Riassunto Completo Costituzionale PDF
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Università degli Studi di Torino
Alice Marmotti
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Questo documento riassume la Costituzione Italiana, analizzando le sue basi teoriche e le crisi che ha affrontato. L'autore esplora la concezione di costituzione materiale, evidenziando le forze politiche che la compongono e le relazioni sociali che essa regola. L'obiettivo è comprendere come la Costituzione, intesa come documento formale, si relaziona con l'assetto della società.
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INTRODUZIONE La costituzione è la più alta manifestazione del diritto, tuttavia lo scienziato sociale è come un naufrago e non vede altro che una piccolissima parte del mare che lo circonda. Affrontare lo studio del diritto prevede un cammino complesso e necessitiamo di pi...
INTRODUZIONE La costituzione è la più alta manifestazione del diritto, tuttavia lo scienziato sociale è come un naufrago e non vede altro che una piccolissima parte del mare che lo circonda. Affrontare lo studio del diritto prevede un cammino complesso e necessitiamo di più guide per orientarci: - PRIMO PUNTO = è bene prima di tutto comprendere perché la Costituzione che è un pezzo di carta può essere considerata l’impronta di base della società e dello Stato. In questa analisi prendiamo tre figure importanti: F. Lassalle, G. Mosca e C. Mortati. - SECONDO PUNTO = bisogna analizzare il lavoro di J. Habermas e J. Rawls. Essi sviluppano l’idea che la costituzione sia il risultato di un patto basato sul raggiungimento sintetico di un consenso tra forze in origine chiuse e nemiche, giunte all’elaborazione di un concetto di giustizia comune. - TERZO PUNTO = è bene non confondere i fatti con le norme, spesso si commette l’errore che il diritto sia un debole prodotto del fatto e molti parlano di forza normativa del fattuale, vanificando il ruolo della legge della Costituzione. La diffusione di un comportamento non è legittimata a legalizzarlo (es. anche se l’evasione fiscale è molto diffusa, ciò non significa che sia legale e finché non vi sarà una legge resta il divieto legale). Hans Kelsen afferma che il diritto non può nascere dal fatto bruto, ma sempre da un’elaborazione spirituale: bisogna distinguere l’essere dal dover essere, il comportamento dalla regola (che deriva da una rielaborazione culturale e politica che la rende diritto). - QUARTO PUNTO = dal momento che il diritto può avere qualunque contenuto, è bene sottolineare il nesso indissolubile con la giustizia à non potrà produrre contenuti ingiusti. È tuttavia impossibile dare una definizione universalmente valida di giustizia, è necessario però per capire il mondo separare il bene dal male. Il problema del diritto costituzionale è appunto ricercare nella cultura collettiva una base morale rispecchiata nelle costituzioni e senza la quale nessuno Stato può sopravvivere. Nella nostra Costituzione l’ART. 2 parla di adempimento dei doveri inderogabili previsti da una legge che figura come principio solidaristico radicato nella cultura diffusa. Tale concetto rimanda a quella legge morale teorizzata da Immanuel Kant, che si fonda sulla libertà e non può essere imposta da nessuna Stato. La domanda, dunque, verge su come sia possibile che gli uomini portino dentro di sé una legge morale se nessuno la può imporre. LA CRISI DELLO STATO LIBERALE (fine ‘800) e DELLO STATO DEMOCRATICO (oggi) Ad oggi la Costituzione italiana sta vivendo una crisi di legittimazione paragonabile a quella vissuta dallo Statuto Albertino, che non poté essere frenata dal riformismo giolittiano né dal suffragio universale maschile: conseguenza di quella crisi fu la Grande Guerra. Oggi la mancanza di una cultura solida mina le democrazie occidentali, l’opinione pubblica è schiacciata da ignoranza e semplicismo populistico, da atteggiamenti diffusi verso immigrati ed emarginati: la politica oggi è disprezzata e derisa. Per risolvere questo disorientamento bisogna richiamare le radici storico – economiche – politiche dei precetti costituzionali. LA CRISI DEL COSTITUZIONALISMO Sembra che oggi le condizioni che portarono alla nascita del costituzionalismo del secondo dopo guerra non ci siano più, se si tiene presente che esso era sorto principalmente per far concorrenza al mondo che stava al di là della cortina di ferro (URSS) che aveva dimostrato una grande forza militare e alimentato il sorgere del 1 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino movimento del lavoro. Le costituzioni europee erano state infatti attuate sotto il terrore della guerra nucleare e stipulate per dimostrare che il modo migliore per tutelare il lavoro era lo Stato costituzionale. Il fatto che questa realtà sia oggi completamente assente è in realtà opinabile: basti pensare che le diverse modalità di contrasto della Grande depressione del 1929 (nel mondo anglosassone con Roosevelt ed europeo con politiche di riarmo e statualismo nazifascista), mettendo in luce due diversi modi di concepire Stato ed economia, provocarono la Guerra del 1939 nella quale cercarono l’uscita dalle loro crisi interne. Lo stesso pensiero economico – politico che portò la grande crisi coincide con quello che ha provocato la crisi del 2007 – 2008 e le stesse conseguenze potrebbero riverificarsi (la corsa agli armamenti non è affatto finita). Ma che cosa abbiamo in più degli uomini che tentarono di opporsi alla crisi negli anni ‘30 e di portare nuove basi negli anni ’40? Abbiamo l’esperienza che è stata possibile grazie a costoro e che ci ha permesso di intravedere delle nuove soluzioni; abbiamo un quadro di riferimento rinvenibile nelle linee portanti della Costituzione e una cultura a cui conformarci. CAPITOLO 1 DAL GRUPPO POLITICO ALLA COSTITUZIONE IN SENSO MATERIALE [PT. 1] Per parlare del diritto costituzionale bisogna prima di tutto analizzare il concetto di DOMINIO. Il dominio è alla base di ogni società umana dove gli esseri non sono tutti veramente liberi e uguali: esistono oppressori e oppressi; anche se la democrazia tenta di attenuare ciò non può cancellarlo. DOMINIO = qualsiasi forma di potere, di qualsiasi soggetto nei confronti di qualsiasi altro, attraverso qualsiasi mezzo e per qualsiasi scopo. Possiamo notare come ogni materia di diritto fa riferimento a un campo di attività umane (es. il diritto commerciale si occupa del commercio, il diritto di famiglia dei rapporti affettivi e sessuali): il diritto dà forma a un pezzo di realtà (spontaneamente sorta). Col tempo, tuttavia, si è un po' persa la differenza tra nucleo originario e forma impressa dal diritto à oggi il mercato non sembra essere più spontaneo bensì il risultato artificiale della regolamentazione; non dobbiamo però dimenticarci che è il diritto commerciale a esistere grazie al mercato e non il contrario. Lo stesso è capitato per il diritto costituzionale che spesso è stato definito come l’insieme di norme inserite in un documento che chiamiamo Costituzione, ma tale definizione è superficiale e non mette in luce il reale campo di attività umane a cui tale diritto fa riferimento: esso pretende di dare forma a quel fenomeno sociale che è il dominio. Tramite regolazione e limitazione del dominio sorgono concetti di libertà, uguaglianza, distribuzione delle ricchezze (etc.) che concorrono a trasformarlo in un potere legittimo. Ma come può la Costituzione in pochi articoli regolare questo vasto fenomeno? Se infatti con FORZE DOMINANTI indichiamo un insieme di soggetti che esercitano un dominio con qualsiasi mezzo e scopo, il riferimento è particolarmente ampio poiché ci si può riferire anche al dominio illecito (mafia), familiare, religioso etc. Bisogna qua distinguere tra forze genericamente dominanti e politicamente dominanti: la Costituzione soddisfa la sua pretesa di regolare ogni forma di dominio partendo dal disciplinare il dominio politico à attraverso la regolazione della classe politica va poi a ingabbiare ogni altra bestia. Il dominio politico si differenzia dal generico poiché esso è esercitato all’interno di un gruppo politico (dipende quindi dal contesto; attualmente lo Stato). 2 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino DEFINIZIONE DI COMUNITÀ POLITICA DI MAX WEBER La comunità politica persegue contenuti differenti (oltre a quelli di natura economica) e ha come scopo regolare le relazioni tra soggetti interni ed esterni alla comunità. Essa mira così, mediante la coercizione fisica, al mantenimento di un dominio ordinato su territorio e soggetti. Quando il suo operato da occasionale, diventa stabile si trasforma in un’associazioni istituzionale a carattere continuativo in grado di far precedere all’uso della forza la predisposizione delle regole (rende subito conoscibili le regole così ognuno può prevedere le conseguenze delle sue azioni). Grazie a ciò il suo agire non è più visto come mero esercizio della forza, bensì come legittimo e giuridico poiché subentra laddove il sistema di regole preposto lo prevede. Da tale concezione origina il concetto di ordinamento giuridico, mentre l’idea di Stato necessita in aggiunta dell’esistenza di un legame che spinge l’individuo a morire per gli interessi della comunità e che si riassume nel concetto di nazione (prendere parte responsabilmente ai doveri della comunità). DUNQUE: è grazie a tali forze politiche (e alle loro volontà) che si dà voce e vita alle parole impresse nella Costituzione, rendendola capace di non essere più solo un pezzo di carta. È naturale chiedersi chi siano queste forze politiche che compongono la classe politica. Subentra qua la TEORIA DELLA COSTITUZIONE IN SENSO MATERIALE (di Lassalle e Mortati): la costituzione in senso formale (documento) sarebbe l’esplicitazione di una serie di principi diversi e conflittuali già prima radicati in parti diverse del popolo che, tramite il compromesso costituente, divengono effettivi nella società intera. La CLASSE POLITICA è quindi composta da forze politiche diverse portatrici di tali principi e che, tramite una sorta di armistizio/compromesso, danno vita alla Costituzione à ponendo una serie di regole/obblighi per i loro comportamenti futuri (si entra così nel campo delle regole, del diritto, del dover essere), inscrivendo così l’ordine da loro prescelto. E solo con una Costituzione in senso materiale (forze politiche che attivamente fanno vivere e sorreggono i principi formali) che la Costituzione in senso formale sussiste (essa dovrà quindi rispecchiare gli interessi della classe dominante). FERDINAND LASSALLE COSTANTINO MORTATI - COSTITUZIONE REALE = che è la legge a fondamento di un Era membro dell’Assemblea costituente, introduce: Paese, sulla quale si basano le altre leggi e che consiste nella trascrizione dei reali rapporti effettivi tra le forze sociali di - COSTITUZIONE IN SENSO MATERIALE = (“Costituzione reale”) dominio operanti in una data società (incarnazioni della à corrisponde all’assetto che ordina la società, deciso da forze volontà del popolo in un dato momento storico). Quindi non politicamente dominanti che impongono la loro visione. Prima guida, ma descrive soltanto un assetto che si è formato essa corrispondeva al Partito fascista; poi con l’Assemblea autonomamente. costituente vi sono più visioni del mondo ed è l’equilibrio che si forma che si definisce costituzione materiale (che resta lì ® visione pessimistica, perché si pensa che l’attività finché tutte le forze hanno interesse a mantenerlo). politica non possa essere regolata e che il diritto costituzionale non sia né il diritto sul dominio né - COSTITUZIONE FORMALE = raccolta di più documenti scritti autonomo. con le norme supreme nella gerarchia delle fonti ed esplicative dell’ordine stabilito dalle forze politiche dominanti (che trova - COSTITUZIONE SOLTANTO SCRITTA = se non corrisponde alla appunto fondamento nella costituzione materiale). Di solito le realtà (effettivi rapporti tra forze sociali e i loro interessi), non si attribuisce quindi una funzione strumentale di ha valore à deve essere intonata con la Costituzione reale. rafforzamento delle posizioni di potere dominanti. 3 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino STORIA NEL NOSTRO PAESE Dall’8 settembre del 1943 (armistizio e resa dell’Italia agli alleati) fino al 2 giugno del 1946 (referendum e nascita dell’Assemblea costituzionale) accade che i partiti antifascisti (precedentemente privi di peso politico) fondano il CLN; nonostante i modelli di società diversi si accordano (nell’Assemblea costituente) “sotto il velo dell’ignoranza” (J. Rawls, ossia assumendo un atteggiamento disinteressato verso le convenienze future) perché questo era l’unico modo per raggiungere un’equità. La Costituzione, tuttavia, più che un compromesso è stata un armistizio: non si è rinunciato alla propria ideologia, ma si è deciso di stabilire delle regole (per iscritto). Dunque, il contenuto indefettibile della costituzione armistiziale è la parte dedicata ai principi formali (procedure e forme di governo/Stato), poiché il resto è composto dai principi materiali (diritti e valori) espressi in realtà con enunciati altamente indeterminati (essendo la sintesi di molteplici visioni diverse). D’altronde poi tutte le questioni identitarie vengono tralasciate perché non se ne sarebbe venuto a capo (fini ultimi non negoziabili). IL DIRITTO: REGOLARITÀ, REGOLE, REGOLE GIURIDICHE [PT. 2] Ci sono casi in cui il concetto di legge viene a prendere il significato di regolarità, laddove si osservi un costante ripetersi di un atto/fatto che porta a ritenere che si verificherà sempre; in realtà concettualmente bisogna considerare che ogni regolarità può essere soggetta a falsificazione. Dunque, la proposizione “il fatto X è causa del fatto Y” non introduce un nesso di necessità assoluto bensì un rapporto di causalità fragile poiché soggetto anche a venir meno (es. se prendi questa medicina, guarisci; non c’è certezza). Ogni singolo essere vivente vive in società e segue determinate regolarità comportamentali diverse da specie a specie, così anche l’uomo che segue però anche delle regole che si pone in modo cosciente. Questo arbitrio è ciò che lo diversifica dagli altri esseri: l’uomo ha coscienza e libertà che gli permettono di comprendere e giudicare le azioni à capacità di giudizio che permette all’uomo di formulare regole (es. uccidere non è bene). Le regole che l’uomo pone in seguito a giudizi sono dei doveri/prescrizioni. In generale, le società umane sono disciplinate da diversi ordini di regole derivanti dalla natura, dai costumi, dalla morale, dalla religione etc. il diritto è uno dei sistemi. CHI STABILISCE LE REGOLE GIUSNATURALISMO GIUSPOSITIVISMO Le regole fondamentali del diritto sono iscritte nella Il diritto non è mai un fatto naturale bensì artificiale e natura dell’uomo, che grazie alla sua mente è in grado culturale perché è costruito dall’uomo che lo pone di comprendere il disegno divino o la legge intrinseca del dentro una società. mondo naturale. I due pensieri sono d’accordo su un fatto: affinché possa esistere una società umana e necessaria l’imposizione di un diritto positivo per evitare l’anarchia. In ogni caso, noi ci concentreremo sulla concezione positivista di Hans Kelsen che introduce la TEORIA PURA DEL DIRITTO tentando di liberarlo da ogni elemento esterno per conferirgli un carattere proprio basato sulla validità degli ordinamenti giuridici. 4 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino IL DIRITTO POSITIVO Il diritto positivo consiste nell’insieme delle regole poste dal gruppo politico in quanto utili ai propri fini (ossia al tipo di ordine che si vuole imporre) e da questo fatte rispettare con la forza (ossia con la coercizione fisica). Gli ordinamenti giuridici moderni vietano il ricorso alla violenza privata come conseguenza del monopolio dello Stato e portano a identificare la coercizione fisica come un potere legittimo minacciato dallo Stato affinché tutti i cittadini rispettino le regole giuridiche. Le regole giuridiche si differenziano dalle regole sociali perché prevedono una sanzione. La norma si presenta quindi come un giudizio ipotetico che stabilisce un nesso di imputazione tra un fatto X è una sanzione Y (se si verifica fenomeno x, allora dovrà applicarsi la sanzione Y). Da ciò emerge che i destinatari sono coloro che hanno il compito di applicare le sanzioni. Tuttavia, di recente oltre a sanzioni negative sono emerse sanzioni positive volte a premiare comportamenti virtuosi (concezione funzionale del diritto) à riconsiderare i compiti dello Stato sociale. In realtà anche qui emerge la tipica minaccia su colui che deve premiare se non provvede. PROBLEMA: non tutte le norme si presentano come giudizi ipotetici statuenti la doverosità dell’applicazione di una sanzione, ad esempio le norme costituzionali non prevedono alcuna sanzione. In realtà, esse traggono la propria validità dalla loro effettività per cui: una volta violate non sono più valide e vengono meno (è questa la sanzione) à la classe politica che le fa violare provoca la disgregazione della costituzione e della società intera. Per quanto riguarda i fini, tendenzialmente il diritto ha come ultimo obiettivo sempre quello di organizzare la forza mediante regole preventive che la legittimino. I meccanismi per cui ciò viene raggiunto tuttavia possono variare; dipende tutto dai valori di chi impugna il diritto. ® In tutte le società è possibile rintracciare un nucleo di regole con identici scopi: andare a disciplinare la posizione dei membri della società (dividendo tra gruppo dominante e moltitudine e dominata); organizzare i poteri pubblici; reprimere comportamenti pericolosi per l’ordine tramite divieti giuridici; attribuire i beni. Nel suo rapporto con la società c’è chi pensa che il diritto sia la traduzione e la garanzia di un ordine sociale già precedentemente stabilizzato; c’è invece chi pensa che esso sia la base per la costruzione dell’organizzazione sociale per porre fine alla guerra à con la presenza di una forza dominante che opera per mezzo del diritto. In ogni caso il diritto presuppone una situazione di conflitto tra parti che scelgono di rinunciare alla forza per creare regole e risolvere pacificamente: tramite il conflitto si passa dalla tradizione (si è sempre fatto così) al diritto consapevolmente statuito (à costituzione come armistizio). LA RAPPRESENTANZA POLITICA NELLO STATO COSTITUZIONALE [PT. 3] La rappresentanza politica sta alla base di tutte l’edificio statale, ma non è sinonimo di democrazia. Nel 1947 Umberto Terracini affermò che il primo compito dell’Assemblea rappresentativa italiana doveva essere dare l’esempio, ma fallirono dal momento che ad oggi è in corso una guerra contro lo Stato democratico caratterizzato da una frammentazione partitica forte. La crisi della rappresentanza dipende dal rappresentante che non si dimostra capace di unificare la frammentazione e trasformare la società smarrita in un corpo politico. Rappresentare politicamente una società non vuol dire rispecchiare qualcosa che già c’è, ma crearla e qui possono esserci due situazioni: 1. SITUAZIONE DI CAOS = bisogna rendere possibile una società che non si autodistrugga andando, tramite la rappresentanza politica, a offrire un limite alla forza dei gruppi lotta (capolavoro dei costituenti) 5 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino 2. SITUAZIONE DI SOCIETÀ DISORIENTATA = bisogna rifondare una società con legami d’interesse ed emotivi, non sfatta o formata da individui isolati ed egoisti. Compito della rappresentanza è offrire un limite alla forza individualistica attraverso la creazione di un legame sociale e un’identità collettiva. Questa è la situazione della nostra democrazia, senza popolo e con una folla impolitica: bisogna ricentrare i capisaldi della tradizione sociale e politica. DIFFERENZA NAZIONE – POPOLO La nazione ha due concezioni: quella artificialista (composta da individui che condividono stessi principi) e quella naturalista (da coloro che hanno legami di sangue, terra, lingua, tradizioni). In ogni caso essa implica la presenza di una comunità ideale dotata di identità propria e unita a prescindere dall’attività politica e dalla sovranità. Il popolo invece è tendenzialmente un agglomerato di individui che tramite la sovranità costituiscono un’unità à necessitano di questa attività. La politica rappresentativa può creare una società e fondare legami, percorrendo due strade: 1. Tramite il contratto sociale come esito tra singoli individui, fondando quindi una società posta a rivendicare diritti individuali prescritti nella coscienza diffusa e riconosciuti dei giudici. 2. Tramite una rappresentazione degli interessi parziali, ossia di soggetti dispersi che chiedono rappresentanza. COSA SIGNIFICA RAPPRESENTANZA? RAPPRESENTARE = rendere visibile a colui che si vuole rappresentare una proposta sulla vita e sui problemi. L’oggetto della rappresentanza è quindi una proposta politica che mostri una via d’uscita e funga da guida. La rappresentanza è la condizione del rappresentante, ossia di un essere al posto di un soggetto assente, e consiste in un agire volto a mettere in atto una strategia per superare l’assenza di questo soggetto titolare di un potere a cui tutti dovrebbero obbedire. Possiamo ammettere due idee di potere: - Ascendente = che risiede nell’insieme di tutti, dove la rappresentanza è volta esprimere una volontà imputata a omnes - Discendente = riconosciuto a Dio, dove la rappresentanza vuole esprimere una volontà a Lui imputata Ø La rappresentanza è una strategia contro un’assenza (insuperabile e intollerabile) di un soggetto titolare di un potere (sovrano) al quale tutti devono obbedire. La sua assenza legittima il potere del rappresentante ed è quindi una strategia di legittimazione del potere politico. Le origini risiedono nella teologia, dove il pontefice rappresenta Dio in terra, e ciò ricompare anche in altre forme di potere. In generale, il problema della rappresentanza sorge in ogni ordinamento al cui vertice sia posta un’entità astratta (assente) perché ciò rende necessario elaborare strategie per interpretare e manifestare tale entità e porre fine alla lotta per le interpretazioni (Quale Dio? Quale nazione? Quale Costituzione?). ® Veritas Jesus Christus quis interpretabitus? = Qual è la verità di Gesù Cristo? [Carl Schmitt] Hobbes sviluppa la TEORIA ATEA DELLA RAPPRESENTANZA (dove viene meno il riferimento a Dio) e la natura della rappresentanza inizia a essere individuata in un atto di rinuncia dei diritti naturali (devoluti al 6 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino rappresentante) fatto razionalmente dagli uomini per uscire dalla guerra del tutti contro tutti (anarchia). Il rappresentante è chiamato a mantenere l’unità politica trasformando le leggi di natura in leggi civili. In un ordinamento come il nostro (sovranità popolare), il rappresentato non è un ente astratto ma il popolo con le sue spaccature. Per cui troviamo la rappresentanza composta da: RAPPRESENTAZIONE (parziale) attuata dai partiti à la loro funzione è organizzare i bisogni, mediandoli tramite un’azione dal basso verso l’alto e farsi portavoce delle varie visioni del mondo presentandole non solo agli altri partiti (che compongono il Parlamento), ma anche alla società intera presentando una possibile opzione/modello di vita. RAPPRESENTANZA attuata dal Parlamento à luogo in cui c’è la rappresentazione fisica del conflitto, ma anche della possibilità di un’unità nazionale (convivenza tra rappresentazioni parziali). Tutti gli si devono sottomettere e ogni parlamentare deve rappresentare tutto il popolo affinché si possa parlare di rappresentanza/volontà generale (divieto vincoli di mandato – ART. 67 Costituzione). POLITICA e MORALE Affermare che la rappresentanza mira a mostrare una possibilità di vita buona sembra andare contro il principio secondo cui la politica e la morale sono due campi distinti. Ad oggi, tuttavia, tale separazione netta sta decretando il declino della politica democratica (basata sulla manipolazione). Ci si chiede se sia possibile curare la frattura tra politica e morale; sintomo di questo bisogno è anche la diffusione del tema di diritti umani. Tuttavia, il tema delle virtù politiche spesso entra in conflitto con una realtà individualistica come quella attuale. È possibile costruire un sostrato etico politico che impedisca il declino della democrazia? Riprendendo una riflessione kantiana, possiamo osservare come molti si indignano di fronte ai mali sociali senza però fare effettivamente nulla à questo perché fingono di preoccuparsene confidando in una legge morale che li domina e credono vanamente in una svolta positiva. Oggi però questo non regge più e la legge morale viene anche apertamente rifiutata. Kant sa che essa non è dominante di fatto, ma confida nella possibilità di una graduale fondazione del buon principio affermando che nell’uomo non è radicato un male diabolico bensì radicale (comportamenti conformi alla legge, ma scelti per motivi opportunistici). L’uomo, quindi, non è naturalmente incline a rifiutare la legge perché sa che senza di essa non esisterebbe la società. CAPITOLO 2 STORIA COSTITUZIONALE MODERNA Tutte le società umane sono caratterizzate da un’organizzazione politica, ossia da persone dotate del potere di decidere e di farsi rispettare tramite un esercizio legittimo della forza. Le organizzazioni politiche prendono il nome di Stati, l’idea che abbiamo oggi rispecchia la realtà formatasi dopo il Medioevo, con caratteri essenziali: 1. Esistenza di un soggetto (fisico o artificiale) 2. Detentore di un potere politico sovrano (superiore a tutti gli altri poteri sociali interni e al pari degli altri poteri statali), a cui nessuno può opporsi e monopolista della forza legittima (nessun’altro può esercitarla) 3. Sopra una collettività e in un territorio DIFFERENZA SOCIETÀ CIVILE – STATO La società civile è l’insieme degli individui che si mette in relazione, dove nascono anche le tensioni. Lo Stato è il garante della 7 tra forza che permette di evitare lo sfociare di queste tensioni in una guerra civile. A tale distinzione si ricollega anche quella Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino pubblico e privato: due sfere con diversa moralità e istituzioni. LE ORIGINI DELLO STATO MODERNO Nel Medioevo, l’Europa era caratterizzata da due grandi istituzioni: la Chiesa e il Sacro Romano Impero; lo Stato moderno nasce dalla loro disgregazione. Innanzitutto, all’interno dell’Impero comincia un’erosione del potere imperiale in seguito all’acquisizione dell’autonomia da parte dei feudatari (rappresentanti del feudalesimo che all’inizio si basava su rapporti di fedeltà con l’imperatore). In alcuni paesi sorgono delle monarchie nazionali che riescono a sottomettere i signori feudali, ma nel resto d’Europa si creano piccoli Stati sottoposti simbolicamente il Sacro Romano Impero. All’interno delle monarchie nazionali, la sovranità del monarca era ancora limitata dei feudatari che governavano direttamente il popolo finché non venne avviata un’opera di accentramento volta ridimensionare la feudalità e il ruolo della Chiesa monopolizzando il potere. Quest’operazione pone l’origine dello Stato moderno e raggiunge l’apice con la Rivoluzione francese. I cardini della trasformazione posta delle monarchie nazionali sono: - Esercito permanente dipendente dal sovrano - Imposizione di tasse periodiche - Burocrazia (amministrazione finanziaria, corpo diplomatico, organizzazione giudiziaria) - Visione sacrale della monarchia (potere del re direttamente da Dio) I mutamenti più profondi che condussero alla formazione dello Stato moderno emergono dalle GUERRE DI RELIGIONE che seguirono alla riforma protestante di Martin Lutero. La dottrina luterana fu all’inizio utilizzata dai principi tedeschi per sottrarsi all’autorità papale e imperiale tramite rivolte, finché con la Pace di Augusta si pose fine agli scontri e viene sancita la divisione tra cattolici e protestanti (i sudditi dovevano seguire la religione del principe o l’espatrio). Negli stessi anni, in Inghilterra con Enrico VIII sorge la Chiesa anglicana. Le lotte di religione vedono all’inizio una sopraffazione di una fede sull’altra, poi una laicizzazione del potere politico necessario per garantire la pace tra sudditi divisi dall’odio religioso. Con tali scontri decadde il disegno imperiale di restaurare un’unità in Europa e si riconosce con la Pace di Westfalia piena sovranità agli Stati. La fine dell’unità religiosa sorge sia tra gli Stati (ognuno con la propria religione) sia all’interno di essi nonostante non vi sia piena tolleranza. Lo Stato in realtà verge verso una laicizzazione così da garantire una convivenza tra fedeli, senza schierarsi per gli interessi di una sola fede. STATO ASSOLUTO E STATO LIMITATO L’evoluzione delle monarchie nazionali conduce a due diverse forme: MONARCHIA ASSOLUTA MONARCHIA LIMITATA PRODUCE: RIVOLUZIONE FRANCESE PRODUCE: RIVOLUZIONE AMERICANA È l’evoluzione della monarchia francese e rappresenta il risultato È l’evoluzione della monarchia inglese che prevede una di un accentramento della sovranità sottraendo ogni potere limitazione al potere del monarca (es. deve seguire procedimenti pubblico a enti diversi dallo Stato (dal periodo feudale) à si ricerca giudiziari e chiedere autorizzazioni al Parlamento) à il Re deve una separazione dalla società e un’indipendenza dai gruppi collaborare con i ceti e i poteri così si equilibrano. sociali. I Re Stuart tentano di affermare l’assolutismo, ma vengono In Francia si crea un’alleanza tra Re e ceti borghesi che gli offrono fermati e condannati dal Parlamento e altri sostenitori (es. New una base di potere autonoma rispetto a nobiltà e Chiesa. Il modello Model Army con Cromwell). Si consolida così una forma di assolutistico si afferma con Luigi XIV. monarchia limitata con piena sovranità popolare e principio della separazione dei poteri (Re – esecutivo; Parlamento – legislativo; giudici – giudiziario), al potere Guglielmo d’Orange. 8 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino (1) RIVOLUZIONE AMERICANA I principi inglesi vengono ripresi dai coloni americani quando dichiarano l’indipendenza degli Stati Uniti e approvano la Costituzione (a tutela delle libertà individuali). È la prima essere scritta per sottolineare che essa è un atto consapevole voluto dal popolo (precedente lo Stato): ciò segna l’inizio del costituzionalismo moderno. Se infatti gli antichi concepivano la Costituzione come la forma che l’organizzazione politica aveva assunto nei secoli tramite le varie consuetudini; secondo i moderni essa invece è un atto cosciente e volontario che pone le basi per uno Stato fondato sul diritto e legittimo. (2) RIVOLUZIONE FRANCESE La Francia si trovava divisa in ceti (primo, secondo, terzo Stato), tra disuguaglianze e feudalesimo, con un collasso delle finanze à situazione intollerabile per la borghesia che non sarebbe riuscita ad assumere un ruolo politico. La Rivoluzione francese distrugge questo vecchio ordine per creare una società fondata sulla libertà, uguaglianza e fraternità. Tra le tappe fondamentali ricordiamo: - Dichiarazione dei diritti dell’uomo (1789) - Costituzione del 1791, 1793 e 1795 Tra gli atti fondamentali per la formazione dello Stato moderno vi è tuttavia: (1) la trasformazione degli Stati generali (i tre ceti) nell’Assemblea nazionale e (2) l’annullamento dei mandati imperativi. In Francia, infatti i tre Stati si riunivano (a) tramite deputati eletti e (b) votavano per ceti (ciò danneggiava il terzo Stato date le alleanze tra clero e nobiltà), inoltre ogni deputato aveva (c) mandato imperativo con l’obbligo di rappresentare gli interessi degli elettori. La rivoluzione sorge proprio con la contestazione di questa organizzazione da parte del terzo Stato che, riunitosi nella sala della Pallacorda, proclama l’Assemblea nazionale. Il Re fu costretto a ordinare al clero e alla nobiltà di unirsi à crolla così il vecchio ordine fondato sulla divisione in ceti e vengono annullati i mandati imperativi cosicché ognuno fosse chiamato a rappresentare la nazione intera. Nasce così lo Stato rappresentativo che prevede una sovranità non del popolo reale, bensì della nazione (come concetto astratto à la borghesia si presenta come portatrice della volontà della nazione). Inizia così la moderna rappresentanza e la subordinazione della società a un potere politico nelle mani di un solo organo. (3) RESTAURAZIONE e LIBERALISMO Napoleone Bonaparte esporta i principi della rivoluzione in tutta Europa e si forma grazie al primo Codice civile una cultura giuridica. Dopo la sua caduta inizia la Restaurazione caratterizzata dal ritorno al trono dei monarchi spodestati, con l’obiettivo di rimuovere la cultura della rivoluzione che aveva dato un’idea di Stato come associazione voluta dalle libere scelte dei cittadini ed elaborare una nuova idea di Stato come organizzazione necessaria di un potere che governi sulla società (indipendentemente dalla volontà dei cittadini). Nell’Europa occidentale, quest’idea si incontra con il liberalismo e nascono le costituzioni dell’Ottocento. Il liberalismo è un’ideologia secondo cui la società tende spontaneamente e liberamente al proprio bene; pur essendo una teoria politica spesso è stata affiancata alla teoria economica del liberismo giungendo più che altro a porre al centro l’importanza della libertà dei proprietari (dotati del potere sul resto della società). Le costituzioni della Restaurazione vedono un conflitto tra il nuovo potere della borghesia capitalistica e il potere monarchico – aristocratico. In Inghilterra negli Stati Uniti la situazione è diversa: non c’è questo tipo di conflitto 9 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino e in Inghilterra la presenza di uno Stato limitato (non ingerisce la sfera privata della società civile) consente a liberalismo di affermarsi come teoria politica a tutela delle libertà individuali in grado di evitare l’accentramento del potere politico. In Europa nasce lo STATO DI DIRITTO come evoluzione degli Stati della Restaurazione, in particolare in Germania. L’imperatore rappresentava l’incarnazione dell’unità e dei bisogni del popolo à il monarca col suo governo era portatore degli interessi della Nazione. Lo Stato era quindi legittimato non solo perché provvedeva positivamente ai bisogni, ma anche perché agiva sottoposto alle regole del diritto. LA TEORIA DELLE FORME DI STATO E DI GOVERNO Con il termine “teorie” si indicano i modelli/tipologie di forme che si sono susseguite. L’elencazione di tali forme, basata sui tratti tipici che esse hanno assunto, è utile nella discussione circa l’ottima repubblica; che è stata oggetto di interrogazioni fin dall’antichità: libro III delle Storie di Erodoto; libro V della Repubblica di Platone (governo dei filosofi); Aristotele e la sua distinzione tra forme di governo rette (regno, aristocrazia e politeia/governo popolare organizzato) e corrotte (tirannide, oligarchia e democrazia); Polibio e il suo governo misto a Roma. La distinzione tra forme di Stato e di governo è data dal fatto che nel ‘900 sono sorti Stati diversissimi tra loro per questo si è introdotto il concetto di forma di Stato (= principi che sono alla base) e il concetto di forma di governo (= funzione interna volta a definire i fini ultimi che lo Stato persegue). I giuristi, nell’analisi sulla forma di Stato e di governo, prendono in esame dati giuridici (costituzioni, leggi, consuetudini) e culturali; al fine di incasellarla in uno degli idealtipi che compongono la teoria à essi non hanno solo funzione descrittiva, ma vanno anche a dare dei tratti fondamentali della forma in questione. Tra gli idealtipi delle FORME DI STATO ricordiamo: 1. Stato assoluto (tutte le funzioni al Re) 2. Stato di polizia (amministrazione volta a fornire servizi pubblici) 3. Stato rappresentativo/della Restaurazione (Re e Parlamento rappresentano Dio e la Nazione) 4. Stato liberale (è rappresentativo, ma con una cultura liberale che impatta l’ambito economico – sociale) 5. Stato di diritto (è rappresentativo, ma ha anche subito una legittimazione legale del potere politico) 6. Stato autoritario di massa (fascista) 7. Stato socialista 8. Stato democratico (o sociale) (6) STATO AUTORITARIO DI MASSA Il fascismo (rientrano tutti i movimenti autoritari à nazismo e franchismo) fu l’espressione della crisi dello Stato liberale. Esso dava un’idea di nazione come comunità organica composta da una moltitudine di uomini inetti che solo in essa acquisivano un’identità buona. Tuttavia, la nazione stessa esisteva solo se assoggettata a un Capo. Ciò portò all’instaurazione dello Stato totalitario: dove vanno eliminati tutti i possibili conflitti (partiti, Parlamento, opposizione, libertà) perché non ostacolare la volontà del Capo che coincide con quella della nazione; tutto il potere era nelle mani del Partito unico; ogni azione individuale doveva essere funzionale ai fini dello Stato; viene attuata repressione, nazionalismo, odio ideologico, riti e controllo dei mezzi di comunicazione (propaganda) à sorge così un nuovo ordine sociale. (7) STATO SOCIALISTA L’avvento del sistema capitalistico porta alla formazione della nuova classe sociale del proletariato con ideali socialisti che mirano all’eliminazione dello sfruttamento dei lavoratori da parte dei pochi capitalisti (socialismo 10 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino utopistico à rimase un modello utopistico). Con Karl Marx diventa una teoria economica (socialismo scientifico): il lavoro dei lavoratori era l’unica fonte di ricchezza, che gli veniva sottratta dei proprietari dei mezzi produttivi à lo Stato impedisce che il conflitto esploda. Secondo la sua teoria, l’aumento degli sfruttati e delle tecnologie avrebbe prodotto il crollo dell’economia capitalistica; così con Engels scrive il Manifesto del partito comunista (1848) per rovesciare la struttura tramite una rivoluzione e istituire una società comunista senza classi. Secondo Lenin per raggiungere ciò bisognava che si instaurasse, dopo la fine dello Stato borghese, uno Stato socialista intermedio con una dittatura del proletariato, che si sarebbe poi reso inutile data l’eliminazione di ogni antagonismo. Nell’Ottocento c’è una grande diffusione (socialismo internazionale) e viene fondata la I Internazionale, in Francia nasce la Comune che fu causa di scontri; in seguito, i movimenti socialisti si organizzano in partiti e fondano la II Internazionale. La I guerra mondiale provoca una crisi dei partiti socialisti finché la vittoria della Rivoluzione russa (1917) porta alla formazione del Partito comunista dell’Unione sovietica che ispira gli altri paesi e guida la III Internazionale (Comintern) con una ideologia marxista – leninista à provocherà la Rivoluzione d’Ottobre e la formazione dell’URSS. Quest’ultima è caratterizzata da quattro costituzioni e dal principio dell’unità del potere concentrato nel Partito comunista che rispecchia gli interessi del popolo e mira all’edificazione del comunismo. L’URSS è composto dai soviet (eleggono il Congresso dei deputati del popolo, che a sua volta elegge il Soviet supremo e il Presidente dell’URSS). Gorbačëv tentò di riformare il sistema sovietico, ma fallì e provocò la distruzione dell’URSS. (8) STATO DEMOCRATICO e SOCIALE La II guerra mondiale pone fine agli Stati autoritari e instaura le Costituzioni democratiche. La democrazia può essere capita tramite due teorie: - TEORIA CLASSICA = dà una concezione positiva della natura umana e vede la democrazia come un’organizzazione politica in cui si producono decisioni collettive che sono la generalizzazione delle scelte individuali à una sorta di autogoverno dove coincidono governanti e governati. - TEORIA REVISIONISTICA = è una sorta di mercato politico con: da un lato, i politici – imprenditori che propongono politiche, dall’altro i cittadini – acquirenti che le acquistano votando. Per indicare tale forma si utilizza l’espressione “Stato sociale”, poiché esso mira a promuovere i diritti sociali per raggiungere un’uguaglianza e rendere possibile una partecipazione (essere cittadini). La prima causa che lo produce fu la necessità di stabilire un compromesso tra le vecchie classi dirigenti e le nuove forze (la Costituzione funge da patto sociale); la seconda causa è data dalla grande crisi economica degli anni ‘20 che porta all’interventismo dello Stato nell’economia (secondo il modello keynesian – rooseveltiano). È definito anche Welfare State (Stato del benessere) poiché ha come finalità il miglioramento del benessere sociale e l’auto-correzione del sistema capitalistico. Tale forma si sviluppa soprattutto nel Regno Unito fino alla fine degli anni ’70, quando inizia a indebolirsi e gli si sostituisce il turbo-capitalismo. FORME DI GOVERNO Si definiscono in base alle relazioni che si instaurano tra gli organi costituzionali politici all’interno di ogni Stato possiamo dare un’elencazione in base a tratti essenziali: 1. FORMA DI GOVERNO COSTITUZIONALE PURA = è tipica dello Stato liberale ed è caratterizzata da due centri di potere: il Re (potere esecutivo e giurisdizionale, al trono per eredità e rappresentante degli interessi della nobiltà) e il Parlamento (potere legislativo, eletto, interessi borghesi). 11 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino 2. FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE = adottata negli Stati Uniti, il potere è diviso tra: Presidente (capo dell’esecutivo) e Parlamento à entrambi eletti, ma vi è una rigida separazione dei poteri per bilanciare; anche se l’esercizio dei poteri è spesso condizionato dalle dinamiche e dalle maggioranze interne. 3. FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE = adottata dalla Costituzione francese, prevede anche un Governo che necessita della fiducia del Parlamento per restare in carica. Il potere esecutivo è spartito tra Presidente della Repubblica (che padroneggia le maggioranze) e Primo Ministro. 4. FORMA DI GOVERNO DIRETTORIALE = adottata dalla Confederazione svizzera, accanto al Parlamento vi è un Direttorio eletto con funzioni di Governo e di Capo dello Stato. 5. FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE = adottata in Italia, e vi è un rapporto fiduciario disciplinato dalla Costituzione tra Governo e Parlamento; potrebbe instaurarsi una forma di governo parlamentare: a. MAGGIORITARIA à il Governo espressione di un solo partito o di una coalizione pre-elettorale b. COMPROMISSORIA à il governo espressione di una coalizione post-elettorale di partiti Qua il Capo dello Stato svolge funzioni di garanzia per disciplinare le turbolenze interne. 6. FORMA DI GOVERNO ASSEMBLEARE = emerge con l’Assemblea nazionale dopo la Rivoluzione francese: essa aveva tutti i poteri. Oggi si usa per indicare forme dove il Governo è in balia del Parlamento. CAPITOLO 3 LA STORIA COSTITUZIONALE ITALIANA Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia, nonostante il territorio nazionale non fosse ancora completamente unito (Veneto, Lazio, Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige furono annessi dopo). Il Regno inizialmente era visto come l’estensione del Regno di Sardegna: il primo Re fu Vittorio Emanuele II e si instaurò lo Statuto Albertino à conseguenza dell’egemonia piemontese. Successivamente in realtà sì interpretò l’unione come il risultato di una volontà popolare votata in plebisciti. Lo Statuto era stato concesso dal Re Carlo Alberto nel 1848 in un contesto di moti rivoluzionari che rivendicavano Costituzioni e abolizione di governi della Restaurazione in tutta Europa, spinti da pretese di libertà e di sconvolgimento degli assetti sociali da parte dalle nuove classi popolari. Lo Statuto fu una risposta alla crisi, un compromesso tra borghesia liberale moderata e il Re. Introdusse la monarchia costituzionale (forma di governo in cui il Re limita il suo potere con la Costituzione attribuendone parte al Parlamento à sistema dualistico): - al Re spettava il potere esecutivo (nomina dei ministri), il potere giurisdizionale e quello legislativo in accordo con il Parlamento (con diritto di veto). - il Parlamento era composto dalla Camera dei deputati (elettiva ed elitaria) e dal Senato (membri nominati dal re). Lo Statuto proclamava l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge e il principio di legalità (preminenza e sottoposizione alla legge); tuttavia, non vietava leggi ordinarie che lo derogassero e ciò favorì l’eversione fascista (dottrina della flessibilità dello Statuto). Nonostante l’intento iniziale fosse far occupare al Re un ruolo centrale di arbitro tra il Senato (aristocrazia) e la Camera dei deputati (borghesia), l’affermazione della borghesia liberale spostò il baricentro a favore della Camera, trasformando la monarchia costituzionale in parlamentare. Principale effetto fu il controllo dei ministri operato dalla Camera che doveva conceder loro fiducia e, dunque, una trasformazione del Governo in organo titolare dell’esecutivo (guida dei poteri del Re). La proclamazione del Regno d’Italia era però più che altro politica, l’unificazione sostanziale tentò di essere fatta creando un’organizzazione amministrativa rivolta ai bisogni essenziali. Essendo però essa fortemente accentrata, si dimostrò inadatta nel recepire le necessità delle diverse parti del paese e, inoltre, la linea politica 12 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino portata avanti dalla Destra storica era volta a difendere gli interessi borghesi, la modernizzazione e il processo di industrializzazione che acuì i problemi sociali (soprattutto nel Mezzogiorno). Solo con il potere della Sinistra (il Governo di Agostino Depretis) ci furono spinte democratiche e, grazie al Codice Zanardelli (che permetteva le coalizioni), si svilupparono molteplici organizzazioni (tra cui il Partito socialista à primo partito di massa composto da militanti uniti da interessi comuni). Ciò, tuttavia, incosse timore di sovversione tra le classi dirigenti e, dopo poco, si apre lo scontro: i Governi emanano leggi di polizia e repressione (es. Bava Beccaris sparò sulla folla). LA CRISI DI FINE SECOLO Tra le cause di questa crisi vi fu sicuramente l’errore di non affidare l’unificazione a un’organizzazione politica democratica (in grado di realizzare un’integrazione) e riforme come il suffragio che favorirono la corruzione dei partiti operata dal Governo (fenomeno del trasformismo = cambiamento dello schieramento in base a convenienza). Il Parlamento perse peso politico a vantaggio del Governo e il Partito socialista si pone contro il sistema, anche i cattolici non possono partecipare a causa del non expedit del Papa. Successivamente però sale al potere Vittorio Emanuele III e, con i Governi di Zanardelli e Giolitti, c’è un’apertura verso il mondo del lavoro e una collaborazione per ristabilire la pace sociale. Il conflitto si riapre con la crisi dell’esperienza giolittiana, la corruzione e il ritorno a una repressione violenta delle manifestazioni. Inoltre, c’è una forte contrapposizione tra interventisti (favorevoli all’entrata in guerra) e non interventisti. L’Italia entra in guerra contro la volontà del Parlamento (principalmente neutralista) che viene tenuto all’oscuro dell’alleanza con Francia e Inghilterra e costretto a votare pieni poteri al Governo di Salandra. L’AVVENTO DEL FASCISMO Nel 1919 in Italia viene concesso il suffragio universale maschile e il sistema proporzionale che realizza uno Stato pluriclasse dei partiti. Il Partito socialista e il Partito popolare ottengono la maggioranza in un contesto però di sbandamento sociale e forte divisione in classi (movimenti operai rivoluzionari; borghesia vulnerabile per la crisi economica). In questo contesto nasce il movimento fascista di Mussolini che rapidamente raccoglie intorno a sé: piccola borghesia (possibilità di scalata al potere), borghesia agraria e industriale (strumento violento contro le rivoluzioni operaie e contadine), il Re e il suo partito (vedono la possibilità di restaurazione dell’assetto sociale precedente). Inizialmente, segue una tendenza violenta poi con l’appoggio dell’autorità conquista il potere per vie legali: dopo la Marcia su Roma del 1922, il Re concede a Mussolini di formare il nuovo governo. Sostenuto dai liberali convinti di potersene servire, Mussolini introduce una nuova legge elettorale e vince in un clima di intimidazione (denunciato da Matteotti che venne ucciso); l’opposizione abbandona la Camera e Mussolini avvia il consolidamento della dittatura tramite: - Squadre fasciste (Milizia Volontaria Di Sicurezza Nazionale) e leggi fascistissime del 1925 - Duce come capo del Partito (unico) e del Governo con l’istituzione del Gran Consiglio del Fascismo - Eliminazione di partiti e opposizioni (es. la stampa) à rimase solo il Partito comunista clandestinamente - Istituzione di un Tribunale speciale per dare una parvenza legale alle condanne degli oppositori - Fitta propaganda con inquadramento dei giovani, soppressione delle libertà sindacali, controllo dei mezzi di comunicazione e della cultura, espansione coloniale - Alleanza con la Germania di Hitler ed emanazione delle leggi razziste contro gli ebrei - Firma dei Patti Lateranensi con la Chiesa nel 1929 - Risanamento delle finanze statali 13 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino Mussolini, temendo di rimanere escluso dal tavolo delle trattative di pace, decise poi di entrare a fianco di Germania e Giappone nella Seconda guerra mondiale contro gli Alleati (Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Russia). Tuttavia, quando le sorti della guerra volgeva al peggio, si forma una opposizione interna al Gran Consiglio contro Mussolini che viene arrestato per ordine del Re. Il nuovo Governo Badoglio firmò l’armistizio l’8 settembre, ma la mancanza di ordini all’esercito provoca caos e attacchi dai tedeschi (mentre il Re fugge). Il Sud viene occupato dagli Alleati e i partiti antifascisti fondano il CLN, mentre il Centro-Nord è occupato dai tedeschi e Mussolini liberato fonda la Repubblica di Salò (qua il CLNAI guida la guerra di liberazione con i partigiani). LA COSTITUZIONE PROVVISORIA Il Re, facendo arrestare Mussolini, mirava a smantellare il suo Governo per ripristinare la situazione precedente al fascismo; tuttavia, i partiti del CLN voleva uno Stato radicalmente nuovo: con la svolta di Salerno grazie a Togliatti si raggiunse un compromesso à i sei partiti formano un governo di unità nazionale sotto Badoglio e il Re promette di ritirarsi (lasciando la luogotenenza a Umberto) dopo la liberazione di Roma. Liberata Roma, si stabilì che con la liberazione del territorio nazionale si sarebbe eletta un’Assemblea costituente per determinare la forma istituzionale dello Stato (monarchia o repubblica). Tuttavia, dopo la liberazione (25 aprile 1945) la decisione fu affidata a un referendum che contestualmente avrebbe anche eletto l’Assemblea costituente (il 2 giugno) tramite un suffragio universale (anche le donne): vinse la Repubblica e l’Assemblea fu composta dai partiti del CLN. Gli anni dopo la liberazione videro un susseguirsi di governi composti dai partiti del CLN capeggiati prima da Parri, poi da De Gasperi che condusse alla rottura con il Partito socialista e comunista; anche se si mantenne con essi l’accordo costituente che portò alla Costituzione: essa di fatto era un compromesso dove confluivano correnti ideologiche diverse basata su principi di matrice cattolica, socialcomunista e laica-liberale (in vigore dal 1° gennaio 1948). Dopo l’entrata in vigore, si palesò lo scontro tra Democrazia cristiana e Fronte popolare (PCI e PSI); ma le elezioni furono vinte dalla prima che fondò un blocco sociale anticomunista. Il coinvolgimento nell’alleanza centrista di diverse componenti portò l’affermazione di un multipartitismo estremo composto da diversi partiti e contrapposizioni politico-ideologiche. BREVE STORIA DELLE LEGISLATURE REPUBBLICANE La Costituzione venne congelata per evitare crepe nella compatta maggioranza centrista, anche se vennero comunque emanate riforme in campo economico e sociale (riforma agraria, infrastrutture, sistema fiscale). Tali iniziative provocarono scontenti a cui De Gasperi fece fronte con una legge elettorale (legge truffa) che non produsse in realtà effetti alle elezioni del 1953 (se non la perdita della sua leadership). Iniziò poi il disgelo costituzionale (istituzione della Corte costituzionale e del Consiglio Supremo della Magistratura) e l’Italia visse un periodo detto “miracolo economico italiano” (1952 – 1962): incrementi della produzione industriale provocarono migrazioni nelle grandi città, evoluzioni e maggiore occupazione. Le elezioni del 1958/1963 vedono l’ingresso dei socialisti nella maggioranza e la formazione del primo governo di centro-sinistra (particolarmente innovatore e riformista), ma contemporaneamente anche una recessione economica. Le elezioni del 1968 furono invece caratterizzate da lotte sociali (movimenti studenteschi e operai) e dal cosiddetto terrorismo di destra. L’instabilità politica portò lo scioglimento anticipato delle Camere più volte: 14 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino - Nel 1972 = ci furono nuove elezioni, ma anche una crisi economica per l’aumento del prezzo del petrolio che favorì lo sviluppo di movimenti estremisti di sinistra placabili solo con il compromesso storico tra forze cattoliche (DC) e comuniste (PCI). - Nel 1976 = si avviò poi un coinvolgimento nel Governo del Partito comunista, interrotto però dal rapimento di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse. - Nel 1979 = conseguenza dell’uscita dei comunisti dalla maggioranza; la rottura del compromesso storico porta alla nascita del Pentapartito (composto dai partiti del CLN, meno l’opposizione comunista che venne emarginata), presentante anch’esso una forte conflittualità interna. - Nel 1983 e 1987 = il forte malessere istituzionale spinge a contestare la Costituzione e a considerarla un ostacolo. Le varie legislature furono caratterizzate da eventi: X LEGISLATURA (1987) à con Governi di Pentapartito; forte crisi finanziaria, Tangentopoli e affermazione di Cosa Nostra: la causa della corruzione si scaricò sulla legge elettorale proporzionale, per cui si richiese un referendum abrogativo (inizio della stagione referendaria) e ci furono vari attacchi ai partiti. XI LEGISLATURA (1992 – 1994) à fu la più breve; nel 1993 il Parlamento approva una nuova legge elettorale maggioritaria (Legge Mattarella) che, con il Governo Prodi, segna l’inizio del bipolarismo. XII LEGISLATURA (1994 – 1996) à inizia la cosiddetta seconda Repubblica con il Governo Berlusconi (centro – destra) e poi Dini (opposizione) che presto si dimise. Scalfaro fallisce nel tentativo di creare un Governo appoggiato da tutti i partiti e scioglie le Camere. XIII LEGISLATURA (1996 – 2001) à si afferma il Governo Prodi (centro – sinistra, l’Ulivo) e si susseguirono poi vari altri Governi. Nel 1999 fu eletto Presidente Ciampi. XIV LEGISLATURA (2001 – 2006) à con Governo Berlusconi II (centro – destra), ma nel 2006 il Presidente firma per lo scioglimento delle Camere. XV LEGISLATURA (2006 – 2008) à nuovo Governo Prodi (centro – sinistra) e Presidente Napolitano che nel 2008 scioglie nuovamente le Camere. XVI LEGISLATURA (2008 – 2012) à con Governo Berlusconi IV costretto alle dimissioni dalla crisi economica iniziata nel 2007, al posto sale Governo tecnico Monti ma anch’egli si dimise e il Presidente scioglie le Camere. XVII LEGISLATURA (2013 – oggi) à viene rieletto Napolitano che incarica Letta alla formazione di un nuovo Governo la cui maggioranza ufficiale vedrà Nuovo Centro Destra, Scelta Civica per l’Italia e Partito Democratico. Il PD porterà Letta a dare le dimissioni e viene assegnato a Renzi (segretario PD) l’incarico di un nuovo Governo che solleva questioni di fiducia sulla legge elettorale Italicum (poi approvata) e propone un disegno di legge costituzionale inizialmente approvato da Senato e Camere, ma poi bocciato dal referendum richiesto dall’opposizione. Tale fallimento porta Renzi alle dimissioni e nasce Governo Gentiloni. Nel 2015 Napolitano dà le dimissioni e al posto sale Mattarella. PERIODIZZAZIONE COSTITUZIONALE FASE di RICONOSCIMENTO della COSTITUZIONE FASE della RIFORMA COSTITUZIONALE [1948 – 1978] [1979 – 2016] (1) ARMISTIZIO FRAGILE (1948 – 1955) = durante gli anni della (4) SECONDA GLACIAZIONE (1979 – 1993) = inizia a regredire il guerra fredda, la Costituzione fu “congelata” e attuata solo nella riconoscimento della Costituzione, non più vista come un parte riguardante diritti politici e forma di governo. programma politico confini proiettati sul futuro. 15 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino (2) ARMISTIZIO CONSOLIDATO (1956 – 1965) = ci furono le prime (5) REVISIONISMO COSTITUZIONALE (1982 – 2016) = si passa da attuazioni della Costituzione (es. Corte costituzionale e Consiglio una lotta sulla Costituzione (conflitto tra interpretazioni diverse) della Magistratura), anche se il suo progetto riformatore a una lotta per la Costituzione (tra chi ne difende la validità e chi rimaneva ancora lontano. la reputa ormai superata); inizia così la riforma. (3) DISGELO (1966 – 1978) = la Costituzione inizia essere vista come Questi anni vedono il susseguirsi di Comitati e Commissioni la proposta di un modello di società e, su questa base, sorgono incaricate di esaminare e proporre riforme costituzionali e riforme (licenziamenti, pensioni, diritto di famiglia, sanità, divorzio e legge legislative; tuttavia, le varie proposte furono spesso oggetto di sui referendum). Sorge anche la strategia del compromesso storico lunghi dibattiti parlamentari che si conclusero quasi sempre con volta una collaborazione tra forze per risanare la società, che un nulla di fatto. In particolare, le proposte concernevano tuttavia fallì con il rapimento di Aldo Moro. L’Italia vive un principalmente la parte seconda della Costituzione e, addirittura periodo buio caratterizzato da terrorismo (brigate rosse), colpo con Cossiga (nel 1991), si arrivò a proporre l’elezione di una di Stato (Arma dei carabinieri con De Lorenzo), stragismo (es. nuova Assemblea costituente, ma anche questi progetti Strage di piazza Fontana), diffusione di organizzazioni segrete fallirono. (es. Loggia P2) e delinquenza finanziaria. CAPITOLO 4 LA FORMA DI STATO NELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE ITALIANO La Costituzione italiana disciplina i procedimenti di produzione degli atti normativi e la forma del sistema politico à la forma dello Stato, ossia i fini politici generali da perseguire per raggiungere un dato modello di società, nei quali si identificano i principi fondamentali alla base di tutte le regole (scelti e selezionati attraverso l’attività costituente delle forze politiche dominanti). Si inserisce qua il concetto di costituzione in senso materiale di Mortati indicante l’ordine scelto da tali forze (conflittuali - CLN) tramite un armistizio (= Costituzione), in cui trova fondamento la costituzione in senso formale. I contenuti dell’armistizio riguardano la produzione di atti normativi (senso strutturale: forma di governo e fonti del diritto) e i fini/principi fondamentali (senso funzionale) sostenuti dalle forze politiche dominanti dell’epoca e il tutto viene sottoscritto nella costituzione formale. L’efficacia del patteggiamento dipende dal comune interesse delle forze a mantenere una pace reciproca ed evitare la guerra civile, per questo l’armistizio presenta: - CONTENUTO NECESSARIO = insieme di disposizioni che individuano i soggetti e le procedure per la produzione di diritto, volti alla risoluzione di ogni futuro conflitto; ciò mette in luce come la Costituzione odori ancora di sangue e sia stata funzionale a un mantenimento dell’ordine, più che fonte di “aspirazioni buone e ideali” come crede l’opinione diffusa. - MINIMO CONTENUTO MATERIALE = disposizioni vaghe e indeterminate recanti i fini politici non tanto comuni, quanto necessari per evitare un’autodistruzione e pacificare i conflitti tra ideologie. Tali principi fondamentali si ritrovano nei primi 12 articoli e nella prima parte (Diritti e doveri dei cittadini). ® Molte questioni sono rimaste aperte e i principi etico-politici più identitari non sono neanche entrati nel compromesso non dando possibilità di patteggiamenti; la nostra è una costituzione pluralista e parziale. PROBLEMA DEI DIRITTI FONDAMENTALI: se inizialmente erano le pretese soggettive riconosciute dal diritto oggettivo, ad oggi tale espressione si usa anche per indicare pretese non previste ma che si ritiene lo debbano essere. La TEORIA DEI DIRITTI FONDAMENTALI oggi presuppone la necessità di una costituzione in senso funzionale (che esprime il modello di società che l’ordinamento mira a realizzare), da ciò deriva che i diritti fondamentali sono quei diritti visti come presupposti per la realizzazione di tale modello. Il problema verte sull’identificazione di questi diritti che, se privati di un appiglio al diritto positivo (cost. scritta), consentirebbero a ciascuno di invocare la propria legge naturale. Per cui si è stabilito che le pretese individuali possono essere qualificate come diritti soggettivi (tutelati ed efficaci) solo su valutazione di un giudice. Qua si ricollega il 16 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino problema dell’ART. 2 che impone che la Repubblica riconosca i diritti inviolabili senza specificare quali essi siano; perciò, secondo interpretazioni si pensa che tale articolo funga da vera fonte sulla produzione di norme costituzionali fornendo copertura anche a “nuovi “diritti non menzionati espressamente, ma definiti tali da giudici attraverso la coscienza sociale del tempo. Potrebbe emergere però il problema della soggettività degli interpreti, risolto inizialmente dalla Corte di Cassazione con una regola sulla coincidenza che deve persistere tra diritto soggettivo e garanzie previste dal diritto oggettivo; poi dalla Corte costituzionale che si è posta protagonista nell’attività di co-produzione del diritto positivo (modello neo-costituzionalista). I PRINCIPI FONDAMENTALI PRINCIPIO DEMOCRATICO = “la sovranità appartiene al popolo” (ART. 1); il principio sancisce il diritto del popolo di partecipare alle supreme decisioni politiche. Si parla di popolo, non di Nazione, per sottintendere l’esistenza di un soggetto (società italiana) unito grazie alla storia e dotato di un principio d’ordine interno, anch’esso però limitato dalla Costituzione. PRINCIPIO PERSONALISTA = “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabile dell’uomo” (ART. 2); l’articolo delinea lo scopo della Repubblica: tutelare i diritti dell’uomo. Si assegna così un profilo funzionale alla Costituzione e si pone l’individuo al centro dell’organizzazione sociale e politica, titolare di diritti anteriori allo Stato. PRINCIPIO LAVORISTA = “La Repubblica è fondata sul lavoro” (ART. 1); “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro […]” (ART. 4); tale principio si lega a quello personalista indicando il lavoro come l’elemento che genera dignità umana, afferma la personalità e consente a ognuno di sdebitarsi con gli altri consociati: è il valore fondante la Repubblica. Con lavoro si intende qualsiasi attività che renda il cittadino virtuoso e gli permetta di esprimere capacità creativa (condizione che lo Stato deve promuovere), ma si intende anche un dovere nei confronti della società. PRINCIPIO SOLIDARISTA = “La Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (ART. 2); gli individui sono caricati anche di doveri altrettanto fondanti per l’esistenza dello Stato, tale principio richiama gli uomini a comportamenti collaborativi e alla limitazione delle proprie libertà naturali al fine di creare unità e ordine civile. PRINCIPIO PLURALISTA = “La Repubblica riconosce i diritti […] sia come singolo sia nelle formazioni sociali” (ART. 2); tale principio da un lato mette in luce la genesi storica della Costituzione, frutto di un compromesso armistiziale tra più forze. Dall’altro, specifica il riconoscimento sia all’uomo singolo sia nella sua socialità, implicando l’esistenza di valori e ideologie precedenti e fuori dalla Costituzione e dallo Stato. Le costituzioni armistiziali mantengono comunque il conflitto (infatti, le disposizioni costituzionali di principio sono espresse in maniera indeterminata e restano irrisolte), tuttavia lo disarmano e garantiscono un pluralismo politico andando a predisporre regole sulla produzione del diritto che obbligano chiunque voglia affermarsi a conformarsi ad esse. Inoltre, l’indeterminatezza vivifica i principi costituzionali poiché alimenta la lotta sulle interpretazioni. Il termine pluralismo è utilizzato anche per indicare la molteplicità delle fonti e delle istituzioni territoriali. PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA = “L’ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale” (ART. 10); “L’Italia ripudia la guerra, limita la sovranità per assicurare pace e giustizia fra Nazioni” (ART. 11); il principio esprime la necessaria apertura dell’ordinamento ai principi sanciti dal diritto internazionale, intorno ai quali si è formato tra le forze politiche un consenso generale (denominatori comuni). PRINCIPIO DI LAICITÀ = “Tutte le confessioni sono ugualmente libere di fronte alla legge di organizzarsi secondo i propri statuti” (ART. 8); “è riconosciuto il diritto di professare liberamente” (ART. 19); lo Stato italiano è laico dal momento che: a. non riconosce privilegi, tollera e tratta in ugual modo tutte le confessioni; b. prende decisioni pubbliche mantenendosi neutrale rispetto a ogni concezione religiosa o dottrina comprensiva, al fine di garantire eguali libertà etiche per tutti. 17 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA = “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” (ART. 3 – comma 1); “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto libertà e uguaglianza” (comma 2); tale principio è il più artificiale poiché mira a qualcosa che in natura non è dato: gli uomini nascono diversi, solo un ordinamento giuridico può renderli uguali. L’uguaglianza che si raggiunge è però solo formale/potenziale, perché di fatto esistono le disuguaglianze che limitano l’esercizio effettivo dei diritti di cui si è formalmente titolari (la Repubblica deve mirare all’uguaglianza sostanziale). PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA FORMALE = “Tutti i cittadini […] sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali” (ART. 3 – comma 1); il divieto di distinzione espresso non ha come intento imporre trattamenti uguali a situazioni diverse poiché ciò non farebbe che creare disuguaglianze (es. stesso trattamento per lavoro adulto e minorile). Di per sé le differenze di natura artificiale, culturale, politica sono inaccettabili e quindi è bene riservare trattamenti uguali (es. ricchi/poveri), è innegabile però la presenza di differenze oggettive naturali che giustificano trattamenti differenziati (es. sano/malato). La valutazione circa la diversità di trattamenti è affidata al legislatore che deve però essere limitato in questa sua competenza. Alcune differenze verranno considerati accettabili dalla moralità diffusa che ammetterà trattamenti diversificati, altri invece no. Nella sua valutazione deve essere ragionevole, poiché la differenziazione di trattamento tra individui in realtà uguali comporta un’invalidità della legge. Egli dovrà mettere a confronto le fattispecie e comprendere se sussista pari ratio tra fattispecie A e B, oppure rifarsi a un’eventuale disciplina costituzionale che prevede una diversificazione per alcune categorie. QUESTIONE DI ILLEGITTIMITÀ ART. 559 à è un esempio di come il contesto storico – sociale ha condotto a soluzioni diverse su uno stesso tema (adulterio). Nella sent. 64/1961 la Corte non dichiara incostituzionale la legge che prevede trattamento più duro sulla moglie (simbolo dell’unità familiare); invece nella sent. 126/1968 afferma l’incostituzionalità alla luce del nuovo contesto che parifica la posizione di moglie e marito. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA SOSTANZIALE = la costituzione di questo principio si basa sulla necessaria trasformazione della struttura economico sociale al fine di tutelare i deboli e consentire loro un’esistenza dignitosa e una partecipazione all’organizzazione del paese. Il principio prevede quindi azioni positive con le quali l’ordinamento interviene nella rimozione di ostacoli (es. azioni positive per realizzare la parità uomo-donna nel lavoro). CAPITOLO 5 I DIRITTI E I DOVERI DEL CITTADINO L’ART. 2 parla di “diritti inviolabili”, tale aggettivo fa riferimento al fatto che il loro contenuto essenziale non può essere modificato (neppure con una legge di revisione costituzionale) poiché esso qualifica la forma di Stato. Tali diritti sono quelli ricavabili dal testo costituzionale, nel quale spesso sono espressi in maniera indeterminata per questo è possibile effettuare su di essi una limitazione ossia determinarli nel loro contenuto così da renderne concreto l’esercizio. Tale determinazione è frutto, comunque, di scelte politiche e, in certi casi, si tratta anche di bilanciarli con altri diritti in conflitto. Il risultato ottenuto viene poi sottoposto a un controllo di legittimità costituzionale operato dalla Corte costituzionale. ES. ART. 32 “Nessuno può essere obbligato al trattamento sanitario […] nel rispetto della persona umana” la definizione del concetto di “trattamento sanitario” modifica il contenuto stesso dell’articolo, poiché se esso si riferisse anche a interventi di idratazione/alimentazione riconoscerebbe il diritto eutanasia. I diritti costituzionali hanno diversa struttura (pretese contenutistiche) e funzione (fini), ma sono tutti il risultato di conquiste storiche a seguito di lotte e necessitano di interventi legislativi che ne consentano l’effettività e 18 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino l’esercizio. L’ordinamento ha quindi predisposto delle garanzie a loro tutela (ostacoli preventivi/reazioni a offese): o RIGIDITÀ DELLA COSTITUZIONE à il nucleo essenziale delle disposizioni costituzionali non è modificabile e la forma scritta funge già da loro garanzia. La parte che non rientra nel nucleo essenziale può essere modificata solo tramite il procedimento di revisione costituzionale (ART. 138) e sottoposto al controllo della Corte costituzionale. Per questo la Costituzione italiana è rigida a differenza di altre costituzioni flessibili (mancanti di meccanismi procedurali o strumenti di controllo). o RISERVA DI LEGGE à la determinazione contenutistica dei diritti è sottoposta a riserva di legge che prevedere, per lo svolgimento di tale attività, leggi ordinarie (o atti equiparati). Ciò per questioni di garanzia: essi prevedono infatti procedimenti pubblici con la presenza del Parlamento (potere legislativo che tutela dall’esecutivo). o RISERVA DI GIURISDIZIONE à inoltre, tali leggi sono poi sottoposte a controlli operati da un organo del potere giudiziario, anch’esso costituisce garanzia. o INDIPENDENZA E IMPARZIALITÀ DELLA MAGISTRATURA à disposizioni costituzionali vanno anche ad assicurare l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura (potere giudiziario). o PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE à es. principio di legalità; giustiziabilità; etc. QUESTIONE DELL’EFFICACIA Le disposizioni della Costituzione, a seconda di come operano, possono essere: DISPOSIZIONI A EFFICACIA DIRETTA DISPOSIZIONI A EFFICACIA DIFFERITA Regole costituzionali formulate in maniera completa e, Disposizioni che necessitano di ulteriori leggi che diano dunque, direttamente applicabili (es. ART. 27 – Non è loro effettiva applicazione (leggi d’attuazione). ammessa la pena di morte). Rientrano anche le c.d. disposizioni programmatiche Rientrano le c.d. disposizioni organizzative (disposizioni (disp. cost. di principio) che sono direttamente costituzionali di principio; es. ART. 24 – La difesa è un vincolanti per lo Stato, poiché stabiliscono delle linee diritto inviolabile) non precise, ma che impartiscono d’azione da attuare attraverso le politiche. Quindi sono degli orientamenti di cui giudici/Corte cost. possono obblighi per lo Stato, ma che necessitano comunque di direttamente avvalersi. interventi attuativi. I DIRITTI DELLO STRANIERO La Costituzione riconosce anche diritti agli stranieri, anche se non sovrapponibili a quelli dei cittadini legati da rapporto di cittadinanza. I diritti garantiti a tutti sono detti diritti dell’uomo, contrapposti ai diritti del cittadino e prescindono dall’appartenenza a una comunità politica. Essi sono inseriti: - Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (ONU, 1948) - Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Consiglio d’Europa, 1950) Nella nostra Costituzione, l’ART. 10 stabilisce “la condizione giuridica dello straniero è regolata in conformità alle norme e ai trattati internazionali”, per cui è prevista una riserva di legge: il legislatore deve rispettare i contenuti internazionali nella disciplina di tale materia. In generale, è possibile estendere agli stranieri disposizioni costituzionali che tutelano la dignità umana, non quelle che presuppongono la qualità di cittadino (anche l’ART. 19 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino 2 ammette la presenza di diritti dell’uomo); concedendo al legislatore nella disciplina una differenziazione tra cittadini e stranieri. A seguito del processo di integrazione europea, si è inserita una differenziazione tra stranieri comunitari (cittadini degli Stati membri) ed extracomunitari. Il Trattato di Maastricht ha introdotto la cittadinanza europea a cui si riconoscono una serie di diritti e nel 2000 il Consiglio europeo ha emanato la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza). CAPITOLO 6 I DIRITTI DEL CITTADINO NEI RAPPORTI CIVILI LA LIBERTÀ PERSONALE L’ART. 13 disciplina la libertà in un suo aspetto: autodeterminazione psicofisica della persona (libertà da costrizioni fisiche/psicologiche = divieto imposto ai poteri pubblici/privati di ricorrere alla forza oltre i limiti necessari). L’articolo sottolinea il carattere di inviolabilità essendo essa un principio fondamentale non modificabile, ma limitabile laddove vada a ledere un altro soggetto. È infatti riconosciuta allo Stato la possibilità di limitare la libertà personale, ma solo entro i limiti e le condizioni indicate (rinvenibili anche nel Codice di procedura penale): vietata violenza fisica e morale sulla persona privata della propria libertà, limite di tempo massimo alla carcerazione preventiva, ex ART. 27 “divieto pena di morte, pene disumane, non funzionali alla rieducazione”. Ogni limitazione della libertà deve essere prevista da legge (o atto equiparato) à riserva assoluta di legge; deve essere disposto un atto motivato dall’autorità giudiziaria à riserva di giurisdizione (anche ricorso in Cassazione o Tribunale del riesame). In casi eccezionali è concesso il fermo di polizia giudiziaria: l'autorità di sicurezza (polizia) può procedere alla limitazione di libertà prima dell’atto motivato, comunicando però entro 48h a un giudice che dovrà convalidare (se no provvedimento decade). LIBERTÀ DI DOMICILIO L’ART. 14 afferma la sua inviolabilità e prevede garanzie. Con domicilio non si intende solo la proprietà privata del soggetto, ma qualsiasi spazio in cui si proietti la sua persona (es. camera d’albergo, impresa, partito, computer). L’ultimo comma prevede leggi speciali di deroga a queste garanzie (riserva di legge rinforzata per contenuto): potere d’ispezione che non richiede obbligatoriamente il consenso dell’autorità giudiziaria, richiesto invece per sequestri e perquisizioni (salvo condizioni d’urgenza). LIBERTÀ E LA SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA L’ART. 15 tutela la corrispondenza e la comunicazione (tra due soggetti determinati) con le medesime garanzie previste dagli articoli precedenti. In questo caso, è sempre necessario un consenso giudiziario per procedere alla violazione di questa libertà. LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE E SOGGIORNO L’ART. 16 tutela la libertà di movimento/fissazione del domicilio (rientranti nella libera disponibilità del proprio corpo – ART. 13) prevedendo una riserva di legge rinforzata per contenuto: le limitazioni fissabili dalla legge devono essere motivate da ragioni di sanità o sicurezza. 20 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino N.B. Si ricollegano a tale articolo anche l’ART. 35 (libertà di emigrazione) e l’ART. 120 (vietati ostacoli alla libera circolazione di persone o cose tra Regioni). LIBERTÀ DI RIUNIONE L’ART. 17 assicura libertà di riunione per qualsiasi scopo e luogo con le uniche limitazioni che siano pacifiche e senza armi. Differenzia tra: riunioni private (previo consenso del proprietario); riunioni in luogo aperto al pubblico (non destinati all’uso di tutti; es. teatro); riunioni in luogo pubblico (destinati a tutti; es. piazza) per i quali è richiesto preavviso alle autorità pubbliche che possono vietarle per motivi di sicurezza o incolumità. LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE L’ART. 18 tutela la libertà di associazione, intesa come rapporto sociale tra più soggetti che perseguono scopi comuni in maniera organizzata e stabile nel tempo. L’unico limite posto coincide con i divieti penali; è ammessa anche la libertà di non associarsi. Nell’articolo rientrano tutte le formazioni sociali (ART. 2) che non necessitano di autorizzazioni se perseguono fini leciti, sono vietate però: organizzazioni di carattere militare (con fini politici) e associazioni segrete, che occultano fini/scopi e interferiscono con il sistema democratico (legge 17/1982). Il loro scioglimento necessita di una sentenza d’accertamento e di un decreto del Presidente del CdM. N.B. Si aggiunge qua anche il divieto di riorganizzazione del partito fascista (XII disposizione finale). LIBERTÀ RELIGIOSA L’ART. 19 sancisce il riconoscimento della libertà religiosa, che trova le sue origini nella formazione dello Stato moderno, e afferma la possibilità di ciascuno di professare la propria fede con il solo limite del buon costume. L’ART. 20 impedisce ostacoli indiretti all’esercizio di tale libertà, in particolare oneri fiscali speciali rispetto a quelli tipicamente imposti alle varie associazioni. N.B. Bisogna qua rimandare anche all’ART. 3 (divieto di discriminazione per religione) e agli ART. 7 – 8 LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO L’ART. 21 tutela la libertà di manifestare il proprio pensiero (con qualsiasi mezzo), ciò è essenziale per la partecipazione democratica e per rende effettivo il principio pluralistico e la lotta disarmata (oltre a permettere pretese di riconoscimento ed espressione del dissenso) à per questo gode di ampie garanzie. Tuttavia, è evidente che l’accesso ai mezzi di comunicazione di massa spesso è goduto solo da pochi che padroneggiano l’opinione pubblica; per cui si è cercato di realizzare un effettivo pluralismo dell’informazione tramite la legge 249/1997 che istituisce l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni (contro l’affermarsi di posizioni dominanti). Al contrario delle maggior parte dei mezzi, la stampa non è sottoposta a controlli preventivi ma può essere oggetto di sequestro (convalidato dall’autorità giudiziaria) in caso di delitto o violazione di norme (es. il mancato rispetto dell’anonimato); solo la stampa periodica in caso di urgenza può essere sequestrata dalla polizia dando entro 24h notizia ai giudici per la convalida. I limiti al contenuto devono essere espressi da leggi (riserva di legge): buon costume (non per opere d’arte o di scienza – ART. 33), vietate manifestazioni di pensieri ingiuriosi/diffamatori e reati di istigazione/apologia in grado di produrre azioni pericolose per l’ordine pubblico. 21 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino DIRITTO ALLA CAPACITÀ GIURIDICA, CITTADINANZA, NOME L’ART. 22 vieta la privazione, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza e del nome in quanto beni essenziali che connotano l’identità sociale e giuridica della persona (contro il regime fascista). DIRITTO AL PROCESSO E NEL PROCESSO Tali diritti sono garanzie per il cittadino che si trovi al cospetto del potere giurisdizionale, disciplinato a sua volta (es. giudice deve essere indipendente e imparziale). L’ART. 24 prevede il diritto al processo (che permette di agire contro ogni atto/fatto lesivo di un proprio diritto soggettivo o interesse legittimo mediante un’azione in giudizio) e diritti nel processo come il diritto di difesa (inviolabile) riconosciuto anche ai meno abbienti attraverso una rimozione di ostacoli economici (es. gratuito patrocinio a spese dello Stato) à uguaglianza sostanziale. Vige inoltre il diritto di essere giudicati da un giudice istituito dalla legge (sulla base di criteri generali di competenza per territorio e per materia) prima del fatto: garanzia del giudice naturale precostituito per legge, funzionale al divieto di istituire giudici straordinari. L’ART. 25 sancisce il principio di legalità per cui nessuno può essere punito per un comportamento non ritenuto reato in quel momento à la legge (o atto equiparato) deve quindi predeterminare le fattispecie che l’ordinamento intende punire (riserva di legge). Emerge qui il principio di tassatività delle fattispecie penali (non sono punibili casi non previsti) e il principio di irretroattività della legge penale (è sanzionabile solo il comportamento attuato successivamente all’emanazione della legge che lo qualifica come reato). Tale principio è stato costituzionalizzato solo in riferimento all’ambito penale, trattandosi di sanzioni forti sulla libertà personale. Inoltre, anche sull’applicazione di misure di sicurezza è prevista una riserva di legge: il giudice può disporle solo in caso di pericolosità sociale. L’ART. 27 sottolinea poi la personalità della responsabilità penale: nessuno può essere condannato per un reato che non ha commesso. CAPITOLO 7 I DIRITTI DEL CITTADINO NEI RAPPORTI ETICO – SOCIALI DIRITTI DELLA E NELLA FAMIGLIA L’ART. 29 definisce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio a cui la Repubblica deve riconoscere i diritti che le competono per preservarne l’autonomia, essendo il primo nucleo sociale nel quale l’individuo instaura relazioni. La definizione data riflette il significato che essa aveva tradizionalmente e genera oggi un acceso dibattito se in esso possano rientrare anche forme di convivenza tra coppie eterosessuali non sposate/omosessuali che non possono sposarsi; in risposta si afferma che se siano certamente formazioni sociali, ma non al pari delle famiglie fondate sul matrimonio. L’articolo riconosce poi ai coniugi uguaglianza morale e giuridica, salvo limitazioni legislative. Il principio di uguaglianza è ribadito dall’ART. 30: entrambi i coniugi hanno il dovere di mantenere, istruire e educare i figli (per l’inadempimento interviene la legge). Sono poi tutelati anche i nati fuori dal matrimonio. L’ART. 31 stabilisce invece i comportamenti dello Stato: negativi (astenersi dall’intervenire nelle scelte familiari) o positivi (intervenire a tutela di famiglie numerose). N.B. Riforma del diritto di famiglia legge 151/1975. 22 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino DIRITTO ALLA SALUTE L’ART. 32 tutela il diritto alla salute, l’unico qualificato come fondamentale poiché è presupposto di fatto per il godimento di tutti gli altri diritti. Il contenuto dell’articolo è eterogeneo, vi sono pretese: negative (astensione di terzi da atti pregiudizievoli; no costrizioni a trattamenti sanitari) o positive (Repubblica predisponga strutture; cure gratuite per gli indigenti). A tale diritto si ricollega anche il diritto a un ambiente salubre. Il servizio sanitario pubblico garantisce, anche a chi non è in condizioni di assoluta indigenza, prestazioni pagate dallo Stato à possibili solo se sono disponibili le risorse, ciò dipende da scelte politiche che definiscono la soglia di indigenza (anche se la Corte può dichiarare illegittimità costituzionale su leggi che violano il contenuto minimo essenziale = nessuno deve morire per una malattia curabile). Per far fronte alle disparità di trattamento è sorto il Sistema Sanitario Nazionale basato su uguaglianza. Nel COMMA 2 si parla del diritto di rifiutare le terapie (autodeterminarsi), salvo casi in cui subentra l’interesse della collettività (es. vaccinazioni) stabiliti per legge nel rispetto della dignità (riserva di legge rinforzata). L’individuo deve però essere in possesso delle facoltà mentali e capace di comprendere le conseguenze (consenso informato) à si può pro