Anatomia Umana II (Prof. Barni) - PDF

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Introduzione all'anatomia umana II, con focus sul midollo spinale. Descrizione delle caratteristiche generali del midollo spinale, come la sua posizione, l'anatomia e le vie del dolore. L'introduzione si pone come un'introduzione teorica al tema.

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ANATOMIA UMANA II (PROF BARNI) MACROARGOMENTO: MIDOLLO MARIKA CASTELLANO GIOVANNA SPONSALE INTRODUZIONE Affrontare dal p...

ANATOMIA UMANA II (PROF BARNI) MACROARGOMENTO: MIDOLLO MARIKA CASTELLANO GIOVANNA SPONSALE INTRODUZIONE Affrontare dal punto di vista clinico la morfologia umana è l’approccio migliore per studiarla. Se, ad esempio, è presente una lesione del sistema nervoso bisogna capire se ha una localizzazione specifica o multifocale, se i sintomi nascono nel sistema nervoso o se si inseriscono nel contesto di una malattia sistemica, se riguarda la sostanza bianca o la sostanza grigia, se riguarda il SN periferico o il centrale, se interessa solo la corteccia o la sostanza bianca, se il cervelletto oppure i nuclei della base, se il tronco encefalico o il midollo spinale, se sono interessate le meningi (che sono sensibili al dolore). Quindi, in primis, bisogna chiedersi dov’è localizzata, senza preoccuparsi delle cause (che possono essere molteplici), per poi capire, a partire dal sito della lesione, quali possano esserne le cause. Di una lesione del midollo spinale si possono osservare diversi livelli. Le diverse localizzazioni della lesione danno delle sintomatologie abbastanza precise, per cui dalla sintomatologia si può arrivare a riconoscere la localizzazione. Per esempio, vi può essere una patologia vascolare dovuta all’arteria spinale anteriore (interessa la parte tratteggiata nell’immagine in basso a destra). Invece, se si ha una patologia siringomielica (una patologia centrale), dato che le fibre del dolore incrociano subito, si può avere una dissociazione sensitiva ovvero una patologia che riguarda le vie del dolore ma non le vie che trasportano il tatto epicritico discriminativo o la propriocezione cosciente (questo perché non sono interessati i cordoni posteriori, che, se intaccati, portano alla perdita della sensibilità tattile protopatica e della propriocezione cosciente). CARATTERISTICHE GENERALI DEL MIDOLLO SPINALE Il midollo spinale, per tutta la sua lunghezza, così come l’encefalo, è rivestito dal sacco durale, che inizia a livello del forame occipitale ed è costituito dalle tre meningi (dall’interno all’esterno: pia madre, aracnoide e dura madre). All’interno del sacco durale, negli spazi sub-aracnoidei, il midollo spinale è circondato da liquido cefalorachidiano (come accade anche nel cervello), che bagnerà anche i nervi che costituiscono la cauda equina. NB: Una linea scheletrometrica importante per effettuare il prelievo di liquido cefalorachidiano è la linea di Tuffier, che passa tra L4 ed L5 (si prende come punto di repere la parte superiore delle creste iliache). Così è possibile evitare di fare la 20 puntura nella regione in cui è presente il midollo spinale (da L2 in su), correndo il rischio di toccarlo con l’ago. Il sacco durale ha una lunghezza maggiore rispetto al midollo spinale, in quanto quest’ultimo termina tra L2 ed L3 col cono midollare, mentre il sacco durale finisce col cono durale a livello di S2. Quindi, nel sacco durale “rimane” la cauda equina e, successivamente, il filum terminale interno ed esterno (rivestito dalla dura madre). Il filum terminale è una propaggine rivestita dalla pia madre e composta principalmente da tessuto fibroso, in continuità appunto con quello della pia madre e lunga più o meno 20 cm, di cui 15 cm sono nel sacco durale e circa 5 cm rivestiti solo dalla dura madre, che si inserisce sul coccige per fissare il midollo spinale. Di fatti il filum terminale è uno dei dispositivi che mantengono in sede il midollo spinale, insieme alle emergenze dei nervi cervicali, che sono ovviamente abbastanza orizzontali e i ligamenti denticolati, strutture di sostegno del midollo spinale che originano dalla pia madre e la collegano alla dura madre. NB: La dura madre a livello del rachide, diversamente da come accade a livello della scatola cranica, non aderisce strettamente all’osso e costituisce quello che prende il nome di spazio epidurale. Quindi, a questo livello (ossia tra la dura madre ed il tessuto osseo, che costituisce il canale vertebrale), è possibile praticare le anestesie epidurali, il cui ago perfora cute, sottocute e ligamenti gialli, presenti posteriormente al midollo spinale. Infatti, ricordiamo che le lamine ossee delle vertebre non chiudono completamente il canale vertebrale, che risulta chiuso totalmente posteriormente attraverso i ligamenti gialli e caudalmente dai ligamenti fibrosi presenti a livello del foro sacro-coccigeo. A questo livello, si può accedere per effettuare anestesie caudali ovvero anestesie della cauda equina. Il midollo spinale non ha lo stesso volume per tutta l’estensione della sua lunghezza a causa dei rigonfiamenti brachiali e lombosacrali, creati dai molti nervi che si dipartono verso l’arto superiore e inferiore a livello del plesso brachiale e del plesso lombosacrale. Un nervo che esce dai fori intervertebrali all’inizio ha un rivestimento durale, che poi si continua nell’epinevrio (rivestimento di tessuto connettivo più esterno di un nervo periferico). Dunque, il sacco durale viene perforato dai nervi che fuoriescono dai fori intervertebrali e anche caudalmente il cono durale viene perforato, perché c’è il quinto nervo sacrale che deve raggiungere il suo forame corrispondente. 21 SOSTANZA BIANCA E SOSTANZA GRIGIA Nel midollo spinale la sostanza bianca è esterna, contrariamente al centro semiovale (ovvero la sostanza bianca del cervello, che è interna). Invece, la sostanza grigia (localizzazione dei corpi dei neuroni) è interna e ha la forma di una farfalla o di H, data dai due corni (o colonne) anteriori, motori e più slargati, e dai due corni posteriori o dorsali, sensitivi (dove ci sono i secondi neuroni sensitivi). NB: A livello toracico si trovano anche due piccoli corni laterali. Dunque, la sostanza grigia circonda il canale centrale del midollo spinale e presenta la commessura anteriore e la commessura posteriore. La superficie del midollo spinale è caratterizzata da solchi, che delimitano la sostanza bianca in tre cordoni simmetrici (laterale, posteriore, anteriore): posteriormente vi è il solco mediano posteriore, virtuale e non reale; anteriormente il solco mediano anteriore, che è reale, poiché è presente un piccolo spazio. Il cordone laterale è delimitato dal solco anterolaterale, da dove origina la radice anteriore del nervo spinale, e dal solco posterolaterale, da dove emerge la radice dorsale (sensitiva) del nervo spinale. Il solco postero-laterale insieme al solco mediano posteriore delimita i cordoni posteriori, che sono divisi, a loro volta, da un setto intermedio in un cordone mediano, che si chiama fascicolo gracile, e un cordone laterale, che si chiama fascicolo cuneato, i quali hanno un diverso significato in ragione delle fibre che li compongono. Infine, tra il solco mediano anteriore e il solco antero-laterale ci sarà il cordone bianco anteriore. Queste suddivisioni sono molto importanti per localizzare le patologie che interessano tali regioni. Nei cordoni bianchi del midollo spinale ci sono i fasci che costituiscono le vie discendenti della motilità. Per quanto riguarda la motilità somatica, si parla di “fasci posturali” e del fascio della motricità volontaria, che si divide in corticospinale (va ad innervare i nuclei motori dei nervi spinali) e in corticonucleare (va andare ad innervare i nuclei motori dei nervi cranici). Per quanto riguarda, invece, i fasci 22 della motricità viscerale dobbiamo far riferimento al sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico (un sistema effettore viscerale), che nasce dai neuroni pregangliari del midollo spinale, che, presenti nel corno intermedio laterale, ricevono le informazioni da dei neuroni localizzati ad un livello più alto gerarchicamente (ipotalamo, soprattutto sistema limbico e altre strutture che controllano il nostro sistema autonomo). La sostanza grigia è suddivisa in 10 lamine, dette lamine di Rexed, i cui confini non sono ben precisi, ma sono dati dalle diverse caratteristiche dei neuroni che le costituiscono. La prima lamina di Rexed si chiama anche zona marginale del Lissauer, da non confondere con il tratto del Lissauer, che è costituito dalla sostanza bianca che si interpone tra l’apice del corno posteriore e i confini del midollo spinale. Dunque, il tratto del Lissauer è costituito dal raggruppamento delle fibre sensitive (soprattutto quelle nocicettive) che entrano. A questo livello le fibre, soprattutto quelle dolorifiche, si ramificano verso l’alto e verso il basso, cioè verso i neuromeri che dovranno raggiungere e che staranno superiormente o inferiormente al loro ingresso (a livello del tratto di Lissauer). Queste fibre avranno non solo una disposizione orizzontale, ma anche verticale, perché vanno ad anastomizzarsi con altri neuroni di altri neuromeri. La seconda lamina si chiama sostanza gelatinosa di Rolando, a livello della quale sinaptano molte fibre nocicettive. Tra la terza e la quarta lamina, alla base del corno dorsale, c’è un nucleo non proprio definito, detto nucleo proprio del midollo spinale, che invia i propri assoni a centri sopraspinali e anche ad altri segmenti del midollo spinale e che, inoltre, integra l'informazione sensitiva con le influenze che discendono da alcuni centri cerebrali. Dunque, esso è un “nodo”, a livello del quale ci sono i corpi dei neuroni che sono neuroni inter-segmentali che collegano (trasmettendo le informazioni) più neuromeri tra loro, sia superiormente che inferiormente. In particolare, questi neuroni sono degli interneuroni, che appunto collegano più neuromeri in senso verticale, sintetizzando varie sensibilità con funzioni diverse, e che entrano nel corno posteriore. Quest’ultimo ha una testa e una base, che finisce alla VI lamina, così come anche il corno anteriore ha una testa e una base, che però termina alla VII lamina. NB: Le fibre presentano differenze strutturali che corrispondono a differenze funzionali: esistono fibre a grande diametro (più mielinizzate), quelle a basso diametro (poco mielinizzate) e quelle del tutto amieliniche. In 23 particolare, ci sono le fibre A-β e A-α (a diametro più grosso), le fibre A-δ e le fibre C (fibre nocicettive che hanno un diametro molto più ridotto). In questa immagine sulla destra vi sono due esempi di neuroni che interconnettono più neuromeri. A destra (B), si vede un neurone del nucleo proprio del midollo spinale; a sinistra (A) vi è un neurone sensitivo, che oltre ad andare a sinaptare con i motoneuroni (es: in un riflesso), può inviare dei prolungamenti verticali che possono andare a sinaptare con i motoneuroni superiori e inferiori. Parti della lamina VII sono il nucleo intermedio laterale e il corno intermedio mediale (nucleo o colonna di Clarke), che si estendono da T1 a L2. Il nucleo intermedio laterale poi diventa una colonna, proprio perché si estende in corrispondenza del tratto da T1 a L2, dove vede la presenza dei nuclei pre- gangliari simpatici; al contrario, a livello sacrale vede la presenza dei nuclei pre- gangliari parasimpatici. Invece, il corno intermedio mediale (nucleo o colonna di Clarke) è importante lungo il percorso delle fibre che trasportano la propriocezione incosciente al cervelletto. Nella IX lamina di Rexed sono presenti i motoneuroni. ORGANIZZAZIONE SOMATOTOPICA Anche nel midollo spinale c’è un’organizzazione somatotopica. Nella sostanza grigia i motoneuroni che comandano i muscoli flessori sono posteriori, mentre quelli che comandano gli estensori sono anteriori. Inoltre, i secondi neuroni di moto presenti medialmente andranno a comandare la regione più alta, mentre quelli presenti via via più lateralmente comanderanno regioni sempre più in basso: quindi, a questo livello (ma anche, come vedremo, nel cordone laterale), si può parlare di una somatotopia medio-laterale (ovvero si va dal tronco alla parte distale). 24 Invece, per quanto riguarda la sostanza bianca, i cordoni posteriori trasportano la sensibilità tattile discriminativa epicritica e la propriocezione cosciente (nell’immagine C=cervicale, T=toracico, L=lombare, S=sacrale). In particolare, il cordone mediale, che prende il nome di fascicolo gracile, trasporta la sensibilità tattile epicritica discriminativa e la propriocezione cosciente dell’arto inferiore e della parte bassa del tronco, mentre il fascicolo cuneato è un fascicolo che trasporta le stesse sensibilità, ma relativamente all’arto superiore e della parte superiore del tronco. Questa organizzazione è importante da ricordare, poiché, a seconda del punto in cui insorge una patologia, questa potrà interessare o la parte alta del tronco e l’arto superiore o la parte bassa del tronco e l’arto inferiore. Un’organizzazione somatotopica è presente anche a livello del cordone laterale nella via spino- talamo-corticale (antero-laterale), che è il tratto del dolore e della sensibilità tattile protopatica (o non discriminativa, grossolana) e della temperatura. Solitamente in clinica neurologica, si parla di “risparmio sacrale” in relazione alle patologie legate al cordone laterale. Questo perché tali patologie non interessano le regioni che portano la sensibilità dolorifica e termica della parte bassa del tronco e degli arti inferiori e dunque, rappresenta un “risparmio” della sensibilità dolorifica a livello della parte bassa del corpo. Anche le fibre del tratto corticospinale (o fascio piramidale) laterale (crociato), relativo alla motricità volontaria, hanno un’organizzazione somatotopica; infatti, i motoneuroni (primi neuroni di moto) che vanno alla regione lombosacrale (e che sinapteranno sui secondi neuroni lombosacrali) sono laterali, mentre i motoneuroni che comandano le altre regioni del corpo, via via più superiori, sono più mediali. Però, nel cordone laterale, non solo è presente il fascio crociato della motricità volontaria ma anche il fascio rubrospinale, che origina dal nucleo rosso del mesencefalo. Quindi, possiamo parlare di organizzazione somatotopica del midollo spinale: infatti, le fibre del movimento e quindi le fibre corticospinali, che scendono, vanno a sinaptare in punti precisi. In particolare, il fascio corticospinale indiretto o crociato è quello che permette i movimenti fini dell’arto superiore e dell’arto inferiore ed innerva soprattutto le parti distali. Invece, le parti ventrali, come i muscoli assiali (o posturali), sono innervate non solo dal fascio corticospinale indiretto ma soprattutto dal fascio corticospinale (o piramidale) anteriore (diretto). Quest’ultimo, presente nel cordone anteriore, 25 raggiunge il midollo spinale omolateralmente, ma quando arriva alla sua terminazione (ovvero al suo neuromero di riferimento) incrocia, così da innervare sia il motoneurone del cordone anteriore omolaterale sia il motoneurone corrispettivo del cordone anteriore eterolaterale. Dunque, i muscoli assili, che sono innervati anche dai fasci tronco-spinali (tetto-spinale, vestibolo-spinale, reticolo- spinale bulbare, reticolo-spinale pontino) presenti nel cordone anteriore, necessitano di una innervazione bilaterale. Questo spiega perché nelle emiplegie si ha una perdita di funzione soprattutto degli arti superiori e inferiori e un risparmio dei muscoli assili (come per esempio il diaframma). Inoltre, una particolarità del fascio cortico-spinale diretto, che quindi innerva bilateralmente i muscoli assiali, è che viene controllato soprattutto dalla corteccia supplementare motoria. Quindi, il fascio corticospinale diretto è composto da neuroni che sinaptano con il motoneurone omolaterale e poi incrociano per andare a sinaptare con quello eterolaterale; se però tale fascio sinapta con un interneurone, quest’ultimo avrà un assone omolaterale e uno eterolaterale. Invece, se è il fascio corticospinale crociato a terminare su interneurone (al posto di un motoneurone), questo interneurone rimarrà omolaterale. I fasci corticospinale diretto (omolaterale all’inizio e crociato alla sua fine), tettospinale, vestibolospinale, reticolospinale bulbare e pontino (ovvero tutti quei fasci che innervano i muscoli assili) costituiscono i fasci di Kuipers ovvero fibre che scendono nel cordone anteriore e hanno il compito di organizzare il comportamento posturale, rendendolo adatto agli scopi delle nostre azioni. Inoltre, nel cordone anteriore vi è anche il fascio spinolivare, le cui fibre conducono, per lo più controlateralmente, informazioni esterocettive e propriocettive al complesso olivare inferiore (o nuclei olivare inferiori) del bulbo. L’oliva bulbare, con le sue fibre rampicanti controlaterali che raggiungono il cervelletto o la corteccia attraverso il nucleo rosso del mesencefalo, rappresenta una stazione fondamentale per l’apprendimento motorio. Le fibre della propriocezione incosciente costituiscono due fasci: il fascio spinocerebellare anteriore (o ventrale) e quello posteriore (o dorsale). NB: Il fascio spinocerebellare cervicale, che ha un nucleo proprio a livello di C1-C3, collega la propriocezione dei muscoli nucali con il cervelletto. Il fascio spinocerebellare cervicale è, infatti, importante per i movimenti della testa. Caratteristici della sostanza bianca sono il lemnisco spinale, mediale e laterale. Il lemnisco spinale è la fusione (intesa come presenza vicina) del fascio anterolaterale ovvero quello della temperatura, del dolore (sensazioni trasportate dal fascio spino-talamico laterale) e della sensibilità tattile protopatica o “grezza” (trasportata dal fascio spino-talamico anteriore, presente nel 26 cordone anteriore) e dal fascio spino-tettale (quello che dal midollo spinale arriva al tetto del mesencefalo, dove sono presenti due nuclei molto importanti: i collicoli superiori intercalati nelle vie visive e i collicoli inferiori intercalati nelle vie acustiche). Il lemnisco mediale (o via lemniscale) rappresenta, invece, l’incrocio delle fibre del cordone posteriore a livello del bulbo. Il lemnisco laterale è importante in relazione alle vie acustiche. SENSIBILITÀ E PERCEZIONE La sensibilità generale è in relazione a tutto il corpo: è un’interfaccia che segna i confini e le interazioni con l’ambiente. Essa si divide in somatica e viscerale (enterocettiva). Invece, la sensibilità specifica è localizzata in alcune parti del corpo, come ad esempio nella mucosa olfattiva con i recettori olfattivi, a livello della lingua con i recettori del gusto, nelle orecchie per la ricezione acustica e a livello del bulbo oculare per la vista (queste sono “finestre sul mondo”, come le chiama Boncinelli, che “si sono specializzate” e hanno trovato una particolare localizzazione correlata alla loro funzione). Dunque, un dolore che nasce dal corpo è una sensibilità enterocettiva e non esterocettiva. Infatti, le sensibilità che nascono dal corpo sono la sensibilità enterocettiva (sostanzialmente dolorifica) e la sensibilità propriocettiva, che, dividendosi in cosciente ed incosciente, ci informa sulla posizione del corpo nello spazio, insieme alla via visiva e a quella dell’orecchio interno mediata dai canalicoli semicircolari. Al contrario, l’interfaccia con il mondo è data dalla sensibilità esterocettiva, che si divide in grossolana ovvero una sensibilità grezza o protopatica (ovvero quella del lemnisco spinale, rappresentato dal fascio anterolaterale insieme al fascio spinotettale) e in tattile epicritica discriminativa, tipica del sistema del lemnisco mediale (cordoni posteriori). Nel sistema anterolaterale, oltre alla sensibilità tattile grossolana ci sono anche quella nocicettiva e quella termica. La sensibilità e la percezione sono due cose diverse. La sensibilità è il “primo impatto” ovvero la scomposizione dell’energia che impatta con il nostro corpo; i recettori la analizzano analiticamente, ma per avere l’immagine reale dell’oggetto della nostra sensazione bisogna che entri in azione il cervello: la percezione è cerebrale. Quindi, i sensi scompongono l’informazione come un puzzle ed essa sale verso la stazione finale cerebrale grazie ai recettori, che man mano hanno un’importanza gerarchica maggiore e organizzano in maniera logica i vari pezzi del puzzle. Questa logica finale prende il nome di percezione, data proprio dal collegamento dei recettori con il cervello, che poi ricostruisce la realtà. 27 Il fenomeno percettivo, però, non è indipendente dalla motricità; infatti, oggi si parla di sensorimotricità: secondo alcune teorie e le moderne acquisizioni delle neuroscienze, uno scopo motorio è sempre alla base della percezione, visto che il voler raggiungere un obiettivo è sempre insito nella caratterizzazione comportamentale dell’uomo. Ad esempio, nel caso della percezione visiva, l’interazione con l’ambiente è rappresentata dalla vista o visione, che non ci dà un’informazione solo visiva ma anche e sostanzialmente motoria, poiché, dopo aver riconosciuto un oggetto (fase pittorica dell’informazione visiva, attraverso la ventral stream o via ventrale), per capire come poterlo raggiungere. se ne dovrà conoscere anche la posizione (dorsal stream). Per lo studio e la caratterizzazione della percezione ci sono due approcci. Un approccio è dato dall’elaborazione Bottom-Up (guidata dai dati, inizia dalla periferia dai sensi) e quindi, dalla teoria ecologica della percezione, rappresentata dallo psicologo Gibson, che dà molta importanza alle sensazioni, ai recettori e alla loro struttura (teoria della percezione diretta periferica), e all’approccio sensoriale diretto con la realtà. Un aspetto essenziale di questa teoria è il concetto della affordance (“invito all'uso”) ovvero quella qualità fisica di un oggetto che suggerisce a un essere umano le azioni appropriate per manipolarlo. Ad esempio, se noi vediamo una tazzina di caffè (il “cosa”, riconosciuto attraverso la via ventrale), inconsciamente (senza riflettere) ci poniamo il problema di come interagire con essa e quindi, vediamo anche le possibilità manipolatorie di questa stessa tazzina: scaldandola, avremo delle affordance, cioè delle possibilità motorie di interagire con la tazzina e in particolare, l’appiglio manipolatorio/aggancio motorio sarà il manico, verso cui ci dirigiamo. Un altro approccio è dato dalla teoria Top-Down (approccio cognitivo), sostenuta dagli psicologi della Gestalt o dal neuroscienziato Gregory, che dà molta importanza agli aspetti cognitivi, alle sensazioni accumulate e alla riflessione, piuttosto che alle informazioni provenienti dall’ambiente e all’afferenza (intesa come ingresso periferico delle sensazioni): l’oggetto della percezione si può ricostruire a livello cerebrale con le ipotesi, che sono formulate cognitivamente e che poi possono essere verificate sperimentalmente tramite il contatto con la realtà. In generale, quando si analizzano le esperienze sensoriali è importante tenere presente che le nostre sensazioni coscienti sono qualitativamente diverse dalle proprietà fisiche degli stimoli sia perché catturiamo solo alcune delle onde elettromagnetiche sia perché, nonostante questa diversità di impatto dell’energia (elettromagnetica, meccanica, termica, chimica) con il nostro corpo, il cervello la trasforma in un linguaggio unico, il potenziale d’azione. Quindi, in realtà, vi è un’enorme differenza tra la nostra ricostruzione bioelettrica fatta dai cento miliardi di assoni e l’oggetto della nostra percezione. 28 Dato che la vita si è evoluta nell’acqua, dove vagavano sostanze chimiche, sono proprio le sensazioni chimiche, quali l’olfatto e il gusto, ad essere le più antiche: nell’ottica della parsimonia evolutiva, le sostanze odorose o che determinavano il gusto, modificandosi, sono diventate delle molecole con un significato biologico importante all’interno del nostro corpo, in grado di dirigere le funzioni e le omeostasi che ci fanno rimanere in vita. Infatti, il nostro cervello antico, l’archicerebellum, vede la presenza dell’allocorteccia, che è una corteccia tripartita; invece, la neocortex è una isocorteccia, che ha sei strati. RECETTORI Si pensa che la morfologia di ogni recettore sia adeguata a catturare uno stimolo (es: la retina viene indotta nella sua funzione dalle onde elettromagnetiche, l’olfatto dalle molecole chimiche, ecc) e che poi da questo recettore, che ha una struttura diversa dagli altri, nasca una via diversa dalle altre, che ha un suo posto privilegiato a livello della corteccia cerebrale. Quindi, il recettore interagisce con la forma energetica che lo interessa e che lo induce, codificandone l’intensità, la durata e la localizzazione spaziale; dopo la trasduzione del segnale, tutto questo prende la strada di un linguaggio solo ovvero di un messaggio bioelettrico, dato dal potenziale d’azione (diverso dal potenziale recettoriale). Questo vale specialmente per la sensibilità esterocettiva: il tatto, la propriocezione, il dolore, la temperatura e l’enterocezione. Quindi, la funzione dei recettori è quella di informare il SNC delle variazioni energetiche che li hanno interessati. Queste variazioni sono rappresentate dal potenziale generatore (potenziale recettoriale), la cui ampiezza è infatti proporzionale all'intensità dello stimolo. Questo tipo di potenziale ha però un effetto locale, affinché l'informazione, che esso contiene e che deve essere trasferita a distanza, possa raggiungere appunto il SNC. Il codice è rappresentato, invece, dal potenziale d’azione. In continuità con la membrana recettoriale si trovano zone di membrana capaci di reagire alla corrente generatrice con il potenziale d’azione. L’intensità dello stimolo, che viene misurata dalla corrispondente e proporzionale corrente del potenziale generatore (analogico), viene ad essere codificata dalla frequenza dei potenziali d'azione (digitale). Inoltre, il potenziale generatore è simile al potenziale sinaptico ovvero è graduato (modulato), al contrario del potenziale d’azione, che è del tipo tutto o nulla. La differenza tra potenziale sinaptico e generatore consiste nel fatto che il potenziale sinaptico è indotto da un neurotrasmettitore, mentre quello generatore è innescato da uno stimolo esterno o interno (propriocezione) al corpo ovvero viene modificato dall’ambiente, dall’energia. Quindi, il meccanismo analogico, proprio del potenziale generatore, lo ritroviamo anche nel potenziale sinaptico: una fibra pre-sinaptica sinapta con una post-sinaptica (che fa scattare subito il potenziale d’azione) attraverso i neurotrasmettitori (es: le molecole di acetilcolina ACh, che, prodotte dalla pre- sinaptica, devono entrare in più recettori della postsinaptica per innescare la depolarizzazione in modo analogico e raggiungere il livello del potenziale d’azione, digitale). CLASSIFICAZIONE DEI RECETTORI SENSORIALI A seconda dei diversi stimoli e quindi le energie diverse (onde elettromagnetiche, onde pressorie per l’udito, gravità e accelerazione per il movimento del liquido presente nei canalicoli semicircolari), 29 abbiamo recettori diversi, che trasportano tipi di sensibilità diverse, analizzate poi a livello superiore da zone della corteccia diverse. Vi sono i recettori che rispondono a un solo stimolo, come i fotorecettori (coni e bastoncelli della retina), i meccanocettori nella cute e nei fusi neuromuscolari, i termocettori e i chemocettori (es: sistema sensoriale olfattivo); invece, sono detti recettori polimodali quelli che rispondono a 3 stimoli insieme (stimoli termici, chimici e nocicettivi). Per quanto riguarda la cute (epidermide con strato corneo e derma) e la esterocezione, i recettori tattili si classificano in corpuscoli RA (cioè a rapido adattamento) e LA (a lento adattamento), che a loro volta si dividono in profondi e superficiali, aventi ovviamente funzioni diverse tra loro. Il lento adattamento è analogico; ad esempio, se noi pigiamo i recettori LA, questi fanno una “fotografia” della pressione esercitata. Invece, il rapido adattamento risponde quando premiamo e rilasciamo. Tra i recettori profondi troviamo dei meccanocettori tipici del derma: i corpuscoli del Ruffini LA2 ovvero a lento adattamento di tipo 2 (presenti prevalentemente nel derma profondo e a livello delle articolazioni, ci informano della conformazione della mano durante la manipolazione, assieme alle fibre propriocettive) e del Pacini RA2 ovvero a rapido adattamento di tipo 2 (la vibrazione è il tipo di sensibilità trasportata da questi recettori). Un esempio di superficiali sono i corpuscoli di Merkel (LA1), recettori presenti nelle creste epidermiche, con forma arborizzante, dove ogni fibra si dirama in alberi recettoriali. Ci danno informazioni circa la durata dello stimolo, la sensibilità spaziale e l’intensità della deformazione cutanea. Invece, all’apice delle creste dermiche papillari vi sono i corpuscoli del Meissner (nell’immagine a sinistra), meccanocettori a rapido assorbimento di tipo 1 (RA1), che sono come bottoni con cellule a foglia di cipolla e che ci danno la direzione del movimento e della velocità. La pressione (o lo spostamento della cute), come in una molla, provoca l’apertura di canali ionici sensibili allo 30 stiramento delle terminazioni della fibra nervosa, che perciò si depolarizza. In particolare, ogni fibra sinapta con una decina o ventina di corpuscoli di Meissner, mentre un corpuscolo di Meissner può essere contattato solo da 2 o 3 fibre sensitive. I recettori più sensibili sono quelli di Meissner (25 mm2) e Merkel (11 mm2), che hanno campi recettivi molto piccoli. Infatti, i non vedenti sono in grado di riconoscere l’alfabeto Braille grazie a questi recettori. Dunque, è l’ampiezza del campo recettivo a determinare l’acuità della sensibilità: avere campi recettoriali piccoli vuol dire essere molto più sensibili e aver grande potere discriminativo. Essendo i campi dei corpi di Pacini e Ruffini molto più grandi, questi meno sensibili. Le fibre nervose che innervano ciascun tipo di meccanocettore rispondono in modo diverso quando vengono attivate: treni di potenziali d'azione vengono registrati a livello di ciascun tipo di fibra nervosa quando i suoi recettori vengono attivati da uno stimolo pressorio costante applicato alla cute; le fibre nervose RA che innervano il corpuscolo di Meissner (diametro fibra: 6-12µm) e il corpuscolo del Pacini (diametro fibra: 6-12µm) si adattano rapidamente a stimoli di intensità costante, mentre le fibre nervose LA che innervano il recettore di Merkel (diametro fibra: 7-11µm) e il corpuscolo di Ruffini (diametro fibra: 6-12µm) si adattano lentamente. Inoltre, maggiore è il diametro delle fibre, maggiore è la velocità di conduzione (40-65 m/s per i corpuscoli di Ruffini; 35-70 m/s per i restanti). Dunque, tutti questi recettori sono innervati da fibre con diametro alto, molto mielinizzate e quindi molto veloci (fibre A-α e A-β). Le A-α e A-β sono, infatti, le fibre con il diametro più grande e trasportano il tatto e la vibrazione, ma non la temperatura o il dolore. Queste ultime sono trasportate dalle fibre con diametro minore e meno mielinizzate (come le A-δ) o a-mieliniche (come le C del dolore). In generale, i meccanocettori possono essere di diverso tipo: alcuni vengono attivati direttamente tramite la tensione trasmessa attraverso lo strato lipidico oppure tramite le proteine strutturali, altri presentano un’attivazione indiretta data da proteine strutturali di membrana. Ad esempio, per quanto riguarda la trasduzione sensoriale a livello dei microvilli del poro gustativo apicale delle cellule gustative, le sostanze salate e amare attivano canali ionici, mentre le sostanze percepite come amare, dolci o umami attivano i recettori accoppiati alle proteine G. Le ciglia presenti nel rene e a livello dell’apparato uditivo (dove le cellule ciliate dell’orecchio interno vengono spostate da un liquido particolare, che in pratica apre il canale) sono meccanocettori, formati dal ciglio primario con assetto microtubico 9+0 e non da ciglia mobili (9+2). Queste possono anche essere fonte di patologie, le cosiddette ciliopatie. Un esempio è il rene policistico, in cui può essere patologico non solo il ciglio primario a livello del rene, ma anche un altro ciglio a livello della retina, dando una patologia rara chiamata sindrome di Bardet-Biedl, caratterizzata insieme da un rene policistico e una retinite pigmentosa (in questo tipo di malattie, come per l’ipoevolutismo del 31 connettivo facciale e della mascella associato a patologie riguardanti la formazione dei grossi vasi del cuore, c'è un rapporto embrio-genetico legato alla mancata migrazione delle creste neurali). Un particolare insieme di recettori polimodali, chiamati vanilloidi (sono attivati da sostanze che contengono appunto un gruppo vanillico), è costituito dai canali ionici TRP (transient receptors potential), che sono proteine di membrana con sei domini di transmenbrana. Il poro si trova fra il quinto (S5) e il sesto segmento (S6) e sia la terminazione C sia quella N si trovano all'interno del citoplasma. Per la maggior parte, questi recettori contengono repliche di molecole di anchirina nei domini N-terminali e hanno in comune una sequenza di 25 aminoacidi in una posizione adiacente a S6 in corrispondenza del dominio C-terminale. In generale, possono essere di vari tipi: i TRPV1 e TRPV2, che hanno caratteristiche diverse tra loro, rispondono al calore intenso e provocano sensazioni di dolore urente; i TRPA1 e TRPM8 sono attivati, invece, da stimoli di freddo e freddo intenso (sempre associati a percezioni dolorifiche). Alla temperatura di neutralità termica della cute ovvero a 32°C (non discriminata più con il dolore) sono stimolati solo i TRPV4 (che rispondono anche a stimoli tattili) e alcuni recettori TRPV3. Dunque, i recettori TRP vengono definiti polimodali poiché rispondono non solo alla temperatura, ma possono anche essere chimicamente attivati da un veleno o da altre sostanze chimiche. Ad esempio, l’idea o la sensazione del freddo viene data sia dalle basse temperature sia dalla menta (infatti, i recettori TRPM8 rispondono anche al mentolo e ai vari tipi di menta); la sensazione del caldo, invece, può essere data anche dalla capsaicina (a cui si legano i TRPV1, ma non quelli TRPV2) tipica del peperoncino, che ci fa bruciare le mucose. CARATTERISTICHE NERVI I rivestimenti di un nervo sono epinevrio (la guaina più esterna), perinevrio (che riveste i fascicoli) ed endonevrio (che riveste i singoli assoni). 32 Sappiamo che a livello del sistema nervoso periferico, la cellula di Schwann può mielinizzare un solo assone; invece, a livello del SNC, il citoplasma dell’oligodendrocita mielinizza più assoni. Inoltre, nel SNC la mielina è costituita prevalentemente da una proteina proteolipidica, mentre nel SNP dalla proteina zero (P0). Possiamo parlare di plasticità rigenerativa sia del SNC sia del SNP. Infatti, nel SNP, quando un assone viene danneggiato, oltre che al fenomeno infiammatorio (con la corsa in sede della lesione di cellule come i macrofagi), si va a costituire una sorta di tubo all'interno del quale troverà la sua progressione l’assone in rigenerazione (questo se e le cellule di Schwann dovessero aver mantenuto la loro lamina basale). Per quanto riguarda, invece, la rigenerazione di una placca neuro muscolare e della cellula muscolare, nonostante si abbia un danneggiamento della cellula muscolare stessa, la fibra muscolare e il nervo si possono rigenerare se si ha l'integrità della membrana basale: si andrà quindi a ricostruire la concentrazione di recettori dell’acetilcolina proprio nel punto in cui tali recettori erano presenti prima della lesione. Dunque, l'importanza della lamina basale non deve essere ascritta esclusivamente agli epiteli ma anche alle cellule muscolari, adipose e alle cellule di Schwann. Inoltre, vi sono lavori scientifici che descrivono la possibilità di conversione in vivo di un astrocita in un neurone nel momento in cui vi è una lesione al midollo spinale (SCI, spinal cord injury) negli adulti. FIBRE SENSORIALI e VIE DEL DOLORE (fascio spinotalamico laterale) Nella stimolazione di un nervo, a basse intensità vengono stimolate prima le fibre che hanno diametro più grande; all’aumento dell’intensità si reclutano fibre con diametro gradualmente più piccolo (prima vengono stimolate le fibre con un diametro sempre piuttosto grande ovvero le A-β e poi a seguire quelle con diametro più piccolo). Le fibre tattili ovvero quelle che, salendo su dai cordoni posteriori, trasportano la sensibilità tattile, epicritica, 33 discriminativa e propriocettiva cosciente, sono le fibre con il diametro più grande e quindi hanno maggiore velocità. Invece, quelle amieliniche, con diametro minore, sono le fibre A-γ e le C. Le fibre nocicettive, le A-δ e le C, entrano nel corno posteriore e trasportano il dolore (la percezione dolorifica è quella con una caratteristica di soggettività maggiore rispetto alle altre). NB: Tra le fibre a diametro maggiore ci sono i collaterali che dialogano con la via del dolore, secondo un meccanismo funzionale classico e continuo di interconnessione tra SNC e SNP. La IASP (International Association for the Study of Pain - 1986) definisce il dolore come "un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. È un'esperienza individuale e soggettiva, a cui convergono componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali (talamo-corteccia), e componenti esperienziali e affettive, che modulano in maniera importante quanto percepito". Infatti, il segnale doloroso, una volta generato, viene modulato (limitato o amplificato) a vari livelli (segmentario e centrale) da stimoli provenienti da strutture nervose (sensoriali, psichiche, della memoria...) e non (metaboliche, immunologiche...), prima di arrivare alle sedi naturali che ne danno l'interpretazione clinica. Si spiega così come il dolore sia il risultato di un complesso sistema di interazioni, dove diversi fattori (ambientali, culturali, religiosi, affettivi, fisici,...) ne modulano entità e caratteristiche. Quindi, ci sono questi due concetti che viaggiano insieme: la “sensibilità cruda”, che ci informa sulla localizzazione del danno, e la componente esperienziale e affettiva, che modula quanto percepito sia in modo top-down sia perifericamente ovvero a livello dell'ingresso della sensazione dolorosa nel corno posteriore (il segnale doloroso, una volta generato, viene modulato da stimoli provenienti o da strutture gerarchicamente alte o secondo il gate control, nel caso in cui la sensazione dolorifica entri nel corno posteriore). La via dell’affettività e dell’emotività è definita via paleo, poiché è quella “universale”, che esiste grazie all’evoluzione dei circuiti nervosi stabilizzatisi anatomicamente in zone strategiche del SNC per avere una reazione abbastanza standard affettiva ed emotiva, sempre e ovviamente modulata dalle esperienze. L’altra via, la neo, è più “asettica” (“fotografa” l’evento doloroso somatico, più difficilmente quello dei visceri, e lo localizza) ed è quella più sviluppata nell’homo sapiens. Queste due, la via paleospinotalamica e il fascio neospinotalamico, sono vie anterolaterali, che trasportano la sensazione termica e dolorifica. Per quanto riguarda la via spino-talamo-corticale antero-laterale (via lunga), i primi neuroni sensitivi sinaptano subito con i secondi neuroni sensitivi, che saliranno a sinaptare con il terzo neurone e poi il quarto che va alla corteccia. Sappiamo che questa via, insieme al fascio spinotettale, costituisce il lemnisco spinale. In particolare, il fascio spinotalamico anteriore, presente nel cordone anteriore, trasporta la sensibilità tattile grossolana (non discriminativa); invece, il fascio spinotalamico laterale trasporta la sensazione termica e dolorifica. 34 A differenza dei cordoni posteriori della sensibilità tattile epicritica e di quella propriocettiva cosciente, la via del dolore (spinotalamica) incrocia subito. Infatti, le vie dei cordoni posteriori (via breve) occupano i cordoni posteriori omolaterali, in quanto i due emisferi cerebellari controllano le metà omolaterali, mentre gli emisferi cerebrali controllano la metà del corpo controlaterale. Per cui queste vie occupano i cordoni posteriori omolateralmente fino al bulbo, dove sinapteranno nel nucleo gracile e cuneato attraverso le fibre arciformi, andando a costituire la via lemniscale (il lemnisco mediale). NB: L’omologo trigeminale del lemnisco mediale è il lemnisco trigeminale, dove vi è l’incrocio dei nostri secondi neuroni sensitivi. Tale lemnisco veicola il dolore dal nucleo caudale del trigemino (proiettandosi dal ponte attraverso il bulbo, esso arriva fino ai neuromeri cervicali ed è caratterizzato dalle afferenze dolorifiche non solo del V, ma anche del VII, IX e X) ai nuclei ventro-postero-mediali del talamo. Inoltre, la propriocezione ha il nucleo sensitivo nel mesencefalo, a livello del nucleo propriocettivo del trigemino. Quest’ultimo trasporta la propriocezione dei masticatori, secondo alcuni anche della lingua, di alcuni muscoli extra oculari e anche di alcuni muscoli mimici. Il trigemino, però, non trasporta soltanto una sensibilità di tipo dolorifica; infatti, il suo nucleo principale pontino trasporta una sensibilità tattile, la quale viaggerà con le fibre Aα e Aβ (quelle di più grande diametro). Dunque, la via paleospinotalamica (ovvero quella dell’affettività e dell’emotività, che induce comportamenti abbastanza stereotipati nei confronti di una sensazione dolorosa), prima di sinaptare con il talamo, sinapta (mandando delle collaterali) in alcuni nuclei del tronco dell’encefalo e anche con l’ipotalamo; poi sinapta appunto nei nuclei mediali intralaminari del talamo e in seguito con il sistema limbico a forma di una specie di “C” aperta in avanti (stazione terminale: cortecce limbiche e nuclei sottocorticali limbici). Il fascio neospinotalamico, invece, prima sinapta nei nuclei laterali del talamo, soprattutto nel nucleo ventro- postero-laterale del talamo, per poi sinaptare con la corteccia (S1, S2, S3) a livello del giro precentrale; in particolare esso raggiunge l’area S1 ovvero l’area sensitiva primaria, che, scomponendo le afferenze nocicettive, localizza il dolore. NB: Molte strutture hanno una formazione a C, poiché durante la morfogenesi gli emisferi cerebrali si espandono dall’avanti all’indietro formando una specie di semicerchio; un esempio è il nucleo caudato. Inoltre, nell’immagine osserviamo il corpo calloso (costituito dalla parte anteriore, dal corpo, dallo splenio e dalla parte posteriore), il giro del cingolo (una 35 delle cortecce più estese che appartiene al sistema limbico), l’ippocampo (il centro della codificazione della memoria, all’interno di cui è presente anche una specie di “gps” biologico, utile per la navigazione spaziale) e l’amigdala. Dobbiamo sottolineare che la via paleospinotalamica si ferma, prima di arrivare al talamo, in alcuni nuclei del tronco encefalico per due motivi principali. Nel suo decorso si ferma nella formazione reticolare ponto- mesencefalica o attivante (“reticolare” perché sono nuclei sparsi nel tronco dell’encefalo, in corrispondenza, come ci dice il nome, di una parte di nuclei posti nella porzione alta del ponte, comprendente anche il mesencefalo; inoltre, viene detta anche “attivante” perché questa formazione reticolare è una specie di interruttore, che regola il ritmo sonno-veglia, e quindi, permette di accendere la corteccia e la coscienza). Quando si è coscienti si è sempre vigili, nonostante ci siano casi in cui si è lo stesso coscienti pur non essendo vigili (come quando si sogna). Quando si è vigili ma non coscienti si verifica lo stato di coma, da cui a volte è possibile risvegliarsi (se il coma si protrae nel tempo è definito come stato vegetativo persistente prima e permanente dopo): alcune delle persone in stato comatoso mantengono il tronco dell’encefalo, il ritmo sonno-veglia, il centro cardio respiratorio e la deglutizione funzionanti pur non essendo coscienti, però il tronco encefalico e quindi “l’interruttore” funzionanti non riescono ad attivare la corteccia distrutta dalla patologia. Quindi, il primo motivo per cui la via paleospintotalamica si ferma in alcuni nuclei del tronco encefalico prima di arrivare al talamo e in particolare, sinapta nella formazione reticolare, è quello di mantenere uno stato di allerta: se si ha un danno, l’attenzione si focalizza su di esso e si mettono in atto dei comportamenti per limitarlo ed eventualmente ripararlo. Dato che questo comportamento è caratteristico di tutti gli animali (così come abbiamo spiegato dal punto di vista evoluzionistico per quanto riguarda le reazioni affettive), il fascio si chiama appunto paleospinotalamico. Il secondo motivo è dato dal fatto che non solo si accende l’interruttore di allerta/vigilanza, ma si contattano anche altre stazioni come il grigio periacqueduttale GPA o PAG (quando si parla di “grigio”, si ha che fare con degli hub ovvero dei nodi o agglomerati o raggruppamenti di corpi neuronali), che a livello del mesencefalo rappresenta un importante raggruppamento di neuroni, così come gli altri nuclei del tronco encefalico dove la via paleospinotalamica può sinaptare lungo il suo decorso. Dunque, la via paleospinotalamica sale e contatta il grigio periacqueduttale, a livello del quale osserviamo vari contatti sinaptici, grazie agli interneuroni, della via paleospinotalamica stessa col tronco encefalico e così si creano relazioni con varie zone della corteccia limbica oppure con dei nuclei (es: l’amigdala o lo striato ventrale). Neurochimicamente parlando, questa via può 36 sinaptare in particolare a livello dei nuclei colinergici, delle vie noradrenergiche (importante è il locus caeruleus, LC), delle vie serotoninergiche (importante è il nucleo del rafe magno) e delle vie dopaminergiche (l’area tegmentale ventrale del mesencefalo, VTA, è un’area importante all’interno delle vie del sistema limbico della gratificazione; in particolare il “nucleo della gratificazione”, che si accende quando si prova un qualsiasi tipo di piacere, è lo striato ventrale con il cosiddetto nucleus accumbens, Ac, che è un nucleo della base del cervello con la più alta concentrazione di dopamina). Ricapitolando e schematizzando sulla sinistra il percorso della via anteriore (fascio spinotalamico anteriore) per la sensibilità tattile grossolana protopatica, notiamo talamo e corteccia (S1, S2, S3). Sulla destra, osserviamo la differenza con le altre due vie: - la via paleospinotalamica, che tra le due afferenze nocicettive rappresenta l’afferenza mediale al talamo, per poi continuare nella corteccia e nuclei sottocorticali limbici; - la via neospinotalamica, che dà la localizzazione precisa della noxa dolorosa (punti dolorosi). Tra la via paleospinotalamica (il “cervello limbico/affettivo/emotivo”) e neospinotalamica (il “cervello logico/razionale/analitico”) e quindi tra le loro aree specializzate è presente una modulazione, un cross- talk, in cui il sistema limbico predomina e modula il dolore, che risulta essere così molto soggettivo. Ad esempio, fatti che hanno una coloritura emotiva si ricordano più facilmente oppure il dolore percepito a causa di un calcio durante una partita di rugby è minore rispetto a quello percepito in una situazione di riposo, vista l’azione del sistema limbico e la motivazione nel vincere l’incontro sportivo. Nel caso di un soldato ferito in guerra, il comportamento emotivo/affettivo di salvaguardia (tipico anche degli animali), indotto anche dall’ipotalamo, porta a star fermi per non aggravare la situazione, ma è il ragionamento logico-razionale e la funzione di “problem solving”, a livello del lobo frontale nella sua parte di corteccia prefrontale, che porta il soldato a muoversi per mettersi in salvo. Quindi, queste due vie, contattando cortecce diverse, interagiscono tra loro e insieme coordinano il comportamento nei confronti del dolore. 37 Inoltre, sappiamo che tali vie (mediale e laterale del talamo), oltre che a livello del tronco encefalico, stazionano anche a livello dell’ipotalamo, che attraverso il rapporto ipotalamo-ipofisario induce il meccanismo dello stress: l’ipofisi anteriore secerne l’ormone adrenocorticotropo (ACTH) e l’ipotalamo il CRF ovvero un fattore di rilascio, che induce la liberazione del cortisolo e quindi il meccanismo dello stress. Quest’ultimo non solo attiva anche il sistema simpatico, ma anche permette di evitare di ricontattare la fonte del dolore, indotto dalla via paleospinotalamica che sale. Se le vie del dolore (appunto la via della discriminazione e la via affettiva-emotiva) si dissociano, si può avere ad esempio un danno alla corteccia dell’insula, definito asimbolia del dolore: in questo caso è la via paleo ad essere lesionata poichè il danno è presente in una stazione limbica importante (la corteccia dell’insula). Le persone affette da asimbolia del dolore hanno ancora la via della discriminazione; quindi, sentono e sono in grado di localizzare il dolore, ma non hanno una reazione emotiva-affettiva nei confronti dello stimolo doloroso stesso. Una situazione simile si può ottenere con l’analgesia indotta mediante ipnosi: grazie a nuove tecniche, che hanno messo in evidenza i meccanismi e le basi neuroanatomiche dei comportamenti, nell’ipnosi si è in grado di mettere fuori uso la via paleo. Questo lo si ottiene modificando le due vie attraverso un particolare sistema di interazione e in particolare, viene escluso il funzionamento di almeno una regione, quella della corteccia cingolata anteriore (sistema mediale), con una conseguente asimbolia del dolore (non legata ovviamente a un danno organico). MODULAZIONE DEL DOLORE A livello periferico vi sono due tipi di modulazione del dolore: la secrezione degli oppioidi endogeni (indotta dalle fibre che scendono e modulano il dolore) e la teoria del gate control (quando le fibre periferiche nocicettive entrano a livello del corno posteriore). 1. Gli oppioidi sono gli analgesici più potenti a nostra disposizione, come la morfina; sono detti “endogeni” quelli prodotti naturalmente all’interno del nostro SNC o più in generale nel corpo (es: le encefaline, le endorfine, gli endocannabinoidi). NB: La colecistochinina è una sostanza molto importante che non solo contribuisce alla contrazione e svuotamento della colecisti (o cistifellea: serbatoio della bile, che viene poi riversata nel duodeno), ma è anche collegata al sistema nervoso per due motivi: il primo è rappresentato dal rapporto apparato gastroenterico-cervello (la flora batterica interagisce in modo complesso con il SN) e il secondo è dato dal fatto che la colecistochinina è un anti-oppioide, che quindi favorisce il dolore. Alcuni dei nostri oppioidi endogeni sono la met encefalina, la leu encefalina, l’endorfina, la dinorfina e la nocicettina. Questi sono costruiti a partire dalla pro-opiomelanocortina, un “big hormone” ovvero una grande molecola, che poi viene tagliata e che è anche precursore dell’ormone melanino stimolante e dell’ACTH per la corteccia del surrene. Grazie alla parsimonia evolutiva, produciamo anche cannabinoidi, come l’anandamide e la 2-AG, che diminuiscono la percezione dolorifica. Le fibre prima salgono, si fermano al livello del PAG (grigio periacqueduttale), per poi scendere dal grigio e sinaptare, lungo il loro decorso, con delle fibre, inducendo l’azione del locus caeruleus. Le fibre noradrenergiche di quest’ultimo scendono fino al corno posteriore, andando ad indurre l’attività dei neuroni che secernono oppioidi endogeni e che modulano e 38 attenuano l’ingresso del dolore nel corno del posteriore (le fibre A- δ e le fibre C). Anche le fibre serotoninergiche, che nascono dal nucleo magno del rafe, si comportano così. Il dolore immediato viene trasportato dalle fibre A-δ (con diametro maggiore); invece, quello secondario è trasportato in ritardo dalle fibre C amieliniche, che portano un dolore prima persistente e poi cronico (tipico di alcune malattie). In particolare, la morfina funziona meglio per contrastare il dolore cronico proprio perché a livello delle fibre C sono presenti più recettori per gli oppioidi (quelli più diffusi sono i recettori di tipo μ). NB: La concentrazione degli oppioidi è da considerare a vari livelli, in particolare non solo a livello del corno posteriore (gli oppioidi stimolati a questo livello diminuiscono la carica dolorifica) ma anche della corteccia. Quindi, il PAG è attivato dal dolore: la via paleo sale, lo attiva e dal grigio si scende. Ma al PAG, al locus ceruleus e al rafe magno ci si arriva anche tramite il sistema limbico. Quest’ultimo è responsabile di una percezione dolorifica minore durante il raggiungimento di obiettivi. Infatti, il voler raggiungere degli scopi va ad interessare le cortecce limbiche, le vie serotoninergiche e noradrenergiche, le quali a loro volta vanno ad interessare come ultima stazione i neuroni oppioidi- secernenti con conseguente diminuzione del dolore. Sappiamo che su un qualsiasi neurone vi sono circa 10.000 sinapsi, che definiscono nel complesso se un neurone è eccitatorio o inibitorio (in base alle afferenze e al tipo di neurotrasmettitore). In questo caso di nocicezione, il neurone oppioide secernente è sempre inibitorio (segno “-”) nei confronti del dolore. Sono poi le afferenze a determinarne la funzione: se le afferenze inibiscono il neurone, la sua funzione viene inibita e di conseguenza esso non potrà modulare diminuendo il dolore. Degli esempi sono dati dai neuroni GABAergici ovvero quelli che producono il neurotrasmettitore inibitorio GABA (se vengono attivati, inibiscono; invece, se vengono inibiti, non inibiscono) e anche dai neuroni il cui neurotrasmettitore è il glutammato, che è eccitatorio (se viene inibito, non eccita; se viene eccitato, lui eccita). 2. Il dolore è di per sé una percezione fisiologica che funge, specie attraverso le fibre C, da campanello d’allarme. Il problema è il dolore-sofferenza (svincolato dalla sua causa), che poi si fa malattia. L'ipotesi del controllo a cancello (gate control) della nocicezione è stata avanzata per fornire una spiegazione del fatto che l'attivazione delle fibre a bassa soglia attenua il dolore. Infatti, ad esempio, quando massaggiamo la nostra cute (stimolazione nervosa elettrica cutanea), la vibrazione attiva le fibre veloci che presentano un collaterale che attiva il neurone oppioide, 39 andando a diminuire l’intensità del dolore (es: da un’intensità di 100 a 70). Dunque, la teoria del gate control è incentrata sulle interazioni tra neuroni del corno dorsale del midollo spinale: neuroni sensitivi nocicettivi (C) e non nocicettivi (Aβ), neuroni di proiezione e interneuroni inibitori. Nella versione originaria di questa ipotesi (illustrata in figura), il neurone di proiezione viene eccitato da entrambi i tipi di neuroni sensitivi e viene inibito da interneuroni inibitori localizzati negli strati superficiali del corno dorsale. I due tipi di fibre sensitive terminano anche a livello degli interneuroni inibitori: le fibre C inibiscono questi interneuroni e, perciò, provocano un aumento dell'attività del neurone di proiezione; invece, le fibre Aβ eccitano gli interneuroni e, di conseguenza, sopprimono l'attività dei neuroni di proiezione. EFFETTO PLACEBO L’effetto placebo o risposta placebo è la conseguenza della somministrazione del placebo ovvero un farmaco senza alcuna proprietà terapeutica. Per quando riguarda il dolore, nel caso di attivazione della modulazione effettiva, al sistema limbico, il placebo (farmaco “falso”) provoca gli stessi effetti antidolorifici di un normale farmaco, come una morfina o un oppioide. Ad esempio, se in caso di dolore, prima del farmaco “falso”, viene dato il naloxone ovvero un antagonista degli oppioidi, il sistema oppioide può essere attivato lo stesso dal pensiero, tramite il sistema limbico. NB: Nel nostro cervello è presente il cosiddetto sistema glinfatico (“gli” sta per glia), il quale è un sistema di rimozione di sostanze di scarto ovvero un sistema linfatico particolare (e non un privilegio immunologico dato dall’assenza del linfatico, come si pensava). Esso appartiene ai linfatici meningei e al SNC, in cui le glia, le microglia e gli astrociti rivestono un ruolo importante. DOLORE NEUROPATICO E NOCICETTIVO Il dolore presenta 5 componenti: la sensoriale (periferica), l’affettiva, la vegetativa, la cognitiva e la motoria (riflessi, contrazione muscolare algogena, posture antalgiche). Dato che ancora non si conosce la sede della regione dolorifica, si può solo affermare l’importanza del talamo, delle vie talamo-corticali, delle vie della sensibilità e l’esistenza di una rete del dolore, chiamata “neuromatrice del dolore”. Generalmente, però, il dolore viene diviso in neuropatico e nocicettivo. Il dolore neuropatico è quello dato dall’attivazione diretta dei nocicettori presenti sulle fibre nervose con conseguente sensazione di bruciore e dolore urente. Lo ritroviamo nel tunnel carpale, nell’herpes 40

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