Misurare il Pregiudizio PDF

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Simone Mattavelli, Marco Brambilla

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pregiudizio misurazione del pregiudizio psicologia sociale atteggiamenti sociali

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Questo documento presenta una panoramica delle misure utilizzate per misurare il pregiudizio in psicologia sociale. Vengono approfonditi diversi aspetti, tra cui le differenze individuali nelle risposte ai target sociali e la complessità di definire e classificare le misure di pregiudizio. Il capitolo si concentra principalmente su una disamina di strumenti e tecniche, senza includere i dettagli di tutte le misure possibili.

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Misurare il pregiudizio Simone Mattavelli, Marco Brambilla 3.1 Introduzione Basterebbe fermarsi e chiedersi “Ho dei pregiudizi?” per comprendere quanto sia difficile trovare una risposta adeguata alla domanda. Cosa si intende per pregiudizio? Pregiudizio nei confronti di chi? Quanto sia- mo le...

Misurare il pregiudizio Simone Mattavelli, Marco Brambilla 3.1 Introduzione Basterebbe fermarsi e chiedersi “Ho dei pregiudizi?” per comprendere quanto sia difficile trovare una risposta adeguata alla domanda. Cosa si intende per pregiudizio? Pregiudizio nei confronti di chi? Quanto sia- mo legittimati a rispondere dicendo ciò che davvero sentiamo o pensia- mo? Tutte queste “domande nella domanda” ci portano a intuire che la misurazione del pregiudizio è una questione tutt’altro che banale. Per esempio, come descritto nel capitolo 2, il pregiudizio può manifestar- si in svariate forme e modalità. Inoltre, la sua manifestazione non sem- pre corrisponde a una completa presa di coscienza della stessa da parte dell’individuo. Proprio da questa complessità deriva la moltitudine di strumenti che nel corso dei decenni la ricerca in psicologia sociale ha prodotto per misurare il pregiudizio. Lo scopo di questo capitolo è quel- lo di fornire una panoramica di questi strumenti. All’interno del capitolo, consideriamo “misura di pregiudizio” ogni strumento utile a cogliere le differenze individuali nel produrre risposte verso un target sociale definito in base all’appartenenza a un gruppo so- ciale. Tutte le misure, nel rilevare un costrutto o attributo psicologico, sono in maniera più o meno diretta il prodotto di una precisa teoria di riferimento. La ricerca in psicologia sociale ha prodotto svariate teorie volte a spiegare il pregiudizio nelle sue forme più disparate. Pertanto, definire un unico criterio di classificazione delle misure di pregiudizio è un’operazione ardua. In questo capitolo proponiamo una macrodistin- zione basata sulle caratteristiche strutturali che determinano il modo in cui ciascuna misura intende quantificare il costrutto in questione. Da un lato, tale distinzione ha il merito di offrire al lettore un vantaggio in ter- mini di organizzazione concettuale. Dall'altro, consente di identificare le variabili che più hanno contraddistinto l’evoluzione delle tecniche di misurazione del pregiudizio. — _ DEFINIRE IL PREGIUDIZIO simi paragrafi riveleremo la Nel proporre questa distinzione, nei pros ver. eren za tra le misu re in cui l’in dividuo è chiamato a esprimere diff frontii di altri individui conront di pr egiudizioo neinei conf balmente il proprio livello io è inferito da prestazioni o gruppi sociali e quelle dove tale pregiudiz meramente po del cap‘ito.lo non & e comportamenti non verbali. Lo sco 'nsncl')c dellf: singole mj. descrittivo, né finalizzato a dettagliare le cam.tter o di flescnvere “tutte” l'?blgtgv sure presentate. Il capitolo non ha altresi f!o non sono le misure impiegabili per misurare il prc:gu{dmo'. al rlguar per esempio, le intervi- presi in esame strumenti di matrice qualitativa — — a cui però si fa riferimento ste e l’analisi del discorso e del contenuto giudizi.o, In questo del pr? in altri capitoli del volume relativi ai profili umento in relazione a speci- capitolo cercheremo di presentare ogni str ficare la natura dei pro- fici modelli teorici, che si sono occupati di identi forme di pregiudizio più cessi mentali a loro volta in grado di spiegare pone alcune controllate vs più automatiche. A tale scopo, il capitolo pro ttare nell’inter- considerazioni sul livello di analisi che è opportuno ado dizio. pretare l’esito delle diverse misure di pregiu 3.2 Una questione terminologica sulla In psicologia sociale e della personalità, le misure tradizionali basate logica domanda-risposta (self-report) sono state tipicamente identi ficate come misure esplicite. Al contrario, gli strumenti che si occupano di misurare un costrutto psicologico senza richiedere al rispondente un compito introspettivo vengono definiti misure implicite. Nonostante questo ultimo termine faccia potenzialmente riferimento a una vasta gamma di misure, solo alcune di queste sono universalmente riconosciute in letteratura come implicite. Diventa quindi importante, prima di addentrarci nel merito delle singole misure, chiedersi che cosa significhi dire che una misura è esplicita o implicita. La questione introduce un importante elemento di inconsistenza rintracciabile in letteratura. Infatti, da un lato alcuni ricercatori utilizzano i termini “implicito/esplicito” per riferirsi alle caratteristiche della misura stessa. Per esempio, tali ricercatori propongono che i partecipanti siano consapevoli di ciò che viene misurato attraverso una misura esplicita, ma non di quello che viene misurato con una misura implicita. Altri, invece, usano le stesse etichette per riferirsi alla natura del costrutto psicologico misurato. In questo caso, ny'sure implicite ed esplicite misurerebbero due costrutti psicologici distinti (Greenwald, Banaji, 1995): uno che fa riferimento a credenze € rf;ppresentaziom' coscienti (rilevato attraverso misure esplicite), l’altro che si basa su legami tra concetti immagazzinati in memoria e non accessibili C.O{lsaPeYOhne{lte (rilevato attraverso misure implicite). Secondo questa visione, i termini “implicito ed esplicito” fanno riferimento alla natura MISURARE IL PREGIUDIZIO _ 35 del processo mentale che dovrebbe influenzare la risposta, non alla misura in quanto tale. Per uscire da questa confusione, alcuni ricercatori hanno proposto una classificazione delle misure psicologiche basata non tanto sulla natura del processo sottostante, quanto sulle proprietà strutturali della misura stessa (De Houwer, Moors, 2010). Questo cambio di approccio ha portato alla distinzione tra misure dirette e indirette. Le misure dirette sono quelle in cui la risposta emessa dai rispondenti è basata su una valutazione autoriportata del costrutto in questione. Le misure indirette sono quelle in cui l’esito della misura è inferito dalla performance comportamentale del soggetto. Tale performance può essere condizionata da compiti di diversa natura. Per esempio, vedremo nei prossimi paragrafi come alcune di queste misure testano risposte comportamentali emesse in condizioni di automaticità. Nel resto del capitolo considereremo la distinzione tra misure dirette e indirette per riferirci alle caratteristiche degli strumenti utilizzati. 3.3 Le misure dirette Le misure dirette comprendono tutti quegli strumenti di misura del pre- giudizio in cui al rispondente è richiesto di indicare a livello verbale il proprio atteggiamento nei confronti di gruppi sociali. L’assunto fonda- mentale & che gli individui hanno la capacita di accedere a livello con- sapevole alla loro valutazione del gruppo sociale in questione. Rispetto alle misure indirette, questi strumenti hanno un vantaggio in termini di somministrazione. La semplicita con cui possono essere implementa- ti dal ricercatore e completati dai rispondenti ne ha infatti garantito la diffusione. Nei seguenti paragrafi, sono presentate le principali misure dirette di pregiudizio che sono state sviluppate tra gli anni Ottanta e Novanta, e che ancora oggi godono di un discreto successo nell’ambito dello studio del pregiudizio. 3.3.1 Misure dirette classiche Racial Attitudes Scale (RAS; Sidanius, Pratto, Martin, Stallworth, 1991) Questa scala misura quello che in letteratura è definito come razzismo classico. La forma di pregiudizio misurata attraverso questa scala & quin- di pensata per non essere in alcun modo influenzata dall'impatto delle norme sociali contrarie alle manifestazioni razziste e discriminatorie nei confronti di gruppi etnici o sociali minoritari. La RAS fa riferimento alla Social Dominance Theory (SDT), descritta in dettaglio in altre sezioni del presente volume (vedi capitolo 4 e capitolo 12) e secondo cui ogni forma 36 DEFINIRE IL ?REQIUDIZ!O — la tendenza di oppressione basata sull'apparl:înc.nza di gruppo riflette generale dell’essere umano di costituire e mantenere strutt ure gerarchi. nza prende il nome che basate sul gruppo di appartenenza. Tale tende fonda- di Social Dominance Orientation (sD0) ed & guidata dal bisogno di gruppo positiva. La mentale dell’individuo di mantenere un’identita e & chiamato scala & costituita da 14 item attraverso i quali il rispondent di que- a una serie aindicare la natura dei suoi sentimenti relativamente ti stioni legate all’appartenenza etnica (per es., “Ci sono troppi studen neri all’universita”, “Le relazioni tra coppie miste dovrebbero essere evi- are atteggiamenti nei tate”). Anche se originariamente pensata per misur confronti di questioni etniche legate al rapporto bianchi/neri, la scala può essere adattata per misurare l’atteggiamento nei confronti di altre legati a que- minoranze etniche. Infatti, alcuni degli item della scala sono politiche. stioni di carattere più generale e fanno riferimento a questioni Attitudes Towards Blacks (ATB; Brigham, 1993) Si tratta di una scala che intende misurare I'atteggiamento nei confronti degli afroamericani e originariamente pensata per essere somministrataa popolazioni studentesche. È comparsa in letteratura accompagnata dalla Attitudes Towards Whites (ATW), che ha perd goduto di minor successo. Diversamente da altri strumenti, la ATB non fa riferimento a una preci- sa teoria del pregiudizio. La scala, costituita da 20 item, non misura un aspetto specifico del pregiudizio, ma si focalizza su diverse dimensioni a esso correlate. Tra le altre, troviamo il contatto sociale (per es., “Preferi- rei non dover convivere con persone afroamericane”), l’identità (per es., “I matrimoni misti dovrebbero essere scoraggiati per non porre i figli in una situazione di confusione legata alla propria identita”) e le questioni politiche (per es., “Sono preoccupato del fatto che nei prossimi anni la mia richiesta di ottenere una promozione lavorativa possa essere rifiutata in favore di un trattamento privilegiato verso individui di gruppi mino- ritari”). Poiché questa scala & stata meno utilizzata rispetto ad altre mi- sure dirette di pregiudizio, & piuttosto complicato comprenderne la va- lidita. Tuttavia, alcuni studi hanno mostrato che il pregiudizio misurato con questa scala prediceva comportamenti discriminatori non tanto per qpefle persone che riportavano atteggiamenti negativi verso le persone di colore, bensi per quelle che riportavano atteggiamenti misti. Questo risultato lascia intendere che l’ATB catturi una forma di pregiudizio di natura meno manifesta, Modern Racism Scale (MRs; McConahay, 1986) ÈurI essepdo la Più Ì‘datam" tra le misure dirette presentate, la MRSè. a le prime a rifarsi al concetto di pregiudizio contemporaneo (ved! - MISURARE IL PREGIUDIZIO 37 capitolo 2). In un contesto sociale in cui le persone pregiudizievoli ri- fiutano pid o meno esplicitamente di considerarsi tali, nasce la neces- sitd di sviluppare strumenti in grado di coglicre manifestazioni più sottili di pregiudizio. Nella sua forma originale, la scala è costituita da 7 item che vanno a indagare le credenze nei confronti di alcune que- stioni di politica pubblica legate all’etnia (per es., “La discriminazio- ne nei confronti dei neri non è più un problema negli Stati Uniti”). La scala ha goduto subito di grande popolarità e ancora oggi rappresenta la misura diretta di pregiudizio più utilizzata in letteratura, sebbene sia molto ancorata al rapporto fra bianchi e neri. La MRS ha mostrato una correlazione moderata con le misure più classiche, ma i risultati più importanti e che meglio consentono di apprezzare il valore aggiunto da essa apportato provengono dalla sua relazione con alcune misure indirette di pregiudizio. Per esempio, Devine (1989) ha trovato che, nonostante gli stereotipi legati ai neri si attivassero sia in soggetti con alti livelli di MRS sia in soggetti con bassi livelli di MRS, solo nei soggetti con alto pregiudizio si registrava un’impressione negativa nei confron- ti di questa minoranza. Al di là di alcuni aspetti legati alla formulazione degli item della MRS (per es., molti item sono presentati in maniera tale che più alti livelli di accordo corrispondano a maggior razzismo moderno), le critiche prin- cipali riguardano l’affidabilità della misura rispetto al costrutto di fon- do (per es., razzismo moderno) e la sua validità di costrutto e preditti- va. Due misure pensate per apportare migliorie alla MRS sono la Racial Resentment Scale (RRS) e la Symbolic Racism 2000 Scale (SR2K). La RRs include alcuni degli item originali della MRS, focalizzandosi però soprat- tutto su sentimenti di rabbia e indignazione; la SR2K propone che il razzi- smo moderno sia più della semplice somma di sentimenti negativi verso il gruppo in questione e adesione a valori tradizionalisti, tesi supportata dalle tecniche di analisi fattoriale. Pro-Black/Anti-Black Attitudes Questionnaire (PAAQ; Katz, Hass, 1988) Come indicato nel capitolo 2, un fattore che caratterizza I'espressione del pregiudizio & 'ambivalenza. Per esempio, gli atteggiamenti dei bianchi nei confronti dei neri possono essere contraddistinti dalla coesistenza di cognizioni positive e negative. Questa scala si basa proprio sul concetto di ambivalenza nel pregiudizio nei confronti di gruppi etnici e intende cogliere un mix di cognizioni positive e negative nei confronti dei neri. La scala & costituita da 10 item. Tra questi, alcuni misurano l’amichevo- lezza nei confronti dei neri (“Troppi neri hanno meno opportunita in campo lavorativo per via del colore della loro pelle”), altri invece misu- rano quanto i rispondenti pensano che gli stessi siano immorali, indisci- 38 DEFINIRE ILÎPBÉEUDIZIOX plinati o poco ambiziosi (“In generale, i neri prestano poca attenzione all’educazione e all’istruzione”). Scale di pregiudizio sottile e manifesto (Pettigrew, Meertens, 1995) Partendo dall’importanza di considerare nuove forme e manifestazio- ni di pregiudizio, questa scala riconosce che espressioni più classiche ¢ manifeste di pregiudizio permangono nella societa. Questa misura è stata sviluppata in un periodo storico contrassegnato da molti conflitti tra gruppi nell’Europa occidentale. Pertanto, si propone come uno stru- mento versatile e in grado di misurare pregiudizi di natura diversa nei confronti degli outgroup. Pregiudizio sottile e manifesto differiscono nel fatto che il primo & più socialmente accettato del secondo. Lo strumen- to si compone quindi di due diverse scale, ciascuna dedicata alla misura delle due manifestazioni di pregiudizio. La scala di pregiudizio manife- sto include item legati a sentimenti di minaccia avvertiti e ai comporta- menti di rifiuto e intimidatori messi in atto dai rispondenti nei confronti dell’outgroup. La scala di pregiudizio sottile fa invece leva sulla condi- visione di valori tradizionali o sulle credenze legate alle differenze cul- turali. Le due scale hanno mostrato una correlazione medio-moderata (.48 —.70). Tl grande pregio della misura & legato ai risultati molto simili ottenuti dalla sua somministrazione su diversi gruppi etnici. Tuttavia, la diffusione della scala & soprattutto europea, probabilmente per via del- la diversa sensibilita di alcuni item alla desiderabilita sociale in contesto europeo vs americano. 3.3.2 Misure di motivazione Seppur diverse nella tipologia di item impiegati e nella forma di pre- giudizio investigata, le scale fin qui presentate si sono occupate di cat- turare opinioni ed emozioni rispetto a tematiche intergruppo. Negli anni Novanta inizia perd a farsi largo I'idea di un pregiudizio contem- poraneo caratterizzato dalla distinzione tra una componente più auto- matica e una più controllata (Devine, 1989). In questa distinzione, la motivazione dell’individuo a esercitare un controllo sulle proprie ma- nifestazioni comportamentali diventa cruciale. La motivazione fa rife- rimento all'importanza che l’individuo ripone nel non essere percepito come pregiudizievole. Alla luce dell'importanza dei fattori motivazio- nali, alcune misure di pregiudizio hanno inteso misurare la volonta de soggetto di controllare le proprie manifestazioni comportamentali in ambito intergruppo. I due esempi più importanti sono la Motivation to Control Prejudice Reactions Scale (MCPR; Dunton, Fazio, 1997) e la Internal and External Motivation to Respond Without Prejudice Scale MISURARE IL PREGIUDIZIO 39 (Plant, Devine, 1998). La MCPR ha una struttura bifattoriale e rileva la preoccupazione dell’individuo verso il suo comportamento pregiudi- zievole e verso il tentativo di astenersi da dispute o discussioni su tema- tiche legate alle persone di colore. La scala di Plant e Devine distingue invece tra motivazioni più autentiche (interne) e altre più dettate dalle norme sociali (esterne; vedi capitolo 2 per la distinzione tra motivazio- ni interne ed esterne). Entrambe le misure hanno mostrato importanti relazioni con alcuni indicatori di comportamento pregiudizievole. In modo particolare, si è visto come le persone motivate a non apparire pregiudizievoli (MCPR) erano anche quelle che più si impegnavano a non categorizzare l’altro sulla base del gruppo etnico. Inoltre, si è notato co- me un’alta motivazione interna (e bassa motivazione esterna) non pre- dice solo una serie di comportamenti meno pregiudizievoli, ma anche una migliore predisposizione a sviluppare capacità che diminuiscono il pregiudizio a lungo termine. 3.3.3 Oltre i questionari: misure ad hoc di pregiudizio Accanto ai questionari fin qui descritti, la letteratura ha anche proposto misure alternative utilizzate per lo più in ricerca come variabili dipen- denti. Una misura che ha trovato buona diffusione è il termometro del- le emozioni (Haddock, Zanna, Esses, 1993): il rispondente è chiamato a indicare quanto sente di provare dei sentimenti “caldi” nei confronti di un gruppo, utilizzando una scala da O a 100. Si tratta pertanto di uno strumento che rileva la componente emozionale legata al pregiudizio. Più legati a una componente percettiva sono invece gli strumenti che misurano il livello di omogeneità e variabilità percepita nell’outgroup (Park, Judd, 1990). L’idea di base è che le persone siano portate a sovra- stimare la variabilità intragruppo e a sottostimare quella intergruppo e che tale differenza sia predetta dalla discrepanza percepita tra sé stessi e i membri dell’outgroup. Tuttavia, questa scala è stata solo in minima parte applicata allo studio del pregiudizio. In ultimo vengono proposti due strumenti basati sul concetto di pros- simità-distanza (fisica e psicologica). La Social Distance Scale, che mi- sura quanto il rispondente si sente a proprio agio nella condivisione di contesti sempre più intimi con un membro dell’outgroup (dal vivere nella stessa città a condividere lo stesso ufficio). In questo senso, la mi- sura è pensata per misurare una forma manifesta di pregiudizio, espres- sa attraverso il desiderio di mantenere una distanza sociale e fisica dai membri dell’outgroup. La Inclusion of Other in the Self Scale (10s; Aron, Aron, Smollan, 1992) rileva invece quanto l’individuo si sente vicino a un determinato outgroup o membro di un outgroup. La scala è costituita da 7 coppie di cerchi che variano nel loro livello di sovrap- posizione, da molto distanziati a molto sovrapposti. Ciascuno di que- 40 DEFINIRE IL PREGIUDIZIO il rispondente sti due cerchi rappresenta l’individuo e l’outgroup: più a selezionare la coppia di si sente distante dall’outgroup, più è portato cerchi lontani tra loro. 3.3.4 | limiti delle misure dirette e al fine di cat- Nonostante le misure dirette si siano in parte trasformat neo, turare le componenti più sfuggevoli del pregiudizio contempora più impor tan- permangono alcuni aspetti problematici. Tra questi, il io atteg- te riguarda la capacita del rispondente di riportare il propr giamento nei confronti dell’outgroup. La capacita di riportare tale at- teggiamento si esprime su due livelli. 1l primo livello & introspettivo, e riguarda la possibilita di accedere cognitivamente a una valutazione dell’outgroup. Il secondo livello & dichiarativo, e silega all'impatto della componente motivazionale e sociale nell’influenzare un atteggiamento riportato. Da una parte, gli individui differiscono tra loro nella capaci- ta di accesso alle proprie valutazioni: per esempio, una persona bian- ca che in passato ha avuto esperienze dirette con persone di colore è in grado di inferire dal proprio comportamento (per es., approccio vs allontanamento) una valutazione personale dell’outgroup, mentre tale compito potra essere più complesso per una persona che non ha mai avuto contatti con quel gruppo. Dall’altra, come abbiamo visto, non tutti sono ugualmente inclini a riportare cid che provano e pensano sen- za subire I'influenza delle norme sociali. Nemmeno le misure dirette non classiche consentono di superare questi problemi. Dalla necessita dei ricercatori di rilevare il pregiudizio in una forma che fosse meno one sono nate le dipendente da (a) capacita introspettiva; (b) motivazi misure indirette. 3.4 Le misure indirette Le misure.indirette nascono con l’obiettivo di inferire il pregiudizio da manifestazioni comportamentali, piuttosto che dalle risposte a specifiche domnnde’ o da opinioni autoriportate dal soggetto. Il tipo di comporta: mento misurato può essere di varia natura. Nel presentare le principali ;mfsure indirette, useremo l’automaticità del comportamento come variabi- ;a::d:::i:::le per diStÎl}S“erc tra due diverse famiglie di misure. Da una auton,'mlicilà ( oc:msu.i:'dl comportamento espresso in condizioni (}l nofl‘i risorsc) Dall’îl " es., bias h'ngulsum, uso dello spazio fisico, flllocuzllonff) al Con';ponamem parte, vi sono le misure che inferiscono il P\‘t‘}‘.'l“!"f:‘ù (peres,, calcsorirz‘;:zei:îxzcsso'galfî‘oggmo' oy Ù “'mo.ll'm::l‘lri in seguito a stimolj target ::'Z;c:m:immhl vx{lut.nzllouc per pochi millisecondi). ’ :“"“° i MISURARE IL PREGIUDIZIO 41 3.4.1 Misure indirette di pregiudizio non-automatico Linguistic Intergroup Bias (LIB; Maass, Salvi, Arcuri, Semin, 1989) Applicando un modello psicolinguistico proposto da Semin e Fiedler (1988), Maass e collaboratori (1989) propongono l’idea secondo cui gli stessi eventi sono codificati a diversi livelli di astrazione a seconda (a) delle connotazioni positive o negative di quell’evento; (b) del fatto che quel comportamento sia messo in atto da un membro dell’ingroup o dell’outgroup. In modo particolare, gli autori ipotizzano alti livelli di astrazione per comportamenti socialmente desiderabili dell’ingroup e indesiderabili dell’outgroup, mentre comportamenti socialmente indesi- derabili dell’ingroup e socialmente desiderabili dell’outgroup dovrebbe- ro essere codificati a più bassi livelli di astrazione. A questi diversi livel- li di astrazione corrispondono usi linguistici differenti. Semin e Fiedler (1988) propongono che a livello più concreto le azioni siano codifica- te con verbi d’azione: tali verbi descrivono un’azione e non hanno una connotazione positiva o negativa (per es., “Mohamed guarda una signo- ra”). A un livello di astrazione superiore, le azioni vengono codificate con verbi interpretativi: questi verbi conferiscono a un comportamento oggettivo una connotazione positiva o negativa (per es., “Mohamed in- timidisce una signora”). Vi sono poi i verbi che esprimono stati interni dell’individuo (per es., “Mohamed odia la signora”). In ultimo, al più alto livello di astrazione troviamo gli aggettivi, che passano dall’azione alla disposizione individuale (per es., “Mohamed è violento”). Così, le persone tendono a utilizzare un linguaggio astratto quando il compor- tamento osservato è riconducibile a fattori disposizionali connessi all’at- tore che esegue l’azione. Al contrario, il linguaggio concreto rimande- rebbe a fattori situazionali (o contestuali) connessi all’azione e non alla disposizione individuale. Dunque, a un maggior livello di astrazione si associa maggiore stabilità temporale e una maggiore resistenza al cam- biamento. In altre parole, l’astrazione del linguaggio usato per defini- re azioni può garantire la persistenza delle credenze stereotipiche e del pregiudizio. Alcuni studi hanno dimostrato una tendenza da parte dei bianchi di usare un livello di astrazione maggiore per riferirsi allo stesso comportamento negativo effettuato da un membro dell’outgroup (piut- tosto che da un membro dell’ingroup) a conferma dell’atteggiamento negativo spesso associato a tale gruppo minoritario. Interpersonal Distance (Macrae, Bodenhausen, Milne, Jetten, 1994) Un modo per comprendere se e quanto le persone vogliano intraprende- re una forma di interazione con l’altro è la distanza spaziale. Nello spe- cifico, ci si concentra sulla distanza interpersonale riflessa in un compito 42 DEFINIRE IL PREGIUDIZIO comportamentale di interazione assumendo che alti livelli di pregiudizio dovrebbero essere caratterizzati dalla volontà di mantenere la maggior distanza fisica possibile dalle persone appartenenti a un gruppo minorj. tario. In un contesto sperimentale, ai partecipanti viene fatto credere che dovranno interagire con un altro individuo (partner). All’inizio della ses. sione sperimentale, lo sperimentatore chiama per nome il partner utiliz- zando un nome stereotipicamente italiano o straniero. Una volta entrato nella stanza, il partecipante viene informato che il partner & momenta- neamente in bagno. Il partecipante è chiamato a decidere dove sedersi, scegliendo tra otto sedie poste I'una accanto all’altra e alla stessa distan- za. Su una di queste sedie (quella pit vicina alla porta) sono posizionati la giacca e lo zaino del partner, cosi da far credere che il partner abbia preso posto su quella sedia. Nonostante questa misura rappresenti un buon indicatore di comportamento potenzialmente guidato dal pregiu- dizio e difficilmente controllabile dal soggetto, la sua diffusione è limitata soprattutto dalla difficolta di essere impiegata con facilita. Allocazione di risorse Queste misure hanno I'obiettivo di inferire il pregiudizio da un compito nel quale I'individuo & chiamato a distribuire una certa somma di risor- se (economiche) tra membri dell'ingroup e membri dell’outgroup. La misura di allocazione per eccellenza è la Resources Allocation Matrix (Turner, Brown, Tajfel, 1979). Tale misura trae ispirazione dal paradig- ma dei gruppi minimi e dalla teoria dell'identita sociale (vedi capitolo 6 per una descrizione dettagliata): la mera appartenenza a un gruppo, pur sulla base di una scelta arbitraria dello sperimentatore, crea le con- dizioni per comportamenti discriminatori. In questi studi, il comporta- mento & misurato attraverso un paradigma in cui il soggetto deve allo- care delle risorse (punteggi) a un membro dell’ingroup e a un membro dell’outgroup. La distribuzione delle risorse viene utilizzata come indi- ce di bias preferenziale nei confronti dell’ingroup (figura 3.1). Le scelte del soggetto possono riflettere 4 stili di allocazione. La “parita” (fair), che consiste nella scelta di distribuzione equa tra ingroup e outgroup; il massimo profitto comune (Maximum Joint Payoff, MJP), dove il nu- mero totale dei punti ricevuto da membri dell’ingroup e dell’outgroup è massimizzato (strategia economica razionale); il massimo profitto per I'ingroup (Maximum Ingroup Payoff, MIP) & invece la scelta che punta amassimizzare le risorse ricevute dai membri dell’ingroup, senza tene- re conto di quanto assegnato all’outgroup; la massima differenziazio- ne (Maximum Difference, MD) consiste nella scelta in cui la differen- za nell’allocazione & massimizzata in favore dell’ingroup. Tipicamente, quando la massima differenziazione supera il massimo profitto, il com- portamento del soggetto è identificato come discriminatorio nei con- MISURARE IL PREGIUDIZIO 43 fronti dell’outgroup, in quanto mosso primariamente dall’obiettivo di raggiungere un’identità sociale positiva attraverso il danneggiamento dell’outgroup. Le matrici di Tajfel nascono come variabile dipendente all’interno di studi con manipolazione sperimentale del gruppo di ap- partenenza; tuttavia, si tratta di una misura versatile e di semplice som- ministrazione, in grado di adattarsi a diverse forme di comportamento discriminatorio. Le matrici di allocazione delle risorse sono molto simili ai giochi eco- nomici elaborati in anni più recenti e ampiamente utilizzati in econo- mia e psicologia sperimentale. Per esempio, nel dictator game il parte- cipante deve dividere una somma di denaro con un’altra persona (che potrebbe essere un membro dell’ingroup o dell’outgroup). Al riguardo, è stato mostrato che le persone tendono a tenere una maggiore quota per sé stesse quando l’altra persona è un membro dell’outgroup rispet- to a uno dell’ingroup (Stagnaro, Dunham, Rand, 2018). Un altro gio- co economico utilizzato per inferire il comportamento pregiudizievole è l’ultimatum game. Nell’ultimatum game, i giocatori devono accettare o rifiutare delle offerte economiche che consistono in suddivisioni di denaro determinate da un proponente. Se il giocatore accetta l’offerta, può tenere i soldi, se invece la rifiuta, né lui né il proponente ricevono alcuna somma. Quando la suddivisione proposta è sbilanciata in favore del proponente (il partecipante riceve il 20% della somma totale) si os- serva una tendenza a rifiutare l’offerta nella metà dei casi, una decisione che va contro la strategia economica di massimizzare i profitti e che è guidata dalla volontà di punire il proponente. Kubota, Li, Bar-David e collaboratori (2013) hanno dimostrato che i partecipanti (bianchi) ac- cettavano più offerte in termini assoluti ed erano più inclini ad accetta- re offerte basse quando il proponente era bianco, mentre una strategia punitiva veniva adottata quando il proponente era nero. Ingroup | 19 | 18 | 17 16 | 16 | 14 | 13 | 12 11 10 9 8 7 Outgroup | 1 3 5 7 9 M [ 183151719 | 21 | 23 | 25 Ingroup | 7 8 9 10 | 11 12 (13|14 |15 |16 |17 | 18 | 19 Outgroup | 1 3 5 7 9 1 1|16 |17 |19 (21| 23 | 25 MIP Parità MJP MD Figura 3.1 Esempio di due matrici impiegabili per I'allocazione di risorse a ingroup e outgroup. - 44 DEFINIRE IL PREGIUDIZIO pregiudizio automatico 3.4.2 Misure indirette di un qui sono tali in quanto misurano Le misure indirett e analizzate fin (per es., il pregiudizio) senza richie- attributo psicologico di ril ferimento propria valutazione su tale attribu- dere al partecipante di riportare una A part ire dagl i anni Nov ant a, son o stati elaborati paradigmi volti a to. i di automaticità. L’assunto che misurare gli atteggiamenti in condizion di ricerca prevede che gli effetti di ha dominato circa venticinque anni concetti. azioni automatiche tra questi paradigmi siano mediati da associ il termine “automatico” per utilizzato Infatti, in letteratura si è spesso i responsabili della performance riferirsi alla natura dei processi mental processi mentali sarebbero inol- del soggetto in un task indiretto. Questi volti nelle risposte fornite dal tre distinguibili da quelli deliberativi, coin nto è problematico in quanto soggetto nelle misure dirette. Qu esto assu ale emessa dall’individuo (per presuppone che la risposta comportament zzato) sia unicamente spie- es., la velocità con cui uno stimolo è categori ostante (per es., associa- gabile dalla natura di un processo mentale sott. Tuttavia, attributo in memoria) zione automatica tra un concetto e un di natura deliberativa la ricerca ha largamente dimostrato che processi ecipanti anche nei pa- intervengono a qualificare la prestazione dei part nti proposte teoriche radigmi indiretti. Pertanto, in linea con le più rece più opportuno inter- (Gawronski, De Houwer, 2014), riteniamo che sia un comportamento, pretare l’esito di una misura come manifestazione di di automaticità rife- anziché di un processo mentale. Parleremo quindi sa. In questi rendoci alle condizioni in cui la risposta del soggetto è emes portamen- termini, l’esito di una misura indiretta altro non & che un com to automatico favorito da condizioni contestuali. or- Come detto poco sopra, la famiglia delle misure indirette di comp tamento automatico è vasta. Lo scopo dei prossimi paragrafi è quello di eratura presentare le misure che più di altre sono state utilizzate in lett per misurare il pregiudizio in diversi contesti intergruppo. Implicit Association Test (1AT; Greenwald, McGhee, Schwartz, 1998) Si tratta della più nota tra tutte le misure indirette di comportamento aU° tomatico. Lo IAT consiste in due compiti di categorizzazione binaria pen- sati per essere compatibili o incompatibili con il costrutto psicologico mi- surato. I?EI esempio, in uno IAT volto a misurare la preferenza per person® magre rispetto a persone in sovrappeso, i partecipanti sono esposti a UN primo blocco in ‘ÎUÌ i volti delle prime (vs i volti delle seconde) e parole Eî:;‘;î:îîi ‘;ellîl"“"e) sonoda categorizzare premendo il tasto D (0% K)-"' in cui e sovrap personrizzar volti dadi catego peso (vs magre) eP role positiv e (woncco di tabella 3.1) L_'Îlsfluve) sono e con il tasto D (vs K; K; vF ). L’idea alla base dello 1AT è che risposte veloci e accurate MISURARE IL PREGIUDIZIO 45 Tabella 3.1 La struttura dello IAT. Blocco N Trials Tasto K Tasto D 1 20 Sovrappeso Magro 2 20 Negativo Positivo 3 80+ 1 Negativo-sovrappeso Positivo-magro 4 40 Magro Sovrappeso 5 80+ 1 Negativo-magro Positivo-sovrappeso (per es., basso numero di errori) siano facilitate nella condizione in cui il blocco & compatibile con la preferenza degli individui nei confronti del gruppo in questione: se hanno una preferenza per le persone magre ri- spetto a quelle in sovrappeso, allora sara per loro più facile completare il primo blocco descritto (per es., magri-positivo s sovrappeso-negativo), piuttosto che il secondo (per es., magri-negativo vs sovrappeso-positivo). La differenza media registrata nella velocita delle risposte (e negli er- rori) all’interno dei due blocchi ¢ interpretata come preferenza per un gruppo rispetto all’altro. Nella sua versione più classica, lo IAT si com- pone di 5 blocchi. In aggiunta al primo e al secondo blocco critico (ri- spettivamente blocco 3 e 5) vi sono un primo blocco di categorizzazione semplice degli stimoli target (per es., foto di individui magri e in sovrap- peso) nelle rispettive categorie (per es., magri vs sovrappeso) e un secon- doblocco di categorizzazione semplice degli attributi (per es., parole po- sitive e negative) nelle rispettive categorie (per es., positivo vs negativo). Un altro compito di categorizzazione semplice & presentato nel blocco 4, dove gli stessi stimoli target presentati all’interno del blocco 1 sono categorizzati nelle rispettive categorie (per es., magri vs sovrappeso) ma in questo caso con tasti di assegnazione invertiti. Lo IAT ha diversi vantaggi che ne hanno favorito 'ampia diffusione. Alcuni di questi vantaggi sono legati alla sua versatilita. Non solo lo stru- mento è in grado di misurare preferenze nei confronti di svariati grup- pi, ma pud anche consentire di uscire da una dimensione valutativa per andare a misurare, per esempio, uno stereotipo. Per esempio, lo stereo- tipo secondo cui i bianchi sarebbero più intelligenti ma meno prestanti atleticamente dei neri pud essere testato con uno IAT in cui gli attribu- ti positivo/negativo sono sostituiti con intelligente/atletico. Tuttavia, la misura non è esente da limiti. Tra le critiche più rilevanti vi sono quelle legate alla capacita della misura di predire il comportamento effettivo della persona nei confronti delle categorie target, anche per quei com- portamenti nei confronti dei quali altre misure indirette hanno mostrato buona validita predittiva (Vanman, Saltz, Nathan, Warren, 2004). Un’al- tra questione critica fa riferimento alla natura relativa (non assoluta) del compito. Per esempio, dal momento che lo IAT misura la preferenza re- i DEFINIRE IL PRE(}IUDIZ.IQ retato un tar get su un altr o, un v‘ulorc 0 è lipicnmcr.ulc interp Jativa per neu tro , ind ica tor e di ass enz a di prf:!'crenza; tuttavia, senza un’ap. come i interpretazione del punteggio propriata calibrazione della misura, ogn ’ blematica. in termini assoluti diventa pro ere !a più 'af'fidabilc tra Lo IAT si contraddistingue soprattutto per ess v‘ahdna predittiva rispetto le misure indirette. Per quanto riguarda la sua dcqzlato una buona relazione al comportamento, alcuni studi hanno Fvi e di comportamento e‘rse istanz tra il pregiudizio indicato dallo IAT € dxv più recenti lavori meta-analitici in condizioni di automaticita. Tuttavia, dittore di comporta- sembrano indicare che lo IAT non sia un buon pre menti pregiudizievoli estremi. rse va- Nel corso degli ultim i due decenni, sono state proposte dive dologico-strutturali rianti dello IAT per sopperire ad alcuni dei limiti meto te, vi sono il Single- del compito nella sua versione standard. Tra ques ere la misura as- Category IAT e il Single-Attribute IAT, pensati per rend ettiv vamente. soluta rispetto alla categori ia target o all’attributo, risp ra di atteg- Un’altra versione del task pensata per ottenere una misu è il Go/ giamento assoluta (per es., valutazione delle persone di colore) struttura del No-go Association Task (GNAT; Nosek, Banaji, 2001). La compito è molto simile a quella dello 1AT. I partecipanti devono decidere se gli stimoli mostrati al centro dello schermo appartengono a una del- le categorie mostrate nei due vertici alti dello schermo. In caso di corri- spondenza con una delle due categorie, ai partecipanti viene chiesto di premere la barra spaziatrice (per es., Go). In caso di mancata corrispon- denza (per es., stimolo distrattore presentato al centro dello schermo), i partecipanti non devono premere alcun tasto (per es., No-go). Come per lo IAT, l’assegnazione di ciascuna categoria di stimoli alle due possi- bili risposte varia nei due blocchi critici. Per esempio, in uno GNAT race, nel primo blocco critico i soggetti vedono le categorie neri e negativo nei due vertici alti dello schermo, mentre nel secondo blocco critico vedono le categorie neri e positivo. Gli stimoli target sono parole legate alle per- sone di colore e all’attributo valutativo mostrato nel blocco in questione (per es., “violento” nel blocco neri-negativo). Gli stimoli distrattori so- no parole.lfi cui valenza & opposta a quella della categoria valutativa del blocco critico (per es., “simpatico” nel blocco neri-negativo). La logica del compito presvede che sara più complesso per il soggetto svolgere il blocco neri-positivo in caso di pregiudizio verso questi ultimi. Misure di priming Diversamente dallo 1T, le misure basate sul priming partono dall'idea che se le persone hanno un atteggiamento negativo nei confronti di un outgroup, la mera percezione di un membro di tale outgroup dovreb- be ativare negativita. Questa negativita dovrebbe influenzare il giudi- MISURARE LÈFE@Q[@OIZIO 4? zio emesso nei confronti di stimoli ambigui presentati successivamente. Le misure di priming sono accomunate da una procedura standard do- ve ogni trial consiste nella presentazione di uno stimolo prime (per es., volto di un individuo nero vs bianco) presentato sullo schermo per un intervallo temporale variabile (entro i 300 millisecondi). Il prime & poi sostituito da uno stimolo target nei confronti del quale il soggetto è chia- mato a produrre un giudizio. In letteratura sono state proposte diverse misure di priming. La diversificazione di tali misure può essere causata dalla natura dello stimolo utilizzato come target (per es., parole vs ideo- grammi) e dal compito richiesto ai partecipanti. Nell’Evaluative Priming Task (Fazio, Sanbonmatsu, Powell, Kardes, 1986) il target & rappresentato da parole con una specifica valenza che il soggetto & chiamato a categorizzare come positive o negative premen- do due tasti alternativi. Inmaginiamo, per esempio, che volti di perso- ne bianche e nere siano presentati come prime per pochi millisecondi: nella misura in cui la presentazione del volto di una persona nera (a) facilita la categorizzazione di parole con valenza negativa; (b) complica quella di parole con valenza positiva, sia in termini di errori sia di tempi di risposta (rispetto a quanto avviene con un prime bianco), l’outgroup rappresentato dal prime si assume essere legato a una valenza negativa. Nel Semantic Priming (Wittenbrink, Judd, Park, 1997) oltre a parole di senso compiuto, gli stimoli target possono includere anche delle non- parole. Il compito del rispondente in questo caso non è quello di cate- gorizzare gli stimoli target in base alla loro valenza, bensi in base al loro valore semantico (per es., parola vs non-parola). Quando la classificazio- ne semantica & più facile per il rispondente perché alcuni concetti sono gia stati attivati dal prime, le risposte al compito sono più rapide. Per esempio, in un’applicazione del paradigma, Wittenbrink e collaboratori (1997) trovarono una facilitazione nella categorizzazione di parole stereo- tipicamente legate al mondo afroamericano (per es., “atletico”, “ostile”) quando la parola “nero” era usata come prime (vedi anche capitolo 5). Nella più recente tra le principali misure di priming, I' Affect Misattri- bution Procedure (AMP; Payne, Cheng, Govorun, Stewart, 2005) il tar- get & rappresentato da ideogrammi cinesi. La logica dell’AMP risiede nel fatto che, poiché tali ideogrammi hanno significato e natura ambigua, nel momento in cui I'individuo è chiamato a classificarli sara portato a lasciare che la sua risposta (valutazione dell’ideogramma) sia influenzata dalla positiviti/negativita attivata dal prime. Per esempio, se una perso- na ha un atteggiamento negativo nei confronti delle persone di colore, allora la sua valutazione dell'ideogramma dovrebbe essere più negativa quando tale ideogramma & preceduto dal volto di una persona di colore, piuttosto che da quello di una persona bianca (figura 3.2). Cosi come per lo IAT, anche le misure di priming possono essere facil- mente adattabili per andare oltre la dimensione valutativa. Nel Semantic DEFINIRE IL PREGIUDIZIO Target (100 ms) Figura 3.2 Esempio di compito AMP. Decision Task, i soggetti sono chiamati a classificare parole di senso compiuto sulla base del loro legame semantico con le categorie di riferi- mento. Per esempio, Banaji e Hardin (1996) hanno presentato ai parte- cipanti parole prime riferite a occupazioni stereotipicamente maschili vs femminili, seguite da pronomi maschili o femminili. Il compito dei par- tecipanti era quello di classificare il pronome come maschile o femminile nel minor tempo possibile. I risultati hanno mostrato che i partecipanti erano significativamente più veloci nei trial compatibili, ovvero quando un pronome femminile era preceduto da un prime riferito a un’occupa- zione stereotipicamente femminile (per es., insegnante). La validita predittiva di queste misure è stata dimostrata in diverse ricerche sul pregiudizio. Per esempio, Payne, Krosnick, Pasek e colla- boratori (2010) hanno dimostrato come i pregiudizi misurati attraverso l’AMP nel periodo precedente alle elezioni americane del 2008 predices- sero il comportamento di voto, controllando per I'impatto del pregiu- dizio esplicito: i cittadini con punteggi AMP che indicavano alti livelli di pre.giudizio avevano minore probabilità di votare per Obama (vs Mc- Cain). Dall’altra parte, queste misure sono state spesso criticate per la scarsa affidabilità, soprattutto se confrontate allo IAT. Misure di automaticità dello stereotipo In questo paragr.afo descriviamo le caratteristiche di due misure indiret- te che sono partite dalla logica del priming e che, differentemente dalle misure indirette basate su risposte automatiche affrontate fin qui, son° MISURARE IL PREGIUDIZIO 49 state pensate esclusivamente per la misura di bias comportamentali guf- dati dal pregiudizio. Rispetto ad altre misure di priming adattate per mi- surare pregiudizi e stereotipi, queste si concentrano su uno stereotipo specifico basato sull’associazione tra persone di colore e uso delle armi. La prima & il Weapons Identification Task (WIT; Payne, 2001). Si trat- ta di una variante delle procedure di priming semantico. I partecipan- ti sono esposti a una serie di trial in cui il prime è rappresentato da un volto che varia in etnia (per es., bianco s nero) e il target da un oggetto innocuo o pericoloso (per es., utensile vs pistola). Il compito del parte- cipante & quello di indicare se 'oggetto percepito è una pistola oppure un utensile. In questo caso, il pregiudizio è inferito dalla facilita con cui il soggetto classifica 'oggetto innocuo come tale (vs arma) quando l’og- getto è preceduto dall'immagine di una persona nera (vs bianca). Tale facilitazione & stata misurata considerando i tempi di reazione delle ri- sposte e il tasso di errore (per es., quando 'utensile è classificato come arma). In termini di tempi di reazione, le persone tendono a identificare più velocemente le pistole quando esposti al prime nero rispetto al prime bianco. Allo stesso modo, identificano più velocemente gli utensili quan- do esposti al prime bianco rispetto al prime nero. Per quanto riguarda gli errori, le persone tendono a identificare un utensile come pistola più frequentemente quando esposti al prime nero rispetto al prime bianco. Tuttavia, il prime non influenzerebbe l’errore di identificazione di una pistola come utensile. Alcuni ricercatori hanno proposto I'idea secondo cui l’immagine dell’individuo (bianco o nero) attiva una risposta che & consistente con la risposta suggerita dallo stimolo target (attrezzo o pi- stola). Per esempio, il giudizio attrezzo/pistola potrebbe essere ricodi- ficato dal soggetto in innocuo/pericoloso. Questa stessa dicotomia (per es., innocuo/pericoloso) potrebbe essere alla base della distinzione tra bianchi e neri. Basato su questa stessa logica è il First Person Shooter Task (FPST; Correll, Park, Judd, Wittenbrink, 2007). In questo compito i rispondenti sono posti di fronte a una serie di immagini di uomini che tengono tra le mani un oggetto. Le immagini possono rappresentare uomini bianchi o di colore, e I'oggetto può essere una pistola oppure un utensile. I parte- cipanti devono premere il tasto etichettato come “spara” nel caso in cui l’uomo tiene tra le mani una pistola, e il tasto etichettato come “non spa- rare” se l’uomo tiene tra le mani un oggetto innocuo, La ricerca ha mo- strato che, quando l’uomo non & armato, & più probabile rispondere con il tasto spara nel caso in cui la persona sia nera; in modo simile, quando l’uomo & armato, i partecipanti rispondono più velocemente con il tasto spara nel caso in cui tale persona sia nera. La logica alla base di questo compito & simile a quella del priming: se I'etnia della persona raffigura- ta sullo schermo attiva un senso di minaccia, allora sard più probabile mettere in atto una risposta coerente con tale percezione. Diversamente ——— i DEFINIRE IL PREGIUDIZIO _ v isti sopra, nel FPST la presentazione del volto dai paradigmi di priming contingenz, e dell’arma (vs oggetto innocuo) avviene in Cf’ndiZiOHi di del ri. la prestazione spazio-temporale. Fattore cruciale nel c?etermmare ne‘ro-pcnco]oso). In spondente & l’accessibilità dello stereotipo (peres., 0 ¢ può essere modulata linea con quest'idea, è il fatto che la performanceeotipiche ic he vs controster sono presen. quando informazioni stereotip pito. tate al soggetto prima del com tte Altre forme di misure indire in- Accanto alle misure sopra descritte, un’altra famiglia di paradigmi ch/ diretti che ha trovato larga diffusione include i compiti di approache sti. nto generale di questi compiti si basa sull’i dea avoidance. Lassu moli positivi inducono più facilmente comportamenti di approccio, comportamenti di ri- mentre quelli negativi inducono più facilmente di paradigmi volti a fiuto. Su questo assunto sono nate diverse varianti nza all’approccio/ misurare le differenze individuali in termini di tende igma consi- rifiuto nei confronti di stimoli. La prima versione del parad tiravano a steva nel confrontare i tempi di reazione con cui i partecipanti appariva sé una leva (per es., approccio) nel momento in cui uno stimolo e Ca- sullo schermo. Nell’ambito dello studio del pregiudizio, Paladino ve- stelli (2008) hanno dimostrato, per esempio, che i soggetti sono più loci a compiere (a) movimenti di approccio in risposta a membri dell'in- group; (b) movimenti di evitamento in risposta a membri dell’outgroup. Fin dalla loro comparsa, le misure indirette sono state proposte co- me una porta di accesso in grado di consentire l’accesso ai processi in- terni dell’individuo (Greenwald, Banaji, 1995). Una critica sollevata alle misure indirette basate su tempi di reazione è legata al fatto che tali misure non sono in grado di cogliere il processo mentale che deter- mina l’esito finale (vedi il paragrafo successivo per un’argomentazione più approfondita su questo tema). Freeman e Ambady (2009) hanno così proposto il Mouse Tracker. Diversamente dalle misure precedenti, il Mouse Tracker è in grado di catturare l’evoluzione del processo di categorizzazione, partendo dall’assunto che il movimento della mano in un compito di categorizzazione possa riflettere i processi di aggior- namento che avvengono all'interno della mente dell'individuo. Si trat ta di un compito di categorizzazione con il mouse. Il punto di partenza del cursore è fissato nella parte centrale in basso dello schermo. Due categorie target sono collocate nei due vertici alti dello schermo. La ca- tegorizzazione prevede il movimento del cursore dal punto di origine verso una delle sue categorie. Per esempio, Freeman e Ambady (201 1) ¢! hanno p resentato su un computer volti prototipici e non prototipici o di donne“uomo”, chied uomini chette endo ”.ai parte e “donna cipantorie Le traiet rl 0%™ ti didelcategmouseorizahanno MISURARE IL PREGIUDIZIO 51 Donna Posizione verticale del mouse o ® T T T T T T T T T -1 -08 0.6 -04 -0.2 0 02 04 0.6 08 1 Posizione orizzontale del mouse —e— Stereotipico —o— Non stereotipico Figura 3.3 Esempio di trial Mouse Tracker in Freeman e Ambady (2011). strato una tendenza iniziale a categorizzare gli stimoli atipici sotto la categoria opposta (vedi figura 3.3). L'interesse per i correlati fisiologici dei processi sociali e affettivi ha portato allo sviluppo di nuovi metodi per investigare forme non control- late di pregiudizio. Lavori condotti tra fine anni Novanta e primi anni Duemila hanno identificato l’amigdala come centrale nel processamento di stimoli affettivi. Per esempio, si & visto come questa sia particolarmen- te coinvolta nei processi affettivi negativi, come quelli legati alla minac- cia. Tale scoperta ha portato a una serie di studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI) che hanno dimostrato in che modo il ruolo dell’amig- dala sia implicato in risposte affettive elicitate da volti appartenentia et- nie diverse (Wheeler, Fiske, 2005). Inoltre, si & visto come le differenze individuali nell’attivazione dell’amigdala correlino con diversi indicato- ri di pregiudizio. Molti sono anche gli indicatori di pregiudizio inferiti da movimenti involontari della muscolatura facciale, misurati attraverso alcu- elettromiografia (EMG) ed elettroencefalografia (EEG). Per esempio, involon- ni studi hanno evidenziato variazioni nell’attivita dei movimenti dell'innal- tari a livello zigomatico (muscolo delle guance responsabile zione) zamento delle estremita della bocca) e delle sopracciglia (corruga Warren, in presenza di stimoli bianchi o neri (Vanman, Saltz, Nathan, a 2004). In particolare, i soggetti in questo esperimento erano chiamati - DIZIO 52 DEFINIRE IL PREGIU ati per una posizione di ins(mo egna. le dom and e di alc uni can did vi. valutare ncl} a regione c_!e]lc guance mag gio re atti vita mento: si noto una il vo]t'o d1 Cé.mdidmi i soggetti vedevano_ menti legati al sorriso) quando re, no loro prcs?ntz}u cand}datl di colo bianchi, rispetto a quando veniva il batt ito di cigl ia & stat o stu dia to come 1nd1§atore. involontario di Anche to che i movimenti involon. pregiudizio. Diversi studi hanno evidenzia di emozioni negative e ridotti tari tendono a essere amplificati in caso e Devine (2003) Amodio, Harmon-Jones in caso di emozioni positive. in risposta alla vista di persone hanno dimostrato che il battito di ciglia getti (bianchi) con alta motiva- di colore era più frequente per quei sog dizio. za pregiu zione esterna di rispondere sen ette e indirette 3.5 La relazione tra misure dir di studiare la relazione tra Diversi lavori in letteratura si sono occupati tra le due famiglie di misure misure dirette e indirette. La correlazione nelle condizioni in cui l’at- tende a essere in generale molto bassa, specie e nel caso del pregiu- tributo misurato risente dell'influenza sociale, com retti nella misurazione dizio. La dissociazione tra strumenti diretti e indi nto a supporto della del pregiudizio & stata spesso usata come argome rnative di pregiu- tesi secondo cui queste misure riflettono due forme alte zione sia da interpretare dizio. Tuttavia, riteniamo che una tale dissocia e caratteristiche con cautela, tenendo sempre presente che variazioni nell dell’attribu- dello strumento determinano variazioni anche nella natura nello IAT € to misurato. Per esempio, una dissociazione tra punteggio le risposte punteggio nella MRS pud semplicemente riflettere il fatto che colore dell'individuo sono determinate da variabili differenti (per es., il della pelle dello stimolo nello IAT vs la valutazione di questione di poli- le varia- tica sociale nella MRs). Non & un caso che nel momento in cui bili che influenzano la misura diretta sono simili a quelle della misura indiretta anche gli outcome delle due misure mostrano più alti livelli di concordanza, A influenzare la discrepanza tra misure dirette e indirette può essere anche il diverso livello di difficolta del compito stesso (per es., fl?POndEIe a una scala indicando il proprio livello di accordo vs e& tegorizzare stimoli in pochi secondi). Pertanto, anche laddove misura d}rf.l!a e indiretta sono simili rispetto alla variabile misurata, la modali- i e 1 ante nel deter- i, tà in cui esse sono misurate pud avere un impatto import haa che t’art:j e Ja validità di tali mismne I:ffl misure dirette e mdnrgtte tte teno e a godere di buona vîfiîiî n Îtu, se da un la'to le\ml.sure dire indirette proposte nel = :; Ste-sso 1on 81 pue dire p Ci m?]w m'lszio. si ne tra misure di rette e e i ific indiretteeg‘ll& sign piùvo,fort]e gy amentote moti Pe\:ativques quaP Ò MISURARE IL PREGIUDIZIO 53 tiene conto, a livello statistico, dell’errore di misurazione (per es., sen- sibilità della misura a fattori che non hanno alcuna relazione con il co- strutto che si intende misurare). 3.6 Conclusioni Le forme che il pregiudizio può assumere sono diverse e tendono a varia- re in funzione del contesto sociale in cui tali manifestazioni sono espres- se. Questo implica necessariamente che non esiste un singolo metodo per misurare il pregiudizio. In questo capitolo abbiamo cercato di presentare il modo in cui la ricerca in psicologia sociale ha risposto all’esigenza di cogliere le più diverse sfumature del pregiudizio. Posto di fronte a una tale vastità di misure, il lettore potrebbe interrogarsi su quale sia il me- todo più idoneo alla misurazione del pregiudizio. Rispondere in modo definitivo a questa domanda è pressoché impossibile. Tuttavia, è possi- bile avere una buona consapevolezza di ciò che ciascuna misura è in gra- do o meno di rivelare rispetto all’attributo psicologico di interesse. Nel corso del capitolo, abbiamo distinto tra misure dirette e indirette, po- nendo l’enfasi sulle differenze strutturali tra queste due grandi famiglie di strumenti. Nel presentare le misure dirette e indirette, abbiamo cer- cato di mettere in evidenza le sfumature del pregiudizio a cui le diverse misure sono più o meno sensibili, così come gli aspetti che possono far propendere per la scelta di una misura rispetto a un’altra. Per esempio, misurare il pregiudizio con uno IAT può offrire un vantaggio in termini di affidabilità della misura, ma d’altro canto le performance del sogget- to nel compito possono essere influenzate da fattori che non hanno ne- cessariamente a che vedere con il pregiudizio. Per riassumere, ogni misura può essere considerata come strumen- to per fotografare una realtà. Nel caso del pregiudizio, scegliere uno o l’altro strumento significa decidere di andare a cogliere la realtà osser- vabile da una specifica angolatura, con la consapevolezza che tale an- golatura porterà alla luce alcuni aspetti e finirà inevitabilmente per of- fuscarne altri.

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