Spondiloartriti - Appunti di Medicina PDF

Summary

Appunti sulle spondiloartriti, un gruppo di patologie reumatiche caratterizzate da meccanismi patogenetici simili e presentazione clinica simile. L'articolo descrive le entesiti, le entesiti e la fisiopatologia, mettendo in evidenza le differenze con l'artrite reumatoide, in particolare l'attivazione di osteoclasti e osteoblasti e l'età di esordio. Vengono descritti anche il ruolo di HLA-B27 e gli aspetti clinici delle spondiloartriti assiali e periferiche. Sono forniti i criteri classificativi basati sull'imaging, come distinguer le sacroiliti radiografiche dalle osteite condensanti dell'ileo. Infine viene descritta la spondiloartrite non radiografica.

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Data: 2/12/2024 Argomenti: Spondiloartriti Sbobinatori: Stefania Baldini, Giorgia Balducci...

Data: 2/12/2024 Argomenti: Spondiloartriti Sbobinatori: Stefania Baldini, Giorgia Balducci Revisore: Tamborrella Professore: Francesco Ursini SPONDILOARTRITI Introduzione alle Spondiloartriti Le spondiloartriti si definiscono un gruppo di patologie accumunate da meccanismi patogenetici simili e simili nella presentazione clinica, ma ciascuna di esse può avere sottili o grossolane differenze. Come nell’artrite reumatoide la sinovite è presente in tutte le patologie infiammatorie reumatoidi, nelle spondiloartrite rivestono un ruolo importante le entesiti. Entesi Con il termine entesi si definisce l'area anatomica (da alcuni è definita organo come insieme di tessuti diversi che concorrono a creare una funzione) in cui un tendine, un legamento o una capsula articolare si inseriscono sull'osso. Quindi l’entesi corrisponde alla parte distale di un tendine, legamento o capsula articolare che si inserisce nell’osso. Il trasferimento delle forze meccaniche, generate dall’apparato muscolo scheletrico e trasferite attraverso l’entesi dal tendine all’osso, genera uno stress meccanico significativo nell’entesi stessa. Questo passaggio di forze avviene gradualmente per interposizione di fibrocartilagine, che si mineralizza portando ad una fusione graduale dell’osso con il tendine. Inoltre a differenza del ventre muscolare, ove sono presenti tenociti ma non cellule immunitarie residenti, nella parte più distale del tendine sono situate cellule immunitarie residenti, cellule γδT cells e cellule linfoidi innate di tipo 3 ( ILC3). Dal momento che le entesi sono presenti in qualunque inserzione di tendine, legamenti e capsula articolare con l’osso, allora sono diffuse in tutto l’organismo (es. entesi del tendine achilleo, dell’epicondrio, della colonna vertebrale, ecc…). Anche se sono estremamente numerose, il clinico ha a sua disposizione degli strumenti che gli permettono di conosce le intesi più frequentemente colpite in ambito patologico: LEI: identifica 6 entesi SPARCC: individua 18 siti di entesi MASES: individua 13 siti di entesi Entesite La lesione primaria dell’entesi è definita entesite ed è comune nelle spondiloartriti; la stretta relazione anatomica tra entesi e sinovite fornisce la base fisiopatologica per l'infiammazione articolare E’ stato osservato come l’artrite reumatoide determina un danno strutturale di tipo erosivo perché la sinovia attiva osteoclasti che formano erosioni di tipo marginale e all’imaging forniscono delle immagini di minus, cioè di buchi. Mentre nella spondiloartrite è presenta sia l’attivazione di osteoclasti che di osteoblasti: se da una parte questa neoformazione ossea compensa il danno erosivo, dall’altra parte non segue il progetto di un’articolazione nativa fisiologica, anzi assume dei tratti esuberanti che portano ad un’ossificazione ectopica – sbagliata – talmente estesa da diventare essa stessa l’elemento più importante del danno strutturale. In parole semplici, se un’ articolazione presente dei “buchi” non viene compromessa la funzionalità, ma se questi vengono riparati da tessuto osteofibroso (dall’immagine dal buco del nero si vedono partire dei bracci di tessuto grigio, a metà tra osso e tessuto fibroso) l’articolazione risulta più danneggiata. Quindi la componente di osteoproliferazione è alla base della compromissione funzionale di una dato distretto articolare rispetto al solo danno erosivo. Una seconda differenza è rappresentata dall’età di esordio: nell’artrite reumatoide il picco di esordio è intorno ai 50 anni, mentre nell’artrite anchilosante il picco è compreso tra 20 e 30 anni (il target è giovanile). A ciò va aggiunto un ritardo diagnostico medio di 7 anni che ha un impatto negativo sui giovani affetti da artrite anchilosante perché se viene impostato, ad esempio, su una persona di 25 anni significa avere delle grosse difficoltà negli anni più produttivi della sua vita. Ruolo di HLA-B27 Il modello generale è simile a quello dell’artrite reumatoide: vulnerabilità genetica sovrapposta a trigger esogeni. In questo caso la componente genetica è ben conosciuta perché la maggior parte dei pazienti presenta l’allele HLA B27. HLA –B27 ha un ruolo fondamentale: Presentazione HLA-B27-ristretta di peptidi artritogenici alle cellule T Formazione di omodimeri (due molecole di HLA-B27 si accoppiano), che possono attivare direttamente le cellule NK o T tramite recettori KIR Va in contro a misfolding (sbrogliamento della catena amminoacidica) nel reticolo endoplasmatico come risposta di stress cellulare che esita in una cascata infiammatoria. Questo meccanismo sembrerebbe essere una funziona di protezione E’ coinvolto nello shaping del microbioma intestinale; data la stretta relazione tra patologie reumatoidi e malattie intestinali le spondiloartriti sembrerebbero quelle che abbiano la maggior influenza sulle mucose intestinali per quanto riguarda le malattie proliferative intestinali Fisiopatogenesi Il fatto che le entesi abbiano delle cellule immunitarie residenti fa ammettere la possibilità che lo stress meccanico possa innescare una risposta infiammatoria locale attivando le cellule residenti. Queste rilasciano citochine infiammatorie che amplificano la risposta e la rendono sistemica. Queste citochine appartengono all’asse IL-23 e IL17 (le citochine dell’artrite reumatoide sono TNF e IL-1). Questo asse è specifico per il gruppo delle spondiloartriti. Quindi le cellule immunitarie residenti, insieme ai linfociti Th-17 sono grandi produttori di IL 17 (alla base della patologia),citochina che oggi può “essere triggerata”facilmente dai nostri farmaci. Sprettro clinico Ci sono due macrogruppi: Spondiloartriti prevalentemente Assiali Spondiloartriti prevalentemente periferiche Le spondiloartriti assiali sono così definite perché colpiscono lo scheletro assiale, ma non esclude un coinvolgimento delle strutture sia entesiali che sinoviali. Le manifestati periferiche che si riscontrano nel primo gruppo si riscontrano anche nelle periferiche, ciò che cambia è l’assemblaggio e la frequenza con cui si verificano le manifestazioni cliniche. 1.Articolazione sacroiliaca L’articolazione sacro iliaca funge da cerniera tra colonna vertebrale e arti inferiori. Non è di comune discussione perché è un’articolazione meccanicamente inerte – si muove poco- e ha una conformazione anatomica che la rende perfetta per ammalarsi di questa malattia. Consta di due parti: Dorsale/ superiore : anfiartrosi, i due capi di articolazione sono tenuti insieme da numerosi legamenti e per questo si può ammalare facilmente di entesite. Ventrale / inferiore: diartrosi, che presenta sia la cartilagine articolare che la sinovia e per questo si ammala di sinovite 2.Manifestazione cliniche delle Spondiloartriti Assiali Dal punto di vista clinica si manifesta con lombalgia, che è il sintomo muscolo scheletrico più diffuso, ma non così comune nelle spondiloartriti. Per identificarlo precocemente ed evitare il ritardo diagnostico bisogna ricordare che l’esame obiettivo non aiuta a capire se è l’articolazione è infiammata perché le articolazioni sacroiliache sono nelle profondità del bacino e non si posso palpare e hanno microgradi di movimento non esplorabili all’esame obiettivo. Ciò che aiuta è l’analisi del dolore, che viene classificato come dolore lombare infiammatorio quello che deve avere almeno 4 delle seguenti caratteristiche: Età di esordio 40 anni Lombalgia cronica da almeno 3 mesi Esordio non acuto Migliora con esercizio fisico Nessun miglioramento con il riposo Dolore notturno Quindi con 4 domande si è in grado di selezionare il 30 % dei soggetti con spondiloartrite assiale tra coloro che hanno lombalgia cronica. Altre caratteristiche sono: Rigidità notturna Glutalgia: dolore localizzato nel gluteo Sciatica mozza: dolore radicolare che arriva a livello del ginocchio e non fino ai piedi. Buona risposta ai Fans 3.Criteri Classificativi Esistono anche due criteri classificativi per la diagnosi, che si basano sull’ imaging: Se la conferma avviene da una radiografia, il paziente ha spondilite anchilosante Se la radiografia è negativa, ma la conferma viene dalla risonanza magnetica viene classificata come spondilite assiale non radiografica In radiologia convenzionale l’osso sacro ha l’aspetto a : Rima di radio, trasparenza che separa l’osso sacro dalle due ali iliache Spessore omogeneo e regolare Nella sacroilite radiografica vi sono alcune anomalie: Lo spessore della rima iliaca è ridotto I margini della rima sono sfumati (erosi) rispetto ai margini definiti di un’articolazione normale Sclerosi sub-condrale: ispessimento dell’osso al di sotto dell’articolazione Un mix di queste anomalie permette di stratificare a gradi crescenti la sacroilite radiografica, dal grado 1 al grado 4, dove si osserva una fusione; infatti l’evoluzione radiografica va di pari passo con la patogenesi della malattia: prima c’è erosione e inseguito c’è osteoproliferazione, ovvero la fusione che si osserva in sacroilite radiografica di quarto grado. Bisogna fare attenzione a non confondere la sclerosi sub-condrale con l’osteite condensante dell’ileo(vedi immagini destra).E’ una sclerosi triangolare del versante iliaco con rima e ampiezza conservate. E’ tipica delle donne pluripare ed espressione del microdanno fratturativo che si sviluppa durante il parto naturale. Pertanto viene diagnosticato erroneamente come spondiloartrite radiografica in una donna che dopo un paio di gravidanze sviluppa una lombalgia e alla radiografia si riscontra sclerosi del versante iliaco quando in realtà avrebbe altro. Per questo potrebbe essere somministrata un’inutile terapia immunosoppressoria. Esiste un gruppo di pazienti con spondiloartrite assiale con radiografia negativa ma con riscontro alla risonanza magnetica. Si chiama spondiloartrite non radiografica(vedi immagini a destra)Nell’artrite reumatoide la risonanza magnetica non si usa abitualmente, mentre per le spondiloartriti ha un uso universale. Dunque, se dal punto di vista semeiologico non è possibile eseguire dei riscontri ecografici per le sacroiliti per i motivi sopracitati, alla risonanza magnetica si ha la conferma diagnostica perché si può osservare una tratto distintivo di queste patologie, ossia l’edema subcondrale. Quest’ultimo, infatti, risulta essere il dato semiologico più rappresentativo delle articolazioni sacroiliache. Tuttavia, diverse patologie possono simulare questa condizione, edema sub-condrale, quando viene riscontrato all’imaging. Ad esempio un paziente, in visita dal professore, aveva un sospetto di spondiloartrite (vedi immagine a sinistra) dal momento che alla risonanza si osserva edema subcondrale, ma in realtà facendo una biopsia si è scoperto che si trattava di un linfoma a cellule T anche perché il paziente presentava scarsa risposta farmaci e dolore senza caratteristiche infiammatorie. Di conseguenza l’edema sub condrale non è espressione universale di Spondiloartrite e l’esame alla risonanza magnetica è ancora molto lontano dall’essere specifico. Segni radiografici convenzionali delle spondiloartriti Le Spondiloartriti Assiale colpiscono la colonna vertebrale in modalità ascendente, la malattia inizia dalle sacroiliache e si propaga in maniera caudocraniale colpendo il rachide lombare e poi quello cervicale. Secondo la radiografia convenzionale, si possono riscontrare i seguenti segni: shiny corners (aree lucenti): sono aree di sclerosi (osteoproduzione) in corrispondenza degli angoli vertebrali squaring vertebrale: in condizioni fisiologiche il profilo anteriore di una vertebra ha una certa concavità, mentre nel profilo patologico ha un profilo spianato, segno radiologico dell’effetto combinato dell’erosione dell’angolino, che concorre alla concavità (se si taglia l’angolino si perde la concavità), e tendenza all’ossificazione dei legamenti che decorrono lungo il profilo anteriore dei corpi vertebrali sindesmofiti: ossificazione marginali e sottili, che partono dall’angolo vertebrale, e sono espressione del processo di ossificazione esuberante con conseguente fusione a ponte di due corpi vertebrali. Inoltre il fatto che siano così sottili è da ricondurre alla calcificazione delle fibre più esterne dell’anulus osseo, ovvero quelle che contraggono l’entesi con i corpi vertebrali. Segno della daga: espressione della calcificazione dei legamenti spinosi. Alla TC di una paziente giovane di 40 anni non trattato, si osservano le conseguenze della patologia: I sindesmofiti formano un ponte unico che si estende a tutta la colonna vertebrale, che diventa rigida e inamovibile. E’ chiamata colonna a canna di bambù, che determina una severa limitazione funzionale su tutti i piani della colonna La proiezione degli occhi non si modifica con i movimenti della testa, con il risultato che la direzione dello sguardo (a terra) rimane uguale per tutta la vita Non ci sono più i dischi vertebrali, che alla TC in un paziente sano si presenta come un alone scuro. Fusione sacro iliache Fusione totale delle anche Fusione sub totale delle spalle All’età di 40 anni la malattia ha reso il paziente completamente e irreversibilmente disabile. Progressione della malattia Inizialmente si attivano meccanismi compensatori con tendenza alla cifosi, che viene compensata in parte da iperlordosi, in seguito può essere compensata in parte dall’estensione delle anche e dalla flessione delle ginocchia fino a che il paziente non riesce più a mantenere lo sguardo eretto. Diagnosi differenziale:(DISH) L'iperostosi scheletrica idiopatica diffusa (DISH) è una condizione caratterizzata dall'ossificazione dei legamenti spinali e delle entesi periferiche (punti di inserzione tra tendini e legamenti dell’osso). E’ una patologia che si associa frequentemente a comorbidità metaboliche, come obesità, diabete mellito di tipo 2, ipertensione. L'eccesso di fattori di crescita, in particolare il fattore di crescita trasformante beta (TGF-β) e il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1), contribuisce alla trasformazione delle cellule mesenchimali in fibroblasti. Questo processo promuove l'ossificazione eterotopica (formazione di osso al di fuori del normale scheletro), coinvolgendo principalmente i legamenti spinali anteriori. Le differenze tra i segni radiografici nella fusione a ponte dei corpi vertebrali di SpA e DISH sono: Presenza di spessore Mancato appiattimento Presenza di più curve monolaterali a destra, mentre il lato sinistro tende ad essere risparmiato: nel primo caso è il risultato di un processo generativo dell’entesi ,legato a iperproduzione di fattori di crescita che stimola le cellule mesenchimali a differenziarsi in fibroblasti così promuovendo un’ossificazione ectopica dei legamenti spinali anteriori (a destra), nel secondo caso si osserva a sinistra la presenza di un “salsicciotto”, ovvero un’aorta pulsante che protegge il lato sinistro. Le vertebre lombari sono risparmiate, a differenza della spondilite anchilosante dove hanno un andamento ascendente. I sindesmofiti non sono marginali perché non partono dall’angolo vertebrale, ma tra il ponte e angolo vertebrale si osserva “uno scalino”, espressione di un processo di calcificazione del legamento longitudinale anteriore, che si ancora al centro del corpo vertebrale creando degli osteofiti fluenti che uniscono i corpi vertebrali. Questi pazienti con diagnosi errata di spondiloartrite assiale vengono trattati con terapie immunosoppressive e vengono esposti ad un maggior rischio infettivo. L’edema osseo è localizzato nei siti in cui si formerà in futuro il sindesmofita (vedi frecce nelle immagini), cioè negli angoli vertebrali anteriori e posteriori. Quindi la diagnosi precoce fa un riscontro di edema osseo e solo nelle fasi avanzate della malattia si svilupperà il sindesmofita visibile alla risonanza magnetica. In passato si credeva che la spondiloartrite radiografica e non radiografica fossero due entità differenti, ma sono un continuum, inizia con sacroilite in risonanza magnetica, prosegue con sacroilite radiografica e si estende a tutta la colonna vertebrale. E’ necessaria una distinzione perché una parte di pazienti evolve lentamente, rimanendo nella forma non radiografica, in quanto hanno una forma più lieve. Solo il 20% dei pazienti con sacroilite non radiografica (RM) sviluppa sacroilite radiografica dopo 10 anni, di questi solo il 18% sviluppa un sindesmofita dopo 5 anni. Inoltre meno del 5% dei pazienti con sacroilite non radiografica sviluppa un sindesmofita. Perciò bisogna sapere distinguere tra il paziente con sacroilite non radiografica (perché potrebbe non sviluppare un sindesmofita) e il paziente maggiormente predisposto a sviluppare un sindesmofita perché entrambe le forme hanno un impatto prognostico differente, la prima è favorevole, la seconda non lo è. Il clinico deve stratificare il rischio di ulteriore progressione per impedire di arrivare a totale compromissione funzionale (vedi esempio di paziente di 40 anni) e intensificare le terapie ai fattori di rischio. MANIFESTAZIONI PERIFERICHE Le articolazioni più colpite sono le anche (fino al 36% dei pazienti che in genere hanno un interessamento molto serio ed arrivano ad usare le protesi in età molto precoce se non trattati) così come la spalla, un po’ meno frequente e di severità inferiore. L’entesite è presente in circa il 30% dei pazienti con malattia assiale. Il tendine di Achille è il più grande di tutti ed è superficiale, quindi se si infiamma la tumefazione è ben evidente. Normalmente il profilo laterale è concavo, se invece è bombato ci si accorge subito che è tumefatto. In tutti gli altri siti non si ha tumefazione e quindi l’entesite si esprime come dolorabilità dell’entesi, e si va a palpare dove si sospetta la sua presenza(in base a dove lamenta dolore il paziente). Clinicamente quindi, l’unico rilievo (ad eccezione del tendine d’Achille) è soltanto palpatorio in termini di dolorabilità ma non di tumefazione. Quasi sempre ci si avvale dell’ausilio dell’ecografia: in questa del tendine di Achille si riconosce il profilo posteriore del calcagno e l’entesi, ovvero la parte che si inserisce sul calcagno. In presenza di un’entesite, si vedranno delle anomalie di dimensione (allargamento e aumento di spessore delle entesi anche non clinicamente rilevabile), ipoecogenicità, presenza di segnale doppler entro 2 mm dalla corticale ossea (segno distintivo dell’entesite). Se si vede clinicamente un tendine d’Achille gonfio non si ha bisogno dell’ecografia, mentre in tutte le altre entesi ecograficamente aggredibili (tendine rotuleo, fascia plantare, epicondili,…) permette di confermare la diagnosi. Anche la RM è molto efficace nel vedere l’entesite ma se si può accedere con l’ecografia significa che è un esame sovradosato (visto che l’ecografia è molto semplice e veloce). Una manifestazione muscolo-scheletrica tipica delle spondiloartriti è la dattilite, ovvero la tumefazione di un dito in toto o quasi (il cosiddetto “dito a salsicciotto”), poco frequente nei pazienti con spondiloartrite assiale. È diverso da una sinovite dell’articolazione interfalangea prossimale dove l’infiammazione è molto circoscritta all’area articolare: deve essere infiammato qualcosa che decorre lungo tutto il dito, come un tendine ad esempio. Infatti è principalmente una tendosinovite del flessore alla quale si sovrappone quasi sempre la sinovite delle articolazioni interfalangee o un edema dei tessuti molli. Questa è una lesione altamente suggestiva per spondiloartrite. Se si incontra un paziente che ha solamente una dattilite è altamente probabile che abbia una spondiloartrite. Manifestazioni extraarticolari 1. Coinvolgimento oculare: uveite anteriore. L’uvea è la tonaca vascolare dell’occhio, quindi quella in cui con più probabilità può andare ad incidere una patologia infiammatoria primitiva. È comune nelle spondiloartriti assiali (40% dei pazienti). Si manifesta con occhio rosso, dolente, fastidio in seguito all’esposizione alla luce (fotofobia) con episodi ricorrenti o subentranti. Se trattato precocemente si ha restitutio ad integrum dell’acuità visiva. Se gli episodi sono ricorrenti si possono formare delle stigmate a livello della parte anteriore dell’occhio che possono portare ad una perdita di acuità visiva irreversibile: è una manifestazione molto seria che spesso detta anche l’intensità della terapia. TERAPIA SPONDILOARTRITI ASSIALI FANS: una parte di pazienti può avere una risposta molto brillante. Però hanno dei problemi se si pensa ad un utilizzo continuativo (è una malattia cronica quindi si parla di terapie a lungo termine). Poi si passerà ad altri farmaci, non il metotrexato (non funziona se è coinvolta la colonna); Anti-TNF: da preferire se c’è uveite perché funzionano molto bene e anche con le IBD; Anti-IL17: è la citochina più specifica per le spondiloartriti. Da preferire se c’è la psoriasi, che risponde molto bene da un punto di vista cutaneo; JAK inibitori: hanno recentemente ricevuto l’approvazione ad essere utilizzati anche per queste patologie; Anticorpi monoclonali: se c’è uveite. Quindi il FANS è di prima linea seguito poi da trattamento con un farmaco biotecnologico (anti-TNF, anti-IL17, JAK inibitori). Quindi la scelta del farmaco biologico si basa sulle manifestazioni extrarticolari del paziente. ARTRITE PSORIASICA È una malattia articolare dello spettro delle spondiloartriti che colpisce i pazienti con psoriasi cutanea. La psoriasi cutanea è una malattia autoimmune della cute molto comune la cui forma più frequente (psoriasi a placche, 2-3% di prevalenza) è caratterizzata da lesioni eritematodesquamative (eritema sovrastato da squame bianco-grigiastre) che si localizzano principalmente sulle superfici estensorie (gomito e ginocchio sono i più frequenti, ma si localizza anche nel tronco, piega interglutea, cuoio capelluto, dietro le orecchie,…). Inoltre colpisce un elevato numero di pazienti anche a livello ungueale: ci sono quadri relativamente modesti con un pitting (depressione puntiforme dell’unghia che le conferisce un aspetto “a ditale di sarta”) fino a quadri devastanti di crumbling, sbriciolamento completo dell’unghia. Ci sono varianti di psoriasi: Guttata: elementi microscopici, a goccia; Inversa: colpisce le pieghe, quindi le superfici flessorie. È più eritematosa, non ha la componente desquamativa; Pustolosa: le lesioni primitive sono delle pustole. Si localizza esclusivamente nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi; Eritrodermica: eritrodermia, rossore diffuso al tronco (o anche a tutto il corpo). Può capitare anche in chi non ha la psoriasi perchè si ammette che in una piccola percentuale di pazienti l’artrite esordisca prima della psoriasi: quindi si tratta prima l’artrite e il trattamento maschera la psoriasi. Per capire se il paziente ha artrite psoriasica ci si deve basare sulla familiarità: se ha manifestazioni molto suggestive ed una familiarità di primo grado, si può concludere che è artrite psoriasica. Clinicamente si manifesta in vari pattern: Ø Mono- o oligo-artrite asimmetrica: diversa dalla AR (poli-artrite delle piccole articolazioni simmetrica), perché questa colpisce le grandi articolazioni ed è asimmetrica. Non è una distinzione assoluta perché c’è una piccola percentuale che ha un esordio simil-reumatoide, come una poli-artrite simmetrica; Ø Poli-artrite simmetrica; Ø Interfalangea distale: queste articolazioni non sono colpite nella AR ma sono colpite nell’artrosi della mano. Anche qui è presente tumefazione nodulare delle articolazioni interfalangee distali, anche se si parla di due forme diverse (una più dura a causa degli osteofiti e l’altra generalmente più soffice perché è una sinovite). Si parla di questa forma quando almeno il 50% delle articolazioni colpite sono interfalangee distali. Spesso però sono presenti insieme (artrosi della mano ed artrite psoriasica) ed inoltre anche l’artrosi della mano a volte può avere una forte impronta infiammatoria. Quello che fa la differenza è il coinvolgimento ungueale, che è presente nella forma interfalangea distale. È stato dimostrato che esiste un’entesi microscopica che collega l’unghia con l’articolazione interfalangea distale, quindi l’infiammazione si espande su questo collegamento. Ø Artrite mutilante: fortunatamente è molto rara. Guardando le mani e soprattutto le radiografie, si nota come l’esordio e l’evoluzione siano molto rapidi con un riassorbimento delle falangi talmente massivo che i tessuti molli non hanno tempo di rimodellarsi sulla nuova forma dell’architettura ossea conferendo alle mani l’aspetto “a cannocchiale” perchè la cute non riesce a stare al passo con la velocità con cui si perde la componente ossea e si accartoccia su sé stessa; Ø Spondilite psoriasica: interessamento assiale (della colonna). Ci sono differenze con la SpA perchè i sindesmofiti hanno una forma più a corno, sono più grossolani, marginali e discontinui. A volte si vedono dei sindesmofiti isolati del rachide cervicale. Quindi l’andamento non è quello classico della spondilite anchilosante. La caratteristica principale della sacro-iliaca è che è asimmetrica: si può avere un diverso grado di fusione tra destra (grado 2 in figura) e sinistra (grado 4 in figura) e questo non è assolutamente presente nella SpA. Comuni a tutte le spondiloartriti ci sono entesite e dattilite con percentuali diverse rispetto alla spondilite anchilosante. L’entesite è presente in entrambe le forme, mentre la dattilite nella spondilite è intorno al 5-8% dei pazienti al contrario delle spondiloartriti in cui si arriva al 50% dei pazienti. L’artrite psoriasica è la forma in cui c’è più dattilite in assoluto. Diagnosi differenziale delle ossificazioni vertebrali Nell’osteoartrosi della colonna vertebrale è caratterizzata da alterazioni tipiche dell’osteoartrosi (osteofiti) e da irregolarità degenerative dei dischi intervertebrali. Nella SpA i sindesmofiti sono sottili e continui, con un decorso lineare caudo-craniale. L’artrite psoriasica ha i sindesmofiti sempre marginali che partono sempre dall’angolo ma sono grossolani, a spuntone e discontinui (“sparsi uno qua e uno là”). Nella DISH c’è ossificazione anteriore della colonna ma l’ossificazione non è marginale ma parte in basso in corrispondenza del corpo vertebrale. TERAPIA ARTRITE PSORIASICA È molto complessa. La scelta della terapia si basa sulla manifestazione predominante: il paziente può avere tanta psoriasi e dattilite quindi quella predominante è la psoriasi. Quindi lo spettro di presentazione è molto eterogeneo e detta la scelta dei farmaci. Se le manifestazioni sono periferiche il metotrexato si utilizza (solo nelle manifestazioni assiali non va bene). I farmaci biologici sono sempre gli stessi: anti-TNF, anti-IL17 e JAK-inibitori: questi ultimi non sono farmaci biologici (guardare lezione su AR). Si utilizzano anche i trattamenti topici, come le infiltrazioni di glucocorticoidi: un paziente con psoriasi cutanea ed una dattilite potrebbe non necessitare di un trattamento immunosoppressivo sistemico. Quindi non tutti i pazienti vengono necessariamente trattati con un immunosoppressore, ma se fosse necessario si possono utilizzare prima dei farmaci biotecnologici ARTRITE REATTIVA È una spondiloartrite che esordisce dopo un’infezione: è espressione di una risposta abnorme immunologica ad un’infezione in un soggetto generalmente HLA-B27+. Possono essere infezioni gastrointestinali (ugualmente frequenti tra i due sessi) o genitourinarie (più frequenti nei maschi) e i batteri più comunemente coinvolti sono quelli in figura. È una malattia ad appannaggio dei giovani (il tipico paziente ha 20 aa), perchè soprattutto l’infezione genitourinaria è sessualmente trasmissibile. È molto difficile andare ad isolare il patogeno. Quasi sempre se si chiede al paziente dirà che ha avuto un episodio di bruciore urinario nei mesi precedenti. Il vantaggio è che quasi sempre ha un decorso benigno: si autolimita, non richiede un trattamento a lungo termine. Dura 5-6 mesi, viene trattata con i FANS e poi regredisce. Il rischio di recidiva è dovuto alla vulnerabilità genetica alla base dell’individuo che comunque rimane e potrebbe quindi ripresentarsi se si rincontra il trigger. Nel 20% dei pazienti cronicizza, diventa una spondiloartrite periferica (come la psoriasica) e viene trattata come tale. È quasi sempre una mono- o oligo-artrite asimmetrica delle grandi articolazioni. Molto frequenti sono entesite e dattilite, raramente sacroileite e spondilite: dato che la patologia in genere ha una durata limitata, se si facesse a tappeto una RM della colonna e delle sacroiliache si troverebbero segni di interessamento assiale nel 30% dei pazienti, ma quasi sempre il paziente guarisce. Magari il paziente ha anche i segni radiologici però non ha la clinica: è rara la diagnosi su manifestazione assiale. Sono presenti i sintomi: Urogenitali; Manifestazioni oculari; Manifestazioni cutanee particolari: eritema nodoso (lesione quasi sempre reattivo all’infezione, sono noduli molto dolenti che tipicamente si presentano agli arti inferiori) o cheratoderma blenorrhagicum. ARTRITE ASSOCIATA AD IBD Esiste una stretta relazione tra le spondiloartriti e le IBD. Tra i criteri classificativi delle spondiloartriti periferiche ed assiali (guarda sopra) alcuni item sembrano non centrare nulla, come le IBD. In realtà esiste uno strettissimo nesso con l’intestino: significa che chi ha una spondiloartrite ha un rischio elevato di ammalarsi di IBD. Ci sono anche studi che dimostrano che se si fa ad un paziente con SpA una colonscopia e delle biopsie della mucosa intestinale, circa il 40-50% ha dei riscontri bioptici compatibili con colite microscopica: anche se non hanno le ulcere, hanno infiammazione intestinale (40% dei casi). Viceversa chi ha un’IBD ha un rischio maggiore di sviluppare un’artrite, soprattutto i pazienti affetti dal morbo di Chron (più invasiva della rettocolite ulcerosa). Due forme associate ad IBD: 1. Tipo 1: oligo-artrite asimmetrica (come la psoriasica e la reattiva). Ha un decorso coerente con la malattia intestinale, quindi si riacutizza quando la malattia intestinale è attiva e tendenzialmente si spegne quando la malattia intestinale è controllata; 2. Tipo 2: è simil-reumatoide, quindi una forma poli-articolare simmetrica delle piccole articolazioni, ha un decorso indipendente dalla IBD: il paziente può essere in remissione da 5 anni per quanto riguarda la IBD ma potrebbe sviluppare all’improvviso un’artrite “terribile” che diventa il suo problema principale. Esiste la possibilità di avere anche manifestazioni assiali. Se si fa una RM a tappeto nei pazienti con Morbo di Chron e rettocolite ulcerosa, rispettivamente fino al 22% e al 6% hanno delle alterazioni radiologiche compatibili con una spondiloartrtite assiale. Dal punto di vista dell’aspetto radiografico, le forme assiali associate ad IBD sono molto simili alle AS e inoltre esordiscono nella stessa fascia d’età. Tendenzialmente in tutti i pazienti che hanno SpA si deve fare uno sforzo per capire che non abbiano una IBD misconosciuta. Anche soltanto un’ileite terminale permette di distinguere una SpA da un’artrite enteropatica con manifestazioni assiali. SINTESI Ø Sono malattie che si intersecano, quindi per prima cosa bisogna capire se si è nello spettro delle spondiloartriti. Si potrebbe essere in questo spettro con una malattia puramente assiale, con un’oligo-artrite asimmetrica delle grandi articolazioni ed entesite, dattilite,…che sono le manifestazioni cliniche. Ø Quando si ha una malattia delle articolazioni periferiche, quasi sempre il trattamento si basa sul metotrexato e poi su un biologico. IL-6 (AR) e IL-17 (spondiloartriti). Anti-TNF viene usato in entrambi (AR e spondiloartriti). Questo perché si hanno come target citochine diverse che sono più specifiche in base alle varie patologie. Ø Un paziente con spondiloartrite può avere tutte le manifestazioni periferiche quindi si utilizza una nomenclatura che si basa sulle manifestazioni predominanti. Quindi va tenuto sempre presente che un paziente che ha esordito con un’artrite psoriasica oligo-articolare può tornare due anni dopo con un mal di schiena che segna il passaggio ad una malattia con un fenotipo anche assiale. Ø Inoltre si associano pesantemente alle IBD, alla psoriasi, all’uveite e quindi nella definizione diagnostica entra una valutazione più allargata dello spettro di comorbilità. Ad esempio un paziente che arriva con una lombalgia infiammatoria ed a cui viene diagnosticata una spondilite anchilosante magari non si inizia a fare la colonscopia ma si può fare la calprotectina fecale (esame molto semplice) per capire se indirizzarlo alla colonscopia. Stessa cosa se si dovesse presentare un paziente con un occhio rosso: sarebbe meglio non classificarlo come il solito “colpo di vento” ma pensare ad un’uveite che è una manifestazione potenzialmente in grado di ledere l’acuità visiva dell’individuo. Ø Le spondiloartriti si differenziano dall’AR perché nelle prima non è comune l’interessamento polmonare (interstiziopatia polmonare).

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