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Pharmacotherapy Part 1 PDF

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Summary

This document discusses various methods of medical treatment for mental illnesses, specifically focusing on brain imaging techniques like MRI and PET scans, and includes a case study of a historical patient, Phineas Gage.

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Terapia delle malattie mentali: psicosi Una cosa curiosa è che nella schizofrenia c’è una aumento del volume dei ventricoli. Il cervelletto ha il numero di neuroni più alto di tutte le aree del cervello e addirittura il numero di neuroni che risiede nel cervelletto è superiore al numero dei neuroni...

Terapia delle malattie mentali: psicosi Una cosa curiosa è che nella schizofrenia c’è una aumento del volume dei ventricoli. Il cervelletto ha il numero di neuroni più alto di tutte le aree del cervello e addirittura il numero di neuroni che risiede nel cervelletto è superiore al numero dei neuroni che si hanno in tutto l’organismo. Ricordiamo che il cervelletto regola l’equilibrio e la postura. Al giorno d’oggi molte delle informazioni che si hanno sul cervello sono ottenute attraverso dei metodi di indagine. I metodi di indagine più frequenti sono fondamentalmente 3: - Risonanza magnetica Risonanza magnetica funzionale o PET La risonanza Magnetica usa campi magnetici e onde radio per produrre delle immagini del cervello ad alta qualità a due o tre dimensioni senza l’uso di radiazioni ionizzanti e senza l’uso di traccianti radioattivi. L’esame consiste nel mettere la testa del paziente in un ampio magnete circolare che crea un campo magnetico. La testa del paziente è quindi irraggiata da onde radio. Tutte le strutture dell’organismo che vengono irradiate all’interno di questo campo magnetico hanno una specifica frequenza radio di emissione (a seconda della consistenza del tessuto) che è ricevuta da specifici sensori e rielaborata. (Preuss). Un computer usa queste informazioni per elaborare l’immagine. La precisione del sistema è tale che possono essere registrati i cambiamenti che si hanno durante il tempo. La Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) permette di mappare quali aree cerebrali si attivano durante l’esecuzione di un determinato compito, come parlare, muovere una mano e via dicendo. Si basa sulle proprietà paramagnetiche della emoglobina ossigenata oppure non ossigenata al fine di creare immagini in cui si vede la variazione del flusso sanguigno. È noto infatti che le variazioni del flusso sanguigno e dell'ossigenazione sanguigna nel cervello sono strettamente correlate all'attività neurale. Quando le cellule nervose sono attive, consumano ossigeno e l’effetto di questo consumo di ossigeno è un aumento del flusso sanguigno nelle regioni ove si verifica maggiore attività neurale. Viene dunque sfruttata la capacità dell’emoglobina di legare o meno l’ossigeno, quelle aree del cervello in cui si avrà una maggiore produzione di emoglobina non ossigenata rispetto all’emoglobina ossigenata stanno funzionando maggiormente. PET (Tomografia ad Emissione di Positroni): è una tecnica particolarmente importante sia per lo studio dei farmacia sia per la diagnosi di malattie. Questa tecnica permette iniettando preventivamente al paziente dei composti che emettono dei positroni (radiofarmaci) di capire dove vanno a localizzarsi e dove si legano. Tutti questi studi permettono di mappare sull’individuo vivo per esempio quante molecole di un antipsicotico si legano e in quali zone del cervello di un determinato individuo piuttosto che in un altro. La PET poi ad esempio è particolarmente importante nella diagnosi dei tumori. Somministrando al paziente del glucosio “marcato” e poiché i tumori sono avidi di glucosio, la PET ne rivela l'accumulo ed è quindi molto utile per confermare una diagnosi di tumore, per verificare la presenza di metastasi oppure per stabilire l'efficacia di una terapia oncologica. Per esempio, l'assenza di accumulo di glucosio radiomarcato in una sede in cui era stato identificato in precedenza indica che il trattamento in corso è efficace. Ciò consente di rilevare le variazioni metaboliche e funzionali indotte dalla presenza di malattie, ancor prima che queste determinino la comparsa di modificazioni strutturali, con la potenzialità di fare diagnosi più precoci. Diminuzione dei trasportatori della dopamina in un tossicodipendente da metanfetamina. uso di metanfetamina si vede una riduzione dei siti di reuptake. É stato utilizzato un tracciante dei trasportatori della dopamina (il trasportatore per la dopamina serve per ricatturare la dopamina nel neurone che l’ha rilasciata e quindi evitare che il segnale permanga per un tempo eccessivo), nell’individuo che fa L’incredibile storia di Phineas Gage e la sua sbarra di ferro Phineas Gage era un minatore che subì un incidente mentre inseriva una carica esplosiva in una roccia. A causa dell'esplosione accidentale della polvere da sparo, il ferro di pigiatura che Gage stava usando per compattarla schizzò in aria attraversando la parte anteriore del suo cranio. • Secondo Harlow, il medico che lo curò, il paziente aveva sì recuperato “il possesso completo della ragione” ma dopo l'incidente, sua moglie e la gente vicino a lui avevano presto cominciato a notare cambiamenti drammatici nella sua personalità. Non è facile definire una malattia mentale, esistono dei cosiddetti “criteri diagnostici” (elaborati dagli Stati Uniti ma accettati dalla comunità scientifica), questi sono abbastanza precisi e permettono al clinico di stabilire se un paziente è affetto o meno da schizofrenia. Secondo il manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali - DSM V si può affermare di essere di fronte a una persona con schizofrenia quando si osserva la presenza persistente di due o più dei sintomi che seguono, per un periodo significativo di almeno un mese (si osserva che la durata può essere inferiore se il sintomo recede a seguito di trattamento) (A) Sintomi positivi: - Illusioni/fissazioni: Pensieri e credenze che non hanno riscontri di realtà, ma che sono percepiti/vissuti come assolutamente plausibili e veritieri (per esempio, la convinzione che qualcuno voglia danneggiarci o parli male di noi alle nostre spalle, di essere straordinariamente intelligenti e dotati o famosi oppure che una persona sia innamorata di - - - noi, di avere una malattia seria non riconosciuta dai medici oppure che il proprio corpo non funzioni come dovrebbe, che stia per avvenire una catastrofe ecc.) Allucinazioni: Benché del tutto irreale, l'allucinazione è ritenuta assolutamente vera dalla persona che la sperimenta, sono uno dei disturbi più comuni degli individui schizofrenici, possono essere di diversa natura ma le più frequenti riguardano le "voci” (che possono essere o di una persona che gli dice cosa fare oppure voci di persone che stanno “complottando” contro di lui), spesso le reazioni violente degli psicotici sono proprio dovute a questo fenomeno. Pensiero (e linguaggio) disorganizzato. Difficoltà a formulare frasi di senso compiuto e a esprimere ragionamenti dotati di filo logico. Comportamento disorganizzato (es. nel vestiario, nelle abitudini diurne, disturbi del sonno, disforia, piangere o ridere frequentemente e inappropriatamente, chi soffre di schizofrenia tende ad avere movimenti disorganizzati, distonie), oppure stato gravemente catatonico. Sintomi negativi: spesso questi sintomi sono scambiati come depressione o altri disturbi. Riguardano: appiattimento affettivo (mancanza o forte diminuzione di risposte emozionali), alogia (assenza di discorso), avolizione (mancanza di motivazione), Ridotte sensazioni di piacere nella vita quotidiana, Difficoltà nell’iniziare e sostenere attività, l'espressione facciale fissa, il linguaggio monotono e privo di inflessioni, la perdita di interesse nella propria persona e negli eventi esterni, disturbi dell'attenzione e delle capacità intellettive. In aggiunta, per un periodo di almeno sei mesi di deve osservare: (B) disfunzione sociale e/o occupazionale: la persona deve mostrare un netto calo nelle capacità scolastiche, lavorative o nell'esecuzione delle attività quotidiane abituali, che in precedenza non comportavano difficoltà. Questi individui sviluppano quindi un alterazione della capacità di svolgere un lavoro (ecco perché quando la schizofrenia viene diagnosticata l’individuo viene considerato un invalido a tutti gli effetti), in alcune situazioni l’individuo può riprendere a lavorare con l’uso dei farmaci, in altre situazioni questo è più difficile, però possiamo dire che i farmaci consentono un controllo sufficiente della patologia. Durata: persistenza dei sintomi "B" per almeno sei mesi, che includano almeno un mese di persistenza dei sintomi "A". Oltre ai sintomi positivi e negativi si osservano anche dei Sintomi cognitivi: - Sono difficili da valutare in alcuni pazienti, e severi in altri. Alcuni pazienti notano cambiamenti nella loro memoria, o nel loro modo di pensare. Ridotta capacità esecutiva (capacità di capire le informazioni e usarle per prendere delle decisioni). Difficoltà nello stare attenti, problemi con la memoria di lavoro (uso delle informazioni subito dopo la loro acquisizione). Quindi possiamo definire la schizofrenia come: una malattia mentale che altera il pensiero, le sensazioni e il comportamento. Gli individui affetti sembra che abbiano perso il contatto con la realtà. I sintomi compaiono di solito tra i 16 e i 30 anni L’incidenza è dell’1%, poi varia in determinate categorie di persone. Idee sbagliate comuni circa la schizofrenia MITO: La schizofrenia si riferisce ad una "doppia personalità" o personalità multipla. FATTO: il disturbo di personalità multipla è diverso e molto meno comune rispetto al disturbo della schizofrenia. MITO: La schizofrenia è una malattia rara. FATTO: La schizofrenia non è in verità una condizione rara; il rischio di sviluppare la schizofrenia è di circa 1 su 100. MITO: Le persone con schizofrenia sono pericolose. FATTO: Anche se i pensieri e le allucinazioni di chi soffre di questo disturbo avvolte portano a comportamenti violenti, la maggior parte delle persone con la schizofrenia non sono né violenti, né un pericolo per gli altri. MITO: Le persone con schizofrenia non possono essere aiutate. FATTO: Può essere necessario un trattamento a lungo termine, ma sicuramente il trattamento farmacologico aiuta a tenere sotto controllo la sintomatologia e gli individui schizofrenici se trattati correttamente sono in grado di godersi la vita. Fattori di rischio per la schizofrenia -FATTORI GENETICI: è noto che in molte famiglie c’è un incidenza maggiore, si ritiene che siano coinvolti numerosi geni ma per ora non è possibile predirne la comparsa su base genetica. Il fatto che sia in ballo una componente genetica è certo, considerando che la frequenza nei gemelli omozigoti è del 50% (quindi su 100 gemelli omozigoti per metà sono tutti e due malati, per metà tutti e due sani e per metà uno malato e uno sano), nei gemelli non omozigoti invece è del 17%. All’interno della famiglia la probabilità che cugini di primo grado possano sviluppare la patologia è del 2% e questa % va ad aumentare man mano che la parentela si fa più stretta, ad esempio per i figli di una persona schizofrenica la % è del 6%, Sono poi influenti anche i fattori ambientali, in particolare si ha una INTERAZIONE TRA GENI E AMBIENTE (questo vuol dire che l’individuo può avere anche una predisposizione genetica però non necessariamente, se le condizioni ambientali non portano allo sviluppo di questa patologia, questa si manifesta. Tra i fattori ambientali influenti abbiamo: esposizione a infezioni a livello prenatale – ipossia perinatale – uso di farmaci/droghe – stress. Tutto questo causa una alterata espressione dei geni à cambiamenti neurochimici e metabolici à alterazione connettività delle zone del cervello à compromissione della capacità di elaborare le informazioni à alterato comportamento à alterazione delle capacità cognitive e delle emozioni. I geni coinvolti sono numerosissimi, tra questi ritroviamo il gene che esprime le COMT (catecoloO-metil-transferasi), ovvero gli enzimi che sono coinvolti nella degradazione della catecolamine (dopamina – adrenalina – noradrenalina). Le COMT vanno in particolare ad aggiungere un metile all’OH dell’anello catecolico. L’attività della COMT è variabile in relazione al polimorfismo funzionale del gene COMT. Gli individui omozigoti per l’allele val, hanno un enzima che funziona maggiormente quindi inattiva più velocemente la dopamina, mentre gli omozigoti per l’allele met, hanno un enzima che degrada la dopamina meno rapidamente, con conseguente maggiore disponibilità del neurotrasmettitore … gli eterozigoti val/met in maniera intermedia. A seconda del fatto che l’individuo abbia 2 metionine o 2 valine o 1 metionina e 1 valina abbiamo delle differenze comportamentali nella persona. La prova di questa alterazione è stata fatta prendendo dei ratti, un gruppo di questi è stato modificato geneticamente in modo che a questi mancassero proprio le COMT, un altro gruppo in modo che avessero un enzima con due valine. Laddove non abbiamo degradazione della dopamina si osserva una migliore memoria, migliore controllo dell’attenzione, però l’animale è più sensibile allo stress e ha una soglia del dolore più bassa e non rispondono all’amfetamina (e questo ultimo aspetto vuol dire che l’individuo ha già una quantità alta di dopamina per cui non ne ha bisogno), viceversa quando abbiamo l’enzima più funzionante e di conseguenza meno dopamina l’animale è meno sensibile allo stress, ha una soglia più alta del dolore e risponde all’amfetamina, ha però una minore memoria e capacità di concentrazione). Nell’uomo si è invece visto il diverso effetto dell’anfetamina negli individui presentanti il gene val-val; met-met, in risposta ad un test cognitivo semplice (2) o complesso (3); In risposta ad un test cognitivo semplice si vede che aumentando la trasmissione dopaminergica (attraverso la somministrazione di anfetamina) nell’individuo che ha meno dopamina (val-val) abbiamo un migliore risultato. Mentre se l’individuo che ha già di per se molta dopamina (metmet) viene trattato con amfetamina non si osserva alcun effetto. In risposta ad un test cognitivo complesso gli individui che hanno già di per se elevati livelli di dopamina mostrano un peggioramento. I livelli di dopamina nelle aree della corteccia prefrontale devono essere ideali, sia una riduzione che un eccesso di dopamina può portare a dei problemi. Correlazione tra consumo di cannabis e probabilità di sviluppare disturbi schizofrenici in individui di 26 anni presentanti il gene val-val; met-met; val-met; (correlazione gene-ambiente) - Met-Met à la probabilità di sviluppare disturbi schizofrenici negli individui che fanno uso di cannabinoidi non è molto diversa rispetto a quelli che non ne fanno uso. - Val-Val à chi fa uso di cannabinoidi ha una probabilità molto maggiore di sviluppare disturbi schizofrenici. - Val-Met à sono comunque sensibili a sviluppare disturbi schizofrenici. NEUROTRASMETTITORI COINVOLTI Alla base della schizofrenia ci sono alterazioni di diversi sistemi neurotrasmettitoriali: GABAergici, glutammatergici, serotoninergici e dopaminergici. Questi problemi possono essere originati sia nello sviluppo del cervello prima della nascita, sia durante il riaggiustamento dei circuiti che avviene dopo la pubertà. Coinvolgimento del GABA: Una riduzione del GAD (GLUTAMMATO DECARBOSSILASI -> enzima coinvolto nella sintesi del GABA) e del GAT1 è stata osservata nelle cellule GABA candeliere che esercitano una forte inibizione delle cellule piramidali e in particolare sono in grado di sincronizzare l’attività di due cellule piramidali vicine. Coinvolgimento della dopamina: L’ipotesi dopaminergica della schizofrenia è ancora oggi la più valida. Si ritiene che nella schizzofrenia siano interessate la via mesolimbica e la via mesocorticale, infatti si ritiene che la schizofrenia sia dovuta a una riduzione dell’attività del sistema mesocorticale (alla base degli effetti negativi) e a una iperattività dell’area mesolimbica (alla base della sintomatologia positiva della schizofrenia). - - La Via Mesolimbica collega l'area tegmentale ventrale al nucleus accumbens. Si pensa che questa via controlli il comportamento e in modo particolare produca delirio ed allucinazioni quando iperattiva. È anche la via coinvolta nei fenomeni di dipendenza. La Via Mesocorticale collega l'area tegmentale ventrale del mesencefalo alla corteccia prefrontale; per il controllo di emozioni e sentimenti. Si ritiene che la via dopaminergica mesocorticale eserciti un controllo inibitorio sulla via mesolimbica. Dunque c'è sempre un bilanciamento fra queste due vie. Se questo bilanciamento è scompensato, in particolare quando la via mesocorticale funziona di meno questo determina la sintomatologia negativa della schizzofrenia, d'altra parte funzionando di meno la via mesocorticale non esercita più controllo inibitorio sul sistema mesolimbico, che aumenta la sua attività con manifestazione della sintomatologia positiva. I farmaci antipsicotici agiscono sul sistema dopaminergico, bloccando i recettori D2 dopaminergici, e sono molto efficienti nel tenere sotto controllo i sintomi di questa patologia. L’ipotesi che un’alterazione della trasmissione dopaminergica fosse responsabile della patogenesi della schizofrenia è stata suggerita dl fatto che un importante e frequente effetto collaterale dei farmaci antipsicotici (che agiscono bloccando i recettori D2 dopaminergici) è l’induzione di una sintomatologia simile a quella propria del morbo di Parkinson (parkinsonismo iatrogeno). L’ipotesi è ulteriormente avvalorata dall’osservazione che i farmaci che causano un aumento dei livelli di dopamina (L-DOPA-cocaina-amfetamine) causano una psicosi. Dati ottenuti in vivo mediante la tecnica PET da pazienti schizofrenici non ancora esposti a trattamento farmacologico hanno dimostrato un aumento considerevole dei recettori D2 a livello de caudato, dell’accumbens e nel tubercolo olfattorio. La manifestazione della schizofrenia si ha tra i sedici e i trent’anni e questo è dovuto agli stravolgimenti che il cervello ha durante la pubertà. Durante l’adolescenza si hanno dei cambiamenti nel cervello e in particolare negli adolescenti predisposti alla schizofrenia la perdita di materia nel cervello è molto maggiore. 4 vie dopaminergiche Via mesocorticale: collega Controllo di l'area tegmentale ventrale alla sentimenti. corteccia pre-frontale emozioni e La riduzione dell'attività dopaminergica nella corteccia prefrontale è associata ai sintomi negativi di schizofrenia. Via mesolimbica: collega Controllo del comportamento l'area tegmentale ventrale al motivazionale. - L'eccessiva attività causa nucleus accumbens allucinazioni e falsi convincimenti (psicosi) - Implicata nella dipendenza e abuso (via della gratificazione) Via nigrostriatale: origina Presiede al controllo motorio. nella sostantia nigra e innerva La degenerazione dei corpi il corpo striato, coinvolta nel cellulari di questa area è implicata nella genesi del controllo del movimento morbo di Parkinson. Tratto tuberoinfundibolare- Controlla la produzione di Collega i corpi cellulari ormoni quali la prolattina dell'ipotalamo all'ipofisi. (inibendola) e l'ormone della crescita. L'iperattività dopaminergica nel sistema limbico è associata con i sintomi positivi della schizofrenia. Gli antipsicotici che bloccano i soli recettori dopaminergici in quest'area inducono effetti extra-piramidali. La dopamina ha un’azione inibitoria sul rilascio di prolattina, se si ha quindi blocco dei recettori D2 si ha una ginecomastia nell’uomo e alterazioni mestruali nella donna (questo è dunque un effetto collaterale degli antipsicotici) AREE CEREBRALI COINVOLTE NELLA SCHIZOFRENIA CORTECCIA PREFRONTALE: Sono state evidenziate diverse alterazioni a livello di quest’area. • La maggior parte degli studi riportano una diminuita attività della corteccia frontale. • La maggior parte degli studi sono stati fatti in pazienti che assumevano neurolettici, ma si ritiene che questo non abbia determinato alterazione delle immagini neurofunzionali. • In particolare i disturbi della memoria di lavoro sono molto importanti, essi sono legati alla corteccia prefrontale dorso laterale. CORTECCIA TEMPORALE Tra le zone più compromesse nello schizofrenico ritroviamo: la zona prefrontale/dorsolaterale (legata alla memoria di lavoro) – zona ventro/laterale – zona orbito/frontale Questi problemi possono essere originati sia nello sviluppo del cervello prima della nascita, sia durante il riaggiustamento dei circuiti che avviene dopo la pubertà FARMACI ANTIPSICOTICI Il primo farmaco che si pensò di usare è stata la reserpina, che poi fu usato invece come farmaco antiipertensivo. Negli anni trenta si tentò di controllare l’agitazione con l’antistaminico prometazina ma con scarso successo, la prometazina presentava infatti proprietà sedative che furono però sfruttate per aumentare la sedazione durante l’anestesia con i barbiturici A partire dalla struttura della prometazina è stato sintetizzato il primo farmaco antipsicotico: la promazina. Successivamente venne scoperta la Clorpromazina, anche questa utilizzata in associazione ai barbiturici e molto più potente della Prometazina. Là clorpromazina oltre alla sedazione aveva un effetto terapeutico su altri sintomi della schizofrenia. Per la valutazione dell’attività dei farmaci antipsicotici così come di qualsiasi altro farmaco si fanno degli studi in doppio ceppo. L’individuo non sa se sta assumendo il farmaco o il placebo così come il medico che valuta gli effetti che la sostanza ha sull’individuo non sa se a quell’individuo è stato somministrato il farmaco o meno. Gli antidepressivi in linea di massima funzionano sul 60% degli individui. Gli antipsicotici riducono la manifestazione sintomatica e allo stesso tempo (anche se non si sa bene come) agiscono sulla causa. I farmaci antipsicotici possono essere distinti in: - TIPICI (fenotiazine – butirrofenoni – tioxantine), vanno a bloccare principalmente i recettori D2, questi farmaci in generale portano ad una forte incidenza di SEP (SINDROME EXTRAPIRAMDALE) proprio a causa del significativo blocco dei recettori D2. - ATIPICI (clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone, ziprasidone, Aripiprazolo), bloccano principalmente i recettori 5HT2A per produrre l’effetto antipsicotico piuttosto che i recettori dopaminergici, e quindi provocano SEP con un incidenza decisamente minore. Oltre al blocco dei recettori della DA e della 5HT la maggior parte dei farmaci antipsicotici provoca anche: effetti anticolinergici (quindi secchezza delle fauci – stipsi – aumento di peso) – antistaminici (sedazione) – blocco del recettore alfa1 adrenergico (ipotensione). Quindi a livello di trasmissioni abbiamo un interessamento della trasmissione colinergica, dopaminergica, serotoninergica, adrenergica e istaminergica. Alcuni di questi farmaci (antipsicotici atipici) sono utilizzati per i disturbi bipolari. L’aripripazolo e olanzapina sono indicati in monoterapia per il trattamento di mantenimento del disturbo bipolare. L’olanzapina è stato abbandonato per l’aumento di peso, iperlipidemia, iperglicemia. I farmaci sicuramente da ricordare sono: la clorpromazina – Aloperidolo - Clozapina–Aripiprazolo, le principali differenze tra questi farmaci riguardano i loro effetti sedativi, gli effetti extrapiramidali, gli effetti ipotensivi e anticolinergici. La principale problematica dei farmaci antipsicotici tipici è quella di dare effetti extrapiramidali (se questi compaiono la terapia deve essere necessariamente interrotta, questo comporterà ugualmente delle conseguenze, considerando infatti che quando si ha il blocco di un recettore l’organismo reagisce aumentando la concentrazione del neurotrasmettitore che agisce su quei recettori, ad esempio se somministro la clozapina ad un animale nel quale sto misurando i livelli di dopamina nel cervello dopo la somministrazione si osserva un aumento dei livelli di dopamina perché l’organismo si organizza per rilasciare più neurotrasmettitore e poter quindi ripristinare la trasmissione che era presente prima del blocco del recettore, se il bloccante viene rimosso si avrà in presenza di maggiori livelli di dopamina una esacerbazione dei sintomi che si avevano precedentemente), tutto questo ha portato allo sviluppo dei cosiddetti farmaci antipsicotici atipici. • - - • • Clozapina e Aripiprazolo non hanno effetti extrapiramidali: La Clozapina è però un forte sedativo (per la possibilità di interagire anche con i recettori istaminergici), inoltre è un farmaco che interagisce con i recettori alfa1 adrenergici e quindi causa anche effetti ipotensivi, e dà anche effetti anticolinergici. Aveva inoltre il problema di causare agranulocitosi (quindi distruzione dei granulociti), rendendo l’individuo molto più sensibile alle infezioni. L’aripiprazolo è invece un farmaco che ha pochissimi effetti sedativi, pochissimi effetti ipotensivi eanticolinergici, quindi in teoria è un farmaco ideale. L’Aloperidolo ha comunque avuto un certo successo perché aveva effetti sedativi, anticolinergici e ipotensivi ridotti, però l’unico problema è che essendo un forte bloccante dei recettori D2 da effetti extrapiramidali, inoltre ha il vantaggio di essere una soluzione incolore e inodore (spesso il paziente psicotico non accetta di essere curato per cui si chiede aiuto alla famiglia che può somministrare il farmaco magari miscelato al cibo ad insaputa del paziente). La Clorpromazina era invece un farmaco che dava elevata sedazione, ipotensione, effetti anticolinergici e anche effetti extrapiramidali. Tabella che ha guidato lo sviluppo dei nuovi farmaci antipsicotici I farmaci sono stati posti in quest’ordine sulla base della costante di inibizione espressa in nano molare. Ziprasidone à ha un’affinità per i recettori D2 4.79 Nm quindi vuol dire che in vitro se si prepara una soluzione nano molare e si pone del tessuto dove ci sono dei recettori D2 e questi recettori sono legati ad una sostanza radioattiva ad essi molto affine (es aloperidolo radioattivo) la concentrazione di ziprasidone necessaria a spiazzare il 50% di aloperidolo radioattivo dal sito di legame è 4.79, quindi più questo numero è basso più il farmaco è potente. La clozapina invece ha una costante di inibizione di 180 nM. Es con Clozapina e Aripiprazolo -Clozapina à costante di inibizione = 180 nM -Aripiprazolo à costante di inibizione = 3,40 nM -Sostanza radioattiva = Aloperidolo Quando non c’è la clozapina il legame dell’aloperidolo radioattivo ai recettori D2 è pari al 100%, aumentando la concentrazione di clozapina questa spiazza l’aloperidolo dai recettori. Aumentando la dose posso quindi riuscire ad ottenere lo stesso effetto a prescindere dall’affinità, per cui il fatto che il farmaco abbia una bassa affinità vuol dire che devo somministrare una dose maggiore di quel farmaco per ottenere lo stesso effetto. Per cui alcuni farmaci antipsicotici possono essere somministrati a dosi più alte mentre altri a dosi più basse. Se il farmaco va ad occupare eccessivamente i recettori D2 si osservano effetti extrapiramidali, se vengono occupati in modo insufficiente non si ha la risoluzione della sintomatologia, per cui è necessario trovare una situazione di compromesso. Nell’altra colonna della tabella è invece riportata l’affinità per i recettori 5HT2A (serotoninergici) ed infine nell’ultima colonna viene fatto il rapporto affinità 5HT2A/D2, l’Aripiprazolo ha un rapporto pari a 1, quindi la stessa affinità per ambedue i recettori (anche il Ziprasidone). Alcuni di questi farmaci hanno poi un alta affinità per i recettori D1 ed altri invece meno. Ad esempio l’Aripiprazolo ha un’affinità di cc 300 Nm, la Clozapina ha un’affinità inferiore così come l’Aloperidolo, per cui questo farmaco aveva anche il vantaggio di non disturbare eccessivamente la trasmissione D1. Infine tutti i composti nuovi hanno una costante di inibizione altissima per i recettori muscarinici. Gli ANTIPSICOTICI VANNO HA: - - Ridurre i comportamenti bizzarri, le allucinazioni e gli irrazionali disturbi del pensiero associati alle psicosi senza ridurre le altre funzioni intellettive. Sono necessarie diverse settimane per ottenere l’effetto terapeutico. Durante la terapia farmacologica l’individuo presenta un minore interesse verso ciò che lo circonda e minore attivazione comportamentale. (Se è valida l’ipotesi di “Calson”?? per cui a livello del talamo abbiamo una sorta di filtro delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno, se questo filtro non funziona bene e arrivano troppe informazioni che l’individuo non riesce ad elaborare questo “esce di testa”, un modo per gestire meglio le informazioni e perdere l’interesse nei confronti delle stesse). I pazienti comunicano in modo più razionale. Anche se la psicosi vera e propria non può essere curata i sintomi sono controllati abbastanza bene con un opportuno trattamento farmacologico e i pazienti in terapia farmacologica sono anche più propensi a sottoporsi alla psicoterapia e ad altri interventi terapeutici. OBBIETTIVI DELLA FARMACOTERAPIA TERAPIA A BREVE TERMINE à In molti casi lo stato psicotico è transitorio e gli antipsicotici vengono somministrati solamente durante i periodi di esacerbazione dei sintomi. Per quanto riguarda la terapia è necessario identificare un tipo di terapia quindi capire se dev’essere una terapia a breve termine oppure prolungata, identificare la dose (il dosaggio ideale per ottenere il massimo dei benefici con il minimo dei rischi). Il fatto che esistano delle terapie a breve termine è dovuto al fatto che questi disturbi psicotici in alcuni casi possono anche comparire solo una volta nella vita, in seguito ad esempio ad una particolare condizione di stress o condizioni fisiologiche particolari, e poi non ricomparire più, trattare in questa situazione l’individuo per un periodo di tempo prolungato non è necessario, quindi spesso si fanno dei trattamenti brevi, di alcune settimane, e il problema può anche non ripresentarsi più. PSICOSI DA SOSTANZE D’ABUSO à molte sostanze d’abuso (cocaina, metanfetamina, cannabinoidi etc) possono dare dei problemi di tipo psicotico e in questo caso la sola sospensione aiuta a ridurre i sintomi. L’assunzione di AP per un breve periodo elimina completamente i sintomi. PSICOSI DA AGONISTI DOPAMINERGICI à il paziente Parkinsoniano viene trattato con agonisti dopaminergici o precursori della dopamina come L-DOPA, e questo può portare alla manifestezione di psicosi. Considerando poi che il trattamento con L-DOPA non può essere sospesa il trattamento con l’antipsicotico deve essere prolungato. PAZIENTI PSICOTICI MANIACALI à terapia con antipsicotici prolungata per diversi mesi per prevenire i periodi maniacali. SINTOMI PSICOTICI CRONICI IN PAZIENTI DEMENTI à i pazienti dementi possono essere trattati con antipsicotici e questo porta ad un miglioramento della loro condizione ma contemporaneamente questi sono esposti a rischi quali accidenti cerebrovascolari, è quindi necessario valutare il cosiddetto rischio-beneficio, quindi i benefici devono essere superiori ai rischi. Si parte con dosi basse, ed eventualmente si aumenta la frequenza. Nessun AP è stato approvato per il trattamento delle psicosi associato alle demenze. - L’obiettivo della terapia è: Riduzione del comportamento agitato, disorganizzato e ostile, delle allucinazioni, migliorare i processi mentali e ridurre l’isolamento sociale. Nella cura dei sintomi positivi i farmaci antipsicotici atipici non sono superiori rispetto ai tipici, con i nuovi antipsicotici si ha un profilo migliore soprattutto per quanto riguarda gli effetti collaterali. Gli antipsicotici tipici portano a un rallentamento delle funzioni mentali (bradifrenia). Si può fare un’associazione tra antipsicotici e una BDZ (in questi casi al posto di aumentare la dose di antipsicotico non sedativo per ottenere una sedazione sufficiente lo si associa a una BDZ) Problemi metabolici: Insorgono in quanto è richiesto un trattamento lungo (Aripripazolo e Ziprasidone i più neutri. DEPRESSIONE MAGGIORE Nella depressione maggiore ci sono degli aspetti di tipo psicotico che possono essere curati con gli antipsicotici, questi individui possono però essere trattati con delle dosi inferiori alla media, il trattamento inoltre non è prolungato e un aspetto interessante è che sono però più sensibili ai problemi extrapiramidali. Depressione e psicosi sono spesso collegate tra loro, ad esempio il disturbo bipolare è una patologia caratterizzata dall’ insieme di psicosi e depressione. Ancora nella depressione refrattaria che non risponde a nessun antidepressivo l’uso di antipsicotici atipici risulta essere utile. TERAPIA DELLA MANIA È un perverso sessualmente, ottimista, aggressivo, idee di potenza, perfezionista possessivo. Queste manifestazioni possono essere continue, elevata autostima, manie di grandezza, spesso racconta fatti che non sono veri, dormono poco, hanno un energia infinita, hanno un estrema loquacità. Un episodio maniacale è definito come un periodo di una settimana in cui l’individuo si presenta: espansivo, irritabile con un tono dell’umore elevato e nel quale sono stati presenti in modo persistente e significativo almeno tre dei seguenti sintomi (o quattro se l'umore è solo irritabile): - - - - Autostima ipertrofica o grandiosità: è frequente che vengano raccontati fatti non corrispondenti al vero, circa la propria ricchezza, le proprie capacità, i propri successi in tutti i campi, dal lavorativo al sentimentale Diminuzione del bisogno di sonno: il paziente non si sente mai stanco, possono bastare anche 3 ore di sonno perché sia pronto a ripartire con altre attività frenetiche Estrema loquacità: vengono raccontate le cose più svariate, ricordi lontani affiorano alla coscienza e vengono narrati in un modo esaltato, che spesso non li fa sembrare credibili anche in quei casi in cui lo siano. Fuga delle idee: l'ideazione è accelerata, la persona passa da un argomento all'altro in modo superficiale, anche solo per assonanza. Distraibilità: è praticamente impossibile far mantenere l'attenzione su un qualsiasi argomento Agitazione psicomotoria: non essendo mai stanca la persona si muove continuamente e cerca continuamente nuove attività; non trovandone può spostare i mobili in casa o fare ripetutamente le stesse cose; aumentano le attività scolastiche, lavorative, sociali e sessuali. Eccesso di coinvolgimento in attività ludiche con potenziali conseguenze spiacevoli o dannose, di cui la persona non si rende conto: col suo ottimismo sfrenato la persona può intraprendere investimenti avventati, fare spese al di sopra delle proprie possibilità, importunare persone appena conosciute e avere dei comportamenti sessuali sconvenienti Tutti i farmaci antipsicotici atipici sono indicati (ad eccezione della clozapina), si consiglia di somministrare la dose massima nelle prime 24-72 h. Gli antipsicotici tipici sono invece evitati per il rischio di sintomi neurologici (dosi elevate di quelli tipici portano ad un blocco recettoriale tale che si ha una manifestazione delle sintomatologie extrapiramidali). La risposta si ha entro 7 giorni ma si vedono dei miglioramenti già dal secondo giorno. Il trattamento va proseguito per alcuni mesi e spesso si associano gli stabilizzanti dell’umore (litio e valproato). EFFETTI AVVERSI DEGLI AP: Anticolinergico : Secchezza delle fauci Stipsi, Disturbi della vista Antistaminico: Sedazione Antiadrenergico: Riduzione della pressione con manifestazione di ipotensione posturale Antidopaminergico: Alterazione del tono della muscolatura scheletrica (gangli della base) Aumento dei livelli di prolattina (ginecomastia nel maschio e alterazione del ciclo mestruale nella donna). Allergie: Non frequenti, compaiono eruzioni cutanee, fotosensibilizzazione, ittero colestatico, disturbi endocrini Risposta del recettore dopaminergico Se ho solo la dopamina avrò la risposta massina (70%), aggiungendo concentrazioni crescenti di Aripiprazolo (questo sposta dai recettori la dopamina) quindi la risposta diminuisce, fino ad arrivare ad una centra concentrazione di Aripiprazolo per cui la risposta non diminuisce più. Si tratta di un agonista parziale, blocca i recettori ma allo stesso tempo mima in parte l’azione della dopamina. L’aloperidolo invece all’aumentare della concentrazione arriva a bloccare completamente la risposta dopaminergica, questo è il motivo per cui con l’aloperidolo abbiamo la comparsa della sintomatologia extrapiramidale mentre con l’Aripiprazolo non si corre questo rischio. EFFETTI AVVERSI DEGLI AP ATIPICI In generale sono associati a una minore incidenza di SEP, sono associati a vari disturbi come: aumento del peso corporeo, aumento dei trigliceridi (iperlipemia) e sviluppo di diabete mellito. Aripiprazolo: Capogiri, emicrania, stipsi, ansia, disturbi del sonno, riduzione della sudorazione e aumento della temperatura. Clozapina: determina effetti antipsicotici di moderata potenza associati a una bassa incidenza di SEP. Tuttavia è poco usata in quando presenta diversi effetti avversi: Sedazione, ipotensione posturale, effetti anticolinergici, convulsioni, aumento del peso, agranulocitosi (richiede un continuo monitoraggio della conta leucocitaria). Risperidone: aumento del peso, ipotensione posturale Olanzapina: sedazione, ipotensione posturale, capogiri, aumento del peso. E’ anche usata nel trattamento del disturbo bipolare à bilizzazione, ittero colestatico, disturbi endocrini ULTERIORI PRECAUZIONI E INTERAZIONI Gravidanza: Controindicati Glaucoma: Usati con cautela Ipertrofia prostatica: Usati con cautela. Interazioni: avendo molti antipsicotici effetti anticolinergici, alfa bloccati, antistaminici è evidente che questi farmaci presenteranno interazioni con tutti gli altri farmaci che provocheranno tali effetti farmacologici. L’azione sedativa si somma a quella da barbiturici, alcol, benzodiazepine, e altri depressori del SNC. FENOTIAZINE Oltre all’azione antipsicotica presentano attività: anticolinergica, antistaminica, bloccante del recettore alfa adrenergico e antiemetica. Questi ulteriori effetti permettono l’utilizzo delle fenotiazine per il trattamento della nausea, del vomito, del prurito e di alcune reazioni allergiche. Tuttavia, queste attività aumentano anche le reazioni indesiderate associate a questa classe di farmaci. Gli effetti avversi sono dovuti alla loro azione anticolinergica (secchezza delle fauci, disturbi della vista, stipsi), antistaminica (sedazione), blocco del recettore alfa1 (riduzione della pressione con conseguente ipotensione posturale), particolare importanza per gli effetti collaterali riveste anche la loro funzione antidopaminergica, il blocco dei recettori D2 a livello dei gangli della base può causare una serie di disturbi del movimento denominati genericamente DISTURBI EXTRAPIRAMIDALI. Inoltre il blocco dei recettori dopaminergici può anche aumentare i livelli di prolattina (irregolarità mestruali nella donna e ginecomastia nell’uomo). L’allergia ai farmaci nel trattamento con le fenotiazine è una complicanza non molto frequente ma potenzialmente pericolosa. DISTURBI EXTRAPIRAMIDALI • • • REAZIONI DISTONICHE: caratterizzate da spasmi muscolari – smorfie facciali e torcicollo spasmodico. L’ACATISIA: si riferisce a continui movimenti del corpo, ripetitivi che conferiscono un aspetto irrequieto all’individuo. PARKINSONISMO: caratterizzato da rigidità muscolare e tremori Una riduzione del dosaggio o l’interruzione del trattamento solitamente comportano un miglioramento di queste 3 condizioni. • • DISCINESIA TARDIVA: è una condizione più grave che si può manifestare in seguito a terapia antipsicotica a lungo termine. I sintomi della discinesia tardiva compaiono frequentemente alla sospensione del trattamento e possono essere controllati aumentando il dosaggio o riprendendo la terapia. SINDROME MALIGNA DA NEUROLETTICI: caratterizzata da: ipertermia – rigidità muscolare – catatonia (il paziente sembra immobilizzato) e instabilità del sistema nervoso autonomo. È necessario un trattamento immediato, ovvero la sospensione della terapia antipsicotica e un trattamento sintomatico delle manifestazioni. BUTIRROFENONI In rapporto al dosaggio i butirrofenoni sono più potenti delle fenotiazine. I butirrofenoni danno una minore incidenza di effetti anticolinergici – antistaminici – blocco alfa1, ma causano maggiori disturbi extrapiramidali (vi è anche la possibilità che si sviluppino discinesia tardiva e NMS). Vedi aloperidolo. TIOXANTINE La principale tioxantina è il tiotixene, farmaco molto potente associato ad una elevata incidenza di SEP, causa meno sedazione e minori effetti collaterali anticolinergici rispetto alla clorpromazina. In ogni caso gli effetti collaterali più comuni sono l’ipotensione posturale e la sonnolenza. I pazienti che diventano allergici a questi farmaci possono manifestare: dermatiti, ittero ostruttivo, leucopenia e anemia. Possono causare disturbi extrapiramidali del movimento. Lezione 07-10-2016 Effetti avversi degli antipsicotici atipici Abbiamo già detto come questi effetti collaterali siano legati all’interazione con i vari recettori istaminergici, alfa adrenergici e colinergici, in misura comunque notevolmente inferiore rispetto agli antipsicotici tradizionali (tipici). Un effetto collaterale comune a tutti gli antipsicotici è l’aumento del peso. (Tra le sostanze d’abuso ne ricordiamo una in particolare che porta al dimagrimento, ovvero l’anfetamina, sostanza che agisce aumentando la liberazione delle catecolamine, per cui da un lato abbiamo l’anfetamina e quindi una sostanza che fa dimagrire perché interagisce con i recettori dopaminergici aumentandone la stimolazione, dall’altra abbiamo gli antipsicotici che agiscono invece bloccando i recettori dopaminergici, per qui ci si aspetta che questi farmaci portino ad un aumento del peso in quanto hanno azione opposta all’anfetamina; inoltre ci si aspetta che soprattutto a livello ipotalamico, la dopamina sia coinvolta nel controllo dell’appetito, il controllo dell’appetito viene ridotto e l’individuo tende a mangiare di più). Questi farmaci presentano poi delle precauzioni, sono: • Controindicati in gravidanza • Controindicati nel glaucoma • Possono dare ipertrofia prostatica Quando il paziente viene trattato con questi farmaci in alcune situazioni quello che si può verificare è che i sintomi retrocedono fino a scomparire, tuttavia a distanza di tempo si possono però verificare delle ricadute. Lavoro effettuato dal prof negli anni 2000 (min 7.52) L’area del cervello su cui si è scelto di investigare è il cosiddetto nucelo del letto della stria terminale. Quello che era stato notato in quest’area era una forte stimolazione dei recettori D1 da parte delle clozapina (anche se la clozapina generalmente a livello dei recettori D1 non è così potente). Si è quindi deciso di misurare i livelli di dopamina con l’idea di fare un confronto tra antipsicotici tipici e atipici. Facendo dei prelievi ogni 20 min a concentrazioni crescenti si clozapina si è osservato che dopo 20 min i livelli di dopamina erano aumentati di 6 volte (del 600%) quando si utilizza una dose relativamente alta. Un aumento di dopamina così elevato non è mai stato osservato con un antipsicotico in nessuna parte nel cervello. Inoltre è un fatto insolito in quanto ci saremo aspettati che la clozapina facesse aumentasse di meno la dopamina rispetto all’alloperidolo. Il nucleo del letto della stria terminale è un’area che fa parte del sistema limbico ed è situata dietro l’accumbens e ha il ruolo di controllare attraverso il nucleo para-ventricolare ipotalamico tutto l’asse ipotalamo-ipofisario. Un aumento così elevato di dopamina è stato visto con altri antipsicotici atipici, es olanzapina e risperidone, ma non con l’aloperidolo (antipsicotico tipico), e il perché di questo non è ancora stato chiarito. Quindi quando blocchiamo in modo specifico e forte i recettori dopaminergici la dopamina non aumenta, quando invece blocchiamo in modo meno forte i recettori dopaminergici la dopamina aumenta di molto; per cui c’è sicuramente, dietro questa azione della clozapina qualche azione legata o ai recettori serotoninergici o ad altri recettori (non è stato ancora scoperto). Terapia della depressione La depressione resta ancora un “buco nero” per coloro che la studiano in quanto non si conoscono pienamente i motivi che la generano, anche se oramai sulla depressione sono state accumulate una vasta quantità di informazioni. Anche i farmaci antidepressivi così come la maggior parte dei farmaci furono scoperti per caso, l’iproniazide era un farmaco che veniva utilizzato nel trattamento della tubercolosi, quello che si era osservato è che i pazienti in terapia con questo farmaco mostravano un miglioramento dell’umore, fu il primo farmaco ad essere utilizzato come antidepressivo e ha dato origine alla classe degli “inibitori delle MAO”, successivamente fu scoperta l’imipramina (molecola molto simile all’antipsicotico promazina), inizialmente utilizzata come antipsicotico e poi come antidepressivo, l’imipramina è il capostipite della classe degli antidepressivi triciclici (così chiamati per la loro struttura chimica, infatti presentano 3 anelli condensati tra loro). Considerando però i numerosi effetti collaterali dei triciclici la ricerca proseguì portando all’introduzione in commercio degli SSRI prima e SNRI dopo. Il primo SSRI entrato in commercio fu la fluoxetina (Prozac). La fluoxetina è un farmaco che non presenta gli effetti collaterali caratteristici degli antidepressivi triciclici, il farmaco porta ad una alterazione della percezione di stessi con la conseguenza che l’individuo si piace maggiormente quando assume il farmaco, dà quindi una sorta di dipendenza, gli individui terminata la terapia avevano difficoltà ad interrompere l’uso del farmaco. Tra i farmaci recenti possiamo citare il bupropione, la mirtazapina, l’aripiprazolo (antipsicotico utilizzabile anche come antidepressivo). Per cercare di capire cos’ è la depressione si è partiti dagli animali da esperimento osservando l’effetto che avevano gli antidepressivi su di loro. Recentemente sono stati fatti poi esperimenti sull’uomo usando come metodi di indagine la risonanza magnetica associata alla PET (la PET è una specie di binding in vivo che si fa sull’ uomo; prendiamo per esempio un farmaco che blocca il trasportatore della serotonina e lo marchiamo col C11, misuriamo poi l’emissione radioattiva del C11 accoppiata alla risonanza magnetica e si vede sull’ individuo il numero di recettori o di trasportatori per una determinata sostanza. Questo permette di fare un confronto tra un individuo depresso trattato e un depresso non trattato e valutare i livelli dei recettori o trasportatori). Test del nuoto forzato Viene utilizzato per verificare l’azione di un antidepressivo. Consiste nel prendere un cilindro di plexiglas, riempito d’acqua, delle dimensioni di 40-50 cm in modo che il ratto immerso non possa toccare il fondo con la coda e lasciarvi immergere dolcemente il ratto. Questo, trovatosi in acqua, come prima cosa nuota fino ad arrivare alle pareti del cilindro e cerca di arrampicarsi; quando scopre che il plexiglas è un materiale molto liscio e non riesce ad arrampicarvisi nuota in un’altra direzione, ma poiché avviene la stessa cosa e ad un certo punto decide di stare fermo. Osservando il suo comportamento vengono distinti tre tipi di comportamento che può avere il ratto: • L’immobilità • Il nuoto (swimming) • l’arrampicata (climbing) Se per esempio lasciamo il ratto all’ interno del cilindro per circa 15 min possiamo osservare che il ratto per 5 min ha nuotato, per altri 5 ha cercato di arrampicarsi e per i gli altri 5 min rimanenti è rimasto immobile, abbiamo quindi dei tempi, questo vale però con un ratto normale. Se invece il ratto sottoposto al test è un modello di depressione si osserva che i tempi di immobilità sono notevolmente maggiori. L’ animale depresso al contrario di quello normale si arrende subito alla sua condizione di non riuscire ad arrampicarsi e sta fermo. Se somministriamo a un animale depresso un farmaco in modo dose-dipendente (con un effetto farmacologico vero) aumentano i tempi di nuoto e di arrampicata. Inoltre vi sono delle variazioni differenti dei comportamenti in base all’ antidepressivo utilizzato. fluoxetina: l’animale inizialmente passa circa il 25% del tempo a disposizione stando fermo, dopo il trattamento con 5 o 10 o 20 milligrammi di fluoxetina il tempo di immobilità diminuisce sino a raggiungere il 12% . (Far attenzione alla presenza di eventuali asterischi nei grafici, la sua presenza indica che p è inferiore a 0.05 e che quindi la probabilità che quell’evento sia casuale è inferiore al 5%; è un dato che viene preso come significativo) Con la fluoxetina aumenta il tempo di nuoto; già alla dose di 5 mg per kg il tempo di nuoto aumenta in modo significativo fino ad arrivare a oltre il 30%. L’ animale normale passava circa il 20% del tempo a nuotare prima di smettere mentre quello trattato nuota per un ulteriore tratto di tempo di circa 10 min manifestando la volontà di cercare di risolvere il problema. I dati dei tempi di arrampicata sono difficili da interpretare perché si presenta un aumento dei tempi di arrampicata iniziale non osservato però alle dosi più alte. Ricordiamo che la fluoxetina è un bloccante selettivo della ricaptazione della serotonina (SSRI). La serotonina viene rilasciata nello spazio sinaptico, interagisce con i suoi recettori (sono più di 10) e viene ricatturata in modo che il recettore sia pronto a essere stimolato nuovamente; se viene bloccato il trasportatore la serotonina rimane più tempo nello spazio sinaptico con la conseguenza che abbiamo un’azione maggiore sui recettori. Con il trattamento con la reboxetina (bloccante selettivo della ricaptazione della noradrenalina) vediamo che anche in questo caso diminuisce il tempo di immobilità, osserviamo la diminuzione del tempo di nuoto, (un effetto contrario a quello che ci si sarebbe aspettato); aumenta invece notevolmente il tempo di climbing. Le motivazioni alla base dei differenti comportamenti che si osservano come conseguenza del trattamento con fluoxetina o con reboxetina non sono note; bisognerebbe testare in quest’effetto tanti bloccanti dei recettori per vedere tra tutti i recettori stimolati dall’ aumento della noradrenalina o della serotonina quale è quello coinvolto in questo specifico effetto. Tutti i farmaci che sono stati provati sperimentalmente in questo test e funzionano in linea di massima diventano antidepressivi. C’è un problema importante che riguarda gli antidepressivi: per funzionare hanno necessità di essere assunti per 2-3 settimane. L’ effetto che si vede subito acutamente in teoria non ha nulla a che fare con il meccanismo d’azione degli stessi farmaci quando curano la depressione, o meglio i farmaci producono questo effetto di aumentare la concentrazione di neurotrasmettitori però immediatamente l’individuo pur avendo elevata la concentrazione dei neurotrasmettitori continua a rimanere depresso. La sintomatologia della depressione tende a scomparire lentamente e uno dei problemi che si può verificare è che l’individuo depresso ha l’idea fissa del suicidio però non la mette in atto perché è molto depresso ma appena comincia il trattamento acquisisce quella forza minima che gli permette di mettere in atto la sua idea. È importante per il clinico tenere sotto controllo il paziente che manifesta l’idea del suicidio durante il trattamento con questi farmaci. Depressione La depressione è una vera e propria malattia, si possono identificare diversi tipi di depressione: - Depressione esogena o reattiva - Depressione maggiore - Disturbo bipolare La depressione esogena o reattiva è causata da fattori esogeni, ad esempio può essere legata a un evento spiacevole e alla reazione dell’individuo allo stesso (es lutto o disoccupazione). Al periodo di depressione segue un periodo di riaggiustamento che porta alla razione conclusione rappresentata dalla necessità di proseguire la propria vita. La depressione reattiva tende a risolversi spontaneamente e in genere non richiede l’intervento farmacologico. La depressione maggiore trae origine dall’individuo stesso e può non essere riconducibile ad una causa specifica. Episodi di depressione maggiore possono ricorrere più volte nella vita di una persona. Richiede sia la psicoterapia che l’intervento farmacologico. Il disturbo bipolare: in cui alla depressione si alternano periodi di ipereccitabilità ed euforia noti come mania. SINTOMI: - Tristezza permanente, ansia, umore “vuoto” Sensazioni di pessimismo, mancanza di speranza Sensi di colpa, di inutilità e di abbandono Mancanza di interesse per hobbies e attività. Difficoltà a concentrarsi, ricordare o prendere decisioni Mancanza di energia, fatica cronica, sentirsi a terra. Difficoltà ad addormentarsi, risvegli all’alba, o aumento delle ore di sonno. Cambi di appetito e variazioni di peso, Pensieri di suicidio o tentativi di suicidio INCIDENZA DELLA DEPRESSIONE: le evidenze di tipo genetico sono meno forti di quelle che ci sono per la psicosi. Molto diffusa negli Stati Uniti (non legata a motivi occupazionale, in quanto è più diffusa tra i bianchi piuttosto che tra gli ispanici o neri che hanno più difficoltà nel trovare un lavoro o sono pagati meno), in Finlandia e Svezia (in questo caso l’elevata incidenza è legata al ciclo giorno- veglia), in Francia, India e Brasile. La prevalenza è in generale del 6,7%, sette volte maggiore di quella delle malattie psicotiche; e questo rappresenta per la società un costo elevato. Maggiore prevalenza nelle donne, 2 a 1 rispetto agli uomini. L’ età più critica è nei giovani. Raramente scompare ma è curabile, uno dei principali problemi degli antidepressivi è il fatto che sono necessarie 2-3 settimane di trattamento prima di ottenere un effetto antidepressivo. L’ effetto che si vede acutamente è un aumento della concentrazione di neurotrasmettitori però l’individuo continua a rimanere depresso. Uno dei primi sintomi che si osservano con l’uso di questi farmaci è un aumento delle energie, per cui l’individuo depresso che ha l’idea fissa del suicidio ma non la mette in atto perché non ha materialmente le forze per farlo può invece mettere in atto la sua idea. È importante per il clinico tenere sotto controllo il paziente che manifesta l’idea del suicidio durante il trattamento con questi farmaci. Aree cerebrali coinvolte nella depressione Alcune aree cerebrali sono comuni alle aree alterate nelle psicosi mentre altre sono nuove. • Ippocampo: può essere più piccolo nelle persone che soffrono di depressione (del 10-13%). Nell’ ippocampo avviene una continua neuro-genesi (sono presenti cellule staminali che a seconda del percorso di sviluppo possono diventare diversi tipi di neuroni); si è osservato che la rigenerazione dei neuroni nell’ippocampo nel depresso avviene molto meno. Si è quindi indagato sul perché nell’ippocampo questi neuroni si riproducono e sul perché questo non avviene nelle persone depresse cercando eventuali sostanze coinvolte, si è scoperto che nei depressi ci sono livelli molto inferiori di BDNF (brain derived neurotrophic factor), che invece aumentano quando il depresso viene trattato con antidepressivi con conseguente aumento della neuro genesi. Questa scoperta ha permesso di utilizzare dei modelli sperimentali animali al fine di valutare se il farmaco stesse funzionando, tenendo conto che nell’animale depresso i livelli di BDNF sono bassi e non c’è neuro genesi nell’ ippocampo mentre se si tratta l’animale con un farmaco antidepressivo si osserva che i livelli di BDNF aumentano e aumenta anche la neuro genesi. Ci sono poi anche tutta un’altra serie di test comportamentali che permettono di capire se il farmaco sta funzionando. C’è un legame abbastanza stretto tra ansia e depressione: se si lascia un animale un pochino affamato, con la conseguente necessità di recuperare del cibo (stato di ansia), e si mette il cibo al centro di una piattaforma fortemente illuminata, si osserva che alcuni animali trattati col farmaco diventano “più spavaldi” e vanno a prendere il cibo alla piattaforma portandolo poi in una zona scura (l’ animale per istinto cerca sempre di stare nelle zone scure, in quanto da essere predato ha imparato geneticamente che meno ci si fa vedere più sono le possibilità di sopravvivenza). Un fatto che è stato osservato sin dall’ inizio è che la depressione è legata allo stress, lo stress cronico nell’individuo può provocare nell’individuo predisposto più facilmente una depressione, oppure l’individuo può avere anche tutta una serie di geni alterati per cui si deprime a prescindere da qualunque situazione. Molti modelli animali di depressione sono legati a uno stress cronico. Un professore di Oxford ha proposto un test di stress cronico moderato che consiste nel sottoporre l’animale a vari dispetti; es il ciclo dormi-veglia dei ratti presenti in laboratorio è di circa 12 ore, alle 8 del mattino si accende la luce e si spegne alle 8 di sera. L’ animale è un animale notturno quindi durante il giorno sonnecchia o fa qualche attività se sollecitato, la sera invece spenta la luce i ratti iniziano a divertirsi. Se la luce non viene spenta alle 8 come accade sempre all’interno del cervello del ratto accade qualcosa in quanto viene scosso il suo ritmo fisiologico, stessa cosa se la luce non viene spenta affatto (è ciò che accade agli abitanti di Svezia e Norvegia). Un’ altra opzione è quella di privarli del cibo, per esempio di notte, o di non pulirgli la lettiera. Dopo 15 giorni se il ratto viene messo a nuotare starà fermo non per 5 min ma per 10 min, e questo è un segno di depressione. Trattati con un antidepressivo si ha un margine maggiore di vedere il funzionamento dei farmaci. Altra cosa importante è che gli antidepressivi funzionano subito però quando si deve osservare la scomparsa della sintomatologia depressiva sono necessarie alcune settimane. • Corteccia retromediale e prefrontale, corteccia dorsolaterale (importante anche per le psicosi) e la corteccia cingolata (vicino al ginocchio del corpo calloso). La serotonina arriva in tutte queste aree attraverso il rafe dorsale L’ ipotalamo è importante per l’alimentazione, il sonno, l’indirizzamento sessuale; l’amigdala per la paura e l’ansia; l’ippocampo per la memoria e la capacità cognitiva; la corteccia prefrontale per il decison making, e la valutazione di tutte le sensazioni che arrivano attraverso il talamo (anch’esso coinvolto nella depressione) • L’Accumbens: un aumento della trasmissione dopaminergica in quest’area è associata alle sostanze d’abuso (alcol, nicotina etc). Quest’area è stata associata alla motivazione (zona responsabile del decidere di fare qualche cosa) e, anche se ancora in discussione, alla gratificazione. (Se l’accumbens media la ricompensa e la motivazione, nei depressi non si ha ricompensa perché non riescono a sperimentare un qualcosa come piacevole non ho nemmeno motivazione e quindi quest’aria si pensa sia, per questo motivo, coinvolta nella depressione). • Importante come dicevamo prima il rafe dorsale in quanto da esso originano tutte le proiezioni serotoninergiche che proiettano alle diverse aree cerebrali. Tornando all’ ippocampo abbiamo visto che a livello dell’ippocampo avviene la neuro-genesi

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