Teorie e Tecniche delle Scritture - Appunti
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Università di Torino
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Gli appunti si concentrano su teorie e tecniche delle scritture, fornendo analisi di testi e concetti chiave per la comprensione della narrativa. Il documento è un materiale di supporto per gli studenti.
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**TEORIE E TECNICHE DELLE SCRITTURE** **\*\*N. B:** All'esame il racconto deve essere letto in un video creato con un'immagine proveniente dall'intelligenza artificiale (non per forza video) da consegnare almeno 15gg prima dell'esame. Il racconto non deve per forza essere compiuto, va bene anche un...
**TEORIE E TECNICHE DELLE SCRITTURE** **\*\*N. B:** All'esame il racconto deve essere letto in un video creato con un'immagine proveniente dall'intelligenza artificiale (non per forza video) da consegnare almeno 15gg prima dell'esame. Il racconto non deve per forza essere compiuto, va bene anche una scena. Per le immagini non c'è alcun obbligo di stile, si può scegliere quello preferito da noi. - Per scrivere il racconto si partirà dagli incipit suggeriti dal prof (c.a. 10/15 incipit) da interpretare in qualsiasi modo si voglia (racconto poliziesco, young adult, rosa ecc....); - Il giorno dell'esame verrà fatto un test su tutto il programma senza penalizzazione per le risposte sbagliate. **LIBRI DA STUDIARE:** Gli attrezzi del narratore (disponibile gratuitamente); breve storia della letteratura gialla (dispensina); Semiotiche del testo (semiotiche2023 cod. sconto); La camera azzurra (un romanzo da leggere per analizzarlo in classe). Il programma resta invariato, frequentanti o non. **LEZIONE 1 -- 19/09/2024** È possibile **insegnare** la creatività? No, perché tutti quanti già la possediamo. Ciò che si può insegnare sono gli **strumenti** per tirarla fuori, per non far restare le idee semplicemente tali. La differenza è tra chi decide di usare la propria creatività e chi non. **ANALISI 1° CAPITOLO LA CAMERA AZZURRA: La narrativa è fatta di idee e di parole**. Il romanzo inizia dicendo "*Ti ho fatto male?"* \> inizio in **media res.** Esso stimola una collaborazione creativa, in quanto non ci viene detto niente, creando una situazione di incomprensione e, per poter comprendere altro, bisogna aggiungere qualcosa. "*Come avrebbe potuto sapere che avrebbe rivissuto quel momento*?" è la frase che segue, ma il lettore non comprende se non fino a 8 capitoli dopo. Il racconto procede, difatti, per **prolessi**, costruendo man mano e rendendo all'inizio tutto ugualmente importante. Sta a noi snocciolare tutto e capire cosa lo sia veramente. In seguito intravediamo la scena di un interrogatorio: vengono **intrecciati presente e passato** al fine di renderci più attenti. Viene sfruttato tantissimo il rapporto **dentro-fuori** "*Sei così bello che mi piacerebbe fare l'amore con te [davanti a tutti]*" \> da qui inaugura il gioco dentro-fuori: irrompe la luce, poi i rumori, le voci. L'autore vuole dirci che è un po' **[come se]** facessero l'amore davanti a tutti, quindi il dentro va nel fuori. **Questo scambio serve per**: 1. Accrescere l'erotismo della situazione; 2. Per accrescere la pericolosità. Ci viene detto qualcosa sui personaggi, ma **non** nella classica maniera descrittiva, ci viene detto poco ma tanto, **da queste cose possiamo trarre altri elementi**: oltre a usare i cognomi (con l'espediente del fratello proprietario dell'albergo, veniamo a sapere il cognome del protagonista maschile, Falcone, che è italiano) pian piano ci dà piccole indicazioni fisiche, temporali (sappiamo che è agosto); spaziali (ci sono le automobili, Andrèe guida una due cavalli \> auto prodotta nel dopoguerra, inoltre è donna e guida). Quando lavoriamo con le parole dobbiamo sapere che non basta piazzare da qualche parte quelle che riteniamo più giuste per capirci. Semplicemente capirci non è l'obiettivo. **LEZIONE 2 -- 20/09/2024** **[COSA FA UNA STORIA?]** Per fare una storia bisogna creare dei **personaggi,** nello specifico [qualcuno che desidera] (volontà di raggiungere qualcosa) e [qualcuno che glielo impedisca]. [ ] Entrambi gli elementi dipendono l'uno dall'altro per poter esistere. Inoltre [non tutto] quello che esiste merita di essere storia: esistono storie che rivestono interesse **in senso narrativo** ed altre che semplicemente esistono. Paradossalmente non ci interessa ciò che succede a tutti, ma ciò che succede a pochi, le loro "sfighe", i loro ostacoli: solo nel momento in cui devono superare qualcosa, la storia esiste e ci interessa. A tal proposito, **Vladimir Propp** è il primo a notare come, alla fine, tutte le storie si somiglino tra di loro. **Roland Barthes**, appartenente agli **strutturalisti**, crede che sia possibile osservare come siano composti i testi, le basi comuni a tutte le narrazioni, difatti **tutte** le storie sono una successione di difficoltà e superamenti degli ostacoli, di miglioramenti e peggioramenti. Ciò può aiutare, specialmente laddove manca ispirazione e si resta bloccati nello scrivere: sapere che tutte le storie sono uguali, basate su **rielaborazioni dei medesimi archetipi**, "rinfranca" in un certo senso. **(!!:** non bisogna confondere tutto ciò con l'obbligo di un lieto fine, però. Esso non deve per forza esserci, la vicenda può anche finire male. Ciò che conta è che gli ostacoli vengano superati [alla fine] della narrazione ed essi, ovviamente, dovranno essere **coerenti** con la realtà in cui stiamo ambientando la storia). Nello specifico, Barthes parla di **[motivi]** (da non confondere "motivazione"): un [motivo è una breve storia/tema in grado di migrare da un testo all'altro] (vendetta, tradimento ecc.) Analizzando ulteriormente i testi al di sotto della superficie, Barthes dimostra che in essi **[non]** è tutto ugualmente significante, nonostante ogni singola pagina del testo mantenga comunque significato (*es: leggendo salto cinque pagine per noia e, pur facendolo, non perdo il filo narrativo. Questo vuol dire che le pagine saltate non erano la colonna portante del romanzo, ma mantengono comunque un significato*). Individua, così, la distinzione tra **[FUNZIONI]** e **[INDIZI]**: le funzioni appartengono alla [trama], gli indizi contribuiscono a creare lo [sfondo]. Le funzioni sono elementi dell'intreccio, quei passaggi di testo che influenzano gli eventi successivi. Dentro esse possono esserci: - **[Nuclei:]** passaggi ancora più pregnanti, che influenzano le azioni successive. Nello specifico, un nucleo è un contenuto testuale che abbia una **biforcazione** nel percorso di narrazione, come il compiere una scelta (questo piuttosto che l'altro) ma che non abbia così tanta importanza; - **[Catalisi]**: connettivi che hanno a che fare con le azioni successive ma che non determinano alcun punto di svolta. Gli **[indizi]** sono elementi che consentono meglio di comprendere [umori] e [motivi] di una concatenazione di eventi, di "caratterizzare" (*es: scrivere "Michele salì sulla sua auto e mise in moto" e "Nico salì sulla sua auto e sgommò partendo" fa sì che, pur descrivendo la medesima azione, i due personaggi siano caratterizzati in maniere diverse*). Sono riempitivi utili per capire non tanto cosa succede, ma **[perché]** succede. Oltre agli indizi esiste una categoria ancora meno significante, gli **[informanti]** (o **effetti di realtà**), ad esempio: se scrivo "*Michele accese una Marlboro*" è così importante sapere che genere di sigarette fumi il personaggio? No, serve solo a indicare che la storia è calata nella realtà. Abusarne però non va mai bene, poiché si incorre nel rischio di trasformare una parte di testo in un indizio che non viene capito (*es: "Michele non poteva presentarsi all'appuntamento con Gioia vestito di un jeans e una maglietta, poiché Gioia era di Crocetta", dire che Gioia è di Crocetta verrà capito solo da chi è di Torino, non da chi è di Bari*). **ANALISI 2a metà 1° CAPITOLO LA CAMERA AZZURRA** La fine del capitolo è caratterizzata da una **sovrabbondanza** di indizi e informanti, che aiutano a contestualizzare lo spazio e costruiscono un primo elemento di tensione narrativa semplicemente dalla descrizione dei personaggi. Un esempio è la minuziosa descrizione dell'ambiente quando il protagonista torna a casa dopo aver tradito la moglie: il fine è quello di sottolineare il **senso di colpa** e tutto ciò che potrebbe perdere, ossia la sua serenità, la sua famiglia. Paradossalmente, però, è anche ciò che gli genera monotonia e lo spinge a cercare delle scappatelle, maggiore tensione e azione nella propria esistenza. Tutto questo viene creato semplicemente dall'opposizione di due scene: una carica di tensione erotica (il tradimento) e una terribilmente placida (il ritorno a casa). **LEZIONE 3 -- 26/09/2024** **TRAMA:** L'idea di trama che tutti abbiamo è legata alla "storia" che c'è sotto (prima di andare a vedere un film leggiamo la trama per poi osservarne la realizzazione). È il modo in cui si sviluppano i fatti, per cui è una **successione di eventi**. Essi, però, non vengono raccontati necessariamente in ordine cronologico, naturale, ma a partire dall'**evento** che viene ritenuto più **saliente**, quello d'inizio. In ogni forma di narrazione l'ordine naturale viene ricostruito a posteriori, sacrificato in favore di un *ordo artificialis.* Si oppongono quindi **ordine naturale** *(ordo naturalis),* quello in cui i fatti si sono svolti, e **ordine artificiale** *(ordo artificialis),* cioè come scegliamo di raccontarli. In semiotica diventano, rispettivamente, **fabula** e **intreccio**. *Perché creiamo l'intreccio*? Per creare interesse nella narrazione, è un ordine [estetico] (es: Le regole del delitto perfetto, ogni episodio, ogni stagione, inizia al rovescio), ciò avviene anche nel **poliziesco**: prima avviene la scoperta del cadavere, dopo i vari indizi ecc. La **fabula** è quindi la ricostruzione degli eventi che facciamo nella nostra mente seguendo i rapporti di causa-effetto e temporalità, andando oltre la **disgiunzione cognitiva** che impedisce al lettore/spettatore di sapere tutto. L'intreccio serve a produrre un effetto specifico, a produrre domande che troveranno risposta in seguito. [COSA DISTINGUE L'INTRECCIO DALLA FABULA?] Il **tempo**: se la fabula dà [linearità] agli eventi nel tempo, l'intreccio rompe questa linearità andando avanti e indietro nel tempo. Ciò è finalizzato anche per potersi spostare dal punto di vista di un personaggio e un altro. A tal proposito bisogna analizzare i concetti di analessi e prolessi: [**Analessi**:] recupero di qualcosa che è avvenuto prima e raccontiamo dopo (*flashback*). Ci consente di definire un punto di inizio della narrazione e partire da lì trascurando alcuni particolari, ed essi sono responsabili della nascita di domande nel lettore che rendono interessanti la storia -\> *cliffhanger*, aggancio che crea suspence. [**Prolessi**:] sono dei salti in avanti (*flashforward)*, servono a farci interpretare la storia in maniera diversa (*es: se so che un personaggio verrà ucciso dall'inizio della storia, dal primo capitolo, interpreto tutti gli eventi in maniera diversa).* In [comune] hanno che entrambe creano una forte **tensione narrativa** nelle storie. **[Memoria individuale]**: dati che abbiamo depositato nel nostro cervello, la nostra identità, che si esplicita nel momento in cui raccontiamo qualcosa a qualcuno; **[Memoria collettiva:]** risiede nei racconti ma, mentre la memoria individuale è solo nel cervello, quella collettiva sta soltanto nei **racconti** che circolano di generazione in generazione. La generazione, che siamo abituati a categorizzare in base all'anno di nascita, in realtà è molto più simile a un gruppo di persone che hanno fatto un viaggio insieme e vissuto le stesse esperienze. **ANALISI 2° CAPITOLO LA CAMERA AZZURRA.** Questo capitolo somiglia a uno **split screen** cinematografico: da una parte il viaggio in macchina (presente. linea della normalità), dall'altro il ricordo del pomeriggio precedente e la sua riflessione su quanto avvenuto (si avverte un'aria di tensione, di rischio, di orlo del precipizio. A servirlo al bar è Françoise e da poco aveva consumato un adulterio). È un gioco continuo tra passato e presente, con connettivi che anticipano le riflessioni future del protagonista che fanno sorgere interrogativi. **LEZIONE 4 -- 27/09/2024** **COS'E' QUALSIASI NARRAZIONE?** È la ricerca di un **oggetto** **del desiderio.** Esso è detto in *semiotica: [oggetto di valore], di tipo fisico, e quindi con un valore [intrinseco].* Il valore, però, non dipende dall'oggetto in sé ma da quanto è [desiderato], e l'oggetto può essere di **valore**, di **potere** o di **sapere**. L'oggetto di sapere può avere un valore sia mentale (condivido un sapere) che propriamente fisico (se lo condivido, non possiamo averlo entrambi, o io o l'altro), ma assume valore solo quando **esclude gli altri** dal sapere, quando è, cioè, **segreto**. In generale, nelle narrazioni, sono sempre presenti degli impedimenti davanti all'ottenimento dell'oggetto del desiderio. Da qui ci si riallaccia alla teoria di un noto strutturalista, ossia **Greimas**, che, riallacciandosi a ciò che diceva Propp (ossia che tutte le fiabe di magia russa hanno la stessa struttura, cosa purtroppo arrivata dopo in Europa), dice che tutte le storie hanno un **programma narrativo,** sono presenti sempre gli stessi **attanti**. Per comprendere cosa sia un attante, bisogna passare per la definizione di **ruolo**: i ruoli sono delle [generalizzazioni, non cambiano di storia in storia ma, a cambiare, sono i personaggi che si inseriscono in essi. ] I ruoli sono: - **Soggetto**, colui che desidera conquistare l'oggetto del desiderio (eroe, attante 1); - **Antagonista/Opponente**, il cui compito è quello di evitare l'avanzata dell'avversario, costituisce un primo ostacolo, oltre ad altri possibili di carattere materiale, può essere personificato o no; - **Aiutante dell'eroe** (attante 2); - **Aiutante dell'antagonista** (attante 3); - **Il destinante,** un altro tipo di attante che rende desiderabile l'oggetto di valore; è stato già detto in precedenza che l'oggetto di valore non viene desiderato in sé, ma in base alle condizioni che fanno sì che ciò accada, ossia o per **necessità** o per **desiderio**. (*es: desidero cibo se ho fame, altrimenti non ha valore);* ***[In definitiva l'oggetto di valore deve essere prima desiderato e poi conteso con qualcuno, ossia l'antagonista. ]*** ***[Sui personaggi facciamo degli investimenti valoriali, in base a cui, alla fine, si decide chi vince e chi no.]*** Il programma narrativo prevede un [inizio] dove il protagonista desidera l'oggetto del desiderio, a cui vuole congiungersi. Segue uno [sviluppo] in cui il protagonista lotta contro l'antagonista, per poi arrivare al [finale] con l'ottenimento dell'oggetto del desiderio, oppure no e perdere la speranza di ottenere l'oggetto. Non tutte le storie finiscono bene, ma tutte terminano con un'irrealizzabilità del desiderio (o è stato realizzato prima, o non verrà mai realizzato). Nel percorso verso l'ottenimento dell'oggetto di valore, il protagonista ne ottiene diversi altri, di valore intermedio, per raggiungere il proprio scopo (di uso contemporaneo/naturale ecc.). Le fiabe costituite da varianti diverse sono dette, in semiotica, "**fiabe tipo**". **ANALISI 3° CAP LA CAMERA AZZURRA** Viene delineato maggiormente il personaggio di Nicolas, che si scopre affetto da epilessia e con una madre quasi tirannica, la quale rende la convivenza con Andree problematica. Le famiglie di entrambi sono facoltose, ma quella della moglie è in decadenza, pertanto spera di vivere con un uomo che muoia, di lì a poco. In questo capitolo il narratore è bravo a passare da dialogo a discorso indiretto libero **LEZIONE 5 -- 03/10/2024** Ogni narrazione crea, col fatto stesso di esistere, un **mondo possibile.** Le narrazioni che non introducono nulla di nuovo rispetto alla realtà non creano un mondo possibile ma qualcosa di più simile a un [reportage]. **Cos'è un mondo possibile?** È un insieme di regole che danno coerenza al mondo raccontato nella narrazione, e queste regole possono somigliare molto, o del tutto, al mondo reale *(contratto di veridizione).* Se creo un mondo possibile in cui non si seguono queste regole, si può fare relativamente ciò che si vuole *(patto finzionale).* Distinguiamo, perciò, tra: - **Mondi possibili di tipo realistico**, se vogliamo scrivere una storia realistica ci atteniamo a quello che accade nella realtà; - **Mondi possibili di tipo fantastico,** che hanno come base regole che [non] esistono nel mondo reale. [Todorov] divide la narrazione fantastica in meraviglioso **accettato** (*es:* *zombie, poiché nel corso della narrazione cinematografica si cerca, in qualsivoglia modo, di giustificare l'esistenza di queste creature*) e quello **spiegato**. Ogni autore che scrive un romanzo si rivolge a quello che viene definito **lettore modello** *(es: se scrivo un romanzo sul viaggio sulla luna è realistico per un lettore moderno, ma non per uno dell'800).* La differenza tra fantastico e realistico cambia, quindi, in base alle **conoscenze sociali** (*in semiotica dette "enciclopedia del lettore/spettatore)* che il lettore modello ha della realtà, difatti ogni lettore sovrappone la propria visione del mondo alla rappresentazione. Tra autore e lettore esiste un **contratto di veridizione** (**o patto finzionale**) ossia un insieme di enunciati che si danno all'inizio della narrazione e ci fanno capire se siamo in un mondo realistico o fantastico e, in quest'ultimo caso, ci farà capire anche di che tipo sia. Noi accettiamo, dunque, questo patto. Ci sono esempi di narrazioni che giocano con il patto finzionale. *Es: ne "Dal tramonto all'alba" il contratto di veridizione non viene rispettato, avviene uno scarto. Inizialmente si dà **un\'interpretazione realistica**: capo spedizione che interagisce con un alpinista che vuole partecipare alla spedizione; si comincia a storcere il naso quando ci si rende conto che il capo spedizione vede doppio, quindi è matto, e anche la guida lo è, mentre l\'alpinista è sano; il finale è una totale distruzione del contratto di veridizione (che è una fiducia) perché si vede un effettivo secondo alpinista \> la distruzione del contratto di veridizione è tipica del cabaret.* Dunque, in realtà, le storie di per sé non dicono nulla ma iniziano a "parlare" soltanto nel momento in cui incontrano la nostra interpretazione. **ANALISI 4° CAP LA CAMERA AZZURRA** Simenon dimostra la sua straordinaria capacità di giostrarsi tra elementi che ci servono ed altri puramente per ottenere effetti realistici, dettagli in cui possiamo identificarci. Vengono date informazioni sulla casa di Tony per esempio, una casa molto moderna, addirittura con una TV, che spende del tempo con la moglie, la loro routine, tutti dettagli per farci sentire dentro la storia e farci dire "si, anch'io faccio questa cosa/mi ci rivedo". Ma non soltanto. In realtà l'operazione che sta compiendo è di dissimulazione, cioè quella di far passare per meno rilevanti dettagli che, in realtà, potrebbero esserlo in futuro. Tutto, infatti, assume un'importanza diversa nel momento in cui apprendiamo della morte di Nicolas e della situazione di Tony. **LEZIONE 6 -- 04/10/2024** Narratore e autore sono due entità **diverse**: l'autore è lo scrittore dell'opera, talvolta vivo, mentre il narratore non muore mai, ma solo nel momento in cui terminiamo il libro. Dunque il narratore viene definito "**entità enunciativa"**. La forma di narratore più diffusa è quello esterno e può essere [extradiegetico], ossia è fuori la storia ed è una voce che racconta fatti (può avvicinarsi/allontanarsi dall'autore/storia); esiste il narratore [omodiegetico], che sta nella storia ma non racconta la sua storia, non è il personaggio principale (*es: Watson racconta le avventure di Sherlock Holmes*) e talvolta può essere anche più partecipativo del personaggio stesso; narratore [auto diegetico], racconta la propria storia, tendenzialmente è in prima persona. Il limite del narratore interno è che può raccontare solo quello che ha visto lui, a meno che qualcuno non gli racconti qualcosa. Nelle narrazioni esistono diversi tipi di focalizzazione: - **Focalizzazione fissa:** quando il punto di vista del narratore esterno è sempre lo stesso, pertanto il personaggio scelto è sempre in scena *(es: lo fa Camilleri con Montalbano);* - **Focalizzazione variabile:** quando vari episodi della narrazione sono visti ciascuno attraverso un diverso personaggio *(es: Manzoni nei Promessi sposi);* - **Focalizzazione multipla:** quando uno stesso episodio della narrazione è visto attraverso lo sguardo di molti personaggi, la stessa scena è vista da 2/3 punti di vista. Talvolta il narratore può essere personificato. **VISIONE: Elephant (short film) di GUS VAN SANT -** Da questo film breve apprendiamo che la costruzione di una storia non è così tanto semplice; ad esempio, se viene detto che il soggetto è colui che è impegnato nella [conquista] di un oggetto di valore, **cosa lo rende diverso dall'antagonista**? Normalmente stabiliamo questa consuetudine in base alle **scelte che l'autore** **fa** e che propone al lettore, che possono andare nell'ordine [dell'etica condivisa socialmente] o [l'etica che si stabilisce tra autore e lettore (]*es: in Lupin noi facciamo il tifo per il ladro sapendo bene che, se fossimo noi vittime di un furto, non tiferemo per lui*[)]. Facciamo perciò un **investimento valoriale** sui personaggi, e questi valori ci servono per stabilire chi dovrebbe vincere o perdere. In "Elephant" ci sembrerebbe di non poter individuare nessun eroe, ma in realtà c'è ed è **John**. Lui è l'unico che viene presentato positivamente (ha il padre alcolista, se ne prende cura, e definisce l'antieroe ossia i ragazzi armati e il preside) perché il regista decide di compiere su di lui l'investimento valoriale. Altro dettaglio importante è che in questo breve film **non** c'è alcuna soggettiva, solo semi-soggettive, dove: - una **soggettiva** è una ripresa fatta come se la macchina da presa guardasse con gli occhi del personaggio, per definizione il personaggio in essa non si vede; - la **semi-soggettiva** ci permette di vedere contemporaneamente il guardante e il guardato. In quasi tutto il film, ogni volta che viene presentato un personaggio nella didascalia, successivamente, per qualche istante, lo seguiamo di spalle e la macchina da presa compie gli stessi movimenti del capo del personaggio preso in considerazione. In parte, quindi, vediamo la direzione dello sguardo ma [non] è esattamente ciò che vede il personaggio, altrimenti non ne vedremmo la nuca. Quello che accade è che **assumiamo un punto di vista**. Posto che il narratore possa essere omodiegetico, extradiegetico o auto-diegetico (può stare dentro o fuori la storia): - se il narratore sta **dentro** la storia ha esclusivamente il **suo** punto di vista; - se sta fuori può **usare** il punto di vista di altri personaggi. **Come accade ciò?** O **riportando** il punto di vista di un personaggio o **assumendolo**. [ES. RIPORTARE IL PUNTO DI VISTA]: si usano stilemi come "*aveva l'impressione che*...", così il narratore riporta le sensazioni di un personaggio (nel cinema avremmo, quindi, usato una semi-soggettiva). [ES. ASSUMERE IL PUNTO DI VISTA:] si usa il discorso indiretto libero (per adottare i pensieri del protagonista) (nel cinema ciò trova corrispondenza nell'uso della soggettiva). **A che serve usare il punto di vista dei personaggi?** A farci entrare completamente nella storia. Il narratore auto-diegetico interno ha, però, dei **limiti,** ossia che può raccontare solo le [cose che ha visto il personaggio], a meno che non racconti tutto al passato o che altri personaggi gliele abbiano raccontate ( a differenza di quello extradiegetico, una sorta di entità dall'alto che vede e sa tutto. Spesso esso potrebbe apparire freddo, ma il trucco è adottare o riportare il punto di vista di qualche personaggio). Un altro limite si presenta quando abbiamo un **personaggio seriale** tra le mani: non soltanto non lo si può far morire, ma risulta ancora più difficile usare il narratore in prima persona, specialmente se il racconto usa come tempo il presente (ci saranno moltissime frasi brevi e semplici, al contrario, usando il passato remoto la sintassi potrà diventare più complessa). Il trucco è narrare un po' al presente e un po' al passato. Il punto di vista in una narrazione è sempre lo stesso o può cambiare? Basta usare il narratore onnisciente e cambiare la focalizzazione (vd. sopra) **LEZIONE 7 - 10/10/2024** **LE ORIGINI DEL GIALLO** Il termine "**giallo**" deriva dalla prima collana della Mondadori di inizio Novecento interamente dedicata al genere poliziesco, le cui copertine erano tutte **tinte di giallo**. Da quel momento in poi, in Italia, il termine "giallo" diventa sinonimo di poliziesco, mentre in Francia si predilige il termine *noir* (suggerisce l'ideale di oscurità, di non svelato) sebbene il termine che fa da "ombrello" vero e proprio a questo genere sia la parola "*polar*" (una contrazione di policier e littérature). I tedeschi usano *kriminalroman* (include tutto ciò che ruota attorno al crimine), in inglese ce ne sono vari. Ciò che bisogna sapere è che sono pochissimi i romanzi che rientrano interamente nello spettro dell'enigma o del "nero", perciò esistono varie tipologie di contaminazioni. Il **romanzo a enigma è quello che nasce per primo**, risale al **1841 con "I delitti della Rue Morgue"** di **Poe,** e lì ci sono già gran parte degli ingredienti del poliziesco, inclusa la serialità. Esso si basa sul **ragionamento**, erede del secolo dell'illuminismo e ciò non è casuale, poiché, analizzando il contesto storico, le idee scientifiche, dopo aver abbandonato la cerchia degli intellettuali, circolano anche nella vita quotidiana, soprattutto nella mentalità. Si passa a città urbanizzate, Parigi, Londra e Napoli diventano le metropoli principali dell'epoca, di conseguenza, una concentrazione maggiore di persone combinata alle poche risorse, comporta un **aumento del crimine**. In questo contesto, la lotta al crimine avveniva soprattutto in **maniera preventiva**, ma non con politiche sociali, bensì con l'uso di guardie da parte dei più nobili. Pertanto inserire un poliziesco in questo contesto storico, o medievale, risulta un po' una forzatura, giacché già, di per sé, l'indagare su qualcosa era visto come fuori dall'ordinario. Nel **1805** viene fondato il **primo corpo di polizia europeo** a Parigi, la **Sureté**, e cambia il modo di approcciarsi al crimine. Il capo di questa divisione diventa, paradossalmente, un delinquente di nome **Vidocq,** questo perché era molto più semplice agire secondo la mentalità criminale: si scendeva nei bassifondi, si facevano soffiate, qualcuno veniva preso a calci e confessava (per questa stessa motivazione, nel poliziesco, solitamente, il detective non è un poliziotto in quell'epoca). In questo contesto emerge la figura del **detective**, prima ancora, però le sue radici sono legate [all'esercizio intellettuale della professione], pertanto compare dapprima nei romanzi (*es:* *Auguste Dupin che riesce ad arrivare dove la polizia non arriva con l'intelletto*). Per tutto l'Ottocento si predilige il **poliziesco a enigma**, con al centro dei nobili sfaccendati, dilettanti (*es:* Dupin era un nobile decaduto, proprio da lui viene presa ispirazione per la creazione di Sherlock Holmes, un po' il suo corrispettivo inglese) tutti personaggi che cambiano **radicalmente** nel 900 negli **Stati Uniti**. Il crimine qui raggiunge i picchi storici a causa del proibizionismo, pertanto costituisce terreno fertile per la nascita di questa ingegnosa letteratura. Con quello che succedeva tutti i giorni, poco avrebbe interessato alle persone un romanzo privo di dinamica, perciò nasce questo genere molto più spinto, violento. Alla base di un giallo ci sono due concetti: "**[who done it?"]** (ossia, chi l'ha fatto?), in qualsiasi storia poliziesca sapere chi ha commesso il crimine è il primo momento della narrazione \> lo troviamo come elemento fondante nella stragrande maggioranza dei polizieschi a enigma, come in Poirot; il secondo è la parte dell'azione, il "**come lo prendiamo?**". Scoprire la **verità** è la base di qualsiasi poliziesco, e deve essere consegnata al lettore e, soprattutto, ai personaggi (*es*: possono iniziare romanzi già facendo vedere a noi chi è il criminale, ma sono i personaggi a doverlo necessariamente sapere). [Se il lettore è disgiunto dalla verità o lo è l'investigatore, non abbiamo la piena verità,] non ne saremmo mai realmente soddisfatti. In un poliziesco è, quindi, importantissimo creare un *delicatissimo equilibrio tra quello che noi sappiamo e quello che sa l'investigatore e, solo alla fine, esso ci anticiperà.* In una vicenda criminale, abbiamo: - una persona che matura la volontà di ucciderne un'altra; - la vittima. Non possiamo, però, presentare i fatti in questo ordine, dicendo chi ha ucciso chi altri e il movente. Ogni poliziesco parte, al contrario, **dalla scoperta del delitto**, dopodiché qualcuno verrà incaricato di fare la prima indagine sui contatti della vittima; si ipotizzano l'arma, il movente e il colpevole. [Il poliziesco potremmo dire che sia in realtà composto da due storie: la ricostruzione del delitto e la realtà della vicenda]. Mentre in un romanzo a enigma l'obiettivo è scoprire la verità, in un thriller o noir, ci interessa anche fermare il colpevole con un'azione di forza. Quando si sceglie di scrivere un giallo, bisogna scegliere anche la figura dell'investigatore: spesso si è portati a credere che, scegliendo un professionista del settore, tutto si possa risolvere tutto, ma non è così. Il detective deve saper fare, voler fare, e poter fare per investigare e, se scegliamo un professionista, dobbiamo calarci nel suo mondo reale e nei suoi vincoli reali. Nel tempo abbiamo anche incontrato dei dilettanti, ma anche essi hanno dei limiti. È difficile renderli credibili e far sì che possano trovare in fretta una soluzione, specialmente se sono soli. Sono interessantissime anche le figure delle potenziali vittime, che hanno un interesse personale in tutto ciò ma, al pari del dilettante, ha bisogno comunque di qualche appoggio. Qualsiasi personaggio deve essere motivato ad agire e le sue azioni commensurate al suo movente. **CONTINUO ANALISI 4° CAP. LA CAMERA AZZURRA** La camera azzurra [non] è un giallo, sebbene il tema del giallo sia presente al suo interno. E' un capitolo che, nel poliziesco, viene definito una "**falsa vista**", questo perché, logicamente, nello scrivere un giallo non si può arrivare subito alla verità e, occorre, depistare il lettore nel corso della narrazione, metterlo nella stessa posizione dei personaggi. **LEZIONE 8 -- 11/10/2024** **Come collegare un tema complesso come quello dei rifiuti ambientali al giallo?** Sicuramente non inserendolo casualmente ma sfruttando le **narrative affordances**, correlandole al testo. Esse son tutte le possibilità narrative, nel senso di ruoli/funzioni, che un oggetto o un evento possono avere in una narrazione. Nel caso specifico dei rifiuti ambientali, le narrative affordances potrebbero essere: - il motivo per cui il protagonista assume una coscienza ambientale e lascia il suo lavoro; - la ragione per cui il protagonista conosce la sua futura moglie in un collettivo ambientalista; - il motivo per cui qualcuno viene ucciso in una controversia legata allo smaltimento dei rifiuti in un contesto mafioso. **LEZIONE 9 -- 17/10/2024** **IL POLIZIESCO DELLE ORIGINI.** **I delitti della Rue Morgue**, come detto in precedenza, è un racconto che spiana le porte al genere del poliziesco andando a fissare tutti gli elementi tipici del genere come la figura dell'investigatore (che diventa **prototipo** della figura dell'investigatore), la necessità di risolvere l'enigma. Inoltre, nella [prima stagione di questo genere], l'attenzione del poliziesco si sposta su quei delitti che non sembrano trovare soluzione, essendo la polizia inadatta → ne deriva che l'investigatore, spesso, sia in **concorrenza** con la polizia, la sfidi, sebbene sia un dilettante. Secondo una teoria, il poliziesco in realtà troverebbe le proprie radici in un tempo ancora più antico, ossia nella [Genesi] con [la storia di Caino e Abele.] In realtà di poliziesco in tutto ciò ci sarebbe ben poco, in quanto, non soltanto non basta un omicidio per poter definire un racconto come "poliziesco", ma Dio sa già tutto. Non è un poliziesco nemmeno l'Edipo Re, sebbene sia incentrato, apparentemente, su un'indagine sulle origini delle sciagure di Tebe, poiché più che indagine si tratta di una rivelazione. → **[L'ingrediente fondamentale di un poliziesco è la ricerca della verità.]** **INGREDIENTI DEL POLIZIESCO:** - ricerca della verità; - presenza del male; - possibile eradicazione del male (sebbene non sia fondamentale, può non essere sradicato per sempre). Su questa base, molti detrattori di questo genere, sostengono che sia "minore" rispetto agli altri, in quanto stretto in questi ingredienti. Non è così per il semplice fatto che [ciò che vincola il poliziesco è la realtà], difatti è il **genere realistico per eccellenza.** Il realismo non soltanto accresce la nostra possibilità di partecipazione, ma anche il coinvolgimento nel crimine. **[C'è un diretto legame tra questo genere e la serialità]**: il successo del poliziesco, tenendo conto del contesto storico in cui nasce, deriva anche dalle sue iniziali forme di pubblicazione, ossia sotto forma di **romanzo a puntate**, in cui bisogna sempre mantenere la tensione alta. Ecco spiegato perché, nella contemporaneità, il poliziesco abbia trovato largo impiego nelle serie televisive. Inoltre, questo legame diretto trova la sua ragion d'essere anche in virtù della natura del mestiere del protagonista: è naturale che, se una persona ricopre questo ruolo per tutta la vita, accumuli tanti casi diversi. Esistono due tipi di serialità, **verticale e orizzontale**: la serialità [verticale] è la serialità che si sviluppa in una puntata autoconclusiva (il caso si sviluppa e conclude in quella puntata), mentre la serialità [orizzontale] vede qualcosa restare in sospeso. **Chi è il protagonista della storia?** Bisogna dare una connotazione particolare, poiché, nel tempo, il dilettante diventa cliché. Nasce il detective rude, come diretta conseguenza del clima violento statunitense. Dagli anni 30 nasce il **legal thriller**, un poliziesco che ha come protagonista qualcuno appartenente al mondo della giustizia (non delle forze dell'ordine). In Italia dovremmo aspettare fino agli anni duemila, ciò a causa delle differenze nel sistema giudiziario (prima della riforma del codice di procedura penale la figura dell'investigatore privato non poteva essere usata dalla difesa per condurre un'ulteriore indagine). Il [primo e vero poliziesco] [italiano] è "**Il cappello del prete**" di E. De Marchi, preceduto da un romanzo di indagine sulla camorra intitolato "I vermi -- Le classi pericolose a Napoli" di F. Mastriani. Durante l'epoca fascista, ovviamente, non potevano essere pubblicati romanzi appartenenti a questo filone, a meno che non si adottasse uno pseudonimo. Dobbiamo aspettare la fine degli anni 50 e 70 per veder apparire due figure: Giorgio Scerbanenco, autore de "I milanesi ammazzano il sabato" e Loriano Macchiavelli, creatore del personaggio Sarti Antonio (che ricopre il personaggio di un sergente, sebbene questo ruolo non esista). Simenon invece, oltre a essere ricordato per la sua immensa poliedricità, è noto per aver inventato il personaggio del commissario **Maigret**, diverso dalla polizia perché senza metodo ma con uno spiccato metodo di osservazione. Non ha una serialità orizzontale, non ha lati oscuri, risulta quasi piatto, e riesce a comprendere la psicologia dei personaggi con l'osservazione, ma senza mai giudicarli. Il fascino esercitato dal poliziesco è tutto frutto della sua capacità di metterci davanti alla necessità di fare un ragionamento, ciò che più lo avvicina alla vita reale. Talvolta lo si vede anche fare qualche incursione in altri generi, come nel **medical drama.** Dr House e Grey's Anatomy sono entrambi medical drama, ma la differenza è nel fatto che nel primo, la componente sentimentale è quasi nulla in favore di componenti che avvicinano questo medico molto più a Sherlock Holmes, mentre nel secondo la componente sentimentale è principale. **ANALISI 5° CAPITOLO LA CAMERA AZZURRA** Iniziamo a capire quale delitto è stato commesso (a differenza di un giallo, dove lo avremmo visto all'inizio). Se c'è una cosa che riesce a fare perfettamente Simenon, è rendere visibili le parole, quasi come se si stesse guardando un film anziché compiere una lettura. Stupendo, infatti, il modo in cui segnala il passaggio del tempo descrivendo il flusso del fiumiciattolo, facendoci sentire quasi come se potessimo vederlo. Ultimo, ma non per importanza, il ritorno di alcuni dettagli: la descrizione dello sperma che fuoriesce dalla vulva di Andrèe, nel primo capitolo, risulta, all'inizio, un semplice dettaglio morboso, ma in realtà verrà usato contro entrambi nel processo come sintomo di premeditazione, difatti il non usare precauzioni viene visto come un modo per dire che, nel futuro, si vedono insieme. **LEZIONE 10 -- 18/10/2024** **SEMIOTICHE DEL TESTO** **Perché "semiotiche" al plurale?** Perché gli approcci al testo sono stati così variegati che risulta difficile parlare di una sola semiotica del testo. Nonostante questa eterogeneità, [tutti gli approcci hanno in comune una legge]: tutti gli studiosi compresi nel volume sono coloro che hanno dato avvio all'analisi strutturale del testo. **Perché "del testo"?** Perché la semiotica è una disciplina piuttosto ampia. Dire *semiotica* o *semiologia* è pressoché la stessa cosa, da [non] confondere però con la semeiotica medica (studio dei sintomi rivelatori di uno stato patologico). Nonostante questa differenza, esse hanno però in comune un dettaglio: **entrambe sono lo studio dei segni**. Lo studio dei segni ha **due origini** parallele: [l'origine linguistica], ascritta a **F. Saussure**, il quale compie studi sulle lingue storico-naturali per formulare la teoria di **segno linguistico** (con lui per questo parliamo di *semiologia*), l'altra è di [origine filosofica], ascritta a **Charles Sanders Peirce,** che si occupa del segno in generale. Le lingue sono chiaramente dei sistemi di segni, quelle scritte addirittura un doppio sistema di segni. La grandezza di tutto ciò risiede nella possibilità di, attraverso la creazione di un linguaggio simbolico**, sostituire gli oggetti con dei segni**. Il rapporto fra il segno e l'oggetto (così come quello tra segno e significato) che sostituisce è del tutto [arbitrario], il che [non] significa che chiunque può scegliere un segno per indicare un oggetto, ma richiede una convenzione all'interno di un gruppo di parlanti. Per questo, anziché la parola "arbitrario", converrebbe usare la parola "**convenzionale",** vale a dire che il rapporto che noi abbiamo stabilito tra il segno e l'oggetto che rappresenta è frutto di una convenzione *Es^1^: la parola "borraccia" è rappresentata dall'oggetto, ossia dalla borraccia stessa, quando è presente, ma anche in sua assenza possiamo indicarla;* *Es^2:^ posso scegliere di sostituire alla parola borraccia "blu" all'interno di un contesto dove le persone lo sappiano e possano, quindi, capirmi, ma nel momento in cui il contesto cambia, nessuno mi capirà più.* Il rapporto tra segno e oggetto ci porta a chiamare con nomi diversi lo stesso oggetto, ma esistono anche dei segni che hanno un [rapporto di necessità] con l'oggetto. Nasce la necessità stessa di studiare questi segni proprio perché la lingua è un sistema di segni e ha delle regole ben precise che stabiliscono il rapporto tra l'oggetto e il segno che lo sostituisce (**[regole semantiche]**) ma anche delle **[regole sintattiche]**, per cui il significato si costruisce anche a partire dai [rapporti sintattici (o sintagmatici]) che i vari segni intrattengono tra di loro in base a come si articolano (*es: sarà diverso dire "è una buona donna" da "è una donna buona").* I segni [non] vengono studiati dalla linguistica, che non ha gli strumenti per esaminare tutti i sistemi di segni, questo perché i segni non si limitano solo alle parole ma, per esempio, anche a ciò che indossiamo, persino a cose del tutto immateriali come la *prossemica* (tutto ciò che esprimiamo tramite la distanza o tramite il modo di proporci), pertanto c'è bisogno di una scienza più ampia che se ne occupi ed è la **[semiotica]**. Ulteriore differenza è che la linguistica ha come punto di partenza le lingue storico-naturali, la semiotica invece si occupa anche di lingue che non rientrano sotto questa dicitura ma che consistono comunque in insieme di segni regolati che necessitano di approcci teorici. In conclusione, quando parliamo di semiotica del testo parliamo di una semiotica che studia un sistema di segni che non è quello della lingua storica-naturale, non ci occupiamo di quello che vogliono dire le parole, ma della **lingua della narrazione**. A tal proposito, gli **[strutturalisti]** dicono che esiste un *codice della narrazione*, un sistema di regole a cui il testo obbedisce e che è a un livello superiore. **[COS'E' UN TESTO?]** *Il testo costituisce un sistema che non va identificato con il sistema linguistico, si basa sul sistema linguistico ma [non] lo è, altrimenti studieremo la lingua, invece studiamo il testo.* **Cos'è che determina l'autonomia e la chiusura di un testo?** *L'enciclopedia del lettore* è una delle componenti fondamentali per creare un testo, poiché esso non solo è frutto del suo autore ma viene [ricreato] dal lettore. Da ciò ne deriva che la nozione di testo è una **nozione elastica**, ciò che è un testo per qualcuno può non esserlo per altri, ma noi in generale ci occuperemo di tutto ciò che è considerabile testo. Tra i vari approcci semiotici al testo c'è quello di **[C. Bremond,]** il quale dice che in un testo ci sono dei personaggi che possono avere il ruolo di [agente] o di [paziente] (sebbene in una narrazione complessa non sia sempre detto che un personaggio debba essere cristallizzato in una di queste due definizioni). L'**agente** è colui che prende l'iniziativa di cambiare una situazione, ne constata la **[virtualità]**, ossia eventi o azioni che potrebbero accadere ma non si sono ancora concretizzati. La situazione potrà, pertanto, evolversi, subire un'**attualizzazione**, o non evolversi, **non attualizzazione.** Un agente è all'origine di entrambe queste possibilità, la storia procede solo se ogni tanto avviene un'attualizzazione (altrimenti non si ha nessuno spostamento), inoltre a ognuna di queste due possibilità possono corrispondere dei [miglioramenti] o dei [peggioramenti]. In conclusione, il [succo della teoria] di Bremond è semplicemente che la storia potrà anche essere definita come una **sequenza di miglioramenti o peggioramenti.** Da un lato questa teoria può adattarsi a qualsiasi narrazione, dall'altro non propriamente. Segue **[G. Genette]**, il quale si occupa non tanto di struttura della narrazione ma dei **modi di enunciazione** di questa, ossia di in che modo le parole, i discorsi e le frasi raccontano la vicenda narrata. Con lui comprendiamo che non sempre chi enuncia il testo è l'autore stesso. **IL TEATRO DI NARRAZIONE** È un teatro che esce dal teatro stesso grazie a **Dario Fo**, il quale non soltanto porta la dimensione teatrale fuori dal suo luogo codificato ma ne fa decadere anche il concetto di palcoscenico. Fo rappresenta la **transizione** verso il teatro di narrazione perché va verso il minimalismo, mantiene le interpretazioni del personaggio ma trascura tutto il resto, non ci sono poltrone per gli spettatori, né sipario, tantomeno scenografie. L'esempio chiave di teatro di narrazione lo abbiamo con "*Vajont*" di **Paolini**, lo spettacolo che apre il teatro di narrazione all'Italia in diretta sui canali Rai. Ha delle [somiglianze] e [differenze] rispetto al Mistero Buffo di Fo: la somiglianza è sicuramente nell'allestimento, la differenza è che Fo impersonava diversi personaggi mentre Paolini resta sempre sé stesso ma dà voce a persone diverse, trasformando lo spettacolo in un'opera corale. La **forza** del teatro di narrazione sta nella capacità di far convergere in quel momento teatrale delle realtà molto ampie, che conosciamo al cinema, non nel teatro. Qui, dunque, si trasforma, pur essendo scena minima, in [scena vastissima]. Il secondo vantaggio è che il teatro di narrazione richiede pochissimi investimenti, è "[tascabile]" per certi versi, in quanto addirittura dei semplicissimi oggetti possono essere usati come allusioni ad altri personaggi. **LEZIONE 11 -- 24/10/2024** **COME SI SCRIVE UNA STORIA?** Una narrazione è come una torta a strati, esiste un **livello fondamentale**, che è quello del [programma narrativo] (un soggetto inizialmente disgiunto dall'oggetto di valore lotta per ottenerlo), seguono i [temi] (possono essere libertà, amore, giustizia etc.). A volte, leggendo un testo, potrebbe venire spontaneo chiederci il perché di una scelta narrativa piuttosto che un'altra, e la risposta è nel fatto che l'autore cerca di ottenere un effetto, ed esso può essere di due tipologie: **[effetto sulla storia]** (permette alla storia di evolvere) o **[effetto sul destinatario,]** suscitando emozioni**.** Quest'ultime possono essere suscitate usando vari metodi, come il **climax** (figura retorica composta da una successione di parole esprimenti l'una lo stesso concetto di quella precedente ma con un aumento di intensità, **climax ascendente**, o una diminuzione, **climax discendente**). A livello più profondo, la semiotica si occupa delle **[categorie valoriali]** (*es: categoria estetica, brutto e bello sono gli estremi. Se dovessi fare un climax su questa categoria userei brutto, accettabile, bello, magnifico, superlativo.*) La categoria che si occupa dell'umore, dello stato d'animo, si chiama **[categoria chimica]** (gli estremi sono euforico e disforico). *Es: climax → avvolge, spinge, schiaccia. Nella categoria chimica, "avvolge" va più verso l'euforico (la sensazione di essere avvolti viene associato a qualcosa di piacevole), "spinge" dipende dal contesto, per la sua polisemia va a metà; il termine "schiaccia" va, senza dubbio, verso la disforia*. *Spesso il primo termine somiglia a qualcosa di piacevole, l'ultimo ci fa sprofondare.* L'esempio dimostra chiaramente come la scelta delle parole, nella creazione di un testo narrativo, sia fondamentale al fine di ottenere un determinato effetto piuttosto che un altro. Per questo, in semiotica, parliamo di **[senso denotato]** ([ciò che ci fa comparire davanti agli occhi la parola]) e **[senso connotato]** (è il significato implicito, associativo o simbolico che un termine può evocare) → *es: se dico station wagon, familiare o giardinetta dico la stessa cosa, il senso denotato è lo [stesso]; se dico familiare o station wagon, in senso connotato, non pensiamo alla stessa cosa, la seconda sa molto più di modernità, la prima a un'auto obsoleta → la connotazione è diversa.* Un'altra figura retorica è **l'ossimoro**, che ha [due] funzioni: la prima, richiamare la nostra attenzione, la seconda, ci fa entrare nelle caratteristiche delle cose scritte aldilà delle loro apparenze. Esiste poi la **sinestesia**, ossia un'associazione tra sfere sensoriali diverse. Per rendere evidenti le sensazioni, oltre a usare tatto e vista, si possono usare anche confronti dimensionali (*es: la piccolezza degli esseri umani contro la vastità di un ambiente naturale).* **LEZIONE 12 -- 25/10/2024** **ANALISI 6° CAPITOLO LA CAMERA AZZURRA** Adesso finalmente sappiamo perché Tony è in prigione, ed è ciò che rende questo libro così tanto caratteristico. Solitamente libri di questo genere iniziano facendoci porgere un quesito, ossia "chi è il colpevole?", ma qui la situazione è completamente rovesciata, ci chiediamo, anzi, quale sia il reato. **ANALISI 7° CAPITOLO LA CAMERA AZZURRA** Il finale è apparentemente aperto. Non si sa chi abbia potuto effettivamente uccidere la moglie di Tony, se la madre di Nicolas o la stessa Andrèe, ma il fulcro del finale non è questo se non la vittoria dell'amore folle.