Psicologia e psicopatologia clinica PDF

Summary

This document provides an overview of current models in the field of clinical psychology, focusing on genetic and neuroscience perspectives. It examines the interplay of genes and environment, highlighting concepts like gene expression, polygenes, and epigenetics. The text also considers the role of neurotransmitters and brain connectivity in psychological disorders.

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Psicologia e psicopatologia clinica Psicopatologia clinica o nosologica: identifica i sintomi significativi per le presunte distinzioni nosografiche (inquadramento del paziente in una data categoria) e li raggruppa in sistemi nosografici, cioè sindromi ed entità diagnostiche. In questo modo, ha post...

Psicologia e psicopatologia clinica Psicopatologia clinica o nosologica: identifica i sintomi significativi per le presunte distinzioni nosografiche (inquadramento del paziente in una data categoria) e li raggruppa in sistemi nosografici, cioè sindromi ed entità diagnostiche. In questo modo, ha posto le basi per gli studi sulle cause dei disturbi mentali, cioè sulla psicopatologia eziologica. Attuali modelli teorici della psicopatologia 1. GENETICO Quasi tutti i comportamenti sono in qualche misura ereditabili, i geni non operano in modo isolato dall’ambiente ma esso modella l’espressione di questi ultimi e viceversa secondo una relazione di tipo bidirezionale. Geni —> portatori di informazioni genetiche (DNA) Espressione genica —> le proteine influenzano l’azione di un determinato gene Poligenesi —> espressioni geniche multiple che interagiscono con l’ambiente di una persona Ereditarietà —> misura in cui la variabilità del comportamento è dovuta a fattori genetici. La sua stima varia da 0,00 a 1,00 ed è un’indicatore di gruppo piuttosto che individuale. Epigenetica —> come l’ambiente può alterare l’espressione o la funzione dei geni Ambiente condiviso —> eventi ed esperienze che i membri della famiglia hanno in comune Ambiente non condiviso (unico) —> eventi ed esperienze che sono distinti per ciascun membro della famiglia genetica del comportamento Studio del grado di influenza dei geni e dei fattori ambientali sul comportamento (non su come i geni o l’ambiente determinano il comportamento). Genotipo —> composizione genetica ereditata da un individuo, non osservabile. Fenotipo —> materiale genetico espresso, caratteristiche comportamentali osservabili. Esso dipende dall’interazione tra genotipo e ambiente. genetica molecolare Identifica i geni e le loro funzioni, le differenze tra le persone nella sequenza dei geni e nella struttura di essi. Alleli —> forme diverse dello stesso gene Polimorfismo —> differenza nella sequenza di DNA di un gene che si verifica in una popolazione. - polimorfismo di singolo nucleotide : differenza tra le persone in un singolo nucleotide nella sequenza del DNA di un particolare gene. Variazione nel numero di copie —> copia anomala di una o più sezioni di DNA all’interno del/i gene/i. interazione geni-ambiente La sensibilità di una persona a un evento è influenzata dai suoi geni 2. NEUROSCIENTIFICO I disturbi psicologici sono legati a processi aberranti nel cervello. Serotonina e dopamina —> implicato in depressione, schizofrenia e mania Noprepinefrina —> coinvolto negli stati di attivazione fisiologica (iperarausal), nell’ansia e negli altri disturbi stress-correlati ( sistema nervoso simpatico) Acido amminobutirrico (GABA) —> implicato nei processi inibitori e coinvolto nei disturbi d’ansia I neurotrasmettitori contribuiscono alla psicopatologia a seguito di: livelli eccessivi o inadeguati, problemi di sintesi a livello metabolico dei neuro, ricaptazione insufficiente, recettori difettosi. Le ricerche più recenti si focalizzano sulla connettività di diverse regioni piuttosto che sulle funzioni di regioni isolate: Connettività strutturale (anatomica) —> come le diverse strutture sono connesse attraverso la materia bianca. Connettività funzionale —> come le regioni cerebrali sono connesse funzionalmente, valutato tramite le correlazioni nei segnali dipendenti dall’ossigeno nel sangue (BOLD), misurati tramite fMRI. Connettività effettiva —> combina connettività strutturale e funzionale, aiuta a comprendere direzione e tempistica dell’attività nelle regioni. Reti cerebrali —> raggruppamenti di regioni collegate tra loro in modo che l’attivazione di queste ultime sia correlata in modo affidabile. Gran parte del nostro comportamento dipende dalla capacità del sistema nervoso autonomo (ANS) di rispondere in modo rapido e flessibile all’ambiente, in particolare innerva le ghiandole endocrine, il cuore e la muscolatura liscia di tutto il corpo ed è particolarmente coinvolto nella manifestazione dei disturbi d’ansia. Cortisolo —> lo stress cronico può aver un impatto sulla funzione dell’asse ipotalamo- ipofisi-surrene (HPA) riguardo la manifestazione dei disturbi d’ansia. A seguito dell’attivazione, infiammazione, infezione o affaticamento dell’HPA si attivano le citochine (molecole proteiche, messaggeri del sistema immunitario) che possono anche produrre infiammazioni utili (citochine pro-infiammatorie). Esse sono implicate in disturbi come la depressione e la schizofrenia. Un disturbo è frutto di un malfunzionamento a livello di circuiti cerebrali non di singole aree, più disturbi hanno alterazioni nelle stesse aree, negli stessi neurotrasmettitori o nelle stesse interconnessioni come ADHD e schizofrenia. Anche interventi non biologici possono influenzare il funzionamento del cervello (psicoterapia). 3. Cognitivo - Comportamentale Radicato nei principi dell’apprendimento e nella scienza cognitiva: il comportamento problematico continua se viene rinforzato. La CBT (terapia cognitivo-comportamentale) si occupa di pensieri, percezioni, giudizi e affermazioni di sé e assunti inconsci. Agisce secondo una ristrutturazione cognitiva, come cambiare uno schema di pensiero che a sua volta può modificare sentimenti, comportamenti e sintomi. Il cervello supporta il comportamento al di fuori della consapevolezza cosciente: Memoria implicita —> memoria formata senza consapevolezza. Una persona può inconsciamente essere influenzata da un’apprendimento precedente. Le persone con ansia sociale e depressione hanno problemi con i compiti di memoria implicita. Un’esempio di CBT è la terapia di Beck per la depressione: si basa sull’idea che i pensieri negativi influenzano emozioni e comportamenti, secondo una triade cognitiva che comprende una visione negativa di sé, del mondo e del futuro, centrale nella depressione. La terapia di Beck mira a riconoscere e modificare questi pensieri automatici disfunzionali attraverso tecniche come la ristrutturazione cognitiva. 4. Socio - Emozionale Questo modello include: un lato emotivo ( componenti espressive, comportamentali e fisiologiche) l’85% dei disturbi include disturbi di qualche tipo nell’elaborazione delle emozioni. Le emozioni sono stati di durata piuttosto breve, gli stati d’animo sono esperienze emotive più durature. Componenti delle emozioni: espressiva —> comportamento ed espressioni Esperenziale —> sentimenti soggettivi Fisiologica —> cambiamenti nel corpo che accompagnano l’emozione La maggior parte della psicopatologia comprende disturbi di una o più componenti. Stato affettivo ideale —> tipi di stati emotivi che una persona idealmente vorrebbe provare. Essi variano a seconda dei fattori culturali: occidente felicità come stato ideale, oriente la calma, o in generale emozioni positive meno eccitanti. uno socioculturale ( genere, cultura, etnia, relazioni, fattori di stress ambientale) - Alcuni disturbi colpiscono uomini e donne in modo diverso - Concettualizzazione e significato dei sintomi possono variare in base al paese/ cultura. - La disuguaglianza di reddito è associata a esiti sulla salute mentale, come la povertà è correlata al disturbo antisociale di personalità, a disturbi d’ansia e alla depressione. - Le droghe e i loro effetti variano a seconda dell’etnia. - Fattori ambientali possono scatenare, slatentizzare o mantenere i sintomi di diversi disturbi. - La cultura influenza l’espressione dei sintomi, la disponibilità di un trattamento e la volontà di curarsi. uno interpersonale (relazioni, fattori di stress interpersonali, stress precoce causato da traumi etc..). La qualità delle relazioni influenza molto i disturbi con fattori come la vicinanza, il sostegno offerto, il grado di ostilità, il ruolo di traumi, eventi gravi o stress. Inoltre è molto importante il supporto sociale nel decorso della psicopatologia. Terapia interpersonale.—> focus sull’impatto delle relazioni correnti, sui problemi interpersonali come lutti irrisolti, problemi sociali, di lavoro etc… Diagnosi e valutazione Vantaggi della diagnosi: primo passo per una buona assistenza medica Facilita la comunicazione tra professionisti Fa progredire la ricerca sulle cause e sui trattamenti L’affidabilità della diagnosi consiste nella coerenza e precisione con cui un disturbo viene identificato e viene misurata da 0 a 1. Tipi di affidabilità: Inter-rater reliability: grado di concordanza nel giudizio espresso da due osservatori indipendenti su uno stesso fenomeno osservato. Test-retest reliability: grado in cui un soggetto osservato in due momenti diversi o sottoposto a due misure dello stesso test tende a ottenere punteggi simili. Forme alternative reliability: due versioni dello stesso test riportano risultati simili Coerenza interna: valuta se gli item di un test sono tra loro correlati, dunque misurano caratteristiche di uno stesso costrutto. La validità si riferisce alla capacità della diagnosi di riflettere accuratamente la condizione clinica di un paziente, misure inaffidabili non hanno buona validità, non producono risultati coerenti e non avranno una forte correlazione con altre misure. 3 tipi di validità: Validità di criterio: valutata determinando se il punteggio di un test è associato in modo costante e prevedibile al punteggio di un altro test che misura lo stesso fenomeno. Validità di contenuto: indica se una misura rappresenta adeguatamente tutti gli aspetti del disturbo Validità di costrutto: se la diagnosi è correlata ad altre misure e comportamenti attesi. L’affidabilità non garantisce validità. DIAGNOSI Definizioni concordate e classificazione dei disturbi in base a sintomi e segni, basato sul DSM. Per ogni disturbo psicologico il DSM-5 fornisce: criteri diagnostici per una diagnosi Descrizione delle caratteristiche associate (risultati di laboratorio o di esami fisici) Sintesi della letteratura di ricerca (età di insorgenza, decorso, prevalenza, fattori di rischio e prognosi, culturali e di genere e diagnosi differenziale) Il DSM definisce le diagnosi dunque sulla base dei sintomi e i capitoli sono organizzati in modo da riflettere i modelli di comorbità (coesistenza di più patologie in un individuo) e le cause condivise (fattori che possono contribuire all’insorgenza di più disturbi mentali in un individuo). La cultura, come abbiamo visto, influenza molto la diagnosi, seguendo un’approccio interculturale identifichiamo sindromi ampie che possono essere identificate in tutte le culture, seguendone uno specifico teniamo in considerazione i concetti culturali di disagio per la comprensione dei disturbi. Criticità del DSM: - continuo aumento delle categorie diagnostiche che potrebbe portare a pensare ad una tendenza a patologizzare anche reazioni relativamente comuni. (Bah) - Alti livelli di comorbità Presenza di una seconda diagnosi Il 45% delle persone con diagnosi di un disturbo del DSM-IV soddisfa i criteri per un secondo disturbo Alcuni sintomi appaiono in più di una categoria diagnostica Allo scopo di minimizzare le criticità è stato proposto di ridurre il numero di categorie diagnostiche attraverso 2 approcci: 1. Tassonomia gerarchica della psicopatologia (HiTOP): organizza la psicopatologia in una gerarchia di spettri che vanno da sintomi specifici a categorie più ampie. 2. Research Domain Criteria (RDoC): studio di variabili psicologiche rilevanti per molte patologie. Il DSM deve aumentare la sua affidabilità per essere l’unico strumento di diagnosi per ora necessaria un alta inter-rater reliability. Per quanto riguarda la validità è necessario valutare la validità di costrutto per una diagnosi. VALUTAZIONE Per far si che un colloquio clinico sia efficiente bisogna innanzitutto stabilire una buona relazione, conquistare la fiducia del paziente ed empatizzare con lui. Vari tipi di valutazione: intervista non strutturata: colloquio meno affidabile, a discrezione del clinico e altamente flessibile con poche linee essenziali da seguire. Intervista strutturata: intervista standardizzata (domande e ordine di esse prestabiliti), buona affidabilità inter-rater per la maggior parte delle categorie diagnostiche. Un esempio è la SCID. Colloquio per valutare lo stress: Si considera la GAS (sindrome generale di adattamento): modello che descrive come gli organismi rispondono a fattori di stress. Include una risposta biologica con modificazioni fisiologiche a stress prolungato. Esperienza soggettiva di disagio in risposta a problemi ambientali percepiti influenzata da caratteristiche individuali e ambientali. Si compone di 3 fasi: allarme, resistenza, esaurimento. Un esempio di colloquio è il LEDS (Life stressor) che valuta i problemi ambientali che innescano la sensazione oggettiva di stress. Intervista semi-strutturata su oltre 200 stressor che valuta l’importanza di un evento nel contesto delle circostanze di vita di una persona. Esclude gli eventi di vita che sono conseguenze dei sintomi. Data accuratamente il momento in cui si è verificato un fattore di stress nella vita. test di personalità Personalità come insieme delle caratteristiche del nostro comportamento, definisce il modo di agire. Per valutarla ci sono questionari o prove autodescrittive con valutazione delle tendeze affettive e comportamentali. Tipi di test: MMPI-2-RF (Minnesota multiphasic p inventory): Profilazione del funzionamento psicologico con scale di validità per rilevare l’eccesso o il difetto di segnalazione dei sintomi. BFI-2 (big five inventory) e NEO-PI (neo personality inventory): entrambi valutano I 5 grandi domini della personalità: apertura all’esperienza, coscienziosità, estroversione, gradevolezza, nevroticismo. test proiettivi Ad esempio il Thematic Apperception test e il test di Rorschach. Si basano sul fatto che essendo gli stimoli propositi ambigui e non strutturati, saranno soprattutto i processi inconsci a determinare le risposte della persona rivelandone atteggiamenti, motivazioni e comportamenti. Questi test hanno però una bassa validità. test cognitivi e d’intelligenza Valutano le capacità cognitive attuali, hanno alta affidabilità e buona validità ma spiegano solo una piccola parte delle capacità espresse dagli individui in termini di prestazione. test neuropsicologico Individua aree cognitive specifiche di compromissione, forniscono indizi sulla posizione del danno cerebrale e rilevano disfunzioni e deficit di prestazione. osservazione diretta del comportamento Osservazione diretta, interviste e misure self-report, spesso si interviene in un ambiente di laboratorio. campionamento delle esperienze Gli individui si auto-monitorano e tengono traccia del proprio comportamento, la raccolta dati avviene in tempo reale tramite diari o smartphone: conosciuto anche come valutazione ecologica del momento (EMA). questionari autodescrittivi Utilizzati per aiutare a pianificare gli obiettivi del trattamento. Può aiutare a determinare se il cambiamento è avvenuto in risposta ad un intervento. Il formato è spesso simili ai test di personalità. valutazione neurobiologica Brain imaging - CT —> rileva le differenze nella densità dei tessuti o anomalie strutturali - MRI —> simile alla CT ma con qualità maggiore: i segnali elettromagnetici si traducono in un’immagine del tessuto. - fMRI —> misura i BOLD, dunque il flusso sanguigno. - PET —> isotopo radioattivo iniettato nel sangue, utilizzato per valutare il funzionamento dei neurotrasmettitori nel cervello, meno preciso nell’analisi strutturale - SPECT —> isotopo radioattivo ad alta disponibilità iniettato. Valutazione psicofisiologica Misura del sistema nervoso autonomo, adottata per comprendere gli aspetti delle emozioni. - ECG (elettrocardiogramma) —> misura la frequenza cardiaca (HR) - Risposta elettrodermica (conduttanza cutanea) —> attività delle ghiandole sudoripare - Respirazione —> ritmo in condizione di riposo e attività Stimolazione cerebrale Permette di verificare le ipotesi su come il comportamento si associa al funzionamento delle diverse aree cerebrali. Potenziali scopi terapeutici ancora in corso di valutazione, tecniche non invasive: - TMS - tDCS - VNS Metodi di ricerca in psicopatologia Scienza —> ricerca sistematica della conoscenza attraverso l’osservazione: formare una teoria e raccogliere dati per verificarla. Teoria —> l’obiettivo comune è quello di comprendere le relazioni causa-effetto: attenzione dei test rivolta a confutare piuttosto che a provare una teoria. Ipotesi —> aspettative su ciò che dovrebbe accadere se la teoria è vera. STUDIO DEL CASO SINGOLO Racconta di informazioni biografiche dettagliate. Il tipo di informazioni raccolte è qualitativo e alcuni dati oggettivi individuali, rappresenta il punto di partenza per sudi quantitativi già ampi e sistematici. STUDIO CORRELAZIONALE Studio qualitativo della relazione tra due o più variabili misurate per come si presentano in natura. Caratteristiche: - forza —> si prende in considerazione il coefficiente di correlazione (r) che varia da -1 a + 1: un r pari a 0 indica che non c’è relazione tra le variabili. Più alto è il valore assoluto, più forte è la relazione. - Direzione —> positiva (punteggi più alti sulla variabile X associati a punteggi più alti sulla variabile Y) ; negativa (punteggi più alti sulla variabile X associati a punteggi più bassi sulla variabile Y). - Significatività statistica —> probabilità che una correlazione osservata tra due variabili non sia dovuta al caso. l’ipotesi nulla è vera nel 5% o meno dei casi (probabilità minore o uguale a 0.05), può essere influenzata dal numero dei partecipanti: campione più ampi aumentano la probabilità di significatività. - Significatività clinica —> studia se la relazione tra le variabili è abbastanza grande da essere importante. Limite: impossibile determinare relazioni di causa-effetto in quanto la correlazione non implica la causalità. Per superare il limite, dunque per identificare le relazioni causali: disegno longitudinale —> osservazioni ripetute delle stesse variabili nel tempo permettendone di analizzare cambiamenti e sviluppi, esamina se le cause sono presenti prima che si sviluppi il disturbo. Disegno trasversale —> tipo di ricerca che raccoglie i dati da un campione di individui in uno stesso momento, dunque misura cause ed effetti nello stesso momento. problema della terza variabile (confounding variabile) —> la variabile Z causa sia la variabile X che la variabile Y. Studio epidemiologico —> di solito studi correlazioni che esaminano la relazione tra le variabili sera manipolarne alcuna. Sono progettati per essere rappresentativi di una popolazione. Esempio di studio epidemiologico: the national comorbidity survey-replication Indagine nazionale su larga scala composta da interviste strutturate per raccogliere info sulla prevalenza di diverse diagnosi. La conoscenza dei correlati dei disturbi può fornire indizi sulle cause dei disturbi stessi. Altri studi correlazionali: studi sulla genetica del comportamento Studia come i fattori genetici influenzino i tratti comportamentali e di conseguenza stima la predisposizione genetica al disturbo. Utilizza metodi come gli studi su gemelli e adozioni per separare effetti genetici da effetti ambientali: Metodo familiare: usato per studiare la predisposizione genetica a un disturbo fra gli appartenenti a una stessa famiglia. Studi sui gemelli: si basano sull’identificazione dei casi per i quali è stata tratta la diagnosi di un certo disturbo mentale, dunque esamina l’altro gemello per verificare l’eventuale presenza dello stesso disturbo. La concordanza sarà maggiore nei gemelli monozigotici e dizigotici. Studi su adottati: il cross fostering è lo studio in cui uno dei genitori adottivi soffre del disturbo in esame (influenza ambientale). STUDIO SPERIMENTALE Principalmente un metodo quantitativo, comprende una variabile indipendente manipolata dallo sperimentatore, una variabile dipendente che varia in base alle condizioni della variabile indipendente, un gruppo di controllo (Partecipanti che non ricevono il trattamento, condizione standard rispetto al quale viene giudicata l'efficacia del trattamento) e l’assegnazione randomizzata dei partecipanti a vari gruppi. È usato per valutare le relazioni di natura causale e l’efficacia di interventi clinici. Validità interna: misura quanto i risultati riflettano realmente le relazioni di cause- effetto tra le variabili ind e dip; Validità esterna: grado di generalizzazione dei risultati al di fuori dello studio; Esperimento su caso singolo lo sperimentatore studia come una persona risponde alle manipolazioni di una variabile indipendente. Alta validità interna. - Disegno di inversione (disegno ABAB) Forma di ricerca a soggetto singolo, utilizza una fase di baseline (A) seguita da una fase di manipolazione, dunque di trattamento (B) seguita a sua volta da un ripristino della baseline con successiva reintroduzione del trattamento. Il disegno ABAB però non può essere sempre utilizzato poiché lo stato iniziale potrebbe non essere recuperabile, c’è inoltre una potenziale mancanza di validità interna. Ricerca sugli esiti di un trattamento (esempio di esperimento) La ricerca sugli esiti dei trattamenti si propone l’obiettivo di rispondere alla domanda: il trattamento funziona? Uno studio sugli esiti di un trattamento deve fondarsi sui seguenti criteri: 1) chiara definizione del campione, fornendo ad esempio una descrizione precisa dei criteri diagnostici 2) chiara descrizione del trattamento che viene offerto e definirne gli obiettivi 3) inclusione disegno sperimentale di un gruppo di controllo od il trattamento di confronto 4) assegnazione randomizzata di pazienza al gruppo di trattamento o a quello di controllo 5) misure dell’esito che siano valide ed affidabili 6) un campione sufficientemente grande da condurre test statistici 7) uso di manuali di trattamento Gli studi in cui i soggetti sono assegnati a caso al gruppo che riceve il trattamento in esame oppure gruppo di controllo sono detti trial controllati randomizzati RCT. Definire la condizione di controllo: gruppo di confronto —> fornisce la prova che i cambiamenti durante il trattamento sono dovuti al trattamento stesso Trattamento come di consueto —> confronto tra il trattamento standard e una nuova offerta terapeutica Controllo placebo —> assenza di principi attivi, miglioramenti dovuti alle aspettative di sollievo dai sintomi Active control treatment —> confronto tra un nuovo trattamento e un trattamento ben testato Definire il campione: importante reclutare persone con caratteristiche simili a quelle delle persone che cercano un trattamento. Le differenze culturali ed etniche nella disponibilità a cercare un trattamento possono limitare la rilevanza dei risultati della ricerca per le popolazioni minoritarie Alcuni partecipanti vengono esclusi per motivi etici, ad esempio quelli ad alto rischio di suicidio. Valutare l’efficacia: l’APA richiede, per supportare un trattamento, che due gruppi di ricerca indipendenti abbiano riportato effetti positivi nel gruppo sperimentale. Potenziali danni delle terapie: fino al 10% delle persone è più sintomatico dopo la terapia rispetto a prima dell’inizio della stessa, anche se questo non significa necessariamente che la terapia abbia causato un danno. Esperimenti analogici in psicopatologia Cercano di replicare fenomeni clinici in laboratorio inducendo sintomi temporanei, non sempre possibili per ragioni etiche o pratiche. Importante reclutare partecipanti com somiglianze con disturbi diagnosticabili. (Anche su animali). c’è un dibattito sulla validità esterna di questi studi, dunque sulla generalizzabilità. Affinché uno studio sia valido è necessario che sia replicabile ed è necessario che la pubblicazione sia precisa per evitare di influenzare negativamente gli studi a seguire: Pubblication bias —> tendenza a pubblicare solo risultati postivi Problemi di replicabilità: campioni di piccole dimensioni Misure inaffidabili Metodi dello studio di ricerca originale non ben descritti Differenze metodologiche o caratteristiche del campione Pratiche di ricerca discutibili: - bias di conferma —> selezionare i risultati che supportano le ipotesi - P-hacking —> modificare i dati fino a identificare un risultato significativo Soluzioni per favorire la replicabilità: preregistrazione della ricerca Rendere i dati disponibili al pubblico una volta completato lo studio I consumatori di scienza sono invitati a considerare se i risultati sono stati replicati Uso di campioni più ampi Systematic review e meta Analysis—> strumenti per sintetizzare e analizzare dati provenienti da studi primari. I disturbi dell’umore Emozione —> esperienza psicofisiologica immediata e automatica che predispone l’individuo a mettere in atto determinati comportamenti essenziali per la propria sopravvivenza (funzione adattiva). Sentimento —> emozione esperita ed elaborata coscientemente, mentre l’emozione è un fenomeno universale, il sentimento è un’esperienza soggettiva che dipende in gran parte da ciò che la persona ha appreso circa le emozioni dall’ambiente dove è cresciuto. Umore —> stato d’animo persistente e profondo che si differenzia dai sentimenti e dalle emozioni per il fatto di essere meno specifico, meno intenso e meno suscettibile ad uno stimolo o evento recente. Esso ha una valenza positiva o negativa (polarità), mania (polo positivo) depressione (polo negativo). I disturbi dell’umore comportano disturbi invalidanti delle emozioni, dall’estrema tristezza e disimpegno della depressione all’estrema euforia e irritabilità della mania. Disturbi unipolari —> coinvolgono alterazioni dell’umore che si verificano principalmente verso una sola direzione, ovvero in uno stato depressivo. Disturbi bipolari —> coinvolgono alterazioni in entrambe le direzioni: mania/ipomania e depressione. I DISTURBI DEPRESSIVI Sintomi cardinali —> profonda tristezza (umore depresso) e incapacità di provare piacere (anedonia) Sintomi accessori —> sintomi psico-fisici Disturbo depressivo maggiore È un disturbo episodico, un episodio depressivo con il tempo tende a regredire ma se non trattato può prolungarsi per più tempo, gli episodi tendono a essere ricorrenti. È necessario per la diagnosi che siano presenti per 2 settimane, 5 o più dei seguenti sintomi, di cui almeno 1 riferito all’umore depresso o alla perdita di interesse e piacere: A: 1) umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno 2) Mancata diminuzione di interesse o di piacere per tutte o quasi tutte le attività 3) Significativa perdita o aumento di peso (senza essere a dieta) o di appetito quasi ogni giorno 4) Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno 5) Agitazione o rallentamento piscomotorio quasi ogni giorno osservabile dagli altri, non semplicemente sentimenti soggettivi 6) Faticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno 7) Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati quasi ogni giorno 8) Ridotta capacità di pensiero, concentrazione o indecisione quasi ogni giorno 9) Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria B: i sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o altre aree importanti C: l’episodio non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica D: il verificarsi dell’episodio depressivo maggiore non è meglio specificato dal disturbo schizoaffettivo, dalla schizofrenia, dal disturbo schizofreniforme, dal disturbo delirante o dal disturbo dello spettro della schizofrenia e alerei disturbi psicotici con altra specificazione o senza specificazione. E: non vi è mai stato un episodio maniacale o ipomaniacale Speicificatori di gravità e decorso: Lieve —> moderato —> grave con sintomi psicotici In remissione parziale In remissione completa Non specificato Co-presenza di ansia Caratteristiche miste, melanconiche, atipiche, psicotiche congruenti all’umore, psicotiche non congruenti all’umore Catatonia Esordio nel peripartum Andamento stagionale In una ridotta percentuale di persone la depressione si cronicizza: la persona nn recupera mai del tutto e non ritorna al livello di funzionamento precedente al disturbo. Il numero degli episodi esperiti da un soggetto mediamente è 4 e ogni episodio aumenta la probabilità di una successiva recidiva. Distimia A differenza del disturbo depressivo maggiore, caratterizzato da una natura episodica, ili disturbo depressivo persistente è caratterizzato da una cronicità dei sintomi come elemento chiave anche se meno numerosi rispetto al DDM. A: presenza per almeno 2 anni di umore depresso quasi ogni giorno B: presenza, quando depresso, di 2 o più dei seguenti sintomi: 1) scarso appetito o iperfagia 2) Insonnia o ipersonnia 3) Scarsa energia o astenia 4) Bassa autostima 5) Difficoltà di concentrazione o indecisione 6) Sentimenti di disperazione C: durante i 2 anni di malattia l’individuo non è mai stato privo dei sintomi D: i criteri per un DDM possono essere presenti per due anni E: non è mai stato presente episodio maniacale o ipomaniacale, né sono mai stati soddisfatti i criteri per un disturbo ciclotimico F: i sintomi non devono essere causati da disturbi psicotici, sostanze o condizioni mediche G: i sintomi sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o di altra condizione medica Note epidemiologiche dei disturbi depressivi: prevalenza lifetime (probabilità che un individuo sviluppi la malattia in tutto l’arco della propria vita): in USA 16,2 per DDM e 5% per distimia. Rapporto 2:1 donne - uomini Rapporto 3:1 poveri - benestanti dati ISTAT 2017 (italia): 2,8 milioni di italiani con una percentuale crescente all’aumentare dell’età Dati ISTAT 2019 (italia): il 5,5% sulla popolazione generale è affetta da questi disturbi (circa 3,5 milioni di persone) Età di esordio in continuo ribasso, oggi media intorno ai 20 anni Forti differenze culturali legate sia al luogo di provenienza (alternanza luce-buio) che a fattori economici e culturali DDM e distimia spesso in comorbità tra loro e con il disturbo d’ansia Elenco delle comorbilità Disturbi mentali —> disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disturbi di personalità Disturbi organici —> HIV, neoplasie, malattie cardiocircolatorie, diabete, malattie neurologiche I DISTURBI BIPOLARI Sintomi cardinali —> sintomi maniacali Sintomi accessori —> depressione Sintomi della mania: 1) aumentata forza e sensazione di energia 2) Autostima esagerata 3) Atteggiamento gioioso, euforico ed esuberante 4) Loquacità smodata e disinibita 5) Ideazione megalomanica e mancata percezione del senso del limite 6) Comportamento esageratamene prodigo ed incontrollato 7) Ipersessualismo e comportamenti sregolati ed irresponsabili 8) Ridotta capacità di critica e di giudizio e ridotta percezione del rischio e del senso del pericolo 9) Abuso di sostanze psicostimolanti e alcol 10) Diminuito bisogno di sonno e aumento dell’appetito Episodio maniacale Periodo di tempo di almeno 1 settimana in cui l’umore è elevato o irritabile in modo anormale e persistente, sono presenti almeno 3 dei seguenti sintomi: 1) autostima ipertrofica 2) Diminuito bisogno di sonno 3) Maggiore loquacità 4) Fuga di idee 5) Distraibilità 6) Aumento dell’attività finalizzata o agitazione psicomotoria 7) Eccessivo coinvolgimento in attività ludiche potenzialmente dannose I sintomi causano compromissione nel funzionamento sociale, lavorativo, relazionale e non sono conseguenza di sostanze o condizioni mediche generali Episodio ipomaniacale - Caratterizzato dagli stessi criteri diagnostici del maniacale con la differenza che la durata è più breve. - Gravità non tale da compromettere il funzionamento sociale, lavorativo - No manifestazioni psicotiche (altrimenti maniacale) - L’episodio non si può attribuire agli effetti fisiologici di una sostanza - Episodi comuni nel DB I ma non sono richiesti per la diagnosi. Disturbo bipolare I Caratterizzato da uno o più episodi maniacali attuali o pregressi, solitamente accompagnati da episodi depressivi maggiori e/o da episodi ipomaniacali. Disturbo bipolare II È necessario soddisfare i criteri per un attuale o pregresso episodio ipomaniacale e per un attuale o pregresso episodio depressivo maggiore. Ha una diagnosi difficile da fare poiché: solo eccezionalmente l’ipomania di per sé conduce i pazienti a chiedere un trattamento (si presentano spesso per altri problemi) Una storia di episodi ipomaniacali pregressi può essere svelata solo in seguito ad un indagine retrospettiva accurata Indipendentemente dai criteri utilizzati la diagnosi di depressione bipolare II dipende dalla capacità del paziente di ricordare le fasi ipo, ma soprattutto dalla consapevolezza che queste ultime costituiscono degli episodi di malattia Disturbo ciclotimico Per almeno due anni continue attrazioni del tono dell’umore che non abbiano mai soddisfatto i criteri per episodi maniacali, ipomaniacali o depressivi. Note epidemiologiche: - Prevalenza 0.6% per bipolare I, 0.4-2% per bipolare II, 4% ciclotimico. - Rapporto 1:1 donne uomini. - Esordio intorno ai 20 anni. - Elevata frequenza di tentativi suicidari (1 persona su 4). - Elevata comorbidità con altri disturbi mentali e medici (problemi cardiovascolari) EZIOLOGIA DEI DISTURBI DELL’UMORE in uenze genetiche DDM: o Ereditabilità: 37% o Genome-wide association studies hanno dimostrato l’assenza di geni specificatamente associati con il DDM. fl o I dati confermano che la Depressione Maggiore è un disturbo multifattoriale, la cui eziologia risulta dall’integrazione di aspetti genetici, temperamentali e ambientali (40%fattori ambientali, 60% fattore genetico). DB: o Ereditabilità: 93% sia per il tipo I che II. o Studi di genetica molecolare hanno mostrato particolari polimorfismi di singoli nucleotidi (SNP) e variazioni del numero di copie (CNV). o Molti polimorfismi riscontrati sembrerebbero essere sovrapponibili a quelli osservati per la schizofrenia. Ruolo dei neurotrasmettitori DDM: 1. Ipotesi monoaminergica: sintomi depressivi causati da deficit di serotonina, noradrenalina e dopamina. A supporto della teoria ci sono i farmaci antidepressivi aumentano la trasmissione di queste monoammine. 37% di casi. 2. Potrebbero essere coinvolti neurotrasmettitori come GABA o glutammato. Risultati misti e neurotrasmettitori sembrerebbero essere maggiormente coinvolti a sintomi specifici più che alla diagnosi di DDM. 3. Negli ultimi anni si stanno accumulando evidenze empiriche che implicano il polimorfismo del gene trasportatore della serotonina (5-HTT). 4. Iperattività asse ipotalamo-ipofisi-surrene HPA: Incremento di cortisolo -> aumentato rilascio di citochine pro infiammatorie, il rilascio prolungato può generare quadri simil- depressivi come: ridotta attività motoria, disturbi del sonno e alimentazione, ritiro sociale, diminuito interesse verso ricompense. 5. Lo studio longitudinale di Caspi et.al ha riscontrato una maggiore incidenza di ddm in individui con un maggior numero di eventi stressanti nella loro vita ma soltanto se presentavano una o due delle copie dell’allele corto per il 5-HTT. Lo studio ha fornito un chiaro esempio della rilevanza dell’interazione tra ambiente e genetica: è la specifica combinazione tra alleni brevi del gene ed eventi stressanti ad essere predittiva della possibile insorgenza della depressione. DB: 1) Ipotesi dopaminergica: la dopamina svolge un ruolo centrale nel sistema cerebrale della ricompensa. Ipotesi di una sua carenza nelle fasi depressive ed eccesso nelle fasi maniacali spiegherebbe la differente sensibilità a ricompensa nelle due condizioni. 2. studi farmacologici hanno mostrato una minore e maggiore sensibilità agli agonisti dopaminergici rispettivamente in pazienti con disturbo depressivo e bipolare. 3. Coinvolgimento di aree coinvolte nell’esperienza emozionale e nel circuito della ricompensa sia nel DDM che nel DB: In uenze sociali Studi longitudinali hanno mostrato il ruolo predittivo di: - eventi avversi durante l’infanzia (traumi, abusi, etc) - Esperienze negative nel corso dell’esistenza (separazione, perdita di lavoro, etc) - Famiglia con elevata emotività espressa (critica, ostilità, ipercoinvolgimento emotivo) Questi fattori portano ad un umore depresso con una conseguente deprivazione di sonno in certi casi che può essere considerata come predittore del DB, specificatamente della mania. Oltre la deprivazione di sonno, un altro fattore di predizione per il DB è la sensibilità alla ricompensa. In uenze psicologiche FATTORI DI PERSONALITÀ Diversi studi longitudinali suggeriscono una stretta relazione tra disturbo depressivo e nevroticismo, ovvero un tratto di personalità corrispondente alla tendenza ad esperire frequenti ed intense emozioni negative. Tale tratto diventa un fattore di vulnerabilità comune per depressione e ansia. TEORE COGNITIVE DDM: Teoria della cognizione negativa Modello cognitivo della depressione di Beck nasce come psicoterapia della depressione strutturata, di breve durata e orientata al presente. L’innovazione fu attribuire valore eziologico alle distorsioni cognitive prodotte nel paziente depresso (fino allora erano conseguenze). La principale caratteristica del disturbo venne identificata nella cognizione negativa. Sviluppò una triade negativa alla base della sintomatologia depressiva: fl fl Il paziente è depresso non solo per una questione emotiva ma anche per uno schema cognitivo disfunzionale: gli schemi producono pensieri automatici caratterizzati da queste distorsioni (pensieri automatici negativi, PAN) che producono a loro volta una modifica del comportamento e dell’emotività. I PAN mantengono e rinforzano gli schemi stessi. Teoria del senso di impotenza appreso (selingman) La depressione si genera dal senso di impotenza legato all’impossibilità appresa di usare strategie adattive nell’affrontare situazioni dolorose (incontrollabilità). L’individuo depresso si percepisce dunque incompetente nel modificare una situazione ritenendo ogni sua azione inutile. Questa teoria però non contempla alcune delle caratteristiche principali della depre come tristezza, eterogeneità dei sintomi e carattere recidivante. Gli effetti dell’impotenza appresa dipendono dalla spiegazione che la persona si dà circa gli eventi, ovvero le ragioni dell’insuccesso che spesso sono: - interne, personali (locus of control) - Globali (trasversali alle situazioni) - Stabili (persistenti nel temo) Teoria della disperazione La depressione è data da: - interpretazione negativa degli eventi - Percezione di mancanza di risorse per fronteggiarli - Mancanza di speranza verso il futuro - Profondo sentimento di disperazione dovuto da tutte queste cose. Teoria della ruminazione (nolen-hoeksema) Sposta l’attenzione dal contenuto dei pensieri al processo, in particolare ad una modalità di pensiero chiamata rimuginazione, definita come la tendenza a ritornare continuamente su esperienza e pensieri tristi. Diversi studi hanno dimostrato la correlazione tra umore depresso e ruminazione. La tendenza alla ruminazione sembrerebbe essere più marcata nelle donne. DB: Meccanismi di enhancement del’arousal e dello stato maniacale o ipomaniacale: - riduzione del sonno - Droghe eccitanti e caffè - Ingaggio in situa stimolanti - Negazione dei limiti e delle difficoltà - Modalità goal-oriented - Abolizione della riflessione Ipotesi di ipersensibilità del behavioral approach system (BAS): Eventi che coinvolgono incentivi e sforzo per il conseguimento di obiettivi producono un effetto positivo estremo (alta energia e motivazione), l’attivazione comportamentale si protrae ben oltre il raggiungimento dell’obiettivo (a differenza del “sano”), portando il paziente al craving = mania, ipomania. TRATTAMENTO DEI DISTURBI DELL’UMORE DDM: terapie psicologiche psicoterapia interpersonale (ITP) La ITP ipotizza che le problematiche interpersonali dei soggetti depressi possono essere raggruppate in quattro aree: 1) contrasti interpersonali o conflitti di ruolo 2) Transizioni di ruolo 3) Lutto 4) Deficit interpersonali Il terapeuta valuta col paziente quale delle quattro aree è maggiormente correlata all’insorgenza dell’episodio depressivo. Mira all’identificazione ed espressione dei problemi, al miglioramento delle abilità relazionali e comunicative e all’attuazione di un cambiamento e rafforzamento della rete di supporto sociale. l’ITP può essere definito come un approccio integrato, in quanto si avvale di tecniche proprie di altre psicoterapie, si è rivelato molto efficace in fase di prevenzione delle ricadute. psicoterapia cognitivo comportamentale (TCC) Il trattamento si articola in due fasi: fase 1 —> obiettivi: alleanza terapeutica, formulazione condivisa del problema, riduzione sintomi acuti presentati. Fase 2 —> obiettivi: riduzione dei fattori di vulnerabilità (schemi depressogeni) e prevenzione delle ricadute. Utilizza due tipi di tecniche: Tecniche comportamentali —> finalizzate a spezzare il circolo vizioso della depressione mediante attivazione comportamentale (programmazione attività piacevoli, cura della persona, assertive training, addestramento role-playing etc) Tecniche cognitive —> finalizzate a correggere le distorsioni cognitive: registrazione quotidiana dei pensieri, dialogo socratico, analisi vantaggi/ svantaggi, grafica a torta, doppio standard. Vari tipi di TCC: terapia cognitiva basata sulla mindfulness (MBCT), terapie di attivazione compirtamentale (BA), terapia comportamentale di coppia. Terapie biologiche terapie farmacologiche Quattro principali classi di farmaci: 1) IMAO inibitori delle monoamino ossidasi 2) Antidepressivi triciclici 3) Inibitori selettivi della ricettazione di serotonina e norepinefrina (SNRI) 4) Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)ù stimolazione magnetica transcranica Stimolazione mediante utilizzo di un coil (bobina) per incrementare l’attivazione della corteccia frontale dorsolaterale, applicazioni quotidiane per circa un mese. terapia elettroconvulsivante Efficace nei casi di non responsività alla terapia farmacologica, induzione temporanea di crisi convulsiva con perdita temporanea di coscienza mediante induzione di corrente elettrica (70-130 volt) attraverso elettrodo posto sulla fronte di emisfero non dominante. Si utilizza un miorilassante (riduzione di spasmi) e generalmente si fanno 6-12 somministrazioni distanziate di qualche giorno. DB: Terapie psicologiche terapia cognitivo comportamentale Fase 1 —> psicoeducazione del paziente e dei familiare sul DB Fase 2 —> investigazione sui sintomi Fase 3 —> intervento sulla compliance (grado in cui il paziente segue le indicazioni terapeutiche) Fase 4 —> insegnamento delle TCC skills per il controllo dei sintomi Fase 5 —> sviluppo delle abilità di Problem solving + mantenimento terapia focalizzata sulla famiglia Si basa sul presupposto che il DB può essere stressante non solo per il paziente ma anche per la famiglia, da qui la necessità di intervenire sull’intero nucleo famigliare con l’obiettivo di ridurne lo stress nelle relazioni (che può aggravare il DB) e costruire un ambiente maggiormente supportivo. Terapie biologiche Terapie farmacologiche: 1) antiepilettici 2) Antidepressivi 3) Antipsicotici 4) Benzodiazepine 5) Altri stabilizzatori d’umore (litio) Conseguenze di un disturbo bipolare non trattato: - peggioramento sintomatologico - Aumento del rischio di suicidio del 10-15% - Problemi psicologici e sociali - Episodi di violenza IL SUICIDIO Gli uomini hanno più probabilità delle donne di uccidersi, le donne sono più propense a fare tentativi di suicidio che non si concludono con la morte. I tassi più alti di suicidio negli stati uniti riguardano i maschi bianchi di età superiore ai 50. I tassi di suicidio di adolescenti e bambini negli USA sono in forte aumento (35% di aumento negli ultimi 20 anni) mentre diminuiscono in altri paesi come la Cina. Essere divorziati o vedovi aumenta di quattro o cinque volte il rischio di suicidio. Il 90% delle persone che tentano il suicidio ha un disturbo psicologico, più della metà sono depresse. Ereditarietà di circa il 50% per i tentativi di suicidio. Fattori neurobiologici: bassi livelli di dopamina, anomalie nella regolazione del cortisolo Fattori psicologici: risoluzione inefficace dei problemi, mancanza di speranza, impulsività (ideazione vs azione) Influenze sociali: recessioni economiche, notizie di suicidio, storia di molteplici aggressioni, senso di peso percepito per gli altri e mancanza di appartenenza sociale Prevenire il suicidio 1) Parlarne, la maggior parte delle persone è ambivalente riguardo alle proprie intenzioni, dunque farlo può aiutare la persona ad identificare altri modi per alleviare il dolore. 2) Trattare il disturbo associato 3) Trattare direttamente la suicidalità (con approcci come CBT, DBT, CAMS) 4) Ricovero preventivo I disturbi d’ansia Paura —> risposta di reazione ad un pericolo immediato, comprende una forte attivazione del sistema nervoso autonomo (in particolare del sistema nervoso simpatico: battito accelerato, nausea, nodo in gola etc..). ha un valore adattivo in quanto porta a reazioni di attacco-fuga di fronte ad una minaccia. Ansia —> stato di apprensione per un possibile evento futuro, comprende una moderata attivazione del SNA (tensione, rigidità muscolare, tachicardia etc…), anche essa ha un valore adattivo in quanto porta a migliori prestazioni e adeguata preparazione in previsione di eventi minacciosi. L’ansia sarebbe la paura senza oggetto. L’ansia è una condizione umana e necessaria all’interno del normale range d’esperienza. La sua alterazione è spesso cronica (dunque i disturbi d’ansia sono cronici) con remissione relativamente bassa. Dopo una completa guarigione le percentuali di ricadute sono più alte rispetto, ad esempio, alla depressione maggiore. Stress —> risposta psicofisica a richieste e/o pressioni provenienti da fattori esterni o da fattori interni. Attacco di panico —> breve episodio di ansia intollerabile (non sono proprio d’accordo) Preoccupazione —> tendenza cognitiva a rimuginare su un problema senza riuscire a staccarsene, spesosi persiste quando il soggetto non riesce a dare soluzione al problema. L’ansia diventa una patologia nel momento in cui si ha: 1) pensieri disfunzionali: valutazione erronea del pericolo in una o più situazioni 2) Funzionamento compromesso: l’ansia interferisce con l’abilità di una persona a condurre una vita soddisfacente intaccandola 3) Persistenza continua della minaccia e del pericolo 4) Falsi allarmi: interpretazione catastrofica di stimoli considerati neutri 5) Ipersensibilità agli stimoli: range di pericoli molto più ampio Sintomi: Criteri comuni a tutti i disturbi d’ansia del DSM-V: i sintomi interferiscono con aree importanti del funzionamento o causano un forte disagio I sintomi non sono causati da un farmaco o da una condizione medica I sintomi persistono per almeno 6 mesi o per almeno 1 mese per il disturbo di panico. Le paure e le ansie sono distinte dai sintomi di un’altro disturbo d’ansia DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO (GAD) A: Ansia e preoccupazione eccessive che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, relative a una quantità di eventi o di attività. Caratterizzato da una preoccupazione persistente. B: l’individuo ha difficoltà nel controllare la preoccupazione. C: l’ansia e la preoccupazione sono associate a 3 o più dei seguenti sintomi: 1) irrequietezza, o sentirsi tesi “con i nervi a fior di pelle” 2) Facile affaticamento 3) Difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria 4) Irritabilità 5) Tensione muscolare 6) Alterazioni del sonno F: il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale Diagnosi differenziale: DOC, PTSD, anoressia nervosa, disturbo da sintomi somatici, disturbo di dimorfismo, schizofrenia, disturbo delirante, altri disturbi d’ansia. Esordio e decorso: esordio insidioso a decorso cronico (condizione che si manifesta in modo graduale e subdolo con sintomi che si sviluppano letamante nel tempo). Spesso esordisce in adolescenza. Dati: prevalenza: 0.9 adolescenti e 2.9 tra gli adulti (USA) Prevalenza lifetime: 9.0% Rapporto donne/uomini: 2:1 Negli USA più frequente tra discendenti europei Maggiore incidenza nei paesi sviluppati FOBIA SPECIFICA A: Paura o ansia marcate verso un oggetto o in situazioni specifiche B: la situazione o l’oggetto fobici provocano quasi sempre immediata paura o ansia C: la situazione o l’oggetto fobici vengono attivamente evitati, oppure sopportati con paura o ansia intense D: la paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto al reale pericolo rappresentato dall’oggetto o dalla situazione specifici e al contesto socioculturale E: la paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente per 6 mesi o più G: il disturbo non è meglio spiegato da sintomi di altro disturbo tra cui la paura, ansia, evitamento di situa associate a sintomi simili al panico o altri sintomi invalidanti (es.agorafobia), oggetti o situazioni legate ad ossessioni (DOC), ricordi di eventi traumatici, separazione da casa o da figure di attaccamento (disturbo ansia da separazione) o situazioni sociali (ansia sociale). —> diagnosi differenziale Esordio e decorso: l’età d’esordio è generalmente precoce ma variabile in funzione delle tipologie di fobia (più tardivo per quelle situazionali), le fobie che persistono fino alla vita adulta difficilmente vanno incontro a remissione. Dati: prevalenza: adulti 7-9%, bambini 5%, adolescenti 16%, anziani 3-5% Prevalenza lifetime: 7.7%, in europa 6% generalmente inferiore nei paesi latino americani, africani e asiatici Rapporto donne/uomini: 2:1, per la fobia sangue-infezioni-ferite 1:1 FOBIA SOCIALE A: paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Gli esempi comprendono interazioni sociali, essere osservati ed eseguire una prestazione. B: l’individuo teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi di ansia che saranno valutati negativamente (umilianti, imbarazzanti, porteranno al rifiuto, risulteranno offensivi) C: le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia. D: le situazioni sociali temute sono evitate oppure sopportate con paura o ansia intense E: la paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale e al contesto socioculturale F: la paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente 6 mesi o più I: La paura, ansia o l’evitamento non sono meglio spiegati dai sintomi di un altro disturbo mentale, come da panico, di dismorfismo corporeo o dello spettro autistico. J: Se è presente un’altra condizione medica (Parkinson, obesità, deturpazione) la paura, l’ansia o l’evitamento sono chiaramente non correlati o eccessivi Diagnosi differenziale : disturbo da panico, disturbo di dimorfismo corporeo, disturbo dello spettro dell’autismo, disturbo evitante di personalità Esordio e decorso: l’esordio avviene generalmente durante l’adolescenza (momento in cui le relazioni sociali diventano significative) o in alcuni casi in età infantile. Se non adeguatamente trattato tende a cronicizzare. Dati: prevalenza: 7% (usa), 2.3% (europa) Maggiormente diffuso nella popolazione femminile, soprattutto nelle fasce più giovani DISTURBO DI PANICO A: attacchi di panico inaspettati e ricorrenti B: almeno uno degli attacchi di panico è stato seguito da un mese (o più) da 1 (o più) dei seguenti sintomi: Preoccupazione persistente di avere attacchi di panico aggiuntivi o preoccupazione circa le loro conseguenze. Risposta comportamentale maladattata correlata agli attacchi di panico (es, evitare attività comuni). Gli attacchi di panico non si verificano solo in risposta ad una situa sociale temuta, in risposta ad un oggetto o una situazione fobica. Caratterizzato dalla comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiungono il picco in pochi minuti (durata: 5-20 min), con almeno 4 dei seguenti sintomi: palpitazioni Sudorazione Tremori fino a grandi scosse Dispnea o sensazione di soffocamento Sensazione di asfissia Dolore o fastidio al petto Nausea o disturbi addominali Sensazioni di vertigine, instabilità, di “testa leggera” o svenimento Brividi o vampate di calore Parestesie (sensazioni di terpore o formicolio) Derealizzazzione o depersonalizzazione Paura di perdere il controllo Paura di morire Diagnosi differenziale: doc, ptsd, altri disturbi d’ansia. Esordio e decorso: l’esordio avviene gradualmente durante l’adolescenza, se non adeguatamente trattato tende a cronicizzare con oscillazioni sintomatologiche. Dati: prevalenza 2-3% (usa, europa); 0,7% negli anziani Prevalenza 0.1-0.8% (paesi asiatici e afroamericani) Rapporto donne/uomini: 2:1 AGORAFOBIA A: paura o ansia marcata per 2 o più delle seguenti situazioni: 1. usare i mezzi 2. Trovarsi in spazi aperti 3. Trovarsi in un luogo chiuso 4. Fare la fila o trovarsi in mezzo alla folla 5. Trovarsi soli fuori casa B: la paura deve coinvolgere pensieri come una possibile difficoltà nella fuga o l’impossibilità di ricevere aiuto in caso fossero resi inabili dalla paura o da un attacco di panico. C: le situazioni agorafobiche innescano quasi sempre paura o ansia. D: le situazioni agorafobiche vengono attivamente evitate, viene richiesta la presenza di un accompagnatore o vengono sopportate con paura o ansia intense. E: paura/ansia sproporzionate rispetto alla minaccia reale F: la paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente 6 mesi o più H: se presente altra condizione medica, la paura, l’ansia o l’evitamento sono chiaramente eccessivi Diagnosi differenziale: doc, dimorfismo corporeo, ptsd, altri disturbi d’ansia Esordio e decorso: l’esordio avviene generalmente durante l’adolescenza mentre il decorso è cronico e persistente. Dati: prevalenza: 1,7%; 0,4% negli anziani Rapporto donne/uomini: 2:1 Comorbilità dei disturbi d’ansia Più del 50% dei soggetti con disturbo d’ansia soddisfa i criteri per un altro disturbo d’ansia. Il 75% delle persone con disturbo d’ansia soddisfa i criteri per un altro disturbo psicologico, il 60% ha anche la depressione. La comorbilità è associata ad una maggiore gravità e a esisti peggiori dei disturbi d’ansia. Fattori di genere Io disturbi d’ansia hanno una prevalenza femminile in quanto: le donne hanno maggiore propensione a dichiarare i propri sintomi Minore pressione sociale ad affrontare paure Maggiori probabilità di subire aggressioni o abusi (che abbassano la percezione di controllo sull’ambiente) Minore educazione al senso di efficacia nella risoluzione di problemi e controllo Elevato nevroticismo Elevate reattività biologica allo stress Fattori culturali Sebbene l’ansia sia presente in tutte le culture, l’oggetto varia a seconda della specifica cultura di riferimento (ad es. paura di arrecare dispiacere all’altro in Giappone). Guerre, povertà, relazioni familiari influenzano il grado d’ansia di una determinata popolazione così come la disparità di reddito. Fattori che aumentano il rischio di insorgenza Condizionamento comportamentale; Vulnerabilità genetica; Disturbi nel’attività dell’amigdala, della corteccia prefrontale mediale e di altre regioni cerebrali coinvolte nella paura e nelle emozioni; Diminuzione del funzionamento dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA) e della serotonina; aumento dell’attività della noradrenalina; Aumento della risposta di risveglio al cortisolo (CAR); Inibizione comportamentale; Neuroticismo; Fattori cognitivi, tra cui credenze negative sostenute, percezione di mancanza di controllo, eccessiva attenzione agli indizi di minaccia e intolleranza dell’incertezza. Eziologia INFLUENZE GENETICHE - ereditabilità del 50-60% - Alcuni geni predispongono geneticamente ai disturbi d’ansia, parte di essi si sovrappongono a quelli predisponenti il DDM - La vulnerabilità genetica riguarda fattori come il nevroticismo che a loro volta predispongono ai disturbi d’ansia. INFLUENZE NEUROBIOLOGICHE Aree cerebrali che compongono il circuito della paura: amigdala —> implicata nella reattività a stimoli emotivi e nell’attribuzione e di significato all’evento, iperattiva nei disturbi ansiosi Ippocampo —> codifica del contesto in cui gli stimoli si verificano Corteccia prefrontale mediale —> contribuisce a regolare l’attivazione dell’amigdala, promuovendo elaborazione e regolazione della risposta emozionale (ipoattiva nei disturbi ansiosi e caratterizzata da deficit di connettività con amigdala) I principali neurotrasmettitori e neuropetitidi coinvolti nella risposta ansiosa sono: noradernalina e i suoi recettori: implicata nell’attivazione della branca simpatica del SNA (livelli incrementati nei disturbi d’ansia) Cortisolo: implicato nella risposta a stress (livelli incrementati) GABA: principale neurotrasmettitore inibitorio (livelli decrementati) Serotonina: ruolo chiave nella regolazione dell’umore (livelli decrementati) INFLUENZE COGNITIVE 1. Convinzioni negative persistenti riguardo al futuro e comportamenti di salvaguardia autoprotettivi. 2. Percezione della mancanza di controllo (spesso relata a precedenti eventi traumatici infantili) 3. Intolleranza all’incertezza (difficoltà ad accettare situazioni ambigue, presente anche del DOC e nel DDM) 4. Attenzione a potenziali minacce (maggiore focus attentivo con oggetto variabile in base al disturbo) INFLUENZE PERSONOLOGICHE L’insorgenza dei disturbi d’ansia è fortemente relata alla presenta dei seguenti tratti di personalità: - nevorticismo —> tendenza ad esperire emozioni negative con particolare intensità e frequenza - Inibizione comportamentale —> nel bambino, tendenza ad agitarsi e piangere quando davanti a persone o cose non note. Nell’adulto tendenza a ritirarsi o a non interagire INFLUENZE COMPORTAMENTALI Teoria bifattoriale di Mowrer (1947): spiega in due fasi l’instaurarsi di un disturbo d’ansia all’interno della cornice teorica del condizionamento (classico e operante): Condizionamento classico: la persona apprende a temere uno stimolo neutro che è stato abbinato ad uno stimolo intrinsecamente avversivo. Condizionamento operante: la persona apprende a ridurre la paura condizionata tramite un evitamento dello SC che funge dunque da rinforzo negativo. Principali critiche alla teoria bifattoriale di Mowrer: CRITICA (1): Molte persone non hanno un ricordo della minaccia RISPOSTA (1): È possibile che l’apprendimento sia avvenuto per esperienza indiretta: Modeling (apprendimento per imitazione di un modello) Indicazioni verbali (es. monito dei genitori) Apprendimento avvenuto e in seguito rimosso CRITICA (2): Molte persone che hanno ricordi di eventi minacciosi, non sviluppano ansia RISPOSTA (2): Esistono dei fattori di vulnerabilità che rendono determinati soggetti più sensibili di altri nello sviluppare un disturbo d’ansia a seguito di eventi minacciosi. Tali persone mostrano: maggiore reattività a stimoli minacciosi imprevedibili (maggiore propensione ad apprendere tramite condizionamento classico) maggiore difficoltà nella fase di estinzione della risposta (minore propensione ad estinguere il condizionamento operante) Diagnosi - speci ca DAG Il mantenimento della tendenza cognitiva a rimuginare su un problema (worry) è stato spiegato attraverso la teoria dell’evitamento del contrasto (Newman e Llera, 2011), secondo tale teoria, preoccuparsi in modo generalizzato e persistente può aiutare a mantenere uno stato emozionale più stabile, anche se spiacevole. Questa teoria spiega anche l’assenza in questo specifico disturbo d’ansia di marcata reattività psicofisiologica a stimoli minacciosi, a differenza di quanto osservato negli altri disturbi d’ansia. Secondo la teoria metacognitiva dell’ansia (Wells, 2012), esistono due tipologie di worry che determinano l’insorgenza e il mantenimento del disturbo: Worry di tipo 1 = Il paziente utilizza le preoccupazioni come una strategia in risposta ad un fattore scatenante (l’esposizione ad un nuovo materiale negativo, a situazioni associate a sensazioni soggettive di pericolo, ad un pensiero intrusivo). Worry di tipo 2 = Una volta attivato tale ciclo di pensieri si sviluppano credenze negative relative a tali preoccupazioni (mancanza di controllo, pericolosità), da qui si genera la formazione di preoccupazioni secondarie. FOBIA SPECIFICA La teoria bifattoriale di Mowrer è stata dimostrata per questo disturbo d’ansia attraverso l’esperimento del piccolo Albert (Watson e Rayner, 1920). È stata osservata una certa selettività allo sviluppo di fobie nei confronti di oggetti evoluzionisticamente minacciosi, gli unici per i quali l’apprendimento tende a non estinguersi -> apprendimento predisposto evoluzionisticamente. ansia sociale Condizionamento comp. fattori socio-cognitivi Eccessiva attenzione su segnali interni Un’esperienza sociale negativa conduce allo anziché esterni (sociali) + eccessiva sviluppo di fobia mediante condizionamento preoccupazione riguardo il rango e la classico e al conseguente evitamento dello gerarchia, sociale che induce maggiori stimolo fobico (condizionamento operante). comportamenti di sottomissione fi Oltre all’evitamento, è possibile osservare in Autovalutazioni esageratemente negative questi pazienti comportamenti protettivi che circa i propri comportamenti sociali e le loro a loro volta contribuiscono all’innesco di possibili conseguenze. circoli viziosi autoperpetuantesi. DISTURBO DI PANICO Inf. neurobiologiche Influenze cognitive inf. comportamentali Il locus coeruleus svolge un Le interpretazioni catastrofiche Il condizionamento ruolo di cruciale importanza dei sintomi somatici aumentano classico degli attacchi nella risposta di paura e in il verificarsi della risposta di di panico in risposta a particolare nel disturbo di panico tramite l’innesco di sensazioni corporee è panico, rappresentando il circoli viziosi, poiché i sintomi definito principale sito di sintesi per la somatici si accentuano. condizionamento produzione La di noradrenalina. noradrenalina viene enterocettivo. Dopo la prima naturalmente rilasciata in Le interpretazioni catastrofiche associazione tra risposta a stimoli stressanti, possono essere misurate attrverso sintomi somatici e attivando la risposta attacco-fuga apposite scale. pericolo, si generano da parte del SNS. future associazioni tra sintomi somaticicon Coerentemente e Negli individui con disturbo di una prospettiva panico sembrerebbe essere evoluzionistica, gli presente una ipersensibilità del apprendimenti che sistema noradrenergico, con coinvolgono stimoli conseguente eccessiva risposta a enterocettivi sono più fronte di stimoli stressanti. lenti da estinguere. AGORAFOBIA Diagnosi a sé abbastanza recente, si ipotizza alla base della sua insorgenza la “paura della paura”, ovvero pensieri negativi e timori circa le conseguenze di manifestare in pubblico i propri sintomi d’ansia. Trattamento Strategie comuni: TECNICHE DI ESPOSIZIONE Rappresentano l’elemento cruciale per il trattamento di ogni disturbo d’ansia in ottica cognitivo comportamentale. Prevede stilare una lista di eventi temuti a cui il paziente dovrà esporsi e successivamente concordare una gerarchia di esposizione, dagli stimoli meno ansiogeni a quelli maggiormente temuti. Ipotesi comportamentale —> l’esposizione consente l’estinzione della risposta di paura, per questo è bene che l’esposizione preveda molteplici oggetti e contesti al fine di prevenire ricadute. Ipotesi cognitiva —> l’esposizione consente di correggere le convinzioni erronee. Strategie specifiche: DAG terapia cognitivo-comportamentale Composta da: - psicoeducazione sulla natura dell’ansia e del trattamento TCC - Tecniche cognitive volte alla ristrutturazione cognitiva dei pensieri disfunzionali - Tecniche comportamentali per la riduzione dei comportamenti protettivi e di evitamento terapia metacognitiva Messa in discussione delle credenze metacognitive negative circa l’incontrollabilità e la pericolosità del worry. Messa in discussione delle credenze metacognitive positive circa l’utilità del worry. Detached Mindfulness: osservare i propri pensieri e prenderne le distanze. FOBIA SPECIFICA Esposizione a stimoli ansiogeni —> oggetti o situazioni, è considerata al giorno d’oggi la principale modalità di trattamento per i disturbi fobici Esposizione in vivo —> ha portato risultati migliori rispetto l’esposizione immaginativa o in realtà virtuale per cui quando possibile è sempre raccomandata ANSIA SOCIALE Esposizione a stimoli sociali con difficoltà progressiva; Esercizi di role playing con il terapeuta o in sedute di gruppi con altri partecipanti; Training di acquisizione di abilità sociali. DISTURBO DI PANICO TRATTAMENTO COGNITIVO COMPORTAMENTALE Psicoeducazione al modello di genesi e mantenimento del panico; Esperimenti comportamentali di esposizione enterocettiva; Riaddestramento al respiro per ridurre l’iperventilazione; Ristrutturazione cognitiva dei pensieri catastrofici associati alle sensazioni fisiche; Prevenzione ricadute AGORAFOBIA: Esposizione graduale e sistematica alle situazioni temute dalla persona; Fondamentale la collaborazione dei familiari nell’interruzione di evitamenti e ricerca di rassicurazioni.

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