero della variazione del voltaggio. È importante tenere a mente che le subunità alpha di questo tipo di canali sono diverse dalle subunità alpha dei canali regolati dai neurotrasmettitori che invece sono degli eteropolimeri, costituiti da 5 subunità che vengono denominate con le lettere greche quindi è importante non confondersi perché nei canali voltaggio-dipendenti , la subunità alpha costituisce il vero e proprio canale. Vi sono diverse tipologie di canali con proprietà differenti, dovuti alla grande variabilità di geni che codificano per le proteine di canale. Si riportano i numeri di geni scoperti fino ad ora che codificano per queste proteine: - 9 geni per canali voltaggio dipendenti per il Na+ 10 geni per canali Ca++ - 75 geni per canali K+ - 70 geni per canali ligando-dipendenti, sono quelli che regolano la trasmissione sinaptica diretta - Circa 12 geni per canali Cl È stato possibile sequenziare, clonare e identificare con esattezza questi geni. Analizzandone l’idrofobicità, si è scoperto che si trovano dei residui amminoacidici non polari (circa una ventina nei canali che legano l’acetilcolina). Queste sequenze idrofobiche, senza cariche elettriche sulle superficie, si organizzano a formare delle alfa-eliche liposolubili, che si interfacciano più facilmente all’interno del doppio strato fosfolipidico consentendo l’inglobamento del canale nella membrana. Esistono diverse classi di canali ionici: Canale regolato da neurotrasmettitori (ligandi esogeni): ad esempio il recettore per l’ACh (acetilcolina),il GABA A, la glicina e la serotonina. Si tratta del meccanismo più rapido attraverso il quale avviene una sinapsi. Essi Sono presenti in quasi tutte le sinapsi, dove permettono il meccanismo di trasmissione sinaptica. La molecola chimica si lega direttamente sulla parte extracellulare del canale stesso, determinandone l’apertura. A seconda del neurotrasmettitore, avremo diversi tipi di recettori: l’acetilcolina si lega ai suoi recettori, chiamati recettori colinergici nicotinici, un recettore ionotropico che permette il flusso di cationi e l’apertura dei canali (questi sono una delle due famiglie di recettori che legano l’acetilcolina), e di questi ne esistono di diversi tipi localizzati a livello dei muscoli, nei gangli delle radici posteriori o sul sistema nervoso centrale. I neurotrasmettitori associati ai vari canali non necessariamente agiscono a livello sinaptico aprendo i canali ionici ,ma ci sono anche altri meccanismi sinaptici che permetteranno tale processo , quindi nel momento in cui il neurotrasmettitore si lega al recettore, questo non permette l’apertura 31 diretta del canale ma innesca l’attivazione di altre molecole, chiamate secondi messaggeri intracellulari ,che indurranno l’apertura del canale stesso. Questo significa che il meccanismo sinaptico viene mediato attraverso un meccanismo completamente diverso, in questo particolare caso infatti, non si parlerà più di recettori ionotropici, ma di un’altra classe di recettori chiamati metabotropici. Al contrario dei recettori ionotropici ,il cui legame con il ligando causa l'apertura del canale racchiuso dal recettore stesso, il recettore metabot