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Riassunto esame prof. Roberto Marcone Osservazione del comportamento infantile Tecniche Di Osservazione Del Comportamento Infantile Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli 68 pag. Document shared on www.docsity.com Dow...

Riassunto esame prof. Roberto Marcone Osservazione del comportamento infantile Tecniche Di Osservazione Del Comportamento Infantile Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli 68 pag. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) OSSERVARE E VALUTARE IL COMPORTAMENTO DEL BAMBINO Cap 1. L’osservazione nella teoria Osservazione e sperimentazione nell’ambito della psicologia sono state spesso contrapposte. Il primo a identificare l’esistenza di due stili di lavoro, di due metodi diversi in questo ambito fu Edward Tichener, che distingueva la psicologia sperimentale praticata da William Wundt nel suo laboratorio di Psicologia a Lipsia (1879) dalla psicologia empirica praticata da Franz Brentano: - per Wundt, la sperimentazione era la via maestra per ragionare sui fatti psichici in modo obbiettivo e quindi scientifico - per Brentano, l’osservazione era questa via, soprattutto se accompagnata dalla riflessione filosofica La scelta di metodi diversi rifletteva la diversità degli oggetti della psicologia secondo le due scuole di pensiero: - la psicologia sperimentale di Wundt vedeva i fatti psichici come fenomeni elementari, quali sensazioni e percezioni, che potevano essere rilevati obbiettivamente tramite un metodo rigoroso. In questo laboratorio Wundt e i suoi studenti affrontarono sperimentalmente soprattutto quattro campi d’indagine: la psicofisiologia dei sensi, l’attenzione misurata con la tecnica dei tempi di reazione, la psicofisica, le associazioni mentali. La mente era quindi studiata come un prodotto di laboratorio, manipolato in condizioni controllate e descritto in termini matematico-statistici - Brentano, invece, era interessato alla conoscenza dei fenomeni psichici nel loro libero e spontaneo fluire. L’oggetto della psicologia erano perciò non i contenuti elementari dell’attività mentale ma i suoi processi e le sue funzioni. Il ricercatore non doveva manipolare nulla allo scopo di indurre risposte attese nel soggetto, non doveva far uso di artifici, ma limitarsi a prendere atto di ciò che accadeva sotto i propri occhi. Questa visione rendeva conto della componente individuale e personale dell’esperienza e costituiva quindi la psicologia come una disciplina libera da misure e tecniche di analisi I due metodi finirono per rappresentare due modi alternativi di ricerca: - dalla psicologia sperimentale di Wundt derivò un’impostazione di ricerca e studio caratterizzata da controllo, laboratorio, contenuti, misurazione e spiegazione, che divenne il metodo per eccellenza nell’ambito della ricerca - dalla psicologia di Brentano al contrario, derivò un’impostazione caratterizzata da spontaneità, naturalità, processi, qualità e descrizione, che divenne il metodo nell’ambito degli studi clinici, più legati al singolo Questa contrapposizione attraversò anche la psicologia dello sviluppo e apparì nel primo grande manuale americano interessato alla psicologia infantile, Handbook of Child Psichology, pubblicato nel 1931: - Anna Freud e Charlotte Buhler, riallacciandosi alla tradizione dei diari e delle biografie infantili, riconoscevano all’osservazione un ruolo privilegiato. - Anderson e Murchison (autore del manuale), al contrario sottolineavano l’importanza della sperimentazione, l’utilizzo del laboratorio, la quantificazione dei risultati e l’uso dei test psicometrici. Tuttavia, fino agli anni ‘50, nell’ambito della psicologia dello sviluppo il metodo sperimentale fu quello d’elezione e la voce dei sostenitori dell’osservazione fu ascoltata molto poco. In quegli anni, infatti, la psicologia voleva presentarsi come una scienza naturale al pari delle altre così gli psicologi generalisti impegnati nella ricerca sull’infanzia studiavano i bambini effettuando esperimenti di condizionamento classico e operante. Successivamente, la crescente consapevolezza della complessità del comportamento infantile condusse a un nuovo apprezzamento dell’osservazione, testimoniato dall’accoglienza del contributo di Herbert Wright (Observational child study) nell’Handbook of Research Methods in Child Development (1960) che difendeva appassionatamente i metodi osservativi ‘che lasciano la natura e la società libera di comportarsi in base ai propri meccanismi’, lamentando invece lo scarso interesse della psicologia a come si presentano gli eventi in natura e la sua preferenza a fare cose con i soggetti: somministrare compiti e problemi, interrogarli, sottoporli a test, e quindi a immetterli in situazioni precostituite. Wright passa poi a una rassegna dei metodi che nella psicologia dello sviluppo si basano sull’osservazione diretta, a cui si fa ancora riferimento in letteratura: Descrizione diaristica: metodo che presenta il comportamento nella sua interezza, offrendo quindi il vantaggio di fornire un quadro completo dei fattori e delle circostanze che influenzano il comportamento di un individuo. Gli svantaggi consistono soprattutto nella soggettività della rilevazione e nell’analisi esclusivamente qualitativa, che possono essere superati dai metodi diaristici di seconda generazione, Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) in cui la descrizione diaristica viene sottoposta a una forma di schematizzazione, che raccoglie le osservazioni in categorie e le quantifica Registrazione di specimen: questo metodo consiste in descrizioni narrative, sequenziali e in linguaggio ordinario molto dettagliate e accurate di tutto ciò che accade in un dato segmento di vita del soggetto, talmente fedeli alla realtà da rappresentare un ‘saggio’ del comportamento del soggetto in quel tipo di situazione. I vantaggi del metodo sono notevoli: la capacità di cogliere - attraverso l’uso di un linguaggio quotidiano - l’estensione, la varietà e la ricchezza del comportamento; includere - attraverso la descrizione del comportamento nel contesto - i fattori situazionali; preservare - attraverso la descrizione momento per momento e azione dopo azione - la continuità del comportamento; garantire - attraverso l’assenza di selettività nella descrizione - dati esaustivi che possono essere conservati in modo analogo al materiale da museo o da archivio delle ricerche storiche e biologiche. La possibile critica della soggettività della rilevazione induce Wright a proporre diverse tecniche intese a ridurla: l’addestramento degli osservatori a rispettare istruzioni precise nel redigere lo specimen, l’uso aggiuntivo di note e commenti durante o subito dopo l’osservazione per precisare ancora meglio ciò che viene scritto, il calcolo di accordo tra gli osservatori. Wright consiglia inoltre di considerare il materiale fornito da questo metodo come forma grezza su cui applicare categorie, così come consigliato per le descrizioni diaristiche Campionamento temporale: questo metodo divide il tempo di osservazione in intervalli di tempo uguali, il trascorrere dei quali fa scattare la codifica dei comportamenti che si verificano. Sommando gli intervalli in cui cadono gli stessi codici è possibile quindi ottenere una stima della frequenza dei vari comportanti. Vantaggi: essere veloce e quindi economico ed efficiente perché non descrive ma applica codici. Questi tuttavia sono anche gli svantaggi: il campionamento temporale non coglie la complessità del comportamento perché si preoccupa solo della sua frequenza, cioè del fatto che si verifica e non del perché e come si verifica; non coglie la sua rilevanza; lo rileva indipendentemente dal contesto, dalle circostanze in cui si manifesta. In conclusione, il campionamento temporale, pur costituendo un metodo tipicamente osservativo, può essere utile soltanto per testare ipotesi su quanto frequentemente i bambini si comportano in un dato modo. Metodo poco apprezzato da Wright, a differenza della registrazione di specimen Campionamento per eventi: ciò che viene rilevato è l’evento comportamentale che l’osservatore ha precedentemente selezionato come quello da studiare. L’osservatore sceglie il luogo dove sa che esso si verifica e lo descrive in tutta la sua interezza, così come si fa nello specimen. A differenza dello specimen, però, e così come accade nell’osservazione per intervalli, come appena detto l’evento da osservare è selezionato in partenza, il che permette di ridurre il carico di informazioni da rilevare Al contributo di Wright seguì immediatamente quello di altri due autori che difendevano invece il metodo sperimentale. Ancora negli anni ‘60, quindi, come per Tichener agli inizi del secolo, si poteva parlare di due gruppi distinti di ricercatori, gli osservativi e gli sperimentali Il proposito di Wright di richiamare l’attenzione su un modo di studiare lo sviluppo alternativo a quello dominante viene raccolto da alcuni studiosi nel decennio successivo. La contrapposizione con il metodo sperimentale continua quindi anche negli anni ‘70: McCall: prendendo atto della grande fioritura di ricerche sullo sviluppo infantile sviluppatasi a partire dal decennio precedente (dagli anni ‘60), lamenta che tali ricerche abbiano indagato argomenti tipici della psicologia generale usando i metodi della psicologia generale, tradizionalmente basati sulla manipolazione del comportamento, ma con soggetti i bambini al posto di adulti o di altri organismi. Così, da una parte, i processi naturali sono stati trascurati perché ritenuti impossibili da studiare con il metodo sperimentale e, dall’altra, gli effetti ottenuti in laboratorio con tale metodo sono stati identificati con la vita reale. Secondo McCall, le domande che la psicologia evolutiva si deve porre sono due: 1) se il fattore X può produrre il comportamento Y in determinate circostanze, domanda a cui è possibile rispondere solo con il metodo sperimentale 2) se il fattore X produce il comportamento Y nelle circostanze naturali tipiche, alla quale domanda è possibile invece rispondere solo scendendo nella vita reale e lasciando che il fattore che si vuole indagare faccia il suo corso, senza isolarlo e controllando i suoi ipotizzati effetti come in laboratorio Il suo consiglio è quello di incrementare la ricerca sul campo. L’alternativa alla ricerca sperimentale diventa quindi non già la ricerca osservativa ma quella naturalistica, alla quale l’osservazione si presta particolarmente Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) Weick: anche lui conferma l’opinione di McCall. L’osservazione è un’abilità, non va intesa come tipo di ricerca ma come tecnica che utilizza quella determinata abilità Sackett: questo passaggio è ben colto da S. ‘La ricerca osservativa non è sinonimo di ricerca naturalistica. La sua caratteristica è usare le abilità percettive e i giudizi umani e queste capacità si possono applicare sia in laboratorio che sul campo’. Al pari di McCall, anche S. preferisce una psicologia interessata a ciò che i bambini fanno nella vita reale piuttosto che a ciò che fanno in laboratorio e riconosce allo stesso modo che l’osservazione è una tecnica molto adatta a questo scopo (ribadendo, al tempo stesso, che si può fare osservare in qualunque luogo, il laboratorio oppure il campo) Thomas, Becker e Freese: aboliscono anche i confini tra naturalità e sperimentazione. Non solo l’osservazione si può fare in laboratorio ma l’esperimento si può fare nell’ambiente naturale, per cui la dicotomia tra studi sperimentali e studi naturalistici non ha senso. La distinzione che secondo gli autori va fatto non è quella tra laboratorio e campo, ma tra gli obbiettivi di una ricerca e le sue procedure: la ricerca sperimentale intende spiegare un fenomeno, trovare le cause del suo verificarsi e per questo sceglie di fare ipotesi, manipolare le variabili ritenute influenti e creare l’esperimento; tutto ciò favorisce la pratica del laboratorio In conclusione, l’osservazione viene sempre più considerata come una tecnica e basta, posta al servizio di un padrone – il progetto di ricerca – che decide se è il caso di usarla e, in tal caso, dove e come. Il passaggio dal considerare l’osservazione come strategia di ricerca a considerarla come tecnica di ricerca e quindi come insieme di procedure al servizio di una strategia, sperimentale o meno, può essere rintracciato nella quarta edizione del manuale Handbook of Child Psichology (1983). L’osservazione, inoltre, viene vista come diretta non solo a rilevare ma anche a misurare il comportamento. Deve quindi essere discussa relativamente alla sua capacità di misurare il comportamento, al pari di altri strumenti Messick: a tal proposito, M. sottolinea la peculiarità dell’osservazione rispetto ad altri strumenti relativamente al problema della distorsione dei dati. Ciascuno strumento, infatti, è soggetto a perturbazioni, ma nel caso dello strumento osservativo il gradiente di distorsione può essere alto perché l’informazione è filtrata da un ‘trasduttore umano’. La fonte primaria di perturbazione è quindi costituita dall’osservatore, ancora di più quando lo strumento è usato in contesti naturali Bakeman e Gottman: I metodi osservativi forniscono un modo per quantificare il comportamento; l’osservazione è una tecnica che si può usare in ogni circostanza, in contesti sperimentali e in contesti naturali, ciò che conta è che, essendo una tecnica per rilevare il comportamento affinché sia misurabile, fornisca rilevazioni affidabili, e per farlo deve garantire che il comportamento in questione possa essere osservato tutte le volte in cui si verifica e rilevato nello stesso modo chiunque sia la persona che osserva. Pertanto, il ‘vero’ metodo osservativo è quello che usa codici predefiniti, cioè lo schema di codifica. Questo strumento osservativo obbliga l’osservatore a selezionare ciò che osserva, è di utilizzo veloce e non cambia rispetto alle diverse occasioni in cui quel comportamento viene osservato e rispetto a coloro che osservano In conclusione, l’osservazione come tecnica di rilevazione dati basata sulle abilità umane di percepire e giudicare, può essere utilizzata in qualunque disegno di ricerca, purché sia utile all’obbiettivo della ricerca stessa. Campo - libera: l’osservatore entra nell’ambiente usuale di vita dei soggetti, il ‘campo’, per osservare il loro comportamento come normalmente si verifica - controllata: l’osservazione è effettuata nell’ambiente di vita quotidiano dei bambini, controllando tuttavia il tipo di attività svolta al suo interno Laboratorio - libera: rileva il comportamento spontaneo dei bambini ma sceglie di rilevarlo in una situazione osservativa artificiale come il laboratorio - controllata: il massimo grado di controllo sul comportamento dei soggetti si ha osservando una situazione strutturata in laboratorio. In questo caso, il comportamento del bambino viene osservato all’interno di una procedura come la Strange Situation. La procedura prevede di inserire il bambino in una stanza di laboratorio apposita e coinvolgerlo in una sequenza di 8 episodi, della durata di circa 3 minuti ciascuno, che presenta una serie di separazioni e di riunioni con la madre. Il comportamento viene osservato dietro un vetro unidirezionale e videoregistrato per essere analizzato successivamente. Sulla base di tale analisi, che si avvale di un protocollo di valutazione del comportamento del bambino nei diversi episodi rispetto a indicatori come l’ansia da separazione, la capacità di esplorazione, la Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) paura dell’estraneo e l’accettazione del ricongiungimento con la madre, è possibile valutare lo stile di attaccamento del bambino e classificarlo come sicuro oppure insicuro Cattell distingue tre modi fondamentali per ottenere dati utili allo studio del comportamento (distinzione ripresa da Messick e successivamente da Hartmann): - possiamo rivolgere domande ai soggetti, ottenendo Q-data (Questionnaire-data) - sottoporli a un giudizio, ottenendo T-data (Test-data) - osservarli, ottenendo L-data (Life-data) Nel primo caso, quindi, i dati che raccogliamo provengono dai soggetti stessi, nel secondo caso da uno strumento standardizzato e nel terzo caso dall’osservazione I RESOCONTI DEI SOGGETTI (‘self-reports’) I soggetti stessi costituiscono la fonte dei dati quando lo strumento utilizzato per rilevarli è l’intervista oppure il questionario. Questi strumenti vengono utilizzati quando si vuole sapere ciò che soltanto il soggetto sa o crede di sapere, hanno infatti lo scopo di catturare il personale punto di vista dei soggetti, il loro modo di attribuire significato agli eventi o di valutare un problema. Ci occuperemo solo dell’intervista, in quanto strumento più rappresentativo di questa fonte di dati Intervista: è particolarmente utilizzata a scopo clinico. Qui richiede una forma aperta di presentazione, quasi un colloquio, che consenta al soggetto di esprimersi con complessità, profondità e libertà in modo da consentire al terapeuta una valutazione o una diagnosi. In questa forma, il soggetto è al centro della relazione intervistatore-intervistato e l’intervistatore ha soprattutto la funzione di ascoltarlo. Un ascolto ‘totale’ in cui tutto ciò che proviene dal soggetto è importante, dalle parole ai gesti, ai silenzi nella psicologia dello sviluppo, l’intervista può essere utilizzata per ricavare dati dal soggetto quando ha raggiunto un’età sufficiente per reggere il ruolo dell’intervistato. Le ricerche dicono che soltanto a partire dall’età di 4 anni questo è possibile. Il bambino, avvicinandosi all’età scolare, comprende le domande dell’intervistatore, risponde in modo congruente, utilizza i termini adeguati a esprimere le proprie idee e i propri sentimenti. Occorre tuttavia assicurarsi la collaborazione del bambino, la sua disponibilità a parlare con l’adulto e quindi è la qualità della relazione che si stabilisce tra intervistatore e intervistato a essere in primo luogo importante. Lo scopo dell’intervista decide sulla sua forma, che può variare nel grado di strutturazione (per esempio, l’intervista può fornire stimoli strutturati a cui far seguire domande aperte, che chiedono una possibile risposta, oppure chiuse, dove le risposte sono prestabilite, oppure può fornire stimoli pochi strutturati seguiti da domande aperte oppure chiuse), esplicitezza (le domande possono essere dirette, per avere informazioni oggettive, oppure indirette, se le informazioni riguardano aspetti più privati e difficili da esprimere, come quando si vuole sapere la preferenza per uno dei due genitori) e direttività (l’intervistatore può esercitare un diverso grado di controllo sull’intervista, fissando una scaletta di domande prestabilita oppure lasciando che essa fluttui sulla base delle risposte del bambino). Come ogni strumento, anche questo presenta distorsioni che minacciano l’attendibilità dei dati e che, come per ogni strumento, dipendono dall’intervistatore (che può assumere atteggiamenti che lo pongono nella posizione dell’adulto che valuta, e questo può influenzare il bambino favorendo ostilità o accondiscendenza), dell’intervistato (ad esempio nel caso dei bambini più grandi si può trovare la tendenza a rispondere in modo desiderabile per l’altro) o dallo strumento stesso (ad esempio quando le domande sono formulate in un linguaggio poco chiaro oppure con termini adulto-centrici, quando lasciano trapelare un giudizio di valore sull’argomento che può condizionare la risposta del bambino) I TEST PSICOMETRICI La fonte dei dati è in questo caso rappresentata da uno strumento che viene somministrato a individui o a gruppi di individui in condizioni predefinite e che consente gli assegnare a quell’individuo o a quel gruppo un punteggio da cui trarre inferenze circa il possesso di ciò che lo strumento è supposto a misurare. I test sono nati per uno scopo diagnostico. Nel caso dell’infanzia, il primo test, noto come scala Binet-Simon, misurava l’intelligenza e venne somministrato agli alunni di scuole parigine nei primi anni del Novecento allo scopo di individuare coloro che avrebbero tratto vantaggio da un programma di educazione speciale. Il test forniva approssimativamente l’età mentale di ciascun bambino da confrontare con l’età cronologica. Sulla base di tali misure, la scala permetteva di distinguere tra capacità normali e ritardo e differenziava i gradi del ritardo. I test di intelligenza come questo, così come gli altri due tipi di test mentali (attitudinali e di profitto) servono a valutare le persone, collocando ciascuna in una data posizione rispetto alla norma della popolazione rispetto alla caratteristica esaminata. Avendo quindi uno scopo valutativo, occorre assicurarsi che siano in grado di fornire dati obbiettivi (il punteggio, il dato rilevato, deve effettivamente corrispondere al livello di Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) caratteristica psicologica sottostante). Ci si può fidare che il dato rilevato sia obbiettivo se il test è considerato affidabile e valido. Sono quindi due gli aspetti che vengono richiesti ai test psicometrici: l’affidabilità e la validità. Affidabilità → le misure che fornisce lo strumento devono essere affidabili, esatte. Non c’è una definizione univoca di esattezza, tuttavia c’è accordo sul fatto che una misura può essere considerata esatta quando, ripetendo più volte la misurazione di una data grandezza in date condizioni di misurazione, il valore numerico ottenuto si mantiene stabile nelle diverse occasioni. Un metodo per verificare l’affidabilità delle misure è ripetere lo stesso test per due volte nelle medesime condizioni (test-retest) oppure somministrare test diversi che tuttavia si ritiene misurino la stessa caratteristica (metodo dei test paralleli). Maggiore è la correlazione delle misure fra loro e più grande e l’affidabilità della misurazione. Dalla correlazione si ricava un indice di stabilità. Metodo delle forme parallele: si ricava un indice di equivalenza esterna basato sulla correlazione tra forme alternate di test simili. Metodo split-half: si ricava un indice di consistenza interna confrontando sub-parti del medesimo test. Validità → lo strumento deve garantire anche che la misura ottenuta misuri ciò che lo strumento intende misurare, quindi che fornisca dati validi oltre che attendibili. La validità ha a che fare con il significato delle variabili misurate e non con la precisione della loro misurazione. Il problema della validità nasce dal fatto che le variabili misurate da un test mentali sono concetti (intelligenza, abilità, attitudine), che a differenza della variabili del mondo fisico non hanno un corrispettivo nella realtà. Per dire quindi che un test mentale è valido per misurare l’intelligenza altrettanto quanto lo è un metro per misurare la lunghezza bisogna fornire delle buone giustificazioni teoriche. Il giudizio di validità di un test può riguardare aspetti diversi, come ad esempio il contenuto. Si dice che un test possiede validità di contenuto se contiene item pertinenti, rilevanti e rappresentativi del costrutto che si vuole rilevare. Ad esempio, in un test d’intelligenza ci si chiede se gli item di cui è composto il test valutano le componenti che si suppone costituiscano l’intelligenza. Si dice che un test ha validità predittiva, invece, se è in grado di predire un risultato successivo, non misurabile al momento. Ad esempio, si possono misurare gli allievi di una scuola superiore con un test di rendimento scolastico e misurarli successivamente alla fine dell’anno scolastico o all’università. Maggiore sarà il grado di corrispondenza tra queste due misure (punteggio al test/risultati agli esami) più elevata risulterà la validità predittiva del test. Validità concorrente. Questi due tipi di validità insieme corrispondono alla validità detta ‘di criterio’. Infine, si dice che un test ha validità di costrutto se è costituito da item che riflettono i concetti della teoria di riferimento OSSERVAZIONE Il terzo modo di rilevare i dati è l’osservazione. In questo caso la fonte dei dati non è il soggetto, come nel caso dell’intervista, né lo strumento, come nel caso dei test, ma l’osservatore. Le informazioni che raccoglie l’intervistatore provengono dall’intervistato, a cui si chiede una risposta il più possibile sincera. Nel caso del test, i dati sono le informazioni fornite da un dispositivo di misurazione, a cui si chiedono pertanto affidabilità e validità. Nel caso dell’osservazione è su una persona esterna al soggetto che risiede la responsabilità del tipo di dati che fornisce. La presenza dell’osservatore è regolata da una decisione presa in anticipo su come essere presenti: se mantenersi distaccati da ciò che si verifica nella situazione osservativa, se partecipare in modo più o meno diretto e profondo alle sue dinamiche, se cercare di governarla intervenendo attivamente in momenti specifici. Queste decisioni impostano forme diverse di osservazione: partecipante, distaccata e critica Osservazione partecipante L’osservazione partecipante implica il coinvolgimento intenzionale dell’osservatore nella situazione osservativa. Il grado di coinvolgimento può variare: l’osservatore può limitarsi a regolare il proprio comportamento su quello dei soggetti oppure interagire con loro oppure calarsi del tutto nel loro mondo culturale e affettivo. In ogni caso, sceglie di essere un elemento interno al campo. Due sono i principali ambiti di utilizzo di questo approccio: l’etnografia e la psicoanalisi - Osservazione etnografica: l’etnografia, uno sviluppo dell’antropologia nato allo scopo di conoscere in dettaglio la vita di gruppi umani primitivi, ritiene che la possibilità di capire qualcosa della cultura dei soggetti osservati è affidata alla capacità di accedere ai significati di quella cultura, ed essi sono difficilmente accessibili agli estranei, per cui possono essere rilevati soltanto dall’interno, se si entra cioè nelle situazioni che li producono. Osservatore e osservato sono abitanti di un mondo sociale condiviso, essendo le loro rispettive culture differenti ma uguali ed essendo capaci di mutuo riconoscimento grazie al fatto di fare parte del genere umano. Osservazione etnografica del bambino: l’osservazione etnografica del bambino considera il bambino come soggetto inserito nelle pratiche culturali del proprio ambiente, quindi questi va studiato all’interno del processo di acculturazione che accompagna il suo sviluppo. Ciò è possibile se i soggetti vengono lasciati liberi di comportarsi nel modo usuale e se la loro prospettiva viene tenuta presente nell’interpretazione del Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) comportamento. L’osservazione è quindi basata sul principio di ‘guardare la realtà con gli occhi degli altri’. Ricerca etnografica di Corsaro: una ricerca molto interessante in questo ambito è quella di William Corsaro sulle relazioni tra i bambini e sulla ‘cultura dei pari’ (1985) in una scuola materna americana, allo scopo di capire che cosa le interazioni quotidiane e di gioco significano per i bambini stessi. Poiché tale obbiettivo richiede di evitare interpretazioni dalla prospettiva degli adulti e cercare di entrare nel mondo del bambino, Corsaro sceglie di essere un osservatore partecipe di ciò che osserva. Prima fase: cosiddetta ‘etnografica’, serve per guadagnarsi l’accesso al campo e raccogliere informazioni sull’ambiente, parlando con le persone significative del posto, dal direttore della scuola alla segreteria, alle educatrici. Seconda fase: l’osservazione nascosta, effettuata dietro gli specchi unidirezionali, serve per rendersi conto di come si svolge la vita dei bambini nei vari ambienti della scuola, delle routine, degli scambi sociali, delle attività, da riportare in note sintetiche. Nel corso di questa fase, l’osservatore si rende più visibile ai soggetti, circolando nei locali della scuola e collaborando con le educatrici in alcune routine. Terza fase: l’osservazione partecipante vera e propria, cominciata dopo due mesi di ingresso nella scuola, raccoglie lo sforzo del ricercatore di farsi accettare dai bambini come un compagno di giochi, in modo da essere inserito nella loro attività e quindi accedere al loro mondo, solitamente difeso dalle interferenze degli adulti. Corsaro riesce nell’impresa adottando una strategia da lui denominata ‘reattiva’, dove l’osservatore non inizia lui stesso i contatti, ma si rende disponibili a riceverli, aspettando che i bambini, nei loro tempi e modi, reagiscono alla sua presenza. Ultima fase: la videoregistrazione, serve per selezionare gli episodi più significativi all’interno dell’unità osservata, che vengono videoregistrati e rivisti insieme con le educatrici. Questi episodi vengono confrontati con quelli rilevati nella fase precedente e serviranno per un’analisi dettagliata, impossibile a farsi ‘dal vivo’ dei pattern interattivi che sostengono l’attività condivisa dei bambini. La tecnica di registrazione consiste nello scrivere delle note che rilevano a più livelli ciò che viene osservato: note di campo (Nc) → registrano ciò che avviene in modo letterale, dettagliato e senza interpretazioni; note personali (Np) → registrano le reazioni dell’osservatore alle caratteristiche specifiche degli eventi osservati, incluse le sue risposte ai sentimenti e ai comportamenti dei bambini; note metodologiche (Nm) → precisano gli aspetti dell’osservazione da modificare; note teoretiche (Nt) → colgono gli aspetti del comportamento dei bambini interessanti per l’interpretazione. Utilizzando le seguenti note, sono stati registrati in tutto 633 episodi. L’articolazione della registrazione in questi livelli permette di tenere i dati distinti dai commenti L’osservazione etnografica è particolarmente consigliata nel contesto scolastico, dove consente una conoscenza approfondita del comportamento e degli interessi dei bambini, utile per definire strategie di insegnamento e obbiettivi educativi mirati - L’infant observation: per ‘infant observation’ si intende la tecnica, elaborata da Esther Bick, che prevede l’osservazione diretta e partecipe del bambino durante i primi due anni di vita, nella sua relazione con la madre e con altri membri della famiglia all’interno della propria casa. La Bick cominciò a lavorare con i neonati a Vienna e in seguito si trasferì a Londra, dove iniziò a collaborare con Melanie Klein. I suoi studi sull’infanzia si intensificarono e si rivolsero in particolar modo alla relazione madre- bambino. Questa tecnica si rivelò ben presto di grande utilità non solo per gli scopi di ricerca ma anche per la formazione degli psicoterapeuti infantili e degli psicoanalisti (tanto che attualmente è parte integrante dell’addestramento degli allievi psicoterapeuti infantili della Tavistock Clinic di Londra e di alcune società di psicoterapia a orientamento psicoanalitico), in quanto, nelle parole della Bick, offre ‘a ogni allievo psicoterapeuta l’opportunità eccezionale di osservare in modo sistematico lo sviluppo di un bambino più o meno alla nascita, nel suo ambiente naturale e nel rapporto con i membri della sua famiglia’. Sempre nelle parole della Bick, l’osservatore è una ‘pelle psicologica’, un contenitore che trattiene e sente dentro di sé un ‘qualcosa di presente, resistente e ben definibile’ che gli deriva dall’impatto con il proprio oggetto di osservazione. Tuttavia, per essere in grado di osservare, deve mantenere un certo distacco da tutto quello che accade. Occorre quindi contemperare il coinvolgimento emotivo con la ricerca di una ‘giusta distanza’. L’osservatore deve quindi avere un atteggiamento ‘neutrale e ‘partecipe’: neutrale per avere il distacco necessario a osservare, partecipe per cogliere ciò che caratterizza l’unicità della situazione osservativa, con particolare riguardo alla sua dimensione emozionale. Essenziale per l’interpretazione del materiale empirico raccolto è l’analisi del proprio vissuto nell’impatto con quello della diade osservata e a ciò serve il gruppo di supervisione in cui viene portato tale materiale per essere esaminato. La procedura per condurre l’infant observation è abbastanza rigida: COME SI USA 1. Osservazione naturalistica del bambino a casa 2. L’osservatore incontra i genitori prima della nascita del bambino: l’osservatore deve fissare incontri con la famiglia prescelta, da tenersi preferibilmente anche prima della nascita Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) del bambino, in cui spiegare che il motivo della collaborazione richiesta è quello di acquisire esperienza diretta con il bambino per la propria formazione professionale di futuro terapeuta. Sottolinea anche che sarà lì solo per osservare, che non interverrà con consigli o giudizi, e che gradirebbe osservare sopratutto i momenti nei quali il bambino sta assieme alla madre e fa qualcosa con lei, come nelle routine quotidiane del pasto, del cambio e del sonno. Inoltre decide con i genitori l’ora più adatta per l’osservazione, che potrà essere modificata nel corso del tempo se le condizioni lo richiedono 3. Dopo la nascita, si osserva il bambino per un’ora a settimana dai primi giorni di vita fino a 2 anni di età, mantenendo lo stesso orario e lo stesso giorno della settimana 4. L’osservatore non prende note mentre osserva ma lo fa subito dopo richiamando alla mente tutti gli eventi verificatisi durante la visita: durante l’osservazione non si avvale di appunti, solo dopo avere concluso l’osservazione, in modo da ricordare più informazioni possibili 5. L’osservatore sottolinea quello che ha visto (sguardi, azioni, linguaggio, espressioni mimiche, vocali ed emotive) e provato anziché quello che pensa si sarebbe verificato 6. Seminari regolari con un supervisore e gli altri osservatori, nei quali si discutono le osservazioni, gli stati d’animo e le interpretazioni PERCHÉ SI USA 7. Consente all’osservatore di fare esperienza delle emozioni del bambino nella scoperta del mondo 8. Rende l’osservatore sensibile all’atmosfera emozionale nella quale il bambino vive e cresce 9. Consente all’osservatore di collegare gli stati emozioni della madre con quelli del bambino, di collegare il sostegno fornito alla madre con la sua capacità di comprendere i bisogni fisici, emotivi e cognitivi del bambino 10. Fa capire l’influenza di: identità sessuale, posizione della famiglia, clase, razza, cultura, effetti degli stili educativi sullo sviluppo infantile, disoccupazione, divorzio, morte, malattia Da Internet: La metodologia dell’Infant Observation, messa a punto dalla Bick (1964) e poi dalla Harris (1980), dà una svolta decisiva alla metodologia dell’osservazione del bambino molto piccolo. È questa una osservazione naturalistica del bambino nel suo ambiente. L’osservatore incontra i genitori prima della nascita del bambino e concorda con loro le modalità di collaborazione e il rigoroso setting: osserva il bambino per un’ora a settimana fino al compimento del secondo anno di vita, sempre durante lo stesso orario e nel medesimo giorno della settimana. L’osservatore è neutrale e partecipe al tempo stesso, segue l’evoluzione dell’unicità della relazione che si struttura all’interno della diade madre- bambino; non si prendono appunti durante l’osservazione ma si riporta successivamente e minuziosamente ciò che è stato osservato, stendendo un protocollo di osservazione, in cui evidenzia non solo ciò che si è visto, ma anche le emozioni provate. I protocolli vengono poi presentati durante seminari regolari con un supervisore e altri osservatori, per discutere e riflettere su quanto osservato. Questa metodologia di osservazione del lattante viene inserita come addestramento alla psicoterapia infantile presso la Tavistock Clinic di Londra: l’Infant Observation è utile come metodologia formativa in quanto consente all’osservatore di fare esperienza della crescita e dello sviluppo di un bimbo fino ai due anni; gli consente di partecipare all’atmosfera emozionale nella quale il bambino vive e cresce; affina la sua capacità di rapportare gli stati emozionali della madre con quelli che osserva nel bambino, e di confrontare il supporto fornito dalla madre in rapporto ai bisogni fisici, emotivi e cognitivi del bambino Osservazione distaccata L’obbiettività viene migliorata dall’osservazione distaccata, una metodologia perfezionata dagli etologi animali. Siamo ben lontani dai dettami dell’osservazione partecipante, dove chi osserva cerca al contrario di mettersi nei panni degli altri e di vedere la realtà con i loro occhi - Osservazione etologica: se l’osservazione partecipante è tipica della ricerca etnografica, quella distaccata lo è altrettanto della ricerca etologica, una branca di studi della zoologia interessata al comportamento animale, nata dalla spinta della teoria darwiniana a considerare come frutto dell’evoluzione non solo la morfologia delle diverse specie animali ma anche il loro comportamento. La ricerca etologica è pertanto interessata all’identificazione del repertorio comportamentale delle diverse Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) specie, frutto della loro storia evoluzionista, il cosiddetto etogramma, che permetterà all’etologo di rispondere alle domande cruciali della disciplina: che cosa ha spinto l’animale a fare quella certa cosa adesso che tipo di storia quell’animale ha avuto per fare quella certa cosa che beneficio ha tratto e trae dal farla perché quell’animale risolve il problema della sopravvivenza in quel modo L’insieme delle risposte sul comportamento definirà la specificità comportamentale dell’animale studiato e la sua differenza con animali affini, aiutando il ricercatore a ricostruire le forme di parentela tra le specie, che è lo scopo ultimo dell’etologia (obbiettivo della disciplina = ricostruire la peculiarità comportamentale di ogni specie e insieme la sua affinità con le altre) L’osservatore inizia il suo lavoro guardando la situazione nel suo insieme, senza avere alcuna ipotesi su ciò che potrebbe trovare; guarda ciò che ha davanti in modo intuitivo. Lo scopo è far saltare fuori da uno sfondo caotico di stimoli casuali una configurazione caratteristica. A questo punto, identificato il comportamento o i comportamenti da osservare, l’osservazione diventa microscopica, rintracciando tutti i caratteri che costituiscono l’unità scelta, descrivendoli in modo letterale. Occorre identificare anche le minuzie di un comportamento che risulti apparentemente simile tra due specie, così da rintracciare somiglianze e differenze: le prime serviranno a individuare le relazioni di parentela tra le specie e le seconde a identificare la loro divaricazione a un certo punto delle rispettive storie evoluzionistiche. Come dice Lorenz, l’osservatore etologo da gestaltico che era all’inizio diventa sempre più microsistematico Osservazione etologica infantile: introdotta in psicologia soprattutto per lo studio dell’infanzia, l’etologia ha favorito la realizzazione di ricerche dirette a identificare l’etogramma umano, cioè l’insieme dei comportamenti consegnati dall’evoluzione a ogni essere della nostra specie alla nascita, sostenendo pertanto la necessità di osservare il soggetto nelle condizioni naturali di vita affinché tale identificazione sia il più completa e obbiettiva possibile. Così facendo, l’osservazione etologica effettuata dagli psicologi dello sviluppo ha permesso di cogliere comportamenti infantili che hanno somiglianze e differenze con quelli dei cuccioli dei primati non umani. Ad esempio, nell’ambito degli studi sull’attaccamento, i comportamenti di ricerca della vicinanza osservati nella specie umana sono risultati analoghi funzionalmente a quelli osservati nelle scimmie, così come l’unità comportamentale ride-faccia giocosa-salta-colpisce-lotta. Introdotta nella psicologia dello sviluppo, l’osservazione etologica ha inaugurato un modo di osservare diverso rispetto alle ricerche precedenti, basato sull’esigenza del rigore nella procedura di osservazione L’esigenza di trovare l’inventario dei comportamenti di una specie, anche di quella umana, decide le caratteristiche dell’osservazione, che deve pertanto essere: - distaccata: l’osservatore deve mantenersi a distanza dai soggetti osservati, ‘indifferente’, ‘silenzioso’ e ‘discreto’, il più possibile capace di staccare il proprio pensiero dalle proprie emozioni. Né deve contare sull’interpretazione dei soggetti - spregiudicata: libera da idee preconcette, non precostituita; la selezione dell’orizzonte da indagare non è fatta in base a ipotesi fissate in anticipo, è fatta in base all’osservazione gestaltica e cumulata nel tempo della situazione di vita della specie e dopo che una regolarità comportamentale tipica sia emersa - completa: il resoconto etologico deve essere esaustivo, in modo da garantire l’obbiettività dei dati, perché consente a chiunque di verificare ciò che è stato registrato e ciò che è stato invece omesso; inoltre, fornisce una guida sicura per districarsi nel labirinto dell’’infinita varietà e complessità delle forme viventi. Sono proprio queste descrizioni lunghe e tediose dei resoconti etologici che consentono alla disciplina di disinteressarsi di indici statistici, come quelli della concordanza tra osservatori, e nello stesso tempo di avere dati attendibili - letterale e dettagliata: in modo da facilitare l’identificazione del comportamento. L’etologo utilizza termini fattuali, che descrivono gli aspetti effettivamente osservabili, e particolareggiati, che li descrivano in modo minuzioso. Bisogna evitare di usare termini troppo generale e riassuntivi, che da una parte rischiano di avere un significato non univoco, con il risultato che ricercatori diversi, pur utilizzando lo stesso termine, gli attribuiscono significati differenti, e dall’altra parte impediscono di rilevare la specificità del comportamento, risultando pertanto inutili per costruire l’etogramma tipico della specie, necessario per trovare somiglianze e differenze tra specie vicine Osservazione critica L’osservazione piagetiana ricorda sia i primi metodi utilizzati nella psicologia infantile, le biografie o i diari redatti dai genitori (che erano anche studiosi ed effettuavano osservazioni estensive dei propri figli allo scopo di trarre conclusioni generali sullo sviluppo umano) per la sua continuità e per l’uso dell’interpretazione, sia l’osservazione etologica, per il grado di dettaglio con cui vengono osservate le differenze comportamentali da un’occasione all’altra. L’osservazione piagetiana è effettuata in casa e Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) da un osservatore che manipola un aspetto della situazione per provocare un comportamento criteriale nel soggetto osservato, tipico cioè di ciascuno stadio di sviluppo: per questo può essere considerata un esempio di osservazione in ambiente naturale e in situazione controllata. La posizione di Piaget davanti alla realtà osservata è pertanto quella di uno sperimentatore: non si limita a osservare l’attività del bambino ma, dopo averla osservata e aver ritenuto che essa sia il riflesso di uno schema, di uno stadio cognitivo specifico, interviene proponendo situazioni che servano a produrre un comportamento utile per verificare l’esistenza di quell’entità interna. Una solo occorrenza del comportamento criteriale bastava a Piaget per ritenersi soddisfatto. L’interesse di Piaget non era infatti il comportamento in sé ma la sua capacità di riflettere la struttura mentale sottostante, quindi gli bastava che esso si verificasse una sola volta. Il metodo critico è utilizzato con i bambini in età scolare nella somministrazione delle cosiddette ‘prove piagetiane’. Ai bambini più grandi forniva il materiale – plastilina, figure geometriche, bicchieri e perline – che secondo lui serviva a ipotizzare le strutture mentali del bambino e che il bambino poteva manipolare a suo piacere; egli osservava il comportamento del bambino e ascoltava le sue parole formulando un’ipotesi sulla struttura sottostante; poi interveniva nell’attività del bambino offrendogli una situazione ad hoc per indurre il comportamento che sarebbe servito a testare quell’ipotesi. Allo stesso modo, quando si era occupato dell’intelligenza sensomotoria negli anni precedenti, dopo aver osservato il comportamento spontaneo dei suoi bambini, modificava la situazione di partenza per fare emergere il comportamento criteriale per le sue ipotesi Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) L’OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO Cap 1. L’osservazione tra psicologia clinica e psicologia dello sviluppo L’osservazione nell’ambito della psicoanalisi infantile Le prime osservazioni sistematiche ad ampio raggio in ambito psicoanalitico di Anna Freud La prima psicoanalisi non si occupa subito di osservazione infantile: Freud inferisce lo sviluppo psicosessuale del bambino retrospettivamente dall’analisi degli adulti. Le sue osservazioni dei bambini sono principalmente indirette, raccoglie i dati osservativi dai resoconti dei genitori. È la figlia di Freud, Anna Freud, insieme a Dorothy Burlingham (1944), a introdurre l’osservazione come metodologia di indagine sistematica, eseguendola sui bambini accolti nelle Hampstead Nurseries nella seconda guerra mondiale. Per Anna F. l’osservazione costituisce un metodo valido per conoscere alcuni aspetti relativi allo sviluppo del mondo interno del bambino e delle sue istanze psichiche. La metodologia osservativa verrà utilizzata successivamente dai rappresentanti della psicologia dell’Io, come Hartmann e Kris, che si preoccupano, in vari loro scritti, di evidenziarne l’importanza per la costruzione di ipotesi sulla primissima infanzia e sulle varie fasi di sviluppo, con particolare riferimento al periodo preverbale Si comincia a delineare una distinzione concettuale tra: psicoanalisi del bambino: i cui dati provengono dalle ricostruzioni operate nel corso delle sedute psicoanalitiche con i pazienti, in cui lo psicoanalista tende a ricostruire i dati sia reali sia fantasmatici portati da questi nelle sedute e una teoria psicoanalitica dello sviluppo infantile: i cui dati provengono da osservazioni sistematiche e longitudinali di bambini piccoli e di coppie madre-bambino. I dati ricavati dall’osservazione diretta sono stati utilizzati al fine di confutare o confermare ipotesi psicoanalitiche e inoltre sono serviti ad acquisire dettagli attendibili sulla fase preverbale La scuola inglese di psicoanalisi (qui, dalla Klein, fino a Winnicott e Bowlby, un ruolo rilevante assume l’interazione madre-bambino) Nella scuola inglese di psicoanalisi un contributo cruciale all’osservazione diretta è dato da Donald Winnicott, che, sia nel lavoro clinico sia in quello di ricerca, ha sottolineato l’importanza dell’osservazione di coppie madre-bambino. In tutta la sua opera sottolinea ciò che può essere contenuto nella sua celebre frase: non esiste un bambino, ma un bambino con la sua mamma. Winnicott pone in rilievo la grande ricchezza di comportamenti che possono essere osservati, e come essi forniscano importanti indicazioni sul grado di sviluppo emozionale del bambino. Nel suo articolo L’osservazione dei bambini piccoli in una situazione prefissata, l’autore chiarifica quali presupposti debba avere l’osservazione diretta in senso psicoanalitico: - l’attenzione deve essere indirizzata ai tre poli della situazione: il bambino, la madre, l’osservatore stesso. Si osserverà come si comporta il bambino, come reagisce la madre e come la coppia madre-figlio interagisce con l’osservatore - l’osservatore deve intervenire il meno possibile e il setting deve essere prefissato nel senso di strutturare un ambiente tale in modo da poter attribuire ciò che accade esclusivamente all’iniziativa del bambino (o della madre) - si deve stabilire tra chi osserva e chi viene osservato un contatto emotivo. Sarà il contatto emotivo a permettere all’osservatore di cogliere il bambino e la sua relazione con la madre Winnicott chiarisce che attraverso l’osservazione si giunge a conoscere ciò che è precoce nello sviluppo del bambino, la conoscenza di ciò che è profondo nell’inconscio è invece conoscibile solo attraverso l’analisi L’infant observation: le osservazioni di Winnicott e le sue concettualizzazioni sull’osservazione aprono la strada alle teorizzazioni di Ester Bick, da cui ha origine la metodologia dell’infant observation. Oggetto dell’infant observation è l’osservazione regolare di una coppia madre- bambino compiuta in famiglia nel corso dei primi due anni di vita. Tale metodo consente di osservare, fin dalla nascita, lo sviluppo infantile e il nascere e svilupparsi della relazione primaria con la madre così come si realizzano nella peculiarità e singolarità di uno specifico bambino. Tale metodologia, utilizzata come training di formazione per i futuri psicoanalisti, aveva lo scopo di sviluppare negli analisti-allievi la capacità di intuire con immediatezza le esperienze precoci dei loro piccoli pazienti. La pratica dell’infant observation, sviluppata e affermatasi soprattutto in Inghilterra, costituisce parte integrante dei programmi di insegnamento dell’Istituto di Psicoanalisi, del Tavistock Center, dell’Anna Freud Center, e ha cominciato a diffondersi da alcuni decenni anche nel nostro paese. Si tratta di un processo attraverso il quale l’osservatore apprende a percepire le peculiarità e Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) le modificazioni di una relazione colta allo stato nascente; nello stesso tempo il divenire del rapporto madre-bambino permette un’esperienza diretta e non puramente teorica della fatica e degli ostacoli che si possono incontrare nella costruzione di una relazione. Si ritiene che l’esperienza derivata dall’infant observation (oltre a rappresentare una metodologia proficua per la conoscenza delle prime fasi dello sviluppo) faciliti la comprensione sia dell’esperienza infantile precoce dei pazienti in età evolutiva, sia dei resoconti materni sulla storia dei figli. Il metodo osservativo proposto dall’infant observation può rappresentare un classico esempio di metodologia del caso singolo, in quanto interessato allo svilupparsi di un singolo bambino, e ben evidenzia la singolarità del processo L’osservazione del bambino nella psicoanalisi degli Stati Uniti Diverso percorso ha avuto lo sviluppo della psicoanalisi infantile e della metodologia osservativa negli Stati Uniti. Probabilmente per il forte influsso del metodo sperimentale e di tecniche più raffinate di ricerca e per una diversa disposizione di luoghi e ambienti e di fondi con cui rivolgere gli studi, in tale paese, anche nell’ambito psicoanalitico, si risente di una notevole influenza volta al rigore sperimentale e a una verifica più empirica delle formulazioni teoriche proposte Spitz: sulla base dell’esigenza di conoscere le prime fasi dello sviluppo del bambino, ha tentato una mediazione tra metodo psicoanalitico e metodo sperimentale nelle ricerche sul primo anno di vita e sulla separazione precoce dalla madre. Spitz sottolinea il ruolo vitale della relazione madre-bambino attraverso il concetto di depressione analitica, termine da lui proposto per descrivere la reazione di un bambino alla separazione improvvisa e a lungo termine da chi si occupava di lui. Questi concetti sono stati studiati con ripetute osservazioni su bambini di brefotrofi. Questi concetti sono stati accompagnati da studi sulle funzioni dell’Io. Da Internet: Spitz (1965) nel «Primo anno di vita del bambino», osserva i bimbi posti in situazioni di deprivazione affettiva nei primissimi tempi della vita e sottolinea come crescere entro contesti relazionali sia una condizione indispensabile per la formazione di strutture psichiche, che consentano all’individuo di rapportarsi adeguatamente al mondo esterno. Margaret Mahler: per l’autrice l’osservazione dei comportamenti precoci può confermare o confutare le assunzioni psicoanalitiche. Deriva da ciò un’attenta osservazione delle relazioni precoci madre- bambino. Margaret Mahler e collaboratori, partendo da numerosi studi riguardanti l’origine delle sindromi psicotiche infantili, avevano ipotizzato che lo sviluppo normale di un bambino avvenisse attraverso un graduale processo di separazione dalla madre e di individuazione del bambino come persona autonoma. Questo processo, definito di separazione-individuazione, che avviene nel corso dei primi 3 anni di vita, è stato studiato attraverso un ampio programma di ricerca, basato su una complessa metodologia osservativa. Si ha con la Mahler una svolta decisiva nell’osservazione psicoanalitica rivolta allo studio delle interazioni precoci (2-20 mesi): viene introdotta sistematicità, registrazione filmata delle interazioni e controllo delle variabili del setting osservativo per conseguire lo scopo di convalidare teorie e materiali psicoanalitici Dalla storia dell’osservazione nell’ambito della psicoanalisi inglese e statunitense sembrano emergere due correnti tuttora presenti e abbastanza differenziate: - la prima è basata su un’osservazione empatica, partecipe, che rileva in profondità la qualità della personalità dell’osservato e/o della relazione madre-bambino. Attraverso la sua identificazione partecipe, l’osservatore giunge alla comprensione del materiale osservato - la seconda, invece, è meno strettamente legata alla partecipazione emotiva dell’osservatore. Pur rilevando affetti, emozioni e atteggiamenti, l’osservatore conosce rimanendo neutrale e obbiettivo Lo schema teorico di riferimento rimane, comunque, la teoria psicoanalitica L’osservazione del bambino nelle teorizzazioni di Bowlby e dei teorici dell’attaccamento Un contributo particolare all’osservazione è dato da John Bowlby, che pur formandosi nell’ambito della scuola di psicoanalisi britannica, occupa un posto a parte per la formulazione di una teoria esplicativa del legame tra madre e bambino, definita teoria dell’attaccamento. Essa si basa su elementi concettuali desunti dalla teoria evoluzionistica, dall’etologia e dalle scienze cognitive, pur rimanendo legata alla teoria psicoanalitica Il lavoro di Bowlby parte dallo studio degli effetti nocivi attribuibili alla carenza della figura materna: l’autore è convinto che l’assenza materna sia la causa di vari disturbi psichici e a che a tale problema non si sia data sufficiente attenzione solo a causa della mancanza di un’adeguata metodologia di studio della diade madre-bambino. Da ciò nasce il suo interesse per le osservazioni dirette. Bowlby e i suoi colleghi individuarono così nell’allontanamento dalla madre la principale variabile causa delle reazioni di disagio e di profondo malessere riscontrate nei bambini separati dalla madre. La tipica reazione di protesta, disperazione e distacco che si manifesta in un bambino di 6 mesi che viene separato dalla Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) madre dipende dalla perdita delle cure materne in uno stadio evolutivo estremamente vulnerabile e di estrema dipendenza. Nel bambino piccolo l’assenza della madre genera collera e un forte senso di perdita e quindi la fame d’amore e di presenza materna non è meno grande della fame di cibo. Nasce da ciò l’esigenza di studiare come si sviluppano i processi psicopatologici: per fare ciò egli attinge a molte discipline, in particolare all’etologia e alla teoria evoluzionistica. In tutta la sua ricerca egli però si è sempre servito della psicoanalisi come schema di riferimento, sia perché era partito da un modello psicoanalitico, sia perché a suo avviso la psicoanalisi è la teoria più opportuna e adatta a fornire spiegazioni in ambito psicopatologico. La metodologia osservativa è per Bowlby alla base dello studio del comportamento infantile: la sua teoria è basata sulle osservazioni di bambini raccolte nel corso di anni e sui dati raccolti dai suoi collaboratori (come la Ainsworth), osservazioni dirette del comportamento in situazioni quotidiane di vita, così come applicate dagli etologi nello studio del comportamento animale. Bowlby si avvicina sempre di più all’etologia e proprio partendo da concetti elaborati in questo ambito, come quello di ‘imprinting’, considera l’attaccamento che unisce il piccolo alla madre come una motivazione primaria, cioè un bisogno primario e non una conseguenza del soddisfacimento di bisogni alimentari o fisici. Il legame che unisce la madre e il bambino non sarebbe instaurato sulla base del soddisfacimento del bisogno primario, ma piuttosto sulla base di predisposizioni innate e di continuità e stabilità nel rapporto con la madre. Inoltre il bambino non è più in una relazione di dipendenza dalla madre, ma in una relazione di attaccamento e ciò significa che il bambino acquista un ruolo attivo nell’instaurarsi della relazione. I comportamenti da lui emessi attraverso l’apparato locomotorio e percettivo hanno uno scopo preciso: mantenere il contatto con la madre e attivare una serie di comportamenti di risposta da parte di quest’ultima La teoria dell’attaccamento ha dato origine a moltissime ricerche che si sono rivolte a studiare le differenze nelle risposte di attaccamento dei bambini valutate con la strange situation, una situazione osservativa, di tipo quasi sperimentale, utilizzata nelle ricerche di Mary Ainsworth. Per valutare le diverse risposte del bambino alla separazione con la madre è stata predisposta una situazione di osservazione in laboratorio in cui si variano, a intervalli fissi, la presenza o meno della madre e si osservano le reazioni del bambino alla sua scomparsa e al momento del ricongiungimento. Tale metodologia di ricerca ha condotto alla classificazione dei comportamenti di attaccamento in sicuri e insicuri (insicuri ambivalenti, evitanti e disorganizzati). La teoria dell’attaccamento ha permesso un avvicinamento tra psicoanalisi e psicologia dello sviluppo L’osservazione nella psicologia dello sviluppo Le ‘biografie infantili’, cioè accurati diari e osservazioni descrittive del crescere dei propri figli, sono state gli albori della psicologia dello sviluppo. Tali descrizioni sono state lo strumento per avvicinarsi al bambino e per cogliere alcune fasi importanti dello sviluppo, alcuni momenti critici, alcune caratteristiche che poi, in anni successivi, la ricerca ha confermato (ad esempio, le osservazioni di Darwin sul pianto del proprio bambino lo portarono a intuire come il suono del pianto si trasformi in base allo stimolo che lo induce, il che verrà confermato successivamente). L’utilizzo di osservazione diaristiche ha permesso a Piaget, attraverso accurate descrizioni dei suoi tre figli, di giungere a formulazioni circa la nascita dell’intelligenza nel bambino, il modo in cui il bambino conosce il mondo reale e infine le modalità di costruzione del simbolo. Il tipo di osservazione proposta da Piaget presenta delle caratteristiche che hanno permesso di denominarla ‘osservazione quasi sperimentale’. Si tratta di un’osservazione guidata da un corpus molto strutturato di ipotesi; inoltre, nel tentativo di verificare le ipotesi, Piaget controlla e modifica alcune delle variabili, così come avviene in un qualunque classico esperimento (tuttavia, avendo chiarito che l’osservazione è una tecnica utilizzabile in qualunque tipo di ricerca - naturalistica, , sperimentale e quasi sperimentale - potremmo dire che è la ricerca piagetiana e non l’osservazione a essere quasi sperimentale). Infine, le sue osservazioni sono continuative e sistematiche. Attualmente parlare di metodi di osservazione è molto comune nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Non era così chiaro e così scontato fino al 1960, anno in cui Wright, uno dei primi psicologi dello sviluppo sostenitore dei metodi osservativi, riferisce che nell’ambito delle ricerche evolutive solo l’8% era caratterizzato dall’uso di tecniche osservative. Ed è proprio intorno agli anni 70 che hanno una rivalutazione nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Secondo l’autrice, 3 sono i fattori che hanno agevolato l’uso dell’osservazione nell’ambito della psicologia dello sviluppo: 1) il ruolo dell’ambiente nello studio del comportamento: sotto l’influenza della psicologia ecologica e dell’etologia, tra la fine degli anni 60 e gli anni 70 si è cominciato a considerare il ruolo fondamentale che il contesto fisico e sociale ha sulla natura di un comportamento. Particolare attenzione venne quindi posta sul fatto che i comportamenti venissero studiati nel loro ambiente naturale di emissione. La Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) natura di un comportamento doveva essere ricercata nell’interazione tra uno specifico comportamento, l’ecosistema in cui è emesso e il valore di sopravvivenza che ha assunto per la specie in questione 2) il ruolo attribuito alla relazione madre-bambino nello sviluppo delle funzioni cognitive: sia per effetto dell’etologia, sia per effetto delle teorizzazioni in ambito psicoanalitico relative alle conseguenze deleterie della deprivazione materna (vd. Bowlby) si attivò, nell’ambito della psicologia dello sviluppo, un nuovo interesse verso tutti quei settori non esplorati dalla ricerca sperimentale: lo studio delle prime relazioni sociali, gli effetti della carenza della figura materna, le relazioni tra cure parentali e successivo sviluppo. Anche le funzioni cognitive, da sempre studiate in ambito sperimentale, cominciarono ad essere indagare in ricerche di tipo longitudinale e con l’utilizzo di una metodologia osservativa per la raccolta dei dati 3) i progressi nell’ambito della tecnologia: con i notevoli progressi compiuti nell’ambito dello sviluppo delle tecnologie, l’osservazione non è stata più soggetta esclusivamente alla mediazione dell’osservatore che trascrive manualmente ciò che vede, ma è stato possibile operare delle riprese su cui discutere, da rivedere, e su cui poi elaborare delle misure del comportamento (sebbene non siano diminuiti i problemi legati alla fedeltà e validità dei dati osservativi) 1) L’osservazione come metodo per lo studio del comportamento, nell’ambiente naturale di vita Nell’ambito della ricerca sperimentale non era possibile affrontare tutti gli interrogativi emergenti circa lo sviluppo di un bambino. Tale modello di ricerca prevede, infatti, che lo sperimentatore, per giungere alla conoscenza delle cause, possa manipolare variabili. Tutto ciò non è possibile nello studio dei bambini: esistono dei vincoli di tipo etico che rendono non manipolabili fattori legati al benessere di un individuo. Inoltre, molti aspetti legati allo sviluppo di un individuo non possono essere considerati in uno specifico momento, ma devono essere analizzati nel loro evolversi. Ancora, per quanto riguarda lo studio dei bambini, si è spesso ritenuto che le situazioni di laboratorio fossero eccessivamente artificiali rispetto a quelle in cui normalmente avviene un comportamento, il che potrebbe alterare la naturale messa in atto di un comportamento. Secondo Bronfenbrenner, gli scopi della psicologia dello sviluppo dovrebbero essere l’interesse per il progressivo adattamento tra un individuo attivo che cresce e il suo ambiente immediato. Da questi presupposti si sviluppa la notevole attenzione per un approccio allo studio del bambino che, non basandosi più solo sulla sperimentazione, cerchi di cogliere e considerare gli effetti del comportamento nell’ambito dell’ambiente e del contesto in cui si sono verificati. Nasce così l’approccio ecologico, ossia lo studio accurato, attraverso una metodologia di tipo osservativo, della relazione tra il funzionamento psicologico di una persona e le proprietà dell’ambiente in cui tale comportamento accade. Un assunto fondamentale della psicologia ecologica elaborato da Barker (1968) è quello di studiare il comportamento nelle situazioni di vita reale; è solo in tal modo che, per l’autore, è possibile scoprire il funzionamento delle leggi psicologiche che governano il comportamento. Si preferisce allora l’osservazione diretta delle situazioni di vita quotidiana e la specificazione del contesto in cui avviene il comportamento oggetto di studio - L’approccio etologico all’osservazione del comportamento: l’etologia si propone lo studio obbiettivo e scientifico dei comportamenti, facendo propri i principi evoluzionistici. La metodologia d’indagine etologica, sorta inizialmente per lo studio dei comportamenti animali, ha potuto essere estesa a quello dei comportamenti umani; estensione facilitata da: dalla necessità di studiare il bambino nel suo contesto naturale dall’esigenza di comprendere le prime fasi dello sviluppo. L’etologia, infatti, avendo inizialmente studiato il comportamento animale, ha messo a punto tecniche osservative per indagare il comportamento anche senza l’utilizzazione del linguaggio. L’utilizzo della metodologia etologica è, quindi, risultata importantissima per lo studio dei bambini piccoli, ancora non padroni dell’abilità linguistica L’etologia ha un riferimento teorico molto preciso nella teoria evoluzionistica per cui il punto chiave dello studio dei comportamenti sarà quello di cogliere il valore di sopravvivenza che ogni comportamento ha avuto per la specie che lo emette. Il comportamento deve quindi essere studiato nell’ambiente naturale di emissione: solamente lì sarà possibile coglierne il suo significato adattivo. In questo senso anche l’ambiente assume un significato particolare, in quanto un determinato comportamento in un ambiente ha un significato e un valore dissimile da quello manifestato in un altro ambiente Uno dei presupposti della metodologia osservativa di tipo etologico è quello di identificare in maniera chiara e univoca i comportamenti da studiare. Bisogna allora procedere in una identificazione di schemi comportamenti quanto più semplici è possibile, giungendo a definirli in termini morfologici (cioè di strutture anatomiche e morfologiche). Per gli etologi anche comportamenti semplici possono risultare complessi e la loro identificazione richiede un lavoro attento e minuzioso Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) La funzione di un comportamento può variare a seconda del momento in cui è emesso, della situazione ambientale, dei comportamenti che lo hanno preceduto o che lo seguiranno. Proprio per questo, per gli etologi è molto importante non selezionare a priori cosa osservare, ma piuttosto registrare tutto ciò che avviene in una determinata situazione e, inoltre, ripetere nel tempo questo tipo di osservazione Gli etologi si chiedono ‘perché questo animale si comporta in questo modo?’, indagando: - la causa immediata del comportamento - il tipo di sviluppo che ha avuto un animale per rispondere proprio in quel modo - la funzione del comportamento - il modo in cui si è evoluto Per poter analizzare un comportamento in base a queste quattro categorie è necessario averlo osservato e registrato, senza aver operato selezioni arbitrarie, giungendo a una sua definizione operazionale, cioè una descrizione quanto più molecolare possibile (ad esempio modificando una categoria molare quale aggressività, in categorie molecolari quali digrigna i denti) Le ricerche in quest’ambito, proponendosi lo studio scientifico dei comportamenti in un’ottica evoluzionistica, hanno implementato alcuni principi metodologici e una serie di procedure che permettono la registrazione, l’identificazione, la descrizione e la catalogazione dei comportamenti osservati, in maniera oggettiva e sistemica: registrazione: per quanto riguarda la registrazione, si è passati dalla descrizione manuale (soggetta a errori di affaticamento e di interpretazione oppure di non considerazione di alcuni comportamenti da parte dell’osservatore) alla registrazione su nastro e al filmato con cinepresa o, più attualmente, con videotape, per poter avere un’osservazione iniziale oggettiva, libera da ipotesi identificazione, descrizione, catalogazione: una volta registrati i dati, incomincia la fase più complessa della ricerca etologica. Si tratta di giungere alla loro catalogazione attraverso l’identificazione e la descrizione precisa e obbiettiva dei singoli modelli comportamentali. Nella vastità dei modelli comportamentali tipici dell’uomo, è possibile identificare un repertorio di comportamenti finito, in quanto esiste solo una combinazione finita di muscoli e di legamenti del corpo umano. Compito dell’etologo è, quindi, riconoscere dei modelli stereotipati e ricorrenti nel flusso comportamentale per poi astrarre e definire tali modelli in modo attendibile e oggettivo. Gli etologi giungono a individuare un inventario minuzioso e dettagliato degli schemi comportamentali caratteristici di una specie. Quando l’insieme di queste descrizioni è esaustivo di tutti i comportamenti che un animale e/o l’uomo sono capaci di emettere, si usa la denominazione repertorio comportamentale o etogramma; quando quest’insieme, invece, raccoglie solo la lista dei comportamenti che sono stati osservati o conosciuti, in quella specifica situazione, viene definito un catalogo dei comportamentali. Data la vastità e la complessità dei comportamenti emessi dall’uomo, la quasi totalità delle ricerche di etologia umana si è sempre più orientata a cataloghi di comportamento, comprendenti descrizioni di comportamenti in determinate situazioni. La difficoltà di individuare etogrammi o cataloghi comportamentali ci fa meglio comprendere perché le ricerche di etologia umana siano state condotte su bambini piccoli: è minore la vastità di comportamenti da identificare e definire interpretazione e formulazione di ipotesi: si passa poi all’interpretazione dei dati raccolti per la formulazione di prime ipotesi sul lavoro. Compito dell’interpretazione è analizzare le sequenze comportamentali e capirne il significato. Tre sono i momenti fondamentali di questo tipo di analisi: - un primo momento temporale, in cui si cerca di individuare l’associazione nel tempo dei vari elementi comportamentali - un secondo situazionale, in cui si individua il contesto di emissione dei comportamenti e il loro risultato - e un terzo formale, di confronto tra i comportamenti emessi in contesti differenti e con forme diverse Ciò permette di formulare ipotesi in termini evoluzionistici sullo sviluppo e la funzione dei comportamenti in esame. Dopo il momento più speculativo dell’interpretazione dei comportamenti e della formulazione delle ipotesi, si ritorna all’osservazione come metodo di verifica delle teorie formulate. Tale osservazione e verifica di ipotesi potrà essere nuovamente ripetuta in situazioni naturali, oppure sarà possibile ricorrere a situazioni artificiali, attraverso l’uso di laboratori sperimentali o attraverso una determinata strutturazione dell’ambiente naturale, a seconda del tipo ti ipotesi, del materiale disponibile, degli obbiettivi dello studio L’attenzione dell’osservatore è quindi definire categorie obbiettive di comportamento, che devono essere definite in termini operativi e su cui i diversi eventuali osservatori devono trovarsi d’accordo. L’etologo giunge inoltre a una vera e propria misura dei comportamenti e questo rende possibile la quantificazione dei dati dell’osservazione e la loro elaborazione statistica Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) APPROCCIO ETOLOGICO VS APPROCCIO ECOLOGICO Si possono rilevare molte somiglianze tra l’approccio etologico e quello ecologico: entrambi preferiscono osservare e misurare il comportamento piuttosto che manipolarlo ed entrambi pongono l’accento sull’ambiente naturale; però, è possibile individuare alcune differenze: - gli etologi tendono a focalizzarsi su unità comportamentali complesse (giocare, mangiare), mentre gli etologi tendono a rivolgersi all’analisi di microcomportamenti (prendere un oggetto, toccare con il palmo aperto un determinato oggetto) - gli ecologi sono interessati agli aspetti finalistici di un comportamento, mentre gli etologi non sono interessati al fine delle azioni, bensì al loro valore ai fini della sopravvivenza della specie - gli ecologi incoraggiano le inferenze da parte dell’osservatore su atteggiamenti e intenzioni, mentre gli etologi considerano questo procedimento non scientifico - gli ecologi cercano di descrivere le qualità delle azioni, mentre gli etologi sono più rivolti agli aspetti quantitativi In entrambi gli approcci l’obiettività delle categorie di comportamento e delle misure del comportamento è garantita attraverso il calcolo di coefficienti di accordo tra osservatori e attraverso lo studio degli errori sistematici degli osservatori stessi 2) La relazione madre-bambino: il modello osservativo come momento di ricongiungimento tra psicologia dello sviluppo e psicoanalisi La cultura psicoanalitica è sempre più impegnata e sempre più tesa a modificare le proprie teorizzazioni in base alle ipotesi e ai risultati mutuati dalla ricerca svolta in ambito evolutivo sia di tipo sperimentale che osservativo. La gran mole di informazioni derivanti dalla conoscenza dei processi di sviluppo del bambino fin dalle prime settimane di vita, la consapevolezza del suo essere attivo e interagente con il mondo esterno, hanno contribuito a mettere in discussione molte delle ipotesi formulate inizialmente sulla base delle sole conoscenze cliniche. In particolare, viene messa in discussione l’ipotesi sostenuta dalla Mahler che il bambino sia inizialmente in una fase di autismo primario. Il bambino sarebbe cioè in uno stato di indifferenziazione agli stimoli e di indifferenziazione all’agente delle cure. Tale ipotesi sono state sostanzialmente non confermate dalle ricerche nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Nell’ambito della psicoanalisi infantile si stanno quindi delineando nuove impostazioni teoriche, che stanno elaborando modelli di sviluppo capaci di integrare dati provenienti dalla ricerca di tipo evolutivo con assunti e costrutti teorici di tipo psicodinamico e psicoanalitico Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) OSSERVARE E VALUTARE IL COMPORTAMENTO DEL BAMBINO Cap 2. L’osservazione nella pratica L’osservazione è una tecnica di rilevazione dati che si basa sulle abilità percettive e cognitive dell’essere umano. È uno dei possibili modi per ottenere informazioni sul fenomeno o problema indagato. L’osservazione a scopo conoscitivo differisce dall’osservazione quotidiana per il fatto che coincide con il ‘guardare’ un fenomeno in modo sistematico. L’osservazione scientifica rispetta cioè i seguenti criteri: a) è pianificata: cioè realizzata in modi non casuali rispetto a chi, dove e quando osservare b) è selettiva: cioè rileva determinate caratteristiche del fenomeno osservato c) documentabile: fornisce materiale che attesta la sua utilizzazione d) controllabile: nel senso che può essere valutata da chiunque esamina i suoi prodotti Come condurre l’osservazione in modo da rispettare questi criteri è l’argomento di questo capitolo. La questione chiama in causa 3 aspetti: 1) l’abilità di osservare 2) la validità dell’osservazione 3) l’affidabilità dell’osservazione 1) L’abilità di osservare Quando le informazioni circa il fenomeno che ci interessa provengono da un osservatore, il suo ‘incontro’ con quel fenomeno va tenuto in grande considerazione. Soprattutto quando questa figura non coincide, come nel caso dell’osservazione indiretta, con chi osserva il fenomeno da esperto ma è un altro adulto che lo osserva al suo posto. La nostra fonte deve infatti contare su mezzi quali le abilità percettive e cognitive dell’essere umano; da questo punto di vista l’osservatore è, tra tutte le fonti di dati, quella più povera. Tuttavia, la realtà psicosociale è soggetta all’effetto di molteplici influenze, complessa e a volte ambigua, soprattutto quando la si lascia dispiegare in modo spontaneo. In molti casi, essa richiede di essere decifrata più che semplicemente rilevata, e allora uno strumento capace di vedere, sentire, riflettere e valutare risulta preziosissimo e molto più potente di uno strumento asettico, preciso e rigoroso. La capacità di interpretare è ciò che rende la fonte osservativa così utile quando si indaga qualcosa di non sempre evidente e trasparente come il comportamento umano. Ciò che si chiede all’osservatore, però, è di utilizzare questa caratteristica che lo differenzia da altre fonti con cognizione di causa, trasformandola da abilità naturale e inconsapevole in tecnica specifica Se vogliamo essere più precisi, possiamo rifarci alle qualità che diversi autori hanno attribuito al buon osservatore. Si passa dalla sfera cognitiva, per cui bisogna possedere buone capacità di discriminazione e un’alta soglia alla stimolazione sensoriale, alla sfera comunicativa, dove conta il possesso di capacità pragmatiche e semantiche, fino ad arrivare alla sfera della personalità con una lista di doti che vanno dall’intelligenza all’attitudine estetica. È stato dimostrato che l’abilità di osservare migliora con l’aumentare dell’età e del livello intellettuale. Inoltre, le donne risultano migliori osservatrici degli uomini, soprattutto quando si tratta di rilevare la comunicazione non verbale (tuttavia, questa superiorità non vale quando i messaggi da decifrare sono menzogneri) Fondamentale per formare un osservatore è la fase di addestramento. In queste sedute di prova, in cui gli allievi applicano la tecnica con la supervisione di esperti, si va a controllare: l’accuratezza dell’osservatore, cioè se è capace di rilevare adeguatamente quello che osserva (si confronta la sua rilevazione con una rilevazione ‘criterio’, che corrisponde al modello al quale si deve tendere il più possibile) la stabilità dell’osservatore, ovvero se fornisce gli stessi risultati in sedute diverse Il confronto viene effettuato sia attraverso la discussione tra gli allievi e gli esperti sia, in modo più obbiettivo, tramite il calcolo dell’indice di accordo interosservatori. In queste sedute viene somministrato un materiale videoregistrato in quanto si presta molto bene allo scopo formativo Inoltre la fase di addestramento può essere utile per cogliere le carenze dello strumento di osservazione. È possibile infatti, che la scarsa affidabilità mostrata dagli osservatori derivi non tanto dalla loro inadeguatezza in quanto principianti ma da quella dello strumento utilizzato. Se esso consiste in una serie di categorie, come nel caso dello schema di codifica, queste potrebbero essere vaghe o ambigue, troppo ampie, o troppo ristrette rispetto ai comportamenti da osservare; in sintesi, mal definite rispetto al bersaglio. In questo caso gli osservatori possono cadere in due errori tipici: l'errore di commissione, se applicano la stessa categoria a comportamenti diversi, e l'errore di omissione, nel caso in cui un osservatore applichi una determinata categoria a certi comportamenti, ed un altro osservatore no, perché non la riconosce in nessun comportamento. Si provvederà in tal caso a modificare lo strumento proposto Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) 2) La validità dell’osservazione Solo da quando la metodologia osservativa è stata considerata come un modo per quantificare il comportamento piuttosto che semplicemente per descriverlo, l’osservazione si è posta l’obbiettivo di fornire dati accurati e indipendenti dalla sensibilità di chi li rileva. Da allora si ritiene che l’osservazione, se impiega strumenti adeguati allo scopo, produce dati non diversi, per qualità, da quelli degli altri strumenti di misurazione (Da Internet: la misura prevede l’identificazione di un parametro del comportamento che può essere quantificato: frequenza, durata, latenza, intensità; es: osservazione diretta in ambiente naturale, dati qualitativi → come Luca si lava le mani, dati quantitativi → quanto tempo Luca sta seduto durante la mensa). La questione viene trattata in termini di validità e affidabilità: - la validità si riferisce alla capacità di uno strumento di rilevare ciò che si propone di rilevare validità di superficie → si riferisce alla capacità della rilevazione di cogliere in modo vivido e autentico le caratteristiche di un fenomeno. A questo scopo, la rilevazione deve contenere quante più informazioni possibili e deve descrivere il fenomeno con uno stile di scrittura aderente alla realtà. Questo tipo di validità è tipica della ricerca qualitativa, a cui l’osservazione partecipante, ad esempio, appartiene. È perseguita ad esempio dalle note di campo dell’osservazione etnografica, caratterizzate dal fatto di essere una registrazioone letterale di ciò che avviene, dettagliata e il più possibile non interpretativa validità di contenuto → si riferisce alla capacità dell’osservazione di rilevare tutti gli aspetti interessanti di un fenomeno. Riguarda soprattutto l’osservazione effettuata tramite strumenti di rilevazione strutturati come le scale di valutazione o lo schema di codifica che, per essere validi, devono contenere item o categorie tali da prendere in considerazione tutti gli aspetti della dimensione da misurare validità di costrutto → si riferisce alla capacità di osservare in relazione a teorie ben definite. Un esempio di osservazioni che hanno validità di costrutto è rappresentato da quelle di tipo piagetiano che si propongono non tanto di descrivere un comportamento quanto di spiegarlo in base a nozioni teoriche ben precise. Piaget, infatti, osserva i propri figli in occasione di microesperimenti condotti allo scopo di testare un’ipotesi. Validità di costrutto hanno anche le scale di valutazione derivate dalla teoria piagetiana, come ad esempio quelle di Uzgiris e Hunt, che contengono item atti a rilevare la progressione ordinale delle acquisizioni cognitive nel periodo sensomotorio, come la teoria stadiale di Piaget afferma 3) L’affidabilità dell’osservazione Si riferisce alla capacità di uno strumento di rilevare ciò che si propone di rilevare in modo preciso. Riguarda quindi la precisione con cui la rilevazione è stata effettuata. L’affidabilità, in ambito psicometrico, viene misurata attraverso diversi indici matematici. Nel caso dell’indice di stabilità (test- retest), l’idea è che, se il punteggio ottenuto dopo la prima somministrazione di un test rimane pressoché simile in una somministrazione successiva effettuata nelle medesime condizioni della prima, allora il punteggio contiene una parte di errore trascurabile e può essere considerato ‘vero’, misura cioè esattamente la variabile testata. In ambito osservativo, invece, standardizzare le condizioni è possibile soltanto quando la rilevazione si svolge in modo controllato e preferibilmente in laboratorio. In questo caso, si calcola la correlazione tra le misure ottenute nelle diverse sessioni (così come avviene in ambito psicometrico). In generale, il criterio comunemente utilizzato per valutare l’affidabilità dei dati osservativi è quello di confrontare non tanto due repliche della rilevazione ma due osservatori che effettuano la medesima rilevazione. Il ragionamento è che, se due osservatori rilevano un comportamento o un evento nello stesso modo, allora possiamo assumere che il dato rilevato sia affidabile. Nel caso che l’osservazione venga effettuata con strumenti che forniscono misure del comportamento come lo schema di codifica, il criterio dell’accordo fra osservatori produce un indice percentuale, chiamato percentuale di accordo. La formula è la seguente: P(A)= N (A) x100 N (A) + N (D) dove P(A) è la percentuale di accordo, N(A) è il numero di accordi e N(D) è il numero di disaccordi La percentuale di accordo, pur molto utilizzata, non è un ottimo indice. Il suo difetto più grave è che non tiene conto della parte di accordo dovuta al caso. Una statistica designata a correggere l’accordo rispetto al caso è il K di Cohen. Esso viene raccomandato quando lo schema di codifica ha poche frequenze differenti nelle diverse categorie, dato che in queste condizioni il peso della casualità è maggiore. Il calcolo del K di Cohen si effettua a partire dalla cosiddetta ‘matrice di confusione’. Si tratta di una tabella a doppia entrata dove vengono incrociate le rilevazioni di ciascuno dei due osservatori relativamente al medesimo codice. Se dalla matrice risulta che alcune caselle registrano il Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) massimo di disaccordo tra i due osservatori, è possibile che siano le categorie corrispondenti a quelle caselle a dover essere controllate piuttosto che l’osservatore, perché risultano probabilmente meno chiare di altre dove l’accordo è maggiore L’accordo tra osservatori, tuttavia, non garantisce da errori sistematici. È possibile infatti che i due osservatori sbaglino nello stesso modo quando rilevano lo stesso evento. Come nella fase di addestramento, quindi, bisogna provvedere a controllare l’accuratezza del singolo osservatore. Anche in questa fase è possibile verificare se è lo strumento più che l’osservatore ad avere problemi Nel caso in cui i dati non si prestino a essere quantificati, come nell’osservazione etnografica, il controllo dell’affidabilità è legato alla presentazione il più esauriente possibile degli eventi, delle procedure e delle condizioni di ricerca. Come abbiamo visto in Corsaro, sono utilizzati 4 tipi di annotazioni: le note di campo documentano gli eventi accaduti, le note metodologiche informano sulle decisioni prese per condurre l’osservazione e sulle correzioni da apportare, le note personali registrano i sentimenti e le reazioni dell’osservatore rispetto agli eventi osservati e le note teoretiche fanno previsioni di analisi e di interpretazioni degli eventi a mano a mano che accadono. Ogni lettore può valutare ciò che Corsaro ha osservato e questo rappresenta un modo, non matematico, di trovare un accordo fra osservatori, sia pure a distanza. Una modalità simile di accordo è perseguita nell’infant observation. L’osservatore partecipa a un piccolo gruppo di supervisione che si riunisce periodicamente per discutere a turno i protocolli di ciascun partecipante. I protocolli vengono letti al gruppo di discussione e commentati sotto la guida di un conduttore esperto. Ciò consente a ciascuno dei partecipanti di riconoscere i vissuti emotivi che hanno guidato la propria lettura della diade osservativa e di prenderne coscienza. Anche in questo caso, la strada dell’affidabilità passa per il confronto con altri osservatori in vista di un accordo CALCOLO DELL’ACCORDO INTEROSSERVATORI: UN ESEMPIO Se siamo interessati al gioco libero in una scuola dell’infanzia e vogliamo ottenere dati il più possibili affidabili, è opportuno ricorrere a uno strumento di osservazione strutturato come lo schema di codifica. Questo strumento prevede di applicare a ciò che si osserva categorie ben precise. Lo strumento può essere costruito daccapo oppure ricavato da strumenti utilizzati da ricerche precedenti. Lo schema seguente, tratto dagli studi di diversi autori (Parten, Bakeman e Brownlee) comprende 5 categorie di comportamenti osservabili durante il gioco: 1) Disimpegnato (D) → il bambino non sembra impegnato a fare qualcosa di particolare, ad esempio, guarda in giro o va da un posto all’altro senza una meta evidente 2) Osserva (O) → il bambino guarda attentamente gli altri bambini che giocano senza tuttavia unirsi a loro; il suo sguardo è diretto a uno o più coetanei 3) Gioco solitario (Gs) → il bambino gioca da solo e con qualunque gioco che cattura il suo interessa. Ciò che fa non sembra essere influenzato da ciò che fanno gli altri bambini 4) Gioco parallelo (Gp) → il bambino gioca per conto proprio, ma vicino agli altri bambini, usando gli stessi giochi degli altri e anche nello stesso modo 5) Gioco di gruppo (Gg) → il bambino gioca in gruppo organizzato per qualche scopo specifico, come un gioco costruttivo oppure motorio. C’è una sorta di divisione del lavoro tra i bambini, la distinzione di turni e di ruoli Abbiamo associato a ogni categoria comportamentale un codice, scegliendo per comodità le prime lettere di ogni categoria. Queste lettere sono i simboli che utilizzeremo per l’osservazione. Supponiamo di osservare 100 minuti di gioco insieme ad un altro osservatore che osserva la situazione in modo indipendente da noi (e che utilizzeremo per il controllo dell’affidabilità). Supponiamo infine di avere riempito entrambi un protocollo diviso in 100 spazi corrispondenti ai 100 minuti dell’osservazione, ciascuno dei quali può contenere uno e uno solo dei codici a disposizione. 1 2 3 4 5 6 … 97 98 99 100 1° oss. D ecc. 2° oss. D ecc. Sulla tabella finale, completa di codici in tutti gli intervalli temporali, si calcola l’accordo tra i due osservatori per verificare l’attendibilità delle osservazioni Decidiamo di calcolare il K di Cohen, cioè l’indice di affidabilità più accurato. Riempiamo una matrice di accordo o di ‘confusione’ che incrocia le rilevazioni dei due osservatori relativamente allo stesso codice. La tabella mostra il numero di accordi e di disaccordi tra i due osservatori relativamente all’utilizzo di ciascun codice. A questa matrice di dati applichiamo la formula del K di Cohen che è la seguente: Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) K= P (o) – P (c) 1 – P (c) dove P (o) è la proporzione di accordo osservata e P (c) è la proporzione di accordo dovuta al caso. P (o) corrisponde alla somma degli accordi divisa per il totale delle osservazioni P (c) è data dalla somma delle probabilità di accordo casuale di ciascun evento, che a sua volta è il prodotto delle loro probabilità semplici. Dopo aver calcolato P (o) e P (c) possiamo a questo punto calcolare il nostro indice di affidabilità, applicando la formula vista soprattutto. 0,70 è considerato il valore critico per accettare la bontà dell’indice di Cohen. È importante tenere in considerazione il peso del caso nel calcolo dell’accordo e quindi non fidarci troppo di un altro indice, molto comune, di affidabilità: la percentuale di accordo P(a). La percentuale di accordo, quindi, comprende anche la parte di accordo dovuta al caso DISTORSIONI E CORRETTIVI Ogni rilevazione, anche la più esatta, contiene una parte di errore dovuta alla procedura di rilevazione stessa. Nel caso dell’osservatore, si possono verificare distorsioni a carico: 1) dell’osservatore 2) dello strumento di rilevazione 3) dei soggetti osservati 1) L’osservatore Il rischio maggiore è dato dall’effetto Rosenthal, secondo cui l’osservatore si crea delle aspettative rispetto a ciò che osserva (quali eventi, in quale sequenza, con quale intensità); queste attese creano una distorsione nelle capacità di giudizio dell’osservatore portandolo spesso a individuare comportamenti o atteggiamenti che in realtà non si verificano. Il rischio legato alle aspettative dell’osservatore andrebbe affrontato nella fase di addestramento. Questa fase serve, come si è detto, a migliorare l’abilità di osservare e quindi anche a favorire la capacità di controllare inconsapevoli tendenze anticipatorie. Un modo utile per ridurre questa tendenza è dotarsi di uno strumento di rilevazione rigoroso come lo schema di codifica. Le categorie di cui lo schema si compone obbligano l’osservatore a concentrare la propria attenzione su comportamenti che sono esattamente definiti dalle categorie a disposizione, limitando perciò la sua libertà interpretativa. L’osservatore può anche correre il rischio di indebolire il rigore osservativo mentre applica lo strumento, quindi a mano a mano che la rilevazione procede, vuoi per stanchezza oppure per troppa fiducia nelle proprie abilità o per altre contingenze. Può succedere perciò che applichi lo strumento in modo corretto nel primo periodo della rilevazione e in modo alterato successivamente. Un correttivo utile è quello di effettuare controlli di affidabilità a mano a mano che l’osservatore procede, possibilmente senza annunciarli 2) Lo strumento osservativo Il resoconto può produrre distorsioni se è finalizzato a migliorare la comprensibilità del testo piuttosto che la fedeltà, e quindi se a tal fine vengono operati aggiustamenti del testo. È opportuno quindi stendere il resoconto quanto prima, contemporaneamente o immediatamente dopo l’osservazione, per poter ricordare ciò che è stato osservato nel modo più fedele possibile Nel caso dello schema di codifica la fonte della distorsione sta nelle categorie utilizzate che, se sono mal definite, possono risultare di difficile applicazione oppure sovrapporsi ad altre. Questo rischio può essere controllato in fase di costruzione dello schema operazionalizzando le categorie. Questa procedura traduce le categorie astratte in comportamenti osservabili Relativamente alle scale di valutazione, è possibile l’effetto alone, se gli item inducono a valutare il soggetto in base a un’impressione generale piuttosto che in riferimento a una dimensione specifica, oppure l’effetto tendenza centrale, se inducono ad assegnare soltanto i punteggi medi, oppure l’effetto logico se inducono a valutare sulla base di collegamenti concettuali 3) I soggetti osservati Le persone si comportano diversamente quando sanno di essere osservate (effetto Hawthorne) spesso accentuando i comportamenti che ritengono positivi agli occhi altrui e riducendo quelli negativi, in ogni caso alterando il comportamento spontaneo. Questo effetto, chiamato ‘reattività’ dei soggetti, riguarda tuttavia soprattutto gli adulti e i bambini più grandi. In mancanza di attrezzature che servono a mascherare l’osservatore, come gli specchi unidirezionali, solitamente assenti nell’ambiente naturale, un correttivo è quello di far precedere la fase dell’osservazione da un peiodo di familiarizzazione. In questo modo si dà al bambino la possibilità di abituarsi alla presenza dell’osservatore in modo da abbassarne la reattività durante la rilevazione vera e propria Document shared on www.docsity.com Downloaded by: Tony656 ([email protected]) L’osservazione non viene impiegata soltanto nell’ambito della ricerca, ma anche: - nella formazione psicologica: parte fondamentale della formazione dell’aspirante psicologo è svolta dall’addestramento a osservare in psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione. L’addestramento è importante perché, oltre a insegnare tecniche specifiche di rilevazione, forma l’allievo a distinguere con chiarezza la fase dell’osservazione da quella dell’interpretazione e a ritenere l’interpretazione non già come un’attività solitaria ma da discutere in gruppo o con un supervisore - nell’educazione: in ambito educativo, ‘imparare a osservare’ svolge un ruolo cruciale per la formazione professionale. L’insegnante è soggetto a stereotipi, per cui solo osservando e registrando accuratamente i comportamenti e i progressi dell’alunno via via che si verificano, si può diventare consapevoli dei propri pregiudizi nel valutare il bambino o della superficialità del proprio sguardo nel descriverlo. L’opera di Maria Montessori, dedicata in gran parte alla formazione professionale degli educatori, considera l’esercizio dell’osservazione sistematica un’attività fondamentale della docenza - nell’attività clinica: infine, in ambito clinico, si può partire dall’osservazione libera dei comportamenti esibiti da un bambino considerato problematico per vedere come si comporta abitualmente e in un secondo tempo scegliere alcuni comportamenti criteriali per una possibile diagnosi, andando a vedere quanto spesso e con quanta intensità si verificano RILEVARE E VALUTARE: I DUE POSSIBILI SCOPI DELL’OSSERVAZIONE - rilevare: si osserva per cogliere il comportamento così come si presenta davanti agli occhi, in modo da disporre di un repertorio più/meno ampio e più/meno analitico delle sue manifestazioni che ser

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