Lezione 2 - 19 Settembre - PDF
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These notes discuss movement as a fundamental aspect of human life, highlighting its role in physical development throughout life. They cover the positive impact of movement on physical health, including bone growth and muscle development, and discuss its influence on communication, cognitive and social-emotional development. The document includes information on how movement is crucial for maintaining overall well-being and overcoming the effects of ageing.
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LEZIONE 2. 19 SETTEMBRE Movimento definizione: componente essenziale degli esseri viventi. La sua essenzialità riguarda il fatto che permette di condurre una vita autonoma e indipendente alle persone. Nell’età avanzata si perde autonomia perché si perde mobilità e mobilità. Il movimento è importante...
LEZIONE 2. 19 SETTEMBRE Movimento definizione: componente essenziale degli esseri viventi. La sua essenzialità riguarda il fatto che permette di condurre una vita autonoma e indipendente alle persone. Nell’età avanzata si perde autonomia perché si perde mobilità e mobilità. Il movimento è importante perché ci permette di essere autosufficienti. Il movimento costituisce un mezzo di relazione della persona con l’ambiente. Con ambiente intendiamo non solo quello fisico in cui ci si muove, ma anche tutto ciò che è contenuto all’interno dello spazio come oggetti, animali e persone. Il movimento è dunque una funzione organica che caratterizza gli esseri viventi. Consente e ha consentito l’evoluzione dell’uomo, intesa sia in senso ampio che in senso più ristretto rilegato alla vita di un singolo soggetto: forme di motricità sempre più complesse ed evolute man mano che si procede con la crescita e quindi con il processo evolutivo della motricità. Il culmine di questo sviluppo è rappresentato dalla motricità evoluta che abbiamo noi adulti. Il mantenimento del benessere psico-fisico La prevenzione dell’invecchiamento. Nell’ultima fase della vita il movimento ha proprio questo scopo. Il processo di invecchiamento, inevitabile, può essere ritardato grazie al movimento: questo ci consente di mantenere in funzione i grandi apparati e sistemi (cardio-circolatorio, respiratorio, muscolo-scheletrico, nervoso). Spesso vengono proposte attività simili agli anziani e ai bambini ma con finalità differenti: per i bambini si punta ad acquisire e potenziare l’apparato motorio, mentre per gli anziani il fine è evitare di perdere in modo drastico il movimento. Si riferisce: 1. atto motorio visibile 2. posture ed atteggiamenti statici: Il movimento si ha anche quando siamo fermi: le funzioni vitali avvengono e quindi si muovono cuore, polmoni, ecc… Inoltre, noi ci muoviamo grazie ai muscoli: la contrazione muscolare avviene anche quando siamo immobili. La contrazione può sia permettere il movimento in quanto spostamento che movimento inteso come mantenimento della posizione. Quali sono gli effetti del movimento sullo sviluppo della persona? Quelli più visibili riguardano l’area fisico-motoria: - si ha sviluppo dell’apparato osseo—> il movimento, utilizzando alcune modalità e carichi di lavoro adeguati, facilita la deposizione di sali e calcio nelle ossa che permette l’accrescimento delle ossa sia in termini di densità che di lunghezza. Carichi di lavoro che siano idonei rispetto all’effettiva capacità di sopportazione dei carichi di lavoro da parte die bambini. Se questo non avviene, le ossa possono rallentare il proprio processo di crescita (es: atlete di artistica). - componente articolare—> le nostre articolazioni hanno mobilità differenti (mobili, semimobili e fisse) legate alle caratteristiche strutturali dell’articolazione. Per ciascuna di queste cambia l’ampiezza del movimento che può compiere, il piano sul quale queste si possono muovere. L’età evolutiva è caratterizzata da una grande ampiezza di mobilità: le articolazioni sono ancora in accrescimento e quindi molto mobili. A scuola bisogna cercare di mantenere questo elevato grado di mobilità che i bambini hanno: significa favorire e indurre il bambino a fare movimenti molto ampi. Questa ampiezza si perde per due motivi: 1. Le articolazioni cambiano crescendo 2. In funzione del movimento, crescendo, cambia l’abitudine al movimento Quanto più si invecchia più è importante compiere movimento con movimenti molto ampi e con alta intensità. - funzione muscolare—> l’effetto che il movimento induce nell’immediato sono quelli che si ripercuotono nel muscolo. Ipertrofia muscolare (ingrossamento visibile del muscolo): effetto ultimo che consente al muscolo di diventare più grande. Osserviamo l’efficientamento del sistema muscolare a seguito di quello nervoso. È il sistema nervoso che manda gli impulsi alle fibre muscolari che permettono al muscolo di formarsi. Quindi bisogna lavorare ed incrementare la sua efficacia. - cardiocircolatorio—> il cuore è un muscolo e quindi il movimento migliora la sua prestazione. Migliora inoltre, il ritorno venoso (la circolazione). Siamo una macchina che funziona meglio con il movimento. Altra funzione del movimento: sviluppo della funzione comunicativa. Tutto quello che diciamo e recepiamo viene veicolato e percepito tramite il corpo. Questa funzione ha una duplice accezione: 1. Movimento come strumento di comunicazione che si sostituisce alla lingua parlata (LIS) 2. I movimenti e le posture che il nostro corpo assume, possono potenziare o screditare quello che diciamo. Il linguaggio del corpo è quello che arriva prima al nostro interlocutore ed è più efficace. Sviluppo cognitivo Sviluppo socio affettivo Stile di vita: l’abitudine al movimento si sta perdendo, soprattutto nei bambini; non si ha più uno stile di vita sano. In generale l’attività motoria: 1. Aiuta il bambino a crescere globalmente 2. Aiuta l’adulto a sviluppare e mantenere le proprie capacità: l’obiettivo è raggiungere il massimo della propria potenzialità per mantenere più tempo possibile. 3. Aiuta l’anziano a ritardare il processo di invecchiamento Tre fasce d’età: Evolutiva 0-18 Adulta 18-65 Anziani da 65 Questa suddivisione ci serve per comprendere se i traguardi raggiunti dal punto di vista dello sviluppo sono consoni all’età in cui vengono raggiunti e, se così non fosse, valutare un ritardo nello sviluppo. Lo sviluppo di ciascuno di noi è individuale e personale. Nonostante questo si hanno dei target di età che vengono presi in considerazione quando si pensa a delle attività da proporre. Il nostro grado di motricità, ovvero la nostra capacità del movimento (dipende da una componente qualitativa e componente), cambia in funzione alle diverse tappe di sviluppo (questo è definito con il termine psicomotricità). Motilità: capacità di compiere movimenti attraverso meccanismi neuromuscolari. La motilità e la psicomotricità congenite legate alla specie e al singolo si sono costruite attraverso gli adattamenti che hanno determinato l’evoluzione della specie. In relazione a questo iter di sviluppo della motricità cambia la relazione che c’è tra l’azione e la conoscenza. Inizialmente il bambino comincia a muoversi per conoscere il mondo (fare); successivamente il bambino impara a muoversi in maniera corretta (saper fare); poi arriva il saper fare bene, quindi svolgere i movimenti in maniera corretta raggiungendo sempre il proprio obiettivo tramite l’allenamento. Tutto questo avviene perché a livello fisiologico e di funzionalità, il movimento induce cambiamenti nella persona e a sua volta la persona che è cambiata è in grado di compiere movimenti sempre più efficaci e rispondenti l’obiettivo e la necessità (aumenta la forza, la resistenza). Si viene a creare un circolo vizioso tra persona e movimento. Il movimento provoca nel soggetto dei cambiamenti che vengono genericamente chiamati “effetti o adattamenti”. Gli effetti del movimento, quindi, possono riguardare l’aspetto: strutturale funzionale cognitivo comportamentale A livello del corpo intervengono due meccanismi: aggiustamenti ed adattamenti. Il miglioramento è dovuto al fatto che la persona si adatta alla condizione di movimento e così migliora la propria funzionalità. Per potersi adattare però prima si deve aggiustare. Le modificazioni del corpo che avvengono parallelamente al movimento sono definite aggiustamenti. Il movimento viene visto come un fattore di stress ed il corpo risponde aggiustandosi. Questi aggiustamenti vengono definiti anche come effetti immediati del movimento: l’insieme delle risposte che l’organismo o meglio la persona “da subito” organizza per “tamponare” la situazione di “...stress...” provocato dal movimento. Successivamente si ha una condizione di recupero che riporta gradualmente il corpo alla condizione basale. Posso avere anche degli effetti permanenti: il mio corpo, dopo giorni e mesi di corsa, si adatta. Con adattamenti/effetti permanenti intendiamo l’insieme di cambiamenti stabili per meglio rispondere alle situazioni di stress che il movimento potrebbe provocare in futuro. Ad esempio se corro per un anno, il numero di battiti in una condizione di riposo si abbasserà (da 70 a 60 battiti). Questi adattamenti li otteniamo e li manteniamo fino a quando ci muoviamo in maniera regolare e costante, altrimenti gli effetti positivi del movimento si perdono. Più è lungo il periodo di fermo maggiore è la perdita. (NO ultime 3 slide) (Secondo pacco di slide). Evoluzione della motricità in funzione dell’età e delle fasi di sviluppo. Motricità: è il comportamento motorio o anche il grado di capacità di movimento (inteso sia in senso qualitativo che quantitativo) che un essere umano manifesta solitamente in relazione ad una tappa dello sviluppo o ad una età (psicomotricità) Le tre forme di motricità che si susseguono sono: (a mano a mano che si cresce alcune forme di movimento diventano meno preponderanti) 1. Movimento riflesso o automatico 2. Movimento volontario 3. Movimento automatizzato Movimento riflesso o automatico. primi 4 mesi di vita: il bambino é dotato di motricità riflessa neo- natale, definita anche motricità primitiva. Questa dà la possibilità al bambino di sopravvivere al nuovo ambiente in cui si trova a vivere (pancia—> mondo). Non agisce volontariamente ma mette in atto movimenti per via riflessa (respirazione, pianto, suzione, deglutizione). Tra i movimenti riflessi o autonomi distinguiamo i movimenti massivi da quelli atetotici. I movimenti massivi coinvolgono massivamente il corpo del bambino, globalmente. Non hanno una finalità precisa, sono scoordinati e imprecisi (movimento confusionario di gambe e braccia nella culla). I movimenti atetotici sono quelli che il bambino esegue in condizioni di riposo e rilassatezza (si accarezza la pancia, le guance). Anche questi sono movimenti primitivi, non controllati, imprecisi e scoordinati. La motricità riflessa è un tipo di movimento che rimane sempre, da quando nasciamo a quando moriamo; cambia la finalità del movimento riflesso. Se nel periodo iniziale il fine è sopravvivere, crescendo la finalità diventa quella di preservare l’integrità del nostro organismo: sono meccanismi di difesa che il nostro corpo attua in maniera inconscia(es: mano sul fuoco—> non siamo noi che decidiamo coscientemente di togliere la mano. Se tutto questo avvenisse in maniera cosciente, il tempo di risposta sarebbe troppo lungo e ci scotteremmo). Alcune definizioni: Azione riflessa: Ogni risposta di adattamento che avviene senza il controllo della coscienza o senza l’intervento della volontà. Riflesso: Risposta motoria automatica e stereotipata conseguente ad uno stimolo sensoriale. Perché la risposta si inneschi deve esserci una domanda proviene dall’ambiente (interno o esterno). Sono risposte rapide e semplici. La semplicità funzionale e quella strutturale vanno di pari passo. Quanto più un meccanismo è semplice tanto più presuppone struttura semplici e lo stesso vale se sono complesse. L’azione riflessa è rapida e semplice quindi abbiamo una semplicità anche a livello strutturale. Man mano che si passa alle altre forme di motricità aumenta il grado di complessità e le strutture che vengono coinvolte. È bene distinguere il movimento automatico, ovvero quello riflesso, da quello automatizzato che rappresenta il culmine del processo di apprendimento motorio, è la forma di movimento più complessa che siamo in grado di compiere. Si compie quindi un percorso che porta dal movimento riflesso a quello automatizzato, passando per un livello intermedio che è rappresentato dal movimento volontario. Il movimento riflesso è anche un movimento stereotipato cioè sempre uguale a se stesso: questo proprio perché non lo controlliamo noi. Semplicità funzionale presuppone semplicità strutturale. Le strutture che vengono impiegate per compiere il movimento più semplice, ovvero quello riflesso, sono 5: 1. Sensore 2. Branca afferente 3. Centro di integrazione 4. Branca efferente 5. Effettore Movimenti riflessi schemi automatici, coordinati e stereotipati di contrazioni e rilasciamenti muscolari prodotti da stimoli periferici che non necessariamente provengono dall’esterno ma anche dall’ambiente interno (propriocezione, dolore). La prima struttura coinvolta è il recettore: la mano (sensore, ovvero qualunque organo di senso) viene poggiata sulla superficie bollente, il calore attiva i recettori tattili. L’informazione di calore e dolore parte dal recettore e arriva la domanda a livello centrale, fino al midollo tramite la branca afferente (via/condotto che da fuori porta la domanda all’ambiente interno). La risposta viene elaborata a livello spinale e parte poi la risposta, ovvero il comando che induce la contrazione muscolare. La risposta, quindi l’impulso nervoso, viene condotta dalla branca efferente e raggiunge l’effettore, ovvero i muscoli e questi si contraggono producendo la risposta. Questo a livello strutturale è la struttura più semplice in assoluto che è in grado di produrre movimento. I movimenti più semplici fanno capo a questo meccanismo che prende il nome di arco riflesso. A livello strutturale, branca afferente e branca efferente sono la stessa cosa (cellule nervose), ma quello che cambia è la direzione e di conseguenza la natura dell’informazione: nella branca afferente l’informazione sensoriale entra (movimento in entrata) e nella branca efferente esce la risposta (movimento in uscita). Tra domanda e risposta, l’informazione viene trasferita tramite un insieme di reazioni biochimiche che prendono il nome di sinapsi (passaggio dell’informazione da un neurone a quello successivo). Se è vero che l’arco riflesso costituisce la forma più semplice di movimento che possiamo svolgere, è vero anche che quando ci muoviamo non produciamo quasi mai delle esecuzioni così semplici. Questo perché l’ambiente in cui ci muoviamo è troppo complesso, dunque l’arco riflesso, che è semplice, non è mai sufficiente per sopravvivere nel nostro ambiente e per rispondere alle sue richieste. La risposta riflessa di solito viene quindi modulata da altre strutture, ovvero gli interneuroni, che portano sempre a livello midollare una serie di altre informazioni e attenuano e modulano l’automatismo del movimento globale. Anche una situazione apparentemente semplice contiene diversi stimoli per cui l’utilizzo dell’arco riflesso non sarebbe sufficiente. Infatti, noi utilizziamo sempre i riflessi polisinaptici. I riflessi polisinaptici vengono utilizzati nel momento in cui ci sono più stimoli a cui rispondere. La differenza tra i riflessi monosinaptici e quelli polisinaptici sono le strutture coinvolte nel movimento. Nei riflessi monosinaptici perchè abbiamo una strada che entra, una che esce, un unico punto di contatto che è la sinapsi; nei riflessi polisinaptici tra la struttura in entrata e quella in uscita potrebbero essere tante altre strutture che portano informazioni provenienti da varie parti del corpo e che vengono utilizzate per modulare l’azione riflessa in modo che questo movimento riflesso risponda alla complessità dell’ambiente. Qui la complessità ambientale comporta una complessità strutturale che a sua volta comporta una complessità funzionale. A seconda della provenienza, le risposte (azioni riflesse) vengono chiamate in modo diverso in base alle stimolo che le produce. Riflessi propriocettivi: provengono dall’interno del nostro corpo (muscoli, ossa, articolazioni, apparato vestibolare ovvero l’orecchio). L’orecchio è un duplice organo di senso che è a carico sia dell’udito che di tutta la capacità dell’ equilibrio. Oltre ad avere questi recettori che captano i suoni, ne hanno altri che ci danno la percezione della posizione, del movimento e delle rotazioni. I riflessi propriocettivi e i riflessi telecettivi coinvolgono lo stesso organo(l’orecchio) ma parti diverse: i secondi sono principalmente indotti da stimolazioni acustiche, visive ed olfattive quindi coinvolgono la parte dell’orecchio deputata alla percezione dei suoni mentre i primi coinvolgono la parte deputata alla definizione di posizioni, rotazioni, traslazioni del corpo. I riflessi esterocettivi sono quelli che provengono dall’esterno, quindi dai recettori del tatto e del gusto I riflessi enterocettivi dall’interno del nostro corpo (Provocati da afferenze della muscolatura liscia) I riflessi nocicettivi sono dovuti da sensazioni di dolore A partire dal movimento riflesso, come arriviamo ad un bambino che compie movimenti volontari in poco tempo? Nell’arco di un anno circa il bambino si mette a camminare raggiungendo la posizione eretta. Il primo anno di vita del bambino è un anno importante per la sua evoluzione. Tutto parte dai movimenti riflessi innati: i due principali che danno una forte spinta evolutiva sono: Il riflesso posturale labirintico del capo: azione che avviene per via riflessa. Dà la spinta al bambino gradualmente di sollevarsi per acquisire prima la stazione seduta e poi quella eretta. Quando il bambino è posizionato a pancia sotto (decubito prono), per via riflessa il bambino tende ad estendere prima collo e testa dalla superficie e poi sempre per via riflessa inizia a spingere gli arti superiori sollevando il tronco. In posizione decubito supina (pancia sopra) il bambino per via riflessa si solleva con collo e capo (flessione in avanti del collo e della testa, senza alzarsi). Successivamente il bambino sperimenta le prime forme di rotolamento che sono involontarie ma che gli permetteranno di raggiungere le prossime fasi. Grasping (o riflesso di prensione): riflesso per cui il bambino chiude il pugno quando gli si mette qualcosa in mano. Questo anticipa la prensione degli oggetti e la capacità di manipolazione. La spinta evolutiva grossa il bambino ce l’ha quando riesce a stare seduto autonomamente perché non ha più bisogno di tenere le mani poggiate a terra per sostenersi e quindi averle libere per la manipolazione autonoma. Tra lo stare seduti e la posizione eretta compare una tappa fondamentale: l’arrampicarsi. Schema motorio dell’arrampicarsi: il bambino se è seduto e ha un appoggio si poggia con le mani e si alza acquisendo la stazione eretta che diventerà autonoma con il tempo. Inizia così le prime forme di deambulazione, prima con sostegno e poi autonome. Questo anticipa la camminata. Camminata: per raggiungere la camminata il bambino barcolla, allarga la base d’appoggio (gambe divaricate), mette le braccia in avanti per mantenere l’equilibrio e così via fino ad arrivare ad una motricità volontaria dopo essere partiti da una motricità riflessa. Questi adattamenti sono possibili grazie al movimento, alla pratica. Con il tempo si passa dalla guardia alta (braccia in alto) passa alla guardia bassa e poi usa gli arti in maniera controlaterale. Siamo passati da una motricità riflessa ad una volontaria. La motricità volontaria ha delle caratteristiche ben precise, diverse dalla motricità riflessa. Se quello riflesso è automatico, stereotipato, sempre uguale a se stesso, semplice, rapido, la motricità volontaria ha caratteristiche opposte. Innanzitutto nel movimento volontario c’è un controllo cosciente e volontario: lo controlliamo in tutte le sue fasi, decidiamo come rispondere, quando rispondere, a cosa rispondere e quando fermare l’azione. Il controllo volontario è su tutte le fasi del movimento. Volontariamente decido io quando attivare l’azione in funzione di un obiettivo. Tra gli stimoli che arrivano, decido quale è più rilevante al momento; in base a questo, mi muovo in direzione della risposta a quello stimolo. Abbiamo il controllo di tutte le fasi di elaborazione del movimento il quale può subire modificazioni anche in corso d’opera. Questa possibilità di modifica in corso d’opera solo nel movimento volontario e non in quello riflesso, proprio perché io decido di modificare l’iter. Per produrre un movimento volontario c’è bisogno di un certo grado di attenzione e controllo su quello che stiamo facendo. Questo è particolarmente vero nell’età evolutiva perché tutto il processo di apprendimento motorio è a carico della motricità volontaria. Quindi il bambino apprende focalizzando l’attenzione su quello che sta facendo, altrimenti non avverrebbe il processo di apprendimento. Questo comporta un dispendio di energia, è un movimento faticoso proprio perché volontario. Ha un costo a livello cognitivo (pensare a quello che sto facendo) ma anche fisico che in termini tecnici è un impegno sia dal punto di vista condizionale che coordinativo: quando una persona deve affrontare un movimento nuovo che deve imparare a fare, mette tutte le risorse possibili per riuscire e raggiungere l’obiettivo. Dopodiché avviene la pulitura dei movimenti, si elimina tutto ciò che non serve (ad esempio le braccia in avanti nella camminata), che non è funzionale al movimento. Conseguentemente il movimento si affina (utilizzare quel quantitativo di forza, rapidità e mobilità che sia funzionale al movimento) e diventa più economico in termini di dispendio di energia. Tutto questo fa parte della prima fase dell’apprendimento motorio che viene detta fase della coordinazione grezza. Tutto il processo dell’apprendimento motorio, caratterizzato quasi esclusivamente dalla motricità volontaria , si articola in: Coordinazione grezza: è la prima fase dell’apprendimento motorio che è caratterizzata dalla motricità volontaria. È una motricità grossolana e goffa, movimenti poco fluidi, poco coordinati e poco economici; Coordinazione fine Disponibilità variabile Si ha poi il passaggio dalla coordinazione grezza alla coordinazione fine (propria del movimento automatizzato). Come impariamo a correre, camminare, afferrare? Come avvengono questi apprendimenti? Si tratta di apprendimenti di abilità di base del movimento chiamate schemi morti di base, ovvero le prime forme di movimento che il bambino acquisisce. L’apprendimento motorio di queste abilità avviene grazie alla costruzione progressiva degli schemi motori o programmi motori o programmi ideo-motori (tutti sinonimi). Elaborazione del movimento volontario: Prima fase: raccolta delle informazioni dall’ambiente, incosciente o cosciente. Seconda fase: l’informazione arriva a livello centrale, non più spinale ma l’elaborazione raggiunge i livelli superiori, ovvero l’elaborazione avviene a livello cerebrale. Qui vengono elaborate le informazioni e vengono integrate con altre informazioni già acquisite in passato. In che modo il bambino ha acquisito queste informazioni? Grazie agli stimoli, alle sensazioni: impara sentendo e muovendosi. In questo modo costituisce lo schema motorio, ovvero sceglie il programma del movimento. Terza fase: schema ideo-motorio (fase esecutiva). Lo schema motorio è una sorta di impalcatura che regge il movimento. Esempio: Saltare in alto è un automatismo, saper saltare, senza specifiche spazio-temporali definite e con tutte le sue varianti (a un piede, due piedi, in lungo, in alto, lateralmente ecc.) è uno schema motorio. Quello che un bambino apprende non è il salto nel dettaglio, ma la base, la struttura di base che accomuna tutte le tipologie di salto. In comune hanno: la fase di caricamento, la fase di volo e la fase di atterraggio. Lo schema motorio è quindi un automatismo allo stato grezzo nel quale le condizioni di esecuzione non sono ben definite e per questo si conserva solo la struttura generica del movimento che essendo tale può essere applicata ad una ben più ampia gamma di situazioni. Quello che noi strutturiamo e immagazziniamo sono impalcature generiche che poi andiamo a parametrizzare, modificare in base al nostro obiettivo. Perché da piccoli impieghiamo più tempo a imparare qualcosa mentre da adulti ci mettiamo meno? Perché noi adulti abbiamo già una serie di schemi motori già strutturati e consolidati che poi adattiamo a seconda delle necessità, il bambino invece deve ancora costruirli ed interiorizzarli. Lo schema motorio identifica e definisce un’intera classe di movimenti (abbiamo più tipi di salti, ma parliamo di un unico schema motorio: il salto). Anche se gli elementi che caratterizzano un movimento sono gli stessi, ma hanno un ordine diverso, parliamo di due schemi motori diversi. Anche nel caso del movimento volontario, utilizziamo sempre tutti i sensi (compresa la propriocezione), chi più e chi meno. Fra tutti, quello che si utilizza di più è la vista perché tutte le informazioni che si traggono vedendo sono più immediate da parte del bambino (infatti, il bambino impara principalmente per imitazione, cerca di riprodurre quello che vede). Anche gli adulti quando devono imparare qualcosa di nuovo preferiscono osservare qualcun altro che lo fa anziché per esempio sentire la spiegazione. L’utilizzo della vista cambia in funzione dell’apprendimento motorio. Noi abbiamo due differenti sistemi di visione che trattano l’informazione in maniera diversa: Visione focale: ci permette di mettere a fuoco ciò che è al centro del nostro campo visivo; richiede l’attenzione sull’oggetto visto, bisogna osservare bene e direttamente la cosa. Visione ambientale o periferica: una visione che non è chiara come la visione focale ed è più offuscata ma che comunque mi dà informazioni diverse; fissando un punto vedo bene quella cosa ma riesco anche a vedere intorno a me. La prima in poche parole mi dà informazioni di quello che c’è nell'ambiente, la seconda di quello che succede nell’ambiente. Come cambia l’utilizzo dell’informazione visiva nel bambino in funzione del grado di apprendimento motorio? L’evoluzione è anche il modo con cui vengono elaborate le informazioni di natura visiva. Pensiamo ad un bambino che gioca a calcio: corrono dietro la palla che è il suo fuoco; gli adulti hanno sia la visione focale che quella ambientale: devono sapere dove si trovano rispetto alla palla, rispetto al campo, rispetto ai compagni e agli avversari. Questo è sintomatico di quello che è la motricità evoluta. La motricità evoluta è infatti quella che abbiamo noi: cammino ma so identificare ciò che mi succede intorno. Questo è possibile perché non uso solo ed esclusivamente la visione focale ma anche quella periferica in maniera consapevole. Questa evoluzione si ha quando si procede con l’apprendimento motorio che ci permette poi il passaggio alla motricità automatizzata. [ Recap: La fase di acquisizione di uno schema motorio è caratterizzata dal movimento volontario. Una volta acquisita l’impalcatura posso consolidare lo schema motorio immagazzinandola nella mia memoria motoria, cosa che determina il passaggio ad un movimento automatizzato. Tanto più le esperienze motorie sono ampie e diversificate, e quindi tanto più ci si muove, tanto più il processo di acquisizione e consolidamento sarà veloce. Questo perché abbiamo un bagaglio di conoscenze che possiamo utilizzare. Mano a mano che si cresce i nuovi apprendimenti utilizzano gli apprendimenti che sono avvenuti in precedenza: partono da apprendimenti vecchi per costruire nuovi. Tutti gli schemi motori di base (correre, saltare, strisciare, arrampicarsi) hanno un ordine preciso, dal più semplice al più complesso. Quello precedente funge da base di partenza per quello successivo.] Lezione 3 24 Settembre No lezione 3 Ottobre 18 ottobre dalle 10 alle 13 laboratorio 8 novembre a Tor di Quinto dalle dalle 10 alle 13 laboratorio Quello che determina il passaggio dalla motricità volontaria a quella automatizzata è il progressivo apprendimento del movimento attraverso prima la strutturazione e poi il consolidamento dello schema motorio, successivamente attraverso la ripetizione del gesto. Questa ripetizione sarà strutturata, quindi diventerà allenamento, andando così ad automatizzare il gesto. Il termine ripetizione non è molto corretto: quello che si fa e che bisogna fare con i bambini è la ripetizione senza ripetizione. Alla base dell’apprendimento motorio c’è la strutturazione di schemi motori che abbiamo detto accomunano gesti differenti ma che presentano una struttura generale di base che li accomuna. Se la ripetizione fosse in senso stretto il bambino apprenderebbe solo una variante dello schema, mentre noi dobbiamo consentire l’apprendimento della struttura basilare che poi può utilizzare nelle altre varianti (es: salto). Dobbiamo far apprendere e consolidare l’impalcatura, ovvero differenti forme di un movimento. Il perfezionamento del gesto si avrà nel momento in cui si passa al movimento automatizzato. La finalità di costruire un bagaglio motorio ampio significa dare competenze e capacità al bambino che gli permetteranno di modificare il proprio comportamento motorio in base ai contesti che vive quotidianamente. Il bagaglio motorio deve essere ampio, vario e diversificato. La motricità automatizzata è espressione dell’apprendimento di abitudini o abilità motorie e sportive e ci permette di compiere movimenti veloci, a differenza di quello volontario. Richiede bassi livelli di attenzione. L’elaborazione e la messa in atto della motricità volontaria è un’elaborazione che richiede la nostra attenzione soprattutto nel momento in cui l’azione viene avviata. Nel momento in cui l’azione è avviata, il controllo costante sull’azione non c’è più perché ormai lo schema motorio è strutturato, acquisito e consolidato. (Differenza automatizzata e volontaria). Differenza tra automatizzata e riflessa: se è vero che in quello automatizzato non c’è bisogno del controllo, è anche vero che non è completamente slegato da questo. Se mentre cammino incontro una buca la mia attenzione viene riportata all’azione che sto compiendo e a quel punto adotto delle modificazioni in corso d’opera che non mi fanno cadere. Se cambia la situazione ambientale si modifica anche l’azione. Se mi muovessi per via riflessa cadrei. Altra caratteristica della motricità automatizzata è l’economia dal punto di vista energetico. Il movimento viene ripulito dai movimenti accessori (non funzionali), il bambino utilizza tutte le risorse funzionali (impara a dosare l’impegno, la forza…), è più fluido. Il movimento diviene automatizzato se gli schemi motori di base sono stati acquisiti in modo corretto, altrimenti bisognerà smontarlo e costruirne uno nuovo. In questo secondo caso sarà più difficoltoso arrivare al movimento automatizzato. Gli schemi motori che apprendiamo vengono immagazzinati in una parte della nostra motoria che prende il nome di memoria motori/cinestetica/chinestetica. Mano a mano che il bambino si muove e ripete vengono costruite impalcature. Quando vengono consolidate e quindi il bambino ha acquisito un’abilità, questo programma/schema motorio viene immagazzinata nella memoria motoria che è una memoria a lungo termine che dura per tutta la vita (es: bicicletta). Possiamo quindi fare ricorso a questo movimento in qualunque momento, anche se per lungo tempo non lo abbiamo utilizzato. Questa fase qui è quella che prende il nome di disponibilità variabile, la terza fase dell’apprendimento motorio. 1. Coordinazione grezza: fase della motricità volontaria. I movimenti sono grezzi, poco funzionali perché il bambino sta apprendendo il movimento. Ripetendo l’azione si arriva all’automatizzazione. La proposta di uno schema motorio conosciuto o meno induce il soggetto ad una risposta di esecuzione grossolana, in cui i vari tentativi di riproduzione del movimento presentano un’alta frequenza di errori e/o di imprecisioni. 2. Coordinazione fine: rappresenta la prima fase del processo di automatizzazione. I movimenti sono accurati, fluidi, coordinati, controllati, finalizzati ma in condizioni ambientali stabili. Se dovessero intervenire variazioni nell’ambiente questo controllo fine subisce una regressione tornando alla coordinazione grezza. La risposta alla proposta di uno schema motorio migliora costantemente, eliminando tutti gli elementi di disturbo. Questo permette al soggetto di prestare maggiormente attenzione allo scopo dell’azione e meno alle fasi esecutive del gesto. Mano a mano che si ha la ripetizione senza ripetizione si completa l’automatizzazione del gesto. 3. Disponibilità variabile: automatizzazione. Il bambino si muove in modo armonioso, coordinato, fluido anche in condizioni ambientali mutevoli. Lo schema appreso e continuamente migliorato diviene abilità e può essere utilizzato in situazioni e contesti molto diversi. Ha disponibili i mezzi per rispondere alle variazioni che l’ambiente richiede. [Differenza tra ambito motorio e sportivo perché le finalità sono differenti: nell’ambito sportivo ci si concentra su movimenti specializzati andando a ricostruire le possibili realtà che si possono presentare. In ambito motorio invece si differenziano i movimenti permettendo l’acquisizione degli schemi motori di base. Nel mondo sportivo invece questi vengono specializzati e strutturati. Al giorno d’oggi la specializzazione sportiva è troppo anticipata: sarebbe perfetto nel passaggio dalle medie al liceo. Basti pensare alle ginnaste olimpioniche che a 13 anni si trovano al termine della loro carriera che se si seguisse il giusto iter motorio inizierebbe ora.] Se è vero che disponiamo di 3 tipologie di motricità, possiamo dividere i movimenti che siamo in grado di produrre in 3 unità fondamentali: 1. Posture 2. Schemi posturali 3. Schemi motori Le posture rappresentano il movimento più semplice, a livello intermedio abbiamo gli schemi posturali mentre il massimo livello di difficoltà è rappresentato dagli schemi motori. L’iter di strutturazione del movimento va di pari passi con la strutturazione dello schema motorio. Il bambino impara a muoversi mano a mano che impara a conoscere il proprio corpo e va a strutturare il proprio schema corporeo (aumento della consapevolezza corporea). Questa consapevolezza corporea aumenta con il movimento che è quindi sia mezzo che fine (attraverso il corpo il bambino impara a muoversi e attraverso il movimento conosce il proprio corpo). Lo schema corporeo rappresenta la rappresentazione mentale che ciascuno di noi ha del proprio corpo, di come le diverse parti si articolano e si rapportano tra loro, di come queste parti si articolano e rapportano con lo spazio e con il tempo. “Rappresentazione cognitiva della posizione e dell'estensione del corpo nello spazio e dell'organizzazione gerarchica dei singoli segmenti corporei, finalizzata principalmente all'organizzazione dell'azione nello spazio.” L’acquisizione dello schema corporeo dura molto: raggiungiamo la piena consapevolezza corporea verso i 12 anni (bisogna ricordare che sono numeri approssimativi poiché lo sviluppo è individuale e personale). È una strutturazione che segue 4 tappe: Corpo subito Corpo vissuto Corpo percepito Corpo rappresentato. Corpo subito (0-3 mesi). È definito subito poiché non c’è movimento cosciente, siamo nella fase primitiva del movimento dove il bambino compie movimenti che avvengono per via riflessa e che hanno come fine la sopravvivenza. Non è attore di quello che fa. Alla nascita il bambino ha sviluppato soprattutto la sensibilità tattile, l'odorato e l'udito. Non esiste integrazione sensoriale. Si possiedono solo due tipi di automatismi motori: a) in relazione ai bisogni vitali b) riflessi innati Corpo vissuto (3 mesi-3 anni). È la fase più significativa a livello motorio. Acquisisce tutte le abilità di movimento anche se non con un’esecuzione perfetta. L’acquisizione motoria avviene gradualmente. Il primo step riguarda il fatto che le percezioni e le sensazioni diventano consapevoli. Le competenze sensoriali e percettive ora sono consapevoli, e mano a mano che il bambino fa esperienza nel mondo lui crea dei collegamenti funzionali tra le diverse sensibilità. Oltre a strutturarsi gli schemi motori di base e lo schema motorio, si sviluppa anche il processo di lateralizzazione: processo che porta il bambino a sviluppare la lateralità. Il movimento del corpo è dominato nel seguente modo: l’emicorpo destro dall’emisfero sinistro e viceversa. La dominanza non è uguale negli arti superiori e in quelli inferiori, e si può non avere una dominanza definita (ambidestri). Questa dominanza si struttura grazie alla strutturazione della lateralità ovvero quel processo che permette di differenziare la dominanza e che permette al bambino di acquisire consapevolezza su tutto ciò che è destra e tutto ciò che è sinistra, quindi una prima differenziazione spaziale. Se il bambino non ha acquisito tale consapevolezza corporea e spaziale, avrà difficoltà sia nella scrittura che nella lettura. La lateralità è quindi un supporto motorio basilare. Per capire la dominanza degli arti superiori basta chiedere di scrivere o chiedere con quale mano mangi. Per capire la dominanza degli arti inferiori basta dare una piccola spinta e vedere quale gamba si poggia per prima. Corpo percepito (3—6 anni). L’organizzazione e la consapevolezza del nostro corpo è in funzione della consapevolezza sia spaziale che temporale. Comincia l’organizzazione delle percezioni (processi mediante i quali il bambino trae informazioni dal mondo circostante e ne prende coscienza) di: 1. elementi esterni quali forme, dimensioni e distanze (organizzazione dello spazio); Il lavoro che si fa in questo periodo riguarda la costruzione dello spazio topologico. Lo spazio inteso per dimensioni opposte: su/giù, alto/basso, aperto/chiuso, destra/sinistra. 2. tempo, inteso come apprezzamento della durata (evento lungo o breve) e della struttura ritmica (organizzazione del tempo, frequenze e ritmi differenti); la dimensione temporale è complessa. È bene presentare attività con difficoltà crescente: frequenze minori e ritmi regolari fino ad arrivare a frequenze maggiori e con ritmi differenti. Un movimento lento richiede un maggiore controllo del movimento rispetto a quello veloce. Si lavora anche su diverse consapevolezze quali ad esempio quella temporale. 3. proprio schema corporeo, come conoscenza motoria e verbale delle parti del corpo e della loro interrelazione (sensibilità proprio percettiva). Si inizia dalle basi: destra/sinistra, parti del corpo attraverso la nomenclatura e giochi… 4. Le informazioni provenienti dal corpo diventano coscienti (interiorizzazione). 5. Lavoro motorio di tipo percettivo: mettere in relazione le sensazioni propriocettive con quelle visive, uditive e tattili. 6. Compare il disegno dell’"omino" che gradatamente si arricchirà di particolari personali. 7. Al lavoro percettivo occorre associare quello globale, che consente la libera espressione e lo sviluppo di una coordinazione dinamica generale. Per verificare a che stadio dell’apprendimento motorio ci si trova, si utilizza il disegno dell’omino. Prima il bambino acquisisce la consapevolezza delle grandi parti del corpo (braccia, gambe, testa) per poi arrivare alle parti più piccole (occhi, mani, dita, bocca). Il disegno dell’omino viene utilizzato sia come supporto durante l’apprendimento ma anche per monitorare l’apprendimento dello schema motorio da parte del bambino (strumento di verifica). Se l’aggiunta di particolari nell’omino non avviene, significa che non sta avvenendo un adeguato apprendimento dello schema corporeo e quindi bisogna lavorare in modo concentrato sul bambino sulle diverse percezioni, sulla dx/sx e su quella che è la coordinazione dinamica globale. Corpo rappresentato (7-12 anni). Il bambino è in grado di rappresentare il proprio corpo e delle parti che si muovono nello spazio. Questa fase rappresenta il presupposto motorio per una motricità fine e controllata. Per poter fare movimenti elaborati e fini bisogna conoscere il proprio corpo e saperlo controllare. Lo schema corporeo è completo dal punto di vista topografico-posturale, quindi statico. Compare lo schema d’azione, che rappresenta l’aspetto dinamico dello schema corporeo, e dovrà tenere conto delle coordinate spazio-temporali. Ora la capacità di rappresentare il corpo in movimento consente di pensare l’azione prima di eseguirla (anticipazione). Unità fondamentali del movimento: 1. La postura. Prima unità fondamentale del movimento. Viene definita una situazione apparentemente statica del corpo (i muscoli si contraggono per mantenere la posizione, funzioni vitali): sembra che non si muova quando in realtà lo fa. Non è un movimento visibile. Se esistesse l’immobilità la proiezione del nostro baricentro sarebbe un punto. Questo non avviene perché il nostro corpo è sempre soggetto ad oscillazioni e quindi la proiezione è come se fosse un gomitolo. Tanto più è ampio quanto più è instabile il nostro corpo. Si parla di postura corretta quando abbiamo un atteggiamento del corpo ben bilanciato in perfetta armonia con la forza di gravità. È più corretto parlare di posture, al plurale: abbiamo più posture condizionate dal nostro stato d’animo. A parità di correttezza degli atteggiamenti che assumiamo la postura cambia se siamo felici (più aperto), se siamo tristi (più chiusi), in base al sonno, più in generale in base al momento contingente della vita che stiamo vivendo. Nomenclatura. Atteggiamenti e posizioni del corpo. 1. Atteggiamento: figura statica che il corpo o parte di esso assume indipendentemente dai rapporti col mondo esterno: Lungo (i capi alla massima distanza articolare) Breve (angolo acuto) Semibreve (angolo retto o ottuso) Ruotato La stessa cosa avviene sia per gli arti superiori che inferiori (svincolati dal mondo esterno). 2. Posizione: rapporto che il corpo o parte di esso assume col mondo esterno: - Prese: identificano i rapporti di contatto delle parti del corpo con gli attrezzi e/o con il suolo [plantare, addominale, ascellare, brachiale, palmare, digitale, metacarpea, poplitea (parte inferiore del ginocchio), tibiale, crurale]. L’impugnatura è un tipo particolare di presa, ovvero quando la mano avvolge completamente un attrezzo facendo pugno. Passo: è un concetto che ci serve quando si danno le istruzioni iniziali prima di dare inizio al movimento. Ad esempio le istruzioni per la posizione di partenza per una capriola. In termine tecnico il passo identifica la distanza che c’è tra due prese o due impugnature. Essendo un ordine di grandezza, posso distinguere diversi tipi di passo, sia con gli arti superiori che inferiori. Ciò che li differenzia è il passo normale (misura di riferimento): per quanto riguarda gli arti superiori corrisponde alla larghezza delle spalle; al di sotto della larghezza delle spalle abbiamo il passo stretto, quando le mani sono a contatto abbiamo il passo unito, il passo largo va oltre la larghezza delle spalle, passo incrociato le braccia si incrociano; per gli arti inferiori il passo normale corrisponde alla larghezza del bacino, per il resto è uguale agli arti superiori. - Attitudini: Rapporto del corpo (centro di gravità) rispetto al suo supporto (mezzo di sostegno o suolo). Mi trovo in attitudine di appoggio quando il baricentro si trova al di sopra della base di appoggio. L’attitudine di sospensione si ha quando il baricentro si trova al di sotto della base di appoggio (appesi alla spalliera). L’attitudine di volo ce l’abbiamo ad esempio quando saltiamo. Attitudine combinata: gli arti inferiori si trovano in attitudine di appoggio e gli arti superiori in attitudine di sospensione (mani e piedi appoggiati): ad esempio quando ci si arrampica sulla spalliera. - Stazioni : Rapporto del corpo con il suolo a carico dei soli arti (stazioni propriamente dette) o anche del busto (decubiti): Stazione eretta Stazione seduta Stazione in ginocchio Decubito (supino/pancia sopra, prono/pancia sotto, laterale) Stazione in quadrupedia Stazione a corpo proteso Schemi posturali. Noi ci muoviamo rispetto allo spazio per produrre dei movimenti che possono essere più o meno complessi. Gli schemi posturali o schemi motori statici sono dei movimenti segmentari visibili ma che non comprendono il corpo nella tua totalità. La posizione del corpo rimane invariata ma si muovono parti di esso. Questi schemi possono comprendere: movimenti analitici: sono movimenti che coinvolgono una sola articolazione o un gruppo limitato di articolazioni e muscoli. Questo tipo di movimento è specifico, isolato e spesso si esegue con l'obiettivo di lavorare su una parte del corpo in particolare. movimenti segmentari del corpo: implicano il movimento coordinato di più articolazioni, segmenti del corpo o gruppi muscolari contemporaneamente. Sono più complessi e coinvolgono diverse parti del corpo in maniera simultanea. Gli schemi posturali e posture avvengono nello spazio. Lo spazio in cui ci muoviamo è molto complesso poiché è tridimensionale. Ogni piano nasce dall’incontro di due assi. Asse longitudinale: linea immaginaria che percorre longitudinalmente il nostro corpo e che congiunge la testa ai piedi. Asse sagittale o antero-posteriore: linea immaginaria che percorre in modo intero posteriore il nostro corpo (lo attraversa) Asse trasversale: linea immaginaria che congiunge le nostre spalle, sia da dx verso sx che viceversa. I tre assi intersecandosi due a due generano i piani. - Il piano frontale è dato dall’intersezione dell’asse trasversale e longitudinale. - Il piano sagittale è dato dall’intersezione dell’asse sagittale e longitudinale - Il piano trasverso/orizzontale è dato dall’intersezione dell’asse sagittale e trasversale Questi tre piani convenzionalmente dividono il corpo in modalità differenti: Piano frontale : divide il corpo in parte anteriore e parte posteriore. Se mi muovo secondo questo piano il mio corpo si muoverà verso destra o verso sinistra. Piano sagittale: divide il corpo in parte destra e parte sinistra. Se mi muovo secondo questo piano il mio corpo si muoverà verso avanti o verso dietro Piano trasverso: divide il corpo in parte superiore e parte inferiore. Se mi muovo secondo questo piano il mio corpo si muoverà attraverso le rotazioni (globali o solo di alcune parti). Schemi posturali più comuni: Flettere/estendere Piegare/rizzare (Flettere/estendere vs piegare/rizzare: quello che cambia è il vincolo o meno dell’arto che si muove. Passaggio da atteggiamento lungo a breve svincolato dall’ambiente mi dà vita alla flessione. Se l’arto è in attitudine d’appoggio ad esempio, ho un piegamento. La dinamica è la stessa, cambia l’appoggio o meno della parte del corpo che si muove e quindi la terminologia). Elevare/abbassare Addurre/abdurre Inclinare Oscillare Ruotare e circondurre Slanciare Schemi motori dinamici. Sono atti motori globali che quando avvengono comportano una variazione di postura o una traslocazione nello spazio. Sono le forme di movimento più complesse della nostra motricità. Si ha uno spostamento globale del corpo nella dimensione spazio-temporale. Gli schemi motori di base vengono acquisiti da tutti inizialmente per poi venire affinati in modo più lento e differente da persona a persona. Tra gli schemi motori di base distinguiamo quelli locomotori che presuppongono lo spostamento di tutto il corpo nello spazio e quelli non locomotori che identificano movimenti propulsivi come il lanciare ed il calciare. La caratteristica di questi schemi motori di base è che vengono acquisiti secondo il principio della complessità crescente: lo schema più semplice rappresenta il presupposto per l’acquisizione per quello successivo che è sempre più intenzionale, complesso e controllato. Non posso imparare a correre se prima non ho imparato a camminare, così come non posso imparare a camminare se prima non ho imparato ad arrampicarmi e così via. L’unico schema motorio che fa eccezione è il gattonare: pur essendo uno schema motorio di base non rappresenta una tappa obbligata all’interno di quello che è il percorso motorio evolutivo del bambino (pietre miliari). Rotolare e strisciare: si sviluppano nei bambini con una certa precocità e costituiscono uno dei primi mezzi di movimento prima dell’acquisizione della stazione eretta. Il rotolare è legato a tutti quei processi percettivi che stimolano le sensazioni vestibolari, tattili e cinestesiche. Non tutti i bambini sono portati spontaneamente ad attuare tali schemi motori: perciò rotolamenti semplici (attorno all’asse longitudinale del corpo) devono precedere quelli più complessi come la capovolta avanti. Arrampicarsi: ha grandi effetti di rafforzamento psico-motorio. A livello fisico lo schema motorio dell’arrampicarsi consente al bambino di acquisire una stazione eretta. Se esercitato nel corso della crescita esso può costituire per il bambino un mezzo di rafforzamento psichico, di miglioramento del senso di coraggio e di sfida, che facilita il superamento di eventuali situazioni inibenti. L’acquisizione delle tecniche di arrampicata rappresenta molto spesso una scoperta e conquista personale del bambino. Camminare: è il primo degli schemi motori che il bambino esegue dopo aver conseguito la stazione eretta, ed è una delle più naturali espressioni del comportamento motorio. L’esecuzione di questo schema e la sua osservazione può aiutare l’educatore a comprendere meglio i vari livelli della motricità individuale. Al termine della scuola dell’infanzia il bambino acquisisce una buona padronanza di questo schema che costituisce la base di partenza delle prime esperienze motorie. È il presupposto di base per la corsa. Correre: il modo di correre del bambino di 5-6 anni è caratterizzato da sbandamenti laterali, dai piedi “sventolanti” in diverse direzioni, da un’andatura poco armonica e scarsamente economica, fatta di passi irregolari, molto frequenti e di limitata ampiezza. I bambini in questa fascia di età tendono a correre sempre al massimo delle loro possibilità, per una tendenza agonistica quasi fisiologica, avulsa da qualsiasi consapevole controllo della spesa energetica. Per questo è importante insegnare ai bambini come dosare la propria energia e la propria forza. Nel bambino normodotato verso i 9-10 anni si affina tale schema motorio in quanto migliorano le capacità coordinative e si sviluppano le capacità condizionali. Inoltre migliorano importanti fattori psicologici, quali la fiducia e la sicurezza motoria, il controllo consapevole dell’azione volontaria Ciò che differenzia il cammino dalla corsa è la fase di volo e la sua durata. Perché ci sia il camminare l’appoggio riguarda entrambi i piedi. Nel momento in cui tra un appoggio e l’altro si intervalla la fase di volo si ha il passaggio allo schema motorio del correre. Saltare: l’acquisizione di questo schema presuppone un certo livello di coordinazione dinamica e di controllo. Il primo salto che viene proposto ai bambini è il salto in basso, andando ad aumentare gradualmente l’altezza del dislivello dal quale partire. Successivamente si propongono quelli in alto o in lungo. Questo permette ai bambini di superare eventuali blocchi psicologici presenti sia nella fase di volo che nella fase di caduta. Appurate le diverse forme di movimento più o meno complesse, per migliorare la motricità andiamo a lavorare in maniera distinta su quelli che sono i 2 presupposti fondamentali del movimento: le capacità coordinative (presupposto qualitativo) e le capacità condizionali (presupposto quantitativo).