Biomeccanica del Sistema Cardiovascolare PDF
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Politecnico di Torino
2023
Claudia Chirivì
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Summary
Questa dispensa universitaria del Politecnico di Torino, anno 2023, tratta in modo approfondito la biomeccanica del sistema cardiovascolare, con particolare attenzione agli aspetti legati alla patologia e all'emodinamica. L'analisi dei vasi sanguigni e delle loro caratteristiche biomeccaniche sono tra gli argomenti cardine.
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BIOMECCANICA DEL SISTEMA CARDIOVASCOLARE Claudia Chirivì POLITECNICO DI TORINO 2023/2024 BSC 2023/2024 Morbiducci In silico medicine Perché abbiamo bisogno dei gemell...
BIOMECCANICA DEL SISTEMA CARDIOVASCOLARE Claudia Chirivì POLITECNICO DI TORINO 2023/2024 BSC 2023/2024 Morbiducci In silico medicine Perché abbiamo bisogno dei gemelli digitali? Ad esempio, per cercare di capire l’impatto dell’emodinamica sullo sviluppo della patologia: alcune strutture fluidodinamiche, soprattutto quelle in prossimità della parete vascolare, che si generano all’interno di vasi sanguigni, chiamate “flussi disturbati”, coincidono con delle regioni in cui avvengono degli eventi biologici avversi sulla parete del vaso. ad esempio, inspessimento conseguentemente all’arteriosclerosi con maggiore opponimento al moto sanguigno o formazione di placche conseguentemente ai fenomeni ateromasici (rimodellamento della parete). Integrando una serie di tecniche di imaging multimodali di vario genere (alcune topografiche, altre ultrasuono) si ottiene l’osservazione dei vasi sanguigni a diversi istanti di tempo in modo da capire se c’è la progressione della patologia. Raccogliendo tutte le informazioni ottenute con l’imaging, si ricostruisce la geometria dei vasi e si eseguono delle simulazioni avendo individuato i pattern di interesse, ad esempio lo sforzo di taglio a parete, si ricavano delle grandezze di interesse clinico. Sintetizzando le caratteristiche dello sforzo di taglio a parete siamo in grado di vedere come si distribuisce lungo tutta la parete del vaso aprendolo come se fosse un foglio e confrontarlo con la distribuzione dello spessore della parete, cercando di capire se questi due aspetti sono localizzati nelle stesse regioni. In questo modo possiamo stabilire se l’emodinamica al tempo zero è stata in grado di influenzare e causare la progressione della patologia sulla parete vascolare, definendo una relazione meccanicistica tra l’emodinamica stessa e gli eventi biologici avversi. Posso fornire al medico, inserendo nella pipeline dell’analisi del clinico il risultato della simulazione, una predizione di quello che succederà e sulla base di questa elaborare una diagnosi. BSC 2023/2024 Morbiducci Vasi sanguigni CLASSIFICAZIONE DEI VASI SANGUIGNI I vasi sanguigni si dividono principalmente in arterie e vene. Ci occupiamo in particolare delle arterie in quanto, da un punto di vista ingegneristico, sono sottoposte a carichi meccanici di ordini differenti rispetto alle vene e gran parte delle patologie del sistema cardiovascolare colpiscono le arterie. Tra sistema arterioso e venoso la composizione della struttura dei vasi è abbastanza simile, ma i componenti sono miscelati in maniera diversa. Le arterie si dividono in: Arterie maggiori o elastiche: aorta, l’innominata, la succlavia, l’inizio della carotide comune (regione non cervicale) e l’origine delle arterie polmonari. Arterie di medio calibro o muscolari. Arterie di piccolo calibro inferiore ai 2 mm (arteriole). Capillari: sono le regioni in cui avviene lo scambio di nutrienti, o in generale di masse, tra i tessuti e il sangue. ANATOMIA DELLE ARTERIE Immaginiamo di avere un’arteria assimilabile ad un condotto cilindrico (in realtà la sezione di un’arteria non è mai circolare). L’arteria presenta tre strati principali. 1. Tunica intima: occupa la regione più vicina al sangue. 2. Tunica media 3. Tunica avventizia: strato più esterno dell’arteria. Le tuniche sono separate tra loro da delle lamine finestrate che permettono lo scambio di massa (ossigeno, nutrienti e cellule), cosa non sempre favorevole. a. Tunica intima La tunica intima è costituita da uno strato molto sottile che contiene solo cellule endoteliali. Le cellule endoteliali funzionano come dei meccano-trasduttori: i glicocalici sono delle antenne in grado di sentire le forze meccaniche esercitate dal torrente ematico su di esse, le trasducono alla membrana cellulare che a sua volta le trasforma in segnali che attivano una serie di pathway chimici per il rilascio di sostanze, come l’acido nitrico che a sua volta influenza il comportamento delle cellule endoteliali stesse necessità delle arterie di contrarsi e dilatarsi. Le cellule endoteliali sono le uniche a contatto con le quali il sangue non coagula: tutto il resto di cui si compone l’arteria è trombogenico. il singolo strato di cellule endoteliali è l’unica barriera tra il sangue e i suoi componenti e i tessuti trombogenetici sottostanti. Nel momento in cui questo strato di cellule endoteliali si lacera, il sangue a contatto con la lacerazione dà luogo ad un coagulo. Se la lacerazione è di dimensioni rilevanti si forma un trombo che può protrudersi all’interno del vaso e BSC 2023/2024 Morbiducci opporsi al torrente ematico che vi scorre, oppure può staccarsi ed essere trasportato a valle dal torrente ematico diventando un embolo. Inoltre, il danno endoteliale è responsabile, almeno in parte, dell’inizio dell’aterogenesi. I grandi vasi funzionano come dei condensatori: accumulano energia nella fase di accelerazione del flusso, ma quando comincia la decelerazione del flusso l’energia accumulata in precedenza viene ceduta per spingere il sangue verso gli organi periferici. Questo meccanismo è sostenuto dal comportamento di meccano-trasduzione delle cellule endoteliali: quanto ricevono delle forze di frizione inducono il vaso a dilatarsi. Nella fase in cui comincia a diminuire l’eiezione, le forze di frizione che esercita il torrente ematico diminuiscono, così ricomincia il meccanismo di meccano-trasduzione e si attivano dei pathway chimici con cui il vaso si comprime. La lamina basale è quella su cui si appoggiano le cellule endoteliali ed è formata da tessuto connettivo-subendoteliale combinato con proteoglicani, elastina e altre glicoproteine di matrice. Questa lamina ha funzione strutturale (supporto per cellule endoteliali) e di filtro negli scambi che avvengono tra il sangue e il resto del vaso sia in condizioni fisiologiche che in condizioni infiammatorie. La lamina elastica interna separa la tunica intima dalla tunica media. È costituita da uno strato di fibre elastiche disperse e disposte in direzione longitudinale. Questo strato non è continuo, ma finestrato consentendo alle cellule muscolari lisce di, eventualmente, penetrare nell’intima (cellule miointimali). b. Tunica media La tunica media rappresenta la componente muscolare del vaso: il vaso si deve dilatare e contrarre, quindi è necessaria un’azione muscolare. È composta da un’alternanza di strati di cellule muscolari lisce e di fibre elastiche. È poco vascolarizzata, ma l’ossigeno e i nutrienti necessari per far sopravvivere le cellule muscolari lisce provengono dalla regione più esterna, ovvero quella avventizia per diffusione. Essendo la componente muscolare, la tunica media è responsabile della propagazione dell’impulso sistolico del cuore, aiutando la propulsione del sangue nel torrente circolatorio. Con l’avanzare dell’età le fibre elastiche si deteriorano e vengono sostituite da tessuto fibroso, più rigido. Per questo motivo aumenta l’impedenza sistemica che si oppone al trasporto dell’impulso sistolico. In condizioni fisiologiche le cellule muscolari lisce regolano la vasocostrizione/vasodilatazione dei vasi. Inoltre, esse sono in grado di sintetizzare vari tipi di collagene, PGAG ed elastina, ovvero una serie di sostanze che costituiscono la tunica media. In caso di aterosclerosi le cellule muscolari lisce possono differenziarsi, proliferare e migrare nella tunica intima attraverso le finestrature della lamina base causando il rimodellamento del vaso. Ciò non va bene perché potrebbero entrare in contatto con delle sostanze, in particolare diventano delle cellule miointimali dotate di recettori per le LDL (Low Density Lipoproteins, ovvero lipidi) provocando l’alterazione dello scambio di lipoproteine con il sangue e producono enzimi litici. Le lipoproteine rimangono all’interno del vaso, si ossidano e danno luogo al fenomeno di aterosclerosi. c. Tunica avventizia La tunica avventizia è costituita da tessuto connettivo contenente fibroblasti, fibre elastiche, nervi e i vasa vasorum. I vaso vasorum, in particolare, sono dei piccoli vasi che penetrano di circa 1/3 della tunica avventizia per portare nutrimento ai vasi sanguigni. Quindi, lo scambio di sostanze nutritive al vaso avviene in due direzioni: interna in corrispondenza della tunica intima tramite il sangue e esterna in corrispondenza della tunica avventizia tramite i vaso vasorum. Se avviene uno sbilanciamento di apporto di nutrienti dalla parte interna, l’organismo cerca subito di bilanciare dalla parte opposta con i vaso vasorum che diventano più grandi (per portare più sangue), si inspessiscono e diventano ipertrofici. Però, man mano che i vaso vasorum diventano più grandi, attraversano la lamina fenestrata che separa la tunica avventizia con la tunica media causando il rimodellamento non solo esterno, ma anche interno del vaso. Inoltre, si altera la struttura del vaso stesso portando all’indebolimento meccanico della parete che diventa più soggetta a rottura. Le connessioni nervose sono numerose soprattutto nelle arterie di medio e piccolo calibro, dove giocano un ruolo nella vasocostrizione/vasodilatazione e quindi nella regolazione autonoma del flusso sanguigno. I capillari dell’avventizia sono responsabili dell’apporto trofico alla tunica media. In condizioni di aterosclerosi da questi vasi comincia il fenomeno dell’angiogenesi. BSC 2023/2024 Morbiducci La lamina elastica esterna separa la tunica avventizia dalla unica media ed è anch’essa fenestrata, attraverso cui possono passare i vaso vasorum. PATOLOGIE DELLE ARTERIE Le malattie che colpiscono le arterie vengono raggruppate sotto il nome di arteriosclerosi. Le tre principali sono: 1) Arteriosclerosi vera e propria: costituisce un inspessimento diffuso e progressivo accompagnato da un irrigidimento che coinvolge le piccole arterie e le arteriole. 2) Aterosclerosi: riguarda soprattutto le arterie di grandi dimensioni. È una condizione patologica caratterizzata da alterazioni della parete che perde elasticità a causa dell’accumulo di calcio, colesterolo, cellule infiammatorie e materiale fibrotico. 3) Sclerosi calcificante della media di Monkeberg: patologia che vede l’arteria sottoposta ad una calcificazione diffusa e progressiva della tunica media di tutte le arterie muscolari. a. Aterosclerosi L’aterosclerosi (AS) è una malattia delle grandi e medie arterie, tra le quali le più colpite sono l’aorta, le coronarie e le arterie del sistema cerebrale. Se una delle arterie viene occlusa, si va incontro a morte, in particolare nel caso di coronarie e arterie cerebrali. Le manifestazioni cliniche principali sono quindi l’infarto miocardico e l’infarto cerebrale (ictus). L’AS causa, inoltre, una varietà di altre patologie meno gravi, tra cui l’ischemia cardiaca cronica, la cancrena agli arti inferiori, l’encefalopatia ischemica, aneurismi e stenosi sia aortici che renali. Ciò incrementa al 50% sul totale il numero delle morti correlabili all’AS. L’AS è causata dallo sviluppo dell’ateroma, ovvero una lesione delle arterie che appare come una placca rialzata rispetto alla parete vasale interna (tunica intima). Tale placca è formata da un “core” di lipidi (come colesterolo esterificato o complessato a proteine), da una capsula esterna fibrosa e da una serie di tipi cellulari come macrofagi, piastrine, fibroblasti e le loro forme di differenziazione peculiari dell’AS (cellule miointimali e cellule schiumose, ovvero quelle sostante lipidiche che si ossidano). A seconda delle caratteristiche del torrente ematico, le placche stimolano la formazione di inspessimenti della parete che alterano il trasporto di sostanze e la progressione della malattia. Quando la placca si rompe succede un disastro: il sangue va a contatto con il core lipidico formando istantaneamente un trombo. Osserviamo la sezione di un vaso. 1) Vaso normale: condizioni fisiologiche; 2) In presenza di un’alterazione qualsiasi si inizia ad avere un inspessimento diffuso della parete del vaso. Alcune cellule muscolari lisce entrano nella tunica intima. 3) Aumento della concentrazione di lipoproteine a causa del trasporto compromesso. 4) L’accumulo di lipoproteine induce l’azione di monociti presenti nel sangue che interagiscono con le cellule endoteliali, causando fenomeni infiammatori. 5) In presenza dello stato infiammatorio, si producono cellule schiumose a seguito dell’interazione delle lipoproteine con le cellule muscolari lisce. 6) Ciò prosegue con la formazione del primo ateroma. 7) Poi si forma il vero ateroma: cuore lipidico soffice e invasione della tunica intima da parte delle cellule muscolari lisce. BSC 2023/2024 Morbiducci 8) La rottura della capsula fibrotica comporta l’interazione del core lipidico altamente trombogenico con il sangue, formando trombi. Il trombo può occludere direttamente la parete, oppure può crescere e staccarsi per essere trasportato dal torrente ematico che andrà ad occludere qualcos’altro a valle. Le placche ateromasiche, soprattutto nelle prime fasi del loro sviluppo, si presentano molto sparse e distanziate tra loro nei vasi. Inizialmente l’aterosclerosi è un fenomeno locale. Col progredire della malattia se ne formano un numero sempre maggiore e, ingrandendosi, possono arrivare a coprire completamente intere porzioni di arterie. Gli ateromi, aumentando di volume, tendono a protrudere all’interno del lume vasale e ad alterare il normale flusso sanguigno. Infine, l’ateroma può ulcerarsi, determinando lo sviluppo di un trombo in situ che può impedire completamente il flusso ematico. Oppure i trombi possono essere rilasciati in circolo, andando ad intasare vasi sanguigni a distanza e danneggiando i relativi organi. Infine, aumentando il loro volume, gli ateromi tendono ad invadere la tunica media indebolendo la struttura dell’arteria causando il suo sfiancamento e predisponendola all’emorragia (aneurisma). Le placche ateromasiche si sviluppano lentamente ed insidiosamente per molti anni. La lesione complicata si sviluppa nell’arco di circa 30-50 anni ed è, nella maggior parte dei casi, responsabile degli effetti clinici. Il rischio di aterosclerosi è modulato da diversi fattori: FATTORI IRREVERSIBILI FATTORI REVERSIBILI Età (irrigidimento dei vasi) Stress Sesso Fumo di sigaretta Patologie pregresse (diabete) Uso di contraccettivi orali Ipercolesterolemia (su base genetica) Ipercolesterolemia (diete sbilanciate) Ipertensione (su base genetica) Ipertensione (diete sbilanciate, sedentarietà) Obesità (su base genetica) Obesità (diete sbilanciate, sedentarietà) L’ipercolesterolemia si manifesta con una serie di anomalie lipoproteiche in soggetti di sesso maschile sani e con malattia coronarica. Il colesterolo è una sostanza particolare che riguarda la concentrazione dei lipidi nel sangue, a seconda dal nostro stile di vita e in parte anche da questioni genetiche. Il colesterolo si divide in due categorie: quello buono HDL o cattivo (LDL). Ci sono dei valori di soglia che, se vengono superati possono indicare delle condizioni di rischio. Questi due tipi vengono valutati in totale e nel loro rapporto. Sia il trasporto di colesterolo nel sangue, sia lo scambio di lipoproteine tra parete del vaso e torrente ematico se sono sbilanciati causano l’accumulo di sostanze grasse nei vasi. A livello neurologico la presenza di aterosclerosi che colpisce la circolazione superiore a partire dalla biforcazione carotidea ci sono buone possibilità che la rottura della placca possa indurre emboli nel cervello, cioè, occludere le arterie cerebrali, e di conseguenza ischemia acuta (ictus). Oppure, le placche ateromasiche possono essere associate ai fenomeni di formazione di aneurismi intracranici che poi si rompono e causano emorragia. L’ischemia cronica è una parziale ostruzione dei vasi cerebrali che, BSC 2023/2024 Morbiducci opponendo maggiore resistenza al flusso, causa una minore irrorazione del cervello e di conseguenza a dei fenomeni di degradazione che vanno sotto il nome di demenza. Anche il sistema renale è soggetto a fenomeni aterosclerotici, legati anche alla complessità anatomica: le arterie renali sono una diramazione dell’aorta discendente in cui i disturbi di flusso inducono, o stimolano, la formazione di placche ateromasiche nelle arterie renali. Quando la placca ostruisce quasi o del tutto l’arteria renale, il sangue proveniente dall’aorta discendente trova una maggiore resistenza in un rene (malato) rispetto all’altro (sano). Per compensare questa disfunzionalità del rene, quello sano cerca di compiere il doppio del lavoro fino ad ingrossarsi e a diventare ipertrofico, mentre quello malato è diventato atrofico, in quanto non lavora più. Nelle arterie possono esserci una serie di complicanze derivanti dall’AS. Gli aneurismi portano, negli eventi più gravi di rottura, a emorragia e morte. Stenosi aortiche e delle biforcazioni coronariche che possono anche portare a morte. Nei vasi più periferici, come nella parte inferiore del corpo, può causare occlusione dei vasi che conducono alla cancrena. Ad esempio, nei soggetti diabetici, a volte si arriva all’amputazione dei piedi perché il sangue non riesce più a circolare. Il danno endoteliale è legato a diversi fattori sistemici, biologici, ma anche emodinamici. A causa di perturbazioni o instabilità presenti nel moto del sangue si generano aree focali di disfunzione endoteliale: questo spiega la maggiore incidenza delle placche in corrispondenza di osti o nei punti di biforcazione dei vasi e lungo la parete posteriore dell’aorta toracica e addominale. BSC 2023/2024 Morbiducci Meccanica dei vasi COMPOSIZIONE La dimensione e la composizione delle tuniche si modificano notevolmente lungo il sistema vascolare. L’elasticità della tunica media, espressa come percentuale di elastina, è maggiore nelle arterie di grosso calibro (aorta, succlavia ecc.) e diminuisce man mano che il vaso diventa più piccolo. Mentre, andando dall’aorta alle arterie più piccole, aumenta la percentuale di fibre muscolari. Le cellule endoteliali diventano prelevanti quando si passa dall’arteriola ai capillari. Nei capillari non c’è elastina e nemmeno fibre muscolari in quanto corrispondono alla zona di scambio in cui la necessità di spingere il sangue è ridotta rispetto alle arterie più grandi. Dall’aorta ai capillari diminuisce la percentuale di collagene. Nel sistema venoso viene trasportato il sangue ricco di CO2 verso il cuore e poi verso i polmoni. In generale, la percentuale di elastina è inferiore rispetto al sistema arterioso e in particolare aumenta con l’aumentare del calibro, quindi dalle venule alla vena cava. Anche la percentuale di cellule muscolari lisce è minore. Come si può osservare da questi studi condotti sulle arterie di un cane, esiste una grande variabilità intraspecie, cioè sullo stesso segmento di arteria. Se si misurano i contenuti di queste sostanze tra persone diverse, si ottiene uno spread molto alto. STRUTTURE E PROPRIETA’ MECCANICHE All’interno dei vasi sanguigni sono organizzate diverse sottostrutture, come propongono gli studiosi Azuma e Hasegawa. Le fibre muscolari sono avvolte ad elica con passo piccolo. L’elastina forma una serie di lamine con delle fenestrature in direzione longitudinale. Le fibre di collagene formano una rete piuttosto disordinata e increspata in condizioni di basso carico, ma man mano che il carico aumenta le fibre di collagene tendono ad organizzarsi tra loro e a distendersi. CURVA SFORZO-DEFOMRAZIONE DELLA PARETE DI UN VASO Sottoponendo una sezione di aorta umana tagliata in direzione circonferenziale ad una prova di trazione si ottiene una curva di sforzo-deformazione. Si sceglie una sezione circonferenziale, perché in quella direzione l’aorta è sollecitata dalle pressioni interne e quindi deve rispondere dilatandosi e contraendosi. Invece, in direzione longitudinale l’aorta è sottoposta a sollecitazioni dovute agli organi con cui viene a contatto, all’effetto Bordou e alla spinta del ventricolo. Le proprietà meccaniche dell’aorta sono anisotropiche. La linea orizzontale corrisponde allo stato di sforzo circonferenziale che si realizza in un’aorta in condizioni di pressione interna pari a 130 mmHg. Per bassi livelli di sollecitazione la risposta meccanica del vaso assume BSC 2023/2024 Morbiducci un comportamento elastico lineare a basso modulo elastico dovuto alle fibre di elastina. Man mano che aumenta la deformazione l’andamento della risposta non è più lineare dovuto alle fibre di collagene. Durante il raggiungimento della linea orizzontale a 130 mmHg agiscono sostanzialmente fibre di elastina e la muscolatura liscia, quindi per bassi livelli di deformazione e in normali condizioni di esercizio. Quando ci si avvicina a 130 mmHg fino a superarlo, il comportamento non lineare è garantito dalle fibre di collagene che si riorganizzano con l’aumentare dello stress. Le fibre di collagene funzionano da salvagente: se non ci fossero, la rottura del vaso avverrebbe già a livelli di deformazione e di sollecitazione minori. Durante la prova, i due lembi del vaso vengono presi con degli afferraggi i quali verranno sottoposti a trazione. Gli afferraggi devono essere composti di materiale più rigido in modo da trasmettere tutta la sollecitazione al vaso. La trazione del materiale può essere uniassiale o biassiale. Alcune arterie, soprattutto quelle muscolari, presentano uno stato di sforzo anche in condizioni di riposo (deformazione nulla), oltre che in condizioni tetaniche in direzione circonferenziale. Lo sforzo residuo è dovuto alla distribuzione non uniforme delle cellule muscolari lisce nella parete del vaso. Ciò è evidente nell’arteria iliaca. Per vedere la presenza di questo sforzo residuo posso pensare di tagliare la sezione del vaso per aprire completamente la parete: se non ci sono sforzi residui la sezione si apre come un foglio, altrimenti si spancia. PROVE MECCANICHE SU VASI SANGUIGNI Come per ogni tessuto biologico, anche per i vasi sanguigni non esiste uno stato naturale, ovvero uno stato definito univocamente in cui il materiale ritorna sempre quando vengono rimosse le sollecitazioni esterne. Bensì viene definita una condizione di omeostasi, la quale corrisponde ad un equilibrio fisico-chimico che dipende da svariati fattori, come l’età, e può essere diverso per ogni soggetto. Prima di proceder con i test in laboratorio sui vasi, occorre innanzitutto riprodurre una condizione naturale omeostatica che si ottiene caricando ciclicamente il provino (ciclo di isteresi). La prima prova non è mai buona. COMPORTAMENTO DEI VASI SOTTOPOSTI A CARICO UNIASSIALE Il test di carico uniassiale a trazione è il più semplice esperimento che si possa realizzare. Vi sono principalmente due possibilità per realizzare provini per prove di carico uniassiale a cui corrispondono due diverse modalità di test: test di striscia e test di anello. Il test di striscia prende un pezzo di tessuto che viene afferrato agli estremi e trazionato. Gli afferraggi devono essere ben progettati a seconda del tessuto e del test e devono avere una forma tale da non indurre la concentrazione di sforzi su di essi durante la prova. Tipicamente i test di striscia vengono eseguiti tagliando il campione a osso di cane. Questa operazione permette di valutare la risposta meccanica del campione nella direzione in cui lo stiamo sollecitando. Dunque, il test di striscia presenta la difficoltà di realizzare il vincolo tra i supporti che trasferiscono lo sforzo di trazione e il tessuto del vaso. Il test ad anello usa un campione tagliato come un cilindretto che viene trazionato dentro due barre. Si ottiene una risposta ad una sollecitazione circonferenziale. Questo test è molto complicato perché non siamo in grado di depurare la misura che facciamo da sollecitazioni flessionali che si generano. BSC 2023/2024 Morbiducci Si sottopongono a prova di trazione due campioni dell’aorta ascendente, uno tagliato in direzione longitudinale e uno in direzione circonferenziale. Si può notare che in direzione circonferenziale la risposta meccanica del vaso è tale per cui il suo carico di rottura è circa il doppio rispetto al caso longitudinale. Questa è la prova che l’aorta sente due tipi di sollecitazione diverse: la sollecitazione circonferenziale è rappresentata dalle pressioni interne che sono molto elevate in aorta, per cui ci si aspetta carichi di rottura più alti. Per quanto riguarda il modulo elastico l’analisi è meno risolutiva: nella maggior parte dei casi il modulo elastico in direzione longitudinale risulta significativamente più elevato del modulo elastico circonferenziale nel caso di valori intermedi di deformazione a parità di sollecitazione si deforma di più il campione con modulo elastico più basso, in questo caso il campione circonferenziale. Dall’altra parte il modulo elastico nel campione circonferenziale in prossimità del punto di rottura risulta più elevato di quello longitudinale. più mi avvicino al punto di rottura, più il campione circonferenziale si irrigidisce. Tutto ciò che abbiamo visto riguardava le arterie. Per quanto concerne alle vene gli esperimenti sono condotti in modo simile. La curva in grassetto sono le risposte in direzione circonferenziale, quella più sottile in direzione longitudinale. Gli sforzi e le deformazioni a rottura sono paragonabili nelle due direzioni (stesso ordine di grandezza), al contrario le vene utilizzano due scale diverse per poter mettere a confronto queste caratteristiche nelle due direzioni. Inoltre, nelle vene il modulo elastico ad elevate deformazioni risulta essere più elevato in direzioni longitudinale: il vaso è più rigido quando la sollecitazione è in direzione longitudinale. La caratteristica del modulo elastico è dovuta alle differenti condizioni di funzionamento di arterie e vene e ai diversi carichi in gioco. Le vene, in vivo, sono costituite da tessuto vascolare sottoposto ad uno stato di sollecitazione molto debole circonferenzialmente a causa della bassa pressione interna, ma assai più elevato a causa del pretensionamento. Sia per le vene sia per le arterie (per queste in misura un poco inferiore) la collocazione in vivo è pretensionata. In situ le vene sono deformate in direzione longitudinale di circa il 100-150%, valore superiore a quello riscontrato per le arterie (30-50%). A seguito di traumi la rescissione dei vasi comporta la ritrazione degli stessi all’interno dei tessuti circostanti. Mentre per le arterie l’accorciamento è contrastato dalle elevate pressioni interne, le vene si accorciano molto di più per cui devono necessariamente essere pretensionate. Dal momento che le vene sono immerse in tessuti generalmente molli, esse possono subire rilevanti variazioni di forma e se non fossero pretensionati potrebbero provocare la formazione di pieghe occlusive. PROVE DINAMICO-MECCANICHE Fino ad ora abbiamo condotto le prove con l’ipotesi di condizioni statiche. Il comportamento dinamico dipende dalla frequenza di sollecitazione. Nell’ambito della caratterizzazione delle pareti dei vasi vengono utilizzate prove che consentono la determinazione di parametri direttamente correlabili al fenomeno viscoelastico. Il rapporto tra sforzo e deformazione (modulo elastico) in questo caso avrà la forma matematica di un numero complesso: la parte reale corrisponde al modulo elastico o conservativo (E’) correlato alla risposta deformativa in fase con lo sforzo applicato; la parte immaginaria corrisponde al modulo viscoso o dissipativo (E’’) correlato alla risposta deformativa in controfase. BSC 2023/2024 Morbiducci Prendiamo un campione di diverse arterie. Costruiamo un diagramma che mette in relazione lo stato di deformazione con la frequenza di sollecitazione. In alto è riportata la risposta E’, ovvero il modulo conservativo (rappresenta tutta la parte di energia che il vaso assorbe dalla sollecitazione). Il comportamento elastico è totalmente indipendente dalla frequenza con cui viene applicato il carico; infatti, le curve sono più o meno tutte piatte. In basso è riportata la risposta E’’, ovvero il modulo dissipativo (rappresenta l’energia assorbita che non viene ceduta ma viene dissipata all’interno del tessuto). Il comportamento dissipativo dipende molto di più dalla frequenza in maniera proporzionale (aumenta all’aumentare della frequenza). Ciò significa che, più la frequenza di sollecitazione è elevata, più il vaso non sarà in grado di cedere l’energia che assorbe. MODELLI PER IL CALCOLO DI SFORZI E DEFORMAZIONI NELLA PARTE EVASCOLARE La prima ipotesi che facciamo è quella di trattare i vasi sanguigni come dei condotti cilindrici, per poter valutare sollecitazioni di tipo circonferenziale, longitudinale e radiale. Il problema è che le ipotesi valgono entro certe condizioni. Per condurre l’analisi dello stato di sollecitazione la prima ipotesi che facciamo è quella che i vasi abbiano piccolo spessore in modo da approssimare il calcolo senza inficiare significativamente il risultato. In particolare, si ipotizza che il rapporto spessore/diametro del vaso s/d=0.1 sia il valore discriminante per i vasi: - s/d0.1 vasi con parete spessa Valori del rapporto spessore/diametro per alcune arterie: Aorta: 0.105-0.13 quasi accettabile, al limite Arterie femorali: 0.11-0.15 Arterie polmonari: 0.045 accettabili, sottili Arteriole: 1 troppo spesse VASI A PARETE SOTTILE 1. ipotesi 1: s/d 𝒓𝟎 𝑪 𝒅𝒙 𝟏 𝒅𝒑 𝟏 𝟖 𝒖(𝒓 = 𝒓𝟎 ) = 𝒖𝟎 = − 𝟒𝝁 𝒅𝒙 𝑹𝟐 − 𝟑 𝒓𝟐𝒐 + 𝟐𝒓𝟎 𝑹 − 𝟑 𝒓𝟎 𝑹𝟏.𝟓 𝑝𝑒𝑟 𝟎 < 𝒓 < 𝒓𝟎 𝑪 BSC 2023/2024 Morbiducci Integrando su tutta la sezione possiamo ricavare la portata: 𝒓𝟎 𝑹 𝝅 𝒅𝒑 𝟏𝟔 𝟒 𝟏 𝟒 𝑸= 𝟐𝝅𝒓 ∙ 𝒖𝟎 ∙ 𝒅𝒓 + 𝟐𝝅𝒓 ∙ 𝒖(𝒓) ∙ 𝒅𝒓 = − 𝑹𝟒 − 𝒓𝟎 𝑹𝟑.𝟓 + 𝒓𝟎 𝑹𝟑 − 𝒓 𝟎 𝒓𝟎 𝟖𝝁𝑪 𝒅𝒙 𝟕 𝟑 𝟐𝟏 𝒐 𝒓𝟎 Introducendo la variabile 𝝃 = 𝑹 si ha: 𝝅𝑹𝟒 𝒅𝒑 𝑸=− 𝑭(𝝃) 𝟖𝝁𝑪 𝒅𝒙 𝟏𝟔 𝟒 𝟏 Dove 𝑭(𝝃) = 𝟏 − 𝟕 𝝃 + 𝟑 𝝃 − 𝟐𝟏 𝝃𝟒 La funzione rappresenta il rapporto tra la portata in un tubo di un fluido che obbedisce all’equazione di Casson e quella di un fluido newtoniano con viscosità pari alla viscosità di Casson, a parità di gradiente di pressione assiale nel condotto. La variabile 𝝃 è inversamente proporzionale al 𝒓 gradiente di pressione stesso. All’aumentare del rapporto 𝝃 = 𝑹𝟎 la portata diminuisce. A parità di pressione la portata è inferiore rispetto a un fluido newtoniano. Merrill e Pelletier (1967) hanno suggerito l’adozione dell’equazione di Casson per descrivere il comportamento reologico del sangue a bassi valori di shear rate: 𝒅𝒖 √𝝉 = 𝟎. 𝟐𝟎 + 𝟎. 𝟏𝟕𝟑𝟖 − 𝒅𝒓 Ed utilizzando un comportamento reologico ad elevato shear rate del tipo: 𝒅𝒖 √𝝉 = 𝟎. 𝟏𝟖 − 𝒅𝒓 Queste relazioni sono state ottenute sperimentalmente a 37°C e si riferiscono ad un campione di sangue con ematocrito 40% e duna concentrazione di fibrinogeno pari a 0.27%. In queste relazioni lo sforzo di taglio è misurato in dyne/cm2. Dalle relazioni di Merrill e Pelletier si ottiene una viscosità di Casson e un valore di yield stress pari a: 𝒅𝒚𝒏𝒆𝒔 𝒅𝒚𝒏𝒆𝒔 𝑵𝒔 𝝁𝑪 = (𝟎. 𝟏𝟕𝟑𝟖)𝟐 𝟐 = 𝟎. 𝟎𝟑𝟎 𝟐 = 𝟑 ∙ 𝟏𝟎 𝟑 𝟐 𝒎 𝒎 𝒎 𝒅𝒚𝒏𝒆 𝝉𝟎 = 𝟎. 𝟎𝟒 = 𝟎. 𝟎𝟎𝟒 𝑷𝒂 𝒄𝒎𝟐 Come arteria consideriamo il caso di un’arteria femorale nell’uomo che ha diametro d=6 mm ed è attraversata da una portata mediamente pari a 600 cm3/min. Come modello newtoniano, ipotizziamo di adottare per il sangue un valore di viscosità pari alla viscosità di Casson. In questo caso, utilizzando la legge di Poiseuille, si ottiene: 𝑁𝑠 600 𝑚 𝑑𝑝 8𝜇 𝑄 8 ∙ 0.003 𝑚 ∙ 60 10 𝑠 𝑃𝑎 𝑚𝑚𝐻𝑔 − = = = 943 ≅7 𝑑𝑥 𝜋𝑅 𝜋 ∙ 0.003 [𝑚 ] 𝑚 𝑚 Se si considera ora la relazione che consente di valutare la portata di un fluido con equazione costitutiva di Casson, si ha: 𝜋𝑅 𝑑𝑝 16 4 1 𝑟 2𝜏 𝑑𝑝 𝑄 =− 𝐹(𝜉) 𝑐𝑜𝑛 𝐹(𝜉) = 1 − 𝜉. + 𝜉 − 𝜉 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝜉 = = − 8𝜇 𝑑𝑥 7 3 21 𝑅 𝑅 𝑑𝑥 𝒄𝒎𝟑 Si ottiene 𝜉 = 2.827 ∙ 10 𝑒 𝐹(𝜉) = 0.882. Per cui: 𝑸𝒄𝒂𝒔𝒔 = 𝟎. 𝟖𝟖𝟐𝑸 = 𝟓𝟐𝟗 𝒔 BSC 2023/2024 Morbiducci Pertanto, adottando il modello di Casson, si è ottenuto un valore di portata sensibilmente minore rispetto al modello newtoniano a parità di gradiente di pressione. Questo risultato non è generalizzabile, in quanto è stato ottenuto in condizioni geometriche e fluidodinamiche ben definite (condotto cilindrico e flusso laminare). MODELLI REOLOGICI NON NEWTONIANI: MODELLO POWER-LAW Il modello power-law della viscosità del sangue è espresso con la forma: 𝜇(𝛾̇ ) = 𝑘(𝛾̇ ) Dove k è il fattore di consistenza del flusso e n è l’indice di power-law. MODELLI REOLOGICI NON NEWTONIANI: MODELLO DI CARREAU Attualmente il modello più usato per caratterizzare il comportamento reologico del sangue è il modello di Carreau ed è implementato anche in Simvascular. È uno dei modelli che viene utilizzato soprattutto per le arterie più piccole. Per le arterie più grandi, come aorta e carotide, dove i valori di shear rate sono molto più alti, la soluzione più comune è quella di usare il modello newtoniano. Però, nelle coronarie, dove gli shear rate sono più bassi, si utilizza il modello di Carreau. A svantaggio degli altri modelli, quello di Carreau presenta molti parametri da calcolare, come si vede dalla formula. 𝟏 𝒏 𝝁(𝜸̇ ) = 𝝁 + (𝝁𝟎 − 𝝁 ) 𝟏 + (𝝀𝜸̇ )𝟐 𝟐 Questo permette di descrivere abbastanza accuratamente il comportamento di shear thinning del sangue. 𝝁 ed 𝝁𝟎 sono rispettivamente le viscosità limite a shear rate infinito e a shear rate zero. 𝝀 è la costante del tempo di rilassamento e n è l’indice di power-law. Secondo studi molto recenti (condotti da Lee e Steinman nel 2007) possiamo usare il seguente insieme di parametri, corrispondenti per un valore di ematocrito pari a 0.43. 𝝁 = 𝟑. 𝟓 𝒄𝑷, 𝝁𝟎 = 𝟐𝟓𝟎 𝒄𝑷, 𝝀 = 𝟐𝟓 𝒔, 𝒏 = 𝟎. 𝟐𝟓 Dal grafico si vede che per shear rate superiori a 100 s^ (-1) il sangue si comporta come fluido Newtoniano; infatti, il modello di Carreau si avvicina asintoticamente al modello Newtoniano. Invece, per valori inferiori a 100 s^ (-1) la viscosità aumenta fino a raggiungere un plateau per valori più bassi di shear rate. Nel complesso, la curva ha la forma di una sigmoide rovesciata. MODELLI REOLOGICI NON NEWTONIANI: MODELLO DI BALLIK O DI POWER-LAW GENERALIZZATO Questo modello ha una formulazione differente e introduce nuovi parametri. 𝝁(𝜸̇ ) = 𝝀(𝜸̇ ) 𝜸̇ 𝒏(𝜸̇ ) 𝟏 Dove: ̇ ̇ ⎧ 𝜆(𝛾̇ ) = 𝜇 + ∆𝜇 𝑒 ⎨ ̇ ̇ ⎩𝑛(𝛾̇ ) = 𝑛 − ∆𝑛 𝑒 I parametri ottenuti da Ballyk e i suoi colleghi attraverso l’interpolazione dei dati sperimentali sono: 𝜇 = 3.5 𝑐𝑃, 𝑛 = 1.0, ∆𝜇 = 25 𝑐𝑃, ∆𝑛 = 0.45, 𝑎 = 50, 𝑏 = 3, 𝑐 = 50, 𝑑 = 4 BSC 2023/2024 Morbiducci Ballyk ha un andamento di shear thinning. Rispetto a Carreau, sovrastima le viscosità per bassi valori di shear rate, soprattutto sotto i 0.01 s^(-1) fornisce valori di viscosità più alti rispetto a quelli di Carreau. Sopra i 100 s^(-1) anche Ballyk presenta una viscosità costante e quindi tende al comportamento del modello Newtoniano. COMPORTAMENTO DEL SANGUE NEL MICROCIRCOLO In corrispondenza dei vasi più piccoli, il sangue non può più essere considerato omogeneo in quanto la dimensione dei vasi diventa comparabile con le dimensioni dei globuli rossi. I bassi valori di shear rate generano i fenomeni di accumulo dei globuli rossi che formano aggregazioni chiamate rouleaux, i quali implicano l’aumento della viscosità del sangue. Il dispositivo sperimentale più semplice è costituito da un capillare che collega tra loro due serbatoi. Questo modello ha consentito di mettere in evidenza alcuni fenomeni importanti, come l’effetto Fahareus e l’effetto Fahareus-Lindqvist, che interessano la microcircolazione. Nei capillari è presente un valore di ematocrito diverso rispetto a quello di riferimento. Effetto Fahareus L’ematocrito del sangue ha una relazione diretta con la viscosità del sangue stesso. Come si dispongono i globuli rossi all’interno di un vaso? Immaginiamo di avere un vaso, in cui il sangue fluisce da sinistra a destra. Assumiamo che il fluido sia Newtoniano, che il profilo di velocità sia parabolico e che gli sforzi di taglio siano proporzionali con il raggio con un profilo a farfalla. Il globulo rosso sarà sottoposto a due velocità diverse per effetto del profilo di velocità all’interno del vaso. La parte del globulo rosso più vicina all’asse avrà velocità maggiore rispetto alla parte più distante dall’asse del vaso. L’effetto di queste velocità sarà una rotazione del globulo rosso che tenderà a disporsi in modo tale da esporre la sua dimensione minore al flusso e minimizzare la differenza di velocità. Dunque, nei grandi vasi i globuli rossi tendono a disporsi paralleli all’asse del vaso. Nonostante mostri la sua dimensione minore esiste comunque una differenza di velocità tra la faccia superiore (più vicina all’asse) e la faccia inferiore. v2>v1 Ciò implica che sulla faccia superiore avrò una pressione minore rispetto alla pressione sulla faccia inferiore, per la legge di Bernoulli. p2