Trascrizioni-Elettrotecnica-Modificato_060724 PDF

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This document provides an introduction to scalar and vector fields, including definitions and examples. It covers topics such as electric fields, magnetic fields, and the relationship between scalar and vector fields. It also discusses operators used to analyze these fields.

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Contents 1. 2.5 Amperometro..... 11 2.6 Voltmetro..... 11 3.6 Convenzione degli utilizzatori..... 14 2. 5.2 Regola del taglio..... 20 6.1 Matrice incidenza..... 21 6.2 Teorema di Tellegen..... 23 6.3 Principio di conservazione dell'energia..... 24...

Contents 1. 2.5 Amperometro..... 11 2.6 Voltmetro..... 11 3.6 Convenzione degli utilizzatori..... 14 2. 5.2 Regola del taglio..... 20 6.1 Matrice incidenza..... 21 6.2 Teorema di Tellegen..... 23 6.3 Principio di conservazione dell'energia..... 24 3. 7.1 Dispositivi elettrici..... 24 7.2 Relazione costitutiva..... 25 7.3 Dispositivi dinamici..... 26 7.4 Dispositivi resistivi o adinamici..... 26 8.6 Dispositivi passivi..... 28 8.7 Dispositivi attivi..... 28 4. 10.1 Metodo della matrice sparsa (scrittura completa delle equazioni di Kirchhoff)..... 32 5. 21.1 Il Trasformatore ideald..... 62 37.1 Continuità nel tempo della tensione sul condensatore..... 110 37.2 Continuità nel tempo della corrente nell'induttore..... 111 37.3 Energia accumulata nel condesatore..... 111 37.4 Energia accumulata nell'induttore..... 113 6. 41.1 Unicitá..... 122 41.2 Linearitá..... 122 7. 44.1 Risonanza serie..... 136 44.2 Risonanza paralleld..... 137 8. 45.3 Trasformazioni Stella Triangolo..... 141 9. 50.1 Il problema del Rifasamento..... 157 50.2 Massimo Trasferimento di Potenza..... 159 1 54 L18M01 Introduzione ai campi scalari e vettoriali Richiami ai campi scalari e vettoriali Riprenderemo ed estenderemo in questo capitolo alcuni argomenti in parte già trattati in altre lezioni di questo corso, in particolare nella lezione 1, le grandezze elettriche fondamentali, e nella lezione 12, condensatore e induttore. Scopo di questa prima parte di questa lezione è quella di portarvi a una conoscenza non necessariamente completa, anche perché per una conoscenza completa ci vogliono anni di studio, ma almeno più o meno a intuire a cosa servano le equazioni che vedete in questa slide: le equazioni di Maxwell, le equazioni di divergenza e qualche cosa sulla proprietà dei materiali. Figura 18.1 Prima di iniziare la spiegazione, qualche cenno alla notazione che utilizzeremo: per indicare le grandezze scalari utilizzeremo le lettere minuscole greche o latine, a seconda dei casi; per indicare i vettori utilizzeremo sempre lettere minuscole greche o latine ma con una freccia sopra; per indicare un tipo particolare di vettore, che si chiama "versore", caratterizzato dal fatto di avere modulo 1 e di indicare semplicemente una direzione, utilizzeremo la lettera 𝑛, in particolare per indicare i versori normali a una superficie, e la lettera 𝑡 , o 𝜏 , per indicare i versori tangenti a una curva; i campi vettoriali, che definiremo a breve, saranno indicati, in generale, con una lettera maiuscola, sia latina che greca, con la freccia simbolo di vettore sopra; per il prodotto scalare utilizzeremo il simbolo indicato con il puntino; per il prodotto vettoriale il simbolo che assomiglia a una x, qualche volta, se ci interesserà soltanto il modulo di un vettore, utilizzeremo lo stesso simbolo ma senza il segno di vettore, sarà, spero, chiaro dal contesto. scalare 𝑎, 𝑏, … , 𝛼, 𝛽 vettore 𝑎⃗, 𝑏⃗⃗, … , 𝛼⃗, 𝛽⃗ versori 𝑛⃗⃗ (normale), 𝑡⃗, 𝜏⃗ (tangente) campi vettoriali 𝐹⃗ , 𝐸⃗⃗ … prodotto scalare 𝑎⃗ ⋅ 𝑏⃗⃗ prodotto vettoriale 𝑎⃗ × 𝑏⃗⃗ Tabella 28.1 Simboli usati Per prima cosa parliamo dei campi in generale, quindi senza entrare nel dettaglio di quelli che sono i campi elettrici o i campi magnetici. I campi sono definiti in una regione di uno spazio, nel caso più generale in uno spazio anche astratto, ma nel nostro caso saranno sempre definiti in uno spazio fisico, quindi tipicamente nelle tre dimensioni in cui anche noi viviamo. Si dice campo scalare uno scalare che è funzione del punto. Per esempio potremmo indicare la temperatura in una stanza: noi siamo abituati a pensare che in una stanza ci sia una singola temperatura, tipo 20 gradi, ma in realtà, andando a vedere nel dettaglio, 2 scopriremmo che in ogni singolo punto della stanza la temperatura è diversa, sicuramente vicino ad un termosifone la temperatura sarà più elevata, quindi in ogni punto della stanza è definito uno scalare che ne rappresenta la temperatura. Potremmo usarlo per indicare la densità della materia in una regione dello spazio, provate a pensare, per esempio, a un recipiente che contiene in parte del liquido, la densità della regione dove il liquido è contenuto sarà diversa da dove il liquido non è contenuto ma non solo, se il liquido è in qualche modo comprimibile, e siamo immersi in un campo gravitazionale, mi aspetto che la densità sul fondo, dove la pressione è maggiore, sarà maggiore della pressione che abbiamo sulla superficie. Un campo vettoriale invece è un vettore che è funzione del punto. Per esempio la velocità dell'acqua in una regione di mare rispetto a un qualche punto fisso, come un punto fisso sul fondo. In questo modo potremmo, per esempio, caratterizzare le correnti marine: possiamo avere un campo vettoriale che indica punto per punto della regione di un mare, per esempio, qual è la direzione e la velocità dell'acqua e in questo modo quindi abbiamo una rappresentazione di quella che è una corrente marina. Potrebbe anche essere il valore di una forza che agisce su una particella di ferro, per esempio, nei pressi di una calamita fissa. Un altro campo vettoriale che conosciamo benissimo è il campo gravitazionale, nel quale noi stessi siamo immersi, che ci indica in che direzione cade un oggetto se lo lasciamo andare. Definizione di campo: Il campo è un'entità che esprime una grandezza come funzione della posizione nello spazio e nel tempo, o, nel caso relativistico, nello spaziotempo Definizione (in anticipo) di flusso: Il flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie orientata è l’integrale di superficie (o di linea) del prodotto scalare prodotto scalare tra il campo vettoriale e il versore normale alla superficie, esteso su tutta la superficie stessa. Il flusso non rappresenta necessariamente il passaggio di energia o di materia. Una qualsiasi superficie S nello spazio tridimensionale può essere, almeno localmente, orientata attribuendo ad ogni elemento di superficie infinitesimo un versore a esso perpendicolare, seconda la convenzione della mano destra; si può pertanto definire la superficie infinitesima orientata: 𝑑𝑆⃗ = 𝑛 ⃗⃗𝑑𝑆 Come sappiamo, i vettori sono quantità caratterizzate da un modulo, una direzione e un verso. Risulta utile in moltissimi casi scomporre un vettore nelle sue componenti rispetto alle coordinate che ci tornano più comode per risolvere il problema che stiamo cercando di risolvere; la stessa cosa avviene per i campi, anzi forse ancora a maggior ragione, sarà molto utile poter considerare le componenti che definiscono un campo vettoriale in ogni punto, cioè il vettore, scomposto secondo le sue componenti rispetto a un qualche sistema di coordinate. In particolare sarà comodo usare, oltre alle coordinate cartesiane a cui siamo abituati, le coordinate cilindriche, comode per esempio per caratterizzare il campo che sta attorno a un filo dritto, a una linea, o le coordinate sferiche, particolarmente comode per caratterizzare dei campi rispetto a un punto o rispetto a una sfera. Esistono operatori che permettono di ottenere campi vettoriali dai campi scalari oppure fare l'operazione opposta. In particolare questi operatori estrarranno delle specifiche proprietà dei campi vettoriali da un campo scalare oppure estrarranno delle proprietà scalari da un campo vettoriale, ora ne vedremo anche qualche esempio. Vediamo un primo esempio di campo: Figura 18.2 3 Ora, essendo difficile rappresentare tre dimensioni su uno schermo, rappresenteremo dei campi proiettati su una superficie bidimensionale ma attenzione: questa cosa non è assolutamente sbagliata, in particolare il campo che stiamo guardando in questa immagine è la quota, per esempio, di ogni punto di una regione montagnosa, ovviamente è falso, questa rappresentazione non è una vera cartina. È giusto che sia bidimensionale, perché la quota è relativa ad ogni punto della superficie, che possiamo far finta di considerare sferica, della nostra Terra. Bene, la funzione ℎ = ℎ(𝑥, 𝑦), che è funzione del punto e quindi delle coordinate 𝑥, 𝑦 di ogni punto, che per noi tipicamente potrebbero essere longitudine e latitudine per esempio, ma ovviamente non è necessario, potrebbe essere anche un qualsiasi altro sistema di coordinate che ho definito anche localmente, descriverà la quota in ogni punto di questa regione. Bene, in questa figura, per esempio, i diversi colori sono proporzionali a quello che è il valore della quota. Questo è un esempio di campo scalare, se notate: in ogni punto c'è una quota, che è un numero. Bene, un campo vettoriale può essere definito a partire dal campo scalare di prima: se noi prendiamo la pendenza in ogni punto della regione montagnosa che abbiamo definito nella slide precedente, quindi abbiamo la pendenza in ogni punto, potremmo definire un campo vettoriale perché la pendenza ha una direzione e un modulo e un verso, cioè quanto è pendente e in che direzione pende la superficie. Figura 18.3 La figura 18.3 indica una piccola parte della regione precedente, scelta in modo tale da vedere in modo particolarmente interessante quello che è appunto un campo di pendenze. In questo caso specifico abbiamo ottenuto la pendenza utilizzando un operatore che si chiama "gradiente" che è dato da ∂ℎ(𝑥, 𝑦) ∂ℎ(𝑥, 𝑦) 𝑃⃗⃗ = 𝚤⃗ + 𝚥⃗ (18.1) ∂𝑥 ∂𝑦 il campo vettoriale in questo caso ha due componenti ognuna delle quali è formata dalla derivata del campo scalare che rappresenta la quota rispetto alla direzione 𝑥 e rispetto alla direzione 𝑦. Attenzione, qua ci sono indicati due versori non definiti in precedenza, 𝚤⃗ e 𝚥⃗, si usa anche 𝑘⃗⃗, che per convenzione sono i tre versori che indicano la direzione dell’asse 𝑥 , dell’asse 𝑦 e dell’asse 𝑧 rispettivamente, in coordinate cartesiane. Questo che abbiamo appena visto è un esempio quindi di operatore che trasforma un campo scalare in un campo vettoriale. Una delle rappresentazioni più classiche dei campi vettoriali è quella delle linee di campo, ne vediamo un esempio in Figura 18.4: 4 Figura 18.4 Linee del campo elettrico generato da due cariche di segno opposto in questo caso specifico vediamo le linee del campo elettrico generato da due cariche di segno opposto, che indicano essenzialmente il percorso che seguirebbe una terza carica sonda se, immersa in questo campo, venisse lasciata libera di percorrere la traiettoria che le verrebbe naturale percorrere. Ovviamente una carica negativa andrebbe nel verso più, una carica positiva nel verso meno, ma, ancora una volta, questi sono dettagli che vedremo in seguito. Ecco, è ora necessario definire due operatori di importanza fondamentale nello studio dei campi vettoriali. - Il primo operatore di chiama "flusso" ed è definito rispetto a una superfice, quindi definiamo il flusso di un campo vettoriale 𝐹⃗ rispetto a una superficie come l'integrale di superficie del prodotto scalare tra il campo vettoriale stesso, ovviamente il valore del campo vettoriale in ogni punto della superficie stessa che stiamo considerando, e il vettore normale alla superficie in ogni punto. Φ𝐹 = ∫ 𝐹⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝜎 (18.2) Σ (vedi imp.664/pdf690 Halliday) il prodotto scalare ci dà la proiezione di un vettore rispetto a un altro, quello che stiamo facendo è quindi calcolare la proiezione totale del campo vettoriale rispetto alla direzione che, in un certo senso, potremmo considerare che esce dalla superficie Σ e da questo il nome "flusso". Detto in modo un po' più rigoroso, possiamo dire che il flusso rappresenta l'integrale su tutta la superficie della componente normale del campo. "Normale" significa ortogonale alla superficie punto per punto, pensate a una superficie che ha una forma qualsiasi, è chiaro che il concetto di ortogonalità è definito punto per punto. - Il secondo operatore fondamentale che definiremo si chiama circuitazione. La circuitazione di un campo vettoriale è definita rispetto a una curva chiusa e in particolare ci dà qual è la componente totale del campo vettoriale stesso lungo la tangente punto per punto a questa curva chiusa. È definita dal simbolo che vediamo qua: 𝐶𝐹 = ∮ Λ 𝐹⃗ ⋅ 𝑡⃗𝑑𝜆 (18.3) è l'integrale di circolazione rispetto a una linea, quindi un integrale di linea però un integrale di linea chiusa e si indica, come penso ben sapete, con un integrale con il cerchiettino nel 5 centro, del prodotto scalare punto per punto della linea del campo vettoriale stesso per il versore tangente, vi ricordate, abbiamo definito 𝑡⃗ come versore tangente, alla curva 𝜆 stessa. Quindi in qualche modo ci dice quanto del campo tende a ruotare all'interno di questa curva che stiamo definendo. Un'immagine abbastanza colorata che potremmo dire di questo è: immaginate di considerare il campo vettoriale che abbiamo già discusso prima, quello della velocità dell'acqua in ogni punto di una regione del mare, interna al mare, ecco, immaginate di congelare in un istante tutta l'acqua del mare tranne un piccolo tubo che segue questa curva chiusa. La circuitazione del campo vettoriale, in questo caso il campo di velocità e ci dice qual è, potremmo dire, la velocità residua dell'acqua che rimane in questo tubo chiuso. Talvolta l'operatore di flusso e l'operatore di circuitazione, anzi nel nostro caso lo sarà eccome, saranno associati e in particolare saranno associati considerando una superficie e una curva che sono collegate tra di loro, in qualche modo. In particolare diciamo che il supporto di una superficie è il contorno della superficie stessa, come vedete in questa immagine, dove la superficie è quella che ho indicato con la lettera 𝑆 e la lettera Γ indica la linea che fa da contorno della superficie. Figura 18.5 Come notate, ho indicato anche il versore normale 𝑛⃗⃗ e il versore tangente 𝜏⃗ , in questo caso. Ovviamente, se devo calcolare rispetto a un qualche campo in cui è immersa questa superficie e questa curva, un'operazione di flusso, un operatore di circuitazione, dovrò in qualche modo associare le direzioni di 𝑛⃗⃗ e le direzioni di 𝜏⃗, dei due versori. Ecco, la regola che si usa, è una convenzione, è quella di usare la cosiddetta "regola della mano destra". Come notate, sono le direzioni che vedete anche indicate nella figura e che corrispondono al verso del pollice della mano destra appunto rispetto al verso delle altre dita che si chiudono praticamente a pugno. Il verso del pollice quindi rappresenta il versore 𝑛⃗⃗ e il verso delle dita invece, che si chiudono a pugno, il verso del versore 𝜏⃗. 55 L19M01 Campo Elettrico e di Conduzione Review & Summary – da Halliday 10th cap. 22 Electric Field To explain the electrostatic force between two charges, we assume that each charge sets up an electric field in the space around it. The force acting on each charge is then due to the electric field set up at its location by the other charge. Definition of Electric Field The electric field 𝐸⃗⃗ at any point is defined in terms of the electrostatic force 𝐹⃗ that would be exerted on a positive test charge 𝑞0 placed there: 𝐹⃗ 𝐸⃗⃗ = (22-1) (electric field) 𝑞0 Forza applicata alla carica 𝑞0 da un’altra carica di segno opposto, o di stesso segno che quindi l’attrae. Da qui si spiega perché 𝐹⃗ è vettore. Electric Field Lines Electric field lines provide a means for visualizing the direction and magnitude of electric fields. The electric field vector at any point is tangent to a field line through that point. The 6 density of field lines in any region is proportional to the magnitude of the electric field in that region. Field lines originate on positive charges and terminate on negative charges. Field Due to a Point Charge The magnitude of the electric field 𝐸⃗⃗ set up by a point charge 𝑞 at a distance 𝑟 from the charge is 1 |𝑞| 𝐸= (22-3) (charged particle) 4𝜋𝜀0 𝑟 2 The direction of 𝐸⃗⃗ is away from the point charge if the charge is positive and toward it if the charge is negative. Field Due to an Electric Dipole An electric dipole consists of two particles with charges of equal magnitude 𝑞 but opposite sign, separated by a small distance 𝑑. Their electric dipole moment 𝑝⃗ has magnitude 𝑞𝑑 and points from the negative charge to the positive charge. The magnitude of the electric field set up by the dipole at a distant point on the dipole axis (which runs through both charges) is 1 𝑝 𝐸= (22-9) (electric dipole) 2𝜋𝜀0 𝑧 3 where 𝑧 is the distance between the point and the center of the dipole. Per dipolo in fisica, si indica genericamente una coppia di particelle, di carica opposta, poste ad una certa distanza d l'una dall'altra Field Due to a Continuous Charge Distribution The electric field due to a continuous charge distribution is found by treating charge elements as point charges and then summing, via integration, the electric field vectors produced by all the charge elements to find the net vector. Force on a Point Charge in an Electric Field When a point charge 𝑞 is placed in an external electric field 𝐸⃗⃗ , the electrostatic force 𝐹⃗ that acts on the point charge is 𝐹⃗ = 𝑞𝐸⃗⃗ (22-28) Force 𝐹⃗ has the same direction as 𝐸⃗⃗ if 𝑞 is positive and the opposite direction if 𝑞 is negative. 𝜎 𝐸= (infinite sheet) 2𝜀0 Campo elettrico di una superficie dato da densità di carica di superficie 𝜎 55 L19M01 Campo Elettrico e di Conduzione Parte Prima 55.1 Carica Elettrica Inizieremo adesso a specificare meglio le cose che abbiamo visto nella lezione precedente per la specifica nostra applicazione, cioè in particolare, in questa prima lezione, nei campi elettrici e nei campi di corrente. Per prima cosa sarà necessario definire meglio di che cosa ci vogliamo occupare. I fenomeni che si verificano a causa della presenza di cariche elettriche sono detti "fenomeni elettromagnetici", nel caso più generale. Anche se nel seguito noi tratteremo in modo separato quelli elettrici e quelli magnetici, come se fossero fenomeni indipendenti, è bene ricordare che la presenza di uno dei due tipi di fenomeno, diciamo così, è strettamente legato alla presenza dell'altro. Si usa però dire che in condizioni statiche i due fenomeni sono disaccoppiati. In modo più preciso si 7 dovrebbe dire che la prevalenza di uno dei due fenomeni dipende anche dal sistema di riferimento scelto dall'osservatore. La carica elettrica di cui abbiamo parlato prima è una proprietà fondamentale della materia, è una grandezza scalare e si misura in coulomb. Esistono cariche di due tipi, questo si verifica sperimentalmente, e vengono indicate convenzionalmente come negative o positive. La carica dell'elettrone, espressa in coulomb, è un numero molto piccolo e vale in particolare 𝑞 = 1,6 × 10−19 coulomb. Come tutti sappiamo le cariche di segno opposto si attraggono, mentre le cariche di segno uguale si respingono. La forza che agisce tra due cariche, nel caso specifico due cariche puntiformi, è proporzionale al prodotto delle cariche, inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra le stesse ed è diretta ovviamente secondo la linea congiungente le due cariche stesse. 𝑞1 𝑞2 𝐹⃗ = 𝑘 𝑟⃗ (19.1) 𝑟2 Talvolta, essendo la carica una proprietà della materia, quindi significa che in una regione dello spazio dove c'è della materia, è possibile che regioni diverse di questa materia abbiano una distribuzione di carica diversa al loro interno, sarà utile poter definire una quantità che dica qual è la densità di carica in ogni punto, si chiama "densità volumetrica di carica elettrica" ed è definita come indicata dalla seguente formula: Δ𝑄 𝜌 = lim (19.2) Δ𝑉→0 Δ𝑉 Quindi la densità di carica volumetrica è data dal limite per un volumetto Δ𝑉 → 0 della quantità di carica contenuta nel volumetto stesso. Si noti che la densità volumetrica di carica è di fatto un campo scalare. Talvolta sarà utile definire, per particolari problemi, anziché una densità volumetrica di carica, una densità di superficie di carica oppure una densità lungo una linea di carica, ma questo dipenderà dal tipo di problema che noi dovremo andare a risolvere (NB: la densità di carica si misura in 𝐶/𝑚3). 55.2 Corrente Elettrica e densità di corrente La prima quantità che è importante per noi definire è la corrente elettrica. Ne abbiamo già parlato in altre parti di questo corso ma qua la rivediamo giusto per quello che sono i fini di questa specifica parte del corso. La corrente elettrica è definita rispetto ad una superficie orientata e rappresenta la quantità totale di carica, sommando in modo appropriato le cariche positive e quelle negative, che attraversa nell'unità di tempo la superficie stessa. Figura 19.1 Quindi, come vedete in figura, sommando algebricamente le cariche positive e quelle negative possiamo calcolare istantaneamente il valore per un intervallo di tempo Δ𝑡 → 0. Come notate, le dimensioni della corrente elettrica sono date da una carica diviso un tempo, quindi saranno coulomb al secondo, e questa quantità si chiama "ampere" e si indica con la lettera A. La corrente elettrica è una quantità che potremmo definire una quantità integrale, perché se notate indica, data una superficie, un numero che rappresenta una quantità totale, che dipende dal tempo, ma comunque un numero, uno scalare, che indica istante per istante la quantità totale di carica che attraversa la 8 superficie stessa. Può essere molto utile, se vogliamo descrivere dei problemi magari anche un po' più complicati, che hanno una geometria più complessa di quella banale di una superficie semplice, definire una quantità che sia equivalente alla corrente ma che sia una quantità locale, punto per punto. Quindi se noi consideriamo una distribuzione di cariche che sono in moto e abbiamo una certa densità di carica per queste cariche in moto, quindi abbiamo una certa quantità 𝜌 e la loro velocità indicata col vettore 𝑣⃗. Definiamo la densità di corrente 𝐽⃗ come: 𝐽⃗ = 𝜌𝑣⃗ (19.3) 𝐽⃗ è un campo vettoriale, definito come il prodotto tra 𝜌 e 𝑣⃗ punto per punto. Qua abbiamo omesso di indicare le coordinate ma pensate che 𝐽⃗, 𝜌 e 𝑣 sono dei campi e quindi dipendono da ogni punto, quindi andrebbe indicato anche 𝑥, 𝑦, 𝑧. Attenzione che anche 𝑣⃗ è un campo, di velocità, un po' come quello che avevamo definito in precedenza relativo a flussi di acqua nel mare. La densità di corrente elettrica è un campo vettoriale e si misura in 𝐴/𝑚2. Sempre dalla densità di corrente quindi è possibile ridefinire la corrente in un modo che forse ci tornerà più comodo nel seguito. In particolare quindi, indicando la corrente come derivata della carica rispetto al tempo, come fatto in precedenza, e sostituendo le quantità che abbiamo definito nella slide precedente, possiamo scrivere che il differenziale della corrente è il prodotto tra densità di carica, velocità delle cariche nella regione dello spazio prodotto scalare per il versore normale e il tutto moltiplicato per l'elementino di superficie che stiamo considerando, 𝑑𝑆. 𝑑𝑄 𝑑𝑖 = = 𝜌𝑣⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 = 𝐽⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 (19.4) 𝑑𝑡 Sostituendo i valori appunto della slide precedente, possiamo scrivere che il differenziale della corrente è dato dal prodotto scalare tra il campo di densità di corrente in ogni punto, il versore normale alla superficie in ogni punto e il differenziale, l'elementino, di superficie, 𝑑𝑆, che stiamo considerando. Integrando rispetto alla superficie che ci interessa di questa quantità appena definita, otteniamo quindi la corrente che attraversa la superficie in un certo istante di tempo 𝑡: 𝑖(𝑡) = ∫ 𝐽⃗(𝑡) ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 (19.5) 𝑆 Notare che ovviamente anche la densità di corrente sarà una funzione del tempo. 55.3 Campo di Induzione Elettrica Iniziamo a definire quelli che sono forse gli attori principali. Uno degli attori principali di questa parte del corso, nel particolare, è il campo di induzione elettrica 𝐷 ⃗⃗. La presenza di cariche in una regione dello spazio è causa di un campo di induzione elettrica, che indicheremo con la lettera 𝑫 ⃗⃗⃗ e si misura in coulomb al metro quadro. Il campo quindi indotto in un qualche punto, per esempio in punto 𝑝1 , da una carica puntiforme 𝑞, che è situata in un altro punto che chiameremo "punto 𝑝0 ", è dato dalla legge di Coulomb, che ci dice che il campo di induzione elettrica è proporzionale alla carica, posta appunto nel punto 𝑝0 , e inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra il punto in cui noi stiamo misurando il campo e il punto in cui si colloca la carica, che è origine del campo stesso. 𝑟⃗ ⃗⃗ = 𝐷 𝑞 (19.6) 4𝜋𝑟 2 Definiamo quindi la nostra prima legge fondamentale, la legge di Gauss, che ci dice che: il flusso del campo di induzione elettrica attraverso una superficie chiusa è uguale alla carica totale che è presente nel volume racchiuso dalla superficie. Quindi se abbiamo un volume, per esempio una sfera, che contiene una certa quantità di carica al suo interno, il flusso totale, quindi l'operatore integrale di superficie per una superficie chiusa, 9 come vedete in questa equazione, della componente normale del campo di induzione elettrica, equivale alla carica totale presente nel volume stesso. ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 = ∫ 𝑞𝑑𝑉 (19.7) ∮𝑆 𝐷 𝑉 Vedrai da Halliday che la (19.7) è in realtà Lavoro. Inoltre, il potenziale elettrico (lavoro) sposta una carica da un punto a ad un punto b. Serve solo conoscere questi due punti e non tutto il percorso, per questo usiamo l’integrale di linea. Da Halliday The electric potential 𝑉 at a point 𝑃 in the electric field of a charged object is −𝑊∞ 𝑈 𝑉= = (24-2) (electric potential) 𝑞0 𝑞0 where 𝑊∞ is the work that would be done by the electric force on a positive test charge 𝑞0 were it brought from an infinite distance to 𝑃, and 𝑈 is the electric potential energy that would then be stored in the test charge-object system. If a particle with charge 𝑞 is placed at a point where the electric potential of a charged object is 𝑉, the electric potential energy 𝑈 of the particle-object system is 𝑈 = 𝑞𝑉 (24-3) If the particle moves through a potential difference Δ𝑉, the change in the electric potential energy is Δ𝑈 = 𝑞Δ𝑉 = 𝑞(𝑉𝑓 − 𝑉𝑖 ) (24-4) If a particle moves through a change Δ𝑉 in electric potential without an applied force acting on it, applying the conservation of mechanical energy gives the change in kinetic energy as Δ𝐾 = −𝑞Δ𝑉 (24-9) If, instead, an applied force acts on the particle, doing work 𝑊app , the change in kinetic energy is Δ𝐾 = −𝑞Δ𝑉 + 𝑊app (24-11) In the special case when Δ𝐾 = 0, the work of an applied force involves only the motion of the particle through a potential difference: 𝑊app = 𝑞Δ𝑉 (24-12) (for 𝐾𝑖 = 𝐾𝑓 ) electric potential energy ( electric potential energy ) = ( particle's charge ) ( ) unit charge 𝑈 = 𝑞𝑉 (24-3) Language. A potential energy is a property of a system (or configuration) of objects, but sometimes we can get away with assigning it to a single object. For example, the gravitational potential energy of a baseball hit to outfield is actually a potential energy of the baseball–Earth system (because it is associated with the force between the baseball and Earth). However, because only the baseball noticeably moves (its motion does not noticeably affect Earth), we might assign the gravitational potential energy to it alone. In a similar way, if a charged particle is placed in an electric field and has no noticeable effect on the field (or the charged object that sets up the field), we usually assign the electric potential energy to the particle alone. 10 Work by the Field. We can relate the potential energy change 𝛥𝑈 to the work W done by the electric force as the particle moves from i to f by applying the general relation for a conservative force (Eq. 8-1): 𝑊 = −𝛥𝑈 (24-5) (work, conservative force) Next, we can relate that work to the change in the potential by substituting from Eq. 24-4: 𝑊 = −Δ𝑈 = −𝑞Δ𝑉 = −𝑞(𝑉𝑓 − 𝑉𝑖 ) (24-6) Up until now, we have always attributed work to a force but here can also say that W is the work done on the particle by the electric field (because it, of course, produces the force). The work can be positive, negative, or zero. Because Δ𝑈 between any two points is path independent, so is the work W done by the field. (If you need to calculate work for a difficult path, switch to an easier path—you get the same result.) Vediamo un esempio in particolare della legge di Gauss: prendo una carica puntiforme 𝑞, una sfera di raggio 𝑟, che è centrata su questa carica che sta nel centro della sfera e che è quella che origina il campo di induzione elettrica. Sostituendo otteniamo l'integrale di superficie rispetto alla sfera stessa del campo di induzione elettrica, come nella (19.7). In questo caso notare che la normale alla superficie coincide punto per punto con il versore 𝑟⃗ che indica la direzione in cui io vedo la carica. Da Halliday Φ = ∫ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ (total flux) (23-2) 11 Φ = ∮ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ (net flux) (23-4) Confronta con TRASCRIZIONI 𝜀0 Φ = 𝑞enc (Gauss' law) (23-6) Confronta con TRASCRIZIONI 𝜀0 ∮ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ = 𝑞enc (Gauss' law) (23-7) 12 𝜎 𝐸= (conducting surface) (23-11) 𝜀0 ⃗⃗. Confronta con TRASCRIZIONI 𝜎 che intanto chiama 𝐷 Pag. 673 𝜎 𝐸= (sheet of charge) (23-13) 2𝜀0 Confronto tra (23-11) e (23-13), pag. 673. Pag. 675 13 Review & Summary – da Halliday 10th cap. 23, pag. 677 (703 pdf) Gauss' Law Gauss' law and Coulomb's law are different ways of describing the relation between charge and electric field in static situations. Gauss' law is 𝜀0 Φ = 𝑞enc (23-6) (Gauss' law) in which 𝑞enc is the net charge inside an imaginary closed surface (a Gaussian surface) and Φ is the net flux of the electric field through the surface: Φ = ∮ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ (23-4) (electric flux through a Gaussian surface) Coulomb's law can be derived from Gauss' law. Applications of Gauss' Law Using Gauss' law and, in some cases, symmetry arguments, we can derive several important results in electrostatic situations. Among these are: 1. An excess charge on an isolated conductor is located entirely on the outer surface of the conductor. 2. The external electric field near the surface of a charged conductor is perpendicular to the surface and has a magnitude that depends on the surface charge density 𝜎 : 𝜎 𝐸= (23-11) (conducting surface) 𝜀0 Within the conductor, 𝐸 = 0. 3. The electric field at any point due to an infinite line of charge with uniform linear charge density 𝜆 is perpendicular to the line of charge and has magnitude 𝜆 𝐸= (23-12) (line of charge) 2𝜋𝜀0 𝑟 where 𝑟 is the perpendicular distance from the line of charge to the point. 14 4. The electric field due to an infinite nonconducting sheet with uniform surface charge density 𝜎 is perpendicular to the plane of the sheet and has magnitude 𝜎 𝐸= (23-13) (sheet of charge) 2𝜀0 5. The electric field outside a spherical shell of charge with radius 𝑅 and total charge 𝑞 is directed radially and has magnitude 1 𝑞 𝐸= (23-15) (spherical shell, for 𝑟 ≥ 𝑅 ) 4𝜋𝜀0 𝑟 2 Here 𝑟 is the distance from the center of the shell to the point at which 𝐸 is measured. (The charge behaves, for external points, as if it were all located at the center of the sphere.) The field inside a uniform spherical shell of charge is exactly zero: 𝐸 = 0 (spherical shell, for 𝑟 < 𝑅 ) 6. The electric field inside a uniform sphere of charge is directed radially and has magnitude 𝑞 𝐸=( ) 𝑟 (23-20) 4𝜋𝜀0 𝑅 3 ⃗⃗ = 𝑟⃗ 2 𝑞 Sostituendo 𝐷 in ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 = ∫ 𝑞𝑑𝑉, ∮𝑆 𝐷 con 𝑟⃗ ≡ 𝑛⃗⃗, ottengo: 4𝜋𝑟 𝑉 𝑟⃗ 𝑞 ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 = ∫ ∫𝐷 𝑞 ⋅ 𝑟⃗𝑑𝑆 = ∫ 𝑑𝑆 = 2 4𝜋𝑟 2 𝑆 𝑆 𝑆 4𝜋𝑟 𝑞 = 4𝜋𝑟 2 = 𝑞 (19.8) 4𝜋𝑟 2 Provate a pensare di essere sulla superficie di una sfera, vedete la carica esattamente sotto i vostri piedi. Se la carica si trova nel centro della sfera sarà nella stessa identica direzione della normale alla superficie. Con le sostituzioni che vedete, il flusso del campo vettoriale di induzione elettrica 𝐷 ⃗⃗, è uguale alla carica totale 𝑞 contenuta nella sfera stessa. Ovviamente in questo caso è semplice perché la sfera è proprio fatta in modo tale che la carica, che è origine del campo elettrico, stia nel centro della sfera. Problemi più complicati richiedono ovviamente della matematica decisamente più complicata. Per risolvere questi passaggi bisogna ricordare l'integrale di superficie di una sfera ed è ovviamente la superficie sferica stessa, quindi è 4𝜋𝑟 2. Abbiamo detto quindi che in una regione dello spazio si ha un campo di induzione elettrica se ci sono delle cariche presenti. Ora, possiamo immaginare che un campo elettrico però abbia effetti diversi, in funzione del tipo di materiale nel quale si trova, quindi ci vuole qualcosa che leghi, in qualche modo, gli effetti del campo di induzione elettrica a una qualche altra quantità che invece dipenderà strettamente dal materiale, dalle proprietà della materia in cui il campo di induzione elettrica stesso si trova. Questo campo si chiama "campo elettrico" ed è indicato con 𝑬 ⃗⃗ (la freccia di vettore sopra perché ovviamente è un campo vettoriale). Allora, per mezzi, per materiali lineari e isotropi, e cioè che le loro proprietà non dipendono dalla direzione in cui guardo, possiamo dire che c'è una legge di proporzionalità tra campo di induzione elettrica e campo elettrico e quindi scriveremo che il campo ⃗⃗, è uguale a una quantità che chiamiamo 𝜖 per il campo vettoriale vettoriale di induzione elettrica 𝐷 𝐸⃗⃗ , che abbiamo appunto definito qua a che chiamiamo campo elettrico. ⃗⃗ = 𝜀𝐸⃗⃗ = 𝜀0 𝜀𝑟 𝐸⃗⃗ (19.9) 𝐷 con 𝜀0 = 8.8541878176 … × 10−12 F/m 15 La costante 𝜖 è detta "permettività dielettrica del materiale" ed è sempre riportata come permettività relativa, nel senso che si usa scrivere: 𝜖 = 𝜖0 𝜖𝑟 dove 𝜖0 è la permettività del vuoto. Il valore di 𝜖𝑟 , quindi la permettività relativa della materia rispetto al vuoto, si chiama relativa perché è relativa a quella del vuoto, è un valore che può essere compreso tipicamente tra 1 e 100, per esempio la permettività dell'aria è pressoché identica a quella del vuoto e infatti ha un valore molto vicino a 1. Altri materiali avranno valori di permettività diversi. Con valori piccoli di permettività si ottengono grandi valori di campo elettrico a pari valore di induzione elettrica. 56 L19M02 Campo Elettrico e di Conduzione Parte Seconda Come abbiamo anticipato nella prima parte del modulo relativo ai campi elettrici, una carica elettrica, che in questo caso chiameremo 𝑞𝑠 che è immersa in un campo elettrico, subisce una forza che chiameremo "forza elettrica". Questa forza elettrica, per come abbiamo definito il campo elettrico stesso, sarà proporzionale al prodotto di questa carica per il campo elettrico, come vedete nell'equazione. 𝐹⃗ (𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑞𝑠 𝐸⃗⃗ (𝑥, 𝑦, 𝑧) (19.10) Quindi se consideriamo il caso più semplice in cui abbiamo una singola carica fissa puntiforme 𝑞0 , e utilizziamo una carica sonda 𝑞𝑆 , il pedice S sta proprio per "sonda", che avviciniamo lentamente a quest'altra carica, in ogni punto dello spazio la forza che sarà sentita da questa carica sonda sarà quella indicata nella (19.11), quindi proporzionale al prodotto delle due cariche e inversamente proporzionale alla distanza che le congiunge, ovviamente diretta secondo la distanza stessa. Il verso della forza dipenderà dal segno delle due cariche: come già detto se sono cariche di segno opposto si attrarranno, se sono cariche di segno uguale si respingeranno. 𝑞0 𝐹⃗ = 𝑞 𝑟⃗ (19.11) 4𝜋𝜀𝑟 2 𝑆 Come notate, in questa equazione abbiamo definito meglio quella costante k che avevamo lasciato non meglio definita nella (19.1) 𝑞1 𝑞2 𝐹⃗ = 𝑘 𝑟⃗ (19.1) 𝑟2 𝑞1 𝐹⃗ = 𝑞 𝑑⃗ (19.12) 𝑘𝑑2 2 quindi la costante di proporzionalità è questo 1/(4𝜋𝜖). A questo punto è possibile calcolare quello che è il lavoro necessario per spostare una carica da un punto a un altro dello spazio; sapendo quanto vale la forza, possiamo calcolare il lavoro, che chiameremo "lavoro elettrico", e che sarà dato quindi dall'integrale tra il punto d’origine 𝑝0 , e il punto 𝑝 del campo vettoriale in cui la carica è immersa moltiplicato, punto per punto, dal versore tangente della linea che stiamo seguendo per andare dal punto 𝑝0 al punto 𝑝. 𝑃 𝑣(𝑃) = ∫ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑡⃗𝑑𝜆 (19.13) 𝑃0 (attenzione, da correggere: questo non è lavoro! Questo è forza/carica x spostamento, infatti ha sbagliato anche 19.7!) È necessario indicare il versore tangente e quindi fare un integrale di linea, perché questo lavoro elettrico dipenderà dalla linea che seguiamo per andare dal punto 𝑝0 al punto 𝑝. Nel caso particolare in cui invece il valore del lavoro elettrico non dipenda dal percorso che abbiamo seguito, si dice che il campo è un "campo conservativo" e in questo caso possiamo parlare, in ogni punto dello spazio, 16 di un potenziale elettrico e quindi, tra due punti, di una tensione elettrica o differenza di potenziale. Il campo elettrico è conservativo solo nel caso statico ma può essere considerato con buonissima approssimazione conservativo se varia molto debolmente. Nel caso conservativo avremo che la circuitazione del campo elettrico è ovviamente nulla, ciò significa che se io parto da un punto 𝑝0 , vado nel punto 𝑝1 e poi torno nel punto 𝑝0 , seguendo una linea qualsiasi, sia all'andata che al ritorno, devo ritrovare 0 e questo perché parto da un certo potenziale, arrivo a un altro potenziale ma poi torno allo stesso potenziale di partenza. ∮Λ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑡⃗𝑑𝜆 = 0 (19.14) Questo, ripeto, vale solo se il campo è conservativo e quindi se il lavoro elettrico non dipende dalla linea che ho seguito per andare dal punto di partenza al punto di arrivo. Esiste un legame quindi tra corrente e campo elettrico e questo perché se abbiamo delle cariche immerse in un campo elettrico, ci aspettiamo che queste cariche, in qualche modo, sentano l'influenza del campo elettrico. 56.1 Conducibilità Abbiamo definito la densità di corrente come prodotto di una densità di carica per la velocità delle cariche stesse 𝐽⃗ = 𝜌𝑣⃗ (19.3) ripeto, sono tutti campi quelli che stiamo considerando, quindi densità di corrente è il campo densità di corrente, 𝜌 è il campo densità di carica libera e 𝑣⃗ è il campo velocità di queste cariche libere punto per punto. Ma se siamo in un qualsiasi mezzo, la velocità media di queste cariche libere in un materiale qualsiasi è proporzionale al campo elettrico mediante un coefficiente di proporzionalità, che viene quasi sempre indicato con 𝜇, e che si chiama "mobilità dei portatori di carica". 𝑣⃗ = 𝜇𝐸⃗⃗ (19.16) Sostituendo queste due equazioni l'una nell'altra, otteniamo finalmente che il campo vettoriale densità di corrente 𝐽 è proporzionale al campo vettoriale elettrico tramite una quantità, che è il prodotto della densità di carica per la mobilità della carica, e che chiameremo "conducibilità del materiale". 𝐽⃗ = 𝜌𝜇𝐸⃗⃗ ≡ 𝛾𝐸⃗⃗ (19.17) Una piccola nota: abbiamo detto che 𝜌 è un campo scalare in generale, anche 𝜇 in generale dovrebbe essere un campo scalare, perché se ho un materiale che non è omogeneo, tipicamente avrò che la mobilità sarà diversa punto per punto. Facciamo invece un caso molto semplice: consideriamo la densità di carica libera in un mezzo omogeneo, in modo tale che la densità sia omogenea all'interno del mezzo e allo stesso modo che la mobilità sia omogena all'interno di questo mezzo. Quello che abbiamo è che la quantità 𝛾, che appunto a sua volta dovrebbe essere un campo scalare, può essere considerata invece un singolo scalare e uguale in ogni punto del mezzo che stiamo considerando. Facciamo un esempio di quanto abbiamo appena detto: consideriamo un mezzo, materiale, perfettamente omogeneo e perfettamente uniforme e anche lineare, che contiene quindi una densità di carica perfettamente uniforme al suo interno e anche fatto in modo tale che la mobilità sia costante tutto il suo interno. 17 Figura 19.2 Se prendiamo un pezzo di materiale di forma cilindrica, colleghiamo ai due capi due morsetti, per come li abbiamo definiti quando abbiamo fatto la teoria dei circuiti, e applichiamo una differenza di potenziale tra questi due punti, cosa stiamo facendo? Stiamo imponendo sulle due superfici esterne, sulle due facce circolari che stanno alle estremità di questo cilindro, un potenziale uniforme su tutta la faccia. Possiamo dire che il campo elettrico sarà dato dalla tensione, quindi dalla differenza di potenziale, diviso per la lunghezza del cilindro stesso, L. 𝑣 𝐸= (19.18) 𝐿 La densità di corrente sarà data, in ogni punto di questo cilindro, da 𝛾 per il valore di modulo in ogni punto del campo elettrico che a sua volta sarà definito e uguale in ogni punto. 𝑣 𝛾𝑣 𝐸= 𝑞𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖: 𝐽 = 𝛾𝐸 = (19.19) 𝐿 𝐿 Abbiamo indicato sia campo elettrico, campo di velocità, campo di corrente e tutti gli altri campi senza il simbolo di vettore, perché questo? Perché direzione e verso in questo caso sono definiti in modo univoco lungo l'asse di questo cilindro, quindi non occorre indicare il segno di vettore, quello che stiamo considerando quindi è solo il modulo di questo campo vettoriale. Sostituendo alla (19.19) le quantità che abbiamo scritto prima e soprattutto facendo l'integrale sull'intera superficie, tutto quello che dobbiamo fare è moltiplicare per il valore di 𝑆 , otteniamo quindi un valore che è la proporzionalità tra la corrente e la tensione che è 𝛾𝑆 𝑖= 𝑣 (19.20) 𝐿 La quantità che moltiplica 𝑣 è la conduttanza di questo oggetto che abbiamo già usato nelle altri parti del corso e che abbiamo chiamato resistore, quindi questo è il valore di conduttanza nel caso specifico di un resistore lineare, omogeneo e con questa forma. 𝑪𝒐𝒏𝒅𝒖𝒕𝒕𝒂𝒏𝒛𝒂 𝑑𝑒𝑙 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑜𝑟𝑒 𝛾𝑆 𝐺= (19.21) 𝐿 56.2 Capacità Nel caso statico, o nel caso quasi statico, se abbiamo quindi una distribuzione di cariche fisse, avremo un campo elettrico. L'avremmo anche nel caso non statico ma qua ci limiteremo a questo caso più semplice. Se il campo è conservativo, è quindi ben definito il concetto di tensione tra due punti e se il mezzo è lineare e anche isotropo, la relazione tra carica e tensione sarà a questo punto lineare, cioè ci aspettiamo che la relazione che c'è tra carica e tensione, nelle regioni di questo spazio tra i due punti, sarà una relazione lineare indicata come 𝑞 = 𝐶𝑣, con la 𝑣 tra i due punti. 𝑞 = 𝐶𝑣𝑎𝑏 (19.22) 18 La quantità 𝐶 è detta "capacità del sistema di cariche" e dipende ovviamente dalla geometria del sistema che stiamo considerando e dal modo in cui stiamo prendendo la tensione a 𝑣. L’unità di misura della capacità è il Farad, si indica con 𝐹 e dimensionalmente equivale a coulomb/volt. Quindi, esattamente come abbiamo fatto per il caso della conduttanza, definiamo un caso semplice e che in realtà conosciamo bene, definiamo quindi quello che è il condensatore a facce piane. Figura 19.3 Il flusso del campo induzione elettrica se varia nel tempo di fatto ha le stesse dimensioni di una corrente, questa quantità si chiama "corrente di spostamento" ed è data dall'integrale: 𝑑 𝑖𝐶 = 𝑖𝑠 = ∮ 𝐷⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝜎 (19.23) 𝑑𝑡 Σ Adesso prendiamo una superficie Σ chiusa che racchiude uno dei morsetti di questo condensatore a facce piane che passa tra le due armature del condensatore. Quello che dobbiamo avere è che la corrente 𝑖𝐶 che entra dal morsetto in alto deve essere ovviamente uguale alla corrente che abbiamo appena definito, la corrente di spostamento, e che rappresenta questo flusso che varia nel tempo nel campo di induzione elettrica, quindi in formule la (19.23). In questo caso semplice, diamo il nome 𝑆 alla superficie di ognuna di queste due armature e ℎ alla loro distanza. Ancora una volta non è necessario indicare i versi di questi campi vettoriali perché sono tutti diretti da un'armatura all'altra e perché ovviamente stiamo trascurando gli effetti di bordo, dove i campi avrebbero anche delle direzioni diverse. Vediamo che la corrente 𝑖𝐶 , cioè la corrente che entra dal morsetto in alto, dovrà essere uguale, sostituendo il valore della corrente di spostamento, a 𝜖 che moltiplica l'intera superficie, perché stiamo facendo l'integrale su questa superficie, per la variazione del campo elettrico rispetto al tempo, ricordatevi la definizione del campo elettrico rispetto al campo di induzione elettrica. 𝑑𝐸 𝜀𝑆 𝑑𝑣𝐶 𝑖𝐶 = 𝜀𝑆 = = 𝐶𝑣̇ 𝐶 (19.24) 𝑑𝑡 ℎ 𝑑𝑡 Vedi (19.18) A questo punto, sostituendo al valore della tensione il valore del campo elettrico, e cioè ricordando che possiamo considerare la tensione tra le due armature del nostro condensatore come proporzionale al campo elettrico sulla distanza tra le due armature, quindi 𝐸 = 𝑣𝐶 /ℎ, otteniamo la (19.24), quindi abbiamo: 𝑖𝐶 = 𝐶𝑣˙𝐶 (19.25) Con il puntino indicheremo, come sempre, le derivate rispetto al tempo. Quindi abbiamo definito la capacità del condensatore a facce piane come 19 𝜖𝑆 𝐶= (19.26) ℎ Ricorda: S→ superficie, h→ distanza tra le armature 57 L20M01 Campo magnetico Review & Summary – da Halliday 10th cap. 28, pag. 827 (853 pdf) Magnetic Field ⃗𝑩 ⃗⃗ A magnetic field 𝐵 ⃗⃗ is defined in terms of the force 𝐹⃗𝐵 acting on a test particle with charge 𝑞 moving through the field with velocity 𝑣⃗ : 𝐹⃗𝐵 = 𝑞𝑣⃗ × 𝐵 ⃗⃗ (28-2) ⃗⃗ is the tesla (T): 1 T = 1 N/(A ⋅ m) = 104 gauss. The SI unit for 𝐵 The Hall Effect When a conducting strip carrying a current 𝑖 is placed in a uniform magnetic field 𝐵 ⃗⃗, some charge carriers (with charge 𝑒 ) build up on one side of the conductor, creating a potential difference 𝑉 across the strip. The polarities of the sides indicate the sign of the charge carriers. A Charged Particle Circulating in a Magnetic Field A charged particle with mass 𝑚 and charge ⃗⃗ will travel in a circle. magnitude |𝑞| moving with velocity 𝑣⃗ perpendicular to a uniform magnetic field 𝐵 Applying Newton's second law to the circular motion yields 𝑚𝑣 2 |𝑞|𝑣𝐵 = (28-15) 𝑟 𝑚𝑣 2 Il fattore è l’accelerazione centripeda che moltiplicata per la massa m fa la forza centripeda. 𝑟 from which we find the radius 𝑟 of the circle to be 𝑚𝑣 𝑟= (28-16) |𝑞|𝐵 The frequency of revolution 𝑓, the angular frequency 𝜔, and the period of the motion 𝑇 are given by 𝜔 1 |𝑞|𝐵 𝑓= = = (28-19, 28-18, 28-17) 2𝜋 𝑇 2𝜋𝑚 Magnetic Force on a Current-Carrying Wire A straight wire carrying a current 𝑖 in a uniform magnetic field experiences a sideways force 𝐹⃗𝐵 = 𝑖𝐿⃗⃗ × 𝐵 ⃗⃗ (28-26) The force acting on a current element 𝑖𝑑𝐿⃗⃗ in a magnetic field is 𝑑𝐹⃗𝐵 = 𝑖𝑑𝐿⃗⃗ × 𝐵 ⃗⃗ (28-28) The direction of the length vector 𝐿⃗⃗ or 𝑑𝐿⃗⃗ is that of the current 𝑖. Torque on a Current-Carrying Coil A coil (of area 𝐴 and 𝑁 turns, carrying current 𝑖 ) in a uniform ⃗⃗ will experience a torque 𝜏⃗ given by magnetic field 𝐵 ⃗⃗ (28-37) 𝜏⃗ = 𝜇⃗ × 𝐵 20 Here 𝜇⃗ is the magnetic dipole moment of the coil, with magnitude 𝜇 = 𝑁𝑖𝐴 and direction given by the right-hand rule. Orientation Energy of a Magnetic Dipole The orientation energy of a magnetic dipole in a magnetic field is ⃗⃗ (28-38) 𝑈(𝜃) = −𝜇⃗ ⋅ 𝐵 If an external agent rotates a magnetic dipole from an initial orientation 𝜃𝑖 to some other orientation 𝜃𝑓 and the dipole is stationary both initially and finally, the work 𝑊𝑎 done on the dipole by the agent is 𝑊𝑎 = Δ𝑈 = 𝑈𝑓 − 𝑈𝑖 (28-39) Pag. 675 𝐵 = 𝜇0 𝑖𝑛 (29-23) (ideal solenoid) 𝜇0 𝑖𝑁 1 𝐵= (29-24) (toroid) 2𝜋 𝑟 Review & Summary – da Halliday 10th cap. 29, pag. 854 (880 pdf) The Biot-Savart Law The magnetic field set up by a current carrying conductor can be found from the ⃗⃗ to the field produced by a current-length Biot-Savart law. This law asserts that the contribution 𝑑𝐵 element 𝑖𝑑𝑠⃗ at a point 𝑃 located a distance 𝑟 from the current element is 𝜇0 𝑖𝑑𝑠⃗ × r̂ ⃗⃗ = 𝑑𝐵 (29-3) (Biot-Savart law) 4𝜋 𝑟 2 Here 𝑟ˆ is a unit vector that points from the element toward 𝑃. The quantity 𝜇0 , called the permeability constant, has the value 𝜇0 = 4𝜋 × 10−7 T ⋅ m/A ≈ 1.26 × 10−6 T ⋅ m/A Magnetic Field of a Long Straight Wire For a long straight wire carrying a current 𝑖, the Biot-Savart law gives, for the magnitude of the magnetic field at a perpendicular distance 𝑅 from the wire, 𝜇0 𝑖 𝐵= (29-4) (long straight wire) 2𝜋𝑅 Magnetic Field of a Circular Arc The magnitude of the magnetic field at the center of a circular arc, of radius 𝑅 and central angle 𝜙 (in radians), carrying current 𝑖, is 21 𝜇0 𝑖𝜙 𝐵= (29-9) (at center of circular arc) 4𝜋𝑅 Force Between Parallel Currents Parallel wires carrying currents in the same direction attract each other, whereas parallel wires carrying currents in opposite directions repel each other. The magnitude of the force on a length 𝐿 of either wire is 𝜇0 𝐿𝑖𝑎 𝑖𝑏 𝐹𝑏𝑎 = 𝑖𝑏 𝐿𝐵𝑎 sin 90∘ = (29-13) 2𝜋𝑑 where 𝑑 is the wire separation, and 𝑖𝑎 and 𝑖𝑏 are the currents in the wires. Ampere's Law Ampere's law states that ⃗⃗ ⋅ 𝑑𝑠⃗ = 𝜇0 𝑖enc (29-14) (Ampere's law) ∮𝐵 The line integral in this equation is evaluated around a closed loop called an Amperian loop. The current 𝑖 on the right side is the net current encircled by the loop. For some current distributions, Eq. 29-14 is easier to use than Eq. 29-3 to calculate the magnetic field due to the currents. Fields of a Solenoid and a Toroid Inside a long solenoid carrying current 𝑖, at points not near its ends, the magnitude 𝐵 of the magnetic field is 𝐵 = 𝜇0 in (29-23) (ideal solenoid) where 𝑛 is the number of turns per unit length. Thus the internal magnetic field is uniform. Outside the solenoid, the magnetic field is approximately zero. At a point inside a toroid, the magnitude 𝐵 of the magnetic field is 𝜇0 𝑖𝑁 1 𝐵= (29-24) (toroid) 2𝜋 𝑟 where 𝑟 is the distance from the center of the toroid to the point. Field of a Magnetic Dipole The magnetic field produced by a current-carrying coil, which is a magnetic dipole, at a point 𝑃 located a distance 𝑧 along the coil's perpendicular central axis is parallel to the axis and is given by 𝜇0 𝜇⃗ ⃗⃗(𝑧) = 𝐵 (29-27) 2𝜋 𝑧 3 where 𝜇⃗ is the dipole moment of the coil. This equation applies only when 𝑧 is much greater than the dimensions of the coil. Induzione e Legge di Faraday Abbiamo terminato, con la lezione precedente, lo studio delle caratteristiche principali dei campi elettrici. Iniziamo ora a studiare un altro tipo di campo che, come abbiamo detto inizialmente, è strettamente legato al campo elettrico, al punto di poter dire che in realtà i due campi sono un unico campo, il campo elettromagnetico, visto da sistemi di riferimento diversi, non scenderemo però in dettagli su quest'ultimo aspetto. Dalla fisica sperimentale si deduce che se si hanno delle cariche in movimento, queste cariche in movimento generano un altro tipo di campo, che è detto "campo di induzione magnetica", in alcuni casi viene chiamato anche "densità di flusso magnetico". Una carica puntiforme, in 22 particolare, se è in moto in una regione in cui è presente un campo magnetico, quindi è un campo che viene generato da altre cariche che sono in movimento, è sottoposta a una forza. E questo è il modo in cui si verifica la presenza di questo campo. La forza ha l'espressione che vedete in questa slide, in particolare la forza è proporzionale alla carica che io uso come sonda, alla velocità di questa carica stessa e al prodotto della carica moltiplicata della sua velocità per il campo di induzione magnetica. 𝐹⃗ = 𝑞𝑠 𝑣⃗ × 𝐵 ⃗⃗ (20.1) Da Halliday 𝐹⃗𝐵 = 𝑞𝑣⃗ × 𝐵 ⃗⃗ (28-2) Svolgendo il prodotto vettoriale: 𝐹𝐵 = |𝑞|𝑣𝐵sin 𝜙 (28-3) Attenzione che questo è un prodotto vettoriale, quindi se abbiamo che la velocità è diretta in una certa direzione, e il campo di induzione magnetica in un'altra direzione, la forza giacerà su una direzione, che è ortogonale a quella descritta dal piano definito dai primi due vettori. Definiamo il flusso magnetico in modo del tutto simile a come abbiamo definito la corrente in funzione della sua densità: il flusso magnetico 𝜙 è dato, per definizione, dall'integrale esteso alla ⃗⃗ che definisce superficie 𝑆, la superficie che ci interessa, del prodotto scalare tra il campo vettoriale 𝐵 l'induzione magnetica, moltiplicato la normale alla superficie in ogni suo elemento, il tutto integrato sull'intera superficie. ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 (20.2) 𝜙=∫𝐵 𝑆 Supponiamo ora che il supporto alla superficie 𝑆, cioè il contorno di questa superficie, sia delimitato da un sottile filo conduttore, la legge di Faraday afferma che: se c'è un flusso magnetico che è variabile nel tempo, quindi l'integrale che voi vedete nella prima equazione, questo indurrà su questo filo sottile una forza elettromotrice, che indichiamo con la lettera 𝑒, e che è data da: 𝑑𝜙 𝑒 ≡ ∮Γ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝜏⃗𝑑𝑙 = − (20.3) 𝑑𝑡 Con 𝜏⃗ che è il versore tangente a Γ in ogni suo punto. In particolare vedremo che la derivata del flusso rispetto al tempo è uguale all'integrale di circolazione del campo elettrico che viene generato, moltiplicata la tangente in ogni punto del supporto stesso alla superficie S, la linea 𝛤. Attenzione, l’unità di misura del flusso magnetico φ (o ψ) si chiama "weber", quella del campo di induzione magnetica è "weber su metro quadro" o anche "tesla". Riassumendo quanto abbiamo detto prima, possiamo vedere la legge di Faraday nella sua interezza come vedete qua: 𝑑 ∮Γ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝜏⃗𝑑𝑙 = − ∫𝐵 ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 (20.4) 𝑑𝑡 𝑆 Quindi la circolazione su una linea 𝛤 del campo elettrico moltiplicato scalarmente per la tangente a questa linea che consideriamo per far l'integrale in ogni suo punto integrato sull'intera linea chiusa, è uguale alla derivata rispetto al tempo cambiata di segno dell'integrale di superficie sulla superficie supportata dalla linea 𝛤. Questo integrale di superficie è fatto sul campo induzione 23 magnetica 𝐵 ⃗⃗, moltiplicato per la normale alla superficie in ogni suo punto e integrato sull'intera superficie. Quindi riassumendo, come potete vedere nella Figura 20.1 Figura 20.1 se adesso prendiamo un linea chiusa, lasciamola leggermente aperta per misurare una differenza di potenziale, e se adesso colleghiamo a questi morsetti che lasciamo aperti, un resistore con un certo valore di conduttanza 𝑔, e se noi sappiamo, che, appunto, c'è una differenza di potenziale tra i due punti 𝑎 e 𝑏, ci aspettiamo che circoli una corrente. Ora, se guardate dalla figura, la corrente circolerà in un senso orario, questo è dato dal segno meno che vedete nella legge di Faraday. Attenzione quindi: se per caso il flusso è costante, la corrente sarà nulla, questo lo sappiamo dalla legge di Faraday che ci dice che la differenza di potenziale tra i due morsetti 𝑎, 𝑏 viene a nascere soltanto se si ha un flusso che varia nel tempo; se invece il flusso è, per esempio, crescente, questa corrente genererà a sua volta un flusso perché abbiamo una corrente e quindi abbiamo delle cariche in movimento e quindi genereremo a nostra volta un flusso, ma questo flusso tenderà a opporsi al flusso crescente esterno, generato esternamente. Questa legge che dice che il flusso generato tende a opporsi a un flusso esterno che genera a sua volta la corrente, che genera questo flusso generato, si chiama "legge di Lenz". Iniziamo a guardare un piccolo problema tecnico: ammettiamo di voler usare queste cose che abbiamo discusso per delle macchine. Se noi vogliamo usare gli effetti della legge di Faraday dobbiamo disporre probabilmente di campi magnetici che siano molto potenti e quindi dovremmo avere alla fine aree, date da queste spire che vanno a formare quello che è il supporto della superficie attraverso il quale andiamo a misurare il flusso, eventualmente variante, che passa, molto grandi. C'è una soluzione, come vedete in figura (20.2) Fig. 20.2 NB: le spire devono essere avvolte strettamente vicine tra loro, altrimenti parte del flusso potrebbe “sfuggire” basta mettere più spire avvolte strettamente una vicina all'altra. Le spire devono essere avvolte strettamente per un motivo molto semplice: perché altrimenti potrei avere parte del campo che sfugge tra una spira e l'altra. Bene, in questo caso la differenza di potenziale che viene a generarsi è 24 proporzionale sempre alla derivata del flusso rispetto al tempo che attraversa la superficie, sempre col segno meno davanti, ma moltiplicato per il numero di spire che stanno sul supporto della superficie stessa. 𝑑𝜙 𝑒 = −𝑁 (20.5) 𝑑𝑡 𝑑𝜙 In questo caso, con 3 spire, abbiamo 𝑒 = −3. 𝑑𝑡 58 L20M02 Campo magnetico Correnti Elettriche e Legge di Ampere Andiamo ora a vedere una legge che è in un certo senso quasi complementare a quella che abbiamo appena visto, la legge di Faraday. Andiamo ora a discutere di una legge che si chiama "legge di Ampere" e che mette ancora in relazione le correnti elettriche e i campi magnetici. Abbiamo visto che sperimentalmente si può verificare che le correnti elettriche generano un campo di induzione magnetica 𝐵 ⃗⃗, allora vediamo anche che se noi abbiamo le stesse correnti e le stesse geometrie ma con materiali diversi, si misureranno dei valori di induzione magnetica diversi. Quindi ci conviene trovare un qualche sistema, un qualche campo, che in qualche modo sia indipendente dal materiale e con il quale io possa descrivere in modo più generale quelle che sono le leggi dei campi magnetici. Ora prendiamo come riferimento il vuoto e supponiamo per semplicità, in questo momento, che tutti i materiali siano omogenei e isotropi, quindi non ci siano variazioni nel comportamento a seconda della direzione e a seconda del punto all'interno del materiale. Possiamo definire il campo di induzione magnetica, che abbiamo introdotto all'inizio, in funzione di un campo che è in realtà indipendente quindi dal mezzo materiale. Questo campo è il "campo magnetico" e ⃗⃗ (con il segno di vettore poiché è un campo vettoriale). Abbiamo detto che si indica con il simbolo 𝐻 il materiale è omogeneo e isotropo, allora possiamo semplicemente dire che c'è una legge di proporzionalità diretta tra il campo di induzione magnetica e il campo magnetico e quindi scriveremo che il vettore campo vettoriale 𝐵 ⃗⃗, è uguale alla "permeabilità magnetica" 𝜇, moltiplicata per il vettore campo magnetico 𝐻 ⃗⃗. Ora, è molto comodo prendere come riferimento il vuoto, quindi in realtà nella maggior parte dei casi vedremo scritto non direttamente 𝜇𝐻 ⃗⃗ , ma 𝜇0 𝜇𝑟 𝐻 ⃗⃗ , dove 𝜇 è la permeabilità magnetica del materiale, quella senza pedici, ma 𝜇𝑟 , che è chiamata "permeabilità relativa" è rapportata rispetto a 𝜇0 che invece è la permeabilità del vuoto, che ha un valore dell'ordine, tanto per capirci, di 4𝜋10−7. ⃗⃗ = 𝜇𝐻 𝐵 ⃗⃗ = 𝜇0 𝜇𝑟 𝐻 ⃗⃗ (20.6) Quindi se io ho un materiale che ha grandi valori di permeabilità, riesco a ottenere anche dei grandi valori di flusso, pur avendo delle piccole correnti. Per questo motivo, facendo un un salto in avanti nelle lezioni, se pensate a qualsiasi dispositivo che si basa sui campi magnetici, come un trasformatore, un motore, una vecchia radio con le antenne ancora avvolte attorno a un nucleo magnetico, il materiale che sta al centro dell'avvolgimento non è semplicemente il vuoto ma tipicamente un qualche materiale con delle caratteristiche ben particolari di permeabilità magnetica, tipicamente con la permeabilità magnetica decisamente più elevata rispetto a quella del vuoto. Bene, la legge di Ampere, che è l'argomento del presente modulo, afferma che l'integrale del campo magnetico lungo una linea chiusa Γ , equivale alla corrente totale che attraversa la superficie supportata da Γ stessa. Quindi noi possiamo scrivere l'equazione che vediamo e quindi che la circolazione, o integrale di ⃗⃗ lungo Γ, moltiplicato in ogni suo punto per la tangente alla linea chiusa lungo la linea chiusa, di 𝐻 quale stiamo facendo l'integrale, è sarà uguale alla sommatoria di tutte le correnti che attraversano 25 esse. Scrivendola in termini un più formali sarà uguale all'integrale su 𝑆 della densità di corrente totale moltiplicata in ogni punto per la normale alla superficie 𝑆 che stiamo considerando. ⃗⃗ ⋅ 𝜏⃗𝑑𝑙 = ∑ 𝑖 = ∫ 𝐽⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 (20.7) ∮Γ 𝐻 𝑆 𝑆 Un esempio semplice (legge di Biot-Savart): Figura 20.3 Se noi consideriamo un unico filo e come riferimento una circonferenza di raggio 𝑟 centrata sul filo, vediamo che il campo magnetico 𝐻 ⃗⃗ , che è un campo vettoriale, è dato dalla corrente su 2𝜋𝑟 moltiplicato per la tangente, in ogni punto alla linea Γ stessa, in questo caso a questa circonferenza perché il versore tangente e il campo magnetico hanno in ogni punto la stessa direzione. 𝑖 ⃗⃗ = 𝐻 𝑡⃗ (20.8) 2𝜋𝑟 Ovviamente fare questi conti con delle geometrie complesse può essere anche estremamente complicato. A questo punto possiamo mettere tutto insieme e ricordandoci anche delle correnti di spostamento che abbiamo introdotto in un modulo precedente, in particolare quando abbiamo parlato del condensatore a facce piane, abbiamo una espressione completa della legge di Ampere che vedete qua sotto: 𝑑 ⃗⃗ ⋅ 𝜏⃗𝑑𝑙 = ∫ 𝐽⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 + ∮Γ 𝐻 ∫𝐷 ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 (20.9) 𝑆 𝑑𝑡 𝑆 (Legge di Ampere) quindi la circolazione lungo Γ del campo magnetico è uguale all'integrale di superficie della densità di corrente per la normale alla superficie stessa in ogni punto più la derivata rispetto al tempo dell'integrale di superficie del campo 𝐷⃗⃗ moltiplicato in ogni punto per la normale alla superficie. Vediamo un esempio: (Halliday p 850:876) Figura 20.4 26 consideriamo il solenoide toroidale della Figura (20.4), quindi un toro attorno al quale è avvolta una bobina, quindi un certo numero N di spire tutte attorno a questo toro. Ammettiamo che questo toro abbia una certa permeabilità magnetica 𝜇 elevata e quindi possiamo considerare il campo magnetico totalmente confinato all'interno del toro. Su questo torneremo un po' più avanti, in cui vedremo che appunto se abbiamo del materiale con permeabilità magnetica elevata, ci aspettiamo che tutto il campo magnetico sia all'interno del toro. Allora se 𝑁 spire sono avvolte quindi su un toro che ha un raggio r, una sezione S e una lunghezza totale 𝐿 = 2𝜋𝑟, noi abbiamo quindi ⃗⃗ ⋅ 𝜏⃗𝑑𝑙 ≅ 𝐻 ⋅ 𝑑 = 𝑁𝑖 (20.10) ∮Γ 𝐻 che la circolazione di 𝐻 ⃗⃗ lungo la linea Γ , che se notate è misurata nel centro del toro, quindi prendiamo un valore medio di fatto, è circa uguale al prodotto del vettore 𝐻 ⃗⃗ per d che è la lunghezza totale della circonferenza del toro e questa quantità deve essere uguale a 𝑁 per 𝑖 , cioè 𝑁 volte la corrente totale, quindi che attraversa il filo che è arrotolato attorno al toro. Se notate questa è una cosa che faremo anche in altri punti, in questo caso abbiamo tolto la freccina, il simbolo di vettore ⃗⃗ perché ci interessa solo il modulo di questo vettore in ogni punto, quindi è come se facessimo da 𝐻 un passaggio da campo vettoriale a campo scalare. Il flusso che passa nel nucleo sarà dato quindi da: 𝜇𝑟 𝜇0 𝑆 ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 = 𝐵𝑆 = 𝜇𝑟 𝜇0 𝐻𝑆 = 𝜓=∫𝐵 𝑁𝑖 (20.11) 𝑆 𝑑 dall'integrale sulla superficie S, cioè la sezione del toro, del campo di induzione magnetica 𝐵 ⃗⃗ moltiplicato in ogni punto al solito per il vettore normale alla superficie e quindi visto che noi prendiamo una superficie che taglia perpendicolarmente il toro, anche in questo caso la normale è banale perché è diretta in ogni punto lungo la tangente al toro stesso. Quindi noi abbiamo che flusso nel nucleo, che stavolta abbiamo indicato con la lettera 𝜓, è uguale al prodotto BS, ancora una volta senza il simbolo di vettore, e quindi è uguale a 𝜇𝑟 𝜇0 𝐻⃗⃗ , abbiamo sostituito di nuovo 𝐻 ⃗⃗ a BS, e quindi in totale, conoscendo il ⃗⃗ valore di 𝐻 , abbiamo che il flusso nel nucleo è uguale finalmente a μ per S esse diviso d moltiplicato per 𝑁 e i. Vedi (20.2) e (20.7) Quindi il flusso totale è direttamente proporzionale al numero di spire, alla superficie della sezione di questo toro, alla corrente e ovviamente alla permeabilità magnetica ed è inversamente proporzionale alla lunghezza del toro stesso, quindi alla lunghezza totale della circonferenza centrata nel cuore del toro. Continuando possiamo vedere che il flusso totale che è concatenato alla 𝑁 spire, quindi attenzione, prima abbiamo trovato il flusso totale che attraversa il nucleo, questo toro, questo solenoide toroidale, adesso vediamo quanto di questo flusso è a sua volta riconcatenato alle stesse 𝑁 spire. Abbiamo che il flusso concatenato, che stavolta indicheremo quindi con la lettera 𝜙, è uguale a 𝑁𝜓, quindi il flusso 𝜙 attraversa 𝑁 volte le 𝑁 spire che formano la bobina che è avvolta attorno al toro stesso e quindi abbiamo finalmente che la relazione tra flusso concatenato 𝜙 e corrente i è data da una costante di proporzionalità che è ancora una volta come quella precedente ma questa volta moltiplicata per 𝑁 quadro, non più per 𝑁. Quindi abbiamo che: 𝜇𝑟 𝜇0 𝑆 2 𝜙 = 𝑁𝜓 = 𝑁 𝑖 (20.12) ⏟𝑑 𝐿 𝑆 superficie della sezione sul toro. d lunghezza totale del toro. 𝜓 flusso concatenato al nucleo. 𝜙 flusso totale concatenato alle N spire Questa quantità, che abbiamo indicato con 𝐿, si chiama "induttanza" ed è l'induttanza, in questo caso specifico, di un avvolgimento di 𝑁 spire su un nucleo toroidale di materiale magnetico lineare, ideale, quindi ovviamente non è esattamente quello che troveremmo se noi usassimo un materiale 27 reale tipicamente non lineare e se non considerassimo una geometria perfettamente toroidale. Quello che vediamo comunque è che questo solenoide toroidale ideale, nel caso appunto senza perdite e con materiale ideale, è comunque il modello fisico più semplice dell'induttore lineare, quindi che abbiamo visto nelle lezioni più tradizionali di teoria dei circuiti. Legge di Hopkinson A questo punto possiamo definire una quantità, che indicheremo con questa ℛ un po' strana, la riluttanza di un nucleo magnetico, la chiamiamo "riluttanza" ed è espressa come: 𝑑 ℛ= (20.13) 𝜇𝑟 𝜇0 𝑆 Nota lezione: Come per resistenza si intende la capacità di opporsi a un flusso di elettroni, di cariche elettriche (inteso come campo elettrico), la riluttanza è la capacità di un materiale di opporsi al transito di un flusso magnetico Quindi avendo un nucleo magnetico, sarà ben posto il concetto di lunghezza e il concetto di superficie della sezione e quindi la riluttanza sarà definita in questo modo. Allora, considerando quanto avevamo scritto anche in precedenza, possiamo dire che ℛ per 𝜓 che, vi ricordate, è il flusso appunto in questo nucleo magnetico, sarà uguale a 𝑁 per 𝑖, cioè alla corrente totale che attraversa le 𝑁 spire avvolte attorno a questo nucleo. ℛ𝜓 = 𝑁𝑖 (20.14) Da Halliday, pag. 942 (968 pdf) ⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ = 0 (30-4) (32-1) (Gauss' law for magnetic fields) Φ𝐵 = ∮ 𝐵 𝑞enc Φ𝐸 = ∮ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ = (32-1b) (Gauss' law for electric fields) 𝜀0 𝑑𝜙𝐸 𝑑𝜙𝐵 Infatti, 𝐸=− e 𝐵=− 𝑑𝑡 𝑑𝑡 Pag. 943 (969 pdf) Pag. 949 (975 pdf) 28 Inoltre, vedi: ⃗⃗ ⋅ 𝑛⃗⃗𝑑𝑆 = 𝐵𝑆 = 𝜇𝑟 𝜇0 𝐻𝑆 = 𝜇𝑟 𝜇0 𝑆 𝑁𝑖 (20.10) 𝜓 = ∫𝑆 𝐵 𝑑 Legge di Faraday-Neumann-Lenz (o comunemente legge di Lenz): 𝑑𝜙 𝑒 = −𝑁 (20.4) 𝑑𝑡 (20.9) che è la seconda legge di Ampere: ⃗⃗ ⋅ 𝜏⃗𝑑𝑙 ≅ 𝐻 ⋅ 𝑑 = 𝑁𝑖 (20.9) ∮𝛤 𝐻 Da Halliday, pag. 844 (870 pdf) ⃗⃗ ⋅ 𝑑𝑠⃗ = 𝜇0 𝑖enc (Ampere's law) (29-14) ∮𝐵 se ci sono n spire ⃗⃗ ⋅ 𝑑𝑠⃗ = 𝜇0 𝑖enc n (Ampere's law) (29-14) ∮𝐵 poiché è integrale di linea, se ci riferissimo a un cerchio consideremmo il CONTORNO di quella superficie, quindi una circonferenza, perche dovremmo considerare il punto iniziale e il punto finale di questo contorno (in questo caso 2πr) Se notate, questa legge, la (20.14) è molto simile alla tradizionale cosiddetta "legge di Ohm" che definisce, che descrive i resistori lineari, infatti è detta "legge di Ohm magnetica", oltre che legge di Hopkinson ed è appunto analoga la legge: 𝑅𝑖 = 𝑒 (20.15) che vale per un resistore che è chiuso su un generatore di tensione che ha una forza elettromotrice 𝑒. Proprio per analogia con quanto abbiamo appena detto, la quantità 𝑁 per 𝑖 è detta "forza magnetomotrice" e questo flusso è l'analogo della corrente 𝑖. 58 L20M02 Campo magnetico Review & Summary – da Halliday 10th cap. 30, pag. 893 (919 pdf) ⃗⃗ is defined as Magnetic Flux The magnetic flux Φ𝐵 through an area 𝐴 in a magnetic field 𝐵 ⃗⃗ ⋅ 𝑑𝐴⃗ (30-1) Φ𝐵 = ∫ 𝐵 29 where the integral is taken over the area. The SI unit of magnetic flux is the weber, where 1 Wb = 1 T ⋅ ⃗⃗ is perpendicular to the area and uniform over it, Eq. 30-1 becomes m2. If 𝐵 ⃗⃗ ⊥ 𝐴, 𝐵 Φ𝐵 = 𝐵𝐴 (30-2) (𝐵 ⃗⃗ uniform) Faraday's Law of Induction If the magnetic flux Φ𝐵 through an area bounded by a closed conducting loop changes with time, a current and an emf are produced in the loop; this process is called induction. The induced emf is 𝑑Φ𝐵 ℰ=− (30-4) (Faraday's law) 𝑑𝑡 If the loop is replaced by a closely packed coil of 𝑁 turns, the induced emf is 𝑑Φ𝐵 ℰ = −𝑁 (30-5) 𝑑𝑡 Lenz's Law An induced current has a direction such that the magnetic field due to the current opposes the change in the magnetic flux that induces the current. The induced emf has the same direction as the induced current. Emf and the Induced Electric Field An emf is induced by a changing magnetic flux even if the loop through which the flux is changing is not a physical conductor but an imaginary line. The changing magnetic field induces an electric field 𝐸⃗⃗ at every point of such a loop; the induced emf is related to 𝐸⃗⃗ by ℰ = ∮ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝑠⃗ (30-19) where the integration is taken around the loop. From Eq. 30-19 we can write Faraday's law in its most general form, 𝑑Φ𝐵 ∮ 𝐸⃗⃗ ⋅ 𝑑𝑠⃗ = − (30-20) (Faraday's law) 𝑑𝑡 A changing magnetic field induces an electric field 𝐸⃗⃗. Inductors An inductor is a device that can be used to produce a known magnetic field in a specified region. If a current 𝑖 is established through each of the 𝑁 windings of an inductor, a magnetic flux Φ𝐵 links those windings. The inductance 𝐿 of the inductor is 𝑁Φ𝐵 𝐿= (30-28) (inductance defined) 𝑖 The SI unit of inductance is the henry (H), where 1 henry = 1H = 1 T ⋅ m2 /A. The inductance per unit length near the middle of a long solenoid of cross-sectional area 𝐴 and 𝑛 turns per unit length is 𝐿 = 𝜇1 𝑛2 𝐴 (30-31) (solenoid) 𝑙 Self-Induction If a current 𝑖 in a coil changes with time, an emf is induced in the coil. This self-induced emf is 𝑑𝑖 ℰ𝐿 = −𝐿 (30-35) 𝑑𝑡 30 The direction of ℰ𝐿 is found from Lenz's law: The self-induced emf acts to oppose the change that produces it. Series 𝑹𝑳 Circuits If a constant emf ℰ is introduced into a single-loop circuit containing a resistance 𝑅 and an inductance 𝐿, the current rises to an equilibrium value of ℰ/𝑅 : ℰ 𝑖= (1 − 𝑒 −𝑡Γ𝐿 ) (30-41) (rise of current) 𝑅 Here 𝜏𝐿 (= 𝐿/𝑅) is the inductive time constant. When the source of constant emf is removed, the current decays from a value 𝑖0 according to 𝑖 = 𝑖0 𝑒 −ℓ/𝑇𝑙 (30-45) (decay of current) Magnetic Energy If an inductor 𝐿 carrics a current 𝑖, the inductor's magnetic field stores an energy given by 1 𝑈𝐵 = 𝐿𝑖 2 (30-49) (magnetic energy) 2 If 𝐵 is the magnitude of a magnetic field at any point (in an inductor or anywhere else), the density of stored magnetic energy at that point is 𝐵2 𝑢𝐵 = (30-55) (magnetic energy density) 2𝜇0 Mutual Induction If coils 1 and 2 are near each other, a changing current in either coil can induce an emf in the other. This mutual induction is described by 𝑑𝑖1 𝜀2 = −𝑀 (30-64) 𝑑𝑡 𝑑𝑖2 𝜀1 = −𝑀 (30-65) 𝑑𝑡 where 𝑀 (measured in henries) is the mutual inductance. I componenti elettrici lineari Abbiamo visto a questo punto quasi tutti i componenti elettrici che abbiamo utilizzato nella prima parte del corso, cioè nella parte di teoria dei circuiti. Figura 20.5 Abbiamo visto che la conduttanza del resistore può essere calcolata ed è uguale alla conducibilità per la sezione di questo resistore ideale cilindrico, sulla lunghezza del resistore stesso. 31 Conduttanza del resistore 𝛾𝑆 𝐺= (19.21) 𝐿 Analogamente 𝜌𝐿 𝑅= (19.21b) 𝑆 Abbiamo visto anche che la capacità del condensatore a facce piane è invece uguale alla costante dielettrica moltiplicata per la superficie totale delle armature del condensatore divisa per la distanza tra queste armature. Capacità del resistore 𝜖𝑆 𝐶= (19.26) ℎ E finalmente abbiamo appena visto che l'induttanza dell'induttore ideale è uguale alla permeabilità magnetica del mezzo in cui viene realizzata l'induttanza moltiplicata per la sezione del nucleo magnetico divisa per la lunghezza di questo nucleo magnetico e moltiplicata per il numero di spire avvolte attorno al nucleo magnetico al quadrato. Induttanza dell’induttore ideale 𝜇𝑟 𝜇0 𝑆 2 𝐿 = 𝑁 (20.11) 𝑑 Le leggi dei componenti elettrici lineari si ricavano direttamente da quanto abbiamo appena detto. In particolare, ricordiamo che per il resistore lineare abbiamo che 𝛾𝑆 𝑖= 𝑣 ⇒ 𝑖 = 𝐺𝑣 (20.16) 𝐿 la cosiddetta "legge di Ohm", per il condensatore lineare abbiamo che 𝜀𝑆 𝑑𝑣 𝑖= ⇒ 𝑖 = 𝐶𝑣̇ (20.17) ℎ 𝑑𝑡 Vedi (19.20) Ricorda che 𝑣̇ indica semplicemente la derivata di v rispetto al tempo, è solo un modo più compatto di scriverla. e, leggermente più complicata, per l'induttore lineare: 𝜇𝑟 𝜇0 𝑆 2 ∘ 𝜙= 𝑁 𝑖 ⇒ 𝑣 = 𝐿𝑖 (20.18) 𝐾 se noi deriviamo entrambi i membri dell'espressione che abbiamo visto e cioè 𝜙 = 𝐿𝑖, otteniamo che ∘ 𝑣 = 𝐿𝑖 , ricordando che la derivata di 𝜙 è uguale alla tensione (Legge di Lenz). In generale queste ovviamente sono essenzialmente delle buone approssimazioni di quanto avviene nella realtà ma non dobbiamo dimenticarci che i componenti elettrici reali si discostano senz'altro da questo tipo di comportamenti, tipicamente per esempio se salgo troppo in tensione, o troppo in corrente, le proprietà dei materiali e in particolare quelle di non linearità con cui sono realizzati i componenti, iniziano a farsi sentire. 32 Ora, c'è un ultimo componente che abbiamo visto nella parte di teoria dei circuiti. Per potere introdurre anche l'ultimo componente che ci manca e poi in realtà anche altri componenti che di fatto sono strettamente legati a questo, dobbiamo però indicare un po' meglio alcune questioni relative alle convenzioni con cui andiamo a misurare i flussi nei nuclei magnetici. Figura 20.6 Ci ricordiamo che il flusso è una quantità scalare che ha però un segno che è necessario indicare in modo appropriato. Quindi va scelta una convenzione per indicare qual è il flusso che è concatenato con una spira, e questo va fatto in funzione di quello che è il verso della spira stessa, perché provate a pensare: se noi abbiamo un nucleo possiamo avvolgere la spira in senso orario e in senso antiorario, o, possiamo far fluire la corrente in un verso oppure nell'altro. Questa scelta è puramente convenzionale. Per convenzione si usa indicare il verso del flusso secondo la cosiddetta "regola della mano destra" che dice che dobbiamo considerare che il flusso va nella stessa direzione che prende il nostro pollice, quindi pensate alle spire che si avvolgono come le dita della mano destra che sto chiudendo a pugno, e al pollice che va verso l'alto: se notate è esattamente l'opposto di quello che farei con la mano sinistra. Un esempio un po' forse più chiaro lo vedete in Figura 20.6: come notate nel primo caso le spire si avvolgono nel senso indicato e quindi prendiamo il flusso verso l'alto; nel caso che vedete invece a fianco, le spire, attenzione, si avvolgono nello stesso senso ma la corrente ha verso opposto, quindi dal punto di vista della corrente è come se dovessimo ribaltare questo pezzo di immagine e a questo punto quello che vedremmo è esattamente quello che è indicato, cioè che il verso del flusso, da convenzione, va verso il basso. A questo punto possiamo introdurre l'ultimo componente che ci mancava, cioè gli induttori accoppiati, quindi la mutua induttanza tra due bobine che vengono avvicinate nella realtà fisica. Figura 20.7 Bene, se avvicino due avvolgimenti avvolti attorno un pezzo di nucleo di qualche tipo, mi posso aspettare che una parte del flusso sia concatenato a tutti e due gli avvolgimenti. Nella figura che vedete questa parte del flusso è indicata con la lettera 𝜙𝑐 ed è indicata con una linea tratteggiata. Attenzione alle convenzioni di segno e ai versi di questo specifico esempio. Si noti come il flusso 𝜙𝑐 , che ovviamente deve avere un'unica direzione, in questo specifico caso è stato indicato concorde con 33 il flusso 𝜙1 e però discorde con il flusso 𝜙2. Quindi a questo punto possiamo generalizzare la legge che abbiamo già visto per l'induttore ideale che, se ricordate, abbiamo modellizzato con un solenoide toroidale. Quindi nel caso più semplice che abbiamo visto sopra quello che si può vedere è che la dipendenza tra flussi e correnti può essere espressa stavolta con una matrice 𝜙1 𝐿 𝑀 𝑖1 [ ]=[ 1 ] [ ] (20.19) 𝜙2 𝑀 𝐿2 𝑖2 quindi vediamo che il vettore 𝜙1 , 𝜙2 , vettore in senso algebrico stiamo dicendo in questo caso, è uguale alla matrice delle induttanze, che nell'elemento (1,1) ha la quantità 𝐿1 , cioè quella che viene chiamata "autoinduttanza del circuito 1" o semplicemente "induttanza della parte 1 del circuito"; nell'elemento (2,2) ha la quantità 𝐿2 , che è la stessa cosa per l'avvolgimento 2 , quindi l'autoinduttanza di 2; e negli elementi fuori dalla diagonale principale, quindi nell'elemento (1,2) e nell'elemento (2,1), ha una quantità 𝑀 che è detta "mutua induttanza" e, come si può verificare, è sempre uguale. Quindi la mutua induttanza di 1 rispetto a 2 è uguale alla mutua induttanza di 2 rispetto a 1. Questa matrice va moltiplicata per il vettore delle correnti. Bene, se, come nel caso dell'esempio di prima, i versi dei flussi concatenati è discorde in uno dei due avvolgimenti, avremo una quantità 𝑀 negativa, in modo del tutto duale se invece abbiamo che il flusso è concorde in entrambi gl

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