Strategie d'impresa - Corso di Impresa PDF

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Università degli Studi di Trento

Sandro Trento

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strategie d'impresa management strategico economia dell'industria

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Questi appunti trattano le strategie d'impresa, inclusi temi come il management strategico, la corporate governance e l'innovazione. Il documento fornisce un'introduzione ai concetti chiave e ai principi storici delle strategie d'impresa. Viene fatta un'analisi dei fattori di successo e dell'ambiente competitivo. Sono presenti anche esempi.

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STRATEGIE D’IMPRESA Docente: Sandro Trento e-mail: [email protected] Libro di testo: 1. Besanko, Dranove et al. Economia dell’industria e strategie d’impresa, Milano, ISEDI, 2014. 2. S. Trento, Il capitalismo italiano, Bologna il Mulino 2012. 3. Banca d’Italia, Il sistema industriale italiano...

STRATEGIE D’IMPRESA Docente: Sandro Trento e-mail: [email protected] Libro di testo: 1. Besanko, Dranove et al. Economia dell’industria e strategie d’impresa, Milano, ISEDI, 2014. 2. S. Trento, Il capitalismo italiano, Bologna il Mulino 2012. 3. Banca d’Italia, Il sistema industriale italiano tra globalizzazione e crisi, QEF nr. 193 2013. www.bancaditalia.it su Comunità on line. 4. Capitoli: 1, 2 e 3 del Testo di Melissa Shilling, Management dell’innovazione, su Moodle. Modalità d’esame: per i frequentanti partecipazione al debating, discussioni e altre attività in aula, report 50% ed esame finale scritto 50%. Per i non frequentanti: -​ Paper scritto di analisi strategica di un settore e focus su due aziende del settore: circa 15 pagine, da consegnare almeno una settimana prima dell’esame scritto (40%, 12 punti). -​ Esame scritto costituito da domande aperte su tutto il programma per non frequentanti (60%). Dall'esame di giugno in avanti tutti gli studenti diventano non frequentanti. Programma: 1. Management strategico: decisioni fondamentali d’impresa come definire i confini, scegliere le strategie di concorrenza, il posizionamento strategico, fare innovazione e le sfide della globalizzazione. 2. Corporate governance: chi governa l’impresa? Chi ha il potere di prendere le decisioni strategiche? Nell’interesse di chi è governata l’impresa? Ci sono conflitti di interesse tra i vari soggetti coinvolti nel governo dell’impresa? Modelli di corporate governance. 3. Innovazione: cos'è l’innovazione? Chi fa più innovazione? Introduzione e protezione dell’innovazione. Innovazione in Italia. 4. Industria italiana: analisi delle peculiarità delle imprese italiane. Innovazione e nuove tecnologie in Italia. Specializzazione settoriale dell’industria italiana. Processi di internazionalizzazione. Assetti proprietari e governo delle imprese. Finanza e private equity in Italia. INTRODUZIONE 17/09/2024 In un mercato perfettamente concorrenziale i profitti sono nulli. Tuttavia, dal grafico del profitto economico medio dei gruppi industriali statunitensi si nota che in realtà non sono uguali a zero. Diversi settori hanno diversi profitti, alcuni sono anche in perdita. In uno stesso paese (USA) ci sono settori ad alta, media e bassa redditività. Come si spiega la diversa profittabilità dei settori? Come mai convivono attività con redditività alta e bassa? Come mai non c’è una convergenza verso un tasso zero di profitto? Come mai non vi è neanche convergenza verso un tasso uniforme di profitto? LA STRATEGIA E IL SUCCESSO DELLE ORGANIZZAZIONI: Il successo di un’impresa non è attribuibile esclusivamente alla fortuna. Lo studio della strategia consente di capire quali fattori spiegano il successo o l’insuccesso di varie imprese: -​ Abilità di riconoscere le opportunità. -​ Avere una chiara linea da seguire. -​ Flessibilità: che consente di sfruttare le opportunità. Nelle storie di successo è quasi sempre presente una strategia, ovvero una linea di condotta coerente, basata su una chiara comprensione delle regole del gioco e su una precisa consapevolezza di come agire per collocarsi in una posizione di vantaggio. FATTORI COMUNI DELLE STRATEGIE DI SUCCESSO: -​ Obiettivi semplici, coerenti e di lungo termine. -​ Profonda comprensione dell’ambiente competitivo. -​ Valutazione obiettiva delle risorse dell'impresa. -​ Implementazione efficace. Nell’elaborazione della strategia si considereranno elementi interni all’impresa (obiettivi e valori, risorse e competenze, struttura e sistemi organizzativi che devono essere coerenti con i due punti precedenti) ed elementi dell’ambiente in cui essa opera (concorrenti, clienti, fornitori). COERENZA, PIANIFICAZIONE E DIREZIONE STRATEGICA: L'analisi strategica non mira a fornire risposte definitive, ma a comprendere i problemi. Una strategia di successo deve essere coerente con l'ambiente interno ed esterno all'impresa, poiché la mancanza di essa può portare all'insuccesso. Pianificazione aziendale negli anni '50-'60: coordinava le decisioni di investimento a lungo termine tramite documenti di pianificazione quinquennali. Negli anni '60 e '70, le aziende puntavano sulla diversificazione settoriale, ma questa strategia fallì a causa della concorrenza internazionale e delle crisi petrolifere del 1974 e 1979, portando a un'instabilità economica e all'impossibilità di fare previsioni a lungo termine. Passaggio alla direzione strategica negli anni '80: le aziende si concentrarono su: posizionamento sui mercati rispetto ai competitor e vantaggio competitivo come principale scopo della strategia d’impresa. Negli anni '90, l'attenzione si spostò sulle risorse aziendali (resource-based view of the firm), valutando l'impresa in base alle sue risorse e capacità. Inizio anni 2000: la bolla tecnologica portò a nuovi concetti come networked economy, disruptive technologies, knowledge-based view e winner-takes-all-markets. In questo periodo ci fu un grande interesse per l'innovazione strategica e i nuovi modelli di business. DEFINIZIONE DI STRATEGIA: Esistono svariate definizioni del concetto di strategia, e tuttora non si è raggiunto un consenso universale su una definizione condivisa. Tra le varie definizioni di strategia, due scelte sono particolarmente comuni: dove e come competere. Si distingue tra: -​ Strategie di gruppo (corporate strategy): riguarda la scelta dei settori e dei mercati nei quali competere. Di norma se ne occupa l’amministratore delegato o in generale il top management. -​ Strategie di business (business strategy): volta a definire il modo di competere all’interno di un determinato settore o mercato. Di competenza delle singole divisioni operative dell’impresa. I ruoli della gestione strategica dell’impresa sono diversi e comprendono: -​ Supporto alle decisioni: per supplire alla razionalità limitata dei decisori e alla logica euristica. -​ Strumenti di coordinamento e comunicazione. -​ Obiettivo: per il raggiungimento della vision e dell’intento aziendale. ESEMPIO: GERARCHIA E DECENTRAMENTO (II GUERRA MONDIALE) Il 1° giugno 1940 fu istituita Supermarina (Supremo Comando della Marina), vertice della gerarchia navale. Aveva il compito di dirigere strategicamente le operazioni belliche e controllava l'intero apparato della Marina, venendo definita "il cervello che guidava la flotta". Tuttavia, interveniva costantemente sulle decisioni del comandante in mare, che teoricamente avrebbe dovuto agire autonomamente in base alla situazione. In pratica, l'Ufficiale in comando diventava un esecutore di ordini, limitato alla parte tattica delle operazioni. Al contrario, nella Marina britannica, lo spirito offensivo dei comandanti in mare era una costante. Ad esempio, l'ammiraglio comandante della flotta nel Mediterraneo dirigeva le operazioni "sul posto" con grande autonomia da Londra. STRATEGIA VS. TATTICA: Strategia: termine di origine greca che corrisponde al generalato. Piano d'azione a lungo termine utilizzato per impostare e coordinare le azioni necessarie al raggiungimento di un obiettivo predeterminato. Per raggiungerlo sono necessarie una serie di operazioni separate, la cui scelta non è unica e/o il cui esito è incerto. Rappresenta un piano complessivo per l'allocazione delle risorse necessarie ad ottenere una posizione di vantaggio. Diversa dalla tattica. Tattica: progetto di azione specifica. Consiste nel pianificare al meglio la singola azione, tenendo conto di tutti i vincoli pratici e contingenti di essa. La tattica riguarda come combattere una battaglia, la strategia riguarda il capire se la singola battaglia debba essere combattuta o no e si preoccupa degli scopi (di come vincere la guerra). La strategia scelta determina il modello organizzativo (Chandler) e di conseguenza l’organizzazione è solo un derivato della strategia. COSA SONO LE STRATEGIE D’IMPRESA? Alfred Chandler, Strategy and structure: “La determinazione degli obiettivi fondamentali di lungo periodo di un’impresa unitamente all’adozione di un adeguato insieme di azioni e all’allocazione delle risorse necessarie per raggiungere tali obiettivi”. K. Andrews, The Concept of corporate strategy: “La struttura degli obiettivi, scopi, traguardi e delle più importanti politiche e piani di azione per raggiungerli, fissati in modo tale da definire quali siano o dovrebbero essere le attività, nonché quale sia o dovrebbe essere la tipologia di una data impresa”. I. Itami, Mobilizing invisible assets: “Ciò che determina la struttura delle attività di un’impresa e fornisce le linee guida per coordinare queste varie attività in modo da consentire all’impresa stessa di affrontare ed influenzare un ambiente in continua evoluzione. La strategia definisce l’ambiente preferito dall’impresa e il tipo di organizzazione verso cui tendere”. Le tre definizioni precedenti utilizzano concetti molto simili ovvero: obiettivi di lungo periodo e le più importanti politiche. Essi fanno capire che la strategia (decisioni strategiche) ha a che fare con le grandi decisioni che un’impresa deve assumere. strategia → decisioni importanti → successo o fallimento dell’impresa PRINCIPI DELLA STRATEGIA: PROSPETTIVA STORICA 19/09/2024 PROSPETTIVA STORICA: I principi economici della strategia d'impresa sono generali e applicabili in diverse situazioni, valutando modelli di produzione e organizzazione attraverso costi e benefici. L'analisi storica mostra la persistenza di questi principi nelle strategie competitive. Le condizioni economiche cambiano nel tempo, rendendo alcune strategie inadeguate in futuro. I cambiamenti possono essere graduali o rapidi. Un manager, con principi generali, può adattare con successo la strategia economica in un ambiente in continua evoluzione. Per dimostrare l'applicabilità dei principi economici, si analizzano tre periodi storici: 1840, 1910 e 2016, con condizioni economiche diverse. Prima del 1840, le imprese operavano in piccoli mercati locali. Tra il 1840 e il 1910, le infrastrutture favorirono la crescita dei colossi, ma le aziende affrontavano problemi di coordinamento e controllo. Dopo il 1910, e soprattutto negli ultimi 30 anni, le telecomunicazioni e l'elaborazione dei dati hanno rivoluzionato la capacità delle imprese di gestire informazioni e operazioni, migliorando l'efficienza nell'ambiente economico. FARE IMPRESA NEL 1840: Prima del 1840, il commercio era caratterizzato da prezzi fissati spot (al momento) e trasporti lenti, rendendo gli affari molto rischiosi. Un esempio è il mercante John Burrows dell’Iowa, che subì una perdita nel vendere patate a New Orleans a causa della saturazione del mercato (arrivò troppo tardi per via dei trasporti lenti, altri mercanti avevano già saturato il mercato). Fare commercio era rischioso. Il commercio internazionale, già presente tra il 1200 e il 1800 con Genovesi e Veneziani, era ancora più rischioso. I mercanti potevano trovare condizioni impreviste nei mercati esteri, e senza giustizia internazionale, sebbene avessero dei rappresentanti nelle principali città del Mediterraneo, recuperare crediti era difficile. Negli Stati Uniti, gli agricoltori vendevano a fattori che portavano le merci in grandi mercati come New Orleans e New York. Alcuni degli acquirenti erano mercanti locali, mentre altri erano broker che intermediavano le transazioni per conto di mercanti di altre regioni (visto che possedevano una conoscenza specialistica delle condizioni di mercato). Le condizioni non venivano fissate in anticipo, i broker tentavano di ottenere un prezzo che bilanciasse domanda e offerta. I prezzi spot e le scarse informazioni aumentavano i rischi economici (in proporzione alla distanza fra il luogo di produzione e la meta finale). Questo sistema influenzava anche dimensione e struttura delle imprese, generalmente piccole e familiari, riluttanti a espandersi a causa dell'incertezza del mercato. Per motivi analoghi, le banche erano poco disposte a finanziare espansioni, e la mancanza di integrazione verticale esponeva le imprese alle fluttuazioni di prezzo. INFRASTRUTTURE NEL 1840: Nel 1840, il predominio delle piccole imprese a conduzione familiare era una conseguenza delle infrastrutture esistenti, che erano poco sviluppate, portando a mercati piccoli e frammentati. Le infrastrutture comprendono tutti gli aspetti che: -​ Facilitano trasporto, comunicazione e finanziamenti. -​ Comportano ricerche che possono consentire alle imprese la scoperta di migliori tecniche produttive. -​ Definiscono i costi di commercializzazione dei beni e quindi incidono sulla dimensione del mercato che è possibile servire (tanto più importante tanto più si parla di prodotti pesanti e difficili da trasportare). L'autorità pubblica svolgeva un ruolo chiave nel settore. La scarsa infrastruttura portava a un'organizzazione basata su fasi produttive e intermediari, limitando l'integrazione verticale e aumentando l'esposizione alle fluttuazioni di prezzo. TRASPORTI NEL 1840: Benché le ferrovie (nate nel 1830) iniziassero a sostituire cavalli e carrozze nel trasporto di merci, una rete nazionale ferroviaria non esisteva ancora (si svilupparono con una certa lentezza), quindi trasportare merci richiedeva molto tempo. Prima dello sviluppo delle ferrovie, le industrie manifatturiere utilizzavano le vie fluviali per i trasporti di merci a lunga distanza, anche se questi trasporti spesso lasciavano a desiderare, in quanto erano ancora in fase iniziale di sviluppo. Con questi problemi di trasporto, i produttori si rivolgevano solo ai mercati locali. COMUNICAZIONI NEL 1840: Nel 1840 il principale tipo di comunicazione a lunga distanza era rappresentato dal servizio postale pubblico, che però dipendeva quasi esclusivamente dai trasporti a cavalli e stentava ancora ad adeguarsi al volume sempre più ampio di comunicazioni che seguiva l’espansione degli Stati Uniti. La prima forma moderna di comunicazione fu il telegrafo, che nel 1840 era ancora in una fase embrionale e il suo utilizzo risultava molto costoso (l’urgenza dei messaggi giustificava i costi). FINANZA NEL 1840: Nella prima metà dell'Ottocento, pochi individui potevano fondare e gestire imprese complesse da soli. I mercati finanziari facilitavano l'incontro tra fornitori di capitali e utilizzatori, riducendo il rischio delle fluttuazioni dei prezzi. La maggior parte delle imprese erano società di persone, che avevano difficoltà a ottenere finanziamenti a lungo termine. Le azioni non venivano commerciate facilmente, riducendo il loro valore e aumentando il costo del capitale. La mancanza di infrastrutture finanziarie adeguate limitava l'accesso ai capitali e la protezione degli investitori dai rischi elevati. Il mercato dei futures, che avrebbe ridotto i rischi di prezzo, non esisteva ancora (il primo fu creato nel 1858). Qui gli individui acquistano il diritto di comprare e/o vendere merci a una certa data per un prezzo predeterminato e si richiede che una delle parti della transazione sia disposta ad accollarsi il rischio che il prezzo “spot” (corrente) alla data in cui verrà completata la transazione dei futures possa differire dal prezzo convenuto. Nel 1840, non esistevano meccanismi istituzionali che riducessero il rischio delle fluttuazioni dei prezzi. Le imprese si finanziavano principalmente tramite amici e parenti o piccole banche. TECNOLOGIA PRODUTTIVA NEL 1840: Nel 1840, la tecnologia limitava notevolmente la produzione, che utilizzava metodi vecchi di 100 anni. Le imprese tessili avevano iniziato la meccanizzazione prima del 1820, e la standardizzazione era diffusa solo in parte nella produzione di orologi e armi da fuoco. Il "sistema americano" di produzione con parti intercambiabili era agli inizi, con prodotti realizzati di volta in volta, richiedendo molto tempo. L’utilizzo di parti standardizzate (catena di montaggio), inoltre, era una pratica adottata solo in poche imprese ed era ancora sperimentale (prima di allora le componenti dei prodotti non erano sostituibili). Le fabbriche operavano con contratti interni tra quadri-sorveglianti (intermediari) e imprenditori, dove i sorveglianti affittavano spazi, assumevano operai e producevano merci. Questa organizzazione, simile a quella attuale in alcuni settori cinesi, vede le imprese rivolgersi a produttori generici per i componenti. STATO NEL 1840: Nel 1840, lo Stato si occupava della costruzione di grandi infrastrutture come canali e ferrovie. Anche se non era coinvolto nell'attività economica come oggi, cominciavano ad esistere strumenti legali per garantire il rispetto dei contratti attraverso regole e codici. I tribunali risolvevano le dispute commerciali e fissavano le regole del gioco per gli operatori economici. In Europa, un'importante opera di Napoleone fu l'introduzione del Codice Napoleonico, un codice di commercio che influenzò il Codice di commercio italiano. Questa fase di sviluppo, seppur primordiale, spiega perché le imprese erano ancora semiartigianali, di piccole dimensioni e a gestione familiare. Inoltre, i mercanti affrontavano elevati rischi nel vendere le proprie merci in altri luoghi a causa di un clima generale di incertezza. IMPRESE E BUSINESS NEL 1840: Le infrastrutture erano essenziali per la produzione e distribuzione delle merci, e la tecnologia dell'epoca limitava la produzione a livelli tradizionali in mercati ristretti. La mancanza di infrastrutture di trasporto e l'accesso limitato ai grandi mercati rendevano inutile la produzione di massa. L'assenza di infrastrutture per la comunicazione complicava la reperibilità di informazioni sui prezzi e la ricerca di compratori e venditori. L'alto rischio faceva sì che le banche non fossero disposte a finanziare l'espansione del business. Le imprese erano quindi di piccole dimensioni e organizzate in modo informale, spesso ricorrendo ai familiari per i finanziamenti. In sintesi, fare impresa nel 1840 significava confrontarsi con un livello tecnologico che limitava la produzione e operare in mercati piccoli e frammentati, con notevoli difficoltà nell'espansione e nella gestione dei rischi economici. FARE IMPRESA NEL 1910: Tra il 1840 e il 1910, il mercato mutò radicalmente, con l'organizzazione industriale del 1910 molto più simile a quella odierna. L'evoluzione fu guidata dai cambiamenti nelle infrastrutture e nella tecnologia, in particolare nello sviluppo delle tecnologie di produzione di massa, che permisero la produzione di un alto volume di beni a costi notevolmente ridotti. Le economie di scala e i volumi di produzione consentirono alle grandi industrie di raggiungere più consumatori a costi inferiori rispetto ai concorrenti più piccoli. Le imprese manifatturiere si integrarono verticalmente, producendo materie prime e distribuendo prodotti finiti autonomamente. Dopo il 1910, molte imprese si espansero orizzontalmente, utilizzando tecnologie esistenti per offrire una gamma più ampia di prodotti. Le imprese integrate impiegarono più personale in attività complesse e interconnesse, standardizzando il lavoro e le procedure, e formando i dipendenti. La figura del manager emerse per gestire gli aspetti crescenti delle aziende, si assicuravano che la produzione procedesse senza ostacoli e che i prodotti finiti arrivassero sul mercato, diventando una risorsa fondamentale per la competitività. Intorno al 1910, nuove infrastrutture nel settore dei trasporti e delle comunicazioni favorirono la crescita dei mercati nazionali, portando a grandi trasformazioni nelle infrastrutture, nei mercati e nell'organizzazione industriale. TECNOLOGIE DI PRODUZIONE, TRASPORTI E COMUNICAZIONI NEL 1910: Tecnologie di produzione di massa: rivoluzionarono il mercato tra il 1840 e il 1910, permettendo la produzione ad alto volume e a basso costo di prodotti come alluminio, prodotti chimici e automobili, come la Ford T. Questo periodo vide la diffusione del modello Fordista, con le automobili e le ferrovie diventando più avanzate e diffuse. Management services: innovazioni nella produzione di documenti, nella riproduzione, nell’analisi e nell’organizzazione consentirono ai manager di coordinare l’aumento del volume di transazioni. Ferrovie: dominarono i trasporti, rendendo la distribuzione di massa più accessibile e diminuendo i costi (viaggiare divenne più rapido, sicuro ed affidabile), mentre gli autocarri divennero importanti solo dopo la Seconda Guerra Mondiale grazie alla rete autostradale. Telegrafo e telefoni: aumentarono le comunicazioni a lunga distanza, facilitando il coordinamento della produzione e la connessione tra fornitori e distributori. Negli Stati Uniti, la American Telegraph and Telephone Company (ATT) permise comunicazioni a lungo raggio a costi ridotti e in tempi brevi. FINANZA NEL 1910: L'espansione dei mercati finanziari, tra cui futures, compagnie assicurative e banche d'investimento come JP Morgan, ha permesso lo sviluppo di volumi d'affari significativi. Nel 1910, i mercati finanziari (security market) garantivano maggiore sicurezza per lo scambio delle azioni delle grandi imprese industriali. Lo sviluppo delle infrastrutture finanziarie fu supportato dalla sistematizzazione e circolazione delle informazioni sul credito e dalla disponibilità del credito rateale. Gli uffici di credito resero l'informazione più accessibile, e l'informazione sui bilanci divenne sempre più pubblica per proteggere gli investitori. In questo periodo, le imprese di grandi dimensioni, che prima non esistevano, iniziarono a emergere. Queste imprese si integravano verticalmente, producendo materie prime e distribuendo prodotti finiti autonomamente per evitare colli di bottiglia nella produzione. Questo approccio riduceva la dipendenza dai fornitori esterni, mitigando il rischio di interruzioni nella produzione. L'integrazione verticale è simile a ciò che si è visto durante la pandemia, quando la dipendenza dalle filiere produttive cinesi ha causato interruzioni nelle industrie europee. GOVERNO NEL 1910: Durante questo periodo, la regolamentazione governativa si estese a varie aree, tra cui il diritto societario e la gestione aziendale, l'attività antitrust (introdotta negli USA nel 1890), le misure per l'assicurazione dei disabili, la sicurezza dei lavoratori e la previdenza per vedove e orfani. La crescente regolamentazione spinse i manager a raccogliere molti dati sulla gestione e le operazioni interne. L'obbligo dell'istruzione secondaria negli USA creò una forza lavoro capace di soddisfare le esigenze di specializzazione delle grandi imprese integrate e burocratizzate. Inoltre, lo Stato divenne un cliente e un partner dell'industria, soprattutto attraverso le spese militari e le attività edilizie. BUSINESS NEL 1910: Le nuove ed incrementate infrastrutture e strumenti di comunicazione e di trasporto resero possibile alle imprese un’espansione in termini di mercati, linee produttive e scale di produzione. Le nuove tecnologie permisero la produzione di alti volumi di prodotti standardizzati (sviluppo della produzione di massa). La crescita delle infrastrutture finanziarie rese possibile la creazione di grandi imprese integrate verticalmente. FARE IMPRESA OGGI: Per quanto riguarda le infrastrutture, al giorno d’oggi sono segnate da: comunicazioni, trasporti ed informatica che garantiscono il coordinamento di attività estese su scala globale. Questo ha fatto crescere l’interdipendenza dei mercati locali e ha accentuato i costi dei fallimenti infrastrutturali. Oggi c’è un processo opposto rispetto al passato, ovvero quello di disintegrazione verticale perché i costi di coordinamento delle attività sono quasi nulli (non conviene la produzione interna). TRASPORTI E COMUNICAZIONI OGGI: Trasporti: dal 1910, si è assistito ad un notevole sviluppo delle infrastrutture di trasporto, tra cui aerei, ferrovie e trasporti terrestri. L'automobile e il traffico aereo hanno trasformato radicalmente il panorama dei trasporti. Trasporti via aria, terra e mare sono ora meglio coordinati. La crescente domanda di trasporto di grossi volumi di merci e l'affidabilità su lunghe distanze, insieme a tecnologie di trasporto e elaborazione dati più sofisticate, hanno reso possibile il trasporto di beni in container che passano da navi a treni e camion. Il trasporto aereo, diffuso per merci e passeggeri, ha ridotto la necessità per le città di avere ferrovie o porti vicini, come dimostrato dalla crescita di Atlanta basata sul trasporto aereo. Comunicazioni: le moderne tecnologie nel campo delle telecomunicazioni, come modem, fax e internet, hanno reso possibile la trasmissione immediata di dati e creato un mercato globale per alcuni prodotti e servizi. Queste tecnologie, insieme ai continui miglioramenti nell'elaborazione dei dati, hanno aumentato la produttività dei lavoratori e facilitato coordinamento e controllo delle attività. FINANZA OGGI: I mercati di capitali e le istituzioni finanziarie sono diventati più attivi e capaci nella valutazione delle imprese. La globalizzazione dei mercati ha reso possibili molte acquisizioni e fusioni, come Fiat-Chrysler e Sony-Columbia. La contabilità finanziaria è evoluta per gestire la complessità delle imprese multidimensionali, con una maggiore trasparenza nei report finanziari grazie a normative come il Sarbanes-Oxley. La contabilità oggi è fondamentale per informare gli stakeholder sulla gestione aziendale. Maggiore trasparenza nelle informazioni aumenta le possibilità di reperire capitali esterni a costi ragionevoli. TECNOLOGIE PRODUTTIVE OGGI: La diffusione di computer, internet e altre innovazioni hanno reso la tecnologia di produzione più sofisticata, influenzando anche i modelli organizzativi delle imprese (complesse implicazioni economiche). Le moderne tecnologie (come CAD/CAM) permettono la produzione su misura di prodotti di alta qualità a basso costo. Oggi, con l'industria 4.0, si assistono a nuovi cambiamenti significativi. L'adozione di nuove tecnologie richiede spesso la riorganizzazione delle imprese attorno ad esse, evidenziando la centralità della tecnologia stessa. GOVERNO OGGI: Negli ultimi anni, ci sono state tendenze opposte nella regolamentazione: -​ In alcune aree la regolamentazione tradizionale è stata resa meno stringente (deregolamentazione delle linee aeree, trasporti e servizi finanziari). -​ In altre aree la regolamentazione è stata aumentata (cure mediche, sicurezza sul lavoro, discriminazione della forza lavoro e protezione dell’ambiente). I governi hanno investito grosse somme di denaro in lavori pubblici, settore militare, ma soprattutto ricerca e sviluppo, con supporto governativo per la ricerca di base e la commercializzazione di progetti. Accordi e trattati internazionali, come il NAFTA e la Comunità europea, hanno creato zone di libero commercio, influenzando la competitività delle imprese in un mercato globale. Il WTO (World Trade Organization) a Ginevra facilita le negoziazioni sulle condizioni per il commercio internazionale, riducendo dazi e ostacoli. Queste dinamiche hanno contribuito a delineare un contesto in cui la regolamentazione e il sostegno governativo giocano un ruolo cruciale nello sviluppo economico e nella competitività delle imprese. BUSINESS OGGI: Le strategie efficaci in un contesto di competizione domestica non sono adatte in un contesto globale. La struttura interna delle imprese è cambiata: oggi si concentrano sul core business (attività principali di un’azienda) e delegano altre attività a imprese specializzate. La tradizionale gerarchia è stata ridotta, con strutture organizzative ora più orizzontali, partecipative e basate sul coinvolgimento delle risorse umane. I vantaggi della produzione su larga scala sono diminuiti in alcune aree. I progressi in comunicazione ed informatica, insieme agli standard dell'industria, hanno permesso il coordinamento di azioni complesse e a distanza (unbundling). Il ruolo del general manager e la struttura organizzativa del business sono cambiati, con mercati sempre più incerti e oscillanti. INFRASTRUTTURE NEI MERCATI EMERGENTI: Le differenze tra il 1840, il 1910 e oggi emergono analizzando i diversi paesi. Sebbene le tecnologie moderne siano ampiamente accessibili, le infrastrutture ostacolano lo sviluppo delle economie dei paesi emergenti. Molte nazioni in via di sviluppo non dispongono ancora di infrastrutture di trasporto e finanziarie adeguate. Inoltre, le imprese sono riluttanti ad investire in questi paesi a causa di infrastrutture inadeguate, corruzione, nepotismo e conflitti guerre, sommosse… CONDIZIONI E STRATEGIE DI BUSINESS: Le tre epoche delineano scenari distinti: -​ 1840: la produzione su piccola scala rendeva non necessaria l'integrazione verticale. -​ 1910 - 1970: l'integrazione verticale divenne predominante, con molte grandi imprese che aumentarono la loro influenza sulla catena produttiva. -​ Oggi: l'informatica e le comunicazioni permettono il coordinamento di attività complesse, riducendo la necessità di integrazione verticale. Le Virtual Corporation (aziende prive di stabilimenti, costituite esclusivamente da un sito web) e le piattaforme digitali stanno cambiando il modo di interagire nei mercati. Una strategia di successo risulta dall'applicare principi coerenti in un contesto economico in continua evoluzione. Le strategie devono adattarsi alle condizioni del mercato e delle infrastrutture, che influenzano le decisioni strategiche dei manager. Evoluzione delle strategie: nel 1840 strategie adatte a mercati piccoli e locali. Nel 1910 spinta verso l'integrazione verticale per la crescita. Oggi: tendenza verso strutture orizzontali e decentralizzate, con partecipazione dei dipendenti nelle decisioni aziendali. Industria italiana: è parte di una serie di catene globali del valore, essenzialmente come fornitrice di semilavorati e componenti. L’Italia è molto integrata con l'industria tedesca e francese e questo ha vantaggi e svantaggi (dipendente da terzi). Compete con i paesi dell'Europa dell'est, dove il costo del lavoro è inferiore. Quindi c’è differenza tra essere produttori di componenti, rispetto ad essere produttori del prodotto finito, infatti i tedeschi non competono con altri, mentre l’Italia sì. La struttura dei settori e le strategie aziendali cambiano in risposta alle condizioni del contesto. I principi necessari per una strategia di successo possono rimanere invariati, ma le ricette specifiche devono adattarsi alle circostanze attuali. L'IMPRESA: TEORIA E ALCUNI MODELLI 24/09/2024 STORIA DELL'IMPRESA: Artigiani: prima della Rivoluzione industriale (prima del 1750): per alcuni secoli la produzione dei beni era svolta da artigiani (craftsman) che avevano propri laboratori nei quali realizzavano i prodotti. L’artigiano svolgeva tanti ruoli: imprenditore, finanziatore, amministratore, lavoratore, venditore. Non c'era divisione del lavoro, le dimensioni del laboratorio/officina erano molto piccole. I beni prodotti erano per lo più venduti nei mercati locali e realizzati in modo artigianale. Cottage Industry Model: nel 14° secolo, in Inghilterra e in altre zone d’Europa, emerse la cottage industry (industria artigianale a domicilio), che divenne sempre più diffusa nei due secoli successivi. In questo sistema, i mercanti fornivano agli artigiani i materiali necessari e, dopo la produzione, vendevano i prodotti finiti. Gli artigiani erano di fatto dipendenti dei mercanti, realizzando i prodotti su commissione e seguendo le specifiche, i dettagli e gli standard stabiliti dai mercanti, che si assumevano anche il rischio. Si formarono aggregazioni di piccole imprese di questo tipo in aree specifiche, creando i primi clusters. Rivoluzione industriale (1750 - 1830): nascono le prime imprese industriali, caratterizzate da un proprietario-imprenditore che sopportava il rischio, assumeva lavoratori e prendeva le decisioni. Si ha una chiara separazione tra chi fornisce il capitale (imprenditore-padrone) e chi fornisce solo il lavoro (operai salariati). Fase nella quale il cambiamento tecnologico si accompagna a cambiamenti nell’organizzazione delle imprese. ADAM SMITH (1723 - 1790): Adam Smith fu uno dei primi a studiare la trasformazione del sistema di produzione, introducendo il principio di specializzazione del lavoro. Ogni partecipante si specializza in certe mansioni e funzioni, aumentando così la produttività (numero di pezzi realizzati per unità di tempo). Con l'espansione del mercato, aumenta anche la specializzazione, migliorando l'efficienza e la scala di produzione. Smith introdusse anche la teoria del valore-lavoro, sostenendo che ogni bene ha un valore naturale determinato dalla quantità di lavoro necessaria per produrlo. Nel breve termine, il valore di mercato può differire dal valore naturale per ragioni occasionali, ma nel lungo termine tende a coincidere. IMPRESA CAPITALISTICA: L’impresa capitalistica è la forma più diffusa di impresa. Si distingue tra: -​ Impresa: istituzione economica che si occupa di produrre e commercializzare beni e servizi, attraverso la propria organizzazione interna e mediante relazioni con agenti e strutture esterne. -​ Impresa capitalistica: basata su proprietà privata dei mezzi di produzione, divisione tra chi possiede il capitale e chi offre il proprio lavoro in cambio di un salario. Il suo fine ultimo è la massimizzazione del profitto. IMPRESA NATA DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: Adam Smith, nella sua opera "La Ricchezza delle Nazioni", sottolinea l'importanza della divisione del lavoro per aumentare la produttività. Descrive una fabbrica di spilli in cui il processo produttivo è suddiviso in 18 fasi. Se dieci lavoratori dovessero compiere tutte le fasi da soli, produrrebbero solo 10-20 spilli al giorno ciascuno. Invece, in una fabbrica specializzata che Smith ha visitato, dieci lavoratori producevano 48.000 spilli al giorno, grazie alla specializzazione in compiti specifici. La produttività per persona era 50 volte superiore. Smith evidenzia che l'imprenditore, che investe il capitale, possiede la fabbrica e organizza il lavoro, è fondamentale per la ricchezza delle nazioni. KARL MARX: La specializzazione del lavoratore fa sì che si perda la visione d’insieme (quella che aveva l’artigiano). Il lavoro è ripetitivo, alienante e diventa una merce, con il salario come prezzo del lavoro umano. Le condizioni dei lavoratori dipendono dalla fluttuazione del prezzo di mercato dei prodotti. Il salario riflette solo una parte del valore creato dal lavoratore, mentre il sovrappiù è appropriato dal capitalista, portando a una situazione di sfruttamento dove parte del sovrappiù finisce nelle tasche del padrone. TEORIA NEOCLASSICA DELL'IMPRESA: Adam Smith e Karl Marx centrano la loro teoria del valore sul lavoro, sostenendo che il valore delle merci dipende dal lavoro necessario per produrle, dando importanza all'offerta. W.S. Jevons, economista inglese, cambia prospettiva, affermando che il valore dei beni dipende dall'utilità che forniscono ai consumatori, quindi il prezzo dipende dalla domanda. Alfred Marshall integra le due visioni con il modello della domanda e dell'offerta, dove il prezzo dipende sia dalle scelte delle imprese (offerta) sia dalle scelte dei consumatori (domanda). L'interazione tra domanda e offerta determina il prezzo di equilibrio. Nella teoria neoclassica, l'impresa è rappresentata da una funzione di produzione: y = f (K, L) e non c'è distinzione tra imprenditore e impresa. L'imprenditore sceglie la combinazione di input e output che massimizza il profitto, con la tecnologia considerata esogena e perfetta informazione, eliminando problemi organizzativi e di incentivazione del lavoro. I gusti dei consumatori sono dati e c'è concorrenza perfetta, quindi l'impresa singola non può influire sui prezzi. Non ci sono istituzioni. CRITICHE ALLA TEORIA NEOCLASSICA: La teoria neoclassica in realtà dedica molta attenzione allo scambio e poca attenzione all’impresa. Aspetti che meritano attenzione: obiettivi che guidano l’attività dell’impresa, complessità organizzativa dentro l’impresa, incertezza e informazione imperfetta che connotano le attività delle imprese e la dinamica di come, in pratica, le imprese elaborano il loro processo decisionale. Obiettivi dell’impresa: la teoria neoclassica ipotizza che l'impresa miri a massimizzare il profitto, ma nella realtà, non sempre è così. Secondo Herbert Simon, l'impresa persegue un profitto soddisfacente che consente di raggiungere altri obiettivi, considerando la complessità e l'incertezza del mondo. Nelle imprese, ci sono vari soggetti coinvolti nei processi decisionali, con obiettivi differenti tra proprietari (imprenditori) e dirigenti (managers). Oliver Williamson aggiunge che all'interno dell'impresa, la negoziazione tra vari stakeholders può portare a diverse soluzioni in termini di obiettivi, come profitto, remunerazione dei manager, prospettive di carriera e crescita dell'impresa. Quindi, non è realistico rappresentare l'impresa come un singolo centro decisionale con un unico obiettivo da raggiungere. Complessità organizzativa dell'impresa: la teoria neoclassica vede l'impresa come un'entità atomistica senza potere di mercato e costituita da un unico centro decisionale astratto, eliminando questioni organizzative. Tuttavia, nel mondo reale, le imprese sono strutture organizzative spesso complesse. Le decisioni dipendono dall'informazione disponibile a ogni livello decisionale, e parte dell'informazione può perdersi o essere distorta nel passaggio tra nodi organizzativi. Più grande e complessa è l'impresa, maggiore è l'asimmetria informativa tra i vari livelli (relazioni di principale-agente). Le decisioni dipendono dall'interazione tra vari stakeholders: proprietari, manager, dipendenti, fornitori, finanziatori, autorità pubbliche, … Incertezza, informazione imperfetta, decisioni: per la teoria neoclassica l'imprenditore è in grado di prevedere cambiamenti nei gusti dei consumatori, innovazioni tecnologiche, mutamenti nei mercati dei fattori, decisioni dei concorrenti (perfetta informazione). Tuttavia, nel mondo reale, le asimmetrie informative e l'incertezza sono aspetti essenziali e non sempre superabili. -​ Rischio: ogni evento è associato a una certa probabilità che si verifichi. La probabilità si basa sulla ripetibilità di un certo evento. -​ Incertezza: l'operatore economico non può associare una probabilità al verificarsi degli eventi futuri. C'è scarsità d'informazione e conoscenza, non si è in condizione di calcolare probabilità per certi eventi. Processo decisionale delle imprese: la teoria neoclassica assume la piena razionalità degli agenti economici e la perfetta informazione, suggerendo che l'impresa determina la quantità da produrre e gli input da utilizzare applicando regole come l'eguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale. Tuttavia, nella realtà, data l'incertezza, gli imprenditori utilizzano metodi decisionali più semplificati e pratici, basati su regole intuitive. Gli studi empirici mostrano che le imprese determinano i loro prezzi partendo dal costo medio e aggiungendo un mark-up che incorpora un margine di profitto ragionevole. Questo metodo, però, presuppone delle semplificazioni, come il calcolo del costo medio, che può essere complesso, specialmente per le imprese multiprodotto. Il paradosso della teoria neoclassica risiede nel fatto che il ruolo dell'imprenditore è trascurabile, quasi assente, e considerato statico. IMPRENDITORE: Nella Teoria neoclassica non c’è quasi discrezionalità nelle scelte dell'imprenditore: ci sono regole di massimizzazione del profitto che implicano decisioni quasi inevitabili. La funzione dell’imprenditore è di allocare risorse in una logica «statica»: minimizzare costi, massimizzare i rendimenti prendendo come dati elementi importanti quali il progresso tecnologico. Secondo J. Schumpeter, l’imprenditore è cruciale nella concorrenza dinamica: se si tiene conto cioè dell’innovazione di prodotto e di processo. IN DIFESA DELLA TEORIA NEOCLASSICA: Diversi economisti hanno difeso la teoria neoclassica: -​ Milton Friedman: l'obiettivo dell'analisi scientifica è fornire previsioni accurate di eventi futuri. Anche se alcune ipotesi della teoria neoclassica sono irrealistiche, ciò che conta è la capacità di fare previsioni accurate sui comportamenti futuri. -​ Fritz Machlup: l'ipotesi che le imprese massimizzino il profitto può sembrare irrealistica ma è valida. Machlup utilizza la metafora del guidatore: un guidatore non usa modelli matematici per superare o parcheggiare, ma riesce comunque a farlo. Allo stesso modo, le imprese possono non usare modelli matematici, ma finiscono comunque per massimizzare il profitto. -​ Armen Alchian: adotta un approccio darwiniano, affermando che le imprese che sopravvivono a lungo sono quelle che si avvicinano di più ai comportamenti di massimizzazione del profitto. La teoria neoclassica descrive i comportamenti delle imprese migliori che sopravvivono più a lungo sul mercato. Gli studi empirici non sempre confermano questa visione. Molte imprese con bassa profittabilità sopravvivono a lungo, mentre imprese con alta profittabilità possono uscire dal mercato. Contesto istituzionale: le imprese operano in contesti istituzionali che influenzano i modelli organizzativi e i comportamenti. MODELLI DIVERSI DI IMPRESA: IMPRESA FORDISTA La teoria dell'impresa si è evoluta studiando i modelli reali, come la grande impresa americana dei primi decenni del XX secolo, idealizzata dalla Ford di Henry Ford. Fordismo: Frederick Winslow Taylor dipendente e dirigente della Ford è colui che in parte costruisce il nuovo modello di impresa, diverso dal modello descritto da Adam Smith. Questo modello si basa su: -​ Parcellizzazione: il processo produttivo è suddiviso nel numero massimo di funzioni (task) in sequenza, con massima specializzazione e semplificazione, rendendo le mansioni adatte a manodopera poco qualificata. -​ Catena di montaggio: il prodotto si muove mentre l’operaio è fermo, con una sequenza di azioni lungo la linea di montaggio. -​ Grandi scorte: per assicurare la fluidità della catena di montaggio, sono necessari grandi magazzini con materie prime, semilavorati, componenti e prodotti finiti. La logica dell'impresa fordista è sfruttare al massimo le economie di scala, standardizzare i prodotti e mirare al mercato di massa usando manodopera poco qualificata. Approccio empirico: Taylor intendeva definire un insieme di regole ottimali, noto come management scientifico, per organizzare la produzione e ridurre i costi. Un esempio è il "shovel test": dopo vari esperimenti, Taylor concluse che la quantità ottimale di materiale che un operaio poteva movimentare con una pala era di 21 libbre. Di conseguenza, la pala doveva essere adeguata a questa quantità e doveva essere fornita dall'impresa. STUDI SUI MICROMOVIMENTI: Nel medesimo periodo di Ford e Taylor, Frank e Lillian Gilbreth studiavano metodi per ottimizzare la produzione utilizzando cineprese per riprendere i movimenti dei lavoratori nelle fabbriche (micromotion studies). Scoprirono che ogni lavoratore utilizzava movimenti personali per ogni task e che alcuni movimenti non necessari causavano affaticamento. Analizzando vari stabilimenti, i Gilbreth definirono movimenti standard ottimali per ridurre la fatica e aumentare l'efficienza. CATENA DI MONTAGGIO: Con l'introduzione della catena di montaggio e l'eliminazione dei movimenti non necessari, la produttività aumentò drasticamente. La produzione di un'automobile passò da 12 ore a 2 ore e 30 minuti, avviando la produzione di massa. Gli effetti di apprendimento consentirono ulteriori risparmi e il costo di produzione diminuì significativamente, riducendo anche i prezzi dei prodotti. La Ford English School era un'iniziativa creata per i numerosi immigrati impiegati alla Ford, provenienti da 53 diverse nazionalità. Questa scuola insegnava l'inglese e le regole fondamentali di comportamento e norme generali per integrarsi nella vita americana. GRANDE IMPRESA FORDISTA: Epoca dal 1920 al 1970, in cui ci sono 3 principali stakeholders: proprietari, managers e lavoratori. Oltre a ciò, c'è una grande concentrazione di lavoratori negli stabilimenti che favorisce la sindacalizzazione. Ci sono economie di scala e di apprendimento, riduzione dei costi e dei prezzi, consumo di massa di prodotti standardizzati. Inoltre si produce per raggiungere obiettivi di costo e quindi si accumulano anche scorte di prodotto. TOYOTISMO: Tra gli anni '70 e '80, ci fu un boom delle importazioni di auto giapponesi negli Stati Uniti, grazie alla qualità superiore delle Toyota rispetto alle auto americane ed europee e ai prezzi più bassi. Obiettivi del Toyotismo: aumentare la produttività e la qualità del prodotto e ridurre gli sprechi. Ciò fu reso possibile dall'uso dei seguenti metodi: -​ Just-in-time: riduce al minimo le scorte e produce solo i componenti e i pezzi necessari al momento, riducendo sprechi e difettosità, aumentando la qualità (non servono più i grandi magazzini con pezzi e prodotti). -​ Jidoka System (automazione con intelligenza umana): le catene di produzione si fermano automaticamente in caso di difetto, abolendo la rilavorazione a fine catena. Caratteristiche del Toyotismo: lavoratori più qualificati e formati, coinvolgimento dei lavoratori nella risoluzione dei problemi, lavoro di squadra, aumento della produttività, nuove relazioni con i fornitori, riduzione dei costi, risparmio su rilavorazione e pezzi difettosi e qualità elevata. Il Toyotismo non è solo una tecnica di produzione, ma comporta anche nuovi tipi di relazioni con i dipendenti e fornitori. TEORIE MANAGERIALI: Un punto cruciale nella grande impresa moderna, specialmente negli Stati Uniti, è la progressiva separazione tra proprietà (azionisti) e controllo (manager), come osservato da Berle e Means nel 1932. Impresa tradizionale (piccola e media): l'imprenditore è anche il proprietario e gestisce l'impresa. Grandi corporations: la proprietà è dispersa tra molti azionisti, che non gestiscono direttamente l'impresa ma sono interessati al rendimento del loro investimento finanziario. La gestione è affidata a manager professionisti, dipendenti dell'impresa stessa. IMPRESA MANAGERIALE: Teoria manageriale dell'impresa (W. Baumol, O. Williamson, R. Marris): -​ Avversione al rischio: il manager è un dipendente, cerca di preservare il proprio lavoro. -​ Remunerazione del manager è correlata alla dimensione dell'impresa: più grande è l'impresa, più alta è la remunerazione. -​ Potere: i manager sono interessati al potere, anch'esso correlato alla dimensione dell'impresa. Obiettivi del management: -​ Sopravvivenza a lungo termine: le imprese devono ottenere potere su fornitori, clientela, rivali, governo, …, derivante dalle dimensioni (quota di mercato e/o fatturato). -​ Crescita: per ottenere potere, le imprese devono crescere. Se c'è qualcosa che le imprese massimizzano, è la crescita. -​ Dimensione: non esiste una dimensione ottimale, ma le imprese sono vincolate dai tassi di crescita, non dalla dimensione assoluta. PROFITTI, CRESCITA E FINANZA D'IMPRESA: Ruolo dei profitti: essi consentono alle imprese di crescere, prendendo a prestito sui mercati finanziari e del credito, oppure autofinanziandosi (utili non distribuiti). Al contrario di quanto sostenuto dai neoclassici, le imprese incontrano vincoli finanziari, affrontando un rischio crescente: -​ Fondi esterni: l'ammontare di fondi ottenuti dipende dalle vendite, spesso come multiplo degli utili accantonati, considerando il rischio del creditore. -​ Limitazione dei prestiti: le imprese tentano di limitare l'ammontare di fondi presi a prestito per gestire il rischio del debitore. IMPRESA COME NESSO DI CONTRATTI (NEXUS OF CONTRACTS): Secondo Alchian e Demsetz (1972) e Jensen e Meckling (1976), la relazione tra il datore di lavoro e i lavoratori è simile a quella tra un macellaio e i suoi clienti: l'acquirente (datore di lavoro) può chiedere al venditore (lavoratore) di fare un lavoro specifico, e il lavoratore può accettare ed essere pagato, oppure rifiutare e essere licenziato. In questo contesto, l'impresa è vista come un "nesso di contratti", ovvero un insieme di accordi. Il rapporto tra macellaio e clienti non è in realtà uguale a quello tra datore di lavoro e dipendente. STRATEGIE E ORGANIZZAZIONE: Nel mondo reale è importante anche l’organizzazione. Per ottenere performance elevate serve un fit tra tre elementi: strategia dell’impresa, la sua struttura organizzativa e l'ambiente nel quale si opera. Molti studi di progettazione organizzativa considerano come dato l’ambiente economico, giuridico, sociale e tecnologico, e suppongono che la strategia sia già stata formulata. Questo approccio deriva da Alfred Chandler (1962), il quale affermava: «la struttura organizzativa segue la strategia». La scelta della struttura organizzativa dipende dalla strategia di business, che riguarda: come suddividere attività importanti, come i manager e i lavoratori prendono decisioni e routine e flussi informativi a supporto delle operazioni. La struttura organizzativa può definire e affrontare i problemi di agenzia. La teoria dei costi di transazione considera le diverse soluzioni organizzative come metodi per ridurre questi costi. Una giusta struttura organizzativa dovrebbe fornire: informazioni corrette, incentivi e meccanismi di coordinamento per implementare la strategia. Questi principi sono applicabili a imprese di tutte le dimensioni, anche con la crescente globalizzazione o cambi demografici nella forza lavoro. STRUTTURE ORGANIZZATIVE: MODELLO FUNZIONALE Il modello funzionale è il più semplice tra le strutture organizzative e suddivide le attività aziendali secondo diverse funzioni. Ogni dipartimento è assegnato a un responsabile che ha un limitato potere decisionale e deve relazionarsi al CEO o all’imprenditore, il quale ha il potere di coordinare le varie attività. Vantaggi: ogni responsabile acquisisce conoscenze specialistiche e vengono sfruttate le economie di scala all'interno di ciascun dipartimento. Questo modello può avere varie strutture: 1. Struttura ad U (Unitary form): ogni dipartimento è responsabile per una particolare area funzionale come marketing, finanza, …, ma il potere decisionale è accentrato nelle mani del CEO. Ci sono condizioni stabili per ogni unità funzionale quando la considerazione primaria è l’efficienza operativa. Difetti del modello: decisioni lente (essendo accentrate le decisioni dipendono dall’alto) e il CEO dedica molto tempo a questioni spesso di poco valore e ha meno tempo per le questioni strategiche. 2. Struttura ad M (Multi-divisional form): l'impresa multidimensionale è organizzata attorno a dimensioni quali linee produttive, aree geografiche e tipi di consumatori. In questa struttura, i manager di ogni divisione sono responsabili delle decisioni operative, mentre i top manager si occupano delle decisioni strategiche. Vantaggi: misurare la performance di una divisione è più semplice, i manager di ogni divisione competono per i fondi nel mercato interno di capitale in base alle loro performance nei periodi precedenti e i pagamenti basati sulla performance sono più facili da implementare. 3. Struttura a matrice: organizzata lungo due o più dimensioni, come tipo di prodotto e area geografica, con ogni impiegato che fa capo a due linee gerarchiche. Questa struttura aiuta a sfruttare le economie di scala e di scopo: con essa può esserci bisogno di coordinamento nazionale per certe economie di scala e coordinamento locale per contrattare con differenti compratori. Vantaggi: economizza le risorse scarse, un reparto di marketing (o di progettazione) in tutta l’impresa è più efficiente di un reparto per ogni prodotto. CONFINI ORIZZONTALI DELL'IMPRESA 26/09/2024 DIMENSIONI DELL’IMPRESA E IL MERCATO: La dimensione dell'impresa rispetto al mercato dipende dal settore in cui opera. Alcuni mercati, come quello della produzione di aerei da trasporto civile, sono caratterizzati da grandi imprese. Al contrario, settori come l'abbigliamento e le università vedono prevalentemente piccole imprese. Esistono anche settori dove coesistono sia grandi che piccole imprese, come nel settore bancario (es. San Paolo, una grande banca multinazionale, e le casse rurali) e nel settore della birra. L’INDUSTRIA MANIFATTURIERA: SPECIALIZZAZIONE La crescita del settore manifatturiero è continuata fino agli anni '70. Il Regno Unito, essendo un paese di prima industrializzazione, ha avuto un peso significativo, ma è diminuito nel tempo. Germania e Italia, importanti nel settore, hanno subito un cambiamento negli anni '70, ma mantengono ancora oggi un peso rilevante in Europa. Distinzione tra settori: -​ Settori leggeri: minore intensità di capitale, orientati al mercato finale (beni di consumo). -​ Settori pesanti: maggiore intensità di capitale, prodotti usati come input per altri settori, orientati al mercato. Per molti anni hanno dominato i settori leggeri, con un ritardo nello sviluppo dei settori nuovi. Nel 1961, i settori pesanti hanno superato quelli leggeri. Nell'ultimo trentennio, c'è stata una stabilità con la prevalenza di alcuni settori del "sistema moda". STRUTTURA DELLE IMPRESE INDUSTRIALI ITALIANE: DUE FASI DEL '900 1880 - 1970 periodo caratterizzato da: sviluppo delle tecnologie della seconda rivoluzione industriale, centralità dell’impresa fordista, allargamento della matrice settoriale, convergenza rispetto ai Paesi leader (l’Italia, prima degli anni ‘70, molto simile ai suoi partner), crescita dell’occupazione industriale, ruolo propulsivo al Nord Ovest del “triangolo” industriale e lieve incremento della dimensione media delle imprese e crescita della classe superiore. 1970 - 2000 periodo caratterizzato da: stabilità della specializzazione settoriale, espansione dei sistemi di PMI, divergenza rispetto ai Paesi leader (Italia inizia ad allontanarsi dai propri partner), contrazione dell’occupazione industriale, espansione di nuove aree di industrializzazione (NEC: Nord-est Centro) e diminuzione della dimensione media delle imprese ed ascesa delle classi minori. 2001 periodo caratterizzato da: deindustrializzazione. Nel 2016, in Italia, le imprese attive nell’industria e nei servizi di mercato erano 4,3 milioni, con 16,1 milioni di addetti, di cui 11,2 milioni dipendenti. La dimensione media (molto piccola) di 3,8 addetti per impresa era più elevata nell’industria (5,8 addetti) rispetto ai servizi (3,2 addetti). Tipologia delle imprese: -​ Microimprese (meno di 10 addetti): 4,1 milioni (95,2% delle imprese), 46,1% degli addetti e 29,3% del valore aggiunto. Forte presenza di lavoro indipendente (60,8%). -​ Piccole e medie imprese (10-249 addetti): circa 204 mila, 33,2% degli addetti, 38,9% del valore aggiunto. -​ Grandi imprese (almeno 250 addetti): 3.601 unità, 20,7% degli addetti, 31,7% del valore aggiunto. CONFINI ORIZZONTALI: Riguardano la dimensione dell'impresa rispetto al mercato che può servire, determinando la quantità e la varietà di beni e servizi prodotti. Ci sono settori in cui la dimensione media dell’impresa è: -​ Grande: poche grandi imprese dominano il mercato (es. produzione di grandi aerei civili). -​ Piccola: sono la norma e prevalgono in settori come abbigliamento ed università. In settori come software, birra, banche e assicurazioni invece c’è una coesistenza di grandi e piccole imprese. I confini orizzontali variano tra settori e da un'impresa all'altra all'interno dello stesso settore, influenzati da vari fattori come: dimensione del mercato, capacità produttiva e varietà di prodotti e servizi offerti. DETERMINANTI DEI CONFINI ORIZZONTALI: -​ Economie di scala: costi medi che diminuiscono al crescere della quantità prodotta. -​ Economie di scopo (o di varietà): risparmi di costo quando prodotti diversi sono prodotti all’interno della stessa struttura. -​ Curve di apprendimento: vantaggi / risparmi di costo di produzione derivanti dall’esperienza e dalla conoscenza accumulata nel tempo dall’impresa. ECONOMIE DI SCALA: Le economie di scala riguardano l’andamento della curva dei costi medi e si presentano quando il costo marginale (CMg) di produrre un'unità aggiuntiva è inferiore al costo medio (CMe) di produzione. In altre parole, il costo di produrre un'unità aggiuntiva è via via decrescente. Condizione: CMg < CMe. Esempio: il settore del computer software. Il costo marginale di produzione di un CD è trascurabile rispetto agli enormi costi fissi associati allo sviluppo del software. Dopo aver sostenuto elevati costi fissi per sviluppare il software, il costo di produzione di copie aggiuntive è quasi nullo. 𝐶𝑇(𝑄) 𝐶𝐹 𝐶𝑉(𝑄) Costo medio: CMe = 𝑄 = 𝑄 + 𝑄 Come si può vedere dalla figura, nel tratto in cui CMg < CMe (parentesi graffa) ci sono economie di scala. CURVE DI COSTO MEDIO AD U: La curva del costo medio riflette la relazione tra il costo medio e la quantità prodotta e spesso assume una forma a U. Il costo medio scende per livelli di produzione bassi, mentre aumenta per livelli di produzione più elevati. Andamento della curva: inizialmente è decrescente, fino a raggiungere un punto di minimo (MES: dimensione minima efficiente), in cui i costi medi sono ottimizzati e successivamente è crescente per livelli di produzione più elevati. Fattori che determinano la forma a U: -​ Suddivisione dei costi fissi: con l'aumento della produzione, i costi fissi vengono distribuiti su volumi maggiori, riducendo il costo medio. -​ Limiti di capacità produttiva: i costi medi aumentano quando l'impresa raggiunge i limiti di capacità. La forma a U implica che le imprese molto piccole e molto grandi hanno costi più elevati (svantaggi di costo) rispetto a quelle di medie dimensioni, identificando la dimensione ottima dell’impresa (MES) come la quantità che minimizza i costi medi (è unica), nell’intersezione tra la curva dei costi medi e quella dei costi marginali. Se la produzione è superiore o inferiore alla scala minima efficiente, i costi medi risultano maggiori. Tuttavia raramente si incontrano settori con un’unica MES. In molti settori, esistono più soluzioni con rendimenti costanti (curva a U "piatta"): tante dimensioni minime, ci si deve posizionare nel segmento piatto di soluzioni efficienti. Alcuni settori presentano una curva a forma di L, dove l'impresa può crescere senza limiti una volta raggiunta la dimensione efficiente. Conoscere l'andamento dei costi medi è cruciale per evitare costi elevati e mantenere la competitività. Esempio: settore automobilistico mostra una produzione crescente tra diversi produttori, evidenziando una tendenza all'aumento della produzione e della scala. In questo settore, coesistono divisioni con alta e bassa produzione, indicando che non esiste un'unica dimensione ottimale. Teoricamente, una curva a U implica che i produttori con diversi livelli di produzione non potrebbero competere tra loro. Nella realtà, settori con una curva a U perfetta sono rari. Dopo aver minimizzato i costi medi, la curva può presentare un tratto orizzontale con rendimenti costanti, permettendo diverse dimensioni ottimali. Questo è il motivo per cui le imprese nel mercato automobilistico sono diverse, ma comunque tutte competitive (tutte hanno raggiunto una scala minima efficiente). CURVE DI COSTO MEDIO AD L: Il noto econometrico John Johnston ha scoperto che le curve dei costi di produzione reali sono spesso più vicine alla forma a L che a quella a U. Una volta raggiunta la scala minima efficiente, le imprese possono crescere senza limiti significativi di diseconomie di scala. Caratteristiche: i costi medi calano fino a raggiungere la dimensione efficiente minima (DEM), oltre la quale restano invariati o aumentano leggermente. Raggiunta la scala minima efficiente, le imprese possono crescere ulteriormente senza incontrare diseconomie di scala significative. Le imprese che operano al livello della DEM o oltre hanno costi medi simili. Nel breve periodo: la produzione può mostrare una curva dei costi medi a forma di U quando le imprese raggiungono i limiti di capacità produttiva. Sul lungo periodo: le imprese possono espandere la propria capacità costruendo nuovi impianti, mantenendo i costi medi stabili, creando così una curva a forma di L. ECONOMIE DI SCOPO: Le economie di scopo esistono quando un'impresa riesce a risparmiare grazie alla varietà dei beni e dei servizi che produce. Ad esempio, un'impresa che produce sia i post-it sia la colla necessaria per produrli risparmia sui costi rispetto a due imprese separate. Condizione: CT(QA , QB) < CT(QA , 0) + CT(0, QB), la produzione di entrambi i beni A e B è meno costosa rispetto a due imprese separate. Un’altra interpretazione può essere: se un'impresa non produce alcuna quantità di prodotti, i suoi costi totali sono pari a zero. La formula può essere riscritta: CT(QA , QB) - CT(0, QB) < CT(QA , 0) - CT(0, 0) Questo significa che il costo incrementale della produzione di QA unità del bene A è inferiore quando l’impresa produce una quantità positiva del bene B. La produzione di B riduce il costo incrementale di produrre A. L’integrazione verticale può consentire economie di scopo: la maggior parte della produzione di lamiere in acciaio viene svolta in stabilimenti verticalmente integrati che prima producono acciaio e poi producono le lamiere: localizzare le due fasi della produzione nello stesso stabilimento permette all'impresa di ridurre i costi di trasporto, ridurre i costi legati agli acquisti dai fornitori e gli assicura anche un certo risparmio energetico. Un altro esempio è il settore della ricerca e sviluppo dove le aziende farmaceutiche possono utilizzare principi chimici per più farmaci, sfruttando le economie di scopo. Le economie di scala e di scopo possono presentarsi in qualsiasi punto del processo produttivo. Talvolta i termini sono intercambiabili, i manager possono citarli (anche quando non esistono) per giustificare investimenti che fanno crescere l’impresa. Identificare e misurare le fonti specifiche di economie di scala/scopo è cruciale per giustificare investimenti e fusioni: -​ Ripartizione dei costi fissi -​ Economie di densità -​ Risparmi con le scorte -​ Regola del cubo-quadrato COSTI FISSI E COSTI IRRECUPERABILI: Prima di iniziare l’analisi delle fonti, è importante distinguere tra costi fissi e costi irrecuperabili: -​ Costi fissi: costi che non variano al variare della quantità prodotta. Ad esempio, un aereo in servizio rappresenta un costo fisso indipendentemente dal numero di viaggiatori. -​ Costi irrecuperabili (sunk costs): costi che non possono essere recuperati una volta sostenuti. Ad esempio, se una compagnia aerea abbandona una tratta, può vendere l'aereo o utilizzarlo su un'altra tratta, ma gli investimenti in una vecchia tecnologia potrebbero non essere recuperabili se nessuno è interessato ad acquistarli. I costi irrecuperabili sono fondamentali per comprendere le strategie di concorrenza. Tanto più generico è l'investimento, tanto più facile sarà venderlo e recuperare il costo sostenuto. Esempio: acciaieria A vecchia tecnologia e B nuova tecnologia. L’Acciaieria A è un costo non recuperabile per l’impresa che l’ha costruita, perché la tecnologia vecchia non verrà acquistata da nessuno nel caso decidesse di venderla (sono presenti tecnologie nuove che sono migliori). 1. RIPARTIZIONE DEI COSTI FISSI: La fonte più comune di economie di scala è la distribuzione dei costi fissi su un volume crescente di prodotto. I costi fissi si determinano quando esistono indivisibilità nel processo di produzione, cioè quando un input non può scendere al di sotto di una certa misura minima anche con un basso livello di produzione. Nel breve periodo: incrementare il volume di produzione genera economie di scala perché i costi fissi sono ripartiti su una quantità maggiore di output. Il costo fisso medio per unità diminuisce con l'aumento della produzione. Un impianto sottoutilizzato in un mercato concorrenziale può passare dal profitto alla perdita a causa dei costi elevati non ripartiti su una grande produzione. Nel lungo periodo: dipendono dalla scelta della tecnologia, che può influenzare l'efficienza produttiva e la capacità di distribuire i costi fissi. COSTI FISSI: Differenza tra costi fissi e variabili: -​ Costi variabili: aumentano al crescere della quantità prodotta o venduta, ad esempio, lavoro diretto, provvigioni dei rappresentanti. -​ Costi fissi: non dipendono dalla quantità prodotta, come spese generali e amministrative, imposte sulla proprietà immobiliare, spese per ricerca e sviluppo. Alcuni costi possono avere componenti sia fisse che variabili, come spese di pubblicità o manutenzione. I costi fissi possono essere invarianti rispetto all'output ma variare rispetto ad altre dimensioni. Ad esempio, in un'impresa elettrica, la rete non varia all'aumentare dei kilowattora distribuiti ma varia con il numero di clienti collegati. La natura di costi fissi o variabili dipende dall'orizzonte temporale. Nel breve periodo, i costi come dipendenti, orari e flotta sono fissi. Nel lungo periodo, possono diventare variabili poiché possono essere modificati. FRAZIONAMENTO DEI COSTI FISSI: Anche un processo di produzione semplice può comportare notevoli costi fissi. Ad esempio, la produzione di lattine di alluminio comprende poche fasi, ma una sola linea di produzione può costare circa 50 milioni di dollari. Il costo fisso annuale ammonta a circa 5 milioni di dollari. Esempio: -​ Capacità produttiva massima: 500 milioni di lattine l'anno. -​ Costo fisso medio (100%): 5 milioni di dollari / 500 milioni di lattine = 1 centesimo a lattina. -​ Costo fisso medio al 25% della capacità: 5 milioni / 125 milioni = 4 centesimi a lattina. Un impianto sottoutilizzato determina un maggior costo unitario, perdendo le economie di scala. Questo esempio dimostra che non basta adottare una tecnologia con elevati costi fissi per realizzare economie di scala. È essenziale valutare la produzione effettiva e la capacità di vendere i prodotti. Per costruire un impianto e scegliere la tecnologia adeguata, è cruciale considerare non solo le potenzialità delle tecnologie disponibili, ma anche la quantità effettiva che si prevede di produrre e vendere nel lungo termine. LUNGO TERMINE: TRADE OFF TRA TECNOLOGIE Capital intensive: quando i costi del capitale produttivo costituiscono una percentuale significativa dei costi totali, si dice che la produzione è ad alta intensità di capitale. Questo presenta maggiori economie di scala rispetto alla labour intensive. La sua curva rappresenta la tecnologia ad alti costi fissi e bassi costi variabili, che risulta conveniente per alti livelli di produzione. Labour intensive: quando la maggior parte dei costi di produzione riguarda materie prime o manodopera, si dice che la produzione è ad alta intensità di materia prima di lavoro. La curva rappresenta la tecnologia a bassi costi fissi e alti costi variabili, che risulta conveniente per bassi livelli di produzione. Nel grafico sono rappresentate le curve di costo medio di breve periodo: -​ Con la capital intensive si avrà una riduzione dei costi medi abbastanza rapida, ma a sinistra del punto di intersezione si avranno costi molto elevati. -​ Con la labour intensive si avrà un periodo iniziale più vantaggioso dal punto di vista dei costi, ma una minore efficienza dopo il punto di intersezione. Se un'impresa prevede di vendere grandi quantità di prodotto, potrebbe decidere di investire in una tecnologia capital intensive per i suoi vantaggi a lungo termine. Tuttavia, se la previsione si rivelasse errata, l'impresa potrebbe trovarsi in una situazione difficile a causa degli elevati costi fissi. Quando la produzione supera un certo livello, è necessario sostituire la tecnologia labour intensive con quella capital intensive. Questo spiega perché le imprese investono in impianti e macchinari per aumentare la loro capacità produttiva. Nel lungo periodo la scelta della tecnologia dipende non solo dalle potenziali economie di scala, ma anche dalla capacità di prevedere la quantità che si riuscirà a produrre e vendere. Non sempre conviene scegliere la tecnologia con maggiori economie di scala se comporta costi medi (CMe) più elevati in caso di scarsa produzione. Curva dei costi medi di lungo periodo: l’inviluppo inferiore delle curve di costo (parte evidenziata di rosso), rappresenta il costo più basso possibile per ogni livello di produzione. Essa si colloca sopra o sotto la curva di costo medio di breve periodo: questo riflette la flessibilità delle imprese nell'adottare la tecnologia più appropriata in relazione alla produzione prevista. Le economie di scala sono più probabili quando la produzione è ad alta intensità di capitale, le economie di scala minime sono invece più probabili quando la produzione è ad alta intensità di materie prime di lavoro. Economie di scala: -​ Breve periodo: riduzione dei costi tramite migliore utilizzo della capacità produttiva. -​ Lungo periodo: riduzione dei costi legata all'adozione di tecnologie con elevati costi fissi ma bassi costi variabili. ECONOMIE DI SCALA E SPECIALIZZAZIONE: Le economie di scala sono più probabili nella produzione ad alta intensità di capitale e sono strettamente legate alla specializzazione. Diventare specialisti richiede sostanziali investimenti, giustificati solo da una domanda adeguata. "La divisione del lavoro è limitata dalla grandezza del mercato" significa che la specializzazione delle attività produttive dipende dalla domanda per tali attività. Man mano che i mercati si espandono, le economie di scala permettono una maggiore specializzazione, rendendo le attività più efficienti. Nei mercati più grandi, le attività specializzate possono essere integrate all'interno dell'impresa (in house) grazie alle economie di scala. 2. ECONOMIE DI DENSITÀ: Le economie di densità si verificano quando i costi di trasporto diminuiscono grazie alla maggiore densità geografica della clientela. Questo comporta un risparmio sui costi perché i clienti sono geograficamente concentrati. Risparmio di costo può derivare da: -​ Aumento del numero di clienti che usano la rete. -​ Riduzione dell’area coperta dalla rete mantenendo lo stesso numero di clienti. Esempio: un distributore di acqua minerale in una regione densamente popolata avrà costi unitari più bassi (risparmio di costo) rispetto a un distributore che vende la stessa quantità in un'area meno densa. Nelle linee aeree il sistema Hub & Spoke consente di raccogliere passeggeri da aree più vaste e di riempire di più gli aerei (riducendo il costo per passeggero). Esistono anche modelli / sistemi ibridi: Ryanair e EasyJet utilizzano il sistema point-to-point, rischiando di non riempire aerei grandi ma usando aerei più piccoli. Se si riesce ad aumentare il fattore di carico, conviene utilizzare un aereo di grandi dimensioni e il costo di ogni passeggero sarà inferiore. Se non si riesce sarà stato fatto un errore. SISTEMA HUB & SPOKE VS. POINT-TO-POINT: Trasporto aereo prima e dopo la deregolamentazione: 2 sistemi diversi per 2 diversi modelli di business Il sistema Hub & Spoke riguarda imprese multiprodotto che operano su più tratte e realizzano economie di scopo e di densità. Economie di scopo: si realizzano quando un'impresa produce molti prodotti con costi medi più bassi rispetto a un'altra che ne produce di meno. Nel trasporto aereo, si organizzano reti Hub & Spoke, simili a una ruota a raggi (Hub: parte centrale e Spoke: raggi), dove gli aerei raccolgono passeggeri da città periferiche (A, B, C, D, E, F) e li portano a un hub centrale (H). Da lì, i passeggeri volano verso le loro destinazioni. Le economie di scopo si realizzano se il costo medio di una compagnia aerea diminuisce all’aumentare del numero di tratte operate (numero di prodotti). Esempio: Lufthansa prima porta, con aerei di piccole dimensioni, i passeggeri a Francoforte (Hub) e successivamente da lì partono gli aerei per i viaggi più lunghi. Questo modello parte dall'idea di raccogliere passeggeri da aeroporti periferici, portarli nell'Hub (aeroporto centrale), in modo da realizzare economie di densità e riempire aerei di più grandi dimensioni che fanno le tratte più lunghe (intercontinentali). Economie di densità: economie di scala legate a una determinata tratta, ovvero riduzioni del costo medio all’aumentare del volume di traffico sulla stessa tratta. Si realizzano ripartendo i costi fissi specifici del volo e sfruttando le economie legate alle dimensioni degli aerei. Dipendono dai costi fissi. Nel trasporto aereo, i costi variabili sono bassi rispetto ai costi fissi. Volume del traffico: ricavo per passeggero per miglia (revenue-passenger mile), ossia il numero di passeggeri su una tratta moltiplicato per quello delle miglia. Costo medio: costo totale diviso per il volume di traffico. Nelle economie di densità si ha: -​ Riduzione del costo medio all’aumento del volume di traffico su quella tratta. -​ Ripartizione dei costi fissi specifici del volo (carburante, personale, servizi a terra). -​ Economie legate alle dimensioni degli aerei: se aumenta il fattore di carico (passeggeri / posti disponibili) con un piccolo incremento dei costi totali, il costo medio diminuisce. -​ Con ulteriore aumento del volume di traffico: si introducono aerei più grandi, si ha un costo minore (lieve incremento di personale e carburante, il costo proporzionale della costruzione dell’aereo è minore). Economie di scopo: date dall’interazione fra economie di densità e la rete Hub & Spoke. Esempio: una singola tratta vs. tratta con Hub & Spoke: l'aereo di maggiori dimensioni con un elevato fattore di carico sfrutta le economie di densità, riducendo il costo per passeggero per miglio sulla tratta e permettendo una maggiore frequenza di voli. Questo, a sua volta, aumenta i fattori di carico anche sulle altre tratte, contribuendo ulteriormente alla riduzione dei costi medi. Vantaggi e svantaggi del sistema: migliore sfruttamento di economie di scala, densità, scopo e maggiore frequenza di voli e ottimizzazione delle infrastrutture aeroportuali. Però c'è concentrazione di arrivi e partenze in determinate fasce orarie, carenze infrastrutturali degli aeroporti e ritardi. 3. RISPARMI CON LE SCORTE: Le imprese mantengono scorte per evitare di rimanere prive di prodotti e scontentare i clienti. Le scorte possono essere tradizionali (pezzi di ricambio) o non tradizionali (personale del servizio clienti). Esaurire le scorte può ritardare la produzione per un produttore e causare perdite di fatturato e fedeltà dei clienti per un dettagliante. Le scorte comportano dei costi: interessi sulle spese di produzione e rischio di deprezzamento delle scorte in attesa di essere vendute. Questo comporta un aumento dei costi medi delle merci che vengono effettivamente vendute. Le imprese più grandi possono detenere meno scorte in rapporto al fatturato rispetto alle più piccole, centralizzandole e riducendo così il rapporto scorte / vendite. La necessità di scorte diminuisce con l'aumento della dimensione dell'impresa, grazie alla migliore distribuzione delle medie campionarie (al crescere della numerosità del campione, la varianza della distribuzione delle medie campionarie diminuisce). Due imprese di solito non hanno mancanza di prodotto allo stesso momento. La fusione riduce la probabilità di restare senza prodotto, permettendo un livello inferiore di scorte. AEREI, MATERIALE ROTABILE COME LE SCORTE: Il modello delle scorte si applica ai settori dei trasporti aerei, stradali e ferroviari. Una grande compagnia di autobus può avere un numero basso di autobus di riserva in rapporto alla sua dimensione, fornendo comunque un servizio affidabile. Al contrario, una compagnia più piccola necessita di un numero maggiore di bus di riserva in proporzione. Esempio: una piccola società di trasporti con 2 autobus operativi potrebbe avere 1 autobus di riserva, per un totale di 3 autobus (scorta pari a 1/3). Una grande società di trasporti avrà una proporzione minore di autobus di riserva, poiché la probabilità di guasto rimane pressoché costante. 4. REGOLA DEL CUBO-QUADRATO: La regola del cubo-quadrato si applica a processi produttivi dove aumentando il volume del contenitore, la superficie aumenta in misura inferiore. Ad esempio, raddoppiando il diametro di una sfera vuota, il volume aumenta di otto volte, mentre la superficie si quadruplica, rendendo i costi legati alla superficie relativamente inferiori. Cosa c’entra con le economie di scala: in molti processi produttivi, la capacità produttiva è proporzionale al volume del contenitore, mentre il costo totale della produzione è proporzionale alla superficie del contenitore. Questo implica che: all'aumentare della capacità produttiva, il costo medio di produzione si riduce perché il rapporto tra superficie e volume diminuisce. Permettendo alle imprese di espandere la loro capacità senza proporzionali aumenti di costo. Esempi di economie di scala dovute alla regola cubo-quadrato: oleodotti, piattaforme per l'estrazione del greggio e magazzini. ALTRE FONTI DELLE ECONOMIE DI SCALA E DI SCOPO: Altre fonti ma non nella produzione sono: -​ Economie di scala negli acquisti -​ Economie di scala e di scopo nella pubblicità -​ Economie di scala nella R & S (ricerca e sviluppo) ECONOMIE DI SCALA NEGLI ACQUISTI: Sebbene si pensi che l'acquisto di grandi volumi permetta di ottenere sconti, non sempre un grosso compratore ha diritto a un ribasso. Tuttavia, ci sono tre motivi per cui un fornitore potrebbe concedere uno sconto: -​ Ridotti costi di transazione: vendere a un unico acquirente può essere meno costoso, riducendo i costi fissi di contratto, produzione e consegna. -​ Maggior potere contrattuale: i grandi acquirenti sono più sensibili ai prezzi e negoziano sconti per acquistare grandi quantità. -​ Volumi d'affari assicurati: i fornitori temono perdite se non concludono affari con grandi acquirenti, quindi offrono sconti per garantire un flusso costante di attività. Esempio: le assicurazioni di gruppo sono più economiche rispetto a quelle individuali, grazie alla negoziazione aggressiva di grandi acquirenti come CalPers. Svantaggi per i venditori: grandi acquirenti possono avere un forte potere, mettendo a rischio la sopravvivenza del fornitore se decidessero di non acquistare più. Alternative alla dimensione: le piccole imprese possono formare alleanze d'acquisto per simulare un grande acquirente e negoziare migliori condizioni. Le imprese sensibili ai prezzi possono effettuare migliori trattative anche se di piccole dimensioni (la sensibilità è fondamentale). ECONOMIE DI SCALA E DI SCOPO NELLA PUBBLICITÀ: Costo per cliente: può essere calcolato moltiplicando il costo per cliente potenziale per la proporzione di clienti potenziali che diventano consumatori effettivi. Le grandi imprese hanno costi minori per raggiungere potenziali clienti grazie ai costi fissi delle campagne pubblicitarie e all'efficacia nel raggiungere i clienti tramite diffusione sul mercato e l'effetto ombrello (umbrella branding). Economie di scopo nella pubblicità: le grandi imprese distribuiscono i costi fissi delle campagne (lanciate a livello nazionale) su una base più ampia di consumatori potenziali, riducendo il costo per consumatore rispetto alle piccole imprese regionali. Anche con costi di produzione e negoziazione della pubblicità, le grandi imprese possono raggiungere meglio i clienti, come dimostrato dall'ubiquità di marchi come Starbucks e McDonald’s. Oltre a ciò, le grandi imprese sono in grado di convertire un maggior numero di potenziali consumatori in clienti effettivi (economie di scala). Marchio ad ombrello ed economie di scopo: l’efficacia degli annunci pubblicitari può aumentare se l’impresa offre un’ampia linea di prodotti sotto un solo marchio (reputazione). Un marchio conosciuto e consolidato, come Samsung, può aumentare l'efficacia degli annunci pubblicitari su un'intera linea di prodotti. Promuovere un prodotto rafforza il marchio, beneficiando tutti gli altri prodotti associati e riducendo i costi pubblicitari. Questo fenomeno è noto con il nome di umbrella branding (effetto ombrello) ed è efficace quando i consumatori utilizzano le informazioni contenute in uno spot pubblicitario su un prodotto per metterlo in relazione con altri prodotti della stessa marca, riducendo così i costi pubblicitari relativi all’immagine di un marchio. Limitazioni: non è sempre vantaggioso, un esempio è il caso di Lexus. Toyota voleva creare un marchio di auto di lusso per competere con Mercedes, Audi e BMW. Se avesse lanciato queste auto come Toyota, avrebbe creato un effetto ombrello negativo, associando il marchio Toyota, noto per auto economiche, ad auto di lusso. Per questo, Toyota ha creato un nuovo marchio: Lexus. Questo esempio dimostra che associare immagini contrastanti allo stesso marchio può causare diseconomie di scopo. ECONOMIE DI SCALA NELLA RICERCA E SVILUPPO: Si tratta di investimenti in R&S per lo sviluppo di nuovi prodotti o per migliorare la performance di prodotti e/o processi di produzione già esistenti. Le spese per R&S sono significative per molte imprese rispetto ai ricavi totali. La ricerca scientifica e ingegneristica richiede una dimensione minima per progetti e laboratori (indivisibilità). -​ Economie di scala: alti costi fissi per lo sviluppo di nuovi prodotti, i costi fissi medi diminuiscono con l'aumento delle vendite (es. settore farmaceutico). -​ Economie di scopo: le idee di un progetto possono essere utili per altri progetti. Innovazione e dimensione: -​ Grandi imprese: riduzione del costo medio dell'innovazione grazie alla maggiore dimensione. -​ Piccole imprese: possono motivare meglio i ricercatori, poiché le grandi imprese con gerarchie rigide possono limitare l'innovazione e la creatività. ALTRE FONTI DELLE ECONOMIE DI SCALA: -​ Accesso ad un network di distribuzione: grande impresa favorita per un accesso ad una grande rete distributiva che potrebbe farle sconti. -​ Relazioni di governo consolidate: più facile che una grande impresa abbia relazioni consolidate con le istituzioni perché importante sul territorio, ha molti dipendenti quindi potrebbe godere di un trattamento favorevole. ECONOMIE DI RETE: NETWORK EXTERNALITIES Le economie di rete si verificano quando il costo medio totale per un’impresa diminuisce grazie all’adozione di una tecnologia (o input) ampiamente diffusa sul mercato, utilizzata da un numero crescente di consumatori. Ci sono beni o servizi il cui valore economico è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di unità vendute e/o utilizzate ad altri consumatori. Esempi: -​ Piattaforme social: il valore di Facebook o Instagram dipende dal numero di utenti. -​ Servizi di comunicazione: il valore di WhatsApp o Telegram aumenta con il numero di amici e conoscenti raggiungibili. -​ Telefoni: il valore di una compagnia telefonica dipende dal numero di persone che possono essere chiamate. Differenza tra economie di rete e di scala: le economie di rete beneficiano il consumatore perché il valore di un bene o servizio aumenta con il numero di utilizzatori. Quanto maggiore è il numero di utilizzatori di quel servizio, tanto più basso sarà il costo medio totale di uso di quel servizio. Network good: è un bene il cui valore è costituito da due parti. -​ Valore autarchico: valore che ogni prodotto conferisce con il possesso al consumatore. -​ Valore di sincronizzazione: valore aggiuntivo derivante dall'interazione (anche solo potenziale) con altri possessori del bene. Base installata: numero di utilizzatori di un certo network good, maggiore è il numero di utilizzatori, maggiore è il suo valore. Passare a un network good concorrente può comportare costi di cambiamento. Vantaggio dimensionale: basi installate più ampie assicurano costi medi totali di utilizzo o produzione più bassi. STRATEGIC FIT: Il concetto di economie di scopo descrive le sinergie di cui gode un’impresa produttrice di una serie di prodotti e servizi complementari. Milgrom e Roberts hanno introdotto il termine complementarietà per descrivere le sinergie tra pratiche organizzative, in cui i benefici di una nuova pratica sono potenziati dalla presenza di altre pratiche. Il concetto di complementarietà è noto in strategia come strategic fit: misura quanto un’organizzazione riesce a utilizzare le proprie risorse e competenze per cogliere le opportunità esterne. Le complementarietà tra risorse e competenze generano economie di scopo. Porter: sostiene che lo strategic fit tra i processi sia essenziale per ottenere un vantaggio competitivo a lungo termine. La strategia complessiva di un’impresa è maggiore della somma delle singole parti dei suoi processi organizzativi. È difficile per le altre imprese imitare una strategia ben integrata perché dovrebbero replicare ogni singolo processo. Profittabilità: non dipende solo dal posizionamento o dalla scelta del settore, ma dallo sfruttamento delle risorse e capacità uniche dell’impresa. L’adattamento strategico dipende dalle complementarietà tra risorse/competenze interne e condizioni esterne, permettendo all’impresa di trarre beneficio ogni volta che si avventura in nuovi mercati. DISECONOMIE DI SCALA: Mentre le leggi antitrust pongono limiti alla crescita delle imprese, anche senza regolamentazione, le imprese enormemente grandi sarebbero rare a causa delle diseconomie di scala. Oltre una certa dimensione, il principio "grande è meglio" perde validità e può diventare "grande è peggio," con un aumento dei costi medi. Fonti delle diseconomie di scala: -​ Aumento nei costi del lavoro: maggiori salari richiesti dai dipendenti. -​ Burocrazia: processi amministrativi complessi e inefficienze. -​ Scarsità di risorse specializzate: difficoltà nel reperire risorse altamente specializzate. -​ Conflicting out: problemi derivanti da interessi contrastanti all'interno dell'impresa. DIMENSIONI E COSTI DEL LAVORO: I dati mostrano che i lavoratori delle grandi imprese sono pagati più di quelli delle piccole imprese, con salari più alti e maggiori benefit. Ragioni del gap salariale: -​ Sindacati: più diffusi nelle grandi imprese, stipulano contratti di lavoro più favorevoli. -​ Lavoro piacevole nelle piccole imprese: il lavoro può essere più stimolante ma nelle grandi imprese con lavori meno piacevoli c'è un premio sul salario per svolgerli. Il turnover dei dipendenti che caratterizza le piccole imprese può creare scontento a questi ultimi. -​ Attrazione di lavoratori da lontano: le grandi imprese possono pagare di più per bilanciare i costi di trasporto dei lavoratori che provengono da luoghi lontani. Vantaggi delle grandi imprese: -​ Turnover (ricambio dei lavoratori): nelle grandi imprese il turnover è generalmente minore, il che riduce i costi di reclutamento e formazione. Turnover: tasso di persone che si licenziano volontariamente, rispetto agli occupati. -​ Attrattività per lavoratori qualificati: le grandi imprese sono più attraenti per lavoratori qualificati che desiderano avanzare nella gerarchia senza cambiare datore di lavoro. EFFETTI DELLA BUROCRAZIA SULLA DIMENSIONE DELL’IMPRESA: Quando un'impresa cresce, può affrontare costi e inefficienze maggiori per vari motivi: -​ Difficoltà nel monitorare e comunicare efficacemente con i lavoratori. -​ Complicazioni nel valutare e premiare le performance su base individuale. -​ Regole dettagliate e precise possono limitare la creatività. Impatto sui costi: le difficoltà nel valutare l'operato dei dipendenti richiedono risorse aggiuntive per la sorveglianza. Gli incentivi interni possono risultare attenuati. Il flusso delle informazioni è rallentato e i vari settori dell'impresa, competendo per risorse limitate, possono agire in direzioni contrastanti. RISORSE SPECIALIZZATE: Quando un'impresa si espande, può incontrare difficoltà nel trovare alcune risorse chiave, il che può influire negativamente sulla qualità e la reputazione del marchio. Esempi: -​ Starbucks: man mano che si espande, deve scegliere luoghi sempre meno desiderabili, rischiando di compromettere la reputazione del marchio. -​ Ristorante: se si espande troppo, lo chef potrebbe essere sovraccaricato, abbassando la qualità dei piatti. Altre risorse limitate: -​ Luoghi specializzati: spazi di qualità per operare possono diventare difficili da trovare. -​ Lavoratori specializzati: talenti specifici possono essere scarsi. -​ Manager di talento: la gestione efficace diventa una sfida con l'espansione. CONFLICTING OUT: CONFLITTO TRA CLIENTI Le imprese di servizi e consulenza possono affrontare difficoltà nell'acquisire nuovi clienti se un concorrente è già cliente. La condivisione di informazioni sensibili tra rivali può limitare la crescita dell'impresa, allontanando uno o entrambi i clienti. Questo rischio di conflitto e di perdita di informazioni delicate rende difficile l'espansione delle imprese di consulenza. ECONOMIE DI SCALA DINAMICHE: CURVA DI APPRENDIMENTO Le economie di apprendimento si distinguono dalle economie di scala in quanto: -​ Economie di scala: riguardano i vantaggi di costo derivanti dal raggiungimento di un elevato livello di produzione in un determinato periodo. -​ Curva di apprendimento (curva di esperienza): riguarda i vantaggi di costo derivanti dall'accumulo di esperienza e competenza tecnica. Le economie di apprendimento dipendono dall'output cumulato, non dal tasso di output. Esempi di economie di apprendimento: -​ Vendita al dettaglio: un venditore può imparare a conoscere i gusti dei consumatori. -​ Manifattura: un'impresa può imparare a calcolare la tolleranza corretta nella produzione di un componente. I benefici dell’apprendimento si manifestano sotto forma di: -​ Costi minori / inferiori. -​ Maggiore qualità. -​ Politica dei prezzi e marketing più efficiente. CURVA DI ESPERIENZA / APPRENDIMENTO: Economie di apprendimento: riduzioni nei costi medi unitari al crescere della produzione o del volume cumulato nel tempo. Si osserva una diminuzione costante, dal 20% al 30%, per ogni raddoppio della produzione cumulata. Questo effetto di diminuzione tende a decrescere oltre una certa soglia di volume di produzione. È importante utilizzare il prodotto cumulato, anziché quello relativo a un determinato periodo di tempo, per distinguere gli effetti dell’apprendimento da quelli di altri effetti di scala. Esempio: assemblaggio di un aereo. -​ Osservazione empirica: il numero di ore di lavoro necessarie per assemblare un aereo diminuisce progressivamente con l'aumento del numero cumulato di aerei assemblati. -​ Diminuzione regolare e quantificabile: il numero di ore diminuiva della stessa percentuale per ogni raddoppio di produzione cumulata. Velocità di apprendimento: riduzione percentuale che si verifica ad ogni raddoppio di produzione e si 𝐶(2𝑥) misura come: C = 𝐶(𝑥) % dove C rappresenta la velocità di apprendimento e determina l'inclinazione della curva. Il risparmio di costo è pari a 1 - C. Le imprese con lunga esperienza nel settore possono beneficiare di economie di apprendimento, ottenendo vantaggi di costo sui nuovi entranti. Tuttavia, questi vantaggi sono mantenuti solo se l'esperienza non è facilmente acquisibile dai nuovi entranti tramite imitazione o assunzione dei dipendenti del concorrente. Caratteristiche della curva: Si suppone che un'impresa abbia un prodotto cumulato Qt con un costo medio di produzione AC1. Se il prodotto raddoppia a 2Qt + 1 con un costo 𝐴𝐶2 medio AC2, l'inclinazione della curva di apprendimento sarà pari a: 𝐴𝐶1. Tanto più la curva è ripida, tanto più l’apprendimento è veloce, e viceversa. Tanto più la curva è piatta, tanto più l’apprendimento è lento. Quando c’è apprendimento, i costi medi scendono con la produzione cumulata. Qui, quando la produzione cresce da Q1 a 2Qt + 1, il costo medio di un lotto di prodotti scende da AC1 a AC2. L’inclinazione della curva d’apprendimento misura la riduzione relativa dei costi medi al raddoppiare dell’output cumulativo. Il valore dell’inclinazione è stato calcolato per centinaia di prodotti, ottenendo che la pendenza mediana si aggira intorno allo 0,80, indicando una riduzione dei costi unitari del 20% per ogni raddoppio di produzione cumulata. La pendenza varia da impresa a impresa e da settore a settore, generalmente oscillando tra 0,7 e 0,9 (occasionalmente può toccare i valori 0,6 e 1, se non sussistono curve di apprendimento). Un'inclinazione pari a 0,9 indica che il costo medio diminuisce del 10% al raddoppiare dell'output cumulativo. L'apprendimento diminuisce nel tempo e la curva può diventare 1 (assenza di apprendimento). NB: Il valore calcolato per la pendenza della curva di apprendimento rappresenta il valore medio su un intervallo di volumi produttivi e non indica esattamente quando le economie di apprendimento saranno completamente sfruttate. STRATEGIE PER LA CURVA: Se un’impresa sa di poter beneficiare dell’apprendimento, può adottare strategie per espandere rapidamente l'output e ottenere vantaggi di costo. Questo può comportare perdite nel breve periodo, ma assicurare profittabilità a lungo termine grazie alla riduzione dei costi. Le imprese che beneficiano dell'apprendimento possono espandere la produzione oltre il punto in cui i ricavi aggiuntivi compensano i costi aggiuntivi, sfruttando la curva di apprendimento per ridurre i costi futuri. Anche se sembra violare il principio che i ricavi marginali devono essere pari ai costi marginali, questa regola rimane valida considerando i risparmi futuri derivanti dall'apprendimento. Esempio: un'impresa di microcircuiti integrati ha un costo unitario di produzione di $2,5 per 10.000 microchip. L'impresa prevede che, una volta prodotti 20.000 microchip, il costo unitario scenderà a $2. Ne ha già prodotti 10.000 e riceve un'offerta per produrre 10.000 microchip subito, oltre agli ordini già programmati di 200.000 pezzi. Qual è il prezzo minimo per accettare l’offerta? -​ Produrre 200.000 pezzi senza l’offerta costa: 10.000 × 2,5 + 190.000 × 2 = 405.000 $. -​ Produrre 10.000 pezzi prima costa: 10.000 × 2,5 = 25.000 $ e successivamente produce gli altri 200.000 × 2 = 400.000 $. -​ Produrre i primi 10.000 pezzi dei 200.000 senza offerta costa 25.000, con l’offerta i primi 10.000 costerebbero 20.000 perciò questo comporta un risparmio futuro di 5.000. -​ Costo incrementale di svolgere l'ordine aggiuntivo è di 20.000 $ (costo attuale - risparmi futuri). 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑟𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙𝑒 20.000 -​ Prezzo minimo: 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑧𝑧𝑖 = 10.000 = 2 $ Il prezzo minimo che l'impresa dovrebbe accettare per l'offerta è 2 $ per microchip (non 2,5 $), poiché i risparmi futuri compensano i costi iniziali più alti. Espandere l’output rapidamente per sfruttare l'apprendimento può portare a profitti contabili negativi nel breve periodo ma garantire profittabilità nel lungo termine. L’apprendimento consente di ridurre i costi unitari man mano che la produzione cumulata aumenta, rendendo la strategia di espansione vantaggiosa. BOSTON CONSULTING GROUP (BCG): PARADIGMA Ciclo di vita del prodotto: prende in considerazione diverse fasi: introduzione, sviluppo, maturità e declino. In ogni fase è possibile verificarne il suo andamento. La matrice crescita-quota di mercato del BCG aiuta le imprese a classificare le loro linee di prodotto in base a due dimensioni: crescita di mercato e quota di mercato: -​ Rising star (stella nascente): prodotto in un mercato in crescita, con una quota di mercato alta. -​ Cash cow (mucca da soldi): prodotto in un mercato stabile o in declino, con una quota di mercato alta. -​ Problem child (bambino difficile): prodotto in un mercato in crescita, con una quota di mercato bassa. -​ Dog (cane): prodotto in un mercato stabile o in declino, con una quota di mercato bassa. STRATEGIA BCG: La strategia del BCG si basa sull'uso delle curve di apprendimento e del ciclo di vita del prodotto. Le imprese utilizzano i profitti delle cash cows per finanziare la crescita dei problem children e delle rising stars, che a loro volta diventeranno future cash cows. Questo modello permette di sfruttare le economie di apprendimento e mantenere il ciclo di investimenti attivo. Strategia: -​ Aumentare la produzione nelle fasi iniziali del ciclo di vita dei prodotti in crescita (rising stars e problem children), sfruttando le strategie di apprendimento. -​ Utilizzare i profitti dei prodotti maturi e stabili (cash cows) per finanziare i prodotti promettenti. -​ Questi ultimi, muovendosi lungo la curva di apprendimento, saranno cash cow nel prossimo ciclo di investimenti. Apprendimento e modello BCG: la strategia della curva di apprendimento implica che

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