Psicologia delle decisioni - 22 - PDF

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Università degli Studi di Milano

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decision-making psychology cognitive psychology problem solving

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This document provides an overview of decision-making psychology, covering different approaches to studying decision-making, including normative, descriptive, and prescriptive approaches. It explores the connections between decision-making and problem-solving, and examines theories related to decision-making, including the concept of expected value. It's related to a university course in general psychology.

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Psicologia delle decisioni Psicologia Generale Università degli Studi di Milano (UNIMI) 149 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.d...

Psicologia delle decisioni Psicologia Generale Università degli Studi di Milano (UNIMI) 149 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) PSICOLOGIA DELLE DECISIONI APPROCCI ALLO STUDIO DELLA DECISIONE Le decisioni che prendiamo sono tantissime e vengono rappresentate in letteratura come un continuum che si alterna da decisioni semplicissime (come mi vesto al mattino) alle decisioni più complesse (mi iscrivo all'università, scelgo il lavoro come impiegato di banca, faccio un master, dottorato, di sposarmi, ecc). Le decisioni vengono studiate dalla Psicologia del Pensiero, la quale opera 2 funzioni fondamentali: presa di decisione e risoluzione dei problemi creando un ponte tra noi e la realtà (ci consente di saperci orientare tra la cognizione e l’azione). Il pensiero è un insieme di processi mentali che consentono agli esseri umani di crearsi una certa raffigurazione del mondo e di dar luogo a concetti e di rielaborarli (deduzione, creatività, induzione, manipolazione delle immagini mentali ecc..). Gli approcci allo studio della decisione possono essere: - Normativo → è l’approccio che norma, da delle regole, dice come ci si dovrebbe compor- tare per individuare la decisione ottimale che massimizza l’utilità dell’individuo. Consiste nella teoria della decisione, la quale corrisponde a un insieme di concetti che vengono messi insieme per descrivere come funziona un fenomeno. Per fare un parallelismo con la percezione si può paragonare questo tipo di approccio al Top-down, dall'alto al basso: formulo delle regole che descrivono come l'individuo si dovrebbe comportare. Questo approccio è nato da economisti, infatti è quantitativo, matematico, statistico ecc. Si riferisce ad una razionalità ottimale, assoluta. - Descrittivo → descrive come l'essere umano si comporta nella realtà, che cosa sta avvenendo, e afferisce a una teoria di funzionamento. Non individua regole che permettono di definire la decisione attuale, ma va a descrivere come l'individuo prende le decisioni nella realtà. Per fare un parallelismo con la percezione si può paragonare questo tipo di approccio al bottom-up, dal basso all'alto: guardo, studio, e descrivo come l'individuo prende le decisioni. Si parla quindi di psicologia delle decisioni. Con l’approccio descrittivo è emerso che l’uomo è irrazionale, è un decisore ottimale. - Prescrittivo → è un approccio un po' più proattivo/interventistico che si sofferma su come si possono usare le evidenze raccolte dalla teoria della decisione e della psicologia della decisione per migliorare la presa di decisione effettiva. DECISION MAKING E PROBLEM SOLVING Decidere e risolvere problemi sono compiti cognitivi similari tra loro perché coinvolgono gli stessi processi mnemonici (in entrambe uso la memoria di lavoro, ciò che ci permette di prendere gli appunti. Tiene a mente per qualche secondo l'informazione che sto dicendo, permette di rielaborarla e di scriverla sul quaderno), gli stessi processi attentivi (che permettono di selezionare le informazioni che sono rilevanti al fine di prendere una decisione o risolvere un particolare problema) e utilizzano poi gli stessi processi di tipo inferenziale (di ragionamento induttivo e deduttivo). 1 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Anche se sono due compiti molto simili tra loro, li differenzia una caratteristica fondamentale: Quando si prende una decisione si è posti davanti a diverse scelte e si va a selezionare quella che sembra la migliore. Nel problem solving invece si deve identificare la strategia più efficacie nel risolvere il problema e quindi portare all’obiettivo, anche detto “stato meta” (Da uno stato iniziale devo giungere, attraverso step intermedi, a uno stato meta, uno stato finale, alla risoluzione dell'obiettivo). Il Problem Solving è un'elaborazione cognitiva (a livello di processi cognitivi complessi) volta a trasformare una determinata situazione in una meta da raggiungere, quando nessun metodo scontato di soluzione è immediatamente disponibile. Stato-meta è un concetto approfondito dagli studiosi Newell e Simon nei loro studi sul Problem Solving: da una stato iniziale devo giungere, attraverso step intermedi, uno stato meta, uno stato finale, alla risoluzione dell'obiettivo. Esempi: 1) Devo decidere quale scegliere tra tre offerte di lavoro → opero una scelta 2) Devo riuscire a cambiare la gomma bucata della mia auto non disponendo del sollevatore → devo individuare la strategia di risoluzione di un problema DECISIONE La decision-making è un processo di scelta di un'opzione preferita tra una serie di alternative possibili (Wilson, Keil, 1999). La decisione è un corso d'azione, un commitment (Yates). In tutte le decisioni sono presenti degli elementi costanti, ovvero le opzioni, una serie di alternative. Ogni opzione ha dei vantaggi e svantaggi che in Psicologia delle decisioni chiamiamo attributi delle alternative. Le opzioni possono riferirsi a stati presenti, attuali, ma anche a stati futuri (questo sottolinea gli aspetti dinamici che mutano nel tempo). Gli esiti possono essere certi, posso scegliere tra opzioni alternative che hanno un esito certo e chiaro, oppure possono essere incerti, ovvero non so necessariamente quale possa essere la conseguenza se scelgo l'alternativa B al posto dell'alternativa A. Inoltre, ognuna delle alternative delle opzioni ha anche un valore. [Ci tiene che usiamo questi termini specifici della psicologia della decisione , in generale il gergo specifico della disciplina. Opzioni: alternative, possibilità; Attributi: caratteristiche delle opzioni; Decisioni multi-attributo; Valutazione soggettiva; Peso decisionale]. Le caratteristiche del decision-making quindi sono: - Capacità complessa → estremamente mutabile - Non opera individualmente → sia decisioni individuali che collettive del gruppo - Non si esaurisce in un singolo atto → è continua - Richiede competenze cognitive → comprende la capacità di funzionamento dei processi cognitivi superiori. Lesioni in alcune aree del cervello portano a un'alterazione dei processi di scelta (esempio è il caso di Phineas Cage, un operaio statunitense addetto alla direzione della costruzione di ferrovie che subisce una lesione e ha un mutamento nella personalità e 2 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) prende tutta una serie di decisioni disastrose, proprio in seguito al danneggiamento di un'area cerebrale connessa con il processo di presa decisione). - Si applica lungo un arco di tempo DECISION MAKING E JUDGMENT Un'altra differenza oltre quella tra Decision-making e Problem solving è anche quella tra Decision- Making e il Judgment (giudizio). Nella decisione si sceglie una tra diverse opzioni, il giudizio si ferma a un livello di valutazione o credenza di una data situazione date le informazioni a disposizione. Nel giudizio formulo una valutazione, nella decisione scelgo un’opzione. Tendenzialmente si usano come sovrapposti ma tecnicamente non lo sono, sono leggermente differenti. Dal punto di vista teorico, la decisione rappresenta metaforicamente e concettualmente come un flusso, perché è un processo (la presa di una decisione) nel quale intervengono diversi fattori individuali e di contesto, che vanno a modificare e rendono la decisione qualcosa di dinamico, di mutevole, che continua a cambiare nel tempo. Riassunto Il problem solving consiste nell’individuazione di un set di strategie possibili per la risoluzione di uno stato-problema. La presa di decisione (decision-making) invece si presenta quando ci troviamo di fronte ad un dilemma decisionale, quindi abbiamo delle alternative e dobbiamo scegliere l’alternativa che va a massimizzare la mia utilità (secondo l’approccio normativo). All’inizio dobbiamo scegliere tra un set di alternative: ognuna di queste ha delle caratteristiche che definiamo in termini di attributi. Decision-making e problem solving sono chiaramente due processi differenti che hanno elementi di sovrapposizione da un punto di vista cognitivo, in quanto utilizzano gli stessi processi attentivi, c’è una sovrapposizione al livello di processi mnemonici, utilizzano il funzionamento sia del processo di presa di decisione (il problem solving va ad ottimizzare la memoria di lavoro) e utilizzano le stesse logiche di ragionamento induttivo-deduttivo, quindi hanno degli elementi di similarità, però, dal punto di vista teorico, sono differenti. TEORIE NORMATIVE Cenni di storia Benjamin Franklin scrive ad un proprio parente come scegliere una moglie ed è uno dei primi esempi di come bisognava massimizzare l’utilità associata a questa scelta. È uno dei primi contributi. È stato preceduto da Pierre De Fermat, da Pascal, da Bernoulli, quindi questa prima parte ci dice che la teoria della decisione nasce in ambito matematico, in una dimensione di tipo quantitativo, quindi si vanno a studiare delle regole che disciplinano il comportamento dell’essere umano. 3 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Cos’è una buona decisione? Per l’approccio normativo una buona decisione non è quella che ottiene un buon esito, ma quella che aumenta la probabilità di ottenere un buon esito, simmetricamente, una cattiva decisione è una decisione che non aumenta, o riduce, la probabilità di ottenere un buon esito. Questo tipo di distinzione tra buone e cattiva decisione va a focalizzarsi sul processo, sulle azioni e gli strumenti che portano ad ottenere un esito ottimale o meno, si parla in termini di probabilità. Una buona decisione secondo l’approccio normativo, che è un approccio economico, è quella decisione che aumenta la probabilità di ottenere un buon esito, quello che è l’esito migliore, dunque, una buona decisione è una decisione razionale. Razionale viene inteso dal punto di vista economico, puramente quantitativo, aumenta la probabilità di ottenere un buon esito e quindi sempre in termini di guadagno: l’essere umano descritto dalla teoria normativa è caratterizzato da una razionalità illimitata, e quindi in grado di individuare sempre la scelta ottimale. VALORE ATTESO Un concetto fondamentale nell’approccio normativo è stato introdotto da due autori, Blaise Pascal e Pierre De Fermat, ed è il concetto del valore atteso. Partendo dall’assunto che una buona decisione è quella che aumenta la probabilità di ottenere un buon esito, secondo i due autori questa probabilità può essere calcolata facendo delle valutazioni in termini di valore atteso. Il valore atteso corrisponde somma del prodotto della probabilità di un esito ed il valore di quell’esito (tipicamente monetario) per ogni possibile esito di una data alternativa. Una scelta razionale viene intesa quindi come una scelta che massimizza il valore atteso. Esempio pratico Si immagina di scegliere tra due delle seguenti alternative: A. 50% di probabilità di vincere 100£ B. 100% di probabilità di vincere 45£ In questa situazione, gli economisti dicono di calcolare il valore atteso, per vedere quale delle due alternative ha il valore maggiore. A. VA= 100*0.50= 50 B. VA= 45*1.00= 45 Calcolando i valori attesi siamo in grado di individuare la scelta migliore (che in questo caso è A). Questo ragionamento è interessante quando si deve fare una scelta ideale, ovvero che ti mette a disposizione tutte le informazioni da mettere insieme per poi svolgere il calcolo e scegliere in base all’esito, ma nella realtà, in un processo decisionale raramente si hanno a disposizione tutte le informazioni. 4 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) UTILITÀ SOGGETTIVA ATTESA Su questi lavori comincia a riflettere Daniel Bernoulli, il quale fa una riflessione importante in una sua opera intitolata “Speciem Theoriae Novae de Mensura Sortis” dove introduce il concetto di utilità soggettiva attesa. Questo concetto si discosta un po’ da un ragionamento prevalentemente di tipo matematico, introducendo la componente soggettiva. Secondo Bernoulli il prezzo di un bene non dipende solo dal bene in questione, che è lo stesso per tutti, ma anche dall’utilità che può variare da individuo a individuo, perché dipende dalle circostanze (es: quando si ha molta sete, si apprezza tantissimo il primo bicchiere d’acqua, il secondo anche, mentre il terzo decresce per utilità, quindi varia; questa riflessione verrà poi sviluppata nell’utilità marginale decrescente, la cui curva ha un andamento decrescente). L’utilità varia per il significato che una persona da a quel bene (100£, per una persona povera, hanno un valore che è molto più alto rispetto a quello che una persona benestante potrebbe attribuirgli, nonostante il quantitativo sia sempre lo stesso, cambia il punto di riferimento, cambia la prospettiva). Ad oggi sembra una riflessione banale, ma in quel contesto storico Bernoulli stava lavorando su un approccio quantitativo, introducendo una riflessione che ha ben poco di quantitativo, perché comincia a mettere in luce la variabilità. “…I vantaggi dell’oggetto dipendono soltanto da esso e sono uguali per tutti; l’utilità, invece, dipende dalle caratteristiche della persona che effettua la scelta. Così non c’è dubbio che un guadagno di 1000 ducati è apprezzato maggiormente da un povero che da un ricco, anche se il guadagno è lo stesso per entrambi...” (Bernoulli, 1738, tz. 1954, p.16) L’innovazione del pensiero sta proprio nel prendere in considerazione non più l’individuo, ma la persona. Questo è qualcosa che esula dal pensiero economico, che va a vedere al guadagno, al dato quantitativo. Bernoulli aveva messo in risalto la NON equivalenza del valore monetario di un oggetto e il valore morale, introducendo la soggettività nel comportamento di scelta. Quindi introduce una variabile che, fino ad all’ora, l’approccio quantitativo non aveva considerato: la soggettività del comportamento di scelta. UTILITÀ MARGINALE DECRESCENTE Stanley William Jevons, basandosi sulle riflessioni di Bernoulli, ha introdotto poi il concetto di utilità marginale decrescente. L’utilità attesa (UA) di un aumento di ricchezza (ossia dei beni posseduti) cresce all’aumentare di questa, ma in modo inversamente proporzionale alla quantità posseduta. Se prendiamo l’esempio del bicchiere d’acqua, all’inizio, la felicità associata a quel bicchiere è alto, ma poi la curva si appiattisce. 5 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) TEORIA DELL’UTILITÀ ATTESA Questi 3 capisaldi fondamentali (valore atteso, utilità soggettiva attesa e utilità marginale decrescente) hanno costituito le fondamenta di quella che sarà la teoria dell’utilità attesa, introdotta da Neumann e Morgenstern, la cui opera di riferimento è “Theory of Games and Economic Behavior” (1947). La teoria dell’utilità attesa afferma che quando i decisori sono posti di fronte ad un dilemma, massimizzano, ovvero sono in grado di individuare l’alternativa che ha l’utilità soggettiva attesa più alta, basandosi su un calcolo di probabilità. Questa formula matematica che, se applicata a due alternative di scelta di cui sono note le probabilità, permette di trovare quella che ha l’utilità maggiore, presuppone che si abbiano sempre tutte le informazioni, per questo anche essa è ideale. La teoria dell’utilità attesa viene definita una teoria assiomatica in quanto si basa su una serie di assiomi, ovvero delle norme che all’interno della teoria dell’utilità attesa, descrivono il comportamento del decisore. Gli assiomi fondamentali sono: - ASSIOMA DOMINANZA → Se l’opzione A è valutata migliore dell’opzione B su una dimensione (divergono per un solo aspetto che è migliore in A) e altrettanto buona di B su tutte le altre dimensioni, allora l’opzione A deve essere scelta in quanto dominante sull’opzione B. Si parla di dominanza perché un’alternativa ha un attributo che domina l’altra alternativa. Es: se dovendo acquistare una macchina si sa che il modello A è sostanzialmente equivalente al modello B per quanto riguarda le caratteristiche di prezzo, consumi e gradevolezza della linea, ma domina l’altro modello sulla caratteristica costi di manutenzione, è del tutto razionale scegliere il modello A (però se si riflette sulle dinamiche d’acquisto, non sempre nell’acquisto di una macchina valgono solo questi parametri. Magari si hanno questi due modelli, ma c’è una spinta un po’ interna, emotiva, che orienta verso una scelta piuttosto che un’altra). - ASSIOMA INVARIANZA → L’ordine delle preferenze non può essere modificato in base alle opzioni proposte. La decisione non dovrebbe dipendere dalle variazioni nella modalità di rappresentazione del problema decisionale. La decisione deve essere costante indipendentemente da come le alternative sono presentate (dalla formula, dal formato, dalla modalità in cui sono presentati i contenuti). Le preferenze devono essere stabili, invarianti (ciò non è possibile, le preferenze sono in realtà mutabili). Il decisore è insensibile alle modalità di rappresentazione delle alternative che caratterizzano un dilemma di scelta. Es: Se l’individuo preferisce una mela a una pera, allora preferirà anche una lotteria in cui si possono vincere una mela con probabilità di 0.3 e un’automobile con probabilità 0.7, a una lotteria con una probabilità 0.3 di vincere una pera e un’automobile con probabilità 0.7. 6 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) - ASSIOMA TRANSITIVITA’ → Se una opzione X è preferita ad una opzione Y, e l’opzione Y è preferita ad una opzione Z, allora l’opzione X è preferita alla opzione Z. Esempio: Se l’individuo preferisce le pere alle mele e le mele alle banane, allora deve preferire le pere alle banane. - ASSIOMA INDIPENDENZA → Se un esito occorre in tutte le opzioni, la decisione non può essere influenzata da esso (perché presente in tutte le alternative, quindi, non può attirare verso un’alternativa piuttosto che un’altra). In altre parole, per determinare la preferenza tra due opzioni sono irrilevanti gli esiti che si presentano in entrambe le opzioni e con la stessa probabilità di accadimento. La relazione di preferenza dipende esclusivamente dalle diversità di rispettivi esiti e probabilità. Se il decisore segue gli assiomi è in grado di identificare l’alternativa con l’utilità maggiore, dunque massimizza la propria utilità. Il decisore che viene descritto in questa teoria è un massimizzatore, infatti all’interno dell’approccio teorico normativo, si parla del decisore come di un massimizzatore dell’utilità, chiamato anche “homo oeconomicus”, in quanto è sempre in grado di individuare la scelta ottimale e quando è posto davanti ad una scelta, segue sempre questi assiomi. PRINCIPIO DELLA COSA SICURA Questi 4 assiomi, quindi, descrivono il comportamento di scelta dell’individuo razionale, che sfociano poi in un altro elemento di riferimento della teoria dell’utilità attesa, ovvero il principio della cosa sicura, che si lega in parte all’assioma dell’indipendenza. Secondo tale principio se un individuo preferisce un’opzione in ogni possibile situazione, la preferisce anche quando la situazione non è conosciuta (es: se si sceglie di prenotare una vacanza come premio per il superamento di un esame o come consolazione per averlo fallito, significa che l’esito dell’esame è irrilevante per la scelta e quindi si deciderà di andare in vacanza anche quando l'esito dell'esame non è ancora noto; nella realtà dei fatti ciò non accade perché si è influenzati dall’esito dell’esame). Quindi se un individuo preferisce un’opzione in una situazione, posto diverso, ma di fronte allo stesso dilemma decisionale, con le stesse caratteristiche, dovrà sempre scegliere quell’opzione. Devo essere costante nella mia scelta. Quando si parla della teoria normativa, si fa riferimento al tipo di razionalità che Friedman definisce “razionalità strumentale”, ovvero la capacità dell’essere umano di ragionamento mezzo- fine, con l’obiettivo di massimizzare la probabilità di successo nel perseguire uno scopo prefissato. Il fine è considerato come qualcosa di dato e l’individuo razionale cerca di adattarsi alle circostanze ambientali per trasformare, nel modo più efficiente possibile, uno stato di cose desiderato in uno stato esistente, in altre parole cerca di aumentare la probabilità di ottenere il risultato migliore, o, ancora di massimizzare l’utilità soggettiva. 7 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) PRESUPPOSTI DELL’APPROCCIO NORMATIVO - La razionalità proposta dall’approccio normativo è una razionalità IDEALE, perché presuppone che l’individuo, posto di fronte ad un’alternativa di scelta e avendo a disposizione tutte le informazioni, sia sempre in grado di processare quell’informazione (ovvero di elaborare in profondità, attraverso i processi cognitivi; in particolare la nostra percezione ci permette di registrare gli stimoli dall’ambiente, attraverso i 5 sensi, per poi trasdurli in informazioni che arrivano direttamente al cervello. Quindi avviene un processo di elaborazione, in cui gli input diventano output, grazie anche alle nostre aspettative percettive, al ruolo fondamentale della memoria, le cui informazioni già depositate vengono integrate con quelle in entrata) e di individuare l’opzione in grado di massimizzare il proprio utile. Ciò presuppone che l’individuo sia sempre in possesso di tutte le informazioni, cosa che però raramente si verifica, per questo è una razionalità ideale. È vero che un individuo può valutare in ogni opzione disponibile costi e benefici, però non è così lineare nella realtà (Elbert Simon definirà la razionalità dell’uomo come una razionalità limitata, o ecologica, all’opposto rispetto alla razionalità ideale dell’approccio normativo). - Un altro presupposto è la trasparenza delle opzioni di scelta, ovvero tutte le opzioni che abbiamo sono chiare, certe, lineari e trasparenti. Purtroppo spesso nella realtà dei fatti non sempre le opzioni sono certe e trasparenti, infatti molte delle nostre decisioni vengono prese in condizioni di incertezza, dove non sempre è possibile fare delle valutazioni in termini di probabilità. - Il terzo presupposto è quello della scelta razionale, in cui la scelta viene concepita come il risultato di un calcolo che il decisore compie quando valuta il ventaglio delle opzioni disponibili. Logica del come se L’approccio normativo implica la “logica del come se”, ovvero come se l’individuo fosse completamente razionale. Questo approccio non è comunque da rinnegare perché allena la mente a capire come potrebbe funzionare se fossimo perfettamente razionali, inoltre è applicabile in alcune decisioni (situazioni in cui l’individuo deve calcolare l’utilità effettivamente calcolabile). La logica del come se ha avuto alcune implicazioni: 1. L’approccio normativo ha dato un contributo importante ed ha definito una serie di assiomi che contribuiscono a definire la razionalità o la scelta ottimale; 2. Ha permesso di misurare il valore dato dal decisore alle conseguenze delle sue decisioni, parlando di utilità (utilità soggettiva attesa); ha introdotto l’utilità marginale decrescente. Il concetto di utilità, ad esempio, lo si ritrova nell’ambito degli strumenti di supporto decisionale, che vengono utilizzati nella pratica clinica e consistono in alberi decisionali che calcolano le utilità associate alle scelte, dunque, fungono da supporto nelle decisioni in ambito medico-sanitario (ad esempio per la diagnosi), ma non solo, possono essere utilizzati dai pazienti stessi per prendere delle decisioni estremamente complesse, in cui è necessario individuare un indice di utilità. 3. Ha stabilito il criterio della massimizzazione dell’utilità attesa come standard per valutare le decisioni delle persone. 8 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) CRITICHE ALLA TEORIA NORMATIVA Le teorie normative non si sono dimostrate sufficientemente valide per andare a descrivere bene come l’individuo si comporta nella realtà, quindi le scelte in condizioni reali, sono iniziati di conseguenza una serie di studi che hanno portato alla loro confutazione. Lichtenstein e Slovic hanno messo in luce un concetto molto interessate, ovvero il fenomeno del rovesciamento delle preferenze (al contrario dell’assioma dell’invarianza). In particolare, questi due autori hanno cominciato ad osservare questo fenomeno studiando le scommesse: hanno notato che i decisori tendevano a preferire, quando venivano posti davanti a due tipi di scommesse, la scommessa che garantiva la probabilità di vittoria più alta ma con una piccola vincita. Quindi si predilige l’opzione più sicura, ma con una vincita (premio) più bassa. Tuttavia, quando veniva chiesto loro di indicare quanto fossero disposti a pagare per quelle stesse scommesse e quindi scommessa con alta probabilità di vittoria, ma bassa vincita, oppure bassa probabilità di vittoria, ma alta vincita, essi tendevano ad imporre un prezzo superiore per la scommessa con la più bassa probabilità di vittoria, che però offriva una vincita più elevata. Ciò indica che non è vero che le preferenze sono stabili o che non c’è influenza da parte del modo di rappresentazione dell’informazione. In un altro studio, condotto da Tversky, insieme ai suoi collaboratori, veniva chiesto ai partecipanti di valutare 3 candidati per un posto di lavoro. Venivano stabiliti due criteri: 1. Dimensione 1: QI 2. Dimensione 2: anni di esperienza lavorativa Viene creato un criterio di scelta: se la differenza tra due candidati, nella dimensione 1 (QI), era superiore a X (X=10), doveva essere scelto il candidato con la dimensione 1 maggiore, indipendentemente dal valore riportato nella dimensione 2. Se invece la differenza non superava X, allora doveva essere scelto il candidato con la dimensione 2 maggiore. CANDIDATI QI ESPERIENZA A 120 2 B 110 4 C 100 6 Questa regola può sembrare ragionevole se si considerano i candidati a coppie in ordine crescente, per cui tra A e B si preferisce B e tra B e C si preferisce C, non superando la differenza alla dimensione 1 il valore x, si scelgono i candidati in base all’esperienza lavorativa, adeguandoci all’assioma di transitività. Il problema si pone nel momento in cui non viene rispettato l’ordine sequenziale in cui sono proposte le alternative, in questo caso tra A e C si preferisce A e tra A e B si preferisce B, non si ha quindi lo stesso risultato. Questo è un altro esempio di rovesciamento delle preferenze in cui si mette in luce come l’ordine di presentazione influisca nelle decisioni. Il paradosso di Allais è rappresentativo, invece, della violazione dell’assioma d’indipendenza. 9 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) L’esperimento realizzato da Allais consiste nel presentare a dei partecipanti 2 scommesse: per ogni scommessa al decisore viene chiesto di optare per una delle due (A o B). Nella scommessa 1 abbiamo: A. Probabilità 1 (100%) di vincere 1000$ B. Probabilità 0,90 (90%) di vincere 1000$, probabilità 0,90 (90%) di vincere 5000$ e probabilità 0,01 (1%) di vincere 0$ → La maggior parte dei decisori ha scelto l’alternativa A Nella scommessa 2 abbiamo: A. Probabilità 0,1 (10%) di vincere 0£ e probabilità 0,90 (90%) di vincere 0£ B. Probabilità 0,09 (9%) di vincere 5000$ e probabilità 0,91 (91%) di vincere 0£ → La maggior parte dei decisori ha scelto l’alternativa B Se i decisori avessero seguito la funzione dell’utilità soggettiva attesa avrebbero scelto in entrambi i casi l’opzione B (perché applicando la formula sono i due casi in cui risulta massimizzata l’utilità) ma così non è stato, quindi cade il principio di indipendenza. L’essere umano, nella realtà, anche quando dispone di tutte le informazioni necessarie, ha un approccio, nella valutazione di quelle informazioni, che non va a rispettare gli assiomi normativi. Nella realtà, anche decisori esperti possono cadere in queste falle di ragionamento. Quello che ci dicono le teorie successive è che l’individuo legge e interpreta la probabilità (l’80% per me può essere diverso per un’altra persona). Si innescano una serie di driver emotivi, cognitivi, a livello di funzionamento mnemonico, attentivo e di percezione che fanno interpretare quel dato e quindi è possibile allontanarsi dalla decisione ottimale, anche quando la questione può essere risolta in termini numerici. Gli studi di Tversky e Shafir sono interessanti perché si sono mossi dalle teorie matematiche più astratte e sono andati ad osservare il comportamento dell’individuo nel reale, facendo degli esperimenti sulle persone comuni. Tversky e Shafir (1992) mostrarono come anche il principio della cosa sicura esposto da Savage e collegato all'assioma dell'indipendenza, venga violato nelle decisioni quotidiane. [queste critiche non vanno intese con un’accezione negativa, ma con una costruttiva, quindi usarle per comprendere le teorie normative e criticarle nel senso di decostruirle per capire come si decide nella realtà] Esperimento: I partecipanti erano suddivisi in 3 gruppi. A tutti i soggetti veniva detto che era offerta loro l'opportunità di prenotare una vacanza per i giorni di Natale ad un prezzo molto conveniente. L'adesione doveva avvenire entro il giorno seguente. Il posticipo dell'adesione comportava il 10 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) pagamento di una piccola penale. Ai partecipanti veniva riferito, inoltre, che dovevano sostenere un esame molto importante e che se l'esito fosse stato negativo avrebbero dovuto sostenerlo nuovamente dopo una ventina di giorni. Vennero fornite condizioni diverse ad ogni gruppo: 1. Ai partecipanti del primo gruppo veniva chiesto di immaginare di aver superato l’esame e di dire se avrebbero acquistato il pacchetto per partire o meno. 2. Ai partecipanti del secondo gruppo veniva chiesto di immaginare l’opposto. 3. Al terzo gruppo veniva chiesto di immaginare che il risultato dell’esame non si sarebbe saputo se non al termine della vacanza. Risultati: Mentre i partecipanti dei primi due gruppi avevano deciso di aderire alla promozione, il terzo gruppo aveva preferito pagare la penale, non sapendo ancora l’esito dell’esame. Possiamo notare che c’è un effetto di disgiunzione delle preferenze: se noi prendiamo una scelta in un caso (nell’esperimento è quella di aderire alla promozione), dobbiamo sceglierla in ogni caso, indipendentemente da come cambia il contesto o la situazione di riferimento, altrimenti viene violato il “principio della cosa sicura”, la quale afferma che in ogni condizione, date le caratteristiche del dilemma decisionale costanti, si dovrebbe scegliere sempre la medesima alternativa, indipendentemente da una modifica della situazione. Questo esperimento dimostra ancora come ci sia una modifica del comportamento: le preferenze vanno a violare il principio dell’invarianza, perché tendono a variare in funzione di come le opzioni vengono descritte e, inoltre, vi è una modifica del tipo di scelta in funzione delle preferenze dell’individuo che non è indipendente dal livello di riferimento (ossia non condizionate dalla transitoria posizione patrimoniale dell’individuo). Quindi l’homo oeconomicus delle teorie normative viene messo in discussione da Kahneman e Tversky, i quali cominciano ad elaborare un nuovo tipo di “homo”, definito “homo euristicus”, perché si va a vedere come l’individuo prende le decisioni, in base a dei funzionamenti che prendono il nome di euristiche. Si assiste ad un cambio di prospettive che determinano il passaggio dalle teorie normative alle teorie descrittive o teoria del prospetto, introdotte da Kahneman e Tversky. TEORIE DESCRITTIVE TEORIA DEL PROSPETTO Questa teoria venne introdotta da Kahneman e Tversky, in un articolo pubblicato sul giornale “Econometria” nel 1979 dal titolo “Prospect Theory: an analysis of decision under risk”, ed ha dato il via ad un corpus di studi che continua ancora oggi, ricco di tanti studi ed esperimenti, sia in laboratorio che in contesti reali. [Kahneman ha vinto il premio Nobel per i suoi studi condotti insieme a Tversky. Erano grandi amici: si sono conosciuti a Gerusalemme ed hanno iniziato questo rapporto di amicizia, dal quale poi è nata questa collaborazione scientifica, che ha portato all’introduzione e alla comprensione di questi processi euristici] 11 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Per rispondere alla teoria normativa, anche la teoria del prospetto si basa su una rappresentazione matematica, però, nonostante abbia posto queste basi matematiche, incomincia ad esplorare il funzionamento profondo della mente dell’individuo utilizzando un approccio basato sulla realtà, definito anche come bottom-up (dall’osservazione del comportamento ad una teoria sul funzionamento del comportamento di scelta dell’individuo; al contrario le teorie normative vengono definite top-down, perché partono dalla teoria per studiare poi il comportamento). Un altro aspetto molto importante rispetto all’approccio descrittivo, è che si basa su un corpus di esperimenti e studi su persone reali, quindi, molto spesso criticati per le loro caratteristiche di irreplicabilità in quanto si basano sull’osservazione del comportamento diretto. La teoria del prospetto, nello specifico, si compone di due fasi: 1. Strutturazione e/o editing 2. Valutazione Tale teoria afferma che nelle scelte in condizioni di incertezza, le persone hanno la tendenza a semplificare il più possibile la scelta, in modo tale da risparmiare energie cognitive che sono limitate (logica di semplificazione; come dimostrano gli studi di Kahneman sull’attenzione o altri studi sulla memoria, che è anch’essa limitata. Infatti se si potesse ricordare tutto si andrebbe incontro ad un overload cognitivo). FASE DI STRUTTURAZIONE Durante questa fase, il decisore analizza le diverse alternative del dilemma decisionale (analisi preliminare dei prospetti offerti). Viene introdotto il concetto di status quo: prospettiva a partire dalla quale l’individuo valuta e analizza le alternative, è costituito dall’insieme di credenze, valori, esperienze passate e conoscenze (depositate nella MLT). Ciò comporta che per uno stesso dilemma decisionale è probabile che ci siano out come decisionali differenti a seconda dello status quo del decisore. Nella fase di strutturazione, in cui i prospetti vengono analizzati, la mente compie una serie di operazioni: - Codifica: (la più importante da ricordare), ogni prospetto viene analizzato secondo il concetto di “guadagno vs perdita”, che dipende dallo status quo del decisore. La locazione del punto di riferimento può essere influenzata dalla formulazione dei prospetti e dalle aspettative di colui che deve prendere la decisione. - Combinazione: unione esiti simili - Segregazione: isolamento componenti rischiose - Cancellazione: eliminazione degli elementi comuni a più alternative - Semplificazione: arrotondamento delle probabilità - Riconoscimento della dominanza: identificazione delle alternative che prevalgono sulle altre 12 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) FASE DI VALUTAZIONE Durante la fase di valutazione, il decisore determina il valore di ciascun prospetto e sceglie quello che offre il valore maggiore. Abbiamo 2 funzioni: - Funzione di Valore - Funzione di ponderazione Funzione di valore La funzione di valore ha un andamento a S, lo status quo è rappresentato dalle origini degli assi cartesiani. L’andamento di questa funzione mostra come l’individuo si atteggia in maniera diversa quando, dato lo status quo, siamo di fronte ai guadagni o alle perdite, infatti, la teoria del prospetto afferma che l’individuo tende ad attribuire una maggiore importanza alle perdite, rispetto ai guadagni. Es: Assumiamo che l’intelligenza possa essere esattamente misurata con il QI. Sappiamo che l’intelligenza media è pari a 100. In quale gruppo preferiresti essere incluso? A. Il tuo QI è 110, ma il QI medio degli altri nel gruppo è 90; B. Il tuo QI è 130, ma il QI medio degli altri nel gruppo è 150. La maggioranza, d’impulso, sceglie l’opzione A, non seguendo una logica razionale, perché razionalmente la scelta migliore sarebbe la B, essendo 130 un guadagno maggiore rispetto a 110. Però, in questo esempio, agisce una logica “comparativa”, ovvero si confrontano le due opzioni tra di loro. Da questo esempio si evince che l’uomo da più importanza alle perdite, piuttosto che ai guadagni e questo rappresenta un driver decisionale molto importante, che poi verrà rimodulata con il termine “avversione alle perdite”. A causa di tale avversione e alla tendenza di codificare in termini di perdite e guadagni (ragionamento post-oc quindi dopo il processo di pensiero che si attiva), dopo aver visto le due alternative, le persone, basandosi anche su meccanismi di tipo associativo (sistema con modalità di processazione veloce dell’informazione), sono più abili a fare valutazioni comparative piuttosto che assolute. La mente tende sempre a codificare in termini di guadagni e perdite, in linea generale, si tende ad assumere un atteggiamento di avversione al rischio, infatti, la teoria del prospetto evidenzia che l’individuo soffre di più per una perdita, rispetto ad un guadagno di pari entità, per cui il piacere associato al guadagno può essere minore rispetto al dolore per una perdita. È chiaro però che ci sia una variabilità individuale di fronte a questi task e che ci sia una maggiore processazione in profondità. Coloro che hanno scelto l’opzione B hanno effettuato un’elaborazione più globale dell’informazione, che sarebbe stata fatta anche da coloro che hanno scelto A, ma in un momento successivo, in quanto si trattava di prendere una decisione d’impulso. 13 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Come detto in precedenza, una delle critiche all’approccio descrittivo è proprio la natura degli studi, in quanto la replicabilità non è assoluta e tanti esperti criticano appunto questa variabilità intraindividuale, che è il motivo per cui non sempre si attua la sottostima del rischio. La funzione di valore ha quindi tre specifiche peculiarità: 1. Gli esiti non sono codificati come assoluti 2. Differenze oggettive identiche tra coppie di valori appariranno soggettivamente diverse se tali differenze coinvolgeranno quantità grandi o piccole (es: sconto 15 vs.10 e 105 vs.100) 3. Avversione alle perdite: le persone sono più abili a fare valutazioni comparative piuttosto che assolute, di conseguenza tra due esiti positivi di valore assoluto differente possono preferire l’esito inferiore purché sia migliore rispetto a quello ottenuto da altre persone. Funzione di Ponderazione La funzione di ponderazione mette in luce due aspetti fondamentali relativi alla percezione soggettiva delle probabilità: sebbene la probabilità sia un dato oggettivo, l’essere umano tende a sopravvalutare le probabilità molto basse e a sottovalutare le probabilità medie e alte. Ciò spiega l’andamento della curva, che non è di tipo lineare, ma è più ripida in prossimità dell’origine. Ciò è dato dall’influenza di driver, come possono essere le emozioni. Es: La sindrome della mucca pazza ha creato una condizione di panico generale. La probabilità di prendere questo batterio, mangiando la carne di mucca, era molto bassa, ma la percezione individuale soggettiva di questa probabilità era molto più alta. Casi reali accertati: 126 GB; 1 (FR); 1 (USA); 1(IR); 1(CANADA); 1? (IT) (Motterlini, 2008). Questo è uno degli esempi che mostra come l’uomo elabora probabilità che, sebbene sia molto bassa, viene sopravvalutata, questo perché intervengono altri fattori che vanno a spiegare come l’essere umano legge quella specifica probabilità (come la paura o come l’intervento dei mass media, i quali rendono la notizia saliente e questo fa sì che la memoria faccia un lavoro di codifica elaborativa dell’informazione, che viene immagazzinata con maggiore pregnanza, diventando dunque più disponibile). Questa percezione, unita ad un driver emotivo (paura), fa sì che quella probabilità venga sopravvalutata. Al contrario, le probabilità medie e alte tendono ad essere sottovalutate un po’ per gli stessi fattori. Es: Secondo i DATI ISTAT del 2015, ogni anno si verificano 4 milioni di incidenti domestici all’anno nelle abitazioni italiane, di cui 8 mila sono quelli mortali. Secondo questi dati, la probabilità di avere un incidente domestico mortale è alta, ma secondo la maggioranza tale probabilità è molto bassa. Allora subentrano delle dinamiche a livello dell’individuo e del contesto che fanno sì che ci sia una percezione soggettiva della probabilità. 14 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) FRAMING EFFECT Questo effetto, che viene spiegato all’interno della teoria del prospetto, viene studiato da Kahneman e Tversky attraverso un dilemma decisionale, che prende il nome di “dilemma della malattia asiatica”: Assumiamo che in America ci si stia preparando ad affrontare una malattia asiatica che potrebbe causare la morte di 600 persone. Per fronteggiare questo problema vengono proposti due programmi di intervento alternativi a 2 gruppi: - Al primo gruppo è stato chiesto di scegliere tra → A. 200 persone saranno salvate (72%) B. Saranno salvate 600 persone con 1/3 di probabilità e nessuno si salverà con 2/3 di probabilità (28%) - Al secondo gruppo è stato chiesto di scegliere tra → C. 400 persone moriranno (22%) D. Nessuno morirà con 1/3 di probabilità e 600 persone moriranno con 2/3 di probabilità (78%) Se un decisore razionale fosse posto di fronte a queste alternative, egli si dovrebbe comportare allo stesso modo con entrambe, essendo delle alternative sostanzialmente uguali, ma presentate con parole diverse. Invece, come dimostrano le percentuali, le persone hanno preso una scelta piuttosto che un’altra, proprio perché avviene un’interpretazione in termini di framing. Il framing effect sostiene che a seconda di come si descrive l’informazione, si può influenzare il comportamento di scelta della persona. Infatti, in questo esempio, è stato utilizzato in un’opzione un framing di guadagno, in termini di vite salvate, per cui la maggioranza era orientata verso l’opzione sicura (vite salvate), ovvero la A; Nel secondo caso, invece, utilizzando un framing di perdita, ovvero il punto di riferimento non era più il “numero di vite salvate”, ma la morte, sebbene la sostanza fosse la medesima, la scelta era orientata verso l’opzione meno conservativa (B). Questo dimostra che è vero che se fossimo razionali si dovrebbe rispondere allo stesso modo, ma nella realtà il modo in cui vengono descritte le alternative influenza l’outcome decisionale. Quindi se si pone un dilemma decisionale mettendo in luce gli aspetti positivi, si ha un effetto nel decisore; viceversa, se si mettono in luce i lati negativi, sebbene ci siano le stesse caratteristiche in termini di outcome attesi, gli esiti saranno probabilmente differenti. Non tutti si conformano all’effetto framing, perché alcune persone possono essere meno sensibili di altre, però ha una valenza importante. Es: un medico propone due trattamenti differenti al paziente, con outcome differenti. Se il medico mette in luce gli aspetti positivi, può orientare la scelta del paziente verso una specifica opzione, rispetto ad un’altra. LA CRITICA AL MODELLO NORMATIVO “il modello neoclassico richiede la conoscenza di tutte le possibilità di scelta disponibili; richiede la conoscenza completa delle conseguenze di ogni alternativa, o la possibilità di calcolarle; richiede certezza sulla valutazione presente e futura di tali conseguenze da parte del decisore; richiede la capacità di confrontare fra loro le conseguenze, non importa quanto varie ed eterogenee esse 15 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) siano, in termini di qualche misurazione coerente di utilità” (Simon, 1985, p.295 in Maldonato e Dall’Orco, 2010). La critica al modello normativo è mossa perché questo prevede di avere sempre la conoscenza di tutte le alternative di scelta, richiede sempre la possibilità di calcolare e rappresentarsi le conseguenze di ogni alternativa (non solo presenti, ma anche future e nel lungo periodo) e presuppone che le preferenze dell’individuo siano stabili e non mutino nel tempo (quindi che l’individuo sia coerente). I limiti della Teoria Normativa sono: 1. Perché il modello possa avere un fine predittivo, le preferenze devono essere stabili. almeno nel breve periodo → questo non è descrittivo di come il decisore si comporti 2. La teoria dell’utilità attesa spiega il comportamento umano come se gli esseri umani fossero razionali e non come realmente è → propone un concetto di razionalità che Friedman definisce strumentale (la miglior decisione è quella che ci garantisce la massima utilità). 3. Agenti (i decisori) siano lungimiranti → ovvero abbiano una prospettiva ampia 360°. 4. Prevalentemente governate dall’interesse → l’interesse individuale è uno dei driver, delle leve promotori della scelta. È importante approcciarsi alle teorie normative in un’ottica costruttiva e riconoscerne anche gli elementi di valore, infatti, gli aspetti positivi dell’approccio normativo possono essere: 1. È una teoria positiva, perché ha dato una descrizione corretta ed esaustiva di come l’individuo si dovrebbe comportare negli ambienti economici, quindi, è una valida teoria se lasciata all’interno del suo contesto quantitativo ed economico. 2. È una teoria normativa, perché produce delle regole di comportamento che se applicate portano a massimizzare l’utilità (però se applicate in quel contesto). Recap: confronto tra teorie normative e descrittive LA TEORIA DELLA RAZIONALITA’ LIMITATA: HERBERT SIMON Herbert Simon consegue la laurea in scienze politiche nel 1936 all’università di Chicago, successivamente nel 1942 ottiene il dottorato di ricerca per merito di una tesi sulla base della quale, cinque anni dopo, pubblica il libro “Administrative Behavior”. 16 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Introduce una teoria innovativa e rivoluzionaria nell’ambito dell’approccio descrittivo allo studio della scelta ovvero la Teoria della razionalità limitata – Theories of Bounded Rationality. Nel 1978 gli viene assegnato il premio Nobel “per le sue pionieristiche ricerche sul processo decisionale nelle organizzazioni economiche”. Questa teoria è così rivoluzionaria perché è la prima che va a mettere in luce un aspetto fondamentale su come viene presa la decisione. Si basa sull’approccio comportamentale Grounded on reality, ovvero basato su come l’individuo agisce nella realtà da cui poi origina una teoria. Simon riporta in primo piano la fallibilità del decisore al centro dell’elaborazione teorica ed empirica in economia. Simon si definisce un “monomaniac”, interessato a comprendere e studiare cosa è la decisione umana, com’è il processo di scelta e introduce questa teoria che va a definire l’individuo, l’essere umano, come limitato. Comprendendo anche gli aspetti psicologici del processo decisionale, la teoria della razionalità sviluppata da Simon considera anche i vincoli interni: l’essere umano è limitato dal punto di vista epistemologico, non può possedere e gestire tutte le informazioni necessarie a prendere una decisione a causa della limitata capacità cognitiva e dei processi cognitivi profondamente limitati → ci sono limitazioni delle capacità di memoria (limited storage of memory), non è possibile immagazzinare e mantenere tutta l’informazione, una parte viene elaborata e transita, viene mantenuta nella memoria a lungo termine ma una parte decade, ciò permette di evitare l’overloading cognitivo; ci sono, inoltre, limitazioni relative alle capacità di calcolo (limited computational facilities). Un altro limite importante che Simon riconosce è riferito a quelle che definisce “passion”, ovvero le emozioni. Nell’approccio normativo le emozioni non sono considerate, non fanno parte del processo di scelta, ma le emozioni in realtà influenzano in maniera profonda le scelte (es: la paura di sbagliare può frenare nella scelta – quello che viene chiamato il “rimpianto anticipato”). Simon riassume i limiti, in virtù dei quali l’essere umano è caratterizzato da una razionalità limitata, con i termini: - Stupidity (limitate capacità di calcolo) - Ignorance (impossibilità di conoscere tutte le alternative possibili) - Passion (emozioni) Metafora delle forbici (ideata da Simon): per comprendere come l’individuo prende le decisioni, è necessario rappresentarsi un paio di forbici, dove le lame rappresentano da un lato le limitazioni cognitive (memoria, attenzione ed emozioni) e dall’altro il contesto. Non si può parlare di decisioni senza tenere a mente la limitazione dei processi cognitivi, perché questi determinano il modo in cui il soggetto elabora uno stimolo in ingresso e legge l’informazione. D’altra parte, le teorie normative non tengono conto del contesto, dell’enviroment, infatti ogni decisione viene presa all’interno di un contesto che influenza la decisione stessa, la medesima decisione in contesti differenti può portare a outcome decisionali diversi. La razionalità limitata di Simon è completamente opposta rispetto a quella di Friedman. Nelle teorie normative il decisore è definito “massimizzatore”, ovvero massimizza la sua utilità soggettiva attesa, è in grado di identificare sempre la scelta migliore. Il decisore di Simon, invece, non è un massimizzatore, ma viene definito “soddisfacentista”: individua tra le alternative proposte, in funzione di quelle che sono le proprie aspettative di 17 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) risultato, l’alternativa che ritiene più soddisfacente; la scelta viene presa, quindi, in funzione delle proprie aspettative e del livello di aspirazione individuale, aspetti che non erano considerati all’interno delle teorie normative. Il decisore segue quello che è stato definito il criterio di efficienza: il decisore non esplora in profondità tutte le alternative seguendo delle regole prestabilite, ma esplora le alternative e si arresta nel momento in cui ritiene di aver identificato l’alternativa più soddisfacente. Simon ricorre alla metafora della ricerca di un ago (il più acuminato) in un pagliaio per spiegare il concetto di razionalità limitata e di scelta soddisfacente: “Come faccio a sapere quando interrompere la ricerca? Una regola suggerisce di smettere dopo aver impiegato una certa dose di energia; l’altra regola suggerisce di fermarci quando avremo trovato un ago sufficientemente acuminato da poter comunque cucire…; ora, un economista sosterebbe che la regola giusta è quella di continuare a cercare fino a che il miglioramento per minuto che ci attende da un’ulteriore ricerca non abbia un valore inferiore ai relativi costi. La cosa vera, ma non sempre riesce di aiuto, perché spesso nella prassi è molto più semplice definire cosa s’intende con ago sufficientemente acuminato” che non misurare il valore marginale dell’esserlo ancora di più stimare quanta ulteriore ricerca sarebbe necessaria per trovarlo” (Simon, 1983 In Maldonato e Dell’Orco, 2010). EURISTICHE Data questa condizione di razionalità limitata, per comprendere come gli individui prendono decisioni Simon, e tutti gli studiosi successivi (in particolare Kahneman e Svetzsky), introducono il concetto di euristica. Le euristiche sono delle scorciatoie cognitive, "rules of thumb” – regole del pollice, che vengono utilizzate dagli esseri umani per prendere delle decisioni in condizioni di incertezza e/o in caso di informazioni incomplete. Si basano su esperienze passate e giudizi precedenti. I biases, invece, sono delle deviazioni sistematiche di giudizio derivate dalle euristiche. Sono sistematiche perché tendono a riproporsi in presenza delle medesime condizioni. Queste scorciatoie cognitive non sono da demonizzare, perché spesso ci portano a prendere delle buone decisioni soddisfacenti; spesso sono definite adattive, perché aiutano ad adattarsi alla realtà. Se il soggetto guardasse sempre all’utilità, nel rispetto di tutti gli assiomi, probabilmente non prenderebbe nessuna decisione o impiegherebbe molto tempo, le euristiche in questo aiutano. A livello storico, il primo ad utilizzare il concetto di euristiche è stato Einstein nel suo discorso in occasione della consegna del premio Nobel. Questo termine gli è stato suggerito da Max Wertherimer, che definisce le euristiche come strumento per guardarsi attorno. È un concetto utilizzato anche da Polya (n.b. si legge: Polaia), matematico. Esempio: Per ogni coppia indicare la causa di morte più frequente negli Stati uniti: - Diabete o omicidio - Tornato o fulmine - Incidente automobilistico o cancro allo stomaco Le cause evidenziate sono quelle sbagliate. Perché si indicano più frequentemente queste cause? Per pregiudizio, stereotipo, se pensiamo agli Stati Uniti vengono in mente assassini, serial killer, il pazzo che entra nella scuola e fa una strage. Sono eventi salienti all’interno della nostra memoria. Spiegazione analoga per tornado o fulmine, pensiamo sicuramente agli uragani es. Katrina; 18 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) incidente automobilistico è anch’esso un episodio più saliente perché generalmente muoiono più persone, ci sembra più frequente. In questo caso è stata usata l’euristica della disponibilità: quando il soggetto deve valutare la frequenza di un evento o di un accadimento fa riferimento a un evento che è più disponibile nella sua memoria. È un priming molto forte che veicola la scelta. Perché non siamo portati a scegliere “diabete”? Perché si tende a considerarla una malattia con cui è possibile convivere e che comunque ha un alto tasso di sopravvivenza, rispetto alle percentuali di morte. Anche in questo caso si ricorre a un meccanismo euristico, in condizioni di scarsità di informazioni e incertezza. Le euristiche sono processi automatici, veloci, impliciti, inconsapevoli e fanno parte del funzionamento che nella teoria del doppio processo di Kahneman è definito come sistema 1. Kahneman, infatti, distingue una doppia modalità di pensiero della nostra mente: sistema 1 è veloce e rapido, si basa su processi associativi del pensiero (qui si trovano i bias ad esempio); sistema 2, è la via più analitica e meccanica e si basa su processi di ragionamento sistematici e metodici. Es 1: Quanto è più probabile in un testo inglese che una parola inizi con la lettera k o che k sia la terza lettera? Anche in questo caso, con incertezza e informazioni parziali, si ricorre a un’euristica. È più facile recuperare dalla memoria parole che iniziano con una lettera specifica piuttosto che recuperare parole nelle quali la stessa lettera occupa una certa posizione. Risultati di Kahneman: su 152 sogg. 105 giudicano più probabile la prima posizione, mentre 47 indicano la terza. Es 2: Nell’inglese scritto quanto è più frequente la parola love o la parola door? È più facile pensare a contesti nei quali vengono utilizzate le parole astratte rispetto a quelle concrete. Esistono migliaia di euristiche ma le 3 considerate fondamentali sono: - Euristica della disponibilità - Euristica della rappresentatività - Euristica dell’ancoraggio EURISTICA DELLA DISPONIBILITÀ Gli individui valutano tanto più probabile un evento quanto più riescono a farsi venire in mente esempi di quell’evento. L’uso dell’euristica della disponibilità è influenzato da: - Facilità del recupero in casi di memoria (Fiat - Maserati/ esempio sopra diabete) - Salienza ed impatto emotivo (chemioterapia /esempio sopra tornado) - Facilità nella costruzione/immaginazione di casi (libro) Il processo cognitivo che influenza molto l’attivazione di questa euristica è la memoria. Simon sosteneva che l’essere umano avesse una razionalità limitata perché i processi cognitivi sono limitati, con ciò si riferiva anche al fatto che possono condurre in errore, sono fallaci, perché hanno dei limiti di funzionamento. 19 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Studi successivi a Kahneman hanno verificato come le euristiche, e in particolare quella della disponibilità, si attivino sia in persone comuni che in individui esperti: è stato eseguito uno studio condotto sugli operatori sanitari di un reparto oncologico, i quali presumono sempre di sapere quali effetti collaterali può dare un farmaco e di essere in grado di stimare la probabilità dell’effetto collaterale rispetto alla loro esperienza clinica. In realtà è stato dimostrato che le loro stime sono viziate dalle euristiche della disponibilità, in particolare è stato chiesto di valutare qual era uno degli effetti principali della chemioterapia e in una prima risposta, preliminare, la grande maggioranza degli operatori, ha risposto che uno dei principali effetti collaterali dei chemioterapici è la nausea, in realtà un operatore esperto avrebbe dovuto rispondere “gli effetti cardiotossici". Questo perché mentre l’effetto cardiotossico viene rilevato solo mediante esami strumentali, il rischio emetigeno (nausea) invece è saliente, rimane più impresso, il pz con nausea si lamenta, sta male, è visibilmente provato e quindi più facilmente disponibile e rilevabile all’interno della nostra mente. Successivamente gli operatori, transitando dalla risposta più intuitiva alla risposta ragionata, hanno dato la risposta corretta ovvero effetti cardiotossici. EURISTICA DELLA RAPPRESENTATIVITÀ L’euristica della rappresentatività consiste nella tendenza a emettere un giudizio di probabilità comparando un oggetto o un evento a un prototipo dell’oggetto o dell’evento (khaneman e Tversky, 1973). Un esempio rappresentativo di questo tipo di euristica è il problema dell’ingegnere/ avvocato: a un gruppo di soggetti venivano presentate 5 brevi descrizioni di personalità di un gruppo di professionisti e veniva detto che il 70% erano avvocati e il 30% ingegneri; a un altro gruppo la proporzione inversa, con stesse descrizioni. A questa info seguiva questa descrizione: Jack ha 45 anni. È sposato e ha quattro figli. Di solito è moderato, prudente e ambizioso. Non ha interessi di tipo socio-politico e passa la maggior parte del suo tempo libero con hobby come il bricolage, la vela e gli enigmi matematici. Il fatto che passi il tempo libero a fare gli enigmi matematici e non sia interessato a questioni socio-politiche fa sì che il soggetto sia portato a dire che Jack è un ingegnere, quando in realtà la risposta dipenderebbe dalla probabilità. I soggetti hanno basato la scelta su quanto hanno letto e la descrizione di Jack descrive meglio l’archetipo dell’ingegnere, questo giudizio però è basato non sulla probabilità di base che viene data, ma su una stima basata solo sulla descrizione. Le persone basano i loro giudizi su quanto la descrizione è rappresentativa della classe sulla quale deve essere espresso il giudizio, ignorando completamente le probabilità di base (base-rate neglect). Es: andando a lezione in università, se troviamo alla cattedra una persona con pc, jeans, scarpe da tennis ecc. possiamo pensare che sia il docente, perché la cattedra è rappresentativa della classe docente. Dall’altra parte, rifacendosi all’abbigliamento, potrebbe essere considerato uno studente (perché si categorizza il docente come persona con abbigliamento formale). Questa tendenza alla categorizzazione è strettamente collegata al pregiudizio, perché è indicatore di un pensiero semplificatore che porta a creare delle categorie. Nel libro di Kahneman si trova l’esempio della metro: in metro c’è una persona che sta leggendo il New York Times, è avvocato o operaio? Si tenderebbe a dire avvocato, per la tipologia di giornale, 20 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) attraverso il pensiero stereotipato; in realtà alle 8 del mattino in metro si trovano più operai che avvocati, inoltre non c’è necessariamente correlazione tra la professione svolta e gli interessi. Problema di Linda: Linda ha 31 anni, è nubile ed è una persona schietta e molto brillante. È laureata in filosofia. Da studentessa era impegnata a battersi contro la discriminazione razziale e per la giustizia sociale e partecipava anche a dimostrazioni anti-nucleari. Vengono proposte queste due alternative e chiesto al partecipante qual è la più probabile: 1. Linda è un’impiegata di banca 2. Linda è un’impiegata di banca e attivista in un movimento femminista L’85% dei soggetti ha valutato l’opzione 2 come più probabile dell’opzione 1. È un errore perché i partecipanti hanno compiuto una scelta non corretta basando il loro giudizio sulla descrizione e su quello che la descrizione attivava, hanno scelto l’alternativa più rappresentativa per la descrizione fornita. I soggetti hanno commesso un errore che è chiamato fallacia della congiunzione: siamo portati a pensare che due eventi insieme abbiano più probabilità di accadere rispetto a quello che ha ciascuno singolarmente, anche se così non è. La probabilità che Linda lavori in banca e che faccia parte di un movimento femminista (A e B), non piò essere superiore alla probabilità che Linda lavori in banca (A). p(A e B)≤ p(A) EURISTICA DELL’ANCORAGGIO L’ultima euristica fondamentale studiata da khaneman e Tversky è l’euristica dell’ancoraggio. È stato chiesto a un gruppo di soggetti quali tra le seguenti operazioni ha prodotto più alto: - 8x7x6x5x4x3x2x1 - 1x2x3x4x5x6x7x8 Stima prima serie: 2250 Stima seconda serie: 512 Soluzione reale: 40.320 I soggetti hanno fatto delle stime differenti, pur essendo le operazioni equivalenti, perché si ancoravano alle cifre iniziali. Dato che le cifre iniziali della prima operazione sono alte, si tende a fare una stima alta del prodotto, nel secondo caso invece il contrario. Il pensiero porta ad ancorarsi alle prime informazioni. È un’euristica decisionale che ha un potere molto forte sul decisore, perché le prime informazioni sono fondamentali. Per ancoraggio si intende quel fenomeno per cui, dovendo fornire una valutazione di un fenomeno, il soggetto utilizza un punto di riferimento, detto àncora. Molto spesso l’àncora è costituita da un evento noto: può essere un elemento familiare o proveniente da una fonte autorevole o esperta. Successivamente, si procede all’accomodamento, ovvero si passa alla fase di analisi e di integrazione di tutte le informazioni disponibili. In altre parole, si tende ad essere influenzati dalle informazioni fornite inizialmente, cioè dalle caratteristiche della situazione all’interno della quale viene richiesto un giudizio. La tecnica di ancoraggio funziona anche in campo economico, nelle scelte economiche. Es. steve jobs da un prezzo, che funziona da ancora, e quando viene dato un altro prezzo più basso per me è soddisfacente perché l’àncora è fissata più in alto. [N.b. tutti gli esempi sono contenuti all’interno del libro]. 21 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) RAGIONAMENTO, PROBLEM SOLVING E DECISION MAKING Il pensiero è l’attività cognitiva/processo mentale alla base di tutte le altre attività cognitive e ha 3 funzioni principali: - Ragionamento - Problem solving - Decision making La definizione di pensiero è complicata, esso è stato oggetto di interesse in psicologia, filosofia, ingegneria e biologia, è un qualcosa che viene fatto quotidianamente, in ogni momento della vita, ma che è molto difficile da descrivere. Il pensiero permette di elaborare le informazioni, di guidare il comportamento ed implica consapevolezza (o meglio, noi siamo consapevoli del risultato, non tanto dei processi). RAGIONAMENTO Il ragionamento presenta anch’esso delle difficoltà per quanto riguarda la sua definizione, ma può essere descritto come l’insieme di quei processi mentali attraverso cui gli individui derivano delle conclusioni a partire da un certo numero di premesse (Cutica, Mazzocco & Pravettoni). Gli individui hanno delle premesse, che si può dire siano le conoscenze già note, e tramite processi mentali, tra cui appunto il ragionamento, che è composto da una serie di attività cognitive e mentali, si arriva a trarre da queste premesse delle conclusioni, ovvero delle conoscenze nuove, in un determinato modo. In sintesi da delle premesse (conoscenze già note) si tirano fuori delle conclusioni (conoscenze nuove). Due branche in particolare si occupano del ragionamento: - Logica → si occupa delle norme del ragionamento corretto, di come bisogna ragionare, di come l’uomo ragiona in teoria o in un ‘mondo ideale’. Ha un carattere più normativo. - Psicologia del ragionamento → descrive i processi di ragionamento, quindi come ragiona l’uomo in realtà, con tutti gli errori, le fallace, i bias del caso. Ha un carattere più descrittivo. Il ragionamento deduttivo ed induttivo sono i due tipi di ragionamento per eccellenza e sono infatti i due principali oggetti di studio della psicologia del ragionamento. RAGIONAMENTO INDUTTIVO Es: “Il sole è sorto ieri” - “Il sole è sorto stamattina” - “Il sole è sorto l’altro ieri, il giorno prima e così via…” → Quindi: “Il sole sorgerà anche domani”. Il ragionamento induttivo è una tipologia di ragionamento che va dal particolare al generale, parte da ciò che è noto (è noto che il sole sia sorto oggi, il giorno prima ed il mese scorso), e arriva ad una conclusione, una conoscenza nuova, che io non avevo in precedenza. Il pregio del ragionamento induttivo è quello di aumentare ed ampliare la nostra conoscenza, l’informazione, ed è infatti alla base di attività cognitive quali l’apprendimento, le previsioni, la stima dei processi causali. Tuttavia, la conclusione non è mai certa, non è infatti detto che date premesse vere, la conclusione sia vera (è vero che il sole è sorto ieri e l’altro ieri, ma non è detto che date queste premesse vere il sole sorgerà anche domani, non sappiamo se la conclusione sia davvero certa). Il ragionamento induttivo aumenta quindi l’informazione ma senza certezza. 22 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) RAGIONAMENTO DEDUTTIVO Es: “Tutti gli uomini sono mortali” - “Socrate è un uomo” → Quindi: “Socrate è mortale”. Si parte dal generale per arrivare al particolare, con il processo contrario rispetto al ragionamento induttivo, si arriva ad una conclusione che è già implicata nelle premesse. Al contrario del ragionamento induttivo, il ragionamento deduttivo non aumenta la nostra conoscenza, proprio perché la conclusione è già implicata, ma questo tipo di ragionamento ci fornisce la certezza. Ovvero, per la struttura, la forma del ragionamento io so che la conclusione, il ragionamento stesso è valido. Anche se le premesse sono false, io so che la conclusione è valida, mentre nel caso di premesse vere, per la struttura/forma del ragionamento la conclusione è per forza vera. Il ragionamento deduttivo non aumenta quindi l’informazione ma fornisce un grado di certezza, è soprattutto la struttura, forma del ragionamento che mi garantisce la validità del ragionamento stesso. Due principali tipi di ragionamento deduttivo sono: - Sillogismo → ci sono due premesse da cui si inferisce una conclusione (come nell’esempio di Socrate). Possono essere lineari, se le premesse rimandano a relazioni lineari tra elementi, “io sono più alta di Giulia, Giulia è più alta di Marco, quindi, io sono più alta di Marco”. Oppure, possono essere categoriali, se le premesse rimandano a relazioni di appartenenza a categorie, “Tutti gli uomini sono mortali, Socrate appartiene alla categoria uomo, quindi, Socrate è un uomo”. Essendo ragionamento deduttivo è importante ricordarsi che la validità della conclusione e del ragionamento stesso è data dalla forma, dalla struttura logica del ragionamento, non tanto dal contenuto delle premesse. Anche se le premesse sono false comunque la conclusione, se rispetta la struttura/forma del ragionamento, sarà valida. Di solito sillogismi e ragionamento deduttivo vengono molto utilizzati negli studi rispetto al ragionamento induttivo, perché dato che la struttura/forma dà la validità della conclusione è possibile andare a verificare se i soggetti sperimentali hanno dato una conclusione valida oppure no. - Ragionamento condizionale → due esempi per quanto riguarda questa tipologia di ragionamento sono stati utilizzati sin dal medioevo: il Modus Ponendo Ponens, secondo cui, affermando una proposizione, ne affermo un’altra (es: se nella mano c’è un asso, allora c’è un due). Si tratta di un ragionamento condizionale perchè ci sono premesse che rimandano a queste relazioni tra le proposizioni espresse con l’uso di congiunzioni “se...allora”, “se e solo se”. Altra premessa “nella mano c’è un asso” altra conclusione “allora c’è un due”. Nel caso del Modus Tollendo Tollens, in cui negando una proposizione, ne nego un’altra (“Se nella mano c’è un asso, allora c’è un due”, quindi diventa “nella mano non c’è un due” allora “non c’è un asso”). TEORIA DELLE REGOLE ASTRATTE La teoria delle regole astratte (ragionamento deduttivo) anche chiamata teoria della logica mentale (Cherubini, Giaretta, Mazzocco, 2000), è stata formalizzata solo in epoca moderna ma ha le sue radici nei pensatori dell’antichità, tra cui Aristotele. 23 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) Questa teoria dice che gli esseri umani sono razionali e per natura sono dei logici, ciò significa che all’interno della loro mente hanno già tutte le regole della logica e alcuni autori sostengono che questo avvenga sin dalla nascita. Questo lavoro e questi concetti sono poi stati ripresi anche da alcuni psicologi dello sviluppo, tra cui Piaget, che con le fasi dello sviluppo del bambino sostiene che da una certa età i bambini siano appunto in grado di effettuare i ragionamenti logici, queste regole della logica sono quasi innate nella mente e piano piano vengono utilizzate dal bambino. Secondo questa teoria il ragionamento coincide con la logica. L’uomo utilizza regole astratte, nel nostro ragionamento, che sono simili alle regole della logica; queste sono formali e la loro applicazione non dipende né dal contenuto delle premesse né dal contesto in cui esse sono inserite (Girotto, 2016). La mente umana possiede l’equivalente delle regole della logica formale, queste regole sono applicabili a qualsiasi dominio della conoscenza e non tengono conto del contenuto delle premesse. Secondo questa teoria le persone fanno inferenze non valide perché hanno capito male o rappresentato male il compito di ragionamento. Dopo l’incomprensione iniziale, il ragionamento in se stesso è logico (Eysenck, 2005). Esistono però tre difficoltà particolari che questa teoria non riesce a spiegare: 1. Non spiega come anche i bambini piccolissimi e/o gli adulti illetterati che non hanno mai seguito un corso di filosofia o di logica riescano a ragionare pur non avendo nessuna nozione di logica. I teorici delle regole astratte tentano di difendersi, sostenendo che queste persone pur non avendo una conoscenza esplicita hanno già le regole della logica all’interno della mente, in modo quasi innato, ed hanno questa conoscenza implicita, non le sanno quindi magari spiegare in modo esplicito ma hanno questa conoscenza. 2. Non spiegano gli errori di ragionamento. L’uomo può fare degli errori di ragionamento, il ragionamento è fallace, soggetto ad errori e bias di ogni tipo. Ma perché gli uomini fanno degli errori se ragionare significa semplicemente applicare le regole della logica? I teorici tentano di difendersi sostenendo che le persone fanno inferenze non valide perché le persone hanno capito male o hanno rappresentato male il compito di ragionamento. Superato questo misunderstanding, una volta capito dove sia stato rappresentato male il compito, poi successivamente l’uomo non fa più errori. In realtà non è proprio così, infatti secondo la teoria delle regole astratte la mente umana possiede l’equivalente delle regole della logica formale, ma osservando questo ragionamento condizionale: “Se piove, Alice prende l’ombrello” → “Piove” = “Alice prende l’ombrello” (modus ponens) “Se piove, Alice prende l’ombrello” → “Alice non prende l’ombrello” = “Non piove” (modus tollens) Il primo caso è più ‘naturale’ mentre nel secondo c’è un ragionamento, normalmente negli studi la percentuale di fallimento è molto più alta nel secondo caso, secondo la teoria delle regole astratte dovremmo avere entrambe queste forme già all’interno della nostra testa, allora perché facciamo più fatica a risolvere il secondo invece del primo? Questa è una cosa che la teoria delle regole astratte non riesce a spiegare, perché a differenza di quanto postulato dalla teoria, alcune regole della logica non hanno un equivalente nella nostra mente umana. 24 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) 3. Non spiega gli effetti di contenuto. Le regole della logica sono formali, cioè la loro applicazione non dipende né dal contenuto delle premesse né dal contesto in cui esse sono inserite. Wason, uno psicologo del ragionamento (branca della psicologia che descrive come l’essere umano ragioni nella vita quotidiana), è stato uno dei primi ad aver ideato alcuni studi e ricerche per poter andare a vedere come funziona davvero il ragionamento negli esseri umani, utilizzando dei compiti/task, non di tipo astratto o ideale ma compiti appartenenti alla vita quotidiana di ognuno di noi. Il più famoso tra questi compiti è il problema di selezione: oggi se ne trovano tantissime versioni, la prima e più famosa è stata messa in pratica da Wason, o meglio le prime due versioni, una astratta ed una più concreta. Regola: se su un lato c’è una vocale, allora sull’altro lato c’è un numero pari Quali carte (solo quelle necessarie) bisogna girare per stabilire se la regola è vera o falsa? Questa versione astratta è molto più complessa e difficile da risolvere rispetto alla versione concreta, nonostante, secondo la teoria della regola astratta il contenuto delle premesse ed il contesto non abbiano effetto sul nostro ragionamento, eppure se nella versione concreta immaginiamo di lavorare in un ufficio postale e di avere davanti a noi quattro buste, due dal lato del mittente e due dal lato del destinatario, quindi la regola prevede che: se una busta è chiusa, deve avere un francobollo da 50 centesimi. L’obiettivo è quello di indicare quali buste (solo quelle necessarie) bisogna girare per stabilire se questa regola è stata rispettata. La soluzione prevede l’utilizzo delle tavole di verità, secondo le quali l’unico caso in cui il condizionale è falso, ovvero non è valido, è quello indicato da corsivo e grassetto, cioè P e non Q, che sono esattamente le carte/buste che bisogna girare per vedere se la regola è stata rispettata. Condizionale P Q Se P allora Q 25 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) T T T T F F F T T F F T Dobbiamo girare la prima busta, che è chiusa, per vedere se dietro ha effettivamente un francobollo da 50 centesimi, perché se io chiudo la busta devo anche pagare di più, in quanto io pago per chiudere la busta. Quindi io giro e vedo se ha un francobollo da 50 centesimi, se ha un francobollo da 40 non è stata rispettata la regola. Successivamente giro Non Q, ovvero l’ultima, abbiamo un francobollo da 40, la giro per vedere, se è chiusa la regola non è stata rispettata. La soluzione è abbastanza intuitiva se pensiamo che il condizionale è “se P allora Q” in questo caso è “P e Non Q”, di conseguenza non è valido. “Se P allora Q” significa che quando ho P devo avere Q, in questo caso abbiamo P ma non Q. In conclusione, abbiamo due problemi con uguale forma e diverso contenuto, il primo caso è un po’ più astratto, abbiamo delle carte che normalmente non incontriamo nella nostra vita quotidiana, nel secondo invece abbiamo le buste, che è potenzialmente un qualcosa che ognuno di noi ha già visto, è un qualcosa di più concreto e vicino a noi. Quindi avendo forma uguale e premesse dal contenuto diverso, secondo la teoria dovremmo risolverlo senza problemi perché le regole della logica non dipendono dal contenuto delle premesse né dal contesto. In realtà, come abbiamo visto, si fa fatica per entrambi ma è un po’ più facile, e negli studi i partecipanti risolvono con maggiore facilità, il problema concreto, la teoria delle regole astratte non riesce a spiegare questa cosa. Il ragionamento deduttivo non segue quindi le regole della logica formale, quanto piuttosto quelle della logica naturale, secondo cui i processi inferenziali di deduzione sottostanno anche a fattori quali il contenuto, il contesto e le conoscenze pregresse dell’individuo. Alcuni studiosi hanno cercato di spiegare il perché ci sia un effetto del contenuto, del contesto ed in generale delle conoscenze dell’individuo sul nostro ragionamento. I primi sono gli psicologi evoluzionisti, secondo la teoria evoluzionistica del pensiero tutte le attività cognitive (pensiero, memoria, apprendimento, ragionamento, decision making) sono il frutto dell’evoluzione ed in particolare grazie all’evoluzione gli esseri umani sono stati dotati di un modulo specializzato nella nostra mente che permette di ragionare sui contratti/scambi sociali e di individuare chi non li rispetta, ovvero gli “imbroglioni” (individui che negli scambi sociali ottengono benefici senza restituirli). L’evoluzione ci ha dotato di questa abilità in quanto noi esseri umani siamo inseriti in una società, abbiamo dei rapporti con i nostri simili, con cui abbiamo scambi sociali, che se non vengono rispettati ci portano dei danni, una sorta di svantaggio evolutivo (se io non fossi in grado di riconoscere gli imbroglioni nella mia vita probabilmente perderei un sacco di soldi ed avrei molti svantaggi). Il problema delle carte è però un problema astratto al contrario del problema della posta, più concreto, che prevede uno scambio sociale, o meglio uno scambio di benefici (io devo affrancare la busta e quindi devo pagare, pago e mi permettono di affrancare la busta). Gli imbroglioni sono proprio coloro che chiudono la busta senza pagare il giusto prezzo. Grazie a questo modulo, 26 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) secondo la teoria evoluzionistica del pensiero, è possibile risolvere più facilmente il problema della busta rispetto a quello delle carte, tuttavia, questa teoria non spiega altri fenomeni. Altri teorici che hanno cercato di spiegare questi effetti del contenuto e del contesto delle premesse sono alcuni teorici che hanno evidenziato l’esistenza dei cosiddetti condizionali deontici. I condizionali deontici sono relativi a prescrizioni comportamentali, quindi qualcosa che si deve fare, delle regole, qualcosa che è richiesto o vietato fare. Esempio: “se il semaforo è rosso (P), ti devi fermare (Q)”. Cosa è vietato in questo caso? Cosa rende non valida questa regola? Rende non valida questa regola il fatto di avere il semaforo rosso (P) e di non fermarsi (Non Q), P e Non Q, sono esattamente le carte/buste da girare per vedere se la regola è stata rispettata. Quindi nell’esempio delle buste abbiamo sì un contratto sociale ma anche un condizionale deontico, è vietato affrancare la busta e pagare meno di 50 centesimi, è vietato P e Non Q. Questi teorici sostengono quindi che la risoluzione del secondo esempio è più semplice non tanto perché si tratta di un contratto sociale quanto perché si attiva un’interpretazione della regola come un condizionale deontico, come una regola vera e propria, un qualcosa che è vietato e non vietato fare: secondo questi teorici l’uomo interpreta quindi le premesse e questa interpretazione ha un effetto sul ragionamento. L’ipotesi prevalente allo stato attuale è che le versioni tematiche del compito attivino una qualche forma di ragionamento che si applica ai regolamenti, il cosiddetto ragionamento deontico, cioè relativo a prescrizioni comportamentali. Un esempio di questi teorici che ha cercato di spiegare gli effetti del contesto e del contenuto delle premesse è il problema del principe del Bargustan: “State facendo un’inchiesta sul principe del Bargustan che ha imposto al suo paese una forma estrema di liberismo. Nel Bargustan, infatti, mancano tutte le garanzie dello stato sociale, come assistenza sanitaria, pensione, diritto al lavoro, cassa integrazione, salario minimo, ecc. Tuttavia, sostiene il principe, nel Bargustan non ci sono problemi economici o sociali. Grazie all’azione dei soli meccanismi economici tutti si trovano, secondo lui, nella migliore posizione possibile. «Ad esempio» dice il principe «se una persona è in età da lavoro, allora ha un impiego». La frase del principe è vera? Quali schede devo scegliere?” Sono rappresentate le schede di quattro cittadini del Bargustan, noi sappiamo che nel primo caso il cittadino è in età da lavoro, nel secondo che non è più in età da lavoro, nel terzo caso è disoccupato, nel quarto che ha un lavoro ma non conosciamo l’età del soggetto. Si tratta di una variante del problema di selezione, quale di queste schede dobbiamo girare, quali altre informazioni dobbiamo avere su questi cittadini per sapere se la frase del principe è vera? La soluzione è sempre la stessa, P e Non Q, devo chiedere a questa persona in età da lavoro se ha un impiego e chiedere al cittadino disoccupato se è in età da lavoro. Anche in questo caso, il quesito viene risolto molto più facilmente rispetto al problema delle carte, in questo caso però non è né un condizionale deontico e nemmeno un contratto sociale. Tuttavia, viene risolto più facilmente 27 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) grazie ai fattori contestuali che mi permettono di comprendere meglio questa variante del problema rispetto ad una variante astratta. Riassumendo: la teoria delle regole astratte sostiene che l’essere umano è un logico per natura, che il ragionamento coincide con la logica, che gli esseri umani hanno già tutte le regole della logica nella loro testa e le regole della logica non tengono conto del contenuto delle premesse e del contesto. Vediamo però che la teoria delle regole astratte fa fatica a spiegare da una parte gli errori che fanno le persone, o comunque la difficoltà di ragionamento, e lo abbiamo osservato il problema di “Alice prende l’ombrello”. Dall’altra parte non riescono a spiegare come i bambini e le persone non letterate riescano a ragionare e terza e ultima cosa non riescono a spiegare gli effetti del contesto e del contenuto delle premesse che, come abbiamo potuto osservare dal problema di selezione, ci sono. Abbiamo visto, la teoria evoluzionistica, i condizionali deontici e il principe del Bargustan, che sottolineano come il ragionamento ed il contesto, le conoscenze pregresse dell’individuo, il contenuto delle premesse, i fattori contestuali abbiano in realtà un effetto sul ragionamento che la teoria delle regole astratte non riesce a spiegare. TEORIA DEI MODELLI MENTALI La teoria dei Modelli Mentali (ragionamento deduttivo) è stata sviluppata da Philip Johnson-Laird (1936), uno psicologo del ragionamento che si è occupati di linguaggio e di musica. Nel suo lavoro egli sostiene che l’ordine delle parole e il contenuto delle premesse abbiano un ampio effetto (large effect) sulla forma delle conclusioni, un risultato in conflitto con la teoria precedente. Quindi si forma questa teoria dei Modelli Mentali, che ha moltissime varianti. Questa teoria afferma che l’uomo sia razionale ma con dei limiti (prima differenza con la teoria delle regole astratte dove l’uomo era razionale in assoluto, era per natura un logico) e questi limiti sono insiti nelle nostre capacità cognitive (es: memoria di lavoro → se ci viene detto un numero con più di nove cifre noi non riusciamo a tenerlo a mente, questo rappresenta un limite alla nostra razionalità, un limite delle nostre attività cognitive). Il ragionamento non avviene più applicando le regole della logica formale, non coincide più con la logica, ma si fa attraverso la costruzione e la manipolazione di modelli mentali. I modelli mentali sono le rappresentazioni dello stato di cose descritto dalle premesse, sono basati sul significato delle premesse e sulla conoscenza generale dell’individuo. Nella teoria precedente il contenuto, il significato delle premesse, l’interpretazione, la conoscenza, il contesto, non avevano valore, in questo caso, invece, assumono un valore fondamentale in quanto i modelli mentali si costruiscono basandosi sul significato e sull’interpretazione delle premesse. Questo significato, questa interpretazione avviene anche grazie alle conoscenze (ad esempio il problema delle buste sarebbe stato risolto facilmente risolto da una persona con anni di esperienza alle poste). I modelli mentali possono essere impliciti ed espliciti, l’uomo ha una razionalità limitata, quindi, di solito non rappresenta tutti i modelli mentali possibili esistenti riferiti alle premesse, ma solo quelli più comodi e salienti, che vengono in mente più facilmente (modelli espliciti; si tratta di euristica della disponibilità), riservandosi la possibilità di aggiungerne altri qualora sia necessario (modelli impliciti). Per economia cognitiva e limiti della memoria di lavoro, in genere si rappresentano esplicitamente solo i casi veri, che sono i più facili e disponibili, mentre i casi falsi rimangono 28 Document shared on https://www.docsity.com/it/psicologia-delle-decisioni-22/9203503/ Downloaded by: f.dons ([email protected]) impliciti. Per tale motivo gli individui risolvono più facilmente il modus ponens rispetto al modus tollens. In fine, questi modelli mentali generano conclusioni valide. I modelli mentali sono quindi rappresentazioni mentali dei significati, ossia di scenari in cui collocare gli elementi costitutivi dello stato di cose in esame. Il ragionamento si effettua a partire dalla comprensione concreta dello stato di cose descritto nelle premesse; in altre parole, i processi di ragionamento non lavorano sulla forma logica dei contenuti delle premesse, ma sui loro significati. Es sillogismo: Partendo dalla premessa “La lampada è a destra del taccuino. Il libro è a sinistra del taccuino. L’orologio è di fronte al libro. Il vaso è di fronte alla lampada” ci si crea un modello mentale in cui si rappresenta lo stato di cose descritto dalle premesse (prima si interpretano e poi si rappresentano). Da qui si trae la conclusione “l’orologio è a sinistra del vaso”. Come funziona il processo? Prima si interpretano le premesse, il loro significato sulla base delle conoscenze dell’individuo, si crea un modello mentale e si trae una conclusione, poi si verifica se esiste un’altra conclusione coerente alle premesse ed al modello mentale. Es ragionamento condizionale modus ponens: Partendo dalla premessa “Se nella mano c’è un asso, allora c’è un 2”. Ci si crea il modello mentale rappresentato dallo stato di cose delle premesse (asso-2). Il non asso - 2 e il non asso - non 2 sono dei casi falsi che rendono non valido il ragionamento, sono i casi che di solito tendiamo a non rappresentarci (impliciti). Data la premessa, se “Nella mano c’è un asso” si arriva alla conclusione che allora “c’è un 2”. Si tratta di un ragionamento abbastanza facile, in quanto la conclusione fa riferimento ad un modello mentale che abbiamo esplicitato, ad un caso che abbiamo esplicito. Es ragionamento condizionale modus tollens: Il modus tollens, se “nella mano c’è un 2”, è più difficile da risolvere perché non

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