Comunicazione Infanzia 3.2 PDF
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Meriam Hassine
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Questo documento esplora la comunicazione con bambini con disabilità visiva nella scuola dell'infanzia, offrendo suggerimenti pratici e strategie educative. Il focus è sulla creazione di un ambiente inclusivo e stimolante per il loro sviluppo. L'importanza dell'interazione tattile e delle comunicazioni e delle espressioni non verbali è sottolineata per promuovere il loro sviluppo cognitivo e sociale.
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Comunicazione infanzia 3.2 Il percorso educativo e formativo, insieme alla formazione di gruppi di riferimento, offre al bambino con disabilità visiva l'opportunità di acquisire un senso di sicurezza che gli consente di esplorare nuove situazioni, stabilire relazioni con gli altri, e tollerare le va...
Comunicazione infanzia 3.2 Il percorso educativo e formativo, insieme alla formazione di gruppi di riferimento, offre al bambino con disabilità visiva l'opportunità di acquisire un senso di sicurezza che gli consente di esplorare nuove situazioni, stabilire relazioni con gli altri, e tollerare le varie sfide che si presentano. I rapporti individualizzati, avviati fin dal periodo di inserimento, sono cruciali per stimolare l'apprendimento, potenziare l'autostima e favorire lo sviluppo di nuove abilità e autonomie. L'inserimento del bambino con disabilità visiva nel contesto scolastico gli permette di condividere uno spazio nuovo con i coetanei, percepire l'insegnante come figura di riferimento, esprimere liberamente sé stesso e affrontare un ambiente diverso da quello familiare. Per un bambino con disabilità visiva, l'acquisizione e l'elaborazione delle informazioni dall'ambiente circostante avvengono principalmente attraverso gli stimoli offerti dalle persone che lo circondano e l'esplorazione tattile di oggetti e persone. Il ruolo dell'adulto è cruciale nel favorire la formazione del lessico attraverso esperienze tattili e nell'aiutare il bambino a comprendere concetti astratti, come quelli presenti nelle storie raccontate. Lavorare in un piccolo gruppo offre al bambino con disabilità visiva l'opportunità di conoscere sfumature verbali diverse e di sviluppare una migliore percezione del proprio schema corporeo e dello spazio circostante. I giochi che coinvolgono la conoscenza del proprio corpo e delle sue parti aiutano il bambino a formare un'immagine mentale accurata di sé stesso e a comprendere concetti spaziali. Nell'acquisizione dei concetti topologici, il bambino con deficit visivo deve fare affidamento sull'esplorazione tattile per comprendere la posizione degli oggetti nello spazio e la capacità di collocare oggetti e persone in ambienti ben definiti. Queste attività sono fondamentali per il suo sviluppo cognitivo e per il suo adattamento al contesto scolastico e sociale. Affrontare le paure e le difficoltà che possono emergere durante determinate attività, come cambiamenti di posizione o movimenti fisici, è fondamentale per il bambino con deficit visivo. Queste situazioni richiedono il controllo del corpo e possono suscitare paura nella prima esperienza, ma possono essere superate con il supporto di una mano amica che trasmette fiducia e sicurezza. Le mani e il tatto sono fondamentali per la percezione del mondo da parte del bambino con disabilità visiva. Le mani degli insegnanti, dei genitori o dei coetanei diventano cruciali nel trasmettere fiducia e nel permettere al bambino di affrontare ciò che gli è familiare e ciò che non conosce. È importante che gli adulti imparino a comunicare anche attraverso il contatto fisico e la voce, e che incoraggino il bambino a utilizzare al massimo il suo residuo visivo per esplorare l'ambiente circostante. La comunicazione con il bambino con deficit visivo richiede un approccio sensibile e rispettoso. Le parole definiscono e circoscrivono il mondo, ma il contatto fisico e il silenzio sono altrettanto importanti per creare un ambiente di ascolto e comprensione reciproca. È fondamentale che gli insegnanti e gli operatori siano disponibili a vivere la separazione dei bambini dalla famiglia come un passaggio naturale e positivo, che permette loro di esprimere i propri sogni, desideri e bisogni come individui autonomi. In questo modo, il bambino con deficit visivo può sentirsi accettato e supportato nella sua crescita e sviluppo, con la convinzione che la separazione dalla famiglia non precluda il ritorno e che sia parte integrante del suo percorso di apprendimento e crescita. L'abbraccio, la carezza e il contatto fisico, uniti alla parola, possono trasformare il ritorno dopo l'allontanamento in un momento di conforto e sicurezza per il bambino con disabilità, permettendogli di sentire la presenza costante di adulti significativi che lo sostengono nella sua crescita. È importante che il bambino acquisisca un'immagine positiva di sé e del proprio corpo, e il contatto con gli altri, sia adulti che coetanei, è fondamentale per questo processo. Nella scuola dell'infanzia, il bambino con disabilità visiva o sordità fa parte della comunità sociale in cui si esprime, svolge attività e stabilisce relazioni. Il contatto con i coetanei, attraverso scambi sensoriali come udito, tatto e olfatto, contribuisce alla formazione della sua immaginazione e al senso di appartenenza alla comunità. La sordità, al pari della disabilità visiva, è una diversità che richiede un approccio educativo specifico. I bambini sordi sono capaci di comunicare utilizzando il linguaggio gestuale, e l'adozione di un linguaggio comunicativo diverso è fondamentale per comprendere e supportare il loro sviluppo linguistico e cognitivo. Tuttavia, la sordità può comportare limitazioni nelle attività personali e nell'interazione sociale, e pertanto è importante adottare interventi educativi mirati per favorire la piena partecipazione del bambino sordo alla vita sociale e scolastica. Meriam Hassine Comunicazione infanzia 3.3 Le recenti ricerche psicolinguistiche evidenziano l'importanza di esporre precocemente i bambini audiolesi a interazioni comunicative, sia verbali che gestuali, per favorire i processi di apprendimento e promuovere il senso di appartenenza alla comunità sociale. In particolare, si cerca di valorizzare il potenziale educativo di ogni individuo, sviluppando un'intelligenza visiva in presenza di gravi deficit uditivi, che riafferma il valore del linguaggio gestuale. Negli ultimi anni, c'è stato un cambiamento culturale e sociale nei confronti dell'integrazione delle persone sorde, con una diminuzione dei pregiudizi nei confronti della Lingua Italiana dei Segni (LIS), ora riconosciuta come linguaggio a tutti gli effetti. La legge-Quadro n°104 del 1992 prevede la presenza di interpreti o esperti della comunicazione nelle scuole per garantire l'uguaglianza di opportunità educative ai soggetti con deficit uditivo. La pedagogia speciale valorizza le diverse modalità espressive e comunicative, favorendo un approccio multimodale che integra gesti, parole e linguaggi alternativi per favorire lo sviluppo linguistico verbale. L'approccio bimodale o multimodale è ampiamente adottato nelle scuole, promuovendo un bilinguismo che supera le barriere comunicative tra il mondo del silenzio e quello della verbalità. L'educazione bilingue dovrebbe essere introdotta precocemente nel sistema formativo, partendo dall'asilo nido e dalla scuola dell'infanzia, per evitare fenomeni di deprivazione culturale e socio-relazionale nei bambini con deficit uditivi. Questo approccio si basa sull'idea di esporre il bambino contemporaneamente sia al linguaggio verbale sia alla lingua dei segni fin dai primi anni di vita, integrandole in modo produttivo anziché sostituirle. Gli elementi fondamentali per la strutturazione dell'educazione bilingue includono la diagnosi precoce, la valutazione accurata del deficit uditivo, l'intervento della terapia logopedica, l'acquisizione precoce della lingua dei segni e l'integrazione scolastica e sociale nel mondo udente. La precoce esposizione al linguaggio dei segni ha dimostrato di portare notevoli vantaggi nello sviluppo cognitivo-affettivo dei bambini udenti, facilitando anche l'apprendimento del linguaggio verbale. La collaborazione attiva della famiglia nella terapia e nell'uso dei segni, insieme alla frequentazione di bambini sordi e all'integrazione con gli udenti, contribuisce a creare contesti stimolanti e produttivi per l'apprendimento bilingue. Nella scuola dell'infanzia, l'integrazione del bambino sordo avviene attraverso la partecipazione attiva alle esperienze educative, la condivisione dell'atmosfera culturale e il raggiungimento degli obiettivi curriculari in tutti i campi di esperienza educativa. È importante garantire la presenza di figure professionali specializzate, come insegnanti specializzati, interpreti e assistenti alla comunicazione, per mettere il bambino nelle migliori condizioni comunicative e assicurare pari opportunità nella comprensione dei contenuti. Spesso i bambini sordi arrivano alla scuola dell'infanzia senza un codice comunicativo efficace, il che può causare difficoltà nella comprensione delle dinamiche verbali. Per facilitare l'integrazione, è fondamentale recuperare la fiducia del bambino bilanciando le proposte educative sui suoi specifici bisogni. Gli interpreti della lingua dei segni e gli insegnanti curriculari svolgono un ruolo cruciale nella mediazione linguistica e comunicativa per costruire l'integrazione del bambino sordo. Tuttavia, l'integrazione scolastica del bambino sordo può incontrare maggiori difficoltà nella scuola secondaria di primo grado a causa dell'approccio più sistematico e interdisciplinare della didattica. In quest'ambito, è importante adottare strategie specifiche per supportare l'alunno sordo e garantire il suo pieno coinvolgimento nel contesto formativo. La scuola dell'infanzia offre un ambiente favorevole per l'integrazione scolastica e sociale dei bambini audiolesi, poiché le attività ludiche, manuali ed esplorative favoriscono una pluralità di scambi comunicativi verbali. Grazie alla natura meno rigida della didattica e delle strutture morfosintattiche lessicali, si possono personalizzare le modalità comunicative ed educative per ridurre l'handicap della sordità. Un approccio continuativo nel tempo, con un piano educativo individualizzato (PEI), è fondamentale per valorizzare le abilità e le competenze di ciascun bambino audioleso. Il PEI include obiettivi didattici cognitivi, comunicativi linguistici, di autonomia espressiva, psicoattiva e comportamentale, integrati con progetti riabilitativi e sociali, oltre a attività scolastiche ed extrascolastiche ben coordinate. Esistono due principali scuole di pensiero sulla sordità: quella del metodo gestuale e quella del metodo orale. La prima promuove l'uso della lingua dei segni come strumento comunicativo prioritario, mentre la seconda si concentra sul recupero del linguaggio verbale attraverso metodi riabilitativi. La pedagogia speciale per l'integrazione del soggetto audioleso personalizza gli interventi, sfruttando tutte le modalità espressive e comunicative possedute dal sordo. È importante mettere il bambino audioleso nelle migliori condizioni per partecipare alla vita sociale e comunitaria, utilizzando protesizzazione acustica, labiolettura e altri metodi alternativi al linguaggio verbale, come la LIS e i simboli di Bliss. L'obiettivo è migliorare o acquisire competenze linguistiche e comunicative che favoriscano l'integrazione scolastica e sociale di qualità. Il deficit uditivo prelinguistico, cioè prima della fase del linguaggio, rappresenta una sfida particolare nell'integrazione scolastica del bambino sordo. È fondamentale adottare una metodologia che consenta al bambino di svolgere lo stesso programma degli altri, ma con modalità e linguaggi più adatti alle sue esigenze. La qualità dell'integrazione dipende dalla capacità della scuola di diventare una comunità di sostegno, in grado di fornire aiuti adeguati e risposte educative per soddisfare le esigenze comunicative e di apprendimento del bambino sordo. Per migliorare l'efficacia dei processi comunicativi, è necessario promuovere un dialogo costruttivo tra bambini normoudenti e sordi, tra figure professionali, genitori e risorse umane e tecniche. È importante creare modalità di funzionamento delle sezioni che valorizzano e integrano gli alunni con deficit uditivo, superando i rischi della relazione duale e favorendo un ambiente di comunicazione inclusivo. Il corpo docente deve adottare nuove modalità di relazione e progettazione curricolare, superando stereotipi e pregiudizi per facilitare i processi di apprendimento. Spesso, la mancanza di risultati ottimali nell'integrazione scolastica del bambino sordo è dovuta a un contesto comunicativo inadeguato, che lo fa sentire emarginato e non alla pari con gli altri. È quindi essenziale creare un ambiente inclusivo e rispettoso delle differenze per favorire il successo dell'integrazione scolastica. Meriam Hassine Comunicazione infanzia 3.4 La qualità dell'integrazione scolastica del bambino sordo dipende dall'efficacia con cui l'intero contesto scolastico si occupa dei suoi specifici bisogni. Personalizzare gli eventi educativi non significa separare il bambino dal contesto di apprendimento comune, ma piuttosto diversificarne le modalità in modo che possa partecipare attivamente alle attività curricolari e raggiungere gli obiettivi formativi insieme agli altri compagni, utilizzando strade integrate ma differenziate. L'elaborazione di piani educativi individualizzati integrati rappresenta un passo fondamentale per armonizzare la didattica speciale con quella generale, permettendo al bambino sordo di partecipare in modo personalizzato ai traguardi formativi comuni. È essenziale garantire una reale inclusione del bambino con deficit uditivo nelle attività didattiche comuni, individuando punti di contatto e rapporti curricolari tra il piano educativo personalizzato e il progetto curricolare generale. Piccoli accorgimenti didattici e organizzativi possono migliorare significativamente la qualità dell'esperienza educativa del bambino sordo. Utilizzare frasi semplici, brevi ma complete, regolare la velocità del discorso, rispettare l'uso della lingua dei segni e contestualizzare i contenuti curricolari al vissuto personale del bambino sono solo alcune delle pratiche utili. Inoltre, l'adozione di grafici, schemi, immagini e momenti di monitoraggio e valutazione aiuta a potenziare le competenze linguistiche e comunicative del bambino sordo. Per i soggetti con sordità medio-grave, il Piano Educativo Individualizzato deve tener conto delle esigenze specifiche, adottando il bilinguismo italiano e della lingua dei segni. L'utilizzo sistematico di interpreti per la mediazione comunicativa e l'allestimento di laboratori della lingua dei segni sono ulteriori elementi fondamentali per garantire un'integrazione di qualità del bambino sordo all'interno del contesto scolastico. La disposizione a semicerchio all'interno della classe è un'ottima soluzione per favorire la partecipazione e la comunicazione del bambino sordo, consentendogli di seguire sia l'insegnante sia i compagni senza perdere il filo del discorso. È importante che l'insegnante ripeta le parole pronunciate dagli altri alunni e utilizzi supporti visivi come schemi, tabelle e riassunti per limitare le difficoltà linguistiche e lessicali. Per garantire un'adeguata integrazione scolastica del bambino sordo, è essenziale aprire il contesto scolastico a una varietà di esperienze formative nel territorio di provenienza del bambino. È necessario creare connessioni tra la didattica speciale e quella curricolare e integrare gli interventi dell'insegnante specializzato con il lavoro degli insegnanti curricolari, degli operatori sociosanitari, dei familiari, degli educatori interpreti della LIS e degli assistenti alla comunicazione. Tuttavia, nonostante gli effetti positivi dell'inserimento del bambino sordo nelle scuole comuni, ci sono ancora molte problematiche da affrontare. La scuola comune spesso non è in grado di garantire interventi adeguati ai bisogni educativi speciali del bambino sordo in modo specifico e continuativo. Manca la previsione di moduli e organizzazione scolastica adatti, così come la continuità didattica a causa del cambio frequente dei docenti e la mancanza di specialisti preparati alla pluralità di linguaggi e metodi educativi per il sordo. Inoltre, spesso mancano i mezzi finanziari per costituire un pacchetto formativo di risorse umane, tecnico-professionali, tecnologiche e didattiche idonee a garantire un valido supporto all'integrazione. Le difficoltà socio-affettive incontrate dal bambino sordo grave possono manifestarsi quando si sente isolato nel gruppo, non partecipa regolarmente alle attività, dimentica il materiale scolastico e afferma di non capire le istruzioni anche quando non è vero. Questo può portare a comportamenti aggressivi e di rifiuto nei confronti degli insegnanti specializzati e degli operatori. Le difficoltà cognitive che i bambini audiolesi possono incontrare includono problemi motori, difficoltà nella comprensione e nella produzione del linguaggio verbale e scritto, disturbi comportamentali e difficoltà nell'apprendimento di lingue straniere. Tra gli obiettivi da perseguire durante la frequenza alla scuola dell'infanzia per i bambini audiolesi ci sono la capacità di osservare e descrivere gli eventi, comprendere le comunicazioni orali, avvicinarsi alla lettura e alla scrittura, esprimersi chiaramente e correttamente, acquisire un'adeguata organizzazione delle conoscenze e utilizzare diversi codici comunicativi come quello gestuale, grafico, pittorico e corporeo. Nel caso di bambini con grave deficit uditivo, l'utilizzo della LIS con l'aiuto degli interpreti scolastici è fondamentale per consentire loro di comprendere le istruzioni e le spiegazioni, partecipare alle attività di apprendimento e cogliere il significato delle parole dette o scritte dall'insegnante. La lettura e la scrittura svolgono un ruolo cruciale nell'educazione dei bambini audiolesi, poiché l'accesso precoce alla comprensione dei testi scritti offre loro la possibilità di interiorizzare diversi codici e registri della lingua, facilitando l'orientamento verso livelli più avanzati di apprendimento formale. Inoltre, l'esposizione a diversi stili e linguaggi narrativi attraverso testi scritti potenzia la capacità di raccontarsi utilizzando varie strategie espressive e comunicative. Per facilitare la comunicazione e l'apprendimento, sono necessari strumenti informatici come software di traduzione simultanea, registratori digitali e sottotitolazione, che possono fornire un valido supporto ai bambini audiolesi nei processi di comunicazione e apprendimento. Il punto di vista educativo richiede di spostare l'attenzione dall'etichetta della sindrome alla persona stessa, considerando i suoi modi specifici di funzionare e i suoi bisogni individuali. Questo comporta la capacità di superare i preconcetti e di modificare il modo di concepire la diversità, riconoscendo che le sindromi genetiche non sono malattie, ma piuttosto caratteristiche individuali. Per aiutare un bambino con sindrome genetica a sviluppare il proprio percorso di crescita umana e sociale, è fondamentale superare l'idea che una volta nota la sindrome siano noti anche tutti i problemi e i bisogni educativi del bambino. Ogni bambino rimane un individuo unico, e quindi è importante evitare di ridurlo alla sua sindrome. Ciò richiede la capacità di valutare i suoi livelli di funzionamento individuali e di identificare ciò di cui ha bisogno per raggiungere traguardi di adultità, inserimento sociale e partecipazione comunitaria. Gli educatori devono concentrarsi su interventi che intercettino i bisogni educativi specifici del bambino con sindrome genetica, aiutandolo a superare gli ostacoli che limitano la sua qualità di vita. Questo non significa fornire cure mediche specifiche, ma piuttosto offrire supporto e risorse per migliorare la sua esperienza di vita e favorire il suo sviluppo complessivo. Meriam Hassine Comunicazione infanzia 3.5 La distinzione tra sindrome e malattia è importante perché il termine sindrome enfatizza le molteplici manifestazioni che possono derivare da un'anomalia genetica, mentre il termine malattia tende a limitarsi a un'unica manifestazione clinica. Ad esempio, la sindrome di Down è preferita alla malattia di Down perché cattura meglio la gamma di caratteristiche associate a questa condizione. Tra le sindromi genetiche che possono influenzare l'ambito della scuola dell'infanzia e dell'educazione speciale ci sono diverse, come la sindrome di Down, la sindrome di Klinefelter, la sindrome associata al sito fragile del cromosoma X, la sindrome di Turner, la sindrome di Duchenne e la sindrome di Marfan, ognuna con le proprie caratteristiche e implicazioni. Quando ci si occupa di bambini con sindromi genetiche, è essenziale riconoscere che hanno bisogni di sviluppo, relazionali, di attenzione e di gioco comuni a tutti i bambini. Gli insegnanti specializzati devono avere conoscenze di base su queste sindromi per comprendere meglio le esigenze dei loro studenti e adattare le loro pratiche educative di conseguenza. noltre, è importante distinguere tra deficit e handicap. Il deficit si riferisce a un danno alle strutture o alle funzioni corporee, mentre l'handicap è la condizione svantaggiosa che ne deriva e che influisce sullo sviluppo complessivo del soggetto. Questo può dipendere da fattori personali, ambientali e dal modo in cui influiscono sul funzionamento, sulle attività e sulla partecipazione sociale. Gli insegnanti specializzati devono comprendere queste distinzioni per affrontare in modo efficace le esigenze dei loro studenti e fornire un supporto adeguato. È importante considerare che il bambino con sindrome genetica ha bisogno di essere trattato e considerato come ogni altro bambino, con diritto a un'educazione e a una promozione integrale della propria persona. Spesso, l'incapacità degli adulti di andare oltre il quadro sindromico e di concentrarsi esclusivamente sui deficit può portare a ulteriori handicap e a difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo umano. Anche se il quadro sindromico può portare a specifiche problematiche e difficoltà di apprendimento, è importante riconoscere che molti dei bisogni educativi del bambino con sindrome genetica sono comuni a quelli di tutti gli altri bambini. Pertanto, l'intervento dell'operatore educativo mira a sviluppare una serie di capacità fondamentali, come l'attenzione, la concentrazione, l'ascolto, l'organizzazione, l'orientamento spaziale e temporale e altre abilità necessarie per affrontare le sfide proprie del quadro sindromico. Questo intervento educativo può richiedere azioni speciali e mirate, volte a intercettare e superare le specifiche difficoltà del bambino. Ad esempio, possono essere necessari percorsi educativi mirati a potenziare abilità motorie, cognitive o sensoriali, oltre a interventi specialistici e riabilitativi condotti da professionisti qualificati. È importante distinguere tra deficit di salute reversibili o irreversibili, che possono richiedere cure mediche specifiche, e fattori personali e ambientali che possono influenzare le funzioni corporee, le attività e la partecipazione sociale del bambino. L'azione educativa mira a migliorare le funzioni e le strutture corporee e psichiche, nonché l'attività e la partecipazione sociale del bambino, affrontando le difficoltà e gli ostacoli che possono emergere lungo il percorso di sviluppo. Queste difficoltà possono derivare sia da specifici deficit che da fattori personali e ambientali, e richiedono un approccio educativo integrato e mirato. Identificare le difficoltà del bambino in relazione agli obiettivi di sviluppo e crescita richiede una valutazione approfondita della sua storia di vita e una comprensione delle questioni che vanno al di là dei problemi di salute o dei deficit. Le azioni educative devono essere mirate alle specifiche esigenze educative del bambino, che possono riguardare il suo funzionamento socio-psico-affettivo e le sue capacità di esecuzione di compiti e richieste. È importante ricordare che l'educazione speciale non è la risposta a tutti i bisogni di crescita e sviluppo del bambino, ma è una risposta specifica a bisogni educativi speciali. Le difficoltà nell'apprendimento possono derivare da problemi sensoriali, percettivi, neurologici e psicomotori, che richiedono un intervento educativo mirato. Non esiste un risultato predefinito per un bambino con sindrome genetica, ma è possibile affermare che, se stimolato adeguatamente, il cervello del bambino può imparare ed evolversi. È importante modificare lo stimolo, il percorso educativo e l'ambiente di apprendimento per favorire il suo sviluppo. Il controllo del gesto grafico è un prerequisito importante per l'avvio del percorso scolastico. La scrittura richiede un alto livello di maturazione neuromotoria, che può essere favorita attraverso esercizi e attività mirate. È importante che il bambino abbia un tono muscolare adeguato e una posizione seduta stabile per ottimizzare le sue prestazioni grafomotorie. Alcune abilità neuromotorie decisive includono il controllo del capo, delle spalle, del tronco e degli arti superiori, nonché il tono muscolare adeguato e la convergenza visiva. Gli insegnanti possono proporre esercizi e attività che coinvolgono il bambino in movimenti e giochi per favorire lo sviluppo di queste abilità. La collaborazione con professionisti qualificati può essere importante per individuare e affrontare in modo appropriato le difficoltà neuromotorie del bambino. Meriam Hassine Comunicazione infanzia 3.6 I bambini con sindrome genetica possono manifestare diverse difficoltà nell'area prassico- motoria, compresa l'impaccio motorio globale, la mancanza di coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica, la mancanza di precisione e rapidità nelle prassie, l'ipotonia muscolare e la facile stancabilità. Queste difficoltà possono influenzare vari aspetti della vita quotidiana e dell'apprendimento. La dominanza e lateralizzazione sono importanti per lo sviluppo di competenze fondamentali come la lettura, la comprensione del testo e la memorizzazione delle informazioni. Se il bambino presenta una buona lateralizzazione, può avere migliori prestazioni scolastiche in queste aree. Lo sviluppo della presa di mano è importante per la scrittura. I bambini con sindrome genetica possono avere problemi di presa di mano a causa dell'ipotonia muscolare o di una eccessiva sensibilità al tatto. Una corretta impostazione della presa di mano favorisce un gesto fluido e funzionale allo sviluppo di altre capacità manuali come colorare, disegnare e scrivere. La coordinazione occhio-mano è un'altra abilità importante che può presentare difficoltà nei bambini con sindrome genetica. È necessario che gli occhi seguano il movimento della mano in modo da esplorare e controllare lo spazio di lavoro. La mano e l'occhio devono sviluppare un buon grado di interdipendenza ed automatismo reciproco per favorire i processi di apprendimento. Nel percorso scolastico, i bambini con sindrome genetica possono faticare a raggiungere gli obiettivi educativi. In alcuni casi, piccoli accorgimenti come l'utilizzo di stencil o la modifica delle istruzioni possono migliorare la partecipazione del bambino alle attività scolastiche. Inoltre, è importante considerare la competenza di orientamento nello spazio foglio, poiché questa abilità influisce sull'esecuzione corretta dei compiti proposti dall'insegnante. Utilizzare materiali e tecniche adatte può aiutare il bambino a superare le sfide legate alla scrittura e ad altre attività scolastiche. Infine, è fondamentale saper accogliere la riga e saper vedere il quadretto come punto di partenza per insegnare l'ortografia del segno. La capacità di tracciare un segno sul quadretto è legata alla convergenza altamente sofisticata. Se il bambino non vede il quadretto correttamente, potrebbe avere difficoltà a ripetere i segni tracciati dall'insegnante, e l'organizzazione motoria del gesto grafico potrebbe risultare imprecisa e disgrafica. L'attenzione dedicata alla scuola dell'infanzia nell'ambito dell'educazione speciale è fondata sulla crescente funzione vicariante o complementare nei confronti della famiglia che tale scuola assume. Il passaggio attraverso la scuola dell'infanzia è cruciale anche per i bambini con disabilità, poiché è il luogo in cui si forma in gran parte il loro futuro di adulti nella società. Pertanto, questa istituzione deve essere considerata una vera e propria scuola, un ambiente educativo e socializzante specifico. La scuola dell'infanzia offre esperienze di gioco, esplorazione, comunicazione e apprendimento pensate e programmate intenzionalmente, organizzate nello spazio e nel tempo in modo diverso dal mondo familiare. È pensata e organizzata al fine di contribuire alla formazione integrale della personalità dei bambini dai 3 ai 5 anni. È importante considerare il bambino come un essere attivo, capace di interagire e fornitore di diritti, il primo dei quali è garantire la possibilità di sviluppare tutte le proprie potenzialità fisiche e mentali, specialmente se ha una disabilità. Va notato che la scuola dell'infanzia non è organizzata come sede in cui vengono impartiti insegnamenti disciplinari come la grammatica o l'aritmetica. Educare e istruire sono due concetti differenti: educare significa valorizzare le risorse potenziali del bambino nel contesto culturale e sociale, mentre istruire riguarda l'impartire istruzioni specifiche, tecniche e abilità per un inserimento produttivo nella società. La continuità educativa tra scuola dell'infanzia e scuola primaria è importante, e il passaggio del bambino tra queste due fasi deve essere accompagnato gradualmente e correttamente. È essenziale che gli educatori comprendano il patrimonio conoscitivo di ciascun allievo nel momento in cui lo incontrano per la prima volta. Affrontare il tema del ritardo mentale nell'ambito educativo richiede una sensibilità particolare e un approccio rispettoso nei confronti della persona. Troppo spesso, purtroppo, il bambino con ritardo mentale viene considerato solo in relazione al suo deficit e non per la sua interezza come individuo. È essenziale riconoscere che il bambino con ritardo mentale ha diritti e doveri come qualsiasi altra persona. Deve essere rispettato nella sua dignità umana e nella sua individualità. Desidera realizzare le sue aspirazioni affettive e sessuali, amare, comunicare e interagire con gli altri. Gli insegnanti hanno una grande responsabilità in questo contesto. Possono contribuire ad accogliere e favorire l'integrazione del bambino con ritardo mentale, fornendo interventi educativi adeguati e rispettosi. Il futuro di questi individui dipende anche dalla presenza di persone capaci di affrontare e risolvere i problemi legati alla disabilità. È importante comprendere che il bambino con ritardo mentale ha bisogno di un intervento educativo e didattico che tenga conto delle sue specifiche esigenze. Questo intervento deve considerare non solo le limitazioni cognitive, ma anche le difficoltà nel funzionamento adattivo, ovvero la capacità di far fronte alle esigenze quotidiane e di adattarsi agli standard di autonomia personale previsti per la sua età e contesto socio-culturale. Il funzionamento adattivo può essere influenzato da diversi fattori, e spesso richiede un approccio riabilitativo mirato. È importante che gli insegnanti comprendano queste sfide e siano in grado di fornire un supporto adeguato al bambino con ritardo mentale, sia sul piano cognitivo che comportamentale. Inoltre, è fondamentale adottare un approccio flessibile e personalizzato nell'elaborare progetti educativi per questi bambini, considerando le loro specifiche necessità e potenzialità. Questo può comportare la necessità di adattare le metodologie di insegnamento e di supportare il bambino in modo individuale nel suo percorso di apprendimento e sviluppo. È fondamentale garantire un ambiente sereno e accogliente per gli studenti con ritardo mentale, in modo che possano esprimere al meglio le proprie capacità e sentirsi parte integrante del gruppo. Se un bambino si sente isolato o giudicato negativamente, può essere difficile per lui partecipare attivamente alle attività educative e sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti dell'apprendimento. Le persone con ritardo mentale possono manifestare un funzionamento intellettivo generale anomalo e insufficienze nel funzionamento adattivo, che possono influenzare diversi aspetti della loro vita quotidiana e relazionale. Alcune caratteristiche comuni includono la viscosità del ragionamento, la rigidità di pensiero, la lentezza e la regressione nell'apprendimento. Un intervento educativo precoce è cruciale per favorire lo sviluppo ottimale del bambino con ritardo mentale. È importante credere nelle sue potenzialità e incoraggiarlo a esplorare soluzioni ai problemi. Le attività educative dovrebbero essere concrete e mirate, con un forte impegno relazionale e affettivo da parte degli operatori. È essenziale anche fornire opportunità di successo al bambino con ritardo mentale, in modo che possa acquisire fiducia nelle proprie capacità e sentirsi motivato a continuare a impegnarsi nel processo di apprendimento. Infine, è importante comprendere che il ritardo mentale è una condizione di sviluppo psichico interrotto o incompleto, caratterizzata da compromissioni delle abilità cognitive, linguistiche, motorie e sociali. Gli individui con ritardo mentale sono più vulnerabili allo sfruttamento e alla violenza fisica e sessuale, quindi è importante fornire loro un ambiente sicuro e protetto dove possano sviluppare le proprie abilità e relazioni sociali in modo positivo. Meriam Hassine