Summary

These notes detail Italian business income determination, covering various income categories like property, capital, employment, and business. It explains the concept of taxable income, direct and indirect taxes, including IRPEF, IRES, and IRAP. It also discusses the different types of income, taxation of business income, and how it differs from corporate tax.

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ESERCITAZIONI LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA Il Sistema Tributario Italiano Principio di capacità contributiva: art.50, Cost. -> ciascuno ha il dovere di contribuire alle tasse in base alla sua capacità economica (?) - Imposte Dirette: IRPEF, IRES, IRAP IRPEF: a) colpisce le perso...

ESERCITAZIONI LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA Il Sistema Tributario Italiano Principio di capacità contributiva: art.50, Cost. -> ciascuno ha il dovere di contribuire alle tasse in base alla sua capacità economica (?) - Imposte Dirette: IRPEF, IRES, IRAP IRPEF: a) colpisce le persone fisiche b) Incide sul reddito (imponibile) c) È personale, in quanto considera la situazione personale del contribuente, prevedendo oneri deducibili e detraibili (es. spese mediche, familiari a carico, ecc.) d) È improntata alla progressività1 (scaglioni) l’aliquota delle imposte cresce in modo proporzionale alla crescita del reddito. IRES: a) Colpisce le società di capitali (le società di persone viene imputato ai soci pro quota) b) L’imponibile è il reddito delle società c) Aliquota proporzionale IRAP: a) Imposta sulle attività produttive (società di capitali e di persone) b) Imponibile è il valore della produzione c) Aliquota proporzionale Imposte Dirette, Indirette, Tributi minori - Imposte Indirette: a) Imposte sui consumi - Iva (imposta sul valore aggiunto) - Imposte di fabbricazione (accise) b) Imposte sui trasferimenti di ricchezza - Imposta di registro - Imposta di successione e donazione - Tributi minori erariali: a) imposta di bollo b) imposte ipotecarie e catastali - Tributi minori locali: a) Imposta comunale sulla pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni o Tassa per occupazione di spazio aree pubbliche (ora sostituite con il Canone Unico Patrimoniale) b) Tassa comunale sui rifiuti (Tarsu, Tares, TARI) c) Canone per occupazione di spazi e aree pubbliche 1 Art.53, Cost:1. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. 2. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Le Categorie Reddituali - Presupposto dell’imposta sul reddito è il possesso di redditi in denaro o in natura, rientranti nelle categorie espressamente previste dal legislatore (art. 6 t.u.i.r.): a) redditi fondiari (art. 25-43), b) redditi di capitale (art. 44-48), c) redditi di lavoro dipendente (art. 49-52), d) redditi di lavoro autonomo (art. 53-54), e) redditi di impresa (art. 55-66), f) redditi diversi (art. 67-71). - Il legislatore ha rinunciato ad una definizione generale e unitaria del reddito fiscalmente rilevante, affermando una nozione nominalistica di reddito fiscale, secondo la quale è reddito tutto ciò che è normativamente qualificato come tale dalla disciplina delle singole categorie. Nozioni di Reddito - Le nozioni di reddito tassabile sono riconducibili a: a) Reddito prodotto: entrata avente natura di reddito se deriva da una fonte produttiva (maggioritaria). b) Reddito entrata: qualsiasi entrata è considerata reddito (es.: reddito d’impresa, reddito di lavoro dipendente, redditi diversi come vincite e premi). - Per redditi in natura s’intendono beni e servizi tassabili in base al loro valore normale (prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione): a) Fringe benefit (beneficio accessorio) destinati ai lavoratori dipendenti (Auto aziendale, Telefono cellulare aziendale, Buoni pasto, Alloggio). Redditi Fondiari - Sono i redditi inerenti ai terreni ed ai fabbricati situati nel territorio dello Stato, iscritti al catasto terreni o al catasto edilizio (reddito figurativo). - Gli immobili strumentali utilizzati per l’esercizio di attività commerciali, però, non originano reddito fondiario poiché concorrono alla produzione di reddito d’impresa (eccezione). I redditi fondiari si distinguono per la provenienza: a) dai terreni (reddito presunto): Reddito dominicale: dovuto dal proprietario terriero in ragione del possesso della terra. Reddito agrario: dell’impresa agraria derivante dalle attività di coltivazione, etc. (è indipendente dall’effettiva produzione agraria); b) dai fabbricati: (reddito presunto) in base alle tariffe d’estimo, salvo il caso di locazioni, tassate per competenza con possibilità di dedurre dal canone di affitto un 5% a titolo spese forfettarie). Se la prima casa non è di lusso non viene tassata (?). Per un immobile concesso in locazione bisogna fare il confronto tra il valore catastale e l’affitto Redditi di Capitale - Sono i redditi riferibili all’investimento di capitale: a) Proventi derivanti dalla partecipazione in società o enti (dividendi); b) Interessi e altri proventi derivanti da forme di investimento di capitale (mutui, obbligazioni e titoli similari); - Sono tassati secondo il principio di cassa, ossia si considera la somma percepito nel periodo di imposta e non il credito alla data di maturazione. - Non sono ammesse deduzioni. - Regimi sostitutivi: non sempre i redditi di capitale sono tassati in via ordinaria, e scontano un regime di ritenuta alla fonte a titolo di imposta (risparmi amministrato con tassazione a carico della banca o altro intermediario, ed esonero di adempimenti in carico al risparmiatore). Redditi di Lavoro Dipendente Principio di cassa: reddito tassato solo quando viene recepito. Principio di tassa allargato: la retribuzione di dicembre pagata entro il 15 gennaio dell’anno successivo viene considerata nei redditi di lavoro dell’anno prima. - Sono quei redditi che derivano dai rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro (di qualsiasi qualifica) alla dipendenza e sotto la direzione altrui. - Sono sottoposti a ritenuta alla fonte a titolo di acconto. - Vi rientrano: a) Redditi di lavoro dipendente pubblico e privato b) Le pensioni riconducibili ad un precedente rapporto di lavoro c) Fringe benefit (auto aziendale, telefono, mense) - Principio di onnicomprensività: il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme ed i valori a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta (indennità di malattie e maternità), purché collegate ovviamente con il rapporto di lavoro. - Si segue il principio di cassa e sono previste detrazioni. Redditi di Lavoro Autonomo - Sono quelli derivanti dall’esercizio di arti e professioni svolte non occasionalmente (altrimenti si tratta di redditi diversi) e senza trovarsi sotto la direzione altrui (no vincolo di subordinazione). - Il lavoratore autonomo svolge attività abituale e non commerciale (altrimenti reddito d’impresa). I fattori produttivi non solo il lavoro ed il capitale organizzato sottoforma di impresa (reddito d’impresa), bensì è l’attività professionale non subordinata il cui apporto principale è quello personale (ossia le doti o quello che in diritto privato avrete sentito chiamare intuitus personae). Es. avvocati, commercialisti, medici, etc. - Si segue il principio di cassa e sono deducibili tutte le spese sostenute e riportate in contabilità. - La base imponibile è data dai compensi ricevuti a titolo di remunerazione. Redditi Diversi - Non vi è una definizione, vi rientrano in via residuale: a) Le plusvalenze immobiliari, derivanti dalla cessione di immobili al di fuori dell’attività d’impresa b) Le plusvalenze dei titoli azionari e obbligazionari (c.d. capital gain, ossia la plusvalenza realizzata per il tramite della cessione di azioni) - Data l’eterogeneità dei redditi ricompresi le modalità di determinazione del reddito non sono uniformi, anche se tendenzialmente sono tassati nel momento di percezione, e quindi seguono il principio di cassa. Tassazione dei proventi illeciti È un tema che affonda le radici molto indietro nel tempo. Nel 1993 la legge 537 prevede che i proventi derivanti da attività illecita sono tassati se riconducibili a una delle categorie di cui all’art.6 tuir. Se non lo è comunque considerato un reddito diverso. -> i proventi illeciti sono sempre tassabili anche se non so forti di reddito. Nella tassazione dei proventi illeciti non vendono sottratti i costi sostenuti. L’altro requisito previsto dalla legge affinché il provento illecito possa essere tassato è che non sia stato soggetto a sequestro o confisca nello stesso periodo …. dell’imposta. Spesso le indagini finanziarie operano una trasformazione per ricondurre i proventi illeciti a una delle categorie previste dal tuir. La questione dei proventi illeciti ha sollevato un dibattito giurisprudenziale sulla: Chiromanzia -> non tassabili Prostituzione -> tassabili, anche se sfruttamento. Determinazione calcolo del reddito di persona fisica Prima operazione: somma di tutte e 6 categorie. Sottrazione dei redditi deducibili, applicazione dell’aliquota secondo lo scaglione di riferimento e si ottiene l’imposta lorda a cui si sottraggono le detrazioni di imposta. Si ottiene l’imposta netta si scontano le eventuali ritenute e crediti di imposta. Questo vale per i contribuenti che possiedono redditi riconducibili alle sei categorie. LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA N.B. Azienda: complesso organizzato dall’imprenditore di beni materiali (locali, macchinari, materie prime) e immateriali (know-how, avviamento, marchi) accomunati dalla medesima destinazione economica e funzionali all’attività d’impresa. Impresa: attività (economica, professionale ed organizzata) finalizzata alla produzione di beni o di servizi. Può esercitarsi sia individualmente sia in forma associata tra più soggetti. Società: un mezzo di conduzione dell’esercizio d’impresa, in forma associata tra più persone che collaborano tra loro per il raggiungimento di un fine comune. -> imprenditore individuale (pf) sarà sempre soggetto a IRPEF, l’imprenditore collettivo e un soggetto passivo IRES, l’imprenditore collettivo solitamente svolge la propria attività attraverso una società. Reddito d’impresa  IRES (Imposta sul reddito delle Società). Cos’è Reddito D’Impresa? - Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali (art. 55 TUIR). - Per esercizio di impresa commerciale si intende l’esercizio per professione abituale ancorché non esclusiva: a) delle attività indicate nell’art. 2195 c.c.; b) delle attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi ≠ da quelle previsti dall’art. 2195 c.c. (es. prestazioni didattiche, sanitarie, di cure estetiche, di laboratorio, fotografiche, ecc.). Se non rientra nel 2195 bisogna guardare l’organizzazione del soggetto; c) dell’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; d) delle attività agricole di cui all’art. 32 del TUIR, se eccedono i limiti ivi indicati. Es limiti: allevamento di animali è considerato attività agricola se il mangime è prodotto almeno per ¼ dal terreno e dall’attività dello stesso allevatore; I SOGGETTI E LA NORMATIVA I SOGGETTI Producono reddito d’impresa: a) le persone fisiche per l’attività commerciale svolta per professione abituale (se occasionale produrrebbe un reddito diverso). Tale tipologia di reddito è da sommare alle altre categorie di reddito al fine di ottenere il reddito complessivo prodotto. Calcolo dell’IRPEF (artt. 6, 8 e 55 TUIR); b) gli enti pubblici e privati (≠ società) ed i trust - residenti - per l’attività commerciale compiuta ma che non costituisce l’oggetto esclusivo/principale dell’attività (artt. 73 e 143 TUIR); c) le società e gli enti commerciali non residenti, ed i trust, senza stabile organizzazione in Italia (artt. 73, 151 e 152 TUIR); d) gli enti non commerciali, non residenti, per l’attività commerciale svolta nello Stato (artt. 73 e 153 TUIR). Producono solo reddito d’impresa (= reddito complessivo): a) le SNC e le SAS (art 6, comma 3 TUIR); b) le SPA, SRL, SAPA, le società cooperative e di mutua assicurazione, da qualsiasi fonte provenga (artt. 73 e 81 TUIR); c) gli enti pubblici e privati (≠ società), nonché i trust, residenti nello stato con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (artt. 73 e 81 TUIR); d) le società e gli enti commerciali non residenti, nonché i trust, ma con stabile organizzazione (sede fissa di affari) in Italia (artt. 73, 151 e 152 TUIR). LA RESIDENZA - Art. 73: ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede, nel territorio dello Stato, dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività. - È irrilevante che la società sia costituita all’estero se uno dei suddetti elementi di collegamento è localizzato nel territorio dello Stato. - Si considera residente in Italia la società estera che è controllata anche indirettamente da soggetti residenti in Italia (attività di accertamento). OGGETTO DELL’ATTIVITÀ - Per i soggetti residenti, per oggetto si intende l’attività essenziale per realizzare gli scopi primari indicati nell’atto costitutivo o nello statuto. - In mancanza di tali atti, l’oggetto principale è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato. - L’oggetto esclusivo o principale dell’ente non residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato. Sostanza vs Forma IRES vs IRPEF - Il legislatore ritiene sempre produttivi di reddito d’impresa determinati soggetti (quelli individuati dall’art. 73, comma 1, lett. a) TUIR), tassati ai fine IRES come le S.p.A., le S.r.l., le S.a.p.a., le società cooperative. - Nell’ambito dell’IRPEF, che ha come soggetti le persone fisiche, il titolare del reddito d’impresa non potrà che essere l’imprenditore individuale. N.B: le attività aventi natura d’impresa ma non esercitate in forma abituale producono: redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. i) TUIR). LA TASSAZIONE PER TRASPARENZA - Prevista dall’art. 5 TUIR è la disposizione normativa con la quale trova applicazione il principio di trasparenza fiscale che distingue le società di persone da quelle di capitali. Le prime, infatti, non sono soggette né a IRES né ovviamente a IRPEF, bensì sono trasparenti. (il periodo d’imposta solitamente coincide con l’anno solare, ma possono anche essere diversi). - Essere trasparenti significa che il reddito prodotto dalla società di persone viene ripartito tra i soci, e saranno questi, in proporzione alla quota di partecipazione detenuta nella società, a dover versare le relative imposte, unitamente ad altri eventuali redditi percepiti che concorreranno alla determinazione dell’imponibile complessivo secondo le regole generali. Il regime di trasparenza è obbligatorio per le società di persone, è opzionale per alcune società (es: società a responsabilità ridotta). NORMATIVA DI RIFERIMENTO - D.P.R. n. 917/1986, Testo Unico delle Imposte sui redditi (c.d. TUIR): a) Artt. 6 e 55 TUIR (inseriti nella sezione IRPEF): cos’è il reddito d’impresa? b) Art. 83 e ss. TUIR (inseriti nella sezione IRES): come si determina il reddito d’impresa? Commistione tra i punti a) e b) - Codice civile (art. 2195 c.c.) - La disciplina base per la determinazione del reddito di impresa è contenuta nella Sez. I, Capo II, Titolo II (artt. 81-116 TUIR). In alcuni casi, però, si deve rinviare a: a) per le persone fisiche (imprenditore individuale) all’art. 56 TUIR e calcolo dell’IRPEF; b) per gli enti non commerciali residenti all’art. 144 TUIR; c) per gli enti non commerciali non residenti all’art. 154 TUIR; d) per le società e gli enti commerciali non residenti e senza stabile organizzazione in Italia (art. 152 TUIR). Gli enti non commerciali potrebbero essere degli enti del terzo settore e il codice del terzo settore prevede delle regole diverse (il codice del 2017 non è ancora stato approvato dell’UE). … QUINDI - Il reddito d’impresa può essere oggetto di tassazione sia ai fini IRPEF (previa sommatoria con le altre tipologie di redditi prodotti e con applicazione progressiva delle aliquote in funzione degli scaglioni riscontrabili caso per caso fino a concorrenza del reddito complessivo prodotto) che ai fini IRES (con applicazione dell’aliquota proporzionale del 24%). - In via generale, si applica l’IRPEF: a) agli imprenditori individuali; b) ai soci (persone fisiche) di società di persone per il reddito da queste prodotto. La società di persone è soggetto passivo IVA. - Mentre si applica l’IRES (art. 73 TUIR) alle: a) SPA, SRL, SAPA, assicurazioni; b) gli enti pubblici e privati (≠ società), ed i trust, residenti, con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; c) gli enti pubblici e privati (≠ società), ed i trust, residenti, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti. - I principi (v. infra) relativi alla determinazione del reddito d’impresa operano sia per i soggetti IRES che per i soggetti IRPEF. In questo ultimo caso, per espressa statuizione del legislatore (art. 56, comma 1, TUIR) detti principi sono mutuati dalla normativa IRES in materia di società di capitali. PROFILI GENERALI E BENI D’IMPRESA Reddito d’impresa  IRES (Imposta sul reddito delle Società). Art. 2195 c.c. Imprenditori soggetti a registrazione. - Registro delle imprese: registro in cui i soggetti che esercitano un'attività economica sono tenuti all'iscrizione (sono escluse le libere professioni). Il registro imprese (c/o le camere di commercio) costituisce la fonte primaria di certificazione dei dati costitutivi dell’azienda, così come le anagrafi comunali lo sono per i dati dei cittadini. - Sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano: 1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; 2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni; 3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) un'attività bancaria o assicurativa; 5) altre attività ausiliarie delle precedenti. SOGGETTI CHE PRODUCONO R.I. - Le persone fisiche: limitatamente al reddito prodotto nell’esercizio di attività commerciali, il quale concorre assieme alle altre categorie di reddito (fondiari, di capitale, diversi, ecc.) e che verrà tassato dall’IRPEF. - Le società commerciali di persone (snc e sas): il reddito prodotto da queste società viene attribuito per “trasparenza” ai soci e in capo a questi tassato. - Le società di capitali e gli enti commerciali: questi soggetti producono in ogni caso, e a prescindere dalla fonte, reddito d’impresa che viene tassato dall’IRES. - Gli enti non commerciali: limitatamente ai redditi prodotti dall’esercizio di attività commerciali. Il reddito d’impresa degli enti non commerciali, assieme alle altre categorie di reddito, viene tassato dall’IRES (regime particolare e agevolativo). REGIMI CONTABILI - Al fine della determinazione del reddito d’impresa occorre in primo luogo verificare quali siano le diverse modalità di conduzione/gestione, cui si ricollegano diversi regimi contabili dotati di regole proprie: a) Regime semplificato per le imprese c.d. minori; sono imprese che rispettano dei limiti: prestazione di servizi, ricavi < 400.000 euro; altre attività, ricavi < 700.000 euro. b) Regime forfettario (agevolato): per le imprese che hanno ricavi massimi pari ad euro 85.000. c) Regime ordinario: per le imprese che conseguono ricavi per prestazioni di servizi e altre attività senza rispettare i limiti di cui alla lettera a). REGIME SEMPLIFICATO (CASSA) - Il regime semplificato è il regime naturale per le società di persone e per le ditte individuali. - Vi è l’obbligo della tenuta del registro IVA, mentre vi è l’esonero dal libro giornale e dalla predisposizione del bilancio d’esercizio. - Dal 2017 la contabilità semplificata è «per cassa» (come i professionisti) ed il reddito viene calcolato come semplice differenza tra i vari componenti positivi “percepiti” e quelli negativi “pagati”. - Resta, tuttavia, la «competenza» per le plusvalenze e minusvalenze e per le sopravvenienze attive e passive. REGIME ORDINARIO - Il regime ordinario (contabilità ordinaria) è obbligatorio per le società di capitali, poiché tenute a redigere e depositare il bilancio d’esercizio. - È altresì obbligatorio per le società di persone e per gli imprenditori individuali che, nell’anno solare precedente a quello in corso, hanno conseguito ricavi superiori a: a) € 400.000 per le attività di prestazioni di servizi; b) € 700.000 per le attività diverse dalle precedenti; - In ogni caso, per le società di persone o le imprese individuali che non superano i suindicati limiti è possibile applicare il regime ordinario su opzione. Si applica il principio di derivazione, la competenza, ecc. REGIME FORFETTARIO - è un regime introdotto con l’art. 1, c. 54 l. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015). È destinato a sostituire il previgente regime dei contribuenti minimi; - I contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario, se nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 85.000. Il superamento della soglia di 85.000€ si esce dal regime forfettario. Es: se nel 2024 95.000€ -> nel 2025 regime semplice. Se nel 2024 100.000€ -> nel 2024 regime semplificato + IVA (anche se tu non l’hai applicato). il soggetto che ha regime forfettario paga solo IRPEF -> riduzione dei costi forfettizzata. (?) Un contribuente sta nel regime forfettario finché non supera il limite (una volta aveva un tempo limitato). [- Non emette certificazione unica] - Non possono avvalersi del regime forfetario: a) le persone fisiche che si avvalgono di altri regimi fiscali di vantaggio (ex minimi); b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto; c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o terreni edificabili; d) gli esercenti attività d'impresa che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone o che controllano direttamente o indirettamente s.r.l. o associazioni in partecipazione che svolgono attività analoga; e) d-bis) le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni I Beni dell’Impresa - Sono i beni che, a diverso titolo, concorrono a formare il reddito d’impresa. Si suddividono: a) Beni c.d. «merce»: costituiscono l’oggetto tipico dell’attività d’impresa, la loro cessione genera ricavi; sono destinati a uscire dal patrimonio dell’impresa. b) Beni c.d. «strumentali»: inseriti nel ciclo produttivo in modo durevole, ossia destinati a contribuire alla produzione del reddito in più periodi d’imposta; la loro uscita dal patrimonio origina una plusvalenza o minusvalenza, e devono essere ammortizzati; c) Beni c.d. «meramente patrimoniali»: detti anche beni d’investimento poiché aventi finalità diverse, in particolare la diversificazione del rischio. - Impresa immobiliare: un immobile può essere un bene merce se destinato alla vendita (appartamento); un bene strumentale se al suo interno si svolgono attività utili per la produzione del bene finale (capannone); un bene investimento (una villa a Roma). - Partecipazioni e titoli: si deve verificare la classificazione in bilancio. Se sono iscritti nello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni finanziarie, sono beni investimento; se invece presenti nell’attivo circolante, sono beni merce. - I beni strumentali sono iscritti in bilancio al costo di acquisto, e sono soggetti al c.d. ammortamento a partire dall’esercizio in cui entrano in funzione. - Per le società commerciali (di persone o di capitali) sono relativi all’impresa tutti i beni ad esse appartenenti. - Per le ditte individuali è invece fondamentale procedere alla corretta individuazione dei soli beni che in concreto sono funzionali all’impresa, per tenerli distinti dal patrimonio personale dell’imprenditore che non influisce sul risultato d’esercizio. Il valore fiscalmente riconosciuto - Ciascun bene relativo all’impresa assume un valore fiscalmente riconosciuto (art. 110 TUIR). - L’elemento iniziale per determinarlo è il costo (o valore) storico, ossia il corrispettivo se acquistato, il costo di produzione se costruito internamente, il valore se immesso nel patrimonio dell’impresa. - Il costo storico comprende gli oneri di diretta imputazione connessi all’acquisto e/o all’inserimento del bene nel processo produttivo (spese notarili, spese di trasporto). - Per i beni strumentali il valore fiscalmente riconosciuto (ossia quello da considerare per le opportune valutazioni del caso, come il calcolo dell’eventuale plusvalenza) deve essere diminuito dell’ammortamento fiscale. I PRINCIPI - Principio c.d. di attrazione del reddito d’impresa - Principio di derivazione - Principio di competenza - Principio di previa imputazione - Principio di inerenza Il principio c.d. di attrazione - Ogni categoria reddituale contiene proprie regole di determinazione; nella singola categoria confluiscono tutti i proventi ad essa riconducibili. - Il Sig. Rossi possiede 2 appartamenti (non funzionali all’esercizio imprenditoriale) 1 attività commerciali, un portafoglio investimenti in titoli a scopo personale: tali molteplici cespiti produttivi di reddito confluiranno in 3 categorie reddituali: fondiario (appartamenti), d’impresa (l’attività commerciali), di capitale (i dividendi). - Se però gli immobili ed il capitale fossero anch’essi propri dell’impresa, anche se apparentemente riconducibili ad altre categorie diventerebbero automaticamente reddito d’impresa (ossia vengono attratti). - Per le persone fisiche occorre verificare la reale ed effettiva destinazione del bene e del relativo reddito. - Le società commerciali, invece, producono per legge solo reddito d’impresa da qualsiasi fonte provengano i rispettivi proventi ottenuti (art. 81 TUIR). - La società possiede un immobile, che affitta e da cui ne ritrae i canoni di locazione. Siffatti canoni, tuttavia, seppur apparentemente riconducibili ad altra categoria reddituale (quella dei redditi fondiari) confluiscono comunque nel reddito d’impresa come “proventi immobiliari” ex art. 90 del TUIR. Il principio di derivazione - La determinazione del reddito d’impresa deve avvenire muovendo dal risultato del conto economico, ossia apportando all’utile o alla perdita d’esercizio le variazioni in aumento e/o in diminuzione derivanti dall’applicazione delle disposizioni fiscali previste dal TUIR (art. 83 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917). Art. 83, TUIR: Determinazione del reddito complessivo 1. Il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione. - Se le disposizioni fiscali non prevedono particolari criteri di valutazione per un determinato valore inserito in conto economico, allora la valutazione operata ai fini civilistici ha automaticamente rilievo anche ai fini fiscali. - Tale regola opera a prescindere dall’assoggettamento dell’imprenditore commerciale all’IRPEF e della società commerciale all’IRES. Il Bilancio - Il bilancio è regolato all’interno del codice civile negli articoli dal 2423 a 2435bis. - È costituito, essenzialmente, da tre documenti: a) Stato patrimoniale b) Conto economico c) Nota integrativa. - Il conto economico fornisce il risultato economico della gestione dell’impresa in un determinato periodo (visione dinamica). - Il legislatore lo considera il documento dal quale si può verosimilmente evincere l’arricchimento conseguito dalla impresa. È dunque il punto di partenza per la tassazione del reddito. Relazione tra bilancio civilistico e reddito d’impresa - Scopo della normativa civilistica è: fornire una serie di informazioni di sintesi chiara, corretta e veritiera, sulla realtà aziendale nell’interesse di tutti coloro che hanno o vogliono avere un qualsiasi rapporto con l’azienda. - Scopo della normativa fiscale è: determinare il reddito imponibile come base su cui operare il prelievo fiscale a tutela dell’interesse economico dell’Erario, nel rispetto dei principi costituzionali di equità (art. 3) e capacità contributiva (art. 53). La funzione delle variazioni - Le differenti finalità tra la normativa civilistica e quella fiscale comporta opportuni aggiustamenti (variazioni). - Le ragioni per cui il legislatore fiscale prevede le variazioni sono molteplici: a) tutela dell‘interesse fiscale; b) certezza del risultato imponibile; c) contrasto a comportamenti elusivi/evasivi; d) evitare fenomeni di doppia imposizione; e) finalità extrafiscali (agevolazioni) Il meccanismo delle variazioni a) Variazioni che aumentano il reddito imponibile rispetto all‘utile civilistico in quanto aumentano un componente positivo del conto economico; b) Variazioni che aumentano il reddito imponibile rispetto all‘utile civilistico in quanto riducono una componente negativa; c) Variazioni che riducono il reddito imponibile rispetto all‘utile civilistico in quanto riducono una componente positiva del conto economico; d) Variazioni che riducono il reddito imponibile rispetto all‘utile civilistico in quanto si considerano componenti negative non presenti nel conto economico. LE VARIAZIONI IN DIMINUZIONE - Plusvalenze rateizzate: realizzate su beni diversi da quella merce, posseduti per un periodo non inferiore a tre anni. Queste possono, a scelta del contribuente, concorrere alla formazione del reddito imponibile nell’anno di cessione o in quote costanti nell’esercizio in cui sono realizzate e nei successivi, entro il quarto. - Plusvalenze relativa alla cessione di azioni o quote di partecipazioni. Sono esenti al 95% (PEX) se hanno i seguenti requisiti: a) Ininterrotto possesso per 12 mesi; b) Classificazione tra le immobilizzazioni finanziarie; c) Residenza della società partecipata in uno Stato non a fiscalità privilegiata; LE VARIAZIONI IN AUMENTO Componenti negativi imputati a conto economico ma totalmente o parzialmente indeducibili ai fini fiscali: a) Nei confronti delle autovetture aziendali il trattamento fiscale è di estremo sfavore, poiché si presume che esse vengano utilizzate, oltre che nella sfera imprenditoriale, anche per quella privata. Sono deducibili per il 20% fino al limite del costo del bene di 18.075,99; per gli agenti e rappresentanti di commercio la deducibilità è elevata all’80% fino al limite del costo del bene di 25.822,84. b) Spese telefoniche: deducibili all’80%; c) Spese per alberghi e ristoranti: deducibili al 75%; Il Principio di Competenza - In linea di massima, gli eventi che interessano l’impresa si possono riflettere sulla determinazione dell’imponibile fiscale secondo due diversi principi: a) Principio di cassa: i proventi e gli oneri rilevano all’atto dell’incasso o dell’effettivo pagamento del corrispettivo; b) Principio di competenza: i proventi e gli oneri rilevano all’atto del mero perfezionamento della fattispecie giuridica da cui traggono origine, a prescindere dal momento dell’incasso o del pagamento del corrispettivo; La Competenza Fiscale - Funzione del principio di competenza è individuare il periodo d’imposta nel corso del quale gli eventi che interessano la gestione ed il patrimonio dell’impresa si riflettono nella determinazione del reddito imponibile. - Tale principio stabilisce il momento rilevante in cui si verificano i presupposti, di fatto e di diritto, da cui traggono origine i componenti positivi e negativi di reddito acquisiti nel patrimonio dell’impresa, a prescindere dal momento della percezione o del pagamento (“cassa”). I Corollari della Competenza - Il reddito d’esercizio deve essere determinato nel rispetto del principio di competenza, temperato tuttavia dai requisiti della certezza e della obiettiva determinabilità (art. 109, comma 1, TUIR). - Questo significa che una volta individuato l’esercizio di competenza per un componente reddituale è necessario, prima della sua considerazione ai fini della determinazione del reddito d’impresa, valutare anche che sia certo e oggettivamente determinabile. - In altre parole, proventi e costi di competenza concorrono alla formazione del reddito a condizione che, nel medesimo periodo, essi siano anche dotati di certezza e determinatezza In caso contrario il componente non potrà essere tassato o dedotto. Certezza ed Obiettiva determinabilità - I requisiti della certezza e della obiettiva determinabilità sono correttivi della competenza con l’effetto di posticipare il momento impositivo, mai di anticiparlo: a) Certezza: richiede l’esistenza di un titolo produttivo di effetti giuridici al termine dell’esercizio, sia pur suscettibile di variazioni in futuro. L’elemento reddituale deve essere, quindi, collegato ad una situazione giuridica definita alla chiusura del periodo d’imposta. b) Obiettiva determinabilità: Sussiste quando, al termine dell’esercizio, si sono già verificati gli elementi per calcolare con precisione la componente reddituale, anche se la liquidazione non è ancora avvenuta. - Il principio di competenza deve dunque essere derogato (con conseguente posticipazione del momento impositivo) se i componenti di reddito sono incerti nella loro esistenza e/o non sono determinabili nell’ammontare (devono quindi risultare da atti, documenti probatori, come fatture, contratti, e non certo da stime discrezionali). - Le due condizioni devono sussistere entrambe: a) un indennizzo certo al 31/12/2015 ma ancora da stimare, ed oggettivamente determinabile solo al 20/03/2016, va nel bilancio 2015 (rilievo civilistico) ma non in dichiarazione (rilievo fiscale). La Disciplina del TUIR - Per i beni mobili (art. 109, comma 2, TUIR): i ricavi si considerano conseguiti e le spese di acquisto sostenute, alla data di consegna o di spedizione del bene. - Per i beni immobili (art. 109, comma 2, TUIR): i ricavi si considerano conseguiti e le spese di acquisto sostenute alla data di stipula dell’atto (es. scrittura privata tra le parti). - Per le prestazioni di servizi (art. 109, comma 2, TUIR): i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese di acquisizione sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate. Se la prestazione è periodica (locazione) alla data di maturazione del singolo corrispettivo (rateo) come da contratto. Alcuni Esempi - La Alfa Srl iscrive a conto economico il costo derivante dall’acquisizione di beni da collocare nel proprio magazzino in virtù di un contratto di compravendita. Il titolo che giustifica il costo è il contratto. - La Beta Spa, sulla base di un condono edilizio, regolarizza il proprio fabbricato industriale con il pagamento di oneri previsti dalla relativa disciplina. Il titolo che certifica il costo è dunque la legge (condono). - La Gamma Srl, in seguito ad un accertamento fiscale, si trova costretta a versare una maggior imposta di registro in seguito ad un rogito immobiliare (procede in virtù di un atto amministrativo). Le deroghe alla competenza - Il principio della competenza si applica ai componenti positivi o negativi «per i quali le precedenti norme non dispongano diversamente» (art. 109, comma 1, TUIR). - In altri termini, alcuni elementi reddituali, per ragioni di semplicità applicativa o di cautela fiscale, sono imputati “per cassa”: a) Contributi in conto capitale (art. 88, comma 3): fiscalmente considerati delle sopravvenienze attive, tassati nell'esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti non oltre il quarto esercizio. b) Dividendi (utili) distribuiti dalle società di capitali (art. 89, comma 2) c) Compensi agli amministratori (art. 95, comma 5) d) Gli interessi di mora (art. 109, comma 7) Il Principio di previa imputazione - Il principio è contenuto nell’art. 109, comma 3, TUIR, secondo cui i ricavi e gli altri proventi di ogni genere concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico. Viceversa, le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza. - Ne consegue che, a differenza delle componenti positive di reddito, per le quali si prescinde dall’effettiva previa imputazione, le componenti negative per essere dedotte devono, in linea generale, essere preventivamente imputate al conto economico. - La previa imputazione nel conto economico delle componenti negative di reddito quale condizione per la loro deducibilità rende chiaro il legame tra scritture contabili e reddito d’impresa. - Il legislatore intende dare «dignità» fiscale alle spese solo se queste sono state espressamente contabilizzate. - Come per il principio di competenza, anche quello di imputazione non è assoluto e prevede eccezioni. Sono infatti deducibili le spese e gli oneri specificamente afferenti a ricavi ed altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui risultino da elementi certi e precisi (art. 109, comma 4, lett. b) ultimo periodo). Deducibilità dei «costi in nero» - Negli atti di accertamento capita sovente che emerga materia imponibile non dichiarata e ripresa a tassazione. - Nella ricostruzione fattuale compiuta dai funzionari vengono riscontrati anche costi realmente sostenuti e propedeutici al conseguimento dei ricavi non dichiarati, costi (ovviamente) anch’essi non contabilizzati. - Il legislatore, dunque, in osservanza del principio di capacità contributiva e di tassazione di un reddito effettivo, ha introdotto la deroga alla previa imputazione consentendo ai contribuenti di dedurre i costi in discorso, purché risultanti da elementi certi e precisi. - Viceversa, la tassazione avrebbe natura espropriativa. Il Principio di Inerenza - Trattasi invero di una regola priva di una disposizione specifica, tuttavia facilmente desumibile dai principi precedentemente elencati. - Il riferimento normativo da cui estrapolare l’inerenza fiscale è l’art. 109, comma 5, TUIR, a mente del quale le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi (n.b.), e tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale (n.b. 2), sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito. - Si evince dunque una correlazione tra proventi imponibili e costi deducibili, i quali devono essere «inerenti» alla produzione dei primi / all’attività svolta. Correlazione ed Inerenza - Il giudizio sulla correlazione ed inerenza deve essere effettuato in concreto, basandosi sulla natura della spesa rispetto all’attività di impresa (dimensioni, organizzazione, esigenze promozionali, ecc.): a) l’acquisto di un quadro di Monet, ad esempio, potrebbe essere inerente per un grande studio professionale, o per un hotel di lusso, ma difficilmente potrebbe esserlo per un giovane avvocato alle prime armi o per una semplice locanda. b) l’acquisto di un escavatore sarà senz’altro inerente per un’impresa mineraria che necessita di ricercare i minerali, ma non certo per un parrucchiere. LE COMPONENTI REDDITUALI Dai Principi alle Singole componenti reddituali - Riepilogando, quindi, ci sono disposizioni fiscali - del tutto peculiari e diverse da quelle civilistiche, anche per le finalità e per gli interessi che tutelano - che devono essere applicate per determinare il reddito d’impresa. - Questa differenza tra norme civilistiche e norme fiscali origina le “variazioni” (in aumento o in diminuzione) da apportare al risultato del conto economico. - Dette “disposizioni” fiscali comportano effetti specifici e differenti a seconda che esse generino componenti “positivi” o “negativi” di reddito; sono, inoltre, correlate alla tipologia del bene da cui origina la spesa o il provento. Le principali componenti positive di reddito I ricavi (art. 85 TUIR) Le plusvalenze (art. 86 TUIR) Le sopravvenienze attive (art. 88 TUIR) I dividendi e gli interessi (art. 89 TUIR) Le principali componenti negative di reddito Le spese per prestazioni di lavoro (artt. 95 e 60 TUIR) Gli interessi passivi (art. 96 TUIR) Minusvalenze, sopravvenienze passive e perdite (art. 101 TUIR) Gli ammortamenti (art. 102 TUIR) Attivo circolante vs immobilizzazioni - L’attivo circolante è dato dall’insieme degli impieghi di breve durata, destinati ad un rapido consumo (le materie prime) o ad essere venduti sul mercato (i beni merce, i prodotti finanziari) o ad essere riscossi in tempi brevi (crediti verso clienti). Sono quindi in continua circolazione, anzi: la vendita di merci o la prestazione di servizi costituisce l’oggetto principale della gestione. - Immobilizzazioni: beni che all’interno dell’impresa non esauriscono la loro utilità in un solo esercizio ma manifestano benefici economici in un arco temporale di più esercizi (fattori produttivi a fecondità ripetuta, o beni investimento). Il valore dei beni dell’impresa - La definizione dei beni relativi all’impresa è necessaria per la corretta determinazione del reddito d’impresa, in quanto i componenti positivi e negativi che concorrono a determinarlo sono ad essi collegati (merce, strumentali). - Ulteriore elemento di primaria importanza per la corretta individuazione del componente reddituale (positivo o negativo) è determinare il valore fiscalmente riconosciuto del bene, ossia il valore assunto dal bene dal momento del suo ingresso nel patrimonio dell’impresa fino alla sua fuoriuscita. - Il “V. F. R.” costituisce il parametro per la quantificazione di certi elementi reddituali ad esso collegati. Ricavi (art.85) - I ricavi sono la componente positiva c.d. «ordinaria» di reddito, poiché riconducibile all’attività tipica d’impresa. - L’aggettivo «ordinarie» rende l’idea della continuità, della stabilità, poiché si tratta di componenti che derivano dal normale esercizio dell’impresa. - Nel caso di una società di investigazioni, sarà ricavo il corrispettivo pagato da Tizio per il pedinamento di Caio (in tal caso non abbiano la vendita di un «bene merce», bensì l’effettuazione di un «servizio tipico»). - Per quanto riguarda i beni, i ricavi scaturiscono in primo luogo dalla cessione dei c.d. «beni merce», ossia quei beni alla cui produzione o scambio è rivolta l’attività economica (let. a); - Ai primi si aggiungono le materie prime e semilavorati (let. b); - Ad esempio, la vendita di calzature effettuata da una società che le produce come mission imprenditoriale genera ricavi ai sensi dell’art. 85, lett. a); allo stesso risultato conduce la vendita da parte della stessa società di pellame, cuoio, gomma, in virtù dell’art. 85, lett. b); - Generano ricavi altresì la cessione di azioni, di obbligazioni, di titoli, di strumenti finanziari, purché, anche se non rientranti tra i beni che formano l’oggetto tipico dell’attività, siano registrati nel «circolante» e non tra le «immobilizzazioni finanziarie» (lett. c), d), e). Contrariamente darebbero origine a plusvalenze. Leggendo la disposizione se la si riporta ai proventi illeciti non si riesce a vedere come essi possano essere considerati come ricavi (?) Qualificazione dei ricavi (art.85) - Il ricavo è rappresentato dal corrispettivo, ossia dal prezzo derivante dalla cessione del bene. - Tuttavia, generano un ricavo anche il trasferimento a titolo gratuito dei beni menzionati (art.85, co.2); in tal caso, in assenza di una vendita a mezzo contratto oneroso, il ricavo verrà determinato facendo riferimento al «valore normale». - La ratio di tale disposizione è quella di garantire la simmetria «costi – ricavi», in quanto i beni assegnati o comunque destinati a finalità extra-imprenditoriali hanno comunque generato, al momento della loro acquisizione o produzione, un costo deducibile. - Da ultimo, sono da considerarsi ricavi anche le indennità a titolo di risarcimento ottenute per la perdita di un bene merce. Le plusvalenze (art.86 TUIR) - I beni relativi all’impresa non rientranti nell’art. 85 sono destinati a generare, in occasione della loro cessione, una plusvalenza (art. 86) o una minusvalenza (art. 101). - Sono tali quei beni destinati ad essere impiegati come «strumento» nel ciclo produttivo in maniera durevole, contribuendo alla formazione del reddito lungo un arco temporale comprensivo di più esercizi. - Sono iscritti nelle Immobilizzazioni, e possono essere materiali (terreni, fabbricati, macchinari, impianti) o immateriali (licenze, marchi, avviamento). - Si ha una plusvalenza nel caso in cui il differenziale tra il corrispettivo della cessione ed il v.f.r. sia positivo. Plusvalenze e ricavi - N.B.: Gli artt. 85 e 86 esauriscono il sistema di tassazione dei beni relativi all’impresa. - La fuoriuscita di un qualsiasi bene dall’impresa produrrà, infatti, o un ricavo o una plusvalenza (se il differenziale è positivo). - La cessione di beni effettuate dall’imprenditore origina ricavi o plusvalenze in funzione della tipologia di beni ma soprattutto in funzione della «ragione» che quel bene svolgeva all’interno di un determinato circuito produttivo. - Inquadrare un provento come ricavo o plusvalenza ha effetti reddituali importanti. - Il ricavo si determina dal corrispettivo della cessione a titolo oneroso, o, in mancanza, dal valore normale del bene gratuitamente assegnato. - La plusvalenza indica il differenziale tra il corrispettivo derivante dalla cessione (o valore normale se assegnato gratuitamente) e il costo fiscalmente riconosciuto, ossia quella parte di costo non ancora ammortizzato. - Inoltre, solo le plusvalenze possono essere assoggettate al regime di favore di cui all’art. 87, ossia la rateazione in quote costanti non oltre il quarto esercizio da quello di realizzo, purché il bene sia posseduto da almeno 3 anni. La PEX – Partecipation Exemption (art. 87) - Ulteriore elemento diversificatore e caratterizzante esclusivamente le plusvalenze è il c.d. regime PEX. - La plusvalenza patrimoniale (bene strumentale o bene investimento) realizzata attraverso la cessione di partecipazioni societarie è esclusa al 95% dall’imposta, se la partecipazione era detenuta da più di un anno, ed era iscritta nelle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso (ab origine). Da ciò deriva che l’eventuale originaria iscrizione nell’attivo circolante determina l’esclusione, a priori, del regime pex (si privilegia l’investimento). - Il regime Pex trova applicazione anche ai fini della tassazione dei dividendi (v. infra, art. 89). Presupposti soggettivi della PEX A) La società partecipata deve essere residente in un territorio white list. In caso contrario, tale ostacolo può essere rimosso mediante un interpello (nel quale si dimostri che almeno il 75% del reddito della controllata non è prodotto in un paradiso fiscale e che nello Stato della fonte è stato assoggettato a tassazione); B) Occorre che la società partecipata eserciti un’attività commerciale. In sostanza, l’esenzione è negata alle società «senza impresa», come le immobiliari di mero godimento. - Si presume che non esercitino attività commerciale le società il cui patrimonio è costituito per il 75% da immobili diversi da quelli strumentali o da beni merce. Si presumono, al contrario, esercenti attività commerciali quelle nelle quali il 75% del patrimonio è costituito da beni strumentali o merce. Qualificazione della PEX a) ART. 87 TUIR (IRES): Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti per il 95% le plusvalenze sulle partecipazioni attribuite a soggetti IRES in presenza dei 4 anzidetti requisiti. b) ART. 58 TUIR (reddito d’impresa IRPEF): Se il socio è un imprenditore individuale, la percentuale di esenzione è del 41,86 (D.M. 26 maggio 2017). Questo significa che la percentuale imponibile è del 58,14 (ai fini IRPEF). c) ART. 68, c. 5 TUIR (reddito diverso IRPEF): Se il socio è una persona fisica non imprenditore si rientra nell’ambito di redditi diversi (no redditi di capitali, perché non è un dividendo). Fino all’anno di imposta 2018 la plusvalenza concorreva nella misura del 49,72% del suo ammontare. c) ART. 68, c. 5 TUIR (reddito diverso IRPEF): dall’anno 2019, le plusvalenze si sommano alle relative minusvalenze; se l'ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il IV. Le sopravvenienze attive (art.88) - Le sopravvenienze rappresentano componenti straordinari del reddito d’impresa, e ad esse è affidata la funzione di rettificare la rilevanza di altre componenti di reddito (positive o negative) che abbiano concorso alla determinazione della base imponibile in precedenti annualità. - Di fatti, per molteplici ragioni, un componente reddituale già inglobato nel procedimento di determinazione del reddito di competenza di altra annualità d’imposta, venga meno o subisca comunque alterazioni. - L’art. 88 del TUIR attribuisce rilevanza fiscale a tali interventi correttivi. Le sopravvenienze si dividono in: a) proprie b) improprie Le sopravvenienze proprie - Le proprie sono eventi che modificano componenti che hanno già concorso a formare il reddito in precedenza. - L’evento può comportare una modificazione in positivo o in negativo: potremmo avere sopravvenienze attive o passive. - Da cosa derivano le sopravvenienze attive proprie? a) dal conseguimento di proventi a fronte di spese dedotte in precedenti esercizi (ad es. il rimborso di imposte, ecc); b) dal conseguimento di proventi in misura superiore a quelli contabilizzati in precedenza (un corrispettivo che aumenta perché viene rivista la clausola di un contratto); c) dalla sopravvenuta insussistenza di componenti negative già contabilizzate (ho dedotto nel 2013 una perdita su crediti ma il debitore nel 2014 adempie estinguendo il debito). - Si pensi ad una società che, a fronte di una fornitura, abbia indicato in contabilità un costo pari a 300 euro. La società, qualche anno dopo, contesta l’esecuzione dei lavori e ottiene una riduzione a 180 euro (sopravvenienza di 120 euro). - Si consideri una società operante nel settore immobiliare che ottiene una provvigione attiva pari a 4.000,00 per la sua attività di intermediazione. Venduto l’immobile ad una cifra più alta di quella pattuita, la società ottiene in giudizio il riconoscimento di una provvigione pari a 4.300,00. Questo genera nell’anno di competenza una sopravvenienza attiva di 300,00. Le sopravvenienze improprie - Le improprie derivano da eventi estranei rispetto alla normale gestione aziendale passata, e non modificano delle componenti precedentemente computate a fini fiscali: a) Indennizzi diversi da quelli che riguardano i beni dell’impresa (il risarcimento per la perdita di un bene merce costituisce un ricavo, di un bene strumentale integra una plusvalenza, ma il risarcimento per la violazione del patto di non concorrenza - concorrenza sleale?); b) Le liberalità o i contributi in conto capitale. - Non costituiscono liberalità o contributi in conto capitale i versamenti a fondo perduto effettuati dai soci (essendo equiparabili ai conferimenti), né la riduzione dei debiti d’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo. Gli utili (art.89, co.1-5) - Nel caso degli utili si deve distinguere tra: a) Gli utili distribuiti dalle società di capitale, che sono tassati solo se e nell’esercizio in cui sono distribuiti. b) Gli utili derivanti dalla partecipazione in società di persone, che sono tassati nell’esercizio in cui sono prodotti ancorché non percepiti. - Per gli utili derivanti dai soggetti IRES (lett. a) posta la tassazione per cassa si applicano inoltre seguenti criteri a) Se l’utile è percepito da altre società di capitali, concorre come imponibile nella misura del 5% (PEX). b) Se l’utile è percepito da imprenditori individuali o società di persone concorre come imponibile nella misura del 58,14% del loro ammontare. Qualificazione - Se i dividendi provengono da una società di capitali costituiscono reddito imponibile in capo alla società di capitali percipiente limitatamente al 5% del loro ammontare (art. 89). I dividendi percepiti sono dunque esenti per il 95% del loro ammontare, e la tassazione a cui sono soggetti è in concreto il 27,5% del 5%, ossia 1,375% (oggi il 24% del 5%). - I dividendi che provengono da una società di capitali e che sono percepiti da imprenditori individuali o società di persone, concorrono all’imponibile nella misura del 58,14%. - I dividendi che provengono da una società di capitali e che sono percepiti da persone fisiche che non svolgono attività d’impresa, soggiacciono ad imposizione sostitutiva nella misura del 26% mediante ritenuta con obbligo di rivalsa effettuata dal soggetto erogante. RIEPILOGANDO Utili distribuiti da società di capitali * Fino al 2018 si distingueva tra partecipazioni qualificate e non (distinzione basata sulla percentuale di diritti di voto esercitabile in assemblea): la tassazione degli utili percepiti da persone fisiche in possesso di partecipazioni qualificate era nella misura del 49,72% dell’utile. Interessi attivi (art.89, co.6,7) - In generale, quando si chiede un finanziamento o si deve effettuare un investimento, la somma di denaro corrisposta (vs ottenuta) comporta un introito (vs costo) che viene chiamato interesse attivo. In sostanza, trattasi della remunerazione che si ottiene quando si presta il proprio capitale (es. banche). - In generale gli interessi attivi concorrono alla determinazione del reddito d’impresa secondo il principio di competenza (maturazione nell’esercizio). - Fanno eccezione gli interessi di mora, che invece concorrono alla determinazione del reddito nell’esercizio in cui sono percepiti coerentemente al principio di cassa. I proventi immobiliari (art.90) - Come visto, si tratta di quei terreni e di quei fabbricati acquistati dalle imprese a titolo di investimento e non per essere utilizzati quali beni strumentali per l’attività. - Ai sensi dell’art. 90, co. 1, concorrono alla formazione del reddito secondo le regole proprie dei redditi fondiari, ossia attraverso una determinazione del reddito in via forfettaria (base catastale). - Per i soli fabbricati locati si considera, se il canone è superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%, il canone di locazione ridotto delle sole spese di manutenzione ordinaria, deducibili fino al 15% del canone medesimo. Un caso pratico - Si ipotizzi un immobile con canone di locazione annuo di euro 30.000, per il quale l’azienda sostenga costi di manutenzione ordinaria per 5.000 euro, oltre a spese di gestione per 2.500 euro. - In bilancio l’operazione ha un risultato netto di 22.500 - In sede di dichiarazione sarà necessario effettuare però le seguenti rettifiche: (30.000 x15% = 4.500); (30.000 – 4.500 = 25.500) - Ne consegue che: Utile di bilancio: 22.500 Variazione in aumento per i costi non deducibili: 3.000 Reddito imponibile: 25.500 Es di avviso di accertamento [pdf mandato con le slide] Le associazioni sportive dilettantistiche accedono a un regime forfettario agevolato in cui il legislatore forfettizza i ricavi (paghi le imposte sul reddito sul 3% dei ricavi -> agevolazione importante). Gli ISA funzionano a grandi linee come i vecchi studi di settore. LE PRINCIPALI COMPONENTI NEGATIVE DI REDDITO Spese per prestazioni di lavoro Interessi passivi Oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale Minusvalenze Sopravvenienze passive Perdite Ammortamenti Costi di pubblicità e rappresentanza Accantonamenti Previa imputazione e inerenza - Affinché un costo sia deducibile, occorre che lo stesso sia indicato in bilancio ed inerente all’attività di impresa. In sostanza, se un costo non è funzionale all’attività tipica, il medesimo non è fiscalmente deducibile. - L’inerenza è, per la dottrina maggioritaria, da valutare in relazione al tipo di attività esercitata e non al concreto ed effettivo conseguimento di maggiori ricavi. L’ A.F., se ritiene non inerenti alcune componenti negative, ha il potere di disconoscere la loro deducibilità. - L’antieconomicità: secondo un orientamento che si sta consolidando potrebbe essere considerato non deducibile un costo che, seppur potenzialmente inerente, venga valutato dall’Ufficio come “eccessivo” rispetto all’attività d’impresa (ossia non economicamente vantaggioso). Previa imputazione - Non sono deducibili i costi che non sono imputati al conto economico dell’esercizio. Deroghe al principio: a) Componenti iscritti al conto economico di un esercizio precedente e rinviati in base a norme fiscali (un costo iscritto nel 2022 non ancora certo nell’ammontare che viene quindi rinviato al periodo d’imposta successivo). b) Componenti che, pur non essendo iscritti, sono deducibili in base ad espresse disposizioni (art. 95, comma 5, TUIR, i compensi ai soci fondatori). c) Costi certi e precisi che afferiscono a ricavi o altri proventi che, pur non risultando a conto economico, concorrono a formare il reddito (ci si riferisce ai costi relativi ai ricavi «in nero» in sede accertativa da parte dell’A.F.; si recuperano ricavi in nero, ma al contribuente è consentito dimostrare i costi sostenuti). Principio di «simmetria impositiva» Spese per prestazioni di lavoro (art.95) - Nell’ambito dell’impresa possono riguardare: a) spese e compensi ai dipendenti (art. 95): il costo è deducibile per competenza dal reddito imponibile; b) compensi agli amministratori, ai soci fondatori ed ai promotori (art.95, co.5): deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti (criterio di cassa); c) compensi agli associati in partecipazione (art.95, co.6). Contratto con il quale una parte (l’associante) attribuisce ad un’altra (l’associato) il diritto ad una partecipazione agli utili della sua impresa in base ad un corrispettivo concernete un preciso apporto da parte dell’associato. In merito occorre distinguere se: - apporto di solo lavoro: deducibile (competenza); - apporto di solo capitale: indeducibile; - apporto misto: indeducibile. Alcune specifiche - Le erogazioni liberali fatte alla generalità dei dipendenti (come un regalo natalizio) sono deducibili. Quelle fatte volontariamente con fini di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria e culturale sono deducibili per il 5‰ (art. 100 TUIR). - Trasferte, Vitto e Alloggio: le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale c/o cui ha sede l’impresa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero massimo di euro 180,76 (elevato a 258,23 per le trasferte all'estero). I rimborsi che riguardano vitto e alloggio nel comune in cui l’impresa ha la sede dei suoi affari sono deducibili fino al 75% del totale. Le spese di viaggio sono interamente deducibili se documentate (solo biglietti aereo, treno, pullman). Se il dipendente utilizza un autoveicolo di sua proprietà o noleggiato, sono deducibili i costi di percorrenza o la tariffa di noleggio per auto fino a 17 (benzina) o 20 (diesel) cavalli fiscali. Interessi passivi (art.96) - Il problema della deducibilità degli interessi passivi nella determinazione del reddito d’impresa deriva dal diverso trattamento fiscale riservato al costo da indebitamento esterno rispetto al costo del capitale proprio (da conferimento). - Le imprese, infatti, possono finanziarsi aumentando il proprio capitale di rischio o ricorrendo al credito erogato da terzi. Le diverse fonti di finanziamento, oltre che essere motivate da esigenze economico-aziendali, sono fortemente influenzate anche dal diverso regime tributario che, tradizionalmente, induce a preferire il ricorso all’indebitamento, in quanto fiscalmente più conveniente. Interessi Passivi e Indebitamento - Gli interessi, nell’ambito dell’imposizione sul reddito, rappresentano, per il percettore degli stessi la remunerazione del capitale di credito, e per l’impresa finanziata costi inerenti alla produzione del reddito tassabile e quindi, in linea generale, sarebbero deducibili. - Viceversa, la remunerazione del capitale conferito avviene mediante la distribuzione dei dividendi ai soci, dividendi che ovviamente non sono costi per la produzione del reddito, e quindi non sono deducibili (anzi, abbiamo visto che sono tassati), riducendo così la convenienza, per le imprese, a finanziarsi con capitale proprio. Imprese Individuali e Società di Persone (art.61) - Gli interessi passivi sono deducibili in proporzione al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (tra cui quelli esenti). - Pro-rata generale di deducibilità. Non è pertanto deducibile la quota di interessi passivi che corrisponde all’entità % dei ricavi esenti sul totale dei ricavi. Ne discende che, in mancanza di proventi esenti da imposizione, gli interessi passivi sostenuti dalla società di persone risultano interamente deducibili in capo alla stessa nell’esercizio di maturazione. - La ratio del pro-rata è quella di evitare che un’impresa possa dedursi interessi passivi in presenza di proventi riferibili ad attività produttive di proventi esenti (es. proventi derivanti dai titoli di Stato). Un esempio - Un’impresa individuale presenta la seguente situazione: - 100.000,00 euro: ricavi - 10.000,00 euro: plusvalenze - 20.000,00 euro: proventi esenti - 3.000,00 euro: interessi passivi Pro rata generale: Totale ricavi imponibili e altri proventi imponibili / Totale ricavi e altri proventi imponibili + totale ricavi e altri proventi esenti. Ne deriva pertanto che la % di deducibilità degli interessi passivi risulta dal seguente rapporto: 110.000,00 / 130.000,00 = 0,8461 ossia 84,61%. Applicando la % così ottenuta all’ammontare degli interessi passivi si ottiene che: 3.000,00 euro x 84,61% = 2.538,30 euro Società di capitali (art.96) Disciplina previgente - I soggetti IRES era prevista una regola speciale di deducibilità degli interessi passivi. - Gli interessi passivi erano interamente deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi. L’eventuale eccedenza era deducibile fino a concorrenza del 30% del ROL (=risultato operativo lordo), dato dalla differenza tra il valore della produzione (lett. A art. 2425 c.c.) e costi della produzione (lett. B art. 2425 c.c.), esclusi gli ammortamenti ed i leasing finanziari. - L’ulteriore eccedenza (indeducibile) può essere riportata negli esercizi successivi, sempre nel limite del 30% ROL. Un caso pratico - Si ipotizzi la seguente situazione: a) Interessi passivi € 90.000; b) Interessi attivi € 50.000; c) Valore della produzione € 1.000.000; d) Costi della produzione € 850.000 di cui € 30.000 per ammortamenti ed € 20.000 per leasing finanziari. ROL: 1.000.000 – 800.000* = 200.000 Eccedenza: 90.000 – 50.000 = 40.000 %ROL: (200.000 x 30%) = 60.000 > 40.000 - Gli interessi passivi sono interamente deducibili. Società di capitali (art.96) - Dal 2019 gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati, compresi anche gli interessi per debiti commerciali, sono deducibili in ciascun periodo d'imposta fino a concorrenza dell'ammontare complessivo: a) degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati di competenza del periodo d'imposta; b) degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati riportati da periodi d'imposta precedenti. Il legislatore cambia i parametri di riferimento. - L’eccedenza degli interessi passivi rispetto alla somma tra gli interessi attivi del periodo e l’eccedenza di interessi attivi riportati in periodi di imposta precedenti, è deducibile nei limiti del 30% del ROL fiscale del periodo e dell’eventuale ROL riportato da periodi precedenti. - L’eccedenza di ROL non sarà riportabile in avanti in modo illimitato ma il riporto è limitato a 5 periodi di imposta; - Il ROL è calcolato sulla base dei valori fiscali e non più solo in base ai valori di bilancio (ROL: differenza tra valore della produzione ex art. 2425. lett. A) c.c. e costi della produzione ex art. 2425, lett. b) c.c., con esclusione di ammortamenti e leasing finanziari, ai quali apportare le variazioni in aumento e diminuzione). - In caso di eccedenza di interessi passivi rispetto alla somma tra interessi attivi di periodo ed eccedenza di interessi attivi riportata da precedenti periodi di imposta, deve essere utilizzato prioritariamente il 30% del ROL del periodo d’imposta in corso e, solo successivamente, il 30% del ROL risultante da periodi di imposta precedenti, a partire da quello relativo al periodo di imposta meno recente (FIFO); Gli interessi passivi sono deducibili, con discipline differenti a seconda del soggetto Un esempio Secondo esempio Alfa S.r.l. versa in questa situazione: - Interessi passivi: euro 100.000; - Interessi attivi: euro 70.000; - 30% ROL: 45.000 - Gli interessi passivi sono deducibili nei limiti di quelli attivi: euro 70.000; - Differenza interessi passivi – interessi attivi = euro 30.000; L’importo è inferiore al 30% del ROL, quindi sono deducibili. Totale interessi deducibili: 70.000+30.000 = 100.000 - ROL riportabile (max 5 anni): 45.000 – 30.000 = 15.000 Oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale (art.99) - Le imposte sul reddito, l’ICI/IMU, l’IVA e le sanzioni sono indeducibili (non sono tecnicamente intesi come costi). - L’IRAP è deducibile nella misura del 10% di quanto versato nel periodo d’imposta (la deducibilità è subordinata alla presenza di spese per il personale). - Le altre imposte/tasse sono deducibili per cassa (registro, ipotecarie e catastali, bollo, dazi doganali). - I contributi ad associazioni sindacali e di categoria, a causa della partecipazione in detti organismi, sono deducibili, per cassa, a condizione che essi risultino dovuti da formale delibera dell’associazione stessa (non sono quindi deducibili i contributi versati a titolo discrezionale). L’indeducibilità dell’IMU è stata molto contestata -> adesso è in parte deducibile per alcuni soggetti. Le minusvalenze (art.101, co.1) - Le minusvalenze patrimoniali sono il «rovescio della medaglia» delle plusvalenze. Tecnicamente, si ha una minusvalenza quando il valore di realizzo di beni strumentali o patrimoniali è inferiore al costo fiscalmente riconosciuto. - Le minusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi dai beni-merce, concorrono a formare il reddito d’impresa e sono integralmente e immediatamente deducibili se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso, ovvero mediante risarcimento per la perdita o il danneggiamento dei beni. Le sopravvenienze passive (art.101, co.4) Si riveriscono ai costi. - Anche in tal caso si tratta di costi «speculari» alle sopravvenienze attive. - Dipendono da eventi speciali non prevedibili: a) dal mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi (es. minori ricavi che emergono in esercizi successivi per effetto di revisioni di prezzo o contrattuali) b) dal sostenimento di spese ed oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi (es. costi maggiori di quelli previsti in precedenza a seguito di revisioni di clausole contrattuali) c) dalla sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi (es. attività inesistenti poiché erroneamente iscritte in bilancio). Le perdite (art.101, co.5) - Componente negativo deducibile purché risulti da elementi certi e precisi, ossia da una elevata probabilità. - Le perdite devono riguardare beni diversi da quelli di magazzino (ossia non «beni merce»). Il furto/distruzione di prodotti destinati alla commercializzazione non origina una perdita ma ha effetti in termini di mancata rilevazione delle rimanenze finali. - La distruzione/furto di un bene strumentale può invece dare origine a una perdita, salvo riconoscimento di un indennizzo: a) Indennizzo riconosciuto nel periodo d’imposta nel quale si verifica la perdita: plusvalenza/minusvalenza. b) Indennizzo riconosciuto un periodo d’imposta successivo rispetto alla perdita (fisica), si avrà una perdita (componente reddituale) nell’esercizio di competenza e, nel successivo esercizio, una sopravvenienza attiva pari all’indennizzo. Le perdite su crediti - Una delle principali e particolari tipologie di perdite sono quelle su crediti. Possono derivare: da una rinuncia a un credito dalla cessione di un credito per un corrispettivo inferiore al valore nominale. - Sono deducibili: a) Se risultano da elementi certi e precisi. b) Se sono definitive. - Sono sempre deducibili le perdite su crediti nel caso in cui il debitore risulti sottoposto a procedure concorsuali. In tal caso vi è una presunzione assoluta di deducibilità (la precisione e certezza è già valutata dal legislatore). - Sono sempre deducibili le perdite di modesto importo. Gli elementi certi e precisi - Cosa si intende per «elementi certi e precisi»? a) da una parte, la perdita deve essere certa (quanto alla esistenza) e precisa (quanto all’ammontare). Tali indici di certezza e precisione, se non previsti ex lege (v. infra) devono essere documentati dal creditore. b) dall’altra, occorre individuare gli elementi probatori che siano idonei a costituire la prova di tali circostanze. - Con le locuzioni “elementi certi e precisi” il legislatore non si è voluto quindi riferire alla definitività della perdita, bensì solo alla sua esistenza certa, e precisa nell’ammontare. - Produzione di: «documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (es, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva» (cfr. Agenzia Entrate, Circolare n. 26/E del 1° agosto 2013). La definitività - La “certezza” e “precisione” degli elementi richiesti dalla norma si riferiscono ad un momento “temporalmente” precedente rispetto a quello, eventuale, della definitività della perdita, momento nel quale si renderà necessaria un’attenta valutazione circa gli elementi che conducono a ritenere compromessa la esigibilità del credito. - La nozione di definitività è, pertanto, da identificare con quella di irreversibilità, nozione che prescinde da un giudizio valutativo in quanto gli eventi che inducono a ritenere la mancata esazione del credito si saranno già verificati (es.: illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore tale da escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria, cfr. Circ. 26/2013). - Il rimedio alla mancata definitività è la sopravvenienza attiva. Riepilogando – effettività - Laddove si verificano fatti certi e precisi dai quali può presumersi che il credito non verrà realizzato, allora la perdita potrà ritenersi sufficientemente probabile e, quindi, effettiva: in sostanza non si tratta di accertare un fatto specifico ma di vagliare la probabilità di un’ipotesi generale e complessiva, secondo criteri di normalità. - In altri termini, il concetto di certezza implica l’esistenza di circostanze oggettive tali da escludere che la perdita possa essere dedotta in dipendenza di valutazioni di stima di carattere meramente soggettivo e discrezionali (a parere dell’Agenzia delle Entrate, la presenza di un decreto accertante lo stato di fuga, la latitanza o la irreperibilità del debitore). - Il legislatore individua ex lege alcuni casi di certezza (debitore sottoposto a procedura concorsuale; importi). Modesto importo ed importo rilevante - Per identificare l’importo occorre considerare il credito in relazione al “portafoglio” complessivo dell’impresa (è modesto fino a € 2.500 per le imprese con fatturato < 100 milioni e fino a €5.000 per le altre); ai fini della loro deducibilità basta che siano trascorsi 6 mesi dalla scadenza del pagamento del credito. - Se l’importo risulta significativo si rende invece necessaria una prova rigorosa, ossia gli elementi di fatto rivelatori dell’insolvenza del debitore (atti di precetto notificati e rimasti infruttuosi, invio di diffide ed intimazione ad adempiere, dichiarazione del debitore di non essere in grado di adempiere). - In alcuni casi, una prova in ordine alle certezze è data dalla antieconomicità della prosecuzione nella riscossione del credito (ossia quando i costi per l’attivazione delle procedure di recupero risultino uguali o maggiori all’importo del credito da recuperare); tale criterio, tuttavia, è stato contestato dall’A.F, (comparazione dei preventivi rilasciati da soggetti operanti nel settore del rec. crediti). Accantonamenti per rischi su crediti - La disciplina circa la deducibilità delle perdite su crediti deve essere coordinata con quella degli accantonamenti. - La disciplina del bilancio, come noto, impone l’iscrizione di costi anche soltanto probabili. Questa è la finalità dei fondi-rischio, destinati a far fronti a costi o spese che potranno manifestarsi in esercizi futuri, ma di cui sia ancora incerto sia l’an che il quantum. In generale, i fondi-rischio non sono deducibili perché non presentano i requisiti di certezza richiesti dalle norme fiscali. - Un fondo rischio il cui accantonamento è però deducibile è quello relativo alla svalutazione dei crediti, per il quale viene data la possibilità al contribuente di dedurre, annualmente a titolo di accantonamento contro tali rischi, precisi e limitati importi. Art.106 TUIR - Le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalla cessione di beni e prestazioni di servizi (art. 85 Tuir) sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. La deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio. - In primo luogo, si deve evidenziare che non tutti i crediti possono essere oggetto di svalutazione ed accantonamento deducibili fiscalmente, ma soltanto quelli commerciali, vale a dire derivanti dai corrispettivi qualificati fiscalmente come ricavi (art. 85 Tuir): crediti derivanti dalla vendita dei prodotti e dei servizi oggetto dell’attività aziendale. I limiti di deducibilità - In secondo luogo, la normativa fiscale impone criteri di calcolo precisi e determinati per la quantificazione dell’accantonamento. Si riscontrano due limiti: a) Un limite all’ammontare massimo di deducibilità nell’esercizio, pari allo 0,5% b) Un limite all’ammontare massimo che può raggiungere il fondo svalutazione, che non deve superare il 5% del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio. Al raggiungimento del secondo limite non è più possibile dedurre alcuna svalutazione e nel caso in cui in un esercizio tale fondo dovesse risultare superiore al 5% del valore nominale dei crediti, l’eccedenza rispetto al limite diviene fiscalmente imponibile. Un esempio - La società Alfa al termine dell’esercizio X presenta la seguente situazione: ▪ Valore nominale crediti commerciali (1.000,00) ▪ Fondo svalutazione crediti preesistente (40,00) ▪ Quota svalutazione dei crediti deducibile fiscalmente nell’esercizio (1.000,00 x 0,5%) = 5 - Fondo svalutazione crediti al 31.12.x (45,00) inferiore al limite del 5% del valore nominale crediti (1.000,00 x 5% = 50) - La società Alfa, nell’esercizio x+1, presenta: ▪ Valore nominale crediti commerciali (900,00) ▪ Fondo svalutazione crediti preesistente (45,00) ▪ n.b.: Tenuto conto che il fondo ha raggiunto il limite del 5% del valore nominale dei crediti, l’eventuale svalutazione non è fiscalmente deducibile (900 x 5% = 45) Quindi… - … per gli ulteriori importi destinati ad accantonamento, occorrerà apportare in dichiarazione dei redditi una variazione in aumento di pari importo. Valore nominale dei crediti iscritti in bilancio (900,00) Fondo svalutazione crediti preesistente (45,00) Quota di svalutazione dei crediti deducibile fiscalmente (900 x 0,5% = 4,5);... ma in realtà non è deducibile, perché... Fondo svalutazione crediti al 31.12.x+1 = 49,5 Ma l’ammontare massimo del fondo ai fini della deducibilità è già stato raggiunto (45,00, ossia il 5% di 900). Gli accantonamenti - Gli accantonamenti per rischi su crediti sono solo una delle categorie di accantonamenti. - La loro funzione è specificata all’art. 2424-bis, co. 3, c.c., il quale prevede che “gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza”. - Gli accantonamenti di cui è prevista la deduzione fiscale sono: accantonamenti di quiescenza e previdenza (art. 105 TUIR); per rischi su crediti (art. 106, co. 1, TUIR); per lavori ciclici di manutenzione e revisione di navi e aeromobili (art. 107, co. 1, TUIR); per ripristino o sostituzione e manutenzione di beni gratuitamente devolvibili (art. 107, co. 2, TUIR); per maggiori imposte non definitivamente accertate (art. 99, co. 2, TUIR). [basta la regola generale, non serve andare nello specifico] Gli ammortamenti - Trattasi dei c.d. costi pluriennali. - Gli ammortamenti costituiscono un’espressione del principio di competenza, in quanto i costi la cui utilità si estende a più esercizi (costi relativi a beni strumentali, inseriti sistematicamente e durevolmente nel processo produttivo) debbono essere ripartiti nei diversi esercizi in cui sono utilizzati e contribuiscono alla produzione. - La funzione del procedimento di ammortamento, infatti, sorge in quanto esistono alcuni beni c.d. “a fecondità ripetuta”, che si contraddistinguono per il carattere pluriennale del loro impiego nel ciclo produttivo: emerge, quindi, la necessità di distribuirne il costo negli esercizi in cui sono utilizzati dall’impresa. Disciplina civile e fiscale - Secondo la disciplina civilistica e contabile, le quote di ammortamento sono determinate in base ad una stima circa il periodo in cui il bene genera utilità per l’impresa, stima rimessa alla libera valutazione dell’imprenditore. - Sotto il profilo fiscale, l’ammortamento deve essere contestualizzato alla luce del principio di competenza economica, alla stregua del quale i costi devono essere imputati negli esercizi nei quali si manifestano i ricavi che hanno concorso a produrre. - L’ammortamento è, in sostanza, una tecnica per abbinare i costi la cui utilità si estende a più esercizi ai relativi ricavi, facendo “slittare” i primi dall’esercizio in cui vengono effettivamente sostenuti a quello in cui vengono conseguiti i ricavi che hanno concorso a produrre. Ammortamento beni materiali - L’ammortamento dei beni materiali è ammesso solo per i beni strumentali all’esercizio dell’impresa, intendendosi quelli che vengono utilizzati nel processo produttivo direttamente dagli esercenti attività d’impresa e che ne hanno il possesso a titolo di proprietà o altro diritto reale. - Le norme tributarie individuano il limite massimo di deducibilità delle quote di ammortamento in ragione del tipo di bene: ai sensi dell’art. 102, co. 2 del TUIR, tale limite è individuato da specifici coefficienti stabiliti con D.M. del MEF, in base al presumibile periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi. I beni non espressamente previsti nelle tabelle, se strumentali, possono essere ammortizzati, in base ai coefficienti previsti per i beni appartenenti ad altri settori produttivi con stesse caratteristiche. - Il limite massimo dell’ammortamento deducibile è, quindi, determinato dall’applicazione dei suddetti coefficienti: non è previsto un limite minimo. - Sotto il profilo temporale, le quote di ammortamento sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene: rileva, quindi, l’effettiva immissione del cespite nel ciclo produttivo, e non la mera idoneità all’utilizzo. - Oggetto di ammortamento è il costo storico del bene. - Per i beni il cui costo unitario non supera i 516,46 euro è ammessa la deduzione integrale delle spese nell’esercizio in cui sono sostenute, per ragioni di semplificazione. [slide per D.M 31 dicembre 1988, tuttora in vigore + slide per esempio gruppo] Esempio: immobilizzazione materiale - La copisteria Alfa, nel corso dell’esercizio n. 1, acquista una nuova fotocopiatrice di costo pari a 1.120 euro da Beta s.r.l., la quale provvede direttamente al trasporto e all’installazione del bene, addebitando spese per ulteriori 80 euro. - Alfa stima di stampare con tale macchinario, in media, 100.000 copie l’anno. Considerando che in base ai requisiti tecnici, la fotocopiatrice ha una vita potenziale tale da produrre 400.000 copie, Alfa prevede per il bene una vita utile di 4 anni e procede, così, ad un piano di ammortamento secondo quote costanti. Euro (1.200: 4) = 300 euro - La quota si ottiene dividendo il valore da ammortizzare (costo storico + oneri di diretta imputazione) per il n. di anni di durata del bene. Nell’esempio il valore da ammortizzare è di 1.200 euro e la quota ammortizzabile di 300 euro. (Piano ammortamento civile) (Piano ammortamento fiscale) - Fiscalmente, il D.M. 31.12.1988, prevede che le copisterie possano dedurre per le macchine d’ufficio un coefficiente massimo del 20% (1.200x20%=240), ridotto alla metà per il primo periodo di imposta (120). Di conseguenza, il periodo di ammortamento fiscale della fotocopiatrice sarà di 6 anni: Ammortamento beni Immateriali - La disciplina contabile impone il sistematico ammortamento del costo delle immobilizzazioni immateriali in funzione della loro utilità pluriennale: al termine di ciascun esercizio, pertanto, dovrà essere prudentemente valutata la residua possibilità di utilizzazione. - La disciplina fiscale, invece, svincola le quote di ammortamento dalla utilizzazione nel processo produttivo, tanto che manca qualsivoglia riferimento alla decorrenza dell’ammortamento, individuabile nel momento in cui è acquisito il diritto, e non già in quello in cui lo stesso è effettivamente impiegato. - Il legislatore tributario raggruppa tali immobilizzazioni in tre categorie: a) Diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno (marchi, brevetti, ecc.); b) Diritti di concessione; c) Avviamento - Rispetto ai primi (diritti di utilizzazione), sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa in misura non superiore al 50% del costo. - Il periodo di ammortamento non può, dunque, essere inferiore a due esercizi, mentre nulla vieta che sia superiore. Solo il costo dei marchi è deducibile in misura non superiore ad un diciottesimo. Una spesa particolare: I Veicoli - La deducibilità dei costi relativi ai mezzi di trasporto varia in base al rispetto del principio dell’inerenza. Il costo è inerente quando si riferisce all’attività di impresa concretamente svolta; non è inerente, ed è quindi indeducibile, quando soddisfa un bisogno “personale” dell’imprenditore. - L'art. 164 TUIR fa riferimento "alle spese e agli altri componenti negativi di reddito relativi ai mezzi di trasporto a motore [...] utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni". - Tali spese (spese di acquisto del veicolo nonché spese connesse al suo utilizzo, tra cui assicurazioni, manutenzioni, pedaggi, posteggi, carburanti, lubrificanti) sono interamente deducibili solo se rispettati determinati requisiti. Veicoli: piena vs parziale deducibilità - Sono interamente deducibili le spese relativi a veicoli: a) utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa (es. auto utilizzate dalle imprese di noleggio, dalle scuole guida o dalle pompe funebri). b) adibiti ad uso pubblico: la destinazione ad uso pubblico viene riconosciuta attraverso un atto della Pubblica Amministrazione (veicoli utilizzati dal titolare della licenza comunale per l’esercizio del servizio di taxi). - In tutti i casi diversi dai precedenti è riconosciuta una deducibilità parziale: a) 20% delle spese, regola generale b) 70% delle spese per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti; c) 80% delle spese per rappresentanti o agenti di commercio. Altre Spese: Spese per studi e ricerche … spese di rappresentanza - Spese per studi e ricerche: pur essendo, per natura, costi pluriennali, sono considerate deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute (vi è comunque la possibilità di ripartire il costo in quote costanti e di dedurle in 5 esercizi). - Spese di rappresentanza e di pubblicità: le prime sono quelle sostenute per fidelizzare la clientela già acquisita; le seconde sono quelle volte ad acquisire nuova clientela. Le prime, quindi, dovrebbero influenzare le vendite in via diretta; le seconde, in via indiretta. Molto difficile la concreta distinzione. - Le spese di rappresentanza sono deducibili secondo criteri di inerenza e congruità stabiliti dal ministero; quelle di pubblicità sono invece integralmente deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute (o in quote costanti fino a 5 esercizi). Pubblicità o rappresentanza? Cass. civ. Sez. V, 30-12-2014, n. 27482 “Costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese di pubblicità o di propaganda quelle sostenute per iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta. Ne consegue che le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della norma menzionata, ove il contribuente non provi che all'attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di un ritorno commerciale”. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, fuori dalla previsione normativa, aveva qualificato come spese pubblicitarie le spesa per la sponsorizzazione di un'associazione sportiva sulla base di elementi, quali l'onerosità del contratto di sponsorizzazione e l'esistenza di prestazioni corrispettive tra lo sponsor e l'associazione sportiva sponsorizzata) Il criterio dell’obiettivo strategico - Il criterio dirimente per la corretta qualificazione delle spese di sponsorizzazione è individuare l’obiettivo strategico che l’impresa intende perseguire con il loro sostenimento. Se da un lato tra le spese di rappresentanza rientrano quelle “affrontate per accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa e a potenziarne le possibilità di sviluppo”, dall’altro devono essere qualificate come spese di pubblicità tutte quelle sostenute “per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi o comunque all’attività svolta”. - Il criterio discretivo va dunque individuato “nella diversità, anche strategica, degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, può farsi coincidere con la crescita d’immagine e il maggior prestigio nonché con il potenziamento della possibilità di sviluppo della società; laddove, per le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto”. LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA - La Alfa S.r.l., a fine esercizio X, presenta il seguente conto economico: - Risultato (utile) ante-imposte: 424.500,00 euro. - Ulteriori informazioni utili al fine di procedere con la determinazione del carico fiscale sono le seguenti: a) Costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili all’inizio dell’esercizio: 500.000,00 euro; b) Valore nominale dei crediti iscritti in bilancio: 1.000.000,00 euro; c) Fondo svalutazione crediti a inizio anno: 40.000,00 euro; d) Perdite su crediti si riferiscono a clienti ammesse a procedure fallimentari; e) I compensi agli amministratori effettivamente corrisposti nel corso dell’esercizio sono 55.000,00 euro; f) Nell’esercizio in corso la società ha acquisito un ramo d’azienda a cui è riconducibile un valore di avviamento pari a 100.000,00 euro; g) Nell’esercizio X è stata realizzata una plusvalenza di 80.000,00 euro che ai fini fiscali verrà rateizzata in 4 esercizi. Spese di manutenzione - Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili all’inizio dell’esercizio. Le spese di manutenzione eccedenti tale limite sono deducibili in quote costanti nei cinque esercizi successivi. La società ha sostenuto spese di manutenzione per impianti pari a 20.000,00 euro. L’importo deducibile lo si ricava applicando il limite del 5% sul costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili. Quota deducibile: 500.000,00 x 5% = 25.000,00 Poiché le spese per manutenzione sono inferiori al limite massimo deducibile, non è necessario effettuare alcuna variazione. Beni ad uso promiscuo - Sono quei beni che sono utilizzati sia per l’attività d’impresa che per l’uso personale dell’imprenditore. Il legislatore individua, pertanto, alcuni beni (telefono cellulari, mezzi di trasporti) per i quali procede in via presuntiva ad indicare precisi limiti di deducibilità. - Nello specifico: 80% per i telefoni cellulari; 40% per i veicoli (da applicare sulla quota ammortamento annua). Si generano pertanto due variazioni in aumento da apportare in sede di dichiarazione, una per le spese per i telefoni cellulari ed una per gli automezzi. Var. n. 1: cellulari – 8.000,00 x 20% = 1.600,00 euro Var. n. 2: veicoli – 14.000,00 x 80% = 11.200,00 euro Accantonamenti per rischi perdite su crediti - Il legislatore fiscale ammette per ogni esercizio la deducibilità dell’accantonamento al fondo rischi per perdite su crediti, un importo massimo dello 0,5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti (la deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo del fondo svalutazioni crediti ha raggiunto il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio.). - 1.000.000,00 euro (crediti) - 40.000,00 euro (fondo svalutazione crediti) - 5.500,00 euro (quota accantonamento conto economico) Quota deducibile: 1.000.000,00 x 0,5% = 5.000,00 euro; nei limiti in ogni caso di: 1.000.000,00 x 5% = 50.000,00 euro. L’accantonamento civile (5.500,00 euro) eccede di 500,00 euro l’importo massimo consentito fiscalmente. Ne consegue una variazione in aumento di 500,00 euro. Perdite su crediti - Le perdite su crediti sono deducibili solo se risultanti da elementi certi e precisi, salvo le ipotesi di deducibilità immediata previste dalla legge (importi modesti o crediti riferibili a soggetti sottoposti a procedure concorsuali). - Nel nostro caso abbiamo precisato che le perdite su crediti di riferiscono a clienti ammessi a procedure concorsuali e il relativo importo è dunque interamente deducibile. Compensi agli amministratori - I compensi stabiliti e deliberati a favore degli amministratori da parte degli organi sociali competenti sono deducibili dal reddito complessivo secondo il criterio di cassa. Nel caso illustrato, i compensi imputati a conto economico non sono stati però interamente corrisposti, ed è quindi necessario procedere ad una variazione in aumento per la parte non erogata nell’esercizio. Compensi amministratori imputati in conto economico: 60.000,00 euro Compensi fiscalmente deducibili: 55.000,00 euro Variazione in aumento pari a 5.000,00 euro. Ammortamento avviamento - Le quote di ammortamento deducibili fiscalmente differiscono in relazione alla tipologia di bene in esame; per quanto riguarda l’avviamento (bene immateriale), il TUIR stabilisce che le relative quote di ammortamento sono deducibili, in ciascun esercizio, in misura di 1/18 del valore originariamente iscritto in bilancio per l’avviamento stesso. Calcolo della quota deducibile: Costo storico x 5,56% (1/18) 100.000,00 euro x 5,56% = 5.560,00 euro Ne consegue che a fronte di una quota ammortamento in conto economico di 20.000,00 euro, quella fiscalmente deducibile è pari a 5.560,00 euro. Si procede alla variazione in aumento di 14.440,00 euro. Plusvalenze patrimoniali - Le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni strumentali sono tassate interamente nel periodo o, a scelta del contribuente e solo se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi entro il quarto. Per quel che concerne la plusvalenza realizzata nell’esercizio X (80.000,00 euro), questa verrà rateizzata in 4 anni. Plusvalenza imputata in conto economico: 80.000,00 euro Rateazione della plusvalenza in quote costanti (4 anni) 80.000,00 euro: 4 = 20.000,00 Variazione in diminuzione pari a 60.000,00 euro N.B.: negli esercizi X+1, X+2, X+3 avremo delle Variazioni in aumento pari a 20.000,00 euro ciascun anno. IMU - Per espressa disposizione normativa, l’imposta comunale sugli immobili non è deducibile dall’IRES. Si rende quindi necessario procedere ad una variazione in aumento per l’intero importo. Variazione in aumento: 1.000,00 IMU Variazioni - Utile ante imposta 424.500,00 euro - Variazioni in aumento: a) Spese telefoniche: 1.600,00 euro b) Quota ammortamento autovettura: 11.200,00 euro c) Accantonamento svalutazione crediti: 500,00 euro d) Compensi agli amministratori: 5.000,00 euro e) Ammortamento avviamento: 14.440,00 euro f) IMU: 1.000,00 euro - Variazioni in diminuzione: Plusvalenza rateizzata: 60.000,00 euro - Reddito complessivo netto: 398.240,00 euro - Imposta corrente d’esercizio (24%): 95.577,60 euro - Utile al netto delle imposte: 302.662,40 euro L’imposta sul valore aggiunto - La disciplina dell’IVA nel nostro ordinamento si pone come attuazione di alcune Direttive Comunitarie (11 aprile 1967, n. 67/227 e 67/228; oltre alla Direttiva del 10 maggio 1977, n. 77/388. Dal 2007 sono state sostituite dalla Direttiva CE del 28 novembre 2006, n. 112). L’UE ha imposto l’adozione, vincolando il legislatore a costituire le regole applicative ad esse conformi. - L’IVA costituisce la principale imposta indiretta del nostro sistema impositivo (colpiscono la ricchezza in occasione di un consumo, un investimento o un trasferimento patrimoniale). - Art. 1 del DPR n. 633/72: sono soggette al regime IVA “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi (oggetto) effettuate nel territorio dello stato (territorio) nell'esercizio di imprese, di arti e professioni (soggetto), e le importazioni da chiunque effettuate”. Ai fini dell‘ IVA le operazioni si classificano quindi: Rilevanti/Non rilevanti |L’IVA è comunitaria: un soggetto passivo IVA deve aprire la partita IVA (compilazione modulo) ha efficacia solo all’interno dello SM al quale si fa richiesta. Per avere la partita IVA a livello comunitario deve esser comunicato alla VIES -> nell’esercizio di attività d’impresa capita che si stipulino contratti con soggetti di altri SM senza sapere che sono atti d’impresa intracomunitari. Soggetti passivi: nella disciplina IVA esiste una soggettività passiva del pov giuridico (art.1 dpr 633/72), tuttavia, dal pov economico il tributo grava sul consumatore finale. N.B.: il soggetto passivo IVA è solo quello del pov giurid

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