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Uploaded by IdyllicChalcedony8782
Libera Università Maria Santissima Assunta
Carlotta Riccioni
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Presentation slides on adolescent brain development, focusing on key concepts such as pruning, myelination, and the role of the prefrontal cortex. The material highlights the brain's increasing integration and efficiency in adolescence and the development of executive functions.
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CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE – L24 DISPENSA DI PSICOLOGIA DELL’ADOLESCENZA SLIDES CARLOTTA RICCIONI IL CERVELLO ADOLESCENTE: Alcuni principi fo...
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE – L24 DISPENSA DI PSICOLOGIA DELL’ADOLESCENZA SLIDES CARLOTTA RICCIONI IL CERVELLO ADOLESCENTE: Alcuni principi fondamentali PowerPoint 1 Durante l’adolescenza, a livello cerebrale, avvengono due cambiamenti rilevanti: 1. Pruning: Eliminazione delle cellule (neuroni) in eccesso e delle connessioni (sinapsi) superflue Vengono mantenuti i circuiti neuronali che si utilizzano maggiormente, mentre vengono eliminati i collegamenti che non servono L’attenzione rinforza le connessioni esistenti e permette lo sviluppo delle nuove sinapsi (fioritura) Da un cervello generalista a un cervello specialista sempre più efficiente 2. Mielinizzazione: Una sostanza lipidica isolante che, avvolta intorno all’assone del neurone, aumenta la velocità di trasmissione dei segnali elettrici tra le cellule La velocità con cui avviene propagato l’impulso elettrico è 100 volte maggiore, e il periodo di riposo che serve al neurone per poter inviare un altro segnale è 30 volte più veloce (Siegel, 2014). Verso una maggiore integrazione (Siegel, 2014) L’integrazione, ossia il collegamento di parti diverse, a sua volta dà origine a un maggior livello di coordinamento nel cervello stesso. Le connessioni cerebrali più precise ed efficienti consentono migliori capacità di giudizio e discernimento: non ci si concentra più soltanto sui singoli particolari, dimenticandosi del quadro generale, ma si elabora una visione realmente globale. Una maggiore integrazione cerebrale è associata a maggiore neuroplasticità, e flessibilità mentale. La corteccia prefrontale Questa funzione di integrazione è svolta nella nostra corteccia prefrontale, esegue le funzioni esecutive: ci aiuta a ragionare, prendere decisioni, pianificare azioni per raggiungere un obiettivo o risolvere un problema, pianificare il futuro, pensare alle conseguenze d un’azione. Contribuisce inoltre alla profonda conoscenza di sé (insight-autoconsapevolezza) e degli altri (empatia). Definizione Abilità cognitive necessarie per programmare, mettere in atto e portare a termine con successo un comportamento finalizzato a uno scopo (Welsh & Pennington, 2009) Includono processi cognitivi e di autoregolazione che consentono il monitoraggio e il controllo di pensieri e azioni, quali l’inibizione, la pianificazione, la flessibilità attentiva, l’individuazione e correzione di errori, la resistenza alle interferenze (si pensi ad abilità quali memoria di lavoro, inibizione, categorizzazione, problem-solving, pianificazione, decisione, etc.) Phineas Gage “I suoi superiori, che lo consideravano come il più efficiente e capace caporeparto che avessero prima dell’incidente, hanno ritenuto che il cambiamento della sua mente fosse così marcato da rendere impossibile ridargli nuovamente il posto. È umorale, irriverente, indulge a volte in bestemmie (che non era sua abitudine pronunciare), manifestando poca deferenza nei confronti dei colleghi, impaziente quando qualcosa è in conflitto con i suoi desideri. Occasionalmente pertinace, tuttavia capriccioso e vacillante, si fa ideatore di molti progetti per il futuro che non realizza e che abbandona presto per altri che appaiano più fattibili. A questo proposito, la sua mente è così radicalmente cambiata che i suoi amici e conoscenti dicono “non è più lui”. Modello di Miyake et Al. (2000) Delle Fe Sistema delle Funzioni Esecutive costrutto unitario, sostenuto da componenti dissociabili ma moderatamente correlate: Inibizione Capacità di controllare la propria attenzione, comportamento, pensieri e/o emozioni inibendo uno stimolo rilevante/piacevole interno o esterno al fine di compiere un’azione maggiormente appropriata al contesto o di cui abbiamo bisogno per portare a termine un compito Senza l’inibizione saremmo in balia dei nostri impulsi, delle nostre vecchie abitudini (sia in termini di pensieri che di azioni), di alcuni stimoli ambientali Questo controllo inibitorio ci consente di cambiare e di scegliere come comportarci, come reagire Autocontrollo Memoria di lavoro (working memory) Capacità di tenere a mente informazioni per poterle utilizzare o manipolare, anche in presenza di compiti o di situazioni distraenti Due tipi di ML con differenze di contenuto: - ML verbale (Fonologica); - ML non verbale (Visuo-spaziale). Flessibilità cognitiva Capacità di cambiare la propria strategia comportamentale in relazione a un evento ambientale (feedback ricevuto), considerando differenti prospettive e priorità Cambiare prospettiva a livello spaziale (come sarà questo oggetto se provo ad osservarlo da un’angolazione differente?) o interpersonale (Vediamo se riesco a capire questa cosa assumendo il tuo punto di vista/mettendomi nei tuoi panni) Ci consente di essere flessibili abbastanza da adattarci ad un cambio di richieste o priorità, ammettere che stavamo sbagliando, e trarre vantaggio da opportunità improvvise, inaspettate Strettamente connessa a memoria di lavoro e inibizione: per cambiare prospettiva devo inibire (o deattivare) una prospettiva precedente e portare la nuova a livello della WM dove possono attenzionarla, manipolarla e quindi eventualmente utilizzarla per pianificare la messa in atto di un nuovo comportamento La pianificazione Nel suddetto modello di Miyake, flessibilità, memoria di lavoro e inibizione sono FE parzialmente indipendenti ma anche correlate attraverso la mediazione di un fattore latente comune; Questo fattore unitario viene descritto come la capacità di mantenere attivo il compito (obiettivo) e le informazioni necessarie al compito medesimo e usare queste informazioni per controllare efficacemente processi automatici sottostanti al compito. L’interazione tra le tre FE è alla base di FE di tipo sovraordinato, quale la pianificazione, valutabile classicamente con test quale la Torre di Londra La maturazione della corteccia cerebrale Il sistema limbico Il sistema limbico è composto da una serie di strutture encefaliche coinvolte nelle reazioni emotive, nella memoria a breve e lungo termine, nell'apprendimento e nell'olfatto. Non solo, studi scientifici hanno evidenziato, infatti, che il sistema limbico è coinvolto anche nel processamento di stimoli associati a gratificazioni immediate, contribuendo alla percezione di gratificazione che deriva dal raggiungimento di un obiettivo/un'esperienza piacevole, e al processo decisionale finalizzato a ricevere una data ricompensa. In adolescenza il sistema limbico si sviluppa più rapidamente rispetto alla corteccia prefrontale. La corteccia prefrontale in adolescenza risulta più vulnerabile agli stimoli esterni come gli stimoli emotivi intensi. Il funzionamento del nostro cervello è infatti stato-dipendente: è influenzato dal contesto. Situazioni emotive intense, stress, la presenza dei pari, il possibile utilizzo di sostanze, rappresentano tutte situazioni in cui il funzionamento della corteccia prefrontale può risultare sovrastato dall’attivazione delle regione sottocorticali con conseguenti esplosioni emotive e comportamenti impulsivi. Corpo striato: in seguito alla percezione di stimoli/esperienze gratificanti favorisce il rilascio un neurotrasmettitore chiamato dopamina implicato nella creazione della spinta a ricercare la gratificazione (ci consente di valutare uno stimolo come gratificante, soprattutto se la gratificazione è immediata) e nella percezione di piacere e gratificazione. La ricerca scientifica mostra come, durante l’adolescenza, il livello basale della dopamina risulti inferiore rispetto a quello dei bambini e adulti, mentre il suo rilascio in risposta ad esperienze gratificanti compiute sia addirittura maggiore. Aumento impulsività: attuare dei comportamenti senza una riflessione ponderata, senza valutare gli esiti di una possibile azione (sistema limbico > corteccia prefrontale) Maggiore predisposizione allo sviluppo delle dipendenze: ricerca di novità e di comportamenti gratificanti che comportano il rilascio di dopamina possono contribuire allo sviluppo di una dipendenza: come uso di alcune sostanze, alimenti con un elevato indice glicemico, utilizzo dei social media Pensiero iper-razionale o letterale: si tratta di un modo di pensare in termini concreti, in cui si analizzano solo i singoli dati di fatto, senza vedere il contesto globale di una determinata situazione. L’adolescente valuta attentamente i “pro” e i “contro” di una situazione, contrariamente a quello che comunemente si pensa (ovvero che gli adolescenti non rifletterebbero abbastanza), ma con un focus preponderante sugli aspetti vantaggiosi associati ad una possibile ricompensa gratificante. Molte azioni che gli adolescenti compiono in presenza di altri amici sono la combinazione tra la spinta e cercare la gratificazione, le dinamiche che si creano all’interno del gruppo e il pensiero di Siegel definisce iper-razionale. Il consenso sociale, infatti, il gruppo di amici, agisce come rinforzo per la messa in atto d comportamenti a rischio (se o fanno tutti, lo faccio anche io!). La ricerca di novità Quando l’esplorazione delle nuove esperienze si affina, si traduce in un modo curioso di vedere la vita ed emergono altre caratteristiche come l’apertura per il cambiamento e la passione di vivere. La ricerca di sensazione forti e la maggiore propensione al rischio portano gli adolescenti a dare maggiore importanza all’eccitazione e al brivido dell’esperienza, rispetto alla valutazione degli esiti negativi collegati a quell’azione predisponendo a comportamenti pericolosi e dannosi Gli studi più recenti hanno dimostrato come queste caratteristiche peculiari del cervello adolescente: Spronano i ragazzi a esplorare a ricercare nuove opportunità Sostengono lo sviluppo della loro autonomia Facilitano un più veloce apprendimento grazie ai feedback ricevuti dall’esperienza (Learning by doing) Ti aiutano a spingere oltre i propri limiti, superando la paura del nuovo e dell’ignoto, e dando spazio alla loro creatività. Queste sono tutte caratteriste positive su cui spesso non ci soffermiamo ma che andrebbero supportale e valorizzate così che l’adolescente posso continuare ad utilizzare anche in età adulta. Come aiutare i ragazzi adolescenti ad incanalare questa energia? Cercare di offrire opportunità che consentano ai ragazzi di sperimentare quelli che vengono definiti “healty risk-taking behaviours” ovvero offrire ai ragazzi adolescenti delle attività che permettano loro di sperimentare un livello di rischio controllato. Quando parliamo di rischi ci vengono subito in mente comportamenti molto pericolosi come uso di sostanze, guida spericolata ecc… In realtà, anche situazioni quali chiedere a un compagno di uscire per un appuntamento o per esempio in ambito didattico presentare un proprio lavoro davanti a tutta la classe possono rappresentare per gli adolescenti situazioni sfidanti, situazioni rischiose, perché non familiari e con esito ignoto. Queste attività consentono agli studenti di spingersi oltre la propria comfort zone, sperimentare, promuovono la creatività e allenano gli studenti a fronteggiare le sfide. Healthy risk-taking behaviours: alcune strategie Fornire opportunità che consentano agli studenti di prendere decisioni in autonomia: offrire l’opportunità di fare scelte e prendere decisori. Permettete loro di essere i leader del loro apprendimento dando loro autonomia su alcuni aspetti, come la scelta degli argomenti da approfondire per un lavoro di gruppo. Avviare nuovi progetti o iniziative: possono assumersi il rischio di proporre e guidare nuovi progetti, iniziative o eventi all’intero della comunità scolastica. Assumendo questi ruoli di leadership, gli studenti sviluppano capacità organizzative, lavoro di squadra e senso di responsabilità. Partecipare a esperienze interculturali: partecipare a programmi di scambio culturale o opportunità di studio all’estero espone gli studenti a nuove culture, lingue e prospettive. Questo li aiuta a sviluppare una maggiore flessibilità adattiva a una più ampia comprensione del mondo che li circonda. Esplorare interessi o passioni personali: incoraggiare a esplorare i loro interessi personali o le loro passioni attraverso approfondimenti indipendenti, scegliendo argomenti che sono significativi per loro. EMOZIONI IN ADOLESCENZA: Come intervenire sulla disregolazione emotiva PowerPoint 2 Esperienza emotiva in adolescenza L’esperienza di emozioni positive diminuisce rispetto all’infanzia e diventa prevalente lo stato negativo Le emozioni sono vissute più intensamente, sia all’estremo positivo che negativo Gli adolescenti sono più sensibili al rifiuto dei pari e anche più influenzabili dai coetanei Di estrema importanza in questo periodo è il rinforzo sociale e il giudizio dei pari Gli studi di neuroimaging hanno mostrato che durante l’adolescenza il vissuto emotivo è influenzato dallo sviluppo strutturale e funzionale delle regioni cerebrali coinvolte nella generazione e regolazione delle emozioni: sistema limbico e corteccia prefrontale Lo sviluppo cerebrale di questo periodo aumenta il rischio di sviluppare ansia e stress «Potatura» delle reti neuronali (materia grigia) Aumento della mielinizzazione degli assoni corticali (incrementa l’efficienza della trasmissione nervosa tra le aree cerebrali) Sviluppo della corteccia prefrontale Nuove connessioni tra sistema limbico e corteccia prefrontale Gli ormoni puberali influenzano il sistema limbico Regolazione emotiva È un’abilità della competenza emotiva È la capacità di far fronte alle emozioni a valenza negativa o positiva usando strategie di autoregolazione Comprende diverse capacità: - Consapevolezza e comprensione delle emozioni - Accettazione delle emozioni - Capacità di controllare le emozioni negative e di agire in base ai propri obiettivi anche quando vengono provate emozioni negative - Capacità di utilizzare strategie di regolazione emotiva flessibili e adatte al contesto Gli stimoli emotivi catturano la nostra attenzione, in particolare attraverso l’attivazione di strutture del sistema limbico come l’amigdala, la quale avvia una risposta di allerta a tutto il sistema al fine di una rapida elaborazione della risposta appropriata al contesto Una regolazione delle emozioni pienamente funzionale richiede la capacità di riconoscere il significato emotivo degli stimoli percepiti, di attivare un processo regolativo e di scegliere e attuare una strategia appropriata. Processo che coinvolge le funzioni esecutive attivate nella corteccia prefrontale I genitori influenzano il modo in cui i bambini esperiscono le loro emozioni, fornendo strategie di regolazione emotiva che i bambini apprendono e successivamente usano Reazioni genitoriali poco supportive, quali la punizioni o la minimizzazione, sono associate a competenze minori di regolazione emotiva nel bambino e al conseguente uso di strategie disadattive (ad es. l’evitamento) L’adolescente è influenzato nella regolazione emotiva dalla precedente esperienza familiare e dai cambiamenti neurofisiologici Strategie di regolazione emotiva funzionali 1. Attività fisica 2. Distrazione 3. Respiro e tecniche di rilassamento 4. Rivalutazione cognitiva 5. Accettazione 6. Problem solving 7. Supporto sociale 8. Allontanamento da una situazione Disregolazione emotiva È una risposta emotiva molto difficile da gestire, marcata e duratura Può capitare di oscillare rapidamente da un’emozione all’altra, ad esempio, tra la serenità e la forte tristezza, tra la rabbia intensa e il senso di colpa A volte emozioni contrastanti possono essere presenti contemporaneamente, tanto da creare un forte caos È una interruzione della “stabilità interna” dei processi mentali che sono legati alla costante e dinamica regolazione delle attività di cervello-mente-corpo-ambiente (Lazarus e Folkman, 1984) La predisposizione alla disregolazione emotiva aumenta se la vulnerabilità emotiva di un individuo interagisce con un ambiente familiare invalidante Finestra di tolleranza di D. Siegel Quando si superano i confini della finestra di tolleranza inizia il senso di disregolazione: sentirsi «fuori controllo» –troppo ansiosi, agitati- o «scarichi, apatici» -ipoarousal. Vulnerabilità emotiva Sensibilità molto elevata agli stimoli emotivi Reattività molto intensa agli stessi Lento ritorno a un livello emotivo di base una volta che l’attivazione emotiva è innescata Durante l’adolescenza è maggiore la vulnerabilità emotiva Ambiente familiare invalidante Un ambiente è invalidante quando è presente la tendenza a rispondere in modo errato, inappropriato ed estremizzato alle esperienze intime (es. emozioni, pensieri, sensazioni) Fallisce nell’insegnare al bambino a etichettare e modulare la propria attivazione fisiologica, a tollerare l’angoscia, o a fidarsi delle proprie risposte emotive come valide interpretazioni degli eventi Disregolazione emotiva e strategie di coping disfunzionali Il comportamento impulsivo e l’autolesionismo possono essere considerati delle strategie di regolazione emotiva maladattive ma efficaci sul momento Quando il dolore emotivo è così forte, farsi del male o mettere in atto comportamenti impulsivi possono abbassare l’attivazione emotiva e possono momentaneamente abbassare la soglia di sofferenza emotiva perché si ritorna nella finestra di tolleranza Autolesionismo È un comportamento volto a volersi far male senza aver l’intenzione di morire Alcune forme frequenti sono tagliarsi, bruciarsi, graffiarsi, picchiarsi, mordersi ma anche comportamenti autodistruttivi come abuso di alcol e sostanze, comportamenti rischiosi e sesso impulsivo Favazza nel 1987 scrisse il primo libro sull’autolesionismo, fu il primo a dare all’autolesionismo la valenza di una strategia disadattava di coping Le funzioni dell’autolesionismo possono essere: - Regolazione emotiva, «fermare il dolore emotivo» - Comunicare, «mostrare la propria sofferenza» - Punirsi, «avere ciò che mi merito» - Avere controllo su qualcosa - Purificazione, «pulirmi» - Creare stato dissociativo, «far sì che io stia sognando» Fattori di rischio per l’autolesionismo - Soffrire di un disturbo mentale: depressione, ansia, disturbi alimentari - Essere vittima di bullismo - Trascuratezza, abuso e ad abbandono familiare - Far parte della comunità LGBT - Appartenere a minoranze etniche - Adolescenti che si identificano con subculture (emo, gotici e punk) I social network sono spesso i luoghi in cui gli adolescenti condividono il loro dolore e la sofferenza Dietro l’hashtag ‘#cut, #selfharm, #cutting si nasconde un mondo sommerso. Sono migliaia i video su YouTube, i blog su tumblr, tik tok, instagram su questo argomento Epidemiologia Review di Brown e Plener (2017) - Tiene in considerazione studi internazionali sull’autolesionismo a partire dal 2002 - Prevalenza del 17-18% nella popolazione adolescenziale - Raggiunge il picco tra i 15-16 e declina verso i 18 - Negli adolescenti con problemi psichiatrici la prevalenza sale al 60% Osservatorio Nazionale Adolescenza 2017 - Su 6500 adolescenti di 10 città italiane tra i 13 e i 18 anni emerge che 2 adolescenti su 10 praticano l’autolesionismo, solitamente lo mettono in atto in maniera nascosta nella propria stanza - L’ 11,5% si fa del male in modo ripetitivo, soprattutto femmine Un modello di intervento Obiettivi dello skills training sulla regolazione emotiva 1. Comprendere le emozioni che si provano 2. Ridurre la vulnerabilità emotiva 3. Ridurre la frequenza delle emozioni provate 4. Ridurre la sofferenza emotiva Abilità ABC PLEASE Obiettivo: incrementare le emozioni positive e ridurre la vulnerabilità alla mente emotiva Accumula esperienze positive Diventa Bravo nella mastery (raggiungere gli obiettivi individuati) Gestisci in antiCipo le situazioni emotive Prenditi cura del corpo Cibo equiLibrato Evita le sostAnze Sonno equilibrato Esercizio fisico Azione opposta per cambiare l’emozione Le emozioni ci spingono ad agire in un certo modo, che ci viene naturale: - PAURA = Fuggire o evitare - COLLERA = Aggredire - TRISTEZZA = Chiudersi in sé stessi, diventare passivi, isolarsi - VERGOGNA =Nascondersi, evitare, chiudersi in sé stessi, salvarsi la faccia aggredendo gli altri - COLPA = Promettere che non si trasgredirà più, declinare ogni responsabilità, nascondersi, chinare la testa, chiedere perdono - GELOSIA= Muovere accuse verbali, cercare di avere il controllo sull’altra persona, essere sospettosi Quando le emozioni sono troppo intense e fanno più male che bene sarebbe importante fare le azioni opposte: L'azione opposta della paura/ansia è affrontare L’azione opposta collera: evita con delicatezza la persona con cui sei arrabbiato (invece di aggredirla): - Prendi tempo e inspira ed espira profondamente e lentamente - Sii gentile invece che aggressivo (cerca di avere simpatia o empatia per l’altra persona) Azione opposta tristezza: essere attivi: - Avvicinati, non evitare - Incrementa le attività piacevoli Azione opposta gelosia: smetti di controllare le azioni degli altri: - Smetti di spiare o di ficcare il naso - Rilassa il viso e il corpo L’abilità onda: mindfulness delle emozioni del momento Obiettivo: gestire le emozioni difficili Sperimenta la tua emozione - Osserva ciò che senti - Fai un passo indietro e osserva soltanto - Sii distaccato - Vivi l’emozione come un’onda, che va e viene - Non cercare di sopprimerla o di respingerla e non aggrappartici Pratica la mindfulness delle sensazioni corporee prodotte dall’emozione - Nota dove, nel tuo corpo, stai sentendo le sensazioni prodotte dall’emozione - Sperimenta le sensazioni nel modo più completo possibile Ricorda: tu non sei la tua emozione - Non devi necessariamente agire in base alla tua emozione - Ricorda le volte in cui ti sei sentito in modo diverso Interventi di supporto ADOLESCENZA E IMMAGINE CORPOREA PowerPoint 3 Adolescenza e compiti evolutivi Sviluppo Cognitivo Dimensione Relazionale Mentalizzazione del corpo Mentalizzazione del corpo Integrazione e comunicazione tra mente e corpo L’adolescente deve costruirsi una rappresentazione del corpo per riuscire a comprendere e controllare i cambiamenti fisici puberali Il corpo in adolescenza Le modificazioni puberali portano ad una ridefinizione del ruolo maschile femminile: identità di genere Intense pulsioni sessuali Corpo che diventa luogo della relazione e dello scambio tra mondo interno ed esterno Attraverso il corpo l’adolescente comunica la propria appartenenza ad un gruppo Diventa luogo di investimento delle proprie attenzioni Può esprimere conflitti interiori: ipocondria, dismorfofobia, disturbi alimentari Immagine corporea Il modo in cui in cui io vedo il mio corpo (percezione) Il modo in cui io sento il mio corpo (emozione) I pensieri e le credenze che ho sul mio corpo (cognizione) Le cose che faccio affinché sia soddisfatto del mio corpo (comportamenti) È influenzata dai feedback che l’adolescente riceve dall’ambiente sociale e soprattutto dal gruppo dei coetanei Influenza l’autostima e la fiducia nelle proprie possibilità Importanza nella sua costruzione del ruolo dei genitori La soddisfazione o meno sul proprio aspetto fisico dipende dal risultato del confronto tra il proprio corpo con quello dei coetanei o con l’idea di corpo ideale La pubertà può essere percepita come un processo non in armonia con l’immagine di sé, generando sentimenti di inadeguatezza, disagio e la sensazione di una perdita di controllo sul proprio corpo In adolescenza si rileva il più alto tasso di insoddisfazione corporea: tra il 57% e 84% delle ragazze e tra il 49% e l’82% dei ragazzi riportano di essere insoddisfatti del proprio corpo (Chen et al., 2010) Ragazze Ragazzi - Preferiscono essere snelle - Sono più soddisfatti del loro aspetto se - Prestano più attenzione al look hanno le spalle larghe, i muscoli, i - Si preoccupano di più di cosa gli pettorali altri penseranno del loro aspetto - Prestano più attenzione ad aspetti del corpo utili per lo sport: velocità, forza, resistenza, coordinazione motoria Immagine corporea positiva L’ apprezzamento del proprio corpo è un atteggiamento di gratitudine verso il corpo e un’attenzione verso i suoi bisogni Sentirsi a proprio agio con il proprio corpo nonostante i difetti Flessibilità nell’idea di bellezza, collegata anche alla personalità Embodiment (Pirar et al.2002) sentirsi un tutt’uno con il corpo: - Sentirsi competenti attraverso il corpo - -Sfidare gli standard socioculturali - -Liberi di esprimere l’individualità attraverso il corpo Studio lituano (Jankauskiene et al. , 2022) su un campione di adolescenti dai 15 ai 18anni: - I ragazzi con una immagine positiva del corpo praticavano sport di squadra e avevano un buon supporto sociale e di appartenenza, motivazione allo sport: piacevole e salutare - Erano più critici rispetto agli ideali dei media e mettevano più filtri per le informazioni - Comportamenti alimentari più sani Manipolazione del corpo La pelle, confine tra interno ed esterno, si presta a essere usata come se fosse una tela su cui si può disegnare e rimodellare una forma più desiderabile del corpo Le manipolazioni del corpo sono un modo di comunicare informazioni sull’identità, i valori, i bisogni e l’appartenenza ad una particolare cultura (Pellerone et al., 2017) Body art: - Bisogno sociale di rispecchiamento - Essere alla moda - Appropriazione e personalizzazione della corporeità - Regalano visibilità sociale - Conoscere il corpo, padroneggiarlo, farlo proprio - Rito iniziatico Piercing: - Deriva da to pierce=forare - Da sempre esistito con la funzione di indicare il ruolo sociale o religioso - Segnava riti di passaggio - Anni 70 nasce il movimento Modern - Primitives negli Usa: pratica delle manipolazioni corporali estreme a fini spirituali - Intenzione esibitiva - Modificazione Transitoria - Gesto tipico dell’adolescente contemporaneo - Qualcosa di esterno, non diventa una parte di sé - Intento relazionale - Scelta istantanea, poco pianificata Tatuaggio: - Dal polinesiano tautau-marchiare - Rituale magico terapeutico-Egitto - Portato in occidente dal capitano James Cook: ha una connotazione negativa (criminali, schiavi, emarginati) - Anni 70-80 movimento punk: trasgressione e aggressività - Tentativo di costruire una positiva immagine di sé - Creare un legame tra corpo tatuato e identità - Senso di appartenenza e riconoscimento - Abbellire il proprio corpo, valorizzarlo - Spesso immortala ricordi importanti - Pianificazione della pratica del tatuaggio - Fermare il tempo Ricerche Ricerca di Clerici e Meggiolaro, 2009 Campione: 4524 studenti del Veneto dai 14 ai 18 anni Scopo: analisi delle motivazioni che portano gli adolescenti a farsi piercing e tatuaggi Risultati: - I valori che influenzano maggiormente la scelta di farsi un piercing o un tatuaggio sono divertimento, bellezza e giovinezza - Avere genitori con titoli di studio medio-bassi (per i ragazzi) o vivere in famiglie monogenitoriali (per le ragazze) fa aumentare sia la propensione a sperimentare che l’interesse verso la body art - Gli adolescenti con maggior probabilità di avere esperienza di piercing sono quelli per i quali conta molto l’aspetto fisico e sono meno soddisfatti del proprio corpo Ricerca di Bosello e al. , 2010 Campione: 829 studenti Scopo: valutare la prevalenza di piercing e tatuaggi in una scuola di Padova e la correlazione con aspetti del temperamento e del contesto familiare Risultati: - Prevalenza di tatuaggi 4% - Prevalenza di piercing 24% - Prevalenza di entrambi 2.5% - Il 62% degli studenti hanno il desiderio di farsi un tatuaggio e il 35% il piercing - È emersa una correlazione positiva tra tatuaggi/piercing e uso di alcool - Correlazione positiva tra tatuaggi/piercing conflitti familiari e minor aiuto percepito - Studenti con tatuaggi e piercing presentavano punteggi più alti nella scala sensation seeking (ricerca di nuove sensazioni) Body art come possibile marcatore di rischio La presenza di tatuaggi e piercing può essere un indicatore di disagio interno Alcuni studi hanno mostrato una correlazione positiva tra tatuaggi e la tendenza a mettersi in situazioni a rischio, l’impulsività, l’autolesionismo e l’uso di droghe (Brooks, 2003; Carrol et al., 2005) È stata riscontrata una maggiore prevalenza di piercing e tatuaggi nelle ragazze adolescenti con bulimia (Preti, 2006) Comportamenti violenti sembrano essere più presenti in ragazzi con tatuaggi e ragazze con piercing Generazione Z e manipolazione del corpo Generazione Z: nati tra il 1996 e il 2010 «onlife» Ruolo centrale dei selfie: Il corpo come oggetto da abbellire e promuovere per ottenere un riconoscimento attraverso i likes Sindrome dei corpi multipli (Digennaro, 2021): adattare il corpo e modificarlo a proprio piacimento più e più volte così da avere più immagini di sé Più modifico le mie foto e le allontano dalla realtà più rischio una scissione tra corpo fisico e corpo costruito Le giovani donne e le ragazze adolescenti, che scattano più selfies e li modificano prima di postarli, dimostrano di avere livelli più elevati di auto-sorveglianza del proprio corpo, maggiore insoddisfazione corporea e facciale, minore stima corporea e preoccupazioni alimentari (Beos et al., 2021; Faelens et al., 2021; Wick & Keel, 2020) Le adolescenti considerano il numero di like ricevuto ai loro selfies come un feedback diretto della loro bellezza e valore personale, influendo la loro autostima. Gli adolescenti tendono a non essere molto influenzati dal numero di “mi piace” che ricevono, ma sono più preoccupati di ricevere commenti negativi dai coetanei sui social media Osservatorio nazionale dell’adolescenza, indagine del 2020: sempre più giovani ricorrono alla chirurgia estetica (odontoiatria estetica, botulino, rinofiller, filler alle labbra) per ritocchi mirati a somigliare ai propri selfie modificati dagli algoritmi del cellulare: - Dismorfia digitale - Selfie dismorfia - Zoom dismorfia Disturbo da Dismorfismo corporeo Nel DSM-5 (2014) il disturbo da dismorfismo corporeo (body dysmorphic disorder, BDD) viene classificato tra i disturbi ossessivo-compulsivi. Il nucleo di questo disturbo è l’eccessiva e persistente preoccupazione per difetti fisici anche minimi o assenti. È un disturbo cronico con esordio nell’adolescenza, l’età di insorgenza più comune è 12- 13 anni Proiezione sul corpo di immagini distorte e anomale: disturbo percettivo Tendenza ad evitare situazioni che richiedono l’esposizione della parte del corpo che si considera anormale Vigoressia o Dismorfia muscolare Ossessione per il fisico perfetto Percezione del proprio corpo come troppo esile, gracile, debole, inadeguato Condotte di compenso: esagerato allenamento, dieta ipoproteica, body building, farmaci steroidi e anabolizzanti In uno studio del 2021 su adolescenti australiani, la prevalenza della dismorfia muscolare era del 2,2% nei maschi e dell’1,4% nelle femmine (Mitchison et al., 2021) Everybody’s different Programma educativo (O’Dea e Abraham, 2000), focalizzato sull’autostima e applicato con i ragazzi della scuola secondaria con un’età compresa tra gli 11 e i 14 anni. L’intervento prevede due gruppi, uno sperimentale e uno di controllo, e un follow-up a 12 mesi Si lavora in gruppo sulle relazioni sociali, la costruzione di un’immagine positiva di sé stessi e della propria autostima, le competenze comunicative e gli stereotipi della società Programma di interventi in classe - Lezione 1: affrontate lo stress con esercizi di rilassamento, sentirsi bene nel proprio corpo - Lezione 2: costruire un positivo senso di sé, con l’identificazione dei propri aspetti unici e come potrebbero distruggerli; attività su «Io sono ok» - Lezione 3,4,5: stereotipi sociali, costruire poster con stereotipi maschili e femminili - Lezione 6: auto-percezione positiva, esplorando l’individualità: cosa mi rende unico - Lezione 7: coinvolgere gli altri significativi Ricevere e accettare feedback positivi dagli altri - Lezione 8: abilità relazionali, ovvero come le altre persone ti influenzano nell’immagine di te - Lezione 9: abilità comunicative con giochi e attività per costruire l’autostima Alla fine del programma è migliorata la percezione del proprio corpo e i comportamenti alimentari, anche nei ragazzi considerati più a rischio per lo sviluppo di un disturbo alimentare. Il gruppo sottoposto all’intervento, a differenza del gruppo di controllo, ha registrato un miglioramento della propria body image e ciò ha evitato la messa in atto di diete dimagranti e perdite di peso verificatasi invece nell’altro gruppo. Il gruppo sperimentale ha riportato un diminuito interesse per l’accettazione sociale e l’aspetto fisico, dimostrando come sia possibile agire sulla suscettibilità degli adolescenti alla pressione dei pari, ai confronti e agli stereotipi socioculturali. Nel follow-up a 12 mesi: i risultati sono stati mantenuti nel tempo. Cutting, piercing e tatuaggi Tracce dermiche del sé dolente in adolescenza La pelle immaginaria “Tutta la mia pelle è in eruzione e non so come frenarla”. Così esordì, Giorgia, una mia giovanissima paziente, al nostro primo incontro che, mostrandomi con impazienza un paio di brufoli che erano emersi sul suo volto, cercava di carpire da me una soluzione rapida al suo problema. In verità la pelle del suo viso di dodicenne possedeva ancora la levigatezza del derma infantile mentre solo in un micro-frammento del volto si intravedevano due piccole eruzioni cutanee, eppure ella percepiva tutta la sua pelle invasa da esse. Da cosa si sentiva invasa Giorgia? Quale eruzione intendeva frenare? La sua pelle annunciava la “muta”, dunque la pubertà imminente, il futuro in arrivo e come avviene per numerosi preadolescenti ed adolescenti, non riusciva ad accettare e contenere l’inevitabile, fisiologico processo di metamorfosi e tutti i disagi bio-psico-sociali che può portare con sé. Se ne sentiva aggredita e incapace di controllarlo. La percezione soggettiva della sua pelle come eruttante in modo ingovernabile, narrava del suo vissuto più profondo: Giorgia era in balia di un’“eruzione”, del ribollire di una “lava” incandescente e pericolosa, dunque di una irruenta ed irrefrenabile emersione di tumultuosi cambiamenti corporei, cognitivi ed emotivi incontenibili, che sentiva come minacciosi per la sua integrità. Una delle principali funzioni a cui adempie la pelle in adolescenza è quella proiettiva. Essa era lo schermo su cui ella proiettava le sue fantasie e le sue paure: Giorgia si serviva di una pelle immaginaria per espellere parti di sé temute perché sconosciute ed ingovernabili e quindi non ancora integrabili in una nuova identità in fieri. Ella poteva parlare dei brufoli che avanzavano speditamente ed indisciplinatamente sul suo volto, ma non del sopraggiunto e sgradito menarca che la obbligava ad abbandonare il suo corpo di bambina, ad abitare quello di donna e a ridefinire il suo concetto di femminilità. Ecco, dunque, che la pelle le si offriva come un contenitore pronto a ricevere le emozioni, i pensieri, le fantasie da lei non ancora contattabili, ma bisognose di emergere, di trovare uno spazio in cui radicarsi al fine di costituirsi come parte integrante della sua nuova vita. Un nuovo corpo da abitare: tatuaggi, tagli e piercing come segni del passaggio all’età adulta Quando tutto procede per il meglio, il nuovo corpo e con esso i pensieri, le emozioni e le fantasie che lo abitano, non sono più vissuti come alieni anzi l’adolescente ne rivendica l’appartenenza e li accoglie come parte della propria identità. In tal caso numerosi ragazzi usano la loro pelle come sito ove fissare in modo più o meno permanente questo passaggio alla prima età adulta. Con la pratica ormai diffusissima di tatuaggi, piercing, body art painting, assurta alla stregua di rito di transizione a tutti gli effetti, essi sanciscono epidermicamente i confini del distacco dal Sé infantile, dunque dalla “pelle” della propria madre. In tale circostanza, attraverso queste pratiche di manipolazione del derma, l’adolescente compie una delicata operazione di appropriazione di sé e comunica a sé stesso e al mondo esterno il compiuto passaggio in una nuova dimensione, pertanto le inscrizioni e i buchi, avranno una valenza meramente comunicativa. In tal caso, quindi, l’epidermide espone ciò che secondo natura accade “sotto la pelle” e il tatuaggio e il piercing sono i mezzi prescelti con cui sovrascriverlo. Con essi i ragazzi raccontano ciò che accade all’interno di sé ovvero l’avvenuto approdo nel mondo degli adulti. Tatuaggi, tagli e piercing come icone del sé dolente Tuttavia, la metamorfosi identitaria può risultare profondamente complicata da gestire ovvero per molti “mutanti” (S. Bignamini) può risultare assai arduo, talvolta impossibile, mentalizzare i cambiamenti in atto e la nuova immagine di sé che essi traghettano. Ciò accade perché i ragazzi non sono non ancora pronti ad abbandonare il nido caldo e protettivo dell’infanzia, perché il nuovo non li gratifica, ma soprattutto perché moltissimi sono sprovvisti degli strumenti necessari per affrontare i compiti evolutivi specifici di tale fase e che avrebbero dovuto acquisire nell’infanzia. Ad esempio, risultano assai carenti della tendenza a riflettere su sé stessi ovvero ad entrare in una dimensione dialogica con sé e con l’altro, tale da strutturare una capacità di narrazione che è la base della simbolizzazione dell’esperienza e che protegge dal passaggio all’ atto. Insomma, molti giungono alle soglie del mondo adolescenziale del tutto incapaci di dar nome a ciò che dimora nel loro mondo interno e tantomeno sono pronti a denominare e a connotare quell’ energia magmatica che sopraggiunge improvvisamente in questa età e che brama di esser ascoltata, accolta e plasmata. Da tale stato di cose, ne consegue una insidiosa difficoltà ad affrontare le sfide evolutive il che è alla base di numerosi disturbi adolescenziali e degli attacchi al Sé corporeo sempre più diffusi tra gli adolescenti dell’era postmoderna ovvero tra i figli della famiglia cosiddetta affettiva dalla natura puerocentrica. Questa, in virtù del valore che la fonda e che la muove ossia il benessere assoluto dei fanciulli prima e degli adolescenti poi, ha rinunciato al conflitto generazionale come strumento educativo in luogo di una beata e pacifica convivenza che però non stimola i ragazzi a contattare i loro tumulti interni in modo funzionale alla crescita. Il genitore affettivo li idolatra al fine di allontanare dal loro orizzonte la temutissima frustrazione che non è più considerata come stimolo necessario per la crescita, bensì come malanno da cui rifugiare. Impoverire i figli di tutte quelle esperienze utili ad entrare in contatto con parti sgradite e vulnerabili della propria persona, alimenta un sentimento di onnipotenza e di idealizzazione di sé e del mondo, che non allena a gestire la complessità che si presenta inevitabilmente in età puberale. Sprovvisti delle competenze necessarie per muoversi in essa, emerge tutta la fragilità su cui si fonda la loro identità. Ne deriva che il conflitto tra le generazioni, silenziato sin dai tempi dell’infanzia, esplode in adolescenza ove però non si palesa attraverso la forma classica dello scontro aperto tra genitori e figli, bensì attraverso forme più mimetiche come lo spostamento di esso sul corpo dei ragazzi. In tale scenario i segni sulla pelle sono inferti in modo cruento. Il cutting, il piercing e i tatuaggi dal carattere invasivo ovvero praticati oltre ogni ragionevole misura, sono atti di aggressione autodiretta che si compiono in luogo di una riflessività mancata, sono testimonianza di un difetto di mentalizzazione, talvolta presente in embrione, talvolta completamente inesistente. Il fine di tali pratiche è di duplice natura. Uno è certamente quello di porre fuori da sé contenuti non pensabili in quanto non tollerabili emotivamente, situandoli sullo spazio epidermico, l’altro è quello di avviare un primo e primitivo processo di simbolizzazione e dunque di integrazione di essi, proprio servendosi dell’attacco al Sé corporeo, il quale non essendo ancora integrato nella nuova immagine di sé, è bersaglio perfetto delle vessazioni che il mutante gli infligge. Il derma, grazie alla sua natura di confine tra l’interno e l’esterno, è l’organo del corpo che meglio si presta ad essere il territorio di prima elaborazione di contenuti che, non contenibili all’interno, vengono “trascritti” sull’epidermide e da essa conservati, evitando così che siano dispersi del tutto. La pelle li ferma su di sé offrendo al soggetto la possibilità di disporne per essere poi mentalizzati. Il corpo, dunque, diviene teatro in cui va in scena la sofferenza del Sé adolescente zoppicante, smarrito e ferito. Le aggressioni a cui esso è sottoposto durante l’età adolescenziale, sono numerose e varie, ne sono espressione i disturbi del comportamento alimentare che lo affamano o lo ipernutrono fino a cancellare tutti i segni distintivi della trasformazione in atto, ciclo mestruale compreso, le pratiche sessuali promiscue ed a rischio, gli sport e i giochi estremi, l’abuso di alcol e droghe ed infine, ma non ultima, anzi in florido sviluppo, la tendenza a martoriare la pelle. Essa è il posto ove collocare le gesta del Sé nascente e spesso dolente, la superficie prediletta, ma vessata dai ragazzi a cui affidare i temi roventi e nodosi dell’età che altrimenti resterebbero completamente inenarrati e quindi non integrabili nel nuovo Sé. La pelle, dunque, quando martoriata, non narra di transiti, che seppur raggiunti con fisiologica fatica, si sono compiuti naturalmente e felicemente, ma di arresti o empasse evolutive ossia del passaggio al Sé adulto che non riesce a realizzarsi. Tutte e tre le forme di modificazione estrema dell’epidermide di cui tratterò di seguito, rappresentano tentativi da parte dell’adolescente di “dare corpo” al proprio Se’ in trasformazione, di conferirgli unità, di radicarlo nella carne, dunque nel mondo. Egli, mediante scarificazioni, incisioni e perforazioni praticate selvaggiamente, cerca di rimediare alle penose esperienze di frammentazione o anestetizzazione a cui può andare incontro a causa di un processo di cenestesi iperfunzionante o al contrario, a causa di una deprivazione sensoriale rasente l’anestesia. L’adolescente, pertanto, attraverso le pratiche di manipolazione cruenta della propria pelle, tenta di arginare la sofferenza sia tacitando i vissuti emotivi, cognitivi, fantasmatici e corporei soverchianti, sia destando il Sé cenestesicamente sopito. Tagli, piercing e tatuaggi sono, dunque, i mezzi di cui il giovane si serve per sedare il dolore o per sentir viva la carne dormiente. Essi differiscono nella forma e nei contenuti che intendono veicolare: il taglio è un fatto privato, si effettua e si nasconde, solo raramente si mostra, il tatuaggio e il piercing ambiscono ad avere un interlocutore. Nonostante questa differenza tutti e tre condividono il fine di custodire iconicamente la turbolenza che sperimenta l’adolescente nell’ affermare sé stesso, dunque nell’appropriarsi del proprio spazio esistenziale. Cutting, piercing e tatuaggi: tre linguaggi da decodificare I segni sulla pelle non possono essere ridotti ad un unico significato o funzione e tantomeno sono da intendersi sempre come indice di patologia. Ciò che segna la linea di demarcazione tra un uso puramente riconducibile ad una sana espressione di sé da un attacco al Sé è la misura e la ferocia con cui vengono effettuati. Di seguito, tratterò delle forme di cutting, di piercing e tatuaggi di cui gli adolescenti si avvalgono per attaccare cruentemente il corpo, che non corrispondente all’ideale sognato sin dall’infanzia e dunque vissuto come esterno ed estraneo a sé, ben si presta ad essere usato come ricettacolo di aggressioni che narrano della enorme difficoltà ad adempiere ai compiti evolutivi. I significati di tali pratiche in adolescenza sono molteplici così quanto lo sono le soggettività che ne fanno uso, ma si inscrivono in un’unica cornice di senso, quella relativa al transito periglioso, ma necessario, dal mondo rassicurante dell’infanzia a quello adulto ricco di incognite, incertezze e responsabilità. Mi soffermerò sui significati che rimandano ai principali macrotemi relativi ai compiti evolutivi specifici di tale fase: separazione, differenziazione e individuazione, affermazione di sé nel microsistema famiglia e nel macrosistema società, integrazione del corpo sessuato e rapporto con i pari. Riporterò alcuni dei significati che sottendono “le scritture sulla pelle” optando per quelli che ho riscontrato con maggiore frequenza e che narrano al meglio dell’urgenza degli adolescenti di dar forma e senso a ciò che scorre enigmaticamente sotto la loro nuova pelle. A tale scopo attingerò dai numerosi casi che ho seguito sia nell’esercizio della professione privata, sia nella mia esperienza di lungo corso come consulente presso gli sportelli di ascolto scolastici per allievi, docenti e genitori, degli istituti secondari di primo e secondo grado. Cutting Si definisce Cutting (dall’ inglese to cut: tagliare) la diffusa e attualissima tendenza da parte dei teenagers a tagliare, incidere, ferire la superficie della propria pelle, soprattutto di braccia e gambe, con lamette, coltelli affilati, temperini, punte di vetro, lattine usate ecc. Può trattarsi di un singolo episodio o diventare esercizio abituale. Può diffondersi in modo epidemico tra il gruppo dei pari anche grazie alla rete, con un’escalation di progressiva emulazione. Ogni taglio inferto, rappresenta un fenomeno complesso da decodificare, che risponde a diversi bisogni psicodinamici e a organizzazioni mentali differenti; pertanto, è necessario declinare il senso del gesto in relazione alla fase di sviluppo psichico del ragazzo, al suo humus familiare e alla cultura sociale di appartenenza. La scuola è l’osservatorio privilegiato del fenomeno poiché offre una panoramica chiara della sua entità e della sua duplice natura: esso è pratica gruppale o solitaria. Nel primo caso è sotteso da molteplici variabili sociologiche ed antropologiche quali il bisogno dell’adolescente di essere accolto dal gruppo dei pari; dunque, il cutting si configura come il rito attraverso il quale si sancisce l’appartenenza ad esso e si definisce l’identità comune. Nel secondo caso ha doppia valenza: riappropriarsi di sé, ripristinando i confini psichici che possono dissolversi e che attraverso il cutting si ricostituiscono e risvegliare il dolore che talvolta è troppo silente e che col taglio riaffiora e restituisce esistenza. Le cutters: ragazze in cerca di identità femminile In vertiginoso aumento nell’ ultimo decennio, il cutting è una pratica prevalentemente femminile e a mio parere, ha a che fare proprio con i mille volti dell’esser femmina. Il femminile è il tema fondamentale della vita di ogni ragazza ed è quello in cui il cutter si arena. Col sopraggiungere del menarca, segnale ufficiale che è giunto il momento di occuparsi di questioni adulte, ogni ragazza dovrà rispondere alle domande seguenti: “Che modello di donna voglio diventare?” “Come accogliere, come plasmare, come dar senso alla femminilità emergente dal mio nuovo corpo?” “Quale percorso e/o quali insidie dovrò affrontare affinché si compia il radicamento di essa nella mia carne?” “Come disporre della seduttività che improvvisamente abita il corpo?” “Come vivere la sessualità?” Affinché tali domande trovino risposte e perché innanzitutto ella possa esser femmina a modo proprio, deve gradualmente recidere la simbiosi con la madre alla quale è unita da una “pelle comune” (Anzieu) e da cui, contemporaneamente, ambisce e teme distaccarsi. Se la madre favorisce il distacco, accompagnando la figlia nell’ avventuroso viaggio di ricerca della propria identità di donna e il padre sa riconoscere e valorizzare la sua femminilità, allora quest’ultima potrà armonicamente inscriversi nel corpo della giovane donna. Purtroppo, le cose non sempre procedono per il verso giusto. Sempre più frequentemente, incontro madri in gravissima difficoltà a favorire il processo di separazione, a non voler o a non essere capaci di rinunciare alla fusione con il corpo e la mente della figlia, a insistere con la brama di essere un unico Sé laddove si pone come vitale la costituzione di due Sé separati. Ne consegue una intrusività psichica nella vita dell’adolescente dal carattere abusante, che genera dipendenza ove al contrario dovrebbe creare autonomia, instilla insicurezza anziché autostima e rende infernale la conquista di una identità femminile tutta propria. Dal canto suo, il padre si sottrae sempre più spesso alla funzione di traghettatore verso l’età adulta e al ruolo di colui che deve legittimare col suo sguardo benevolo la femminilità della ragazza, abbandonandola, così, esclusivamente alle predatorie cure materne. Di fronte a tanta intrusività, la figlia tenta di ribellarsi, ma dinanzi a tale madre è assai arduo affermare sé stesse. Le madri dei cutter che ho seguito condividevano l’esser impositive e l’esser percepite dalle figlie come fragili, psichicamente vulnerabili alla critica e al distacco e pertanto non aggredibili. Sono interlocutrici difficili da affrontare perché sorde al dolore delle figlie che non riescono a ritagliarsi uno spazio ove esistere con i propri diritti. Nell’impossibilità di contrastarle, le ragazze rivolgono l’aggressione verso sé stesse. Di qui il passaggio al cutting. L’adolescente concretizza sulla pelle il taglio che non riesce a produrre nella relazione con la madre. La scelta della pelle come sito dell’attacco al corpo è altamente significativa poiché, infierendo su di essa, il cutter attacca il luogo in cui, da infante, ha esperito sé stessa per la prima volta, ove si è percepita come esistente, ma in un tutt’uno con il derma della madre. Per dirla con Anzieu, la prima sensazione dell’io è epidermica, seppur trattasi di un io non differenziato, che coincide con quello materno. Il cutter attacca la fusione perché esige separatezza. Un’allieva quattordicenne, frequentante per la seconda volta la terza classe di un istituto secondario di primo grado, mi raccontò che sua madre non le acquistava gli assorbenti e i reggiseni, segno tangibile del misconoscimento della fertilità della figlia della quale era molto preoccupata e che pertanto negava lasciando la ragazza in uno stato di solitudine e confusione. Ella, soffocata dalla paura della madre per la sua crescita, tagliava sé stessa nel tentativo di “tagliar via” l’angoscia che questa le trasferiva. Molte madri, tormentate dalla crescita delle figlie, pur di non riconoscere che il corpo di queste giovani donne non sia più di loro “proprietà”, negano a loro la vicinanza di cui necessitano in questa fase delicatissima, assumendo comportamenti che anziché elicitare la vita adulta, la infantilizzano. Ad esempio, molte continuano a comprare abiti adatti a bambine di dieci anni per le loro figlie ormai in età puberale oppure appellano in modo scurrile le amiche di queste che invece “abitano” con sana disinvoltura il loro nuovo corpo, sminuiscono o deridono l’interesse sentimentale che la figlia può rivolgere ad un compagno ecc.… Quando la femminilità non è legittimata, né dalla madre né dal padre, la ragazza tenderà a negarla, a vergognarsene, a nasconderla, a cancellarla, a mortificarla. Attraverso la scelta di abbigliamenti che costringono il corpo a comprimere le forme e a conferirgli un aspetto efebico o al contrario, optando per abiti e maquillage che la sovraespongono, la ragazza rende la sua femminilità nascente oggetto di scherno, derisione e attacco anche da parte dei pari. Numerosi atti di bullismo, di quello femminile in modo particolare, si consumano proprio col fine di aggredire le compagne la cui femminilità è acerba o caricaturale poiché non vissuta in modo congruo ed armonico. Il cutter, allora, anche in tale frangente, si servirà del taglio per dar esistenza e forma corporea alla propria rabbia che non riesce ad usare per esistere nel confronto/scontro con le compagne vessatrici, dunque per affermare la propria identità. L’incremento dal carattere epidemico dei cutter, quindi, coincide con l’aumento indiscriminato ed inopportuno di ciò che Laura Pigozzi definisce mirabilmente Plusmaterno ovvero un eccesso di cure elargite oltremodo ed oltre tempo, che invadono la pelle/mente dei figli ormai pronta alla muta. La madre indugia, concretamente e simbolicamente, nel trattenere, abbracciare, accarezzare l’epidermide, che invece il cutter vorrebbe tutta per sé. In tal caso, ella con il taglio si riappropria di uno spazio privato e si offre una motivazione valida per sottrarsi alla presa materna poiché dovrà nasconderle i segni dell’autoaggressione sotto i vestiti. La pelle martoriata dalle cicatrici è lo spazio intimo a cui l’adulto non può avere accesso, è la porzione di pelle che la ragazza espropria alla madre. Rimpossessandosi dei suoi confini, ella evita di essere psichicamente divorata dalla famelicità avida della madre. Il taglio e le cicatrici, inoltre, come affermano numerose cutters, calmano, danno sollievo. Esso consente alla tensione e alla rabbia, che non possono essere convogliate verso l’oggetto, di sgorgare fuori dal corpo lasciando spazio ad una sensazione di pace. Inoltre, laddove la vita emotiva è “congelata”, tagliarsi fa sentire dolore, il che, insieme alla vista del sangue, conferma ai cutter di essere ancora vive. Infine, anche le cicatrici svolgono la loro funzione. Esse, quando accarezzate dai polpastrelli, permettono di non perdersi di fronte al terrore di precipitare in un mondo non palpitante, di ritrovarsi, di ricompattarsi, di recuperare una cenestesi intorpidita Tatuaggi Il termine “tattoo”, in italiano tatuaggio, deriva dal polinesiano “tautau”, onomatopea che alludeva al suono prodotto dal picchiettare del legno sull’ago per bucare la pelle. Il termine fu coniato da James Cook che, approdando a Tahiti, osservò questo tipo di pratica messa in atto dalle comunità locali che li descrisse utilizzando il termine “tatouage”. L’adolescente si avvale dei “dipinti sulla pelle”, usando appunto l’epidermide come una “tela”, per raccontare del suo vissuto all’ ambiente che lo circonda, attraverso il linguaggio delle immagini. Tale pratica ha, primariamente, una valenza chiaramente comunicativa. I tatuaggi, infatti, contrariamente ai tagli effettuati dalle cutters, sono prevalentemente esposti sulla pelle, (molto di rado nascosti) al fine di essere “letti” dall’ altro. Il primo messaggio che l’adolescente invia al mondo è innanzitutto il cambiamento di status: egli ha acquisito una identità personale e sociale separata da quella dei genitori e con fierezza lo dichiara al mondo, servendosi dei tatuaggi. In tale modalità, la loro funzione è equiparabile a quella svolta da altre tendenze della moda, come, ad esempio, quelle proposte dall’ industria dell’abbigliamento, che offrono ai giovani la possibilità di definire il loro corpo come proprio, di sperimentare e definire la propria soggettività come altra rispetto a quella dei genitori. In tal caso la pelle si offre al ragazzo come un foglio di diario su cui scrivere le tappe salienti del suo cammino, egli vi annota le perdite, gli affanni e le relative conquiste conseguite nel suo percorso di crescita. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria narrazione autobiografica. Molti giovanissimi pazienti mi raccontano che i propri tatuaggi “partoriscono” parti di sé nuove ed autentiche ovvero sono il mezzo attraverso cui danno vita a neo-pensieri, emozioni, sensazioni e fantasie. Altri, angosciati dalla paura che cadano nell’oblio, tatuano le prime e più significative perdite al fine di non dimenticarle. “Stefano sempre con me, ieri, oggi, domani” era il tatuaggio di Paolo, un quindicenne che richiese un colloquio con me presso lo sportello di ascolto della sua scuola. Con esso egli tratteneva a sé la vita di un caro amico di infanzia sottrattogli dalla malattia, esprimeva l’angoscia ed il terrore per la precarietà dell’esistenza e tentava di governare sentimenti ambivalenti. La sua brama di vita, infatti era costantemente inquinata da un profondo ed insopportabile sentimento di colpa per essere vivo. Durante il colloquio si servì di questa scrittura, esposta in bella vista sull’ avambraccio, per dare avvio al racconto doloroso dell’episodio che aveva segnato la sua prima ed acerba gioventù e mediante essa esplorammo la paura della morte che in quel periodo lo tormentava. Nonostante l’epigrafe dermica svelasse la sua segreta ed onnipotente ambizione di sfidare il tempo, Paolo dovette patteggiare con esso, accoglierne il suo carattere limitato e incontrollabile ed accettare che il suo amato amico non avrebbe fatto parte del suo futuro. Nelle sue forme invasive ed estreme come, ad esempio, quelle in cui l’adolescente ricopre l’intero corpo con essi, anche tale pratica può essere ascritta all’ universo dell’autolesionismo poiché l’aggressività con cui i tatuaggi investono l’epidermide è tale da arrecare danni al suo tessuto e perché i messaggi veicolati parlano di un disagio assai doloroso e difficile da gestire, pertanto controllabile solo collocandolo, appunto, fuori da sé. Le narrazioni allora assumono toni più drammatici. Come affermato sopra, il tatuaggio assolve alla funzione di dichiarare la propria diversità e separatezza dal genitore, ma “affollare” barbaramente la superficie del corpo con essi, talvolta sino a lasciar solo pochi centimetri di pelle scoperta, racconta della enorme e penosa difficoltà di separarsi, di individuarsi come diverso e della violenta ed angosciante fantasia di intrusione dell’altro nella propria soggettività nascente, tanto da provare ostinatamente a ridurre al minimo la superficie corporea originaria ovvero quella in comune con la madre, per rivendicarne la proprietà assoluta. Molto diffusa è anche la tendenza ad avvalersi di tale pratica per nascondere parti del corpo vissute come sgraditissime perché non corrispondenti al corpo ideale a cui si è anelato durante l’infanzia e pertanto vissute come ferite narcisistiche. L’adolescente, in tal modo, cerca di sopperire alla vergogna di cui è preda a causa di un corpo che percepisce come inadeguato al mondo di cui deve entrare a fare parte. Molti tatuano su di sé i corpi dei personaggi dello spettacolo che incarnano il loro ideale estetico, rivelando palesemente, ciò a cui ambirebbero ma di cui sono mancanti e pertanto assai sofferenti. Alcuni giovani pazienti con intenso dimorfismo corporeo, se ne servono per celare parti del corpo vissute come esteticamente sgraziate al fine di orientare lo sguardo dell’osservatore sul “dipinto epidermico” anziché sulla zona corporea ritenuta indegna di essere guardata. Infine, l’eccesso di tale pratica, nella forma e nel contenuto, svela un bisogno impellente di essere visti. Molti ragazzi sono vittime di un impoverimento cenestesico ovvero non avvertono vita dentro di sé. Ciò rende impervio il processo di costruzione identitaria che si fonda su due elementi primari: l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle fantasie che albergano in ognuno di noi e l’immagine che l’altro ci rimanda. Gli adolescenti contemporanei, spesso depotenziati sin dall’infanzia del primo elemento, perché deprivati di quelle esperienze che alimentano il contatto con sé, si affidano allo sguardo dell’altro per sentirsi e dunque definirsi. Il tatuaggio, allora, è spesso usato al fine di sollecitarlo poiché attraverso di esso ci si sente esistenti, si ricevono informazioni utili circa la propria identità che non si sa definire autonomamente. Le reazioni dell’altro suggeriscono al ragazzo chi egli sia. In sintesi, lo sguardo dell’altro, posandosi sui tatuaggi, desta il Sé cenesteticamente sopito. Piercing I tagli e i tatuaggi possono essere definiti come scritture a “fior di pelle”. Sebbene i cutters con le lesioni che si autoinfliggono si spingano più in là dell’epidermide, trattasi sempre di “fessure” di superficie attraverso cui affacciarsi su ciò che abita “sotto la pelle”, ma che si chiudono una volta che la ferita si rimargina. Il piercing, (dal verbo inglese to pierce: forare) invece, perfora la pelle, l’attraversa in modo permanente. La barriera dermica è oltrepassata e il gioiello che si incastonerà su di essa avrà il compito di mantenere continuamente in dialogo simbolico l’esterno con l’interno. Con la pratica del cutting e del tatuaggio condivide molte delle funzioni descritte sopra e anch’essa, quando espletata moderatamente, narra del bisogno dell’adolescente di separarsi dal Sé infantile, di differenziarsi ed individuarsi, di appartenere al gruppo dei pari. Invece, quando eseguita nelle sue forme martorianti racconta della difficoltà dolorosa ed estrema di soddisfare tali bisogni. Il tema della sopportazione del dolore sembra essere centrale per gli amanti del piercing. Mentre alcuni cutters mi proprio l’esperienza di sopportazione di esso a conferire significato al gesto. Un sedicenne mi raccontò di essere stato terrorizzato alla sola idea di perforare il suo labbro inferiore durante i giorni che precedettero l’operazione, ma di essere poi stato davvero contento di aver tollerato il dolore confermandosi così che il suo nuovo e giovane corpo sapesse resistergli dignitosamente. Egli, dunque, trasse rassicurazione circa il suo timore di essere estremamente vulnerabile, pensiero che lo accompagnava dall’ età di dodici anni. La peculiarità di questa pratica, a mio avviso, consiste nel suo carattere più marcatamente esibitivo e provocatorio. L’obiettivo di molti adolescenti che si perforano il corpo oltremisura, è quello di suscitare rabbia e disgusto nell’osservatore, di aggredirlo costringendolo alla visione perturbante del corpo sfregiato al fine di gettargli addosso il proprio dolore rabbioso. L’adulto è il destinatario di questa sadica violenza effettuata attraverso la sola visione di un corpo maltrattato. È il modo che l’adolescente usa per dar vita al conflitto con il mondo degli adulti da cui si sente leso ed ignorato. riferiscono che “se si impara a tagliarsi bene” il dolore può essere facilmente gestito e mentre coloro che si dipingono la pelle narrano di “punzecchiamento doloroso, ma sostenibile”, il popolo del piercing non nega che il dolore dato dalla perforazione sia assai intenso e pertanto temibile, ma è proprio l’esperienza di sopportazione di esso a conferire significato al gesto. Un sedicenne mi raccontò di essere stato terrorizzato alla sola idea di perforare il suo labbro inferiore durante i giorni che precedettero l’operazione, ma di essere poi stato davvero contento di aver tollerato il dolore confermandosi cosi che il suo nuovo e giovane corpo sapesse resistergli dignitosamente. Egli, dunque, trasse rassicurazione circa il suo timore di essere estremamente vulnerabile, pensiero che lo accompagnava dall’ età di dodici anni. La peculiarità di questa pratica, a mio avviso, consiste nel suo carattere più marcatamente esibitivo e provocatorio. L’obiettivo di molti adolescenti che si perforano il corpo oltremisura, è quello di suscitare rabbia e disgusto nell’osservatore, di aggredirlo costringendolo alla visione perturabante del corpo sfregiato al fine di gettargli addosso il proprio dolore rabbioso. L’adulto è il destinatario di questa sadica violenza effettuata attraverso la sola visione di un corpo maltrattato. È il modo che l’adolescente usa per dar vita al conflitto con il mondo degli adulti da cui si sente leso ed ignorato. IL SERVIZIO DI SPORTELLO PSICOLOGICO NEL CONTESTO SCOLASTICO: Premesse teoriche e declinazioni operative PowerPoint 4 L’importanza dello «stare bene» a scuola La scuola come ambiente di vita in cui operano persone che si prendono cura dei giovani e come «luogo esperienziale sicuro». I bisogni formativi degli allievi non sono solo bisogni di apprendimento La scuola come «contenitore protettivo» che contribuisca a ridurre i rischi non solo legati alla dispersione scolastica ed alla marginalità sociale, ma anche alla manifestazione del disagio psicologico. Il mondo della scuola, e nella fattispecie il mondo degli adulti che si assumono compiti educativi, è investito da nuove forme di disagio che mettono in crisi la possibilità di rispondere ai bisogni formativi diversificati degli allievi. È evidente un malessere crescente sempre più ampio e drammaticamente amplificato dal biennio della pandemia (Mancini et al. 2023). Il disagio che si è trasversalmente insinuato nel contesto scuola, interessando tutti i suoi interpreti, si intreccia con le emozioni non gestite e scarsamente elaborate dai singoli individui, attivando processi e meccanismi di difesa che concorrono all’aumento delle difficoltà personali e collettive (Mancini et al, ibidem). Mal di scuola Accade sempre più frequentemente che la scuola sia luogo di disagio: per gli insegnanti, costretti spesso a lavorare in condizioni difficili e senza il necessario riconoscimento sociale del loro mandato e della loro professionalità; per gli studenti, che non sempre trovano a scuola un clima sereno e un sistema capace di accoglierli nella loro unicità. L’incontro fra docenti stressati e allievi demotivati finisce allora per essere esplosivo (Parrello, Menna, 2012). È importante in ogni caso sottolineare che i segnali di disagio che i ragazzi inviano sono richieste di aiuto e – paradossalmente – segni di speranza (Winnicott, 1975). Quali sono le funzioni specifiche dello psicologo scolastico? È una figura specialistica in grado di: - Offrire utili strumenti di lettura per riconoscere le criticità del sistema educativo; - Comprendere come si manifesta il disagio individuale e gruppale e risalire alle sue cause; - Affiancare e supportare i docenti, oltre che gli allievi, per il possibile superamento delle tensioni psicologiche e dei cortocircuiti comunicativi e relazionali inevitabili nella quotidianità scolastica Entra in sinergia con la funzione docente e genitoriale: l’attività dello psicologo scolastico è costruita e ridefinita dentro il sistema scuola ed è soggetta, dunque, a negoziazioni e legittimazioni nei vari contesti scolastici (cfr. studio di Zani, Albanesi e Stefanelli, 2014). Azioni proposte Sportello Insegnanti, con l’obiettivo di approfondire problemi inerenti alla funzione educativa e docente, sia rispetto alla relazione con il singolo alunno sia con la classe Sportello Genitori, come spazio per affrontare le problematiche relative al rapporto genitori-figli (difficoltà nella comunicazione, situazioni di disagio legate alla crescita, ecc.) Sportello Allievi, spazio di ascolto per gli studenti della scuola secondaria, che offre una possibilità di condivisione e riflessione sulle difficoltà personali e relazionali, dentro e fuori la scuola Incontri a tema, incontri con le classi per sensibilizzare sul tema della salute mentale e della sua protezione Lo sportello Lo sportello per genitori, ragazzi ed insegnanti: è un servizio che si propone come spazio di ascolto per promuovere lo "stare bene a scuola" dei ragazzi e dei docenti. In letteratura è sempre più forte l’appello ad adottare una prospettiva ecologica nell’ambito della consulenza psicologica scolastica (McMahon et al., 2014). Bisogna tener conto dei vari sistemi di appartenenza dell’adolescente, e non assumere a priori che il suo problema sia di tipo intrapsichico. Lo sportello per i ragazzi: - La necessità del Consenso Informato - Modalità di presentazione dello sportello alle classi - Le prassi di accesso - Modalità di convocazione degli allievi allo sportello Quali richieste arrivano allo sportello da parte degli allievi? Difficoltà legate al post-pandemia Disagi sociali e relazionali Disturbi del comportamento alimentare Disagi legati a dinamiche familiari: assenza del ruolo degli adulti Difficoltà connesse al proprio orientamento di genere Disadattamento e/o conflitti nel gruppo classe Disturbi dell’apprendimento non diagnosticati Episodi di bullismo Disturbi del comportamento (autolesionismo, tendenza all’isolamento: prevenzione fenomeno HIKIKOMORI) Un’emotività «lacerata» da sanare: alcuni temi centrali emersi tra gli adolescenti Aumento di disturbi del sonno e angosce notturne Aumento delle difficoltà nel rapporto con il cibo Mondo «non più a colori»: apatia e vissuti depressivi Aumento del ritiro sociale e della sindrome «della capanna»: la dipendenza da Smartphone Lo psicologo ha il compito di accompagnare lo studente nell’articolare la sua personale definizione del problema, che spesso è all’inizio nebulosa e non pienamente definita. Di cosa hanno bisogno gli adolescenti? Uno spazio per riflettere su di sé, sui propri interessi e per legittimare i vissuti di paura, rabbia, ambivalenza e incertezza, tenendo conto delle questioni centrali del Sé in determinati momenti critici di transizione. L’importanza dell’analisi della domanda I rischi della rete e la dimensione “online” ASPETTI INTERNI: ASPETTI RELAZIONALI: - Scelte impulsive (invio foto e dati - Tutti «amici» sensibili, accettare le amicizie) - Identità digitale «sono quello che - Incapacità di ritardare la gratificazione pubblico?» - Problemi di attenzione e mancanza di - Sempre, ovunque e per sempre concentrazione (connessi e visibili) - Anonimato, aggressività, cyberbullismo - Il ritiro sociale e la sindrome degli «HIKIKOMORI» L’intervento sul contesto Nell’ambito delle attività relative alla prevenzione del disagio psicologico degli allievi è prevista un’azione di sistema per l’inclusione che – oltre allo sportello di ascolto individuale - si traduce in due azioni fondamentali: - Realizzazione di laboratori di educazione all’affettività nelle classi: la promozione della consapevolezza di sé - Realizzazione di incontri di gruppo per i docenti, in cui legittimare il proprio vissuto di difficoltà di questo tempo, quelle che derivano dalla relazione educativa con gli adolescenti e dalle numerose e pressanti richieste dell’Istituzione. Non è possibile pensare ad un intervento che si esaurisca nel percorso individuale. I nodi principali Interazioni tra contesto e persona che possono contribuire allo sviluppo ed alla crescita, potenziando le risorse dell’individuo e rendendole attive. Interventi di sistema e non sul singolo come risposta ai Bisogni Educativi Speciali L’importanza della condivisione delle esperienze: poter parlare di sé e delle proprie emozioni. INCONTRARE IL DISAGIO DELL’ADOLESCENTE Quali risposte nella presa in carico dell’adolescente e del suo sistema? PowerPoint 5 Dobbiamo partire dallo stato delle cose Loro sono un’entità indistinta e qualsiasi tentativo di separarle sarebbe infruttuoso e disfunzionale. Costruire un contenitore dove poterle vedere insieme: SEPARAZIONE ACCOMPAGNATA LAVORO CONGIUNTO MADRE – FIGLIA Due psicoterapeute che lavorano nello stesso studio vengono informate che ci sarà uno scambio di informazioni tra noi terapeute ma che lo spazio di lavoro della figlia viene garantito. Ogni trasgressione da ciò viene concordata. Inizia la consultazione con l’adolescente secondo il modello del Minotauro Entrando in relazione con l’adolescente e con la sua famiglia, l’obiettivo è di fare un bilancio evolutivo dell’adolescente, descrivendo come sta affrontando i compiti di sviluppo, in quali aree presenta difficoltà e infine valutare l’entità e la gravità della crisi. Il primo colloquio con l’adolescente Alcuni elementi fondamentali: Ascolto empatico: creare un clima di accoglienza senza giudizio. Spieghiamo cosa faremo: presentarci e dire cosa intendiamo per consultazione in questo modo la rassicuriamo e rendiamo parte attiva del processo. Alleanza terapeutica o alleanza di lavoro: è importante porre le basi per stabilire una buona alleanza. Impegnarli da subito in un processo di ricerca e di comprensione in cui loro sono parte attiva, sia l’adolescente che i genitori. Qualche informazione su Lara Lara ha 16 anni, è nata prematura ed è stata ospedalizzata per circa 2 mesi. È figlia unica e vive con entrambi i genitori. Si presenta a colloquio riferendo che il bisogno è della mamma, ma accetta di provare. Viene descritta dalla madre e dai docenti come una ragazza che non porta a termine mai niente, fredda, indifferente («nulla la tocca!»), tende a chiudersi. A casa è aggressiva e risponde male. Lara ha coltivato diversi talenti: suona la chitarra e gioca a hockey da quando era molto piccola. Scuola: frequenta il II anno di una scuola superiore a indirizzo sociosanitario. Non è interessata alla scuola, non ha voglia di fare niente. In classe non c’è un bel clima ma non sembra essere un problema per lei. Alle medie iniziano a emergere delle difficoltà di concentrazione e di mantenimento dell’attenzione e viene fatta una valutazione cognitiva. In classe si trova bene, il gruppo è piccolo e si conoscono tutti. In famiglia: si litiga spesso, padre esprime la rabbia a volte in modo impulsivo (urla, lancio di oggetti), mentre la madre si ritira e la figlia spesso deve riparare su mandato del padre. Ci sono stati degli episodi di scontri fisici. Nella coppia genitoriale c’è una crisi importante. Con il padre condivide interessi e va più d’accordo Con la madre più scontri, descritta come «stressante» e sempre a casa. Le amicizie: la ragazza ha tanti amici, soprattutto maschi. Può contare su amicizie stabili, così come alcune più passeggere e la maggior parte del tempo lo trascorre con loro. Ha iniziato ad avere anche le prime esperienze amorose. 1. Tavola I – Test di Rorschach: “Una farfalla. Sembra una lumaca con le ali, non ci vedo nient’altro”. 2. Tavola 1 TAT (Murray, 1943): «… Secondo me c’è questo bambino che vorrebbe suonare il violino, ma non ha la possibilità di farlo o non riesce a imparare perché sotto ha il quaderno o lo spartito. Oppure è stato troppo sforzato che dopo un po’ è senza voglia!» Titolo: Il bambino e il sogno del violino 3. Tavola 12F TAT (Murray, 1943): «Che immagini sono! Che immagini mi fai vedere?! Questo ragazzo che appare tutto bello e giovane, ma in realtà è vecchio e rugoso e per sembrare giovane prende una pozione…" Titolo: L’apparenza inganna Restituzione A livello emotivo-affettivo è presente molta confusione e Lara sperimenta a volte la difficoltà di trovare un punto di riferimento che aiuti a orientarsi. Il disturbo dell’attenzione nasce da un aspetto difensivo. «A volte, quando si sente di essere confusi è davvero difficile soffermarsi a pensare. Credo che la motivazione della fatica a stare concentrata, come quando ti capita a volte anche qui di trovarti a fissare un punto smettendo di ascoltare, sia da ricercare piuttosto a un livello emotivo, non cognitivo. È come se quando senti troppa confusione non puoi pensare, come se tutte le emozioni, le sensazioni si confondessero. A volte può accadere che, quando succede tu senta il bisogno di staccarti, di prenderti una pausa di qualche secondo per poi ritrovarti. Come se fosse una protezione, perché la confusione disorienta, spaventa, può anche essere dolorosa da sperimentare, ci fa sentire instabili… Non troviamo il senso!”. Questa confusione a volte viene sperimentata anche nelle relazioni, a scuola o anche in famiglia e parla di una confusione in termini identitari che ostacola la possibilità di pensare al suo progetto scolastico e/o lavorativo e nell’immaginare un futuro non troppo lontano. «È come se tu stessi provando a capire chi sei, ma a volte senti troppo caos. Ho trovato molto significativa l’immagine della lumaca, senza guscio, che vola. Credo che ci parli molto di come tu stia vivendo la tua crescita, a volte non è così semplice, perché senti di non avere una conchiglia, un guscio in cui far ritorno. Allo stesso modo nella tavola che ti è piaciuta e hai chiamato “L’apparenza inganna” hai raccontato di come a volte nascondersi ci consenta di sentirsi un po’ riparati, più al sicuro.» Lara è alle prese con i suoi compiti evolutivi e questo la pone in una posizione di vulnerabilità, ma è importante che sottolineare l’aspetto di fisiologicità. Non c’è contenimento di pensiero e di emozioni. Lara necessita di essere accompagnata nel percorso terapeutico da una figura che svolga il ruolo di Io ausiliario, cioè che pensi per lei e la aiuti a far ordine dentro di sé, accompagnandola a fare delle scelte adattive. Questo non vuol dire sostituirsi a lei, come accade alla madre, ma porsi a una giusta distanza. La relazione madre-figlia è simbiotica e la possibilità di separarsi genera angoscia. Incontro con la madre dopo la restituzione La madre di Lara porta in colloquio per la prima volta il grande senso di fallimento che le difficoltà di sua figlia le fanno sentire Dalla rabbia al vissuto di angoscia e fallimento. Lo spazio del colloquio come luogo in cui accompagnare la madre a leggere i comportamenti di Lara attribuendogli il significato e la funzione comunicativa che hanno per la figlia. Gli scambi con la psicologa di Lara garantiscono la giusta distanza, mantenendo il conflitto entro certi limiti. La relazione con il contesto “Spazio psichico allargato” (Jammet, 1992): …l’insieme delle relazioni significative in cui si muove non solo il corpo dell’adolescente ma soprattutto la sua mente consegnando ad ogni personaggio un modulo o un dispositivo della sua mente non in modo proiettivo ma depositandolo temporaneamente, con l’inconsapevole proposito di venirselo poi a riprendere al momento in cui potrà tenerlo lui personalmente nella mente quel modulo o quella funzione, spesso quella passione o affetto. L’intervento nel contesto di vita e di crescita dell’adolescente è una caratteristica specifica che contraddistingue il lavoro clinico con l’adolescente. I genitori sono parte della consultazione: una preziosa risorsa ed una grande sfida (Lancini, 2007).