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Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet 1. Streaming Lo streaming è fattispecie che, benché codificata all'interno della definizione stessa di «servizio di media audiovisivo» di cui...

Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet 1. Streaming Lo streaming è fattispecie che, benché codificata all'interno della definizione stessa di «servizio di media audiovisivo» di cui all'art. 2 del d.lgs. 177/2005 « Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici», non trova una vera e propria definizione compiuta, nell'ordinamento italiano. In effetti, all'interno del Testo Unico in questione, lo stresso streaming è definito come « trasmissione continua in diretta quale il live streaming» oppure « la trasmissione televisiva su Internet quale il webcasting », tal che la definizione del fenomeno possa ricavarsi quasi esclusivamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza in materia. Nemmeno dirimenti si rivelano, in materia, le Direttive Europea in materia di servizi di media audiovisivi e tutela della proprietà intellettuale, atteso che in entrambi i casi la definizione di streaming sembra anche in questo caso sfuggire alla codifica del legislatore, od essere data per assodata, dal lato tecnico. La stessa Direttiva UE 2019/790, ultimo atto normativo in termini temporali in materia di Diritto d'Autore a livello comunitario e di recente recepita con D.lgs. 8 novembre 2021, n. 177, in effetti cita lo streaming una sola volta, al Considerando n. 62, anche in questo caso senza definirlo. Tale citazione è però importante, laddove il legislatore europeo afferma che « la definizione di "prestatore di servizi di condivisione di contenuti online” ai sensi della presente Direttiva dovrebbe comprendere unicamente i servizi online che svolgono un ruolo importante sul mercato dei contenuti online, in concorrenza con altri servizi di contenuti online, come i servizi di streaming audio e video online, per gli stessi destinatari. La presente Direttiva riguarda i servizi che hanno come scopo principale o come uno degli scopi principali quello di memorizzare e consentire agli utenti di caricare e condividere un gran numero di contenuti, al fine di trarne profitto, direttamente o indirettamente, organizzandoli e promuovendoli per attirare un pubblico più vasto, anche classificandoli e ricorrendo a promozioni mirate al loro interno. » Lo streaming, dunque, benché non completamente ed espressamente definito, ottiene un formale riconoscimento come parte di alcuni de fenomeni disciplinati dalla Direttiva citata, ed entra dunque a pieno diritto nell'ambito di applicazione della stessa, in quanto esplicazione dell'attività di un « prestatore di servizi della società dell' informazione il cui scopo principale o uno dei principali scopi è quello di memorizzare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere protette dal diritto d'autore o altri materiali protetti caricati dai suoi utenti, che il servizio organizza e promuove a scopo di lucro», come si ricava dal combinato disposto del citato Considerando n. 62 e dell'art. 2, comma 1, n. 6). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet Tornado ancora all'aspetto definitorio, e partendo proprio dalle parole del legislatore europeo sopra citate, non può in ogni caso dubitarsi della riconduzione della fattispecie nel novero dei servizi di media audiovisivi, legando le previsioni del citato Considerando n. 62 alle statuizioni della Corte di Giustizia UE, la quale ha affermato come « Un'impresa che si limiti a proporre la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet non fornisce una rete di comunicazione elettronica, ma offre, invece, un accesso al contenuto di servizi audiovisivi forniti sulle reti di comunicazione elettronica » (così Corte di Giustizia UE, 11.12.19, causa C-87/19). Eppure anche tale statuizione non basta, per descrivere i diritti che da essa derivano e le violazioni conosciute e contrastate al riguardo: occorre dare una definizione compiuta, perlomeno dal lato tecnico. Caratteristica fondamentale dello streaming è, di fatto, la sua progressiva fruibilità in tempo quasi- reale; ciò significa che il flusso dei dati audio e video subisce una memorizzazione solo temporanea, all'interno del dispositivo di destinazione, a soli fini della sua immediata riproduzione. Grazie alle ricostruzioni della dottrina, ciò è stato da tempo debitamente metabolizzato ed acquisito, laddove è stato affermato che « la tecnica dello streaming consiste in un flusso di dati audio- video che vengono trasmessi da una sorgente ad una o più destinazioni tramite una rete telematica. Questi dati vengono riprodotti a mano a mano che arrivano a destinazione, senza necessità di essere « scaricati » sul PC. Nello specifico, nella trasmissione di dati digitali tra il server e il PC, i contenuti audio-video viaggiano sulla Rete in maniera « compressa » e vengono dal PC « decompressi » progressivamente e riprodotti, pochi secondi dopo l'inizio della ricezione, senza conservare copia dei dati fruiti sul PC. La cosa è resa possibile dalla creazione da parte del PC di un cosiddetto buffer, una sorta di polmone di dati, che crea un ritardo rispetto alla trasmissione di alcuni secondi, consentendo la decodifica dei contenuti trasmessi, anche per rimediare a latenze e micro-interruzioni della rete ». Per parlare di streaming, inoltre, non può non aversi riguardo alle definizioni dei fenomeni di cd. mere conduit (« semplice trasporto »), caching (« memorizzazione temporanea ») ed hosting di contenuti online, contenute agli articoli da 12 a 14 della Direttiva 2000/31/CE (c.d. Direttiva « e-commerce »), e già oggetto di più articolata descrizione, con riferimento a profili di specifica responsabilità degli ISP, nei capitoli che seguono. Lo streaming, per sua stessa natura, coinvolge in buona sostanza tutti e tre i fenomeni censiti dalla Direttiva, laddove mette in relazione tre soggetti: il provider dell'bosting del contenuto, che ne memorizza la versione completa a livello server, lISP che lo veicola al destinatario, e che per tal propria natura funge da mero tramite della trasmissione stessa, ed il fruitore del contenuto, che per goderne compie sul proprio dispositivo (sia pur inconsciamente) attività di caching del flusso dati durante l'operazione automatizzata di buffering, come sopra descritto. A tali soggetti, com'è ovvio, deve inoltre aggiungersi anche colui (entità o persona) che per primo immette e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet memorizza, all'interno dei servizi di hosting, il contenuto oggetto di trasmissione, ma per i profili di rispettiva responsabilità si dirà, non rilevando, invece, direttamente le norme sinora citate, che pure su tale soggetto esplicano effetti indiretti gravi. Come noto, la Direttiva e-commerce prevede assenza di responsabilità per l'ISP a condizione che questi: a) non dia origine alla trasmissione; b) non selezioni il suo destinatario; c) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse. Allo stesso tempo, chi effettui attività di memorizzazione temporanea dei contenuti non può andare incontro a responsabilità qualora: a) non modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni di accesso dele stesse; c) si conformi alle norme di aggiornamento dele informazioni; d) non interferisca con l'uso lecito della tecnologia riconosciuta per ottenere dati sull'impiego delle informazioni; e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato o per disabilitarne l'accesso, non appena abba notizia della disposizione, da parte di una Autorità competente, dell'obbligo di rimuovere l'accesso o disabilitarlo. Da ultimo, anche il provider del servizio di hosting dei contenuti può evitare azioni di responsabilità qualora dimostri: a) di non essere stato effettivamente al corrente della illiceità dell'attività o dell'informazione veicolata sui suoi sistemi; b) non appena messo al corrente di fenomeni illeciti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso. Riepilogate così sinteticamente le definizioni della Direttiva pertinenti al fenomeno, occorre evidenziare alcuni limiti perimetrali alla loro applicazione: non scenderemo nel dettaglio del ruolo dell'ISP quale mere conduit, limitandoci pertanto a richiamare, al riguardo, quanto altrove già descritto; per quel che riguarda, però, il fenomeno in esame va precisato che, benché si abbia sostanzialmente a che fare con tutte e tre le fattispecie, durante la prestazione dello streaming, in effetti la norma sulla memorizzazione temporanea non sembra interamente applicabile al singolo soggetto fruitore del contenuto, giacché peraltro nella maggior parte dei casi egli non sia propriamente il soggetto che compie attività di caching dei Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet contenuti che sta fruendo in streaming. La norma sul caching, infatti, è concepita per i prestatori di servizi della società dell'informazione, e dunque mal si attaglia al singolo fruitore di tali servizi; ciò detto, essa va in ogni caso tenuta in debito conto laddove, se è pur vero che il fruitore non sarebbe in grado (salvi rari casi) di modificare le informazioni e non sia sempre in grado di agire per la rimozione dele informazioni memorizzate o disabilitarne l'accesso (giacché tali informazioni sono in sostanza temporaneamente memorizzate in parti dei propri dispositivi cui egli spesso non ha nemmeno accesso), egli certamente dovrebbe essere in grado di comprendere che le condizioni di accesso alle stesse non siano legali, e di conseguenza astenersene. Di maggior peso per la fattispecie in esame appare, invece, la norma sull'hosting, giacché è proprio tramite essa che si può ricavare la possibilità di sanzionare alla fonte il servizio che consenta lo streaming non autorizzato di contenuti protetti dal diritto d'autore, inibendone la continuazione pro futuro. Non è un caso che proprio tale norma sia, per vero, alla base dei principali sistemi di c.d. notice and takedown di derivazione statunitense (la disciplina sul Digital Millenium Copyright Act USA, provvedimento che ha modificato il Titolo XVII del Copyright Act del 1976 e ha previsto l'introduzione di un sistema tramite il quale ciascun provider di servizio online può evitare sanzioni e procedimenti risarcitori qualora adotti un sistema di segnalazione di contenuti illeciti sui propri server e, a seguito di circostanziata informativa sull'esistenza de contenuti medesimi, prontamente agisca per la loro rimozione), ampiamente diffusi anche per servizi di matrice Europea, data la loro facilità di utilizzo. Come si avrà, tuttavia modo di dire, a livello sanzionatorio, le corti di merito hanno da tempo adottato criteri di individuazione della responsabilità che trascendono la distinzione tra provider di caching e di hosting, badando al dato sostanziale del concreto effetto causale che ha determinato la violazione dei diritti azionati. A fronte di una definizione ricavata da principi giurisprudenziali e ricostruzioni della dottrina, nonché di norme applicabili solo in parte, in ogni caso, è evidente la complessità anche nella tutela delle infrazioni al Diritto d'Autore commesse mediate l'utilizzo di tale tecnologia. Violazioni di questo genere, tuttavia, sono ad oggi tra le più diffuse in ambito digitale, considerata la loro concreta facilità pratica, all’atto commissivo. Laddove, infatti, metodologie più "tradizionali" come il download dei contenuti diretto e/o tramite sistemi di peer to peer continuano a persistere ed a rappresentare una grossa quota del mercato illegale della circolazione online dei contributi, l'avvento di dispositivi interattivi che consentono la navigazione in internet non più limitata all'utilizzo di un personal computer ha stimolato la proliferazione di contenuti diffusi in streaming, sia tramite piattaforme legali on demand, che tramite piattaforme non ufficiali dedite Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet alla diffusione non autorizzata di contenuti, o, caso ancora più frequente, tramite servizi pienamente legali di streaming online adoperati per finalità contrarie sia alla legge che ai loro stessi termini e condizioni. L'accertamento e la sanzione di tali fenomeni illeciti non possono non passare, oltre che per le norme di cui alla Direttiva e-commerce sopra riassunte, anche per l'esame dele applicabili norme della Direttiva 2001/29/CE (cd. Direttiva Infosoc). Come noto, tale Direttiva è il fulcro dello ius excludendi alios proprio del Diritto d'Autore, laddove, agli articoli 2, 3 e 4, essa codifica l'esistenza del diritto di riproduzione, di comunicazione di opere al pubblico e di distribuzione delle opere autoriali, stabilendone precisi limiti e soggetti autorizzati a concederli. Ai diritti in questione, tuttavia, la Direttiva fa anche seguire le eccezioni e limitazioni di cui all'art. 5, che codifica tra le esenzioni dai diritti di riproduzione proprio gli « atti di riproduzione temporanea di cui all'articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrate e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all'unico scopo di consentire: a) la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario, o b) un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali». È proprio qui che si inserisce il fulcro dell'analisi sullo streaming illecito di opere protette. Un primo orientamento storico, affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 5 giugno 2014, Public Relations Consultants Association Ltd v Newspaper Licensing Agency Ltd and Others, causa C- 360/13, per vero affermava che « L'articolo 5 della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell' informazione, dev'essere interpretato nel senso che le copie sullo schermo del computer dell'utente e le copie nella « cache » del disco fisso di tale computer, realizzate da un utente finale durante la consultazione di un sito Internet, soddisfano i requisiti in base ai quali tali copie devono essere temporanee, transitorie o accessorie e costituire una parte integrante ed essenziale di u procedimento tecnologico, nonché i requisiti stabiliti all'articolo 5, paragrafo S, di tale Direttiva, e possono pertanto essere realizzate senza l'autorizzazione dei titolari di diritti d'autore», in ciò sostanzialmente affermando che il fenomeno dello streaming non sia ex se vietato (affermazione che abbiamo infatti visto confermata dal Considerando 62 della Direttiva 2019/790). Tale primo orientamento è stato però successivamente corroborato da più puntuale giurisprudenza, laddove il Giudice Europeo ha infatti successivamente stabilito (causa C-527/15, Stichting Brein contro Jack Frederik Wullems, sentenza 26.4.17) che « Le disposizioni dell’articolo 5, paragrafi 1 e 5, della Direttiva 2001/29 devono essere interpretate nel senso che atti di riproduzione temporanea, su un lettore multimediale di un'opera tutelata dal diritto d'autore ottenuta via streaming su un sito web appartenente a un terzo che offre tale opera senza l'autorizzazione del titolare del diritto d'autore non soddisfano i requisiti indicati nelle menzionate disposizioni» affrontando pertanto di petto due dei temi più Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet rilevanti per l'attuazione pratica dei diritti dei titolari dei contenuti lesi dalle riproduzioni pirata: da un lato la non applicabilità della scriminante della memorizzazione temporanea di cui all'art. 5 della Direttiva alla fattispecie della messa a disposizione di contenuti non autorizzati; dall'altro, quello del luogo dove si realizzi l'evento lesivo dei diritti dei titolari. Con riferimento al primo tema, la CGUE chiarisce che, affinché possa trovare applicazione la norma di cui all'art. 5 della Direttiva, l'atto di memorizzazione temporanea deve rispondere a cinque requisiti fondamentali, che son proprio quelli descritti al paragrafo 2 dell'articolo, come sopra riportato. L'atto di memorizzazione deve, segnatamente, essere: I) temporaneo; II) transitorio o accessorio; III) parte integrate ed essenziale di un procedimento tecnologico; IV) eseguito all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali; e soprattutto V) privo di rilievo economico. Ora, se, come spesso accade nella riproduzione in streaming non autorizzata, sussistono solo i primi tre elementi, mentre è smaccatamente palese che l'utilizzo dell'opera trasmessa non sia autorizzato dal titolare di diritti e, come altrettanto accade, tale diffusione sia legata al pagamento di un qualche corrispettivo economico, se non al più sottile guadagno economico conseguito tramite la pubblicazione di annunci commerciali sulla pagina che pubblica i contenuti in streaming, ci si troverà, secondo la chiara pronuncia della Corte, dinanzi ad un contenuto non autorizzato e, pertanto, ad un atto di illecita comunicazione al pubblico di contenuti protetti dal diritto d'autore/copyright, come tale sanzionabile presso le competenti corti. Venendo proprio al secondo aspetto della citata pronuncia, secondo la CGUE, la violazione del diritto d'autore sembrerebbe sussistere non solo nel momento e nel luogo in cui l'opera viene messa a disposizione, da parte del titolare di un sito web che lo pubblica, ma anche nel momento e nel luogo dove tale opera venga fruita, da parte del titolare del dispositivo che ne fruisce, sia pur con modalità di riproduzione temporanea quali quelle consentite dallo streaming. Tale principio individua, dunque, il cd. locus commisi delicti anche nel luogo ove è avvenuta la lesione del diritto del rispettivo titolare, attraendo pertanto la competenza presso le rispettive corti nazionali del luogo ove ha avuto luogo la fruizione non autorizzata del contenuto. Tale indirizzo, per vero fondamentale per l'esercizio dello ius excludendi alios proprio del diritto d'autore e del copyright, è stato confermato da più corti nazionali, che hanno affermato che « Sul punto, anche la giurisprudenza di legittimità ha rilevato come il "logo in cui l’evento dannoso è avvenuto" debba essere interpretato quale luogo in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza aver riguardo al luogo ove si siano verificate, o potrebbero verificarsi, le conseguenze future di tale lesione » (Cass., sez. un., ord. 28811/2011). Tali principi sono in sintonia con quanto stabilito in sede comunitaria dalla Corte di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet Giustizia dell'Unione Europea, la quale, ha da ultimo affermato che « per determinare il logo in cui il danno si concretizza allo scopo di stabilire la competenza giurisdizionale sul fondamento dell'articolo S, punto 3, del Regolamento n. 44/2001, è privo di rilevanza il fatto che il sito Internet di cui trattasi el procedimento principale non sia destinato allo Stato membro del giudice adito"; deve altresì ritenersi che " la concretizzazione del danno e/o il rischio di tale concretizzazione derivino dall’accessibilità, nello Stato membro del giudice adito, per mezzo del sito Internet... cui si ricollegano i diritti fatti valere", sicché "la tutela dei diritti d'autore e dei diritti connessi al diritto d'autore accordata dallo Stato membro del giudice adito vale soltanto per il territorio del citato Stato membro, il giudice adito in base al criterio della concretizzazione del danno asserito è esclusivamente competente a conoscere del solo danno cagionato nel territorio di tale Stato membro » (sentenza 22.1.15 nella causa C-441/13). Ne discende allora che, non può darsi rilievo, né al luogo ove hanno sede le due società qui convenute, né a quello dei server dove gli utenti hanno caricato i file contestati, ma si debba far riferimento al luogo dove la sig.ra P. è residente e dove R.T. esercita la propria attività di impresa perché è qui che si è consumato l'evento lesivo. » (così T.C. Roma, sez. imprese, sent. 15.2.19, n. 3512). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet 2. Cyberlocking Il fenomeno dei servizi di cyberlocking è anch'esso privo di una qualsivoglia definizione normativa, sia a livello nazionale che internazionale. Ciò costituisce, nella realtà pratica, un falso problema, attese le evidenti similitudini tra l'uso fatto di tale termine ed un ordinario servizio di hosting online. Anche in questo caso, comunque, è opportuno segnalare come il Considerando n. 62 della Direttiva Copyright 2019/790 espressamente faccia menzione di tale fenomeno informatico, tratteggiandone le caratteristiche essenziali pur senza definirlo, al fine tuttavia di escluderlo espressamente dal campo di applicazione della Direttiva; secondo il citato Considerando, che ritroveremo fondamentale anche nei paragrafi che seguono, infatti, le previsioni della Direttiva Copyright non trovano applicazione nei confronti di « prestatori di servizi cloud da impresa a impresa e di servizi cloud, che consentono agli utenti di caricare contenuti per uso personale, come i cyberlocker»; ciò in quanto, secondo la visione del legislatore europeo tali servizi avrebbero in teoria « uno scopo principale diverso da quello di consentire agli utenti di caricare e condividere una grande quantità di contenuti protetti dal diritto d'autore allo scopo di trarre profitto da questa attività » (su questa limitazione applicativa, critiche le voci di Coco e Romano, in AIDA, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, giacché in effetti, come si dirà, un conto è come il fenomeno informatico sia stato concepito, un conto sono gli usi che ne vengono fatti dagli utenti). Con l’espressione “cyberlocker" si intende, dunque, un servizio offerto di norma da un provider di servizi di hosting, e consistente effettivamente nella messa a disposizione - in via temporanea e fino a disdetta del servizio e/o rimozione - di spazio in cloud per il c.d. upload di files e la successiva condivisione del link per l'accesso a tali file con terzi soggetti. In ciò si appalesa, quindi, lo stretto legame che intercorre tra la fattispecie dell'upload di file su servizi di cyberlocking e la condivisione di tali file tramite pratiche di cd. “linking'. I cyberlockers ed il correlato fenomeno del linking hanno visto una progressiva quanto dirompente espansione, nell'ultimo decennio, in relazione al lento declino dei sistemi di condivisione peer to peer, in favore di sistemi che sono visti come più rispettosi del diritto alla riservatezza dei loro fruitori, oltre che più rapidi da contrastare ed inibire, in caso di contestazioni inerenti alla violazione di diritti autoriali. Com'è ovvio, l'utilizzo dei cyberlockers per finalità lecite rappresenta, tuttavia, solo parte del fenomeno. La pratica del linking per finalità di illecita condivisione di contenuti protetti dal diritto d’autore (e soprattutto dal copyright) si è infatti diffusa a macchia d'olio con il proliferare delle connessioni a banda larga, ed ha dato peraltro origine a modelli di business basati proprio sulla crittografia dei contenuti archiviati su piattaforme Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet cyberlockers, al fine di garantire nominalmente la riservatezza dei dati degli utenti. Tale tema è emerso con forza a seguito degli eventi internazionali che hanno interessato gli asset economici delle prime e più note piattaforme di cyberlocking, Megaupload e Rapidshare, provocando la chiusura dei relativi servizi; laddove, infatti, ben difficile sarebbe stato sanzionare le migliaia di utenti che, tramite tali sistemi, hanno scaricato in maniera non autorizzata dai titolari, contenuti protetti da diritto d'autore e copyright, anche nel caso del cyberlocking e del relativo linking, l'attenzione e le azioni sanzionatorie sono state rivolte nei confronti di chi ha illecitamente posto in essere la « messa a disposizione del pubblico di contenuti non autorizzati, tramite un sistema di reti telematiche », integrando, per. tanto, il reato di cui all'art. 171, comma 1, lett. a- bis) della 1. 633/1941 (legge sul diritto d'autore, infra "I.d.a."). Devono, inoltre, sul punto essere considerate le più recenti teorie in tema di responsabilità penale degli intermediari online. Laddove, infatti, almeno sino al 2009, le Corti si erano espresse in termini più moderati nei confronti del ruolo dell'hoster come intermediario della fruizione di contenuti non autorizzati, fattispecie coerente con le previsioni di cui alla Direttiva 2000/31/CE e del suo.lgs. di attuazione 9 aprile 2003, n. 70, in tema di commercio elettronico, con le prime sentenze nell'ormai iconico caso "The Pirate Bay", che come noto hanno sanzionato gli amministratori della suddetta piattaforma peer-to-peer per il reato di cui all'art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) lda., per trasmissione di opera in rete per fini lucrativi, è nata la figura dottrinaria dell'intermediario proattivo, colui che ponga cioè in essere attività di organizzazione e catalogazione sia pur automatizzata dei contenuti illegali (anche archiviati altrove), in quanto il suo operato faciliti gli utenti di tali contenuti nella ricerca e nel reperimento degli stessi. Come riporta acuta dottrina, però, nelle citate sentenze, l'intermediario «fu sanzionato per aver posto in essere un quid pluris, che esula dal contegno di mero vettore di contenuti, offrendo un servizio di indicizzazione delle informazioni essenziali, onde orientare gli utenti nel download dei contenuti. Venne così icasticamente plasmata la figura dell' hoster attivo", la quale conserva comunque un certo iato concettuale con il ruolo di content provider. I giudici di legittimità osservarono, invero, come la peculiarità del sistema peer-to-peer porta ad escludere che la comunicazione al pubblico sia stata realizzata dalla piattaforma. Per cui: il reato di cui all'art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis), I.d.a, è ascrivibile ai soggetti che effettuano l'upload, l’intermediario risponde in concorso, per aver perpetrato una condotta dai contorni agevolatori. Resta il rovello del dubbio. Si fatica, in particolare, a comprendere in che modo l'intermediario e il singolo utente che "carica" l'opera sulla piattaforma possano concorrere in una fattispecie a dolo specifico che ancora la punibilità a tale titolo mediate il riferimento all'ipotesi che il fatto venga commesso « a fini di lucro» se, di fatto, l'utente che realizza l'upload non ne trae, e soprattutto non ne può trarre, alcun profitto. In altri termini, se si vuole ravvisare negli introiti pubblicitari realizzati dall’intermediario - che risponde per una mera agevolazione - un discrimine tale da far propendere per il delitto previsto dall'art. 171-ter, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet comma 2, lett. a-bis), I.d.a. in concorso, il provider dovrebbe potervi rispondere anche in via autonoma. Difatti, il singolo utente, ossia colui che commette il reato di diffusione dell’opera - cui accede la condotta dell’intermediario - non necessariamente è mosso da un intento di profitto, realizzando, semmai, la fattispecie a dolo generico contenuta all'art. 171, comma 1, lett. a-bis), l.d.a.». Il riconoscimento dell'intervento dell'hoster attivo come rilevante ai fini dell'attribuzione di responsabilità è concetto che, in effetti, può apparire una forzatura, rispetto al tenore delle norme vigenti citate, prima ancora di arrivare a considerazioni di carattere più squisitamente penale. Esso ha, tuttavia, visto varie conferme nelle pronunce della CGUE ed in quelle nazionali, tra tutte C. Cass., sentenza 19 marzo 2019, n. 7708, laddove è stato in particolare affermato che debbano considerarsi come "condotte sintomatiche" di una attività di hosting attivo, in particolare, « attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti, operate mediate una gestione imprenditoriale del servizio, come pure l'adozione di una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti per aumentarne la fidelizzazione: condotte che abbiano, in sostanza, l'effetto di completare ed arricchire in modo non passivo la fruizione dei contenuti da parte di utenti indeterminati». Il tema, peraltro, è stato progressivamente affiancato da sentenze rese dalle Corti nazionali ed internazionali, sul tema della qualifica da attribuire all'attività stessa di condividere il link del file oggetto di hosting da parte del relativo provider. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet 3. Linking Nelle parole della Corte di Giustizia UE, che per prima è stata investita della questione, tracciando il solo interpretativo nel quale viaggiano oggi quasi tutte le corti di merito nazionali, la condivisione di link per l'accesso di contenuti tramite la rete internet, sia per lo streaming che per il salvataggio sul dispositivo de richiedenti costituisce, infatti, attività di "comunicazione al pubblico" di tali contenuti: « come risulta da costante giurisprudenza, per ricadere nella nozione di "comunicazione al pubblico", ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29, occorre che una comunicazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante le stesse opere della comunicazione iniziale ed effettuata in Internet come la comunicazione iniziale, quindi con le stesse modalità tecniche, sia rivolta ad un pubblico nuovo, cioè ad un pubblico che i titolari del diritto d'autore non abbiano considerato, al momento in cui abbiano autorizzato la comunicazione iniziale al pubblico. Nel caso di specie si deve rilevare che la messa a disposizione delle opere di cui trattasi tramite un collegamento cliccabile, come quello esaminato nel procedimento principale, non porta a comunicare le opere di cui trattasi ad un pubblico nuovo. Infatti, il pubblico cui la comunicazione iniziale era diretta era costituito dal complesso dei potenziali visitatori del sito considerato, poiché, essendo a conoscenza del fatto che l'accesso alle opere su tale sito non era assoggettato ad alcuna misura restrittiva, tutti gli internauti potevano aver liberamente accesso ad esse. Si deve pertanto dichiarare che, qualora il complesso degli utilizzatori di un altro sito, ai quali siano state comunicate le opere di cui trattasi tramite un collegamento cliccabile, potesse direttamente accedere a tali opere sul sito sul quale siano state inizialmente comunicate, senza intervento del gestore dell'altro sito, gli utilizzatori del sito gestito da quest'ultimo devono essere considerati come potenziali destinatari della comunicazione iniziale e, quindi, ricompresi nel pubblico previsto dai titolari del diritto d’autore al momento in cui hanno autorizzato la comunicazione iniziale. Di conseguenza, in mancanza di un pubblico nuovo, l'autorizzazione dei titolari del diritto d'autore non è necessaria per una comunicazione al pubblico come quella di cui al procedimento principale ». Altra notazione fondamentale, ormai storicizzata e da tener presente per l'inquadramento del fenomeno del linking nel suo complesso, si ricava da quanto affermato dalla CGUE nel caso Renckhoff (C- 161/17), ove è stato stabilito che « per essere qualificata come « comunicazione al pubblico », è inoltre necessario che la comunicazione dell’opera protetta sia effettuata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, sia rivolta ad un « pubblico nuovo », vale a dire a Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto d'autore nel momento in cui ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico» e che « ritenere che la messa in rete su un sito Internet di un'opera, precedentemente comunicata su un altro sito Internet con l'autorizzazione del titolare del diritto d'autore, non costituisca una messa a disposizione di un pubblico novo di tale opera equivarrebbe a stabilire una regola di esaurimento del diritto di comunicazione », in ciò sostanzialmente delineando una distinzione piuttosto interessante tra la pratica del linking e quella del « reposting » (vale a dire la pratica che si sostanzia ripubblicazione di un link già pubblicato altrove), ferma restando la potenziale abusività di entrambi i fenomeni, in difetto di accordi con il legittimo titolare dei diritti. Una sintesi di quanto sin qui descritto si rinviene, da ultimo, nella recentissima sentenza della CGUE (cause riunite C-682/18 e C-683/18) ove è stato affermato che persino la cosiddetta « inerzia informata » del titolare di un servizio di hosting può costituire comportamento indice di una comunicazione al pubblico. Nelle parole della Corte Europea, infatti, « l'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, deve essere interpretato nel senso che il gestore di una piattaforma di condivisione di video o di una piattaforma di hosting e di condivisione di file, sulla quale utenti possono mettere illecitamente a disposizione del pubblico contenuti protetti, non effettua una « comunicazione al pubblico » di detti contenuti, ai sensi di tale disposizione, salvo che esso contribuisca, al di là della semplice messa a disposizione della piattaforma, a dare al pubblico accesso a siffatti contenuti in violazione del diritto d'autore. Ciò si verifica, in particolare, qualora tale gestore sia concretamente al corrente della messa a disposizione illecita di un contenuto protetto sulla sua piattaforma e si astenga dal rimuoverlo o dal bloccare immediatamente l'accesso ad esso, o nel caso in cui detto gestore, anche se sa o dovrebbe sapere che, in generale, contenuti protetti sono illecitamente messi a disposizione del pubblico tramite la sua piattaforma da utenti di quest'ultima, si astenga dal mettere in atto le opportune misure tecniche che ci si può attendere da un operatore normalmente diligente nella sua situazione per contrastare in modo credibile ed efficace violazioni del diritto d'autore su tale piattaforma, o ancora nel caso in cui esso partecipi alla selezione di contenuti protetti comunicati illecitamente al pubblico, fornisca sulla propria piattaforma strumenti specificamente destinati alla condivisione illecita di siffatti contenuti o promuova scientemente condivisioni del genere, il che può essere attestato dalla circostanza che il gestore abba adottato un modello economico che incoraggia gli utenti della sua piattaforma a procedere illecitamente alla comunicazione al pubblico di contenuti protetti sulla medesima». Come si diceva, l'utilizzo di servizi di cd. cyberlocking si lega, dunque, a doppio filo con la pratica del linking e quella del reposting, atteso che, per quanto riguarda la maggior parte dei fenomeni di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet abuso, non vi è possibile abuso di servizi di hosting dei contenuti online, senza che vi sia stata effettiva condivisione o pubblicazione online del relativo link di accesso diretto per l'operazione di download. Ricostruito così il fenomeno, non può tuttavia anche per questa particolare tipologia di diffusione di contenuti online non citarsi quanto introdotto dalla nova Direttiva UE 2019/790 in tema di Diritti d'Autore e diritti connessi nel mercato unico digitale, per quanto concerne gli obblighi per il gestore delle piattaforme di hosting, laddove tali soggetti sono attivamente incoraggiati a negoziare licenze con i titolari dei diritti, senza alcun obbligo di monitoraggio attivo ma, in assenza di una licenza alla trasmissione ed all'hosting dei contenuti stessi, essi possono vedere esclusa ogni responsabilità al riguardo solo ove dimostrino di aver compiuto i « massimi sforzi» possibili per ottenere una licenza, per prevenire upload e condivisione di contenuti protetti come individuati espressamente a cura dei titolari dei diritti e, soprattutto, di aver agito tempestivamente, a seguito di una segnalazione « sufficientemente motivata » di tali ultimi soggetti « per disabilitare l'accesso o rimuovere dai loro siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro ». Qui emerge, però, un problema di fondo, di cui si è accennato in apertura del presente paragrafo: quello del perimetro applicativo della Direttiva e delle sue mirate eccezioni. Da un lato, infatti, nella nova Direttiva Copyright risulta certamente preservato il regime di favore per gli ISP già previsto all'art. 15 della Direttiva 2000/31 in materia di commercio elettronico, pur rafforzando sensibilmente gli spazi entro i quali i titolari dei diritti possano con essi interfacciarsi ai fini della tutela attiva dei propri interessi. Non è, dunque, un caso che al Considerando 64 della Direttiva 2019/790 si legga che “è opportuno chiarire nella presente Direttiva che i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online effettuano un atto di comunicazione al pubblico o di messa a disposizione del pubblico quando danno l'accesso al pubblico a opere protette dal diritto d'autore o altri materiali protetti caricati dai loro utenti. Di conseguenza, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online dovrebbero ottenere l'autorizzazione, anche attraverso un accordo di licenza, dai relativi titolari di diritti. Ciò non pregiudica il concetto di comunicazione al pubblico o di messa a disposizione del pubblico in altri ambiti del diritto dell'Unione, né l'eventuale applicazione dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2001/29/CE ad altri prestatori di servizi che utilizzano contenuti protetti dal diritto d’autore", né che il successivo art. 17 della Direttiva stessa prescriva la conseguente responsabilità del prestatore di servizi di condivisione di contenuti online per atti non autorizzati di comunicazione al pubblico di opere e altri materiali protetti dal diritto d’autore, salvo il compimento dei « massimi sforzi » di cui si è detto poc’anzi. Dunque, sulla base della nuova Direttiva, vi sarebbero forti garanzie e nuovi diritti azionabili da parte dei titolari dei contenuti, per assicurare una equa remunerazione per la diffusione delle opere. Si è però detto che il Considerando n. 62 espressamente esclude i cyberlockers dal regime della Direttiva, considerandoli servizi non finalizzati alla condivisione di contenuti protetti dal diritto d'autore. In Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 15 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet attesa di eventuali correzioni del legislatore europeo in proposito, dovranno, dunque, essere accantonate le norme sin qui citate - pur utili a confermare gli orientamenti giurisprudenziali e di dottrina sin qui descritti circa la comunicazione al pubblico - e si dovrà concentrare l'attenzione sui meccanismi di rimozione dei contenuti su richiesta dei legittimi titolari, aspetto sul quale la Direttiva 2019/790/UE di fatto non sembra sostanzialmente innovare, rispetto al regime preesistente (applicabile ratio materiae anche ai cyberlockers, mancando l’espressa esclusione di cui al Considerando n. 62 della nuova Direttiva), laddove essa ritiene sufficiente la materiale titolarità del diritto leso, senza necessariamente che si sia prodotto un danno economico. La responsabilità dei provider di Internet nell'incerta giurisprudenza europea, precisa « che il sorgere dell'obbligo in capo al prestatore del servizio non richiede una "diffida" in senso tecnico - quale richiesta di adempimento dell'obbligo di rimozione dei documenti illeciti - essendo a ciò sufficiente la mera "comunicazione" o notizia della lesione del diritto». Qui, precisa ancora la Cassazione, « L'hosting provider è chiamato quindi a delibare, secondo criteri di comune esperienza, alla stregua della diligenza professionale tipicamente dovuta, la comunicazione pervenuta e la sua ragionevole fondatezza (ovvero, il buon diritto del soggetto che si assume leso, tenuto conto delle norme positive che lo tutelano, come interpretate ad opera della giurisprudenza interna e comunitaria), nonché, in ipotesi di esito positivo della verifica, ad attivarsi rapidamente per eliminare il contenuto segnalato. L'aggettivo vale, in sostanza, a circoscrivere la responsabilità del prestatore alla fattispecie della colpa grave o del dolo: se l'illiceità deve essere « manifesta », vuol dire che sarebbe possibile riscontrarla senza particolare difficoltà, alla stregua dell'esperienza e della conoscenza tipiche dell'operatore del settore e della diligenza professionale da lui esigibile, così che non averlo fatto integra almeno una grave negligenza dello stesso». Sul punto, si deve tuttavia dare conto anche dell'opinione di autorevole dottrina (Tost), che ha rilevato una incoerenza tra le statuizioni della Cassazione ed il tenore letterale di quanto previsto alla lettera b) dell'art. 16 del d.lgs. 70/2003, laddove esso, nell' attuare la Direttiva e-commerce, vi si è parzialmente discostato, prevedendo la responsabilità per il prestatore di servizi che non « agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso», non appena venga « a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti »; tale dottrina evidenzia come in effetti la Direttiva sia stata trasposta in tal maniera proprio allo scopo di evitare di oberare il provider di hosting delle delicate attività di delibazione in merito alla segnalazione ricevuta. La critica evidenziata muove le proprie argomentazioni non solo dalla forte e capillare diffusione la modalità di pronta tutela dei diritti dei legittimi titolari dei contenuti illecitamente condivisi, mediante procedure di cd. notice and takedown, di ispirazione statunitense, ma anche dalle pronunce delle Corti di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 16 di 19 Angelo Maietta - I singoli diritti e le violazioni del diritto d’autore su internet Merito, che hanno nel tempo cristallizzato la idoneità di comunicazioni di diffida che contengano l'individuazione inequivoca dei contenuti segnalati e l’indicazione espressa dei relativi URL, senza tuttavia procedere ad un qualche fondamento giuridico certo dei contenuti del diritto azionato, mutuando in ciò proprio il principio di cui al DMCA statunitense, il quale in effetti privilegia la comunicazione formale dell'infrazione ad una valutazione concreta circa l'effettività della stessa. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 17 di 19 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet 1. IPTV L'evoluzione tecnologica dei nuovi media ha da tempo valicato la frontiera della diffusione monocanale di contenuti audiovisivi. In effetti, già all'epoca dell'adozione della Direttiva 2010/13/UE in tema di fornitura di servizi di media audiovisivi (c.. Direttiva SMAV, recentemente modificata ed integrata dalla Direttiva 2018/1808), l’Unione Europea si confrontava con il fenomeno della diffusione sul web di programmi televisivi, ricomprendendo nella definizione di Servizio di Media Audiovisivo qualsiasi servizio trasmesso « attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell'articolo 2, lettera a) della Direttiva 2002/21/CE. Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende una trasmissione televisiva come definita alla lettera a) del presente paragrafo o un servizio di media audiovisivo a richiesta come definito alla 'lettera g) del presente paragrafo. La successiva lettera e) dell'articolo 2 forniva infatti la definizione di « radiodiffusione televisiva » o « trasmissione televisiva » (vale a dire un servizio di media audiovisivo lineare), etichettandola, in maniera probabilmente poco funzionale rispetto al successivo sviluppo avuto dal fenomeno, come « un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi». L'IPTV, dunque, si configura come servizio di media audiovisivo esercitato sulla rete internet dai fornitori a ciò abilitati. La definizione di cui alla Direttiva SMAV trova, infatti, analoga corrispettiva all’interno del d.lgs. 177/2005, c.d. Testo Unico SMAV, laddove, all'art. 1, lett. a), esso espressamente afferma di contenere « i principi generali per la prestazione di servizi di media audiovisivi e radiofonici, tenendo conto del processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni, quali le comunicazioni elettroniche, l'editoria, anche elettronica ed internet in tutte le sue applicazioni». Una specifica dottrina, più semplicemente prendendo le mosse da quanto a suo tempo osservato dall'Osservatorio Europe dell'Audiovisivo, definisce la IPTV come «la trasmissione di n segnale video attraverso una sezione specifica della rete telefonica. Il segnale è separato dal flusso di internet e i contenuti sono trasmessi alla Tv, tramite un decoder dedicato». Tale nozione, tuttavia, sebbene tecnicamente corretta appare riduttiva e datata, per le ragioni che a breve si esporranno, in quanto in sostanza omette di ricomprendere nel fenomeno una serie di aggiunte caratteristiche atte a renderlo qualcosa di più di una semplice « televisione su internet ». Data la natura mutuata dai servizi radiotelevisivi tradizionali, si tende a considerare l'IPTV come un fenomeno strettamente legato ad un palinsesto, in maniera different da altri fenomeni legati a logiche di fruizione su richiesta degli utenti, con selezione di contenuti da catalogo (c.d. « on demand »). Dal lato Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet tecnico, tuttavia, esso si sostanzia in una attività di streaming di contenuti, tal che possano ritenersi in buona parte mutuati, al riguardo, concetti ed orientamenti dottrinari e giurisprudenziali descritti nel relativo paragrafo, state l'effettiva complementarità dei due fenomeni; i contenuti trasmessi, in questo caso, però, sarebbero caratterizzati dalla loro organizzazione su di un palinsesto e dalla loro specifica messa a disposizione dei soli utenti paganti o abbonati. In taluni specifici casi, peraltro, l'IPTV rappresenta un metodo più rapido di supplire alla carenza di segnale radiotelevisivo in tecnica digitale e/o di segnale satellitare, sostanzialmente traducendosi in una ritrasmissione in streaming di emittenti che nascono come tradizionali; sarebbe però riduttivo limitare l'IPTV a tale casistica applicativa, giacché la stessa consente altresì di veicolare un numero ben maggiore di contenuti via internet, rispetto alla televisione tradizionale, oltre ad arricchirlo di funzionalità aggiuntive. Con riferimento al fenomeno, dunque, devono essere distinti: - la Televisione in diretta, magari addizionata di funzionalità interattive dele quali è tradizionalmente scevro il mezzo radiotelevisivo originario; - la c.. « catch-up TV », che consente la riproduzione di un programma già andato in onda in precedenza, i cui dati sono memorizzati in hosting per un periodo di tempo predeterminato, consentendone la visione al fruitore che non abbia potuto sintonizzarsi per la sua diretta; - la « start-over TV», che consente la riproduzione del programma radiotelevisivo dall’inizio, anche ove esso sia già iniziato all'orario in cui il fruitore vi si collega, consentendo dunque una sorta di caching dei contenuti per la visione in un intervallo temporale più ampio; il « Video-on-Demand » (VOD), che consente invece l'accesso ad un catalogo di contenuti su richiesta, non strettamente legato ad n palinsesto televisivo. Deve da ultimo darsi conto, sempre per ciò che riguarda l’aspetto definitorio del fenomeno, che la recente Direttiva UE 2019/789 in materia di trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici, recentemente attuata nel contesto nazionale con D. Igs. 8 novembre 2021, n. 181, fornisce definizioni aggiornate di « servizio online accessorio » e di « ritrasmissione » di programmi radiotelevisivi destinati al pubblico simultanea, invariata ed integrale, diversa dalla ritrasmissione via cavo di cui alla Direttiva 93/83/CE, andando a censire, tra le condizioni essenziali perché si parli di quest'ultima, proprio l'utilizzo di un servizio di accesso ad Internet. Per la prima volta, inoltre, la Direttiva differenzia i sistemi tramite i quali l'operatore di trasmissione veicola i contenuti tramite un « ambiente gestito », dai sistemi di « immissione diretta » degli stessi su internet, stabilendo poi però un Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet quadro comune per la semplificazione della negoziazione dele licenze di distribuzione dei contenuti digitali radiotelevisivi tramite tutti i sistemi in questione. È un dato di fatto che la Direttiva in questione, pur non fornendo una definizione esplicita di IPTV, di fatto ne cristallizzi la costruzione secondo la linea teorica qui descritta, ponendo le basi per un relativo sistema di gestione dei contenuti compatibile con le nuove tecnologie e le nuove piattaforme emerse negli ultimi anni. Benché basato su sistemi di streaming allo stesso modo dei servizi c.d. « Over The Top» (OTT), vale a dire a servizi come Youtube o simili altre piattaforme, dediti alla fornitura di contenuti audiovisivi, la IPTV se ne differenzia sia per dimensione dell'offerta, che per requisiti d'accesso. Laddove, infatti, gli OTT sono dotati di un catalogo ben più ampio e non hanno alcun condizionamento orario inerente alla fruizione, l'IPTV, come si è evidenziato poc'anzi, può limitare o restringere il periodo di tempo per la fruizione. Sino a tempi recentissimi, inoltre, IPTV e servizi OTT si differenziavano per la quasi totale gratuità di questi ultimi, in raffronto alla necessità di sottoscrivere un qualche abbonamento od acquistare un qualche dispositivo di abilitazione per fruire dei primi. Proprio su questa differenza oramai quasi "storicizzata", la maggior parte delle pronunce delle corti di merito hanno riguardato nel tempo diversi sistemi di illecita decodificazione del flusso dati IPTV per consentire accesso generalizzato alla programmazione ordinariamente consentita ai soli abbonati. In relazione all'IPTV, infatti, vengono specificamente in considerazione sia le condotte illecite della circonvenzione di misure tecniche di protezione apposte al flusso dati, operate con o senza dispositivi hardware, al fine di accedere illecitamente ai contenuti ivi ricompresi, sia le condotte di (altrettanto illecita) comunicazione al pubblico dei risultati di tali operazioni di decodifica, tramite predisposizione di link diretti allo streaming, se non addirittura al download della programmazione IPTV che su tale flusso dati viaggia, sia gratuitamente che a pagamento. Su tale ultimo aspetto, fermi ed applicabili restando gli orientamenti comunitari riassunti ai paragrafi che precedono in tema di esclusione dal novero applicativo di cui all'art. 5 della Direttiva Infosoc, recentissima giurisprudenza di merito (ex plurimis, T.C. Milano, sez. spec. imprese, ord. 5.10.20) ha peraltro confermato non soltanto la responsabilità dei titolari dei servizi di hosting sui quali si attestavano siti web dediti alla pirateria di IPTV e degli ISP che pur agendo quali mere conduit erano stati notiziati di tali illecite attività e nessuna azione di contrasto avevano posto in essere al riguardo, ma anche e soprattutto la possibilità, per i titolari dei diritti di sfruttamento economico sui contenuti diffusi, di esperire la tutela cautelare d'urgenza, conseguendo pertanto un diritto al risarcimento del danno da ritardo de destinatari dell'ingiunzione, nell'attuare l’ordine di rimozione dei contenuti e/o inibizione al loro accesso con modalità tecniche. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet Sul punto, è interessante notare come un orientamento della Suprema Corte di Cassazione oramai risalente (sentenze della Terza Sez. Penale, 10.10.17, nn. 46442 e 46443), mai cui principi rimangono forti e sentiti anche nei più recenti filoni in materia, ha affermato come gli art. 171-ter lett. f-bis) e 171-octies della l.d.a. si coniughino e supportino nella definizione della condotta illegittima sottesa alla fruizione di programmi IPTV senza sottoscrivere il relativo abbonamento. Secondo la Corte, infatti, « il raffronto tra le due norme rende palese che le condotte incriminate dall'art. 171 lett. f) sono tra loro accomunate dalla finalità commercial concretandosi l'illecito nella immissione sul mercato di prodotti o servizi atti ad eludere le misure tecnologiche di cui all'art. 102-quater, non essendo compresa la condotta di chi invece utilizza i dispositivi che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del dovuto corrispettivo, condotta questa che è invece espressamente sanzionata dall'art. 171-octies, indipendentemente dall'utilizzo pubblico o privato che venga fatto dell'apparecchio atto alla decodificazione di trasmissioni audiovisive »; a fronte di questo, per la Cassazione è chiaro che la condotta incriminata « pacificamente consistita nella decodificazione ad uso privato di programmi televisivi ad accesso condizionato e, dunque, protetto, eludendo le misure tecnologiche destinate ad impedire l'accesso posto in essere da parte dell'emittente, senza che assumano rilievo le concrete modalità con cui l'elusione venga attuata, evidenziandone la finalità fraudolenta el mancato pagamento del canone applicato agli utenti per l'accesso ai suddetti programmi». Dunque, con riferimento alla posizione dei titolari dei diritti morali e di sfruttamento economico dei contenuti trasmessi mediate IPTV, si pone anche in questo caso, mutatis mutandis, la tutela più ampia in tema di esclusione d'urgenza degli accessi illeciti e conseguente risarcimento da parte dei provider ISP ed hosting che non vi ottemperano senza ritardo. Da ultimo è opportuno dare conto, in tema di misure di contrasto delle fattispecie illegali di trasmissione di programmi IPTV via internet, delle recenti ordinanze (segnatamente l'Ordinanza del 19.11.20 del Tribunale di Milano) in tema di responsabilità anche dei provider di caching per la presenza, su loro server, di flussi dati in violazione dei diritti dei titolari dello sfruttamento economico di trasmissioni radio-televisive di eventi sportivi. A fronte de numerosi reclami presentati dal soggetto destinatario della pronuncia, infatti, il Tribunale ha statuito che a nulla rileverebbe la diversa qualifica di tale soggetto, in materia di fornitura di accesso illegale a contenuti protetti da diritto d'autore di terzi, laddove ciò che è essenziale, perché si concretizzi la possibilità di azionare il diritto di privativa intellettuale in questione tramite l'ordinanza opposta, è solo la sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta e l'evento, che in astratto si verificherebbe « indipendentemente da ogni diversa astratta possibilità di trasmissione dei flussi di dati ». Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet 2. Registrazione da remote La registrazione da remoto rappresenta l'evoluzione della più nota e diffusa, ma tuttavia risalente, registrazione del segnale televisivo attraverso supporti analogici come le VHS (Video Home System) o delle Audiocassette che, inserite nel videoregistratore o nello stereo, consentivano di memorizzare su un nastro magnetico il contenuto trasmesso in televisione o in radio, o su altro supporto. Con il passare degli anni, l'intero sistema è transitato sulla rete Internet, attraverso la quale è ora possibile registrare anche i pro- grammi trasmessi dai vari operatori, programmando per fascia di orario o per tipologia, in formato digitale e in alta qualità, direttamente su un supporto di memorizzazione locale o su uno spazio cloud personale dell'utente. Il medesimo modello è altresì applicabile all'acquisizione di diversi flussi audio/video, proveniente da periferiche esterne del computer (webcam, dashcam, microfono) o anche dal contenuto trasmesso sullo schermo del device “catturando” il segnale dello stesso o, alternativamente, intercettando il segnale che questo visualizza. Tale facoltà è consentita da software specifici. La registrazione da remoto consente, dunque, come il suo "antenato", di ricavare una copia del contenuto durevole - caratteristiche per cui si discosta dallo streaming, che è flusso di dati audio video contestuale e a memorizzazione temporanea che può essere fruita dall'utente in qualsiasi momento e su un qualunque dispositivo in grado di leggere il formato del file. Tale tipologia di registrazione - se posta in essere per finalità strettamente personali e senza scopo di lucro - rientra nel genus della c.d. "copia privata che l'art. 71-sexies, comma 1. Il diritto d’autore definisce come « riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali». La copia privata è pacificamente riconosciuta a livello europeo, anche se il proliferare di esemplari privati, dopo la digitalizzazione del fenomeno, ha indotto il pensiero di adottare misure volte a limitarne il fenomeno. Tali iniziative, tuttavia, non hanno trovato seguito, per ovvi problemi su cui si è anche soffermato l'Avvocato generale Szpunar, che ha affermato « La possibilità di copiare un'opera per uso privato rientra nella libertà di godere dell'opera stessa, cui l'autore non potrebbe opporsi senza interferire con i diritti dell'utente. D'altra parte, controllare l'utilizzo che fa dell'opera un utente nella sua sfera privata sarebbe, nella pratica, un'impresa impossibile. E anche se l'attuale tecnologia permettesse un tale controllo, ciò comporterebbe un'ingerenza inaccettabile nella vita privata, che è tutelata in quanto diritto Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet fondamentale » (Conclusioni dell'Avvocato generale del 19 gennaio 2016, Egeda, Dama, Vegap v. Administración del Estado, C-470/14). D'altro canto, deve rilevarsi come nella prassi la copia arrechi comunque un danno economico al titolare del diritto. Per tale motivo è stato previsto un regime di ristoro tramite equo compenso che, deve sottolinearsi, ha patito l'avvento della tecnologia digitale che sollevato nuovi problemi in ordine a su che base parametrare la remunerazione degli autori. Il sistema dei compensi per copia privata trovava corrispondente normativo nella disciplina inizialmente regolata dalla legge 25 febbraio 1992, n. 93, che prevedeva, all'art. 3, un sistema operante attraverso l'applicazione di una percentuale di sovrapprezzo da applicarsi sul quello di vendita dei nastri, musicassette, videocassette e degli apparecchi di registrazione audio. La remunerazione veniva dunque unicamente "estrapolata" dal ricavo derivante dalla vendita dei mezzi tecnici che consentono la riproduzione delle opere. Dopo una riforma negli anni 2000, che ha introdotto l'obbligo di presentare trimestralmente alla SIAE una dichiarazione sulle vendite effettuate e sui compensi conseguiti, la materia è stata aggiornata a seguito del recepimento della Direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (Direttiva InfoSoc) ed è confluita nella legge nazionale sul diritto d'autore. La Direttiva InfoSoc prevede ora la videoregistrazione da remoto, nella sua configurazione di copia privata, quale eccezione e limitazione al diritto d'autore facoltativa, portando ad un cambiamento della normativa di riferimento, anche dal punto di vista dei compensi. Deve rilevarsi come la Direttiva in questione utilizzi il termine "compenso" e non “remunerazione, presente invece nella Direttiva 2006/115/CE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale. Questo a rimarcare come la disciplina della copia privata si fondi sul presupposto che il diritto sia esercitabile a titolo gratuito. È comunque doveroso tenere in considerazione il diverso e opposto interesse che fa capo al titolare del diritto d'autore, che comunque avrà diritto ad una corresponsione tendenzialmente perequativa, definita appunto “compenso”). In particolare, è il Considerando n. 35 della Direttiva ad enunciare i canoni da seguire per il suo computo: « Nel determinare la forma, le modalità e l'eventuale entità di detto equo compenso si dovrebbe tener conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito da titolari dei diritti e derivante dall'atto in questione. Sei titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell'ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet Il livello dell'equo compenso deve tener pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente Direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento». Fermi restando questi indici, tuttavia, il regime di eccezione è facoltativo, sebbene ampiamente diffuso, e deve essere quindi il singolo Stato membro a decider se introdurre tale regime ed elaborare una conseguente compensazione forfettaria per il pregiudizio che tale pratica arreca al titolare, rispettando quel giusto equilibrio tra gli interessi opposti in gioco (cfr. Considerando n. 31 della Direttiva InfoSoc) quello del titolare del diritto che subisce un pregiudizio in termini di lucro cessante e quello del privato, in termini di pieno godimento dell'opera stessa. Rileva allora, dal punto di vista del diritto interno, l'art. 71-septies dell'attuale I. diritto d'autore, che dettaglia la materia dell'equo compenso. La legge ha visto convogliare al suo interno la materia proprio attraverso il d.lgs. 9 aprile 2003, n. 68. La disposizione in esame, al primo comma, modificata dal successivo d.l. 31 dicembre 2007, n. 248 che, in sede di conversione, attraverso l'inserimento del periodo « per i sistemi di videoregistrazione da remoto il compenso di cui al presente comma è dovuto dal soggetto che presta il servizio ed è commisurato alla remunerazione ottenuta per la prestazione del servizio stesso». Pertanto, in questo caso, il funzionamento del sistema di compensazione cambia e si “sgancia" il nesso col supporto contenente la copia privata, per divenire controprestazione relativa al servizio. La dottrina ha poi meglio specificato la distinzione tra “remunerazione" diretta del servizio e la remunerazione indiretta nei casi, ad esempio, in cui tale servizio faccia parte di un "pacchetto". Nel primo caso, il compenso deve essere calcolato proporzionalmente al costo del servizio, mentre nel secondo caso deve tenersi conto “dell'incidenza" - in termini di valore economico del servizio offerto - sui servizi complessivi, che non deve comunque essere inferiore ai costi sostenuti per erogare il servizio stesso. Relativamente, invece, alla disciplina in senso stretto della registrazione da remoto, la Direttiva InfoSoc consente agli autori e ad altri titolari di diritti (tra i quali gli artisti, i produttori e gli organismi di diffusione televisiva) di potere autorizzare o vietare la riproduzione delle proprie opere, introducendo, tuttavia, all'art. 5 la possibilità per gli Stati membri di disporre eccezioni o limitazioni a tale diritto; inter alia, nel caso di riproduzioni effettuate da una persona fisica per uso privato, « a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell'applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all'articolo 6 all'opera o agli altri materiali interessati » (art. 5, comma 2, lett. b). Tale eccezione deve tuttavia applicarsi solo in casi speciali e determinati, non contrastando con il normale sfruttamento dell'opera e non arrecando pregiudizio al titolare del diritto (art. 5, comma 5), secondo il modello cd. dei three-step-test. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet Il "meccanismo" è stato analogamente esteso dalla Direttiva Copy- right del 2019, che ha introdotto un simile regime di eccezione per le riproduzioni e le estrazioni effettuate da organismi di ricerca e istituti di tutela del patrimonio culturale a fini dell'estrazione, per scopi di ricerca scientifica, di testo e di dati da opere o altri materiali cui essi hanno legalmente accesso, per le riproduzioni e le estrazioni effettuate da opere o altri materiali cui si abbia legalmente accesso ai fini dell'estrazione di testo e di dati e per consentire l'utilizzo digitale di opere e altri materiali esclusivamente per finalità illustrativa ad uso didattico (artt. 3, 4 e 5 della Direttiva). Anche in questo caso, come per la copia privata, viene introdotto un equo compenso, rimesso agli Stati membri che possono stabilirlo tenendo conto degli interessi contrapposti, quali gli obiettivi didattici perseguiti e il pregiudizio subito dai titolari (Considerando n. 24 della Direttiva). Il regime di eccezione per copia privata è stato oggetto dell'interpretazione normativa della Corte di giustizia UE, che ne ha arricchito il significato e specificato il contenuto della disciplina. In particolare, la Corte ha ribadito che la copia privata è un atto potenzialmente idoneo ad arrecare pregiudizio al titolare dei diritti, in particolare quando non vi sia stata una preventiva richiesta di autorizzazione (Corte di Giustizia UE, sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, C-467/08, EU:C:2010:620). Inoltre, essendo l'eccezione derogatoria rispetto a un principio generale previsto dalla Direttiva, dev’essere interpretato, come da costante giurisprudenza, restrittivamente. Nel caso del sistema di registrazione da remoto, che memorizza il contenuto su uno spazio cloud privato, si profilano ulteriori problematiche, in quanto il contenuto registrato viene dapprima trasmesso in streaming e, solo in seguito, il suo segnale captato per la registrazione ad uso privato. Deve rilevarsi come la prima delle due attività, consistente nella trasmissione in diretta, configuri una comunicazione al pubblico, in quanto consente l'accesso a dei contenuti protetti da una molteplicità di destinatari, e deve pertanto essere autorizzata dal titolare dei diritti (cfr. Considerando n. 23, Direttiva InfoSoc). Sul punto si è espressa la Corte di giustizia UE, con riferimento a un sistema di videoregistrazione da remoto di canali televisivi, e ha concluso ritenendo che tale sistema non poss essere ricompreso nell'eccezione per copia privata di cui all'art. S, comma 2, lett. b), della Direttiva InfoSoc, dovendo essere richiesta, per tale motivo, la necessaria autorizzazione al titolare (Corte di Giustizia UE, sentenza del 29 novembre 2017, Vast, C-265/16, EU:C:2017:913). Peraltro, sotto diverso profilo, è stato anche osservato che in tale circostanza non sarebbe stato in ogni caso soddisfatto il terzo dei c.d. three-step-test di cui all'art. 5, comma 5, Direttiva InfoSoc - ovvero non arrecare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto - rendendo l'eccezione di cui alla medesima Direttiva in ogni caso inapplicable. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet 3. Content sharing platform Nel voler definire le c.d. content sharing platform, non può evitarsi il confronto con la categoria dei social network. Il riferimento, in particolare, è alle peculiarità comuni condivise dalle due infrastrutture digitali. Nello specifico, la facoltà - consentita sia dalle piattaforme social che da quelle di content sharing - di inviare e condividere file di testo, immagini e video, comune alle due tipologie, consente di affermare che l'intersezione tra le due categorie, ovvero le piattaforme di content sharing che sono anche social, sia abbastanza ampia. Potrebbe, invero, affermarsi che tutte le piattaforme di social network siano anche di content sharing. Questo perché, laddove il paradigma delle stesse preveda la comunicazione attraverso il medium dei dati, che vanno a formare il contenuto inviato dal mittente - ben potendo questo coincidere con il semplice messaggio di testo (che rappresenterebbe comunque un contenuto) - non v'è motivo per non ritenere, sotto questo profilo, che le due categorie coincidano. A nulla rileva, infatti, il numero dei destinatari, se la finalità dello scambio di dati è l'interazione tra gli utenti. La restate parte delle piattaforme di content sharing si compone da quelle che operano per finalità estranee al modello social, ma che sottintendono comunque l'accesso ai contenuti da parte del provider. La normativa europea e nazionale non riporta la definizione delle piattaforme di content sharing; pertanto occorre coordinare le disposizioni già viste sulle piattaforme digitali con la fattispecie di content sharing service provider offerta dalla recente Direttiva UE 2019/790. Nel contesto di tale normativa, sono prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, quelli che hanno come scopo principale « quello di memorizzare e consentire agli utenti di caricare e condividere un gran numero di contenuti, al fine di trarne profitto, direttamente o indirettamente, organizzandoli e promuovendoli per attirare un pubblico più vasto, anche classificandoli e ricorrendo a promozioni mirate al loro interno » (nuovamente il Considerando n. 62). L'elemento dirimente è, dunque, la prevalenza di detta attività, che deve essere svolta principalmente o deve perlomeno essere una delle principali. Questo consente di escludere dal novero i servizi di comunicazione elettronica i servizi cloud (tra cui i cyberlocker), che non permettono l'accesso a contenuti protetti da copyright, nonché le piattaforme di condivisione di open source software, i report scientifici e didattici e le enciclopedie online senza scopo di lucro. Dal Considerando della Direttiva si evince come devono essere ricompresi nella definizione « unicamente i servizi online che svolgono un ruolo importante sul mercato dei contenuti online», restringendo l'ambito applicativo della disciplina ai soli provider che occupano un ruolo rilevante nel mercato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet La definizione del Considerando deve tuttavia essere coordinata con quella di cui all'art. 2, par. 1, n. 6. La disposizione specifica come si tratti di « prestatori di servizi della società dell’informazione», ovvero quelli prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi, richiamando così la Direttiva (UE) 2015/1535. Deve dunque concludersi che sebbene la Direttiva riporti una definizione generale, la sua disciplina interessa solo alcune piattaforme di content sharing, risultando dunque parziaria. La disposizione che in particolare riguarda i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, in ordine alla tutela dei contenuti protetti, è quella contenuta nell'art. 17 della Direttiva. Con l'intento di rendere il framework di tutele nel mercato unico digital maggiormente efficace, la Direttiva rafforza l'empowerment dei titolari dei diritti e aumenta gli oneri degli intermediari online. La normativa di riferimento è stata di recente trasposta dal Legislatore nazionale con il D.lgs. 8 novembre 2021, n. 177, ma deve farsi comunque riferimento all'ECD che, come detto, prevede un quadro regolatorio dele responsabilità orizzontale, che protegge gli intermediari, sulla base del fatto che l'introduzione di regole particolarmente stringenti avrebbe in qualche modo fiaccato lo sviluppo promettente del settore e-commerce. Da tale assunto è derivata anche l’inserimento della disposizione, oltre ai tre "porti sicuri", del divieto di obbligo generale di sorveglianza, per evitare che questi dovessero ricercare in modo attivo fatti o circostanze illecite. Anche l'introduzione dei meccanismi di notice and take down è rimasta tematica dibattuta, ma che non ha avuto riscontro positivo sino all'introduzione della Direttiva Copyright del 2019, per le violazioni in tale materia, e, successivamente, della futura entrata in vigore del Digital Services Act, che ne prevede l'implementazione rendendolo uno degli strumenti principali di responsabilizzazione dei provider. D'altro canto, una seppur embrionale apertura verso doveri circoscritti, era già presagita dal Considerando n. 47 dell'ECD, che consentiva obblighi di sorveglianza in casi specifici. L'interpretazione di tali disposizioni, anche con riferimento alla prevenzione della violazione del diritto d'autore, ha molto impegnato la Corte di Giustizia UE. Sovente, nei casi esaminati, la Corte si è infatti soffermata sul tema del rapporto tra la tutela del diritto d'autore e diritti fondamentali. Così è stato nello storico caso Promusicae, dove è stata chiamata a chiarire se un provider di accesso a internet avesse l'obbligo di registrare e comunicare all'occorrenza i dati personali dei propri utenti, al fine di garantire una effettiva tutela al diritto dei titolari di opere protette. La pronuncia è importante, in quanto ha affermato che « il diritto comunitario richiede che i detti Stati, in occasione della trasposizione di tali direttive [commercio elettronico, InfoSoc, privacy ed e-privacy], abbiano cura di fondarsi su un'interpretazione delle medesime tale da garantire un gusto equilibrio tra i Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet diversi diritti fondamentali tutelati dall'ordinamento giuridico comunitario. Inoltre, in sede di attuazione delle misure di recepimento delle dette direttive, le autorità e i giudici degli Stati membri devono non solo interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme a tali direttive, ma anche evitare di fondarsi su un'interpretazione di esse che entri in conflitto con i detti diritti fonda-mentali o con gli altri principi generali del diritto comunitario, come, ad esempio, il principio di proporzionalità » (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza del 29.1.08, Promusicae, C-275/06, EU:C:2008:54). I termini di tale bilanciamento si sono nel tempo dettagliati e sedimentati. Anche in materia di tutela del marchio online la Corte ha fatto riferimento proprio al concetto di "giusto equilibrio" dele misure (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza del 12.7.11, L’Oréal, C-324/09, EU:C:2011:474). Basandosi sull'assunto che il diritto di proprietà intellettuale non sia intangibile e che la sua tutela non debba essere garantita in modo assoluto (fr. art. 17, par. 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), ma debba anzi essere bilanciato con gli altri diritti fondamentali, tra cui quelli su cui, appunto, incidono le misure di filtraggio, appartenenti ai visitatori e agli utenti, nonché con la libertà d’impresa, di cui beneficiano i vari operatori del settore quali i prestatori dei servizi di hosting (Corte di Giustizia UE, sentenza del 24.11.11, Scarlet, C-70/10, EU:C:2011:771), la Corte ha più volte affermato che tali misure sarebbero lesive dei diritti dei fruitori dei servizi e, in particolare, del diritto alla tutela dei dati personali e della loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, come tutelati dagli articoli 8 e 11 della CDFUE. Pertanto, essa ha interpretato congiuntamente le direttive ECD, InfoSoc e 2004/48 nel senso che « ostano all'ingiunzione, rivolta da un giudice nazionale ad un prestatore di servizi di hosting, di predisporre un sistema di filtraggio delle informazioni memorizzate sui server di detto prestatore dagli utenti dei suoi servizi, che si applichi indistintamente nei confronti di tutti questi utenti, a titolo preventivo a spese esclusive del prestatore e senza limiti di tempo, idoneo ad identificare i file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o audiovisive rispetto alle quali il richiedente il provvedimento di ingiunzione affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare la messa a disposizione del pubblico di dette opere, lesiva del diritto d'autore» (Corte di Giustizia UE, 16.2.12, Netlog, C-360/10, EU:C:2012:85). Recentemente, tuttavia, come già si è visto per i social network, non son mancati arresti giurisprudenziali volti a sottolineare le responsabilità del provider debitamente allertato da parte del titolare dei diritti, sulla base di un pensiero in divenire che è poi alla base degli attuali sviluppi legislativi. In questo caso la constatazione e la successiva segnalazione del contenuto illecito è infatti ad opera del titolare e non mina la posizione del provider "passivo", rendendolo attivo. Infatti, secondo la giurisprudenza domestica « anche /'hosting provider passivo” - il quale non fa indicizzazione, né attività di filtro o valutazione - se riceve una specifica segnalazione dal titolare del diritto leso, ovvero quando sia Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 16 Angelo Maietta - Altri diritti d’autore suscettibili di violazione in internet ragionevolmente constatabile da un operator professionale, deve rimuovere immediatamente i contenuti coperti da diritto d’autore. Ad affermarlo è la Cassazione che riapre così la vicenda che vede opporsi RTI e il motore di ricerca Yahoo, citato in giudizio per la diffusione di spezzoni di trasmissioni popolari quali "Amici" e "Striscia la notizia” attraverso il servizio "Yahoo Italia Video". Per la Corte, tuttavia, sarà il giudice del rinvio, a dover chiarire se a tal fine, sotto il profilo “tecnico informatico", sia sufficiente l'indicazione, da parte del titolare dei diritti, del solo nome della trasmissione in cui sono andati in onda oppure sia necessaria anche l'indicazione dell'"url" di riferimento » (Cass. civ., sez. I, 19.3.19, n. 7708, in Guida al dir., 2019, 16, 25). In particolare, nel medesimo caso sono state specificate le modalità della segnalazione « Nell'ambito dei servizi delle società dell'informazione, la responsabilità in materia di eliminazione dei contenuti nell'ambito del cd. caching, attività consistente nel trasmettere su una rete di comunicazione informazioni fornite da un destinatario del servizio, disciplinata dall'art. 15 d.lgs. n. 70 del 2003, sussiste in capo al prestatore di servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, quando l'autorità amministrativa o giurisdizionale gli abbiano intimato di procedervi; diversamente, al prestatore del servizio che fornisca una mera attività neutrale di caching, la legge non richiede di rimuovere spontaneamente determinati contenuti sol perché reso edotto della loro natura illecita mediate una diffida extragiudiziale o la proposizione di una domanda giudiziale » (Cass. civ., sez. I, 19.3.19 n. 7708, in Dir. Inf., 2019, 2, 500). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 16 Angelo Maietta - Diritto d’autore e collecting societies in internet 1. La tutela del diritto d'autore L'innovazione tecnologica è lo specchio di una società che cresce, muta e si migliora, apportando cambiamenti anche al diritto in ragione degli eventi (altresì tecnologici) che - in prospettiva storica si concretizzano. Allo stesso modo, pure nel diritto d'autore, nella sua più ampia accezione, assistiamo a mutamenti continui il cui acceleratore è determinato senza dubbio dalla massiccia fruizione di contenuti creativi per mezzo della rete internet. Gli eventi in prospettiva storica, dunque, sono il punto di partenza: basti pensare che quando Alexander Graham Bell inventò il telefono nessuno, persino lo stesso inventore, avrebbe mai immaginato che sarebbero stati creati molti decenni dopo gli smart phone e, di conseguenza, che si sarebbero sviluppati possibili modi di fruizione di contenuti, oggetto di privative, a fronte dei quali occorre riconoscere specifici diritti. Se guardiamo ai mercati digitali, che consentono l'accesso da più luoghi a diversi contenuti quali le opere musicali o le opere audiovisive e/o delle arti figurative, non può non risultare evidente la necessità di un adeguamento delle modalità inerenti alla fruizione dei suddetti contenuti tramite servizi multimediali, software o anche semplicemente tramite evoluti device, quali appunto gli smart phone e i tablet. Proprio in questo scenario è interessante osservare come i diritti d'autore e i diritti connessi vengono gestiti e, in un certo qual modo, “garantiti" ai rispettivi titolari, per mezzo degli organismi di gestione collettiva (OGC) e degli enti di gestione indipendente (EGI) (di seguito anche solo "Collecting Societies” o "Collecting"). Non è questa la sede per offrire un excursus sulla nascita del diritto d'autore e degli intermediari oggi suddivisi in OGC e EGI. Ci limitiamo qui a citare l'emblematico caso Bourget c. Morel (v. Tribunal de commerce de la Seine, 8.9.1847, in Mémorial du commerce, 1847, II, 503 s.; v. Tribunal de commerce de la Seine, 3.8. 1848, in Mémorial du commerce, 1848, II, 475; v. Cour d'appel de Paris, 28.4.1849, in Memorial du commerce, 1849, II, 538) di particolare importanza storica, non solo per il fatto che ad esso si riconduce la nascita della Collecting francese nota come “SACEM”. Le sopra citate decisioni, infatti, hanno sancito principi ai quali i legislatori si sono dovuti conformare, il che induce a una breve descrizione del caso testé citato. Le controversie originarono dal fatto che il paroliere Ernest Bourget e i compositori Victor Parizot e Paul Henrion ritennero giusto non pagare le loro consumazioni al Café des Ambassadeurs di Parigi avendo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 19 Angelo Maietta - Diritto d’autore e collecting societies in internet ascoltato, nel corso della serata, le loro opere eseguite da alcuni musicisti. Pertanto, giustificavano il saldo delle ordinazioni per non aver percepito alcuna remunerazione per le utilizzazioni dele loro opere musicali che avevano intrattenuto la clientela del medesimo Cafè per tutta la serata. Il principio di diritto affermato dalle suddette decisioni - il cui fondamento ha trovato radici nella legge francese del 1793, modello per tutto il diritto europeo continentale, nonché del concetto di “premio” da intendersi come equo compenso, rivendicato da Alessandro Manzoni e ripreso nella legge italiana del 1865, secondo cui i diritti che spettano all'autore devono essere configurarti come un compenso per il servizio reso alla società - ha senz'altro posto le basi per lo sviluppo, in prospettiva storica e a livello internazionale, di un rafforzamento della tutela dei diritti di privativa del legittimo titolare di una opera dell'ingegno, nonché della concreta necessità per gli autori e artisti, interpreti ed esecutori di avvalersi di strutture organizzative volte ad assicurare l'esazione dei compensi spettanti ad essi a fronte delle utilizzazioni delle loro opere. Effettuando un parallelismo a maglie larghe, essendo le fattispecie sopra citate e quella che segue (relativa al diritto al compenso per i titolari di diritti connessi al diritto d'autore ex art. 73 1. 633/1941, infra "l.d.a.") diverse per oggetto e prospettiva, è interessante cogliere come a distanza di poco più di 160 anni nella giurisprudenza italiana è per certi versi riecheggiato il principio su cui Bourget perché gli altri attori hanno fondato le loro pretese in modo analogo, ovvero rivendicato il beneficio non autorizzato che il locale otteneva nell’intrattenere la propria clientela con la pubblica esecuzione delle loro opere. E così, in una storica decisione del Tribunale di Milano, si rinviene appunto il medesimo principio: « [la diffusione di musica al pubblico all'interno di un bar, evidentemente effettuata per intrattenere la clientela e quindi per attrarre la stessa, proponendo un beneficio aggiuntivo nell'ambito dell'esercizio bar, riveste sicuramente una valenza economica e quindi di lucro per l'impresa che gestisce detto esercizio bar; in tal caso si applica quindi l'art. 73 l. aut. » (Trib. Milano, Sez. Spec. PI, 18.3.10, in Sez. Spec. P.I., 2010, 1, 195). È dunque ricorrente la necessità degli autori, artisti, interpreti ed esecutori, nonché dei produttori che investono nell'industria culturale, di tutelare il frutto del proprio lavoro e poter godere dello stesso anche attraverso il diritto di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di riproduzione e di radiodiffusione, ivi compresa la comunicazione attuata attraverso ogni mezzo tecnico delle opere tutelate e, dunque, in ogni forma e modo. Ad esempio, nel presente periodo storico si è aperto un dibattito sul diritto degli autori, artisti interpreti ed esecutori di vedersi riconosciuto un equo compenso anche per le utilizzazioni da parte di terzi attraverso lo streaming. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 19 Angelo Maietta - Diritto d’autore e collecting societies in internet La problematica è sentita a livello internazionale e in Italia, in particolar modo, in campo musicale, dove è già previsto un equo compenso dalla l.d.a. con riferimento agli autori delle opere cinematografiche e/o assimilate, ivi incluse dunque le opere audiovisive, ex artt. 46 e 46-bis l.d.a. che comprende anche gli autori della musica, delle composizioni musicali e delle parole che accompagnano la musica e con riferimento agli artisti interpreti ed esecutori ex art. 84 l.d.a.. Rinviando al successivo paragrafo per l'esame delle doglianze che gli intermediari operanti nel settore dei diritti connessi stanno rivolgendo agli utilizzatori (piattaforme digitali) e ai governi, è un dato di fatto che oggi le Collecting Societies di diritti d'autore negoziano con tali piattaforme, sulla base di specifici mandati, le licenze in via non esclusiva con cui autorizzano il

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