Valutazione Qualità Post-Raccolta PDF

Summary

This document discusses the quality evaluation of post-collection packaging, focusing on environmental sustainability and the EU Directive 2019/904. It explores different packaging materials, their properties, and their impact on the environment, with a focus on the recycling process. It also details different types of packaging, including passive, active, and intelligent packaging based on their properties and functionalities. The document examines several aspects of packaging, including ecological, safety, logistical, and marketing factors. This includes their role in food preservation, protection, and cost efficiency.

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VALUTAZIONE QUALITÀ POST-RACCOLTA La sostenibilità ambientale come motore dell'innovazione nel settore degli imballaggi DiretÝva UE 2019/904 sulla riduzione dell'impatto di determinati prodotÝ di plastica sull'ambiente - (SUP) “I contenitori per bevande che sono plastica monouso dovrebbero essere a...

VALUTAZIONE QUALITÀ POST-RACCOLTA La sostenibilità ambientale come motore dell'innovazione nel settore degli imballaggi DiretÝva UE 2019/904 sulla riduzione dell'impatto di determinati prodotÝ di plastica sull'ambiente - (SUP) “I contenitori per bevande che sono plastica monouso dovrebbero essere autorizzati a essere immessi sul mercato solo se soddisfano requisiti specifici di progettazione del prodotto che riducono significativamente la dispersione nell'ambiente di contenitori per bevande e coperchi in plastica”. Packaging, Condizionamento, Imballaggio Sistema coordinato per disporre gli alimenti per il trasporto, la distribuzione, la conservazione, la vendita e l’utilizzo finale. Tecnologia del condizionamento e della distribuzione Il condizionamento indica un complesso di operazioni (azioni) di cui il CONFEZIONAMENTO è parte integrante, ma non sufÏciente, il cui fine è quello di aggiungere funzioni e valore al prodotto alimentare confezionato. In particolare, con il condizionamento si cerca di prolungare la CONSERVABILITA’ degli alimenti, o di PRESERVARE LA QUALITA’ per tutto il periodo utile alla distribuzione. Funzioni del packaging A cosa serve un Imballaggio? →Proteggere ciò che Vende ed a Vendere ciò che Protegge Come si è evoluta la funzione del packaging FATTORI CHE DETERMINANO LA SCELTA DI UN IMBALLAGGIO ECOLOGICI: o Impatto ambientale o Riciclo o Post-consumo e fine-vita SICUREZZA: o Contaminazione per migrazione LOGISTICI: o Produzione o Distribuzione o Vendita o Consumo MARKETING: o Stimolo all’acquisto o Praticità d’uso PROTEZIONE: o Prolungamento della “shelf life” dell’alimento o Protezione nelle fasi di processo, distribuzione e stoccaggio o Protezione da agenti esterni COSTI: o Valore del prodotto o Tipo di confezionamento CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI DI CONFEZIONAMENTO Passivi: esplicano la funzione protetÝva regolando lo scambio di sostanze a basso peso molecolare, come ad esempio aromi, gas, vapori, off-odors etc., tra interno ed esterno della confezione. A questa categoria appartengono: Contenitori in vetro, metallici, in carta e polimerici AtÝvi: a differenza dei primi gli imballaggi atÝvi agiscono su uno specifico meccanismo degradativo rallentandolo. A questa categoria appartengono: Assorbitori Sistemi di rilascio (aromi, antimicrobici) Assorbitori-regolatori Intelligenti: sono in grado di informare il consumatore sullo reale stato di conservazione del prodotto confezionato. A questa categoria appartengono: Esempio indicatori di maturazione IMBALLAGGI IN VETRO È utilizzato laddove è necessaria una barriera totale alle sostanze a basso peso molecolare, ovvero dove il prodotto deve subire un trattamento termico (pastorizzazione o sterilizzazione) dopo essere stato confezionato, oppure per ragioni di marketing: Soft drinks (danneggiamento organoletÝco → anidride carbonica) Tonno (danneggiamento microbiologico → ossigeno) Succhi di frutta (imbrunimento enzimatico, ossidazione Vitamina C → ossigeno) Olio (ossidazione acidi grassi insaturi → ossigeno) IMBALLAGGI IN METALLO Appartengono a tale categoria l’acciaio 8cromato o stagnato) e l’alluminio. Come per il vetro si utilizzano laddove è necessaria una barriera totale alle sostanze a basso peso molecolare, ovvero dove il prodotto deve subire un trattamento termico (pastorizzazione o sterilizzazione) dopo essere stato confezionato, oppure per ragioni di marketing. Soft drinks (danneggiamento organoletÝco → anidride carbonica) Tonno (danneggiamento microbiologico → ossigeno) Succhi di frutta (imbrunimento enzimatico, ossidazione Vitamina C → ossigeno) Olio (ossidazione acidi grassi insaturi → ossigeno) IMBALLAGGI IN CARTA Vengono utilizzati nei casi in cui è solo necessario impedire la contaminazione del prodotto da parte di agenti esterni come ad esempio microrganismi, polvere etc. Gelati (la bassa temperatura garantisce la conservazione del prodotto) Principali Svantaggi dei Materiali Tradizionali Costo della materia prima elevato Peso della confezione Fragilità della confezione Interazione tra contenitore ed alimento Imballaggi Polimerici Vantaggi: Costo (materia prima e processo) Peso Sicurezza (soft drink) Ampia scelta (sistemi compositi) Svantaggi: Marketing Cessione sostanze indesiderate Permeazione di sostanze a basso peso molecolare Lezione 26/09/2024 Interazioni: Desiderate/Indesiderate → tra Packaging, Environment, Food PROPRIETÀ DEI MATERIALI la conoscenza delle proprietà e delle prestazioni dei materiali che si impiegano per realizzare imballaggi alimentari è di fondamentale importanza per effettuare una corretta scelta e per offrire un’adeguata protezione del prodotto: Proprietà fisiche Proprietà chimiche PROPRIETÀ CHIMICHE Sono quelle che dipendono dalla natura chimica (atomica e molecolare) dei materiali e che variano solo per modificazioni, il più delle volte irreversibili, della struttura chimica; tali modificazioni, peraltro, determinano profondi cambiamenti anche in molte proprietà fisiche dei materiali. Per struttura chimica dei materiali si può intendere l’insieme della natura chimica dei costituenti e della loro organizzazione. NATURA CHIMICA I costituenti atomici – Il tipo di atomi che formano i materiali permette una prima, e non irrilevante, suddivisione in: Materie organiche (le materie plastiche e i materiali cellulosici) Materie inorganiche (il vetro ed i metalli) Le prime, che definiamo organiche per la presenza di atomi di carbonio, hanno di norma una bassa densità, ma suscetÝbilità all’ossidazione ed una sensibilità ai solventi maggiore che le altre, un punto di fusione o di combustione più bassi delle materie inorganiche. ORGANIZAZZIONE MOLECOLARE Molecole che sono in successione ordinata, periodica e simmetrica (come è il caso di alcune materie plastiche e cellulosiche e dei metalli) è possibile definire tali materiali Cristallini e ne deriverà per loro una densità maggiore, e migliori caratteristiche meccaniche. Nel caso di organizzazione molecolare aperiodica, disordinata e casuale (come accade nel vetro e nelle materie plastiche) si parlerà di strutture amorfe che si caratterizzeranno in generale, per una maggiore trasparenza, maggiore inerzia chimica, inferiori caratteristiche meccaniche. Le proprietà chimiche di maggiore interesse possono essere individuate nel comportamento del materiale: All’ossidazione Alla combustione Nella resistenza agli oli e grassi Nella bio-deteriorabilità (di particolare interesse per le materie plastiche e cellulosiche) Nella resistenza alla corrosione (per alluminio, acciaio inossidabile, banda stagnata) Nella resistenza agli agenti aggressivi (per tutÝ i materiali) Resistenza a Oli e Grassi L’olio o il grasso possono danneggiare la stampa, provocarne il distacco di materiali accoppiati o semplicemente rendere poco gradevole l’immagine del prodotto. Biodegradabilità: è la caratteristica di un determinato materiale di essere decomposto dei microrganismi naturalmente presenti nel suolo, per essere successivamente reimmesso nel ciclo naturale. Biodegradabilità ultima: da un punto di vista scientifico, si intende la completa degradazione di un composto organico in composto inorganico (mineralizzazione) a opera di microrganismi. Se il processo avviene in presenza di ossigeno (aerobico), si ha la completa trasformazione del composto organico in anidride carbonica (CO2) e acqua. TutÝ i composti organici naturali, come la carta, sono facilmente decomponibili; invece, tutÝ i prodotÝ sintetici moderni (esclusi alcuni speciali, come la bioplastica) non possono essere decomposti in natura in tempi ragionevoli. Parlare di biodegradabilità ha però un senso se si stabilisce un tempo utile entro cui un prodotto deve biodegradarsi e un ambiente in cui questo processo deve avvenire. Ecco perché esistono standard (ISO) che indicano le condizioni (temporali e chimico-fisiche) della degradazione. (I prodotÝ utilizzati nel packaging non vengono definiti biodegradabile ma compostabile, perchè ciò che compostabile non è detto che sia biodegradabile). Biodeterioramento: qualsiasi modificazione (sia strutturale che estetica) apportata da agenti biologici e che renda il materiale inadeguato all’uso per il quale è destinato. TEST BIODEGRADABILITÀ ISO 14852:2005 Determinazione della biodegradabilità aerobica finale di materiali plastici in ambiente acquoso - Metodo mediante analisi dell'anidride carbonica evoluta. ISO 17556:2012 Plastica - Determinazione della biodegradabilità aerobica finale dei materiali plastici nel suolo mediante misurazione della richiesta di ossigeno in un respiro-metro o della quantità di anidride carbonica emessa COMPOSTABILITÀ Possibilità di aumentare la velocità di degradazione biologica in condizioni controllate. Non tutÝ i materiali compostabili sono anche biodegradabili. Mentre i materiali biodegradabili si degradano in condizioni ambientali, quelli compostabili sono biodegradabili sono in specifiche condizioni controllate. Secondo la norma EN 13432, un materiale per definirsi “COMPOSTABILE”, deve possedere le seguenti caratteristiche: Degradarsi almeno del 90% in 6 mesi se sottoposto a un ambiente ricco di CO2; tali valori vanno testati con il metodo ISO 14855 A contatto con materiali organici per un periodo di 3 mesi, la massa del materiale deve essere costituita almeno per il 90% da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm Assenza di effetÝ negativi sul processo di compostaggio. Verificata con una prova di compostaggio su scala pilota Bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetÝ negativi sulla qualità del compost Questa specifica stabilisce i requisiti per l'etichettatura di materiali e prodotÝ (compresi gli imballaggi), in cui una pellicola o un rivestimento plastico biodegradabile è attaccato (tramite laminazione o estrusione direttamente sulla carta) a substrati compostabili e l'intero prodotto o imballaggio è progettato per essere compostato in impianti di compostaggio aerobico municipali e industriali. PROPRIETÀ FISICHE Sono in relazione a fenomeni che non comportano variazioni della struttura chimica e che sono spesso di natura reversibile. Alle proprietà fisiche, che sono numerosissime, sono sempre associate grandezze fisiche (il prodotto di un numero per un’unità di misura) ben definite e convenientemente misurabili. Proprietà Termiche: descrivono il comportamento di un materiale in risposta alle sollecitazioni termiche, nel corso di un processo di scambio termico o in conseguenza di una variazione di temperatura. Il passaggio da uno stato all’altro (liquido, solido e gassoso) per sostanze a basso PM avviene ad una ben definita temperatura, la quale dipende della pressione del sistema. Nel caso dei polimeri le transizioni da uno stato all’altro non sono così ben definite. Inoltre per i polimeri non esite lo stato gassoso poiché la temperatura richiesta per separare le molecole è troppo alta. Conducibilità termica Capacità termica e calore specifico CoefÏciente di dilatazione termica Potere calorifico Intervalli utili di temperatura Temperature di transizione Potere calorifico: corrisponde alla quantità di energia ricavabile per combustione dei materiali; le unità di misura impiegate per esprimerlo sono: KJ g-1 (o equivalenti MJ kg-1) e kcal g-1. Naturalmente questa proprietà termica è di interesse esclusivo per i materiali organici per i quali è possibile una termo- distruzione e, potenzialmente, un recupero di energia in processi di smaltimento correttamente eseguiti. Intervallo Utile di Temperatura: (intervallo d’impiego) Delimitato, generalmente, al limite inferiore dalla temperatura di massima fragilità in riferimento alle sollecitazioni meccaniche potenziali e, a quello superiore, dalla temperatura di distorsione o rammollimento. Intervallo di saldatura: è l’intervallo di temperatura nel quale è possibile effettuare una saldatura termica tra due punti dello stesso materiale. È una delle numerose proprietà fisiche definite di “macchinabilità”; infatÝ la sua conoscenza ed il suo controllo consentono di otÝmizzare le operazioni di confezionamento o di produzione dei contenitori, sulle macchine automatiche destinate allo scopo. Temperatura di Transizione Per i soldi che interessano il packaging sono le temperature di fusione e quelle di transizione vetrosa, alla quale corrisponde di norma anche la massima fragilità di un materiale. Al di sopra delle temperature di transizione vetrosa le macromolecole possono compiere movimenti coordinati a lungo raggio. La transizione si ha quando il polimero a causa di un aumento della temperatura aumenta la mobilità molecolare passando dallo stato vetroso (caratterizzato da movimenti coordinati a corto raggio) a quello gommoso (caratterizzato da movimenti coordinati a lungo raggio). Sia la Tm che la Tg sono governate dall’intensità delle forze intermolecolari, pertanto la presenza di gruppi in grado di aumentare le forze intermolecolari porti ad un aumento sia della Tm sia della Tg. Proprietà di Superficie Alla base di molte proprietà di superficie dei materiali di confezionamento vi è la cosiddetta tensione superficiale, o energia libera superficiale, che si manifesta a livello dell’interfaccia tra un fluido e un mezzo di natura differente allo stato solido, liquido e gassoso. All’origine della tensione superficiale vi è la forza di coesione tra le molecole costituenti il mezzo. Le molecole presenti all’interno del suo volume sono infatÝ circondate in ogni direzione da altre molecole simili; pertanto, la risultante media delle forze agenti su una singola molecola è nulla. La situazione per le molecole in superficie è differente, non essendo circondate in ogni direzione da altre molecole simili; la conseguenza di queste forze intermolecolari non condivise è una maggiore forza di coesione verso le molecole vicine. Questo aumento di forza dei legami intermolecolari fa sì che la superficie del mezzo possieda un’energia libera maggiore rispetto a quella presente all’interno, energia che prende il nome di: Le proprietà superficiali dei materiali possono essere modificate mediante: Trattamenti superficiali: corona, fiamma, UV, plasma… Rivestimenti o coating La termodinamica dello stato della struttura (ordinata/amorfa) determina alcune proprietà: Punto di fusione Temperatura di transizione vetrosa Proprietà elettriche Proprietà meccaniche Proprietà diffusive La natura chimica del polimero determina la sua stabilità alla: Temperatura Luce Acqua Solventi PROPRIETÀ ELETTROMAGNETICHE Caratteristiche che descrivono il comportamento di un materiale sottoposto all’irraggiamento con radiazioni elettromagnetiche (luminose o meno). Interazioni tra radiazione elettromagnetica e materia Caratteristiche elettromagnetiche dei materiali di Packaging Trasparenza Opacità (haze) Brillantezza (o lucentezza, o gloss) Spettri di assorbimento/trasmissione UV-Vis e infrarosso Negli alimenti le radiazioni UV, in virtù della loro elevata energia, possono atÝvare reazioni di degradazione di componenti sensibili quali vitamine, oli e grassi, pigmenti… Le radiazioni possono degradare l’imballaggio stesso (perdita di caratteristiche estetiche, meccaniche e funzionali). Lezione 01/10/2024 Proprietà Meccaniche Comprendono quelle proprietà fisiche che descrivono il comportamento di un solido sottoposto all’applicazione di una forza, che può essere rappresentata dal suo stesso peso o da una sollecitazione esterna. Classificazioni forze: STATICHE: forze di modesta entità, ma il cui effetto è prolungato nel tempo DINAMICHE: forze di elevata entità, ma il cui effetto si esaurisce in breve tempo INTERNE: (peso, pressione) ESTERNE: (compressione, trazione, urti, cadute, vibrazioni) Proprietà di Frizione LE PROPRIETÀ ADESIVE Le proprietà di Resistenza Meccanica TEST DI TRAZIONE A seconda della natura chimica, formulazione, polimero, possiamo avere diversi tipi di materiali. Esempio effetto degli additivi Aumentando la % di additivi, diminuisce lo sforzo alla rottura e aumenta allungamento alla rottura. Materiale rigido: pendenza alta e alta fragilità. Materiale dutÝle e tenace e sotteso alla curva, esempio, plastica e metallo. Capacità di ammortizzare gli urti→ esempio ad uso alimentare, polistirolo espanso e carta. Capacità ammortizzante si esprime determinando la velocità di caduta fino al momento dell’impatto che diventerà zero. Se riusciamo a diminuire questa velocità andiamo a diminuire il rischio di rottura dell’oggetto. POLIMERI PLASTICI Plastico dal greco “plaissen”→ formare, modellare; Plastics (Oxford Dictionary)→ resine sintetiche o altre sostanze che possono essere plasmate con qualsiasi forma; Plastica→ un composto sintetico organico con molecole molto grandi, in grado di ricevere e conservare qualsiasi forma; AST D 833-00: definizioni di tecniche usate nell’industria plastica AggetÝvo “plastico” usato per descrivere uno stato facilmente deformabile Sostantivo “plastiche” usato per descrivere un’ampia gamma di materiali a base di composti organici macromolecolari La produzione mondiale di plastica (dati 2017-2018) 359 milioni di tonnellate; In Europa la produzione è di circa 60 milioni di tonnellate, quasi 1/5 del totale nel mondo. La plastica viene utilizzata in diversi settori LA STRUTTURA E LE PROPRIETA’ DELLE MATERIE PLASTICHE Alcuni criteri di classificazione delle materie plastiche: Nature delle materie prime (m.p naturali, sintetiche e parzialmente sintetiche) Meccanismo di polimerizzazione (addizione, condensazione) TatÝcità (m.p. isotatÝche, attatÝche, sindiotatÝche) Peso molecolare (polimeri mono e polidispersi) Comportamento al calore (termoplastiche e termoindurenti) Organizzazione strutturale (m.p. amorfe, cristalline, semicristalline) Temperatura di transizione vetrosa (polimeri gommosi e vetrosi) Natura delle unità fondamentali (omo e copolimeri, miscele e leghe) Struttura Chimica e Sintesi delle Sostanze Polimeriche Le materie plastiche sono “sostanze organiche” completamente o parzialmente chimiche. I loro componenti principali sono composti ad alto peso molecolare (polimeri) le cui molecole sono costituite da un grande numero di unità fondamentali (monomeri), unite da legami chimici diversi ma per lo più di natura covalente. Meccanismi di Polimerizzazione (condensazione e addizione) Reazione di Condensazione: i polimeri di condensazione sono quelli ottenuti quando due specie chimiche, liberando una molecola a basso peso molecolare (tipicamente una molecola d’acqua), reagiscono tra di loro a formare: Funzionalità: il numero di legami che un’unità monomerica può formare ADDIZIONE: Quando il monomero possiede una insaturazione, il tipico meccanismo di polimerizzazione è quello di addizione sul doppio legame. Per effetto di un catalizzatore o delle condizioni di temperatura e pressione, il doppio legame si apre consentendo di legare altri monomeri in una successione che porta rapidamente a pesi molecolari molto elevati. Il peso molecolare del polimero si otÝene moltiplicando il DP per il peso molecolare del monomero. Esempio un polietilene con DP = 10.000 ha un peso molecolare = 280.000 (10.000 X 28 peso molecolare del momento (-CH2CH2)) Nel caso dei copolimeri è necessario conoscere non solo il peso molecolare dei polimeri di partenza ma anche la loro relativa proporzione e disposizione nella catena. CRISTALLINITÀ La cristallizzazione di una sostanza polimerica avviene in maniera del tutto simile alla cristallizzazione delle sostanze a basso peso molecolare, vi è dapprima la formazione di nuclei a cui segue la loro crescita Il livello di cristallinità è un fattore molto importante che influenza notevolmente la proprietà chimico-fisiche del polimero Nella fase cristallina le molecole sono disposte ordinatamente nello spazio mentre nella fase amorfa le molecole sono posizionate nello spazio senza un particolare ordine La struttura amorfa è tipica dello stato fuso; tuttavia, controllando la velocità di raffreddamento (rallentandola) o intervenendo con appositi promotori, molti polimeri termoplastici solidificano in forma parzialmente cristallina per l’allineamento e/o l’impaccamento delle loro macromolecole. Lo stato cristallino influenza numerose proprietà fisiche delle materie plastiche; pertanto è essenziale poter controllare il grado di cristallinità in fase di produzione. La velocità di cristallizzazione è aumentata dalla presenza di impurezze come ad esempio catalizzatori o sostanze di carica “fillers” e pigmenti La presenza di ramificazione tende a ridurre il livello di cristallinità in quanto aumenta la difÏcoltà di allineamento delle molecole Lo “stretching” di un film polimerico aumenta la cristallinità del polimero in quanto favorisce l’allineamento delle molecole del polimero Di fatto, un polimero semicristallino consiste di zone cristalline uniformemente disperse in una matrice amorfa Lezione del 03/10/2024 TERMORETRABILITÀ Se dopo lo stiro-orientazione l’oggetto viene bruscamente raffreddato, il materiale conserva memoria della sollecitazione ricevuta e a un successivo riscaldamento alla stessa temperatura alla quale è avvenuta l’orientazione restituirà quella tensione, contraendosi e recuperando le dimensioni originali. Tale tecnica conferisce termoretrabilità al materiale plastico e viene in genere applicata ai film per produrre etichette sleeve oppure avvolgimenti per tenere insieme più confezioni o anche carichi palletÝzzati. TIPOLOGIE DI POLIMERI La disposizione dei co-polimeri può essere effettuata con periodicità e non. Polimeri Ramificati: una piccola quantità di monomeri con funzionalità maggiore/uguale 3 è introdotta nel polimero (sia intenzionalmente sia attraverso reazioni indesiderate); questi creano dei punti di ramificazione lungo la catena principale in modo casuale La ramificazione di un polimero influenza fortemente le sue proprietà. POLIOLEFINE (polietilene o propilene) Il termine olefine significa “formanti olio” ed era il nome originariamente attribuito all’etilene. Oggi viene usata dall’industria di materie plastiche ed è riferito alle plastiche a base di etilene e propilene; un’importante classe di materiali termoplastici quali HDPE, LDPE, PP. POLIETILENE (PE) Prodotto dalla polimerizzazione dell’etilene a Pressione e Temperatura elevate e in presenza di catalizzatori metallici. In queste condizioni le molecole di etilene si legano in lunghe catene (da 50 a 50.000 unità) trasformando l’etilene in un solido bianco e parzialmente cristallino. Il prodotto di questa reazione è estruso sotto forma di film ed è poi raffreddato e tagliato in granuli. Durante la polimerizzazione (giocando con pressione e temperatura) si creano alcune ramificazioni laterali della catena polimerica principale dando origine a: o HDPE (polietilene ad alta densità): presenta scarse ramificazioni, le catene principali si ammassano ordinatamente in strutture cristalline. Le forze intermolecolari sono superiori al LDPE, così come la resistenza alla trazione o LDPE (polietilene a bassa densità): lunghe catene che impediscono l’ammassamento ordinato producendo un materiale meno cristallino. Forze intermolecolari più deboli rispetto al HDPE, minore resistenza alla trazione. o LLDPE (polietilene lineare a bassa densità): copolimerizzazione dell’etilene con alcheni (butene, esene e ottene), short branching POLITILENE A BASSA DENSITA’ (LDPE) Tale tipo di polietilene è costituito da una catena principale tipica del polietilene sulla quale sono presenti ramificazioni più o meno lunghe che terminano con un gruppo (CH3) La presenza delle ramificazioni riduce il livello di impacchettamento nella fase amorfa, inoltre impedisce anche la formazione di strutture ordinate; entrambi i fattori fanno sì che tale polimero sia caratterizzato da una bassa densità Il LDPE per definizione ha una densità compresa tra 915 e 939 kg/m3, mentre il HDPE ha una densità maggiore o uguale a 940 kg/m3 Differenza densità LDPE e HDPE→ LHDPE possono avere meno catene polimeriche ma con tante ramificazioni lunghe è una densità più bassa del HDPE, mentre HDPE avrà più catene polimeriche ma meno ramificazioni corte, con una più alta densità rispetto a LDPE. Il LDPE è tenace, traslucido; può essere ottenuto attraverso “blow estrusion”. Oppure può essere estruso e successivamente orientato assialmente attraverso un sistema di rulli freddi Tale polimero ha buone proprietà tensili, buona tenacità, buona resistenza allo strappo, otÝme proprietà barriera al vapore d’acqua e scarse proprietà barriera ai gas Ha otÝma resistenza chimica, tranne agli oli ed ai grassi; tali sostanze possono rigonfiarlo provocando “Environmental Stress Cracking (ESC)” Una delle più importanti caratteristiche del LDPE è la capacità di essere saldato a temperatura relativamente basse (106-112°C) Il LDPE trova applicazione come la produzione di tappi per botÝglie, film e sacchetÝ. I film subiscono processi di modifica superficiale per migliorare le proprietà barriera e la stampabilità POLIETILE LINEARE A BASSA DENSITA’ POLIETILENE AD ALTA DENSITA’ Il polietilene ad alta densità (HDPE) è caratterizzato dalla quasi assenza di ramificazioni laterale, che, quando presenti, sono piccole Tale polimero si otÝene a temperature e pressioni relativamente basse /20 atm e 85-100°C) utilizzando catalizzatori Zingler-Natta A causa della struttura chimica il HDPE è caratterizzato da un elevato livello di cristallinità, circa il 90%, molto maggiore del LDPE, circa il 50% L’elevato livello di cristallinità influenza tutte le proprietà di tale polimero. La densità aumenta, 942- 965 kg/m3, la rigidità e lo sforzo massimo aumentano, le proprietà barriera migliorano, l’inerzia chimica migliora, la temperatura di fusione aumenta (circa 120°C) Tale materiale è facilmente orientabile, pertanto la resistenza allo strappo dipende fortemente dalla direzione di processo L’elevata cristallinità rende tale materiale più opaco e difÏcilmente saldabile a caldo HDPE può essere usato per la produzione di botÝglie, ma in genere gli si preferisce il PVC o il PET per le migliori proprietà barriera POLIPROPILENE (PP) Il polipropilene (PP) è sostanzialmente un polimero lineare ottenuto polimerizzando a 100 atm a 60° C Il PP può esistere in tre forme: isotatÝco, sindiotatÝco e atatÝco Il PP cast ed orientato sono sufÏcientemente diversi da non competere per lo stesso uso. Il primo è più economico e trova applicazioni simili a quelle del PE, inoltre è caratterizzato da una certa fragilità a temperature inferiori a quella di congelamento, ed ha una scarsa resistenza alla punturazione. Negli ultimi anni ha avuto un forte sviluppo sia il PP orientato (OPP) che il PP biorientato (BOPP). Il BOPP possiede proprietà tensili bilanciate nelle due direzioni, circa 4 volte maggiori quelle del cast PP, ha buone proprietà barriera, elevata resistenza all’inalazione dello strappo ma bassa resistenza alla sua propagazione. POLISTIRENE Il polistirene (PS) si otÝene per reazione di addizione dello stirene Lo stirene viene prodotto unendo etilene e benzene per poi trasformarlo in stirene Lo stirene viene polimerizzato utilizzando Ossigeno, agenti ossidanti o luce come catalizzatori Il PS generalmente è prodotto nella forma atatÝca, possiede una Tg di circa 100° C, ed è rigido trasparente e duro a temperatura ambiente Caratteristiche ed Applicazioni del polistirene Il film di PS cristallino (riferito alla trasparenza e non alla cristallinità molecolare) Buona stabilità dimensionale Trasparenza superiore Buona resistenza chimica agli acidi e agli alcali alimentari Buone caratteristiche di stampabilità o Viene impiegato nelle strutture coestruse in cui offre alta brillantezza di superficie o Scatole finestrate o Buste finestrate Il Ps viene maggiormente impiegato in forma di schiuma. Di fatto, esso possiede: o Buone proprietà barriera all’acqua ed ai vapori o Buon modulo o Facilità di produzione e bassi costi Polistirene espanso (EPS): schiuma di PS estrusa consiste in una lastra con uno spessore di 0,13-6,4 mm ed una struttura a celle chiuse, caratterizzato da una densità di 321-160 kg/m3 EPS viene formato aggiungendo un agente di espansione al PS (pentano ed isopentano) questi liquidi che evaporano per formare gas al punto di rammollimento del PS conferendo una struttura cellulare al materiale Le lastre vengono impiegate per realizzare manufatÝ, in genere vassoi o vaschette, per termoformatura Problemi di sicurezza sono legati alla presenza di residui di polimerizzazione, stirene, nel prodotto finito Polistirene espanso sinterizzato – EPS → Si utilizza generalmente pentano (2-8%) come agente espandente, che sotto pressione diffonde nei granuli di polimero saturandoli. Successivamente, l’immissione di vapore acqueo surriscaldato in camera chiusa provoca l’espansione dei granuli in sferette di polistirolo. Polistirene espanso estruso – XPS → Viene addizionato gas al polistirolo nell’estrusore. Trafila piana. Il salto di pressione che avviene all’uscita della trafila determina l’espansione del gas e la formazione di schiuma in lastra. Successivamente termoformatura. Particolare tipologia “a celle aperte” mediante tensioatÝvi e azione meccanica. POLIVINILCLORURO Il polivinilcloruro (PVC) si otÝene dalla polimerizzazione per addizione del vinilcloruro (VCM). In genere il PVC polimerizza nella sua forma atatÝca e pertanto è praticamente amorfo. Come per il PS anche PVC ci possono essere residui del VCM nel prodotto finito Un ampio spettro di prodotÝ si possono ottenere dal PVC variando di plasticizzante ed il grado di orientazione Pellicole di PVC plasticizzato sono ampiamente utilizzate per avvolgere vassoi di carne Il PVC viene anche utilizzato per la produzione di botÝglie per bevande non gasate COMOPOLIMERO ETILENE-VINIL ALCOL Accoppiando la proprietà di processabilità del PE a quella barriera del PVA si otÝene il copolimero EVOH che possiede elevate proprietà barriera ai gas ed agli aromi oltre che una elevata processabilità. POLIETILENTEREFTALATO (PET) Il PET si otÝene per polimerizzazione di condensazione dell’acido tereftalico e dell’etilen glicole. Il PET ha un Tm di circa 285° C e una Tg compresa tra 65 e 80° C. i film di PET sono in genere commercializzati dopo aver subito il processo di biorientazione. Il PET è un eccellente film per applicazioni nel settore dell’imballaggio alimentare, infatÝ esso ha un elevato valore dello stress di rottura, un elevata stabilità termica e buone proprietà barriera Per migliorare le proprietà barriera del PET nonché per renderli saldabile esso viene laminato con sostanze come il LDPE, PVdC, o metallizzato Il PET è anche estensivamente utilizzato per la produzione di botÝglie per bevande gassate APPLICAZIONE DEL PET Il 70% del PET è utilizzato per la produzione di botÝglie di bibite gasate stampate per iniezione- sofÏaggio La resistenza al calore e la trasparenza fanno del PET (fogli e film) materiale ideale per il forno tradizionale e microonde (vassoi di cibi pronti) Se vi aggiungono strati di materiale saldabile a caldo si può sigillare il film di PET con contenitori di PS o con vassoi di PET I film metallizzati vengono usati per le loro proprietà barriera e per la resistenza all’abrasione in confezioni sotto vuoto di caffè NYLON ADDITIVI Molti polimeri vengono mescolati ad additivi prima o durante il processo di lavorazione allo scopo sia di controllare o migliorare alcune caratteristiche specifiche di performance. Nei materiali destinati al confezionamento di alimenti, tutÝ gli additivi devono essere autorizzati dalle autorità competenti (migrazione). Antiossidanti proteggono la resina dal deterioramento durante la lavorazione termica (fenoli, ammine aromatiche) Stabilizzanti di calore inibiscono la degradazione durante la lavorazione termica Plastificanti impartiscono flessibilità e morbidezza e agevolano la lavorazione (esteri ftalici: DOP-dioctil ftalati, DEHP-DI-2 ETIL-ESILFTALATI, DAHA-di-2-etiltesil adipati, oli epossidizzati e poliesteri a basso peso molecolare) Lezione del 10/10/2024 PROCESSI DI TRASFORMAZIONE DELLE MATERIE PLASTICHE ESTRUSIONE L’estrusione è uno dei processi più diffusi per la trasformazione delle materie plastiche La maggior parte dei manufatÝ plastici viene realizzato attraverso il processo di estrusione; in genere prima di essere trasformata nel prodotto finito il polimero passa attraverso due o più estrusori Un estrusore è come un “tritacarne” alimentato da granuli di polimero, questi vengono riscaldati e compressi fino a fondere, il fuso viene forzato a passare attraverso una trafila (piana o circolare) In genere il calore viene fornito nella fase di “start up” della macchina, successivamente (a regime) la quantità di calore è molto bassa, infatÝ per attrito si “genera” calore che serve alla fusione del polimero La parte più importante dell’estrusore è la vite; uno dei parametri che lo caratterizza è il rapporto Lunghezza-Diametro (L/D), il quale in genere varia tra 15/1 e 30/1 Ci sono due processi attraverso i quali un termoplastico estruso viene convertito in film: o Estrusione in bolla o Estrusione piana (Cast) Trattamento corona→ trattamento superficiale per modificare le caratteristiche superficiale per rendere compatibile il materiale con gli additivi; attraverso una scarica elettrica migliora l’adesione con i liquidi (esempio inchiostro) Con gli estrusori in bolla otteniamo i Film sofÏati, mentre con gli estrusori cast i Film piani. Tecnica in bolla più utilizzata per capacità maggiori. Confronto tra i Due Tipi di Estrusione I materiali confluiscono nella stessa trafila, formato da 5 strati con 3 materiali diversi. Questo però può cambiare, determinando anche più strati. Gli strati ad occhio nudo non sono ben visibili. Tecnica utilizzata per migliorare la struttura del prodotto attraverso le singole caratteriste dei singoli materiali. Usato ad esempio tramite stampaggio è la formazione dei vasetÝ di yogurt. Utilizzo per la formazione di corpi cavi, tramite iniezione in una pre-forma che poi passa negli impianti di sofÏaggio. Tale processo viene usato per la formazione di botÝglie da bevanda. La formazione di PET nel blow molding viene per iniezione; L’estrusione nel BLOW MOLDING viene invece usata ad esempio per la formazione di botÝglie da latte. Abbiamo prima introduzione nella pre-forma (la pre-forma può essere già venduta all’industria di botÝglie, come coca cola) Il pistone aiuta per lo stiramento della botÝglia, mentre il sofÏaggio serve per lo stiramento longitudinale determinando l’adesione alle pareti. Lo stiramento longitudinale stira le catene polimeriche. Determina una struttura dell’oggetto più performante, con maggiore resistenza meccanica e barriera ai gas (infatÝ utilizzata come botÝglie per le bevande gassate, in quanto ha una maggiore ritenzione dei gas). Il tappo viene prodotto con Injection Molding, il tappo viene prodotto tramite HDPE, polietilene ad alta densità. Formatura a vuoto: Negativa: adesione parete interna dello stampo Positiva: adesione parete esterna dello stampo Può essere implementata in TFFS, una linea di questo tipo ci permette di partire da un film spesso o lastra; partendo da sinistra abbiamo una bobbina che permette la formazione di una vaschetta Esempio applicazione→ Pane in atmosfera controllata. La bobina viene srotolata per permettere l’entrata del film nella termofilatura. Poi la vaschetta viene successivamente chiusa. L’aria (21% di ossigeno e il restante azoto e anidride carbonica) viene successivamente sostituita per determinare un’atmosfera controllata. Il sintetizzato di solito non ha applicazione per i prodotÝ alimentari, ma come funzione secondaria; L’estruso può essere utilizzato per i prodotÝ alimentari, in quanto, ha una funzione assorbente (tipo per i liquidi della carne). Visto dall’alto: In questo caso il processo parte dal basso; insieme strato di carta e alluminio. I due materiali si incontrano vengono uniti o schiacciati dai rulli per poi farli asciugare. Tecnica utilizzata solo quando uno dei due strati e permeabile al solvente, in questo caso la carta. Laminazione a secco→in questo caso viene usato questo processo quando gli strati non sono permeabili. Questa è l’unica differenza con il sistema precedente. Cartoncino poliaccoppiato (foto sopra) Quindi processo che permette di rivestire qualsiasi film plastico, tramite l’uso di fil metallizzati; la metallizzazione ci permette una schermatura ai gas, luce ecc Il film non perde le sue proprietà meccaniche, in quanto i film metallizzati, in quanto, sotÝlissimi non vanno ad intaccarlo. Questa può essere una differenza tra film metallizzati e film in alluminio. Po2→permeabilità all’ossigeno WVTR→ Permeabilità al vapore acqueo o umidità La saldatura viene effettuata su un punto ben preciso (scelto in precedenza); una saldatura non conforme va a rovinare tutto il lavoro fatto in precedenza. Lezione del 17/10/2024 PERMEABILITÀ A GAS E VAPORI PROPRIETÀ DIFFUSIVE Permeabilità dovuta a difetÝ accidentali imprevedibili: Fessure e/o rotture micro e macroscopiche Pori (microfori) e capillari (canali) o Danneggiamenti fisici (rotture) o Sollecitazioni meccaniche (abrasioni) o Distribuzione non uniforme dei componenti del polimero (additivi) o DifetÝ di saldatura Danno origine a flusso capillare o diffusione indifferenziata; Permeabilità dipende dalla struttura chimica del materiale: Lacune inter molecolari Lacune intra molecolari Un polimero (sia cristallino che amorfo) non è una struttura continua ma un reticolo che contiene degli spazi determinando un volume libero. La permeazione procede da un’alta concentrazione di gradiente ad una bassa concentrazione (concentrazione o pressione parziale dei gas). Quant’è la permeazione dell’area che noi respiriamo? → 21% o 0.21 atm LEGGE FI FICK Il flusso di massa è proporzionale al gradiente di concentrazione attraverso una costante di proporzionalità detta “CoefÏciente di Diffusione” Maggiore è lo spessore, minore sarà il flusso; spessori molto più sotÝli vengono permeati più facilmente. VARIABILI CHE INFLUENZANO LA PERMEABILITA’ Caratteristiche del Polimero: Struttura atomica Densità: inteso come volume libero tra le molecole del polimero (lacune intermolecolari) materiali a maggiore densità hanno minore permeabilità Cristallinità: polimeri ad elevata cristallinità hanno ridotta diffusione e solubilità ai permeanti Peso molecolare: maggiore PM minore permeabilità Transizione vetrosa: al di sotto dei valori di Tg la permeabilità diminuisce Crosslinking: (legami crociati tra le molecole) caratteristica del polimero o indotta con radiazioni ionizzanti, conferisce minore permeabilità Condizioni ambientali: U.R. riguarda esclusivamente polimeri polari ed idrofilici tendono ad assorbire umidità (polivinilalcol, cellophane, ecc.) Pressione totale Differenza di pressione parziale Temperatura Tipo di gas Fattori tecnologici Plastificanti Cariche Solventi residui Orientazione Miscele di polimeri, copolimerizzazione e strutture composite Superficie Spessore WVTR→Velocità della trasmissione del vapore acqueo (fondamentale per mantenere alcune caratteristiche dell’alimento) L’immagine mette in contrapposizione due condizioni: secche e umide Ovviamente le condizioni secche sono quelle ideali, però nella realtà le condizioni di umidità variano fortemente. Una sempre maggiore diffusione hanno le cosiddette strutture composite, multistrato (lamine o coestruse): assemblaggio di materiali differenti a dare una struttura che assomma tutte le loro caratteristiche positive. Quale sarà la permeabilità di questa struttura? Strato rosso (strato interno), questo avrà una maggiore barriera alla permeabilità. Per alcuni alimenti la “seletÝvità” tipica dei materiali plastici non garantisce flussi di ossigeno, di anidride carbonica e di vapore d’acqua attraverso le pareti della confezione. Dobbiamo mantenere all’interno almeno un livello di ossigeno del 5% IDONEITÀ ALIMENTARE – TECNOLOGIE DI CONFEZIONAMENTO La migrazione: di fondamentale importanza per l’idoneità al contatto con gli alimenti e per la qualità igienica di un imballaggio, interessa qualsiasi tipo di materiale a contatto con alimenti liquidi o solidi; corrisponde al trasferimento di massa dall’imballaggio all’alimento o viceversa. Requisiti che devono possedere i materiali e gli oggetÝ destinati al contatto con gli alimenti: Idoneità di costituzione Rispetto dei limiti di migrazione globale e specifica Assenza di contaminazioni sensoriali dell’alimento IDONEITÀ DI COSTITUZIONE Si intende il rispetto delle cosiddette liste positive. Per poter essere utilizzato a contatto con gli alimenti, qualsiasi materiale tra quelli disciplinati dalla legge, deve essere prodotto utilizzando solo ingredienti e materie prime conosciuti, ritenuti sicuri ed elencati in apposite liste. Il criterio di idoneità atÝene alla responsabilità del fornitore delle materie prime. Pertanto, il produttore di packaging dovrà tutelarsi richiedendo una dichiarazione di conformità alle liste positive di ciò che è stato utilizzato per la fabbricazione degli imballaggi. Questo principio è stato stabilito in Italia da un decreto del Ministero della Sanità fin dal 1973 (DM 21.03.1973) e si applica a: vetro materiali cellulosici acciaio bande stagnata e cromata ceramiche gomme Per quanto atÝene alle materie plastiche, dopo il recepimento di alcune diretÝve comunitarie (DiretÝve CEE 90/128, 92/39, 93/9, 95/3, 96/11) si applica ai monomeri, additivi e altre sostanze di partenza utilizzabili per la produzione di oggetÝ di plastica. I potenziali migranti possono essere classificati in 3 categorie fondamentali: 1. Gli additivi→ sostanze aggiunte al materiale per modificarne le caratteristiche o per favorire una particolare funzione; rientrano in questa categoria anche le cariche ed i pigmenti; per quanto riguarda le materie plastiche questa classe di sostanze è veramente numerosa ed eterogenea 2. I residui→ sostanze di diversa natura che residuano nel materiale per un’incompleta reazione (monomeri, catalizzatori) o perché rappresentano costituenti minori delle materie prime che il processo di produzione non allontana completamente (carte riciclate, solventi degli inchiostri di stampa) 3. I prodotÝ di neo formazione→ sostanze che si originano dalla decomposizione spontanea dei materiali o durante le operazioni di trasformazione in manufatto o che derivano da reazione tra i costituenti del materiale o degli additivi Norme europee riguardanti i materiali e gli oggetÝ destinati a venire in contatto con i prodotÝ alimentari: DiretÝva 2002/72/CE della Commissione del 6 agosto 2002 Regolamento CE 1935/2004 Regolamento CE 10/2011 (Materie plastiche) REGOLAMENTO (UE9 N. 10/2011 DELLA COMMISSIONE del 14 Gennaio 2011 riguardante i materiali e gli oggetÝ di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotÝ alimentari Ai sensi della presente diretÝva s’intende per materia plastica il composto macromolecolare organico ottenuto per polimerizzazione, policondensazione, poliaddizione o qualsiasi altro procedimento simile da molecole di peso inferiore ovvero per modifica chimica di macromolecole naturali. A questi composti macromolecolari possono essere aggiunte altre sostanze o materiali. I materiali e gli oggetÝ di materia plastica non devono cedere i loro costituenti ai prodotÝ alimentari in quantità superiori ai 10 mg per decimetro quadrato (mg/dm2) di superficie del materiale o dell’oggetto (limite globale di migrazione). Tuttavia, tale limite è pari a 60 mg di sostanza ceduta per chilogrammo di prodotto alimentare (mg/Kg) nei seguenti casi: a) OggetÝ che siano recipienti o siano assimilabili a recipienti o che possano essere riempiti, di capacità non inferiore a 500 ml e non superiore a 10 l b) OggetÝ che siano recipienti o che possano essere riempiti ma dei quali non è possibile determinare l’area della superficie di contatto con il prodotto alimentare c) Coperchi, guarnizioni, tappi o altri dispositivi di chiusura simili LIMITI DI MIGRAZIONE Migrazione totale (o globale): limite legale 10 mg dm-2 o ppm (60 mg kg-1) Possibile interazione tra alimento e imballaggio a prescindere dall’eventuale rischio per il consumatore Migrazione specifica: i limiti sono fissati tutte le volte che una particolare sostanza, cedibile da un imballaggio, presenti un rischio per la salute del consumatore o alteri sensorialmente l’alimento Le limitazioni dipendo dalla tossicità delle sostanze. Determinazione della migrazione globale L’entità del trasferimento di sostanze dall’imballaggio all’alimento dipende da: Natura dell’alimento (la sua capacità estratÝva) Tempi e temperature di contatto SIMULANTI PER LA DETERMINAZIONE DELLA MIGRAZIONE DESIGNAZIONE GENERALE DI SIMULANTI PER I PRODOTTI ALIMENTARI I simulanti alimentari A, B e C sono designati per i prodotÝ alimentari che hanno un carattere idrofilo e sono in grado di estrarre sostanze idrofile. Il simulante alimentare B è utilizzato per i prodotÝ alimentari il cui pH è inferiore a 4,5. Il simulante alimentare C va utilizzato per i prodotÝ alimentari alcolici il cui contenuto di alcool è inferiore o uguale a 20% e per i prodotÝ alimentari che contengono una quantità significativa di ingredienti organici che li rendono più lipofilici. I simulanti alimentari D1 e D2 sono designati per i prodotÝ alimentari che hanno un carattere lipofilico e sono in grado di estrarre sostanze lipofiliche. Il simulante D1 è utilizzato per i prodotÝ alimentari alcolici il cui contenuto alcolico è superiore al 20% e per le emulsioni del tipo olio in acqua. Il simulante D2 è utilizzato per i prodotÝ alimentari che contengono grassi liberi nella superficie. Il simulante alimentare E è designato per le prove di migrazione specifica negli alimenti secchi. Con l’espressione “modificazione di atmosfera” può intendersi qualsiasi intervento realizzato in fase di confezionamento (o di conservazione) che altera, qualitativamente e/o quantitativamente, l’atmosfera circostante il prodotto. Fondamentalmente la modificazione può riguardare: Il valore della pressione totale (che può essere ridotta o aumentata rispetto a quella atmosferica) I valori delle pressioni parziali (concentrazioni) dei componenti l’atmosfera, con o senza una variazione della pressione totale ATMOSFERE CONTROLLATE Il termine “atmosfere controllate”, spesso ancora impiegato erroneamente, dovrebbe essere utilizzato solo in quei casi in cui sia possibile esercitare un reale controllo sulla composizione dell’atmosfera che circonda il prodotto, quindi non per i prodotÝ confezionati ma conservati in magazzini convenientemente attrezzati per la conservazione o la maturazione di derivate vegetali o animali. Il termine atmosfere passive si riferisce a quelle modificazioni di atmosfera che sono la conseguenza di metabolismi propri del prodotto (respirazione) e dei fenomeni di trasmissione dei gas attraverso l’imballaggio (permeazione) e non ad una volontaria e controllata sostituzione dell’aria con una miscela gassosa di definita composizione. La differenza tra confezionamento sottovuoto e ipobarico è di tipo quantitativo→ si suggerisce di utilizzare il termine sottovuoto solo quando il valore della pressione residua è inferiore a 20 mmHg (circa 26 mbar). L’espressione “confezionamento iperbarico” è utilizzabile ogni qualvolta il valore della pressione totale interna alla confezione è, come accade per tutte le bevande gassate, superiore a quella atmosferica. IL CONFEZIONAMENTO IN ATMOSFERA PROTETTIVA Corrisponde al confezionamento di prodotÝ alimentari in un’atmosfera diversa da quella naturale e costituita da miscele di gas in differenti proporzioni: principalmente ossigeno, azoto e anidride carbonica. Fondamentalmente lo scopo di questa tecnologia di confezionamento è quello di prolungare la conservazione della qualità dei prodotÝ alimentari. I GAS ALIMENTARI Un appropriato uso dei gas non può prescindere dalla conoscenza della natura e delle caratteristiche del prodotto da confezionare. Per una corretta applicazione della tecnica di confezionamento in atmosfera modificata, è indispensabile conoscere preventivamente: La deperibilità dell’alimento in aria: cioè le principali cause del fenomeno di deterioramento del prodotto (microbiologico, ossidativo, enzimatico ecc.) La solubilità dell’anidride carbonica nell’alimento alle diverse temperature e le variazioni organoletÝche associate alla dissoluzione del gas Il comportamento della microflora nell’atmosfera prescelta (il rischio di proliferazione di microrganismi anerobi o di una selezione indesiderata della microflora tipica) La permeabilità dei materiali di confezionamento ai gas impiegati, tendono conto della temperatura di conservazione e della superficie complessiva L’efÏcacia dell’operazione di confezionamento e di sostituzione dell’aria, vale a dire scegliere il tipo di macchina di confezionamento più idoneo ed il sistema di erogazione e di miscelazione dei gas Come valutare la reale composizione dell’atmosfera introdotta nonché il residuo di ossigeno dopo il confezionamento RUOLO DEI GAS Ossigeno: favorisce la respirazione, lo sviluppo di microrganismi aerobi e i fenomeni ossidativi. Ad elevata concentrazione migliora il colore della carne rossa. Azoto: sostituisce l’ossigeno e, di conseguenza, previene fenomeni ossidativi. Necessario per prevenire il collasso delle confezioni. Anidride Carbonica: rallenta lo sviluppo microbico (specialmente di Gram- e muffe); rallenta il metabolismo vegetale; ha un effetto residuo (dopo l’apertura), legandosi ai gruppi amminici delle proteine, da cui viene rilasciato lentamente. La composizione dell’aria è del 78% di azoto, 21 % di ossigeno e restante di altri gas. Attualmente, sebbene studiati da tempo, esistono in commercio pochi sistemi di analisi non distrutÝva dell’integrità delle confezioni ed è quindi indispensabile sacrificare alcune confezioni, a campione, per poter effettuare dei controlli sull’ermeticità, così come della composizione gassosa. Le modalità per realizzare analisi della composizione sono diverse; il sistema più preciso, accurato e completo è rappresentato dalla tecnica gas-cromatografica: l’unico inconveniente è l’investimento richiesto per l’acquisto dello strumento. MODALITÀ DI VARIAZIONE DELL’ ATMOSFERA Due sono le modalità attraverso le quali può alternarsi l’atmosfera selezionata: 1) Interazione con i componenti dell’alimento: a. Un utilizzo di una quota del gas da parte dei componenti dell’alimento (sia ossigeno che anidride carbonica possono essere utilizzati da molti sistemi enzimatici presenti negli alimenti sia vegetali che animali) b. La dissoluzione di una parte del gas nella fase liquida degli alimenti, l’adsorbimento sulla superficie di solidi (un fenomeno quantitativamente poco rilevante ma presente) c. La produzione di specie gassose da parte dell’alimento, fenomeno questo, possibile per tutÝ gli alimenti dotati di carica microbica vitale ma anche per tessuti vegetali e animali 2) La trasmissione attraverso il contenitore, sia dei gas presenti nell’atmosfera protetÝva che passano all’esterno sia quella dei componenti dell’aria che entrano nella confezione: a. Fenomeni di permeazione, che corrispondono (come già visto) alla trasmissione attraverso le pareti di materiale plastico di contenitori b. Diffusione indifferenziata che avvengono attraverso discontinuità, microfori, difetÝ di ermeticità ecc. IMBALLAGGI CELLULOSICI I principali costituenti delle fibre del legno sono cellulosa, emicellulosa e lignina. La lignina è una struttura complessa, non fibrosa, a elevato peso molecolare (10.000 dalton). Il polimero è costituito da differenti acidi e alcoli fenilpropilici (cumarilico, coniderilico e sinapilico). Si trova principalmente nelle pareti cellulari, dove svolge un’azione legante; ha infatÝ la funzione di cementare tra loro le fibre di cellulosa rendendole stabili e resistenti alla pressione. Alla lignina si attribuiscono le proprietà meccaniche e l’idrofobicità del legno. È responsabile della colorazione giallastra che la carta assume con l’esposizione al sole. L’emicellulosa è costituita da una miscela di polisaccaridi, soprattutto zuccheri a 5 atomi di carbonio (xilosio e arabinosio) e a 6 atomi di carbonio (galattosio, mannosio e ramnosio). In molti casi la catena principale del polimero presenta diramazioni con diverse unità di zuccheri. Le emicellulose sono polimere più piccole della cellulosa e sono naturalmente acetilate. Forma legami idrogeno con la cellulosa e in combinazione con questa funge da materiale strutturale del legno. Grazie alla loro elevata solubilità in alcali diluiti, le emicellulose possono essere facilmente separate dalla cellulosa nel corso del processo produtÝvo della polpa di cellulosa. GENERALITÀ Il “Pulp” (pasta di carta) è il materiale di partenza per ottenere prodotÝ come carta, cartone, cartone ondulato e manufatÝ similari Il “Pulp” è ottenuto partendo da fibre cellulosiche (sia arboree sia erbacee), pertanto è un materiale di origine naturale (fonte rinnovabile) Il “Pulp” si otÝene liberando le fibre cellulosiche da altre sostanze (soprattutto lignina) con trattamenti meccanici o chimici Le caratteristiche del “Pulp” dipendono dal grado di purezza della cellulosa e dalle dimensioni delle fibre, più sono lunghe, migliore è l’intreccio e migliori sono le proprietà meccaniche (resistenza alla trazione, allo strappo, alla piegatura e alla perforazione L’aspetto negativo delle fibre lunghe e grosse è che producono una tessitura superficiale più ruvida PROCESSI DI PRODUZIONE DEL “Pulp” Dopo l’essicazione, la quantità di fibre depositate per unità di superficie definisce la cosiddetta “Grammatura” espressa in g/m2 La grammatura è utilizzata per discriminare tra carta e cartone (“paperboard” o “board”), infatÝ il cartone deve avere una grammatura di almeno 250 g/m2 CARATTERISTICHE DELLA CARTA IN FUNZIONE ALLA TECNOLOGIA DI PRODUZIONE Minima rafÏnazione o Alta resistenza allo strappo (resistenza alla lacerazione) o Bassa resistenza allo scoppio (ovvero resistenza alla rottura) o Bassa resistenza alla trazione (sottoposta a tensione) Maggiore rafÏnazione o Diminuzione dell’assorbimento o Diminuzione della resistenza allo strappo o Aumento della resistenza allo scoppio o Aumento della resistenza alla trazione Alti livelli di rafÏnazione o Riduzione dell’opacità COLLATURA, ADDITIVI E TRATTAMENTI Agenti collanti o La cellulosa non trattata è altamente assorbente. Si utilizzano additivi necessari per il controllo dell’acqua e della penetrazione dell’inchiostro Amidi, resine o Se si aggiungono migliorano la resistenza allo scoppio e alla trazione, la rigidità e la resistenza all’abrasione Resine anti-umidità o Si aggiungono per migliorare la resistenza alla trazione in condizioni di estrema umidità CARTE SPECIALI Le carte destinate all’imballaggio alimentare sono in genere trattate (lisciatura su calandra, spalmatura con patine minerali) per migliorarne le caratteristiche funzionali come ad esempio: Resistenza meccanica Stampabilità Proprietà superficiali Altri trattamenti danno luogo a carte speciali: Carta Pergamena, carta di pura cellulosa resa impermeabile ai grassi e resistente all’umido per trattamento con acido solforico, di fatto si riduce la porosità Carte Surrogato Pergamena, carta trasparente o semitrasparente, resistente ai grassi ma non all’umido Carta Pergamin (pergamino), carta liscia e lucida, resistente ai grassi, per sacchetÝ Carta Impermeabile, carta rivestita o accoppiata con sostanze idrofobe; carta politenata, parafÏnata Carta Umido Resistente, carta poco sensibile all’acqua in quanto mantiene buone proprietà meccaniche anche quando è impregnata dall’acqua; si otÝene trattando l’impasto con resine poliammidiche modificate con epicloridina; si utilizza per etichette, per tovaglioli ecc. Trattamenti con emulsioni fluorurate, sono emulsioni polimeriche disperdibili in acqua che migliorano la resistenza chimica dei materiali cellulosici, si utilizzano per: snack, margarine, contenitori per fast food, vassoi per prodotÝ da forno, pet-food, prodotÝ chimici Carta Kraft naturale (colore avana), prodotta con l’estrazione di cellulosa al solfato alcalino, è la più resistente ed è usata nei sacchetÝ per articoli da drogheria e per formare gli strati interni di sacchetÝ multistrato. Può essere rifinita a macchina (calandrata) per migliorarne la superficie (lucida) Carta Kraft bianchita al solfato. Utilizzata nei casi in cui la resistenza e l’aspetto sono importanti (sacchetÝ per zucchero e farina). Carta per sacchetÝ. Kraft vergine supercalandrata trattata con plastificanti per renderla più flessibile. Figura 1- Immagine al SEM di campioni di carta non trattata (in alto) e rivestita con uno strato biopolierico (in basso) Carta polietilata→carta spalmata CARTONE ONDULATO È una struttura realizzata accoppiando più fogli di carta di cui almeno uno (centro o onda) è ondulato attraverso il passaggio tra cilindri sagomati e riscaldati con vapore compresso (160°C), ed almeno un altro (copertina) che è invece teso ed incollato al primo. Buona resistenza meccanica ed agli urti. CARTONE TESO – CARTONCINO PATINATO Materiali cellulosici con grammatura elevata, non ondulati e comunque destinati alla produzione di scatole pieghevoli, astucci ed altre forme di confezionamento come bicchieri, coppette, vaschette ecc. Si ottengono con il metodo detto “multi-getto” in cui si combinano da 3 a 7 getÝ di carta diversa Nei cartoncini (cartoni tesi) si distinguono almeno 3 strati: copertina/intermedio/retro; in genere l’intermedio è ottenuto da carta riciclata Cartoncino Patinato La maggior parte dei cartoncini è di tipo patinato, ovvero costituita da una parte fibrosa e da una superficie patinata costituita da una dispersione acquosa di pigmenti (caolino e carbonato di calcio) e di adesivi (amidi e latÝci sintetici) La parte fibrosa non è mai mono-getto, ma piuttosto è costituita da più strati, la parte centrale può essere materiale da riciclo, ma la parte più interna (retro), quella a contatto con l’alimento, è sempre di materiale vergine per conferire la migliore finitura al cartoncino In molti casi i cartoncini vengono accoppiati con altri film (plastici o alluminio) o trattati con resine o additivi per migliorarne le prestazioni “Cartoncino Microonda”, è costituita da un cartoncino patinato incollato ad un microndulato, costituito da una copertina non patinata e da un centro con 27 onde per decimetro lineare Cartone per alimenti, cartoni bianchiti al solfato fortemente collati, utilizzati per alimenti umidi e per confezioni da freezer che richiedono una buona performance in condizioni umide CELLOPHANE – CELLULOSA RIGENERATA La cellulosa rigenerata (più nota con il primo nome commerciale di Cellophane – dal francese: cellulosa trasparente) è un materiale sotÝle e trasparente. Può considerarsi il capostipite delle moderne pellicole plastiche, anche se differisce sostanzialmente per non essere un materiale termoplastico. Il grande numero di legami a idrogeno tra le catene cellulosiche, infatÝ, impedisce il tipico comportamento termoplastico delle resine sintetiche e rende combustibile il Cellophane. Il film di cellophane è estremamente trasparente, ha buone caratteristiche di rigidità e di macchinabilità, e biodegradabile ed ha una discreta barriera al passaggio dei gas ma un costo elevato, un peso notevole (massa volumica pari a 1,44 g/cm3), non è termosaldabile ed è estremamente sensibile all’umidità che lo deforma e lo rende più permeabile. Il bollino ci indica il diverso contenuto di plastica del prodotto. A→presente un sotÝlissimo strato sotÝle di plastica (poco) B→medio contenuto di plastica C→ ha un elevato contenuto di plastica (in questo caso perché usare sia la plastica che la carta per l’ottenimento del prodotto? Perché non farlo direttamente in plastica? Le aziende determinano un prodotto visibile al consumatore che sia di carta, ma in sostanza sarà presente pure la plastica). PACKAGING SOSTENIBILE – BIOPLASTICHE Le interazioni tra un prodotto e l’ambiente possono essere valutate a diversi stadi attraverso il ciclo vitale del prodotto: Dalla nascita alla produzione Dalla nascita fino alla definitiva eliminazione del prodotto Dalla nascita al riciclaggio, la valutazione è la stessa della precedente, eccetto che il prodotto sarà convertito in una fonte rinnovata piuttosto che essere smaltito alla fine del suo ciclo di vita Sostenibilità Ambientale – Sociale- Economica Il 70-90% degli impatÝ ambientali nelle filiere deriva dalla atÝvità primaria: produzione agricola, allevamento. I processi delle tecnologie alimentari e, in generale, la fase di trasformazione, sono responsabili del 1020% degli impatÝ ambientali. Gli aspetÝ di sostenibilità ambientale dei sistemi alimentari avranno sempre un’importanza secondaria rispetto alle funzioni tradizionali: assicurare la fornitura di prodotÝ sicuri. Il Footprint Carbon Footprint (impronta di carbonio)→è una misura che esprime il totale delle emissioni di gas ad effetto serra espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, ad un servizio o ad una organizzazione. In sostanza è la misura della quantità di emissione di gas serra rilasciata nell’atmosfera dalle atÝvità di una persona, azienda, città o Stato. Water Footprint (impronta idrica)→è un indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l’uso diretto che indiretto di acqua da parte del consumatore o di un produttore. L’impronta idrica di un singolo, una comunità o di un’azienda è definita come il volume totale di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, misurata in termini di volumi d’acqua consumati (evaporati o incorporati un prodotto) e inquinanti per unità di tempo. Ecological Footprint (impronta ecologica)→ indica quanto l’ecosistema e le risorse naturali della terra vengano sollecitati. L’impronta ecologica indica quanti ettari di foreste, pascoli, terreni coltivabili e aree marine sono necessari per rinnovare le risorse consumate e assorbire i rifiuti prodotÝ. Impiego di materiali compostabili, biodegradabili e a basso impatto ambientale: materiali polimerici da fonti rinnovabili nel settore del food packaging BIOBLASTICA – secondo European Bioplastics Il termine bioplastica comprende tutte le famiglie di materiali plastici originati da biomassa (bio-based), biodegradabili o entrambi. Il termine bio-based significa che il materiale o il prodotto è totalmente o parzialmente derivato da biomassa (piante). La biomassa utilizzata nelle bioplastiche deriva ad esempio da mais, canna da zucchero o cellulosa. Il temine biodegradabile invece si riferisce al processo chimico durante il quale i microrganismi presenti nell’ambiente trasformano i materiali in sostanze naturali come acqua, anidride carbonica e biomassa (senza l’introduzione di additivi artificiali). Il processo di biodegradazione è influenzato dalle condizioni ambientali (es. luogo e temperatura), dal materiale e dall’applicazione. La biodegradazione può avvenire in condizioni aerobiche o anerobiche. In condizioni aerobiche i prodotÝ della biodegradazione sono anidride carbonica, acqua e biomassa, mentre in condizioni anerobiche i prodotÝ della biodegradazione sono metano, acqua e biomassa, come mostrato in modo semplificato nella figura che segue→ Tra i differenti processi di biodegradazione, il compostaggio è un processo di riciclaggio organico, ovvero un trattamento controllato dei rifiuti organici realizzato in condizioni aerobiche (in presenza di ossigeno), in cui il materiale organico viene convertito naturalmente dai microrganismi. La compostabilità, in condizioni di compostaggio industriale, implica la completa biodegradazione della plastica entro 180 giorni. Il compostaggio industriale viene realizzato in modo controllato in ambiente umido e la temperatura nel mucchio di compostaggio può raggiungere i 70°C. Per le plastiche compostabili sono stati definiti standard internazionali come le EN 13432, ASTM D6400. La suscetÝbilità di un polimero o di un materiale plastico alla biodegradazione dipende esclusivamente dalla struttura chimica del polimero. Per questo motivo rispetto alla biodegradabilità è ininfluente che il polimero derivi da risorse rinnovabili (biomassa) piuttosto che da risorse non rinnovabili (fossili). I polimeri biodegradabili dunque possono derivare sia da risorse rinnovabili che da risorse non rinnovabili. I principali tipi di polimeri biodegradabili prodotÝ da fonti rinnovabili (inclusi quelli prodotÝ per sintesi chimica di monomeri da fonti rinnovabili e quelli prodotÝ da microrganismi o batteri modificati) sono: Acido polilatÝco (PLA) Amido termoplastico (TPS), amido miscelato con poliesteri e copoliesteri alfatici, esteri dell’amido, amido miscelato con materiali naturali Poliesteri di origine microbiologica-poliidrossialcanoati (PHA) tra cui cui copolimeri dell’acido butirrico, valerico ed esanoico (PHBV, PHBH) Esteri di cellulosa, cellulosa rigenerata Legno ed altri materiali naturali PHA: i poliidrossialcanoati sono poliesteri prodotÝ attraverso la fermentazione batterica di zuccheri o lipidi. Si conoscono più di sono noti oltre 150 monomeri diversi con proprietà estremamente proprietà estremamente diverse, ma sempre biodegradabili. TPS: amido termo-plastico. Le caratteristiche delle bioplastiche TPS possono essere adattate a esigenze specifiche regolando le quantità di plastificanti come sorbitolo e glicerina. Le bioplastiche a base di amido sono spesso miscelate con PLA o PHA. FINE VITA DEGLI IMBALLAGGI CONTRIBUTO AMBIENTALE CONAI (CAC) CONAI ripartisce tra produttori e utilizzatori il costo per gli oneri della raccolta differenziata, per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggi. Tali costi, sulla base di quanto previsto dal D.lgs. 152/06, vengono ripartiti “in proporzione alla quantità totale, al peso e alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale”. Sostenibilità come driver di innovazione Ciò che è percepito come “sostenibile” da consumatore, GDO e produttore alimentare, non sempre trova riscontro negli attuali sistemi di gestione post-consumo. Caso 1→botÝglia compostabile per acqua minerale Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (Packaging and Packaging Waste Regulation, PPWR) Ridurre gli impatÝ ambientali negativi dei PPW fissando obbietÝvi obbligatori per il riutilizzo degli imballaggi e per il contenuto minimo di riciclato negli imballaggi di plastica. COMPOSTABLE PACKAGING (ARTICLE 8) TARGET: “Gli imballaggi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere f) e g) [= bustine di tè o caffè necessarie per contenere un prodotto a base di tè o caffè e destinate ad essere utilizzate ed eliminate insieme al prodotto; (g) unità monodose di caffè o tè necessarie per contenere un prodotto a base di caffè o tè e destinate a essere utilizzate e smaltite insieme al prodotto;], le etichette adesive attaccate a frutta e verdura e i sacchetÝ di plastica molto leggeri devono essere compostabili in condizioni controllate a livello industriale in impianti di trattamento dei rifiuti organici”. Gli imballaggi flessibili o rigidi in materiale compostabile sono accettabili solo se adeguatamente progettati per entrare nel flusso dei rifiuti organici senza alcuna contaminazione del flusso di imballaggi non compostabili. IMBALLAGGI FUNZIONALI Regolamento (UE) N. 1935/2004: norma a quadro sui materiali e oggetÝ (di qualsiasi materiale) destinati al contatto con gli alimenti. MOCA: materiali e oggetÝ destinati al contatto con gli alimenti. Non soltanto packaging, ma anche utensili, tubazioni di impianti dell’industria, nastri trasportatori, etc. Prevede misure specifiche per categoria di MOCA (es., per materie plastiche, materie plastiche riciclate, materiali e oggetÝ atÝvi e intelligenti) Principi di sicurezza, comunicazione (etichettatura), tracciabilità Stabilisce le procedure di autorizzazione di MOCA Obbligo di dichiarazione di conformità GMP (Reg. EC 2023/2006) IDONEITÀ ALIMENTARE Regolamento (UE) N.450/2009: disciplina specifica per materiali e oggetÝ atÝvi e intelligenti. Concepiti per svolgere una funzione aggiuntiva rispetto a quelle tradizionali di contenimento e di generica protezione del prodotto. -per “materiali e oggetÝ atÝvi destinati a venire a contatto con i prodotÝ alimentari” s’intendono materiali e oggetÝ destinati a prolungare la conservabilità o mantenere o migliorare le condizioni dei prodotÝ alimentari imballati. Essi sono concepiti in modo da incorporare deliberatamente componenti che rilasciano sostanze nel prodotto alimentare imballato o nel suo ambiente, o le assorbono dagli stessi. Per esempio→ assorbitori (O2, etilene, CO2, umidità, off-odors); emetÝtori (etanolo, CO2, aromi, antimicrobici, antiossidanti). Imballaggio funzionale (active e intelligent packaging) Soluzioni di packaging in cui è previsto l’impiego di un materiale, di un contenitore o di un accessorio di imballaggio in grado di svolgere una funzione aggiuntiva rispetto a quelle tradizionali di contenimento e di generica protezione del prodotto. GLI ASSORBITORI DI OSSIGENO Gran parte degli sforzi dedicati al prolungamento della qualità degli alimenti è rivolta all’eliminazione dell’ossigeno. Gli effetÝ indesiderati che questo gas può provocare sono: Irrancidimento ossidativo di acidi grassi insaturi con produzione di odori sgradevoli e, in casi estremi, sostanze tossiche Perdita di vitamina C in prodotÝ di origine vegetale Imbrunimenti Sviluppo di microrganismi aerobi Schiusura delle uova e sviluppo di artropodi Accelerazione della respirazione e della maturazione di frutÝ Imbrunimento enzimatico e non-enzimatico in polpa di frutta Ossidazione di oli essenziali Alterazione dell’aroma della birra Alterazione dei pigmenti in prodotÝ a base di frutta GLI ASSORBITORI DI UMIDITÀ Hanno la funzione di rimuovere atÝvamente l’acqua che può accumularsi nelle confezioni per effetto di: Traspirazione di prodotÝ ortofrutÝcoli freschi Fusione del ghiaccio durante il trasporto di prodotÝ itÝci Fluttuazione della temperatura di conservazione di prodotÝ alimentari ad elevata umidità relativa Essudazione di liquidi (siero, sangue, ecc.) da carne fresca I dispositivi adottati costano generalmente di due strati di polimero plastico microporoso tra i quali viene posizionato un polimero super assorbente in forma granulare. GLI ASSORBITORI DI ETILENE SISTEMI DI RILASCIO DI AGENTI ATTIVI Se da un lato la rimozione di ossigeno, la rimozione di etilene, il rilascio di etanolo rappresentano un’interessante opportunità per limitare l’additivazione dei prodotÝ alimentari con conservanti chimici di varia natura, l’active packaging può anche essere un modo per rilasciare gli stessi agenti conservanti sull’alimento confezionato. In questo caso si può sfruttare positivamente la capacità dei materiali di lasciarsi diffondere da molecole a basso peso molecolare, e poiché la diffusione ed il rilascio sull’alimento sono meccanismi regolati da fattori quali la natura della matrice polimerica, la natura della molecola diffondente, la temperatura, la partizione materiale/alimento, si intravede per questa applicazione di packaging atÝvo la possibilità di modulare, quantitativamente e rispetto al tempo, l’effetto conservante. INTELLIGENT PACKAGING Funzione comunicativa: registrano e comunicano variazioni correlate con la conservazione degli alimenti (temperatura, pressione parziale di ossigeno) segnalandole in modo inequivocabile e irreversibile al consumatore, per mezzo di variazioni cromatiche Le forme di intelligent packaging più diffuse commercialmente sono rappresentate dagli Indicatori Tempo-Temperatura (TTI) che vengono applicati sulla superficie esterna delle confezioni di cui indicano la storia termica Tuttavia, qualche applicazione commerciale di indicatori di ossigeno e di anidride carbonica già esiste

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