Riassunto - Lo sviluppo nel ciclo di vita PDF
Document Details
Tags
Summary
This document provides a summary of developmental psychology, focusing on adolescence and the challenges of defining it. It explores biological and psychological changes associated with puberty, as well as concepts of identity formation. It also touches upon risk-taking behaviors and social interactions.
Full Transcript
CAPITOLO 4 SFIDE DI CRESCITA: CAMBIAMENTI BIOLOGICI E COMPORTAMENTALI Parlare di adolescenza non è semplice come si possa pensare, al contrario è un concetto difficile da definire, che addirittura non esisteva nemmeno fino al 20º secolo. Nessuno è in grado di affermare con certezza quando inizi e...
CAPITOLO 4 SFIDE DI CRESCITA: CAMBIAMENTI BIOLOGICI E COMPORTAMENTALI Parlare di adolescenza non è semplice come si possa pensare, al contrario è un concetto difficile da definire, che addirittura non esisteva nemmeno fino al 20º secolo. Nessuno è in grado di affermare con certezza quando inizi e finisca l’adolescenza, infatti alcuni autori collocano l’inizio dell’adolescenza a 13 anni, altri con l’inizio della scuola secondaria, altri ancora la suddividono in preadolescenza (11-13 anni) e adolescenza (14-17). La conclusione per alcuni si colloca intorno ai 19 anni, ma non è facile stabilire quando e come avvenga la definitiva assunzione dei ruoli sociali adulti. Da un punto di vista fisico, possiamo affermare che l’adolescenza coincide con l’inizio della pubertà. Tuttavia anche la pubertà è un processo complesso e negli ultimi anni si è osservato che l’inizio della pubertà sembra anticiparsi sempre di più. Per questi motivi possiamo affermare che non esiste una fase adolescenziale universale, bensì un tempo riservato allo sviluppo, alla maturazione e alla realizzazione delle transizioni e trasformazioni tra infanzia e età adulta, accompagnato da cambiamenti biologici e psicologici. 1.LA PUBERTÀ L’inizio della pubertà coincide con il menarca per le ragazze e con l’emergere dei peli pubici nei ragazzi. Nelle ragazze la pubertà inizia solitamente due anni prima rispetto ai ragazzi. Uno dei primi segnali dell’inizio della pubertà è lo scatto di crescita, cioè un veloce aumento di altezza e peso: nelle ragazze l’aumento di peso è dovuto principalmente a un aumento del tessuto adiposo, mentre nei ragazzi aumenta soprattutto la massa muscolare. Successivamente assistiamo a cambiamenti che riguardano sia la maturazione sessuale e lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, sia cambiamenti che riguardano il funzionamento del sistema cardiovascolare e muscolare. In entrambi i sessi assistiamo alla comparsa dei peli sul corpo, inoltre i cambiamenti ormonali possono causare anche acne e sudorazione maleodorante. Alcuni fattori possono influenzare i tempi della pubertà, come fattori sociali, influenze geografiche, caratteristiche nutrizionali ma anche prodotti chimici presenti negli alimenti, pesticidi, plastica, detergenti e prodotti per la cura personale. Ragazzi e ragazze vivono la pubertà in modo diverso: Martin ha evidenziato che per i ragazzi essa è caratterizzata dall’impazienza di diventare uomini, acquisire forza, libertà e status, mentre per le ragazze ha un significato ambivalente o addirittura negativo, in quanto comporta l’assunzione di valori sociali impliciti attribuiti alle donne e, molto spesso, anche restrizione della propria libertà, in quanto il corpo femminile in via di sviluppo deve essere protetto da pericoli. Per questi motivi è più probabile che le ragazze sviluppino maggiori sintomi depressivi, una maggiore preoccupazione per l’aspetto fisico e che vadano incontro più facilmente allo sviluppo di disturbi alimentari per via del confronto con un modello di corpo ideale. È più probabile che un adolescente sviluppi sintomi depressivi nel caso in cui entri nella pubertà precocemente o tardivamente: in particolare per le ragazze è la pubertà precoce a rappresentare un fattore di rischio, mentre per i ragazzi è la pubertà tardiva. 2. LA RICERCA DELL'IDENTITÀ: CHI SARÒ? Erikson descrive l’adolescenza come un periodo deputato alla formazione dell’identità personale, definita come un tentativo di dare continuità alle proprie caratteristiche individuali, mantenendo al contempo una relazione con gli ideali del proprio gruppo sociale di riferimento. Secondo l’autore, lo sviluppo ottimale dell’identità implica la ricerca di ruoli e nicchie sociali più adatti alle proprie capacità e caratteristiche biologiche e psicologiche. Individua alcuni elementi che interagiscono tra loro per la costruzione dell’identità personale: caratteristiche biologiche, bisogni psicologici, interessi, difese e ambiente culturale. Marcia propone invece la Teoria degli stati di identità, descrivendo lo sviluppo dell’identità in 4 stati: Diffusione dell’identità: il giovane non ha ancora iniziato a esplorare le domande relative alla propria identità, non ha ancora effettuato alcuna valutazione su chi è o chi dovrebbe essere e non ha assunto alcun impegno. Preclusione: l’adolescente assume degli impegni senza avere esplorato possibili differenti alternative, sulla base dell’influenza dei genitori o dei coetanei, tali impegni quindi non sono il frutto di una decisione consapevole e personale. Moratoria: è il vero e proprio periodo di crisi durante il quale vengono esplorate diverse opzioni prima di assumere un impegno, il giovane esplora le alternative possibili e cambia spesso le proprie scelte provando diverse identità, valori e stili di vita. Raggiungimento dell’identità: il giovane assume impegni, sceglie i valori, decide chi desidera essere e conferisce un senso ai propri punti di forza, di debolezza e di unicità. L’identità, secondo l’autore, si forma attraverso crisi, cioè un momento in cui l’individuo valuta i propri valori e le proprie scelte, e l’assunzione di impegni: questo viene tra i 18 e i 22 anni. Gli studiosi hanno messo in evidenza varie criticità di questa teoria: Identità generale o identità dominio-specifica? La teoria è valida a livello cross-culturale? Le fasi si susseguono sempre nella stessa sequenza? 3. IDENTITÀ GENERALE O IDENTITÀ DOMINIO-SPECIFICA? L’identità è da intendere come un costrutto unitario che l’individuo ricerca e raggiunge nella sua interezza oppure è costituita da un insieme di domini? Marcia descrive l’identità come un costrutto unico, ma alcune ricerche suggeriscono che essa possa essere dominio-specifica. Per esempio, secondo una ricerca condotta su giovani greco-ciprioti, i giovani non raggiungono lo stesso status identitario in tutti i domini dell’identità. In Italia, l’identità professionale dei giovani è influenzata dalla precarietà lavorativa, rendendo il raggiungimento dell’identità professionale più difficile rispetto all’identità personale. È possibile quindi che un giovane si trovi in uno stato differente dello sviluppo di identità in diversi ambiti di vita. 3.1. La teoria (di Marcia) è valida a livello cross-culturale? Sebbene in un primo momento Marcia propose la sua teoria come valida a livello globale, si rese presto conto che in realtà non era applicabile a tutte le culture. Studiando lo sviluppo dell’identità nei paesi non occidentali, osservò delle differenze tra le culture che incoraggiano l’individualismo e quelle che incoraggiano il collettivismo: per esempio i ragazzi indiani raramente arrivano allo stato di raggiungimento dell’identità poiché si fermano spesso a uno stato di preclusione, assumendo impegni basati sulla tradizione anziché sull’esplorazione. 3.2. Le fasi descritte da Marcia si susseguono sempre nella stessa sequenza? I 4 stati di identità proposti da Marcia sono stati concepiti come diversi gradi di maturità da raggiungere in sequenza. Tuttavia, se analizziamo la realtà, i giovani non attraversano le fasi seguendo sempre la stessa sequenza ed è possibile che saltino una fase o regrediscano a una fase precedente: gli stati quindi non possono essere ordinati in base a un continuum evolutivo e bisogna considerare lo sviluppo dell’identità come un processo in divenire, dalla natura transitoria e contestuale, considerando la diversità delle possibili traiettorie. Lo sviluppo dell’identità è influenzato infatti anche dal contesto e dalle condizioni economiche. 3.3. Identità di genere Fino a pochi anni fa l’opinione dominante era che il genere fosse determinato dalle caratteristiche fisiche o dalla struttura del cervello, e che quindi l’identità di genere fosse raggiunta tra i 3 e i 6 anni. Con l’avanzare delle conoscenze scientifiche e grazie all’evidenza che non esiste alcuna differenza tra il cervello maschile e quello femminile alla nascita, si è raggiunta la consapevolezza che l’identità di genere sia raggiunta attraverso l’identificazione con i ruoli di genere. Identità di genere, orientamento sessuale, fantasie e comportamento non sempre sono congruenti. Definire la propria identità di genere e il proprio orientamento sessuale è un percorso complesso, un fenomeno multifattoriale caratterizzato da molteplici percorsi di sviluppo e molteplici manifestazioni. L’identità e le preferenze sessuali possono anche cambiare nel corso della vita, pertanto sono caratterizzate da un alto grado di variabilità e discontinuità. 3.4. La ricerca dell'identità come processo dinamico Date le critiche ricevute e le evidenze emerse dai nuovi studi, Marcia ha modificato la sua teoria: lo stato di identità non è più concettualizzato come un traguardo finale raggiunto nella prima età adulta, ma come un susseguirsi di sequenze che possono trovare un nuovo equilibrio in qualsiasi momento e come un processo che dura tutta la vita caratterizzato da un alternarsi di periodi di stabilità e instabilità. Ogni volta che un impegno non è più adattivo rispetto al contesto, l’individuo è indotto a cambiarlo: può farlo cambiando la percezione dell’ambiente (assimilazione) o ripensando alla propria identità (accomodamento), processo che può essere lungo e doloroso e che può avvenire in qualunque momento della vita. Pertanto la formazione dell’identità è un processo che non caratterizza soltanto gli anni dell’adolescenza. 4. STORM E STRESS? Stanley Hall fu il primo studioso a parlare di adolescenza come fase della vita che si colloca tra infanzia e età adulta. Parla di questa fase come un periodo di storm and stress, ovvero un periodo di inevitabile tempesta emotiva, intenso stress, disadattamento, ribellione, conformismo esagerato e forti sbalzi d’umore, determinati da una lotta interna tra egocentrismo infantile e modello adulto. Secondo questa prospettiva, inoltre, gli adolescenti sarebbero maggiormente inclini a comportamenti distruttivi e a rischio. Tuttavia, anche se tende ad essere ancora accettata dai genitori e dai media, secondo molti studiosi tale visione si configura come una leggenda piuttosto che una realtà: Bandura, per esempio, ha dimostrato che la maggior parte degli adolescenti non considera la propria adolescenza come un periodo caotico e stressante e che i soggetti che definiscono gli anni della loro adolescenza come tumultuosi riportano anche un’infanzia stressante. Di seguito vengono citati alcuni studi che dimostrano come l’adolescenza non sia da considerare un periodo necessariamente così tempestoso e che i modi in cui i ragazzi attraversano l’adolescenza sono molto diversi e influenzati da un’ampia varietà di fattori biologici e sociali. 4.1. Problemi psicologici, depressione e sbalzi d'umore Spesso si tende ad operare un’associazione tra adolescenza e problemi psicologici, tuttavia tale associazione, se analizziamo la realtà, risulta essere falsa: anche se è vero che in adolescenza c’è una maggiore prevalenza di disturbi psicologici, tali disturbi persistono in età adulta, ciò indica che non è l’adolescenza in sé a rappresentare un fattore di rischio. Sebbene i risultati degli studi abbiano mostrato nella vita quotidiana degli adolescenti alcuni sbalzi d’umore, non evidenziano segni di un più generale disagio. Stati d’animo negativi e stress tipici dell’adolescenza sembrano essere il risultato di un crescente senso di responsabilità e di una crescente sensibilità nella valutazione degli eventi della propria vita. Tuttavia, essere infelici e depressi non è una caratteristica esclusiva degli adolescenti. 4.2. Conflitto con i genitori Secondo gli studi, meno del 10% degli adolescenti sperimenta forti difficoltà con i propri genitori e questi conflitti spesso hanno origine prima dell’adolescenza. Il conflitto con i genitori non costituisce una forte preoccupazione per i giovani, al contrario i genitori percepiscono l’adolescenza come il periodo più difficile nell’educazione dei figli, vivendo i conflitti come più stressanti: una spiegazione potrebbe essere che i genitori percepiscono maggiori stress perché hanno minori probabilità di successo, in quanto gli adolescenti diventano maturi e più abili nel discutere. Infine, se adolescenti e genitori sono flessibili e riescono a gestire le emozioni, i conflitti possono essere adattivi ai fini dello sviluppo. In conclusione, mentre molti genitori sembrano stressati nei loro rapporti con gli adolescenti, la maggior parte di questi ultimi non rivela alcuna particolare ansia riguardo i disaccordi con i genitori. 5. L'ASSUNZIONE DEL RISCHIO L’assunzione del rischio è un concetto vago in quanto esistono molti diversi comportamenti che possono essere inclusi tra i comportamenti a rischio, i quali possono avere obiettivi diversi e produrre effetti positivi o negativi ai fini dello sviluppo. Kloep e Hendry hanno classificato differenti tipologie di assunzione del rischio: Ricerca del brivido: si tratta di comportamenti eccitanti volti alla ricerca di sensazioni (es. provare uno sport estremo). Rischio per consenso sociale: si tratta di comportamenti messi in atto per essere accettati, ottenere uno status nel gruppo dei coetanei e ricevere sostegno e sicurezza. Comportamenti irresponsabili: si tratta di comportamenti messi in atto per raggiungere obiettivi desiderati più immediati, dimostrano l’incapacità degli individui di valutare le conseguenze a lungo termine o la volontà di ignorarle in vista di vantaggi a breve termine (es. fare sesso senza preservativo). Rischio per un obiettivo futuro: si tratta di rischi calcolati in cui l’individuo, dopo aver considerato vantaggi e svantaggi nell’ambito di una strategia pianificata, decide se assumersi un rischio in vista di un obiettivo futuro (es. trasferirsi in una nuova città). Questo tipo di assunzione del rischio è adattivo e positivo nello sviluppo del soggetto. Gli studi hanno inoltre evidenziato che per gli adolescenti i comportamenti a rischio hanno una funzione legata all’esplorazione dell’identità e alla comprensione di sé. 5.1. Uso di sostanze Anche in questo caso si tende a pensare che durante l’adolescenza sia molto frequente l’uso di sostanze come fumo, alcol e droghe. In realtà l’uso di sostanze in adolescenza è sovrastimato. Inoltre la percentuale di popolazione che fa uso di tali sostanze variano notevolmente da un paese all’altro, mostrando che esistono importanti fattori culturali che ne influenzano il consumo. Alcuni autori hanno indagato quali possano essere i fattori facilitanti dell’uso di tali sostanze in adolescenza. Tra questi troviamo: 1) il fatto che tali sostanze facilitino l’interazione sociale, 2) il fatto che questi comportamenti siano tipici degli adulti ammirati, associati all’essere cool e fortemente veicolati dai media, diventando così uno status symbol, 3) il fatto che queste sostanze aiutino ad alleviare lo stress in una società moderna caratterizzata da instabilità e incertezza. Bere, fumare e usare droghe rappresentano per gli adolescenti un’accettazione dei valori e delle norme degli adulti, piuttosto che una forma di ribellione sperimentazione. In alcuni casi, tuttavia, diventano la principale strategia di coping: quest’ultimo gruppo di soggetti corre il rischio di trasformarsi in utenti problematici. 5.2. Devianza Anche la devianza, intesa come messa in atto di comportamenti criminali e antisociali, viene fortemente associata all’adolescenza. Anche in questo caso dobbiamo smentire tale affermazione e sottolineare che storm and stress non sono caratteristiche tipiche dell’adolescenza in generale ma solo di un piccolo gruppo di giovani: solo una piccola percentuale di giovani infrange la legge e molti intraprendono questi comportamenti nella loro prima adolescenza diventando però adulti rispettosi della legge. Altro discorso è quello relativo a giovani che mettono in atto tali comportamenti in quanto inseriti in strutture di criminalità organizzata: in questo caso gli atti trasgressivi giovanili fanno parte di una vera e propria carriera deviante. 5.3. Risk-taking esplorativo e ricerca di sensazioni forti Esistono poche evidenze empiriche a dimostrazione del fatto che l’assunzione del rischio aumenti durante l’adolescenza. I bambini hanno una curiosità naturale che li pone in situazioni potenzialmente pericolose quando esplorano l’ambiente circostante, infatti quasi il 40% degli incidenti domestici coinvolge i bambini piccoli. Ciò che distingue la ricerca di sensazioni forti e l’assunzione del rischio da parte degli adolescenti o dei bambini è che gli adolescenti hanno maggiori risorse materiali, sono meno sorvegliati e hanno un’esperienza limitata delle proprie capacità e del rischio che effettivamente corrono. L’assunzione del rischio e il comportamento esplorativo permettono di conoscere il proprio ambiente e di diventare indipendenti dai propri genitori, è un modo per apprendere le capacità di valutare quanto siano adeguate e adattive le proprie risorse rispetto alle richieste provenienti dall’esterno. È un fenomeno che riguarda tutte le età. 5.4. Sesso non protetto I giovani sotto i 25 anni usano metodi contraccettivi più spesso di qualsiasi altra fascia di età. Tuttavia sono il gruppo di età più suscettibili alle malattie sessualmente trasmissibili, in parte per motivi biologici e in parte perché non vivono ancora in una relazione stabile. Nel 4% dei casi le giovani ragazze hanno una gravidanza, tuttavia alcune di queste lo fanno per libera scelta e un’alta percentuale considera le possibilità, pianifica attentamente e agisce per garantire che il proprio futuro non ne venga compromesso. 6. SVILUPPO DEL CERVELLO I progressi tecnologici nell’ambito della ricerca neuropsicologica hanno prodotto interessanti risultati sullo studio del cervello. La ricerca ha mostrato delle differenze nell’aspetto di un cervello adolescente e un cervello adulto, tuttavia tali studi sono ancora preliminari e non si comprendono ancora del tutto le cause di tali differenze. Nonostante la mancanza di prove che colleghino lo sviluppo del cervello al comportamento degli adolescenti, i media sono stati ansiosi di accettare i risultati preliminari e di esagerarli, descrivendo gli adolescenti come irragionevoli e instabili e aumentando gli stereotipi negativi riguardo ai giovani. Questo può creare una profezia che si autoavvera, infatti se gli adulti si aspettano che i giovani si comportino in modo infantile e irresponsabile, limiteranno probabilmente la loro libertà di agire e le opportunità di dimostrare le proprie capacità, ciò potrebbe creare le condizioni che incoraggiano i giovani a comportarsi in modo irresponsabile. Inoltre, molti autori hanno sottolineato che la ricerca sull’adolescenza condotta da ricercatori adulti è poco equilibrata poiché si concentra principalmente su comportamenti problematici e interpreta i risultati in modo negativo. CAPITOLO 5 TRANSIZIONI SOCIALI Secondo le moderne ricerche sul controllo genitoriale, se i genitori monitorano troppo da vicino il comportamento dei figli è più probabile che gli adolescenti non parlino di se o dicano bugie. Inoltre se i giovani percepiscono i tentativi di monitoraggio come una violazione della loro privacy, è probabile che si ribellino col rischio di aumentare i conflitti. Invece nelle famiglie in cui le relazioni i genitori-adolescenti sono solide e i giovani parlano spontaneamente delle loro attività, essi saranno anche più disposti a seguire i consigli dei genitori ed evitare di impegnarsi in attività trasgressive. Baumrind ha individuato 3 stili genitoriali: Autoritario: alto livello di controllo e scarso calore nella relazione Permissivo: molto calore e assenza di controllo Autorevole: bilancia calore e controllo Maccoby e Martin hanno aggiunto lo stile genitoriale negligente, caratterizzato da assenza sia di calore sia di controllo. Lo stile genitoriale autorevole è lo stile maggiormente associato a benessere psicologico, migliori risultati scolastici e minore assunzione di rischi. Ricordiamo che la relazione genitore- figlio è bidirezionale e che anche il comportamento dei figli ha un forte impatto sugli stili genitoriali. Inoltre il significato e le conseguenze degli stili genitoriali sono fortemente influenzati dalla cultura. 1. AMICI E COETANEI Mentre i genitori sono maggiormente importanti nelle situazioni di emergenza e nella pianificazione del futuro, i coetanei rappresentano per gli adolescenti la principale fonte di supporto nelle questioni di vita quotidiana. I cambiamenti biologici e psicosociali che avvengono durante l’adolescenza influenzano la natura delle relazioni interpersonali: i progressi raggiunti nelle capacità cognitive e verbali, la crescita fisica ed emotiva, il miglioramento delle capacità empatiche e di comprensione del punto di vista altrui, permettono una migliore comprensione del funzionamento delle relazioni interpersonali. Le amicizie intime e il gruppo dei coetanei assumono un ruolo centrale, contribuendo allo sviluppo dell’identità e all’apprendimento di abilità sociali diverse da quelle familiari. I gruppi di amici offrono l’opportunità di espandere la conoscenza, sperimentare nuove identità, mettere alla prova abilità sociali come la cooperazione, la condivisione e la gestione dei conflitti e provare stili di comportamento in un contesto relativamente sicuro e lontano dagli occhi attenti degli adulti. Gli amici inoltre hanno meno probabilità dei genitori di costringere o criticare e supportano più facilmente il valore personale e la condivisione di interessi, diventando gli adolescenti un riferimento valoriale. Le recenti ricerche mostrano che la pressione dei coetanei è un fattore ampiamente sopravvalutato: innanzitutto non tutti i giovani sono ugualmente sensibili all’influenza dei coetanei, inoltre usare la pressione dei coetanei come spiegazione dei comportamenti degli adolescenti significa sottovalutare l’agentività personale dei giovani e la capacità di ciascuno di scegliere i compagni con cui vuole socializzare. Inoltre è possibile sfruttare le possibilità dell’influenza dei coetanei per sostenere i giovani nell’impiego di modalità comportamentali socialmente accettabili. 1.1. Crowds: una rete di coetanei Un fenomeno tipico delle relazioni sociali degli adolescenti sono i crowds, gruppi sociali ampi e spesso etichettati composti da adolescenti che condividono caratteristiche culturali, stili o interessi comuni senza necessariamente conoscersi (es. gli emo). Tali gruppi offrono un senso di appartenenza e identità, ma esercitano una pressione al conformismo in termini di stile di vita, abbigliamento e gusti. Inoltre, vi sono anche gruppi basati sulla reputazione in cui sono gli estranei ad assegnare un’etichetta (es. gli sportivi). 2. COMUNICAZIONE E INTERNET La tecnologia ha creato un ambiente di apprendimento per i giovani che nessuna generazione precedente ha mai sperimentato, internet ha reso possibile il contatto immediato, frequente e quotidiano con centinaia di persone in tutto il mondo e per la prima volta nella storia umana vi è un contesto in cui i giovani hanno più competenza ed esperienza rispetto alla generazione più anziana. I media e i ricercatori si sono affrettati a sottolineare una serie di effetti negativi che l’uso di internet può avere per i più giovani, preoccupando così i genitori. Tuttavia, contrariamente a quanto pensino gli adulti, gli adolescenti utilizzano internet principalmente per comunicare con gli amici, continuando a chiacchierare su questioni quotidiane che si sono verificate nelle relazioni faccia a faccia, inoltre di solito sono gli adolescenti socialmente competenti che usano i social media per mantenere le relazioni esistenti e tale utilizzo è associata a un incremento del benessere. Alcuni giovani utilizzano le chatrooms, dove hanno la possibilità di parlare con estranei in modo anonimo: esse possono rappresentare un ambiente più sicuro, rispetto al mondo reale, per esplorare argomenti sensibili. Grazie ai social network è possibile costruire immense reti di rapporti tramite cui è possibile ottenere informazioni e ricevere supporto, aumentando così il proprio capitale sociale. Grazie all’utilizzo dei blog i giovani possono esplorare e individuare nuovi interessi ed esprimere la propria identità. Con la messaggistica istantanea sviluppano nuovi modi di interazione linguistica e creatività, inventando nuove parole e abbreviazioni. Tuttavia non bisogna dimenticare che l’uso di internet da parte degli adolescenti può anche consentire molestie online, cyberbullismo e incoraggiare comportamenti patologici. Inoltre il fatto di essere costantemente disponibili potrebbe creare una forma di pressione. Per concludere, secondo la ricerca i benefici educativi e psicosociali dei siti di social networking superano i potenziali pericoli. 3. DIFFERENZE DI GENERE NELLE RELAZIONI TRA COETANEI Gli autori hanno riscontrato delle differenze di genere rispetto al modo in cui i ragazzi e ragazze vivono le amicizie: le ragazze tendono a instaurare relazioni più profonde, mostrando atteggiamenti di empatia, ascolto e attenzione, danno molta importanza all’armonia nella relazione, parlano molto e condividono emozioni; i ragazzi invece preferiscono giocare in gruppo e stabilire relazioni sulla base della condivisione di interessi e attività pratiche, non fanno lunghe conversazioni e tendono a non condividere le proprie emozioni. Quindi, mentre i ragazzi imparano a negoziare, a cooperare e a competere, le ragazze imparano soprattutto a comunicare, ad ascoltare e a conservare una relazione. Gli autori parlano di culture di genere separate per sottolineare che a causa dei diversi stili di amicizia durante l’infanzia, giovani uomini e donne hanno difficoltà a comunicare tra loro nell’ambito dei rapporti sentimentali o sul posto di lavoro. Nonostante la comunicazione di sentimenti, paure e pensieri sia importante per lo sviluppo di amicizie intime in entrambi sessi, è più facile che queste caratteristiche siano presenti nelle relazioni tra donne: infatti, in un clima di competizione non è appropriato per un giovane confessare paure e manchevolezze ad altri uomini e, nelle culture maschili, ammettere ansie e sofferenze è considerato poco virile. Per questi motivi i ragazzi devono principalmente confrontarsi con atteggiamenti maschilisti e omofobia e con la paura di esprimere i propri sentimenti ai coetanei, trovandosi di fronte a un conflitto tra i propri bisogni relazionali e il rischio di essere derisi. Le ragazze invece vanno maggiormente incontro a stress interpersonale, depressione e paura del rifiuto. 4. LA SCUOLA COME CONTESTO DI RELAZIONE Grazie al cambiamento dei valori della società e l’incremento dell’uguaglianza di genere, oggi le ragazze superano i ragazzi nella maggior parte dei settori dell’istruzione e hanno migliori prestazioni. Come spiegare questo fenomeno? Una spiegazione è l’adesione di alcuni adolescenti maschi a valori ipermaschili: il successo scolastico e l’essere percepiti come quelli che si impegnano molto a scuola non sono visti come virili, infatti i ragazzi che danno più forte sostegno ai ruoli di genere tradizionali hanno anche meno successo a scuola indipendentemente da quanto siano intelligenti. 4.1. Il bullismo La maggior parte dei bambini ha subito episodi di bullismo un certo punto della propria carriera scolastica. La forma più comune di bullismo è l’offesa verbale, fatta di insulti e calunnie volte a distruggere le relazioni tra coetanei mediante l’esclusione. Inoltre oggi assistiamo a una nuova variante del bullismo, il cyberbullismo, che implica l’uso di internet per inviare immagini offensive o diffamare la persona. Le vittime spesso mancano di autostima, capacità di affermazione e abilità sociali, mentre i bulli sono solitamente più grandi, più forti, più duri e più aggressivi. Sono stati individuati due tipi di bulli: uno con scarse capacità sociali che ha difficoltà a mantenere normali amicizie e uno con elevata competenza sociale che utilizza per manipolare gli altri. Le differenze di genere sono evidenti: i ragazzi vengono coinvolti maggiormente nel bullismo fisico, mentre le ragazze nel bullismo verbale e relazionale. I coetanei possono essere una grande fonte in supporto, inoltre possono essere attuati nelle scuole programmi contro il bullismo. 4.2. L'apprendimento nel sistema scolastico Il sistema scolastico italiano si concentra prevalentemente sulle capacità cognitive, spesso trascurando approcci personalizzati che possano valorizzare talenti e tempi di apprendimento diversi. Questo può penalizzare gli studenti con difficoltà o provenienti da contesti svantaggiati, aumentando il rischio di abbandono scolastico. Sebbene esistano programmi per bisogni educativi speciali (BES), la scuola secondaria tende a enfatizzare la standardizzazione, trascurando lo sviluppo di creatività, pensiero critico e competenze individuali, cruciali per il benessere degli adolescenti. Valorizzare l’autocompetenza e talenti vari è essenziale per migliorare la percezione di sé e l’adattamento sociale. 5. TRANSIZIONI E TRASFORMAZIONI DEL TEMPO LIBERO Il tempo libero per gli adolescenti è un contesto cruciale per l’apprendimento di abilità, strategie sociali e sviluppo di competenze relazionali. Con l’avvento della tecnologia, molte attività si svolgono al chiuso, spesso in connessione con i coetanei. Tra le attività principali svolte dagli adolescenti troviamo giocare in rete, guardare la televisione, ascoltare musica e dedicare tempo all’uso di internet. Nei primi anni dell’adolescenza i giovani si riuniscono in una serie di organizzazioni e partecipano ad attività guidate dagli adulti: le attività giovanili organizzate aiutano i giovani a sviluppare diverse abilità, come imparare a fissare obiettivi, gestire il tempo, acquisire strategie per la regolazione delle emozioni e sviluppare abilità sociali di gruppo come assumersi responsabilità, lavorare in squadra e sviluppar relazioni con gli adulti. Tra i 13 e i 15 anni le attività e i club organizzati vengono abbandonate, in quanto percepiti dagli adolescenti come troppo dominati dagli adulti. Adesso gli adolescenti si concentrano sul gruppo dei coetanei e su attività ricreative informali, come parlare, scherzare e ridere tra loro, attività che considerano molto appagante. Infine, nella tarda adolescenza i giovani entrano nel mercato del tempo libero per adulti, influenzati da cultura, disponibilità economica e relazioni sociali, introducendosi in attività coincide, teatri, discoteche o pub. 6. PARTECIPAZIONE CIVICA E CITTADINANZA La ricerca ha evidenziato uno scarso interesse per la politica da parte dei giovani e un generale disimpegno politico: gli adolescenti mostrano di sapere poco del funzionamento della democrazia ed è stata evidenziata una preoccupante apatia e mancanza di conoscenza nei confronti dei fatti fondamentali della democrazia parlamentare e dell’Unione Europea. Molti adolescenti affermano di non essere interessati alla politica, ma fortunatamente sembra che questa tendenza stia cambiando, infatti il numero di giovani politicamente attivi è in forte aumento, in particolare tra giovani con un livello di istruzione superiore. Focalizzarsi solo sulla politica tradizionale, intesa come appartenenza ai partiti e partecipazione al voto, non fornisce un quadro completo, infatti i giovani preferiscono impegnarsi in questioni che ritengono importanti e scelgono le modalità del loro impegno, mostrandosi sempre più attivi in questioni specifiche, come ambiente e diritti sociali. Preferiscono forme di attivismo diretto e digitale, si impegnano in azioni come boicottaggi, occupazioni e marce e utilizzando la rete per organizzarsi, comunicare e mobilitare un gran numero di persone, dimostrando creatività e iniziativa. Tuttavia, nonostante sembra che i giovani siano disponibili a contribuire alla loro comunità, sembra che gli adulti non siano disposti a consentire loro di partecipare: alcuni mettono apertamente in ridicolo le opinioni dei giovani e così i giovani incontrano numerosi impedimenti ad essere considerati allo stesso livello nelle questioni riguardanti la comunità, anche se non ci sono prove per dimostrare che siano meno informati sulle questioni politiche rispetto ai cittadini più anziani. Quindi la scarsa partecipazione sociale degli adolescenti potrebbe non essere dovuta alla mancanza di interesse da parte loro, ma piuttosto alla resistenza della società adulta. CAPITOLO 6 DIVENTARE ADULTI Siamo passati da un’economia industriale a un’economia basata sull’informazione. In passato i percorsi di transizione verso l’età adulta erano prevedibili e fortemente caratterizzati per genere e classe sociale, mentre la società moderna offre ai giovani maggiore flessibilità e varietà: oggi sono le transizioni e le trasformazioni a determinare il modo in cui cambiamo e ci sviluppiamo nel corso della vita, piuttosto che l’età cronologica. Questo fenomeno è stato definito destandardizzazione del ciclo di vita: non è possibile avere aspettative precise o identificare chiaramente in quale momento della loro vita gli individui devono fare determinate cose, i confini tra le varie fasi di vita sono diventati molto più sfumati e vi sono poche possibilità di individuare elementi che consentano di identificare le specificità dell’età adulta. Le caratteristiche più importanti per definirsi adulti sono qualità individuali, come assumersi la responsabilità per se stessi, prendere decisioni in modo autonomo ed essere economicamente indipendenti. 1. EMERGING ADULTHOOD: UNA NUOVA FASE? Alcune teorie statali dello sviluppo avevano identificato una fase definita prima età adulta: per esempio, Erikson aveva proposto l’adolescenza e la giovane età adulta come fasi adiacenti durante le quali gli individui incontrano compiti di sviluppo correlati e anche Levinson aveva evidenziato la natura transitoria dei primi anni dell’adultità. Tuttavia, è stato Arnett il ricercatore più influente nel richiamare l’attenzione alla giovane età adulta, introducendo il concetto di emerging adulthood come nuova fase dello sviluppo posta tra l’adolescenza e l’età adulta (18-29 anni). Arnett individua i seguenti principi che contraddistinguono tale periodo: Feeling in-between: i giovani non sono in grado di determinare con chiarezza se si sentono adulti o meno, il processo di formazione dell’identità non è ancora concluso. Self-focus: i giovani non sanno ancora chi sono e chi diventeranno e hanno l’opportunità di esplorare e valutare identità diverse, dedicandosi all’introspezione e alla riflessione, per questo motivo si tratta di una fase di alta focalizzazione su di se. Era delle possibilità: come abbiamo detto, la vita è oggi un percorso destandardizzato, senza tappe prestabilite e chiare, i giovani possono quindi esplorare una varietà di opzioni tra le quali selezionare quelle prioritarie, la maggior parte delle scelte è reversibile, per questo motivo questa fase di vita si configura come l’era delle possibilità. Arnett parla di many different emerging adulthood, in contrasto con le teorie precedenti dove in ciascuno stadio c’è uniformità per tutti gli individui. Time of insecurity: le molte opzioni di scelta disponibili potrebbero essere un’esperienza spaventosa per i giovani adulti, infatti ogni scelta può rivelarsi sbagliata e ogni impegno può escludere altre possibilità, per questo i giovani si trovano in una condizione di grande perdita di sicurezza, certezze e guida. 1.1. Le critiche: abbiamo davvero bisogno di nuovi stadi di sviluppo? Hendry e Kloep hanno criticato Arnett poiché ritengono che un fenomeno così complesso non possa essere spiegato creando un nuovo stadio di sviluppo: Arnett, introducendo una nuova fase dello sviluppo, propone un modello che si avvicina maggiormente ai modelli stadiali (stadio), in cui tutti gli individui all’interno di una certa fase di vita sono accomunati da specifiche caratteristiche, per questo è stato criticato dagli autori, anche se comunque Arnett parla di molteplici possibili manifestazioni di questa fase. Hendry e Kloep, invece, preferiscono definire questa fase di vita come un processo, sottolineando la molteplicità delle variabili che possono intervenire: non esistono fasi prestabilite o traiettorie standard. Inoltre, gli autori ritengono che la teoria di Arnett sia etnocentrica, in quanto fondata su dati che includono individui con certe caratteristiche in un certo ambiente: la teoria di Arnett, infatti, si applica principalmente ai giovani di classe media nei paesi industrializzati, ignorando coloro che affrontano situazioni di vita diverse, come i giovani delle classi sociali meno privilegiate o in contesti culturali differenti. Hendry e Kloep sostengono che l’emerging adulthood non sia universale, cioè non si verifica per tutti i giovani e in tutte le culture e che lo sviluppo sia fortemente influenzato dai contesti culturali in cui i giovani vivono, dalle istituzioni sociali e dai cambiamenti normativi e non normativi che sperimentano. Infine, gli autori ritengono che la teoria di Arnett sia descrittiva, ma non esplicativa: l’etichetta “emerging adulthood” si limita a descrivere un fenomeno, ma non spiega perché i giovani rimandano il matrimonio o l’ingresso nel lavoro stabile. Per concludere, Handry e Kloep ritengono che la teoria di Arnett non chiarisca adeguatamente le differenze intraindividuali e interculturali e che sia invece indispensabile indagare le peculiari condizioni di vita dei giovani: bisogna studiare tutti i fattori che entrano in gioco nel processo, senza focalizzarsi sull’età cronologica e senza utilizzare una concezione stadiale, adottando un approccio ecologico, legato alla soggettività di ogni individuo. Quindi, concentrarsi sui processi di cambiamento piuttosto che creare nuove fasi e studiare i meccanismi e i fattori che influenzano la crescita e le transizioni a qualsiasi età. Hendry e Kloep, in una ricerca, identificano tre differenti percorsi di transizione all’età adulta, per sottolineare ancora una volta la molteplicità delle possibili traiettorie di sviluppo: Gruppo 1: giovani che vivono con i genitori, esplorano opportunità e procrastinano responsabilità, simili alla descrizione di Arnett. Gruppo 2: giovani costretti a vivere con i genitori per mancanza di opportunità, caratterizzati da stagnazione e amarezza (prevented adulthood). Gruppo 3: giovani adulti precoci, che affrontano responsabilità significative come lavoro o cura della famiglia, senza sentirsi in-between in quanto hanno già responsabilità da adulti. 2. LA SPINTA PER L'INDIPENDENZA 2.1. Lasciare il nido Uno dei compiti più importanti nel percorso verso l’età adulta è la conquista dell’indipendenza dei propri genitori. La maggior parte delle teorie sullo sviluppo ne colloca la realizzazione tra la fine dell’adolescenza e l’inizio dei 20 anni, tuttavia in Italia oltre il 50% dei giovani vive ancora con i genitori a 30 anni. Infatti in Italia stiamo assistendo a un forte prolungamento della coabitazione con i genitori, a causa di fattori come la mancanza di aiuti pubblici, l’aumento dei prezzi delle case, la disoccupazione, l’istruzione prolungata, l’ansia da separazione e le tradizioni familiari: il sostegno familiare rimane quindi indispensabile. In realtà, il diventare indipendenti dai propri genitori è un compito di sviluppo affrontabile dai giovani tra i 14 e i 30 anni, a seconda delle circostanze personali e sociali. Inoltre, l’uscita dalla casa dei genitori può essere anche reversibile, come dimostra il crescente numero di ragazzi boomerang: disoccupazione, relazioni fallite o il complemento degli studi universitari, portano molti giovani a tornare a casa dei genitori dopo un periodo di indipendenza. 2.2. L'autonomia Il processo di indipendenza dai genitori si sviluppa su più dimensioni: emotiva, comportamentale ed economica. L’autonomia emotiva evolve attraverso mutamenti nelle relazioni genitore-figlio, che diventano più simmetriche e reciproche, anche se spesso caratterizzate da conflitti. Durante questa fase, i giovani imparano ad accettare i genitori con i loro limiti, mentre i genitori devono riconoscere la crescente capacità decisionale dei figli. Questo processo, più che destabilizzare gli adolescenti, può causare disagio nei genitori. L’autonomia comportamentale è spesso legata all’indipendenza economica, che oggi viene ritardata rispetto al passato, anche a causa di fattori come la difficoltà nel trovare lavoro e il prolungamento dei percorsi formativi. Tuttavia, vivere a lungo con i genitori può rallentare il processo di individuazione personale, soprattutto se è una condizione imposta da necessità economiche, piuttosto che una scelta. Inoltre è importante ricordare che i percorsi di transizione variano culturalmente. Anche se in generale stili genitoriali che favoriscono l’autonomia facilitano una transizione positiva, studi culturali evidenziano che non esiste un unico modello di transizione vantaggioso per tutti: alcuni traggono benefici da una precoce indipendenza, mentre altri prosperano con un percorso più lungo e graduale. 3. RELAZIONI SENTIMENTALI E SESSUALI Un’altra transizione significativa riguarda la formazione di relazioni adulte: anche in questo caso osserviamo una notevole variabilità nei tempi, nelle strategie e nei valori. Uno studio ha identificato due diversi stili: lo stile romantico consolidato, caratterizzato dall’impegno nella formazione di relazioni stabili e lo stile esplorativo, caratterizzato dalla sperimentazione con diversi partner. Questo non significa che esistano due gruppi di persone, ma piuttosto che i giovani fluttuano tra questi due stili a seconda delle circostanze. In ogni caso, la maggior parte degli adolescenti prende molto sul serio le relazioni sentimentali e riferisce di essere molto coinvolta. 3.1. Impatto sulle relazioni future Le relazioni precedenti influenzano le relazioni presenti e future, le relazioni sentimentali sperimentate durante l’adolescenza hanno un impatto sulle relazioni future, inoltre vi è una tendenza a replicare modelli relazionali preesistenti: adolescenti che hanno sperimentato relazioni durature hanno appreso importanti abilità relazionali che potranno sfruttare nelle future relazioni, mentre coloro che hanno avuto poche esperienze sentimentali o che si sono impegnati in relazioni brevi manifestano minori capacità relazionali nelle loro relazioni adulte. Per questi motivi è importante incoraggiare gli adolescenti a costruire relazioni stabili. Ciò che i giovani imparano su amore e sesso può avere conseguenze problematiche, per esempio esistono molte diffuse concezioni sbagliate sull’amore e molti giovani imparano ciò che sanno sul sesso soltanto dalla pornografia: ciò ha un potentissimo impatto sulla loro vita sessuale futura, causando insicurezze riguardo le prestazioni sessuali e il proprio corpo. 3.2. Quando le cose non vanno per il verso giusto Negli ultimi anni l’attenzione si è focalizzata anche sulla violenza fisica, psicologica e sessuale nell’ambito delle relazioni sentimentali e sessuali, riscontrando un allarmante prevalenza. Per quanto riguarda il maltrattamento psicologico, si è visto che l’uso di tecnologie moderne facilita e aggrava la violenza. Per concludere, c’è molta diversità nelle relazioni sentimentali: alcuni decidono di impegnarsi fin dall’adolescenza in una relazione seria, altri impiegano tempo per esplorare e altri ancora rimangono single anche oltre la prima età adulta. 4. TRANSIZIONI VERSO IL MONDO DEL LAVORO Lo sviluppo della carriera è un processo continuo, influenzato da motivazione, esperienze, abilità, sostegno genitoriale e stereotipi di genere. Il lavoro è il fattore più determinante nei percorsi di sviluppo perché influenza tutti gli altri aspetti della nostra vita: identità, salute, luogo in cui viviamo, persone con cui ci relazionano, competenze che sviluppiamo e risorse economiche di cui disponiamo. Non sorprende, quindi, che i giovani considerino gli obiettivi legati al lavoro come più salienti della loro vita. Negli ultimi decenni, il mercato del lavoro è diventato più instabile, la sicurezza sul lavoro meno garantita, i giovani sono costretti a confrontarsi con maggiore incertezza, salari più bassi e qualifiche meno valorizzate, soprattutto in Italia, dove la disoccupazione giovanile è in aumento. 4.1. Il livello macro di analisi Diversi sistemi educativi portano a esperienze diverse nelle transizioni dalla scuola al lavoro. Buchmann ha descritto un duplice sistema di formazione professionale: alcuni paesi prediligono la formazione di competenze specifiche finalizzate all’occupazione, mentre altri si focalizzano su un’istruzione generale e lasciano la formazione delle abilità lavorative a un futuro datore di lavoro. L’autore sostiene che questo secondo modello lasci maggiormente gli individui in una posizione svantaggiata: mentre la formazione per una specifica attività lavorativa implica un percorso altamente standardizzato e ordinato, la formazione in generale può portare a traiettorie instabili. La rapida evoluzione del mercato del lavoro richiede competenze più flessibili e capacità di adattamento: se un tempo le competenze lavorative non si modificavano nel corso degli anni, consentendo l’accumularsi di esperienza e competenza professionale, ora le competenze specifiche cambiano rapidamente, dando maggiore importanza alla versatilità, alla capacità di apprendere e di adattarsi rapidamente a nuove situazioni. CAPITOLO 7 LE SFIDE DEGLI ANNI DELLA STABILITÀ Come nel caso dell’adolescenza o della prima età adulta, la mezza età è difficile da definire, infatti non si tratta di una fase chiaramente delimitata da confini di età cronologica, ma più legata a una serie di eventi di vita. In questa fase di vita avvengono trasformazioni e cambiamenti che gli adulti devono imparare ad accettare ed affrontare. Anche in questo caso, assistiamo a percorsi e traiettorie estremamente individualizzati e differenziati: nella società moderna gli adulti possono scegliere un nuovo partner, creare nuove famiglie, iniziare nuove carriere o riprendere gli studi. 1. SCELTE? Per alcuni la mezza età inizia con la diminuzione del numero delle scelte possibili, in questa fase di vita alcune scelte non sono più reversibili, solitamente gli adulti hanno già compiuto molte delle scelte più importanti della vita e solo occasionalmente alcuni eventi creano cambiamenti significativi. Nella maggior parte dei casi coloro che si trovano nella media età adulta devono produrre da soli le proprie transizioni: in altre parole lo sviluppo è ora nelle mani dell’individuo. 2. CAMBIAMENTI FISICI L’unico cambiamento significativo per tutti è rappresentato dai cambiamenti corporei. I cambiamenti ormonali e metabolici e la mancanza di tempo dovuta a una vita frenetica e impegnata rendono difficile migliorare la forma fisica, spingendo alcuni a ricorrere a interventi estetici. Le donne, in particolare, sono più attente ai cambiamenti fisici e spesso si sentono inadeguate rispetto agli standard di bellezza promossi dai media. Una strategia alternativa è accettare il proprio corpo e apprezzare i benefici della maturità, poichè ogni cambiamento comporta sia perdite che guadagni. Comunque, più dei cambiamenti fisici, sono l’impatto sociale e il valore simbolico del corpo ad avere influenza. 2.1. Qualche dato sulla menopausa Un cambiamento biologico importante da affrontare per le donne nella mezza età è la menopausa. Il cambiamento ormonale è accompagnato da sintomi fisici che possono variare per forza e impatto, ma alcune donne riferiscono anche sintomi psicologici. Molti fattori hanno un impatto sulla gravità e sulla frequenza dei sintomi, per esempio le aspettative culturali e il valore simbolico attribuito alla fertilità in una determinata società, infatti nelle società che attribuiscono un valore sociale positivo alla menopausa le donne riferiscono sintomatologie inferiori. La menopausa si verifica normalmente tra la fine dei 40 e la fine dei 50 anni, tuttavia in una minoranza di donne si verifica precocemente e un tale cambiamento non normativo può influire negativamente in termini, per esempio, di abbassamento dell’autostima, fluttuazioni emotive, rifiuto, rabbia, sensimenti di perdita e delusione. L’esperienza della menopausa non solo varia da donna donna, ma anche in ciascuna donna nel corso del tempo. È una sfida che può mettere in crisi il senso di sé e il risultato può essere positivo o negativo. 3. PARTNER, MATRIMONIO O CONVIVENZA Durante questa fase di vita molti iniziano a trovare una stabilità in rapporti duraturi, di convivenza o di matrimonio. Il numero di matrimoni scende sempre di più e anche l’età in cui ci si sposa si è spostata oltre i 30 anni. Molte donne ora sono economicamente indipendenti e preferiscono concentrarsi sulla propria formazione e carriera, dando meno importanza alla ricerca di un coniuge. I giovani desiderano maggiore spazio per coltivare interessi individuali e libertà personale e non vedono più il matrimonio come un marcatore necessario per il passaggio all’età adulta. Inoltre, dati gli impegni pressanti di formazione e carriera, lamentano che è sempre più difficile trovare il tempo per incontrare partner adatti. Infine, sono anche cambiati i modelli della relazione, infatti è diventata sempre più importante la compatibilità intellettuale e sociale, quindi il range di scelte possibili è diminuito. La tendenza alla convivenza, invece, è in aumento. Le persone possono scegliere di convivere per una serie di motivi, tra questi troviamo: il tentativo di esaminare la compatibilità, una modalità per evitare imposte sul reddito più elevate, la credenza che la relazione non debba essere controllata da istituzioni politiche o religiose, il desiderio di non assumere impegni legali e poter sciogliere il rapporto senza i costi legali associati al divorzio o il desiderio di non avere relazioni monogame. 3.1. Intimità Tra le molte cose che influenzano la felicità all’interno di una relazione stabile, una delle più importanti è l’intimità, che include fiducia, condivisione di interessi, amicizia, onestà e reciproco rispetto, qualità che in questa fase sono più apprezzate dell’attrazione fisica. Queste caratteristiche sono anche strettamente associate a una relazione sessuale soddisfacente. Tuttavia, quando le persone sviluppano una relazione stabile e invecchiano insieme, possono iniziare a manifestarsi dei cambiamenti anche nella loro relazione sessuale, cambiamenti che possono essere attribuiti anche agli effetti psicologici e fisici dell’invecchiamento, sia nel partner sia in se stessi. In particolare, le influenze psicologiche sembrano avere un impatto più forte nella vita sessuale delle donne, la loro responsività sessuale può essere influenzata dal pensiero che il loro partner potrebbe trovarle meno attraenti quando cominciano a mostrare segni di invecchiamento. Negli uomini, invece, i cambiamenti nelle prestazioni sessuali possono indurre questi ultimi a sentirsi ansiosi e preoccupati per la loro virilità. Nonostante ciò, nella mezza età è possibile avere incontri piacevoli e la maggior parte delle persone è ancora impegnata in frequenti attività sessuali. 3.2. Relazioni e mondo virtuale Il rinvio del matrimonio, le rotture relazionali e gli alti tassi di divorzio hanno esteso la quantità di tempo che le persone impiegano nel cercare una relazione sentimentale. Tuttavia, man mano che una persona invecchia, le possibilità di trovare un partner sentimentale si fanno più limitate, soprattutto per le persone che occupano posizioni lavorative altamente qualificate, in quanto le lunghe ore di lavoro limitano il tempo disponibile lasciando minori opportunità di incontro. Per questi motivi, molte persone si rivolgono a siti di incontri e appuntamenti online, che offrono la possibilità di incontrare un numero di aspiranti partner ben maggiore di quello che si potrebbe incontrare nella vita reale e consentono anche una scrematura preliminare in base a interessi e caratteristiche specifiche, nonché la possibilità di presentarsi al meglio. Inoltre, internet è considerato un luogo più sicuro per incontrare estranei, poiché offre un maggiore controllo sulla quantità di informazioni che vengono rivelate e le persone timide si sentono meno inibite. Ciò però comporta anche la necessità di imparare nuove abilità, come capacità informatiche o uno specifico linguaggio, ma soprattutto di trovare un giusto equilibrio tra fiducia e cautela, tra aperture e riservatezza. 3.3. Conflitti e divorzio Sostenere una relazione felice a lungo termine è complicato, anche le coppie più felici vivono litigi e devono affrontare problemi che mettono a dura prova la loro relazione. Pensiamo, per esempio, alle difficoltà legate alla genitorialità: molti matrimoni peggiorano dopo la nascita dei figli, quando il primogenito raggiunge la pubertà e quando il figlio abbandona la casa genitoriale. La coppia dove dovrà trovare nuovi interessi, modificare la propria relazione, impegnarsi in cose accantonate da tempo e riorganizzare la propria vita. Non sempre i membri della coppia procedono in modo sincrono, alcuni potrebbero desiderare di procedere in modo autonomo e libero da vincoli coniugali. Possono insorgere diversi conflitti, tuttavia il disaccordo non è di per se un pericolo per la relazione, ma il modo in cui questo viene gestito può avere effetti a lungo termine. Negli ultimi decenni sono stati sviluppati molti programmi per insegnare alla risoluzione positiva dei conflitti e prevenire separazioni e divorzi, fornendo alle coppie abilità di comunicazione positiva. Quindi, per continuare le relazioni sono necessarie capacità di risoluzione dei conflitti e di comunicazione. Una grande percentuale di coppie sperimenta il divorzio, che ha svariate conseguenze per la coppia e per i figli. Anche se la maggior parte degli studi è stata guidata da ipotesi focalizzate sulle dimensioni problematiche, non tutti i risultati sono negativi e le conseguenze dipendono in larga misura da come è stato gestito l’evento e dalla quantità di conflitto prima e dopo il divorzio. È difficile prevedere i risultati e il riadattamento dopo il divorzio, perché sono molti fattori che interagiscono prima, durante e dopo. 4. GENITORIALITÀ E NIDO VUOTO Nella società moderna non esiste un’età specifica in cui è opportuno diventare genitore, in Italia molte donne hanno il loro primo figlio molto prima o molto dopo rispetto alla media. Come conseguenza dei progressi della medicina nel trattamento della fertilità, un numero crescente di donne decide di diventare madre a un’età non convenzionale. Tuttavia, una conseguenza importante del ritardare la gravidanza fino ai 30 anni o oltre, è la possibilità che il concepimento non sia più possibile. In previsione di tali problemi, un numero crescente di donne decide di congelare alcuni ovuli per aggirare le restrizioni biologiche della fertilità. Chi diventa genitore deve affrontare una serie di sfide che cambiano la vita: bisognerà acquisire capacità genitoriali, adattarsi a uno stile di vita diverso e cambiare i propri equilibri. Con i figli i genitori si trovano a doversi adattare a situazioni in continua evoluzione e ad apprendere costantemente nuove abilità, dovranno trovare un equilibrio tra controllo e concessione di autonomia e gestire le sfide cercando di soddisfare al contempo le proprie esigenze di vita e di carriera. I modelli di interazione tra genitori e figli si consolidano nel tempo, portando stili di interazione relativamente stabili. Tuttavia, essi non rimangono statici e invariati: gli individui cambiano e questo si riflette anche nel modo in cui si relazionano con gli altri. I cambiamenti di ruolo che avvengono con il progredire della maturità possono interferire con i modelli relazionali già esistenti: alcuni modelli relazionali possono essere mantenuti, ma nuove strategie saranno sperimentate, adattate o rifiutate. 4.1. Abbandonati? Terminati gli anni in cui si viveva insieme la vita familiare cambia davvero, quando i figli lasciano la casa di origine i genitori devono affrontare una sfida che influenza profondamente il loro stile di vita. Le reazioni potenzialmente depressive dei genitori alla vita senza i figli sono state definite come sindrome del nido vuoto. Per i genitori è possibile sperimentare sentimenti come tristezza e sentimenti di perdita, tuttavia, una volta superati tali sentimenti iniziali, sembra che essi siano seguiti da cambiamenti positivi nell’umore, riduzione delle preoccupazioni quotidiane, sperimentazione di maggiori attività e maggiore soddisfazione. I sentimenti negativi sono molto più frequenti nelle madri, mentre per gli uomini non è stato riscontrato nessun particolare cambiamento. Infine, per alcune famiglie, il senso di perdita può essere accentuato dal fenomeno del figlio boomerang, in cui i figli tornano a casa dopo periodi di autonomia, creando una dinamica instabile. 5. LA GENERAZIONE SANDWICH, GENITORI E FRATELLI È probabile che i genitori di molte coppie di mezza età siano ancora attivi e relativamente in buona salute. Nella maggior parte delle relazioni tra genitore e figlio ad adulto è possibile rilevare un certo grado di ambivalenza, dove convivono solidarietà e conflitto: infatti, è possibile riscontrare solidarietà intergenerazionale, per esempio quando i genitori aiutano i figli con i loro bambini o quando i figli forniscono sostegno ai genitori quando questi hanno bisogno di cure o consigli, ma ci sono anche molti episodi di conflitto intergenerazionale, per esempio quando i figli percepiscono i genitori come intrusivi e non si sentono trattati da adulti o quando non riescono a superare gli aspetti problematici dalla loro relazione passata. Sembra esserci poi un momento in cui gli individui iniziano ad accettare i difetti dei propri genitori, con cambiamenti positivi nella reciproca relazione. Si può supporre che, dopo aver avuto figli propri, le persone riescono a sviluppare una migliore comprensione delle sfide e delle difficoltà che i loro genitori hanno dovuto affrontare, dimenticando così i vecchi rancori e accettandone le debolezze. In seguito, però, nuove tensioni potrebbero insorgere in concomitanza di malattie e di necessità di cura da parte dei genitori. Questo capovolgimento di ruoli, in cui i figli iniziano a controllare il comportamento dei genitori, a gestire le loro finanze e prendere contatto con le istituzioni assistenziali, può portare ancora una volta sentimenti ambivalenti, poiché entrambe le parti si trovano a dover creare un nuovo equilibrio tra sostegno e autonomia. Così gli individui di mezza età possono trovarsi nella situazione di doversi prendere cura contemporaneamente di figli e genitori, perciò sono definiti generazione sandwich. Ciò può causare notevoli tensioni, anche perché bisognerebbe poter soddisfare anche le proprie esigenze e conciliare tutto ciò con il proprio lavoro. Il prendersi cura dei genitori anziani è notevolmente facilitato se è condiviso tra fratelli: per la maggior parte delle persone, quella tra fratelli è la relazione più duratura di cui si possa godere e i fratelli rappresentano una grande fonte di supporto emotivo e strumentale. Tuttavia, a volte, i fratelli devono risolvere i nodi problematici dell’infanzia prima di poter stabilire tra loro un’efficace relazione adulta. 6. CARRIERA E DISOCCUPAZIONE Un aspetto particolarmente importante della piena età adulta è costituito dal lavoro. Il lavoro gioca un ruolo significativo nella formazione dell’identità e nella propria espressione esistenziale, tuttavia sforzarsi di migliorare la propria posizione professionale e cercare di mantenerla, comporta spesso uno sforzo considerevole e il carico di lavoro elevato provoca sensazioni di forte stress e influisce sulla propria salute e sui rapporti familiari. Come in tutti gli altri domini della vita, non esiste una descrizione univoca del lavoro e della carriera nella piena età adulta, poiché si riscontrano enormi differenze individuali per effetto di altri eventi della vita, delle risorse e delle caratteristiche individuali: per esempio, vi sono individui che fino ai 30 anni non hanno ancora iniziato a lavorare, mentre altri alla stessa età hanno già già raggiunto una fase avanzata della loro carriera lavorativa. La mezza età è spesso un periodo in cui si comincia a riflettere sulla realizzazione delle proprie asprirazioni: chi ritiene di non aver raggiunto i propri obiettivi può decidere di ridimensionarli oppure cambiarli completamente. A seconda del numero e della qualità di risorse che gli individui possiedono, valuteranno se affrontare un cambio di attività lavorativa, riconciliarsi con il lavoro attuale o continuare a malincuore nonostante la costante insoddisfazione. Inoltre, un numero crescente di persone sperimenta periodi di disoccupazione e chi possiede un lavoro si sente costantemente minacciato dal rischio di perderlo. La minaccia della disoccupazione domina sempre di più la vita lavorativa e colpisce in particolare i lavoratori più anziani, dato che il rientro nel mondo del lavoro è meno probabile per gli individui oltre i 50 anni. Tuttavia, anche gli effetti della disoccupazione variano da individuo a individuo, a seconda delle circostanze e del supporto degli altri significativi, quindi la perdita del lavoro non è necessariamente dannosa per tutti. 7. LA MORATORIA DI MEZZA ETÀ E L'IMPORTANZA DEL TEMPO LIBERO Il tempo libero costituisce un’occasione per controbilanciare lo stress lavorativo e sperimentare nuove abilità e nuove relazioni, inoltre la mezza età può essere il punto di partenza per un invecchiamento di successo: i comportamenti salutari e la partecipazione alle attività del tempo libero, possono preparare l’individuo alle sfide da fronteggiare dopo il pensionamento e contribuire a creare una rete di sostegno sociale. Tuttavia, non tutti hanno le risorse per parteciparvi pienamente: anche in questo caso sono evidenti le differenze di classe sociale, infatti i lavoratori meno qualificati, essendo stati per lungo tempo esposti a lavoro manuale e forte stress, potrebbero non avere l’energia sufficiente per prendere parte a tale attività, oltre al fatto che avere molti interessi è costoso o necessita di attrezzature costose. 8. FACCIAMO IL PUNTO La piena età adulta può rappresentare un momento per guardare sia avanti che indietro, valutando al contempo ciò che è stato realizzato e ciò che deve ancora essere raggiunto. In questa fase di vita c’è ancora tempo per riconsiderare le proprie scelte e intraprendere nuovi percorsi, quindi le persone possono decidere se vogliono confermare le scelte attuali o preferiscono cambiarle. Rispetto ai cambiamenti o alla stabilità nella mezza età possono esserci differenti approcci individuali: molti finiscono con l’accettare uno stile di vita confortevole e convenzionale, avendo poca motivazione intrinseca a cercare nuove sfide, altri invece sono molto attivi nel cercare di cambiare gli aspetti insoddisfacenti della loro vita. Le opportunità di sviluppo che scaturiscono dal fare bilanci della propria vita sono ovviamente correlate alle risorse e alle sfide disponibili: sfortunatamente, alcune persone non hanno risorse per cambiare la propria vita anche se desidererebbero disperatamente farlo. 8.1. Crisi di mezza età? Si parla spesso della cosiddetta crisi di mezza età, tuttavia, così come lo storm and stress adolescenziale, potrebbe essere un mito: gli studi quantitativi riportano risultati contrastanti su benessere e depressione, mentre gli studi qualitativi rivelano che le persone di mezza età spesso non sono coinvolte in una crisi generale, ma piuttosto fanno riferimento a difficoltà peculiari che hanno dovuto superare nel corso della vita. Inoltre sembrano considerare tale periodo di vita come la fase di conquista dei massimi livelli di competenza, controllo e produttività: sebbene sia un momento di molte sfide, la maggior parte delle persone è ben attrezzata per affrontarle. Poiché il periodo della mezza età si estende per diversi decenni, possono verificarsi sia molti eventi che offrono opportunità di sviluppo e crescita, sia eventi negativi che possono avere un impatto sullo stato di felicità dell’individuo. Per concludere, l’essere felici o infelici non ha nulla a che fare con l’età, bensì riguarda gli eventi succedutisi nell’arco della nostra vita, le risorse di coping disponibili e il modo in cui gli eventi sono collegati ad altre esperienze precedenti o concomitanti. Ovviamente esiste la probabilità della crisi, ma questa non è limitata alla mezza età: crisi e stress possono verificarsi in qualsiasi momento nel corso della vita, ogni qualvolta ci siano troppe sfide simultanee da affrontare o qualora queste siano troppo gravose per l’individuo. CAPITOLO 9 VERSO UNA NUOVA PROSPETTIVA SULLO SVILUPPO UMANO? Lo sviluppo è una risposta alle sfide che si incontrano nel corso della vita, possiamo incontrare i cambiamenti maturati, normativi e non normativi. L’adattamento è più facile quando le sfide sono prevedibili, come nel caso dei cambiamenti maturati e normativi: essendo universali e attesi, consentono alle persone di arrivare preparate, confrontarsi con i coetanei e trovare i modelli di comportamento e gruppi di sostegno. Le sfide più difficili sono i cambiamenti non normativi: essendo eventi imprevisti, rappresentano una sfida potente per l’individuo e comportano spesso sconvolgimento e cambiamento. Alcuni individui potrebbero provare depressione e rassegnazione davanti a questi cambiamenti, mentre per altri possono rappresentare una sfida positiva e incoraggiare aspirazioni al successo e allo sviluppo. 1. TRANSIZIONI E TRASFORMAZIONI, PROCESSI E MECCANISMI Come abbiamo più volte sottolineato, è praticamente impossibile formulare una descrizione normativa del corso della vita, a causa dell’enorme variabilità individuale a cui possiamo assistere nella combinazione di risorse, nelle sfide attuali e precedenti, nel tempo storico in cui un evento si verifica, nel luogo dell’evento, nell’interconnessione tra le vite delle persone e nell’importanza che il cambiamento assume per ciascuno. Tuttavia, nonostante questa enorme variabilità, è possibile comprendere i meccanismi di cambiamento sottostanti. Le transizioni sono innescate da cambiamenti nell’ambiente o nell’individuo e richiedono adattamenti, sono spesso periodi di sconvolgimento, incertezza e ansia, poiché l’individuo cerca di adattarsi alle mutate condizioni e non sempre trova con facilità le soluzioni migliori. Le transazioni possono essere viste come esperienze sia di incertezza sia di successo, ma il risultato finale sarà sempre una trasformazione dell’individuo. Le trasformazioni possono avvenire nelle percezioni che l’individuo ha di se e degli altri, nei suoi comportamenti, atteggiamenti e stili di vita o nel suo stato all’interno dei gruppi. Quando un evento impedisce all’individuo di raggiungere i propri obiettivi o provoca un cambiamento di obiettivi, quello che avviene successivamente è un processo di adattamento, in cui alla fine verranno ristabiliti un nuovo equilibrio e un nuovo stato di stabilità. Durante le transizioni gli individui possono utilizzare sostanzialmente due strategie: assimilazione o accomodamento. Se ci si accorge che un obiettivo è ostacolato, si può provare a modificare la situazione attraverso l’assimilazione: si potrebbe rimuovere l’ostacolo, intensificare i propri sforzi o chiedere aiuto, vale a dire attuare degli interventi attivi per perseguire gli obiettivi prefissati nonostante le avversità. Questa strategia può essere molto adattiva, ma bisogna correttamente valutare l’importanza degli obiettivi e delle probabilità di raggiungerli, infatti insistere inutilmente nel perseguire obiettivi impossibili può portare allo sconforto. La strategia dell’accomodamento, invece, consiste nel rinunciare agli obiettivi originari e riorientare le proprie ambizioni, svincolarsi da alcune ideologie personali o ridefinire le proprie priorità. Anche questa strategia è molto efficace e riflette le capacità dell’individuo di autovalutare correttamente le proprie capacità alla luce delle difficoltà. 2. UNA PROSPETTIVA POSITIVA SULLO SVILUPPO Lo sviluppo consiste sempre sia di guadagni sia di perdite, in passato però si è posta un'enfasi eccessiva sugli aspetti problematici dello sviluppo, in particolare nell'adolescenza e nella vecchiaia, dando un'immagine alquanto distorta delle qualità e del potenziale evolutivo di giovani e anziani e di ciò che possono dare alla società. Allo stesso modo, i principali punti di svolta che si verificano nel corso della vita, come il divorzio, i problemi di salute o i comportamenti a rischio, sono spesso affrontati nelle loro componenti problematiche. Una visione più ottimistica del cambiamento evolutivo porterebbe a considerare tutti gli eventi della vita come sfide e potenziali fattori in grado di attivare lo sviluppo e la crescita, nonostante i rischi a cui si accompagnano. A tal proposito, la psicologia positiva è quella parte della ricerca scientifica che si occupa del funzionamento umano ottimale, focalizzando soprattutto punti di forza e qualità. La psicologia dovrebbe ridimensionare il suo approccio focalizzato sulle dimensioni problematiche e spendere più risorse nella ricerca dei punti di forza e delle opportunità dello sviluppo umano. 2.1. Risorse per lo sviluppo Secondo le ricerche, alcune risorse sono particolarmente idonee a facilitare lo sviluppo: Apprendimento permanente (life-long learning): un alto livello di istruzione è associato a migliore qualità della vita, più elevati livelli di benessere, di salute e di capacità cognitive. L’apprendimento permanente fornisce molte abilità importanti che sono utili per affrontare le sfide quotidiane e superare le principali transizioni. Per esempio, fornisce all’individuo abilitare riguardanti il come ottenere e utilizzare informazioni, il mettere in discussione fatti e informazioni e l’essere in grado di valutare le proprie capacità. Autoefficacia: la convinzione di poter raggiungere i propri obbiettivi è una risorsa fondamentale per una vita di successo e un potente fattore protettivo, infatti gli individui che hanno fiducia nelle proprie capacità hanno maggiori probabilità di accettare le sfide e di persistere di fronte al fallimento. Percezione soggettiva di salute: riguarda la capacità di valutare e affrontare eventuali deficit fisici. Essa motiva le persone a cambiare il proprio stile di vita per migliorare la salute attraverso comportamenti salutari come smettere di fumare, fare esercizio o adottare misure preventive. Supporto sociale: è stato dimostrato che l’aiuto emotivo, informativo e strumentale fornito da altri migliora il benessere, attenua gli effetti dello stress e aumenta la qualità della vita. Avere una buona rete di familiari e amici dipende in larga misura dalle abilità sociali dell’individuo nell’acquisire e mantenere le relazioni amicali. Fortunatamente le abilità sociali possono essere apprese e migliorate tramite appositi interventi. Contrariamente a quanto molti credono, il denaro non gioca un ruolo particolarmente significativo come risorsa per lo sviluppo e la crescita personale. Naturalmente, la povertà può influenzare il progresso psicosociale dell’individuo e il raggiungimento dei suoi obiettivi, ma una volta soddisfatti i bisogni di base, un aumento del reddito è solo debolmente associato a sentimenti di felicità e benessere. 3. RICERCA ATTUALE E FUTURA È importante riconoscere i contributi e i progressi che la ricerca nel campo delle scienze sociali ha raggiunto negli ultimi decenni. Tuttavia, nonostante tutto ciò che si è raggiunto ci sono ancora numerosi limiti dovuti a pressioni accademiche, standard abbassati, pratiche editoriali discutibili e mancanza di basi teoriche solide. Problemi come la distorsione dei risultati, la manipolazione dei dati, la scarsità di repliche e la frode danneggiano la qualità della ricerca. Per ottenere valutazioni di impatto elevato, gli editori di riviste preferiscono pubblicare nuovi risultati e per questi motivi i ricercatori si concentrano sulla produzione di risultati significativi e accattivanti. I media sono veloci nel diffondere i risultati che sembrano vendere bene, suggestivi o che rafforzano i pregiudizi esistenti nei confronti di determinati gruppi nella società. È importante mettere in guardia contro le conseguenze a lungo termine di una ricerca mal condotta: se continuiamo così, la psicologia perderà la reputazione di scienza rispettabile e le persone finiranno col perdere fiducia negli scienziati e nella ricerca. Applicare pratiche di ricerca trasparenti è fondamentale per migliorare l’integrità e la credibilità della psicologia come scienza. 4. RENDERE IL MONDO UN POSTO MIGLIORE Le nuove interpretazioni che si focalizzano sulla natura ecologica dello sviluppo nel corso della vita richiedono un approccio diverso da quello che finora è sempre stato utilizzato, sia nell'ambito della ricerca sia in quello dell'intervento. Lerner afferma che la ricerca di laboratorio è di scarso valore se vogliamo comprendere il cambiamento che si verifica nella vita reale ed ha proposto il concetto di scienza dello sviluppo applicata, per un nuovo approccio alla ricerca che consista in interventi nei contesti di vita quotidiana. In altre parole, suggerisce di pianificare esperimenti naturali, i cui risultati sarebbero specifici per il contesto in cui vengono creati. Tuttavia, le vecchie tradizioni di ricerca e intervento sono difficili da cambiare, i comitati di ricerca preferiscono finanziare progetti che si basano su approcci di ricerca consolidati, le riviste accademiche applicano criteri di revisione che difficilmente includono iniziative all'avanguardia ed è improbabile che i ricercatori si cimentino con nuove sperimentazioni. Nonostante ciò, esistono ottimi esempi di interventi ecologici effettuati nelle comunità, esempi reperibili nei contesti di vita reale più che nella letteratura accademica. Quindi, abbiamo teorie e ricerche congruenti che però mancano di rilevanza per poter cambiare la vita nel contesto del mondo reale (teorie tradizionali) e contemporaneamente disponiamo di una serie di interventi operativi che hanno tutte le potenzialità per avere un impatto positivo sulla vita reale, ma che non utilizzano la nostra conoscenza scientifica su come e perché siano efficaci o su come i loro risultati potrebbero essere generalizzati. Ecco perchè un compito vitale per il futuro sarebbe quello di sviluppare ricerche e interventi nei quali studiosi e comunità collaborino tra loro, che possano tradursi sia in interventi efficaci sia in contributi teorici alla nostra comprensione del cambiamento umano.