Retail Marketing PDF - Guide, KPI e Vendita

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CrisperLanthanum3158

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Questo documento affronta i principi fondanti del retail marketing, esaminando il ruolo dei punti vendita, il retail mix, e le strategie per creare valore sia per i clienti che per gli investitori. Si analizzano i diversi sistemi distributivi, le funzioni del retail, e i fattori di differenziazione che influenzano le decisioni dei consumatori, focalizzandosi sull'importanza del margine e delle tipologie di acquisto.

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DIGITAL MARKETING E OMNICANALITÁ Retail marketing Frequentanti: slide + excel + lavoro di gruppo Non frequentanti: “Gli indicatori di prestazione del negozio. I numeri che orientano le decisioni.” (Libr...

DIGITAL MARKETING E OMNICANALITÁ Retail marketing Frequentanti: slide + excel + lavoro di gruppo Non frequentanti: “Gli indicatori di prestazione del negozio. I numeri che orientano le decisioni.” (Libro) Esame: 16 domande a crocette (50% voto) Retail mix, location e KPI della vendita Il ruolo dei punti vendita è quello di vendere, che però non è un risultato scontato; infatti, permette di far conoscere il brand, ovvero dei touchpoint, e devono avere il potere di attrarre e stimolare l’acquisto. È un luogo dove i consumatori toccano con mano e vivono un’esperienza all’interno del brand, che compongono l’entità astratta del brand. I punti vendita sono un aspetto molto importante della materialità del brand. Partiamo dalla prospettiva dei produttori: come rendono accessibili i prodotti? Prendono delle decisioni, utilizzando il canale diretto, oppure utilizzando degli intermediari. (es. Barilla utilizza degli intermediari perché la gente non va direttamente a comprare la pasta; ma ci sono i negozi che fanno solo cosmetica, perché è giusti cabile nella logica del consumatore). Vendere sia negozio diretto che intermediari permette che gli intermediari siano antenne del mercato per conoscere le tendenze. Le aziende produttrici devono scegliere il loro sistema verticale di marketing (Vertical Distribution System) più conveniente per loro. I sistemi distributivi possono essere di diverso tipo: - sistemi corporate, dove un membro del canale possiede tutto (es. LV, Hermes, Nespresso, banche, ecc…) - sistemi contrattuale (tipici dei franchising), dove il produttore ha contratti con i canali o combina proprietà e contratti (es. Intimissimi, Tezenis, Starbucks, McDonald’s); con un contratto di franchising, mi assicuro una copertura numerica importante in luoghi dove non sono presente (=espansione capillare) - sistema amministrato (rivolgermi a dei retailer), dove il produttore gestisce diversi account di rivenditori (tipico dei beni di consumo confezionati); i grandi attori possono avere così tanto potere che i canali tendono a cooperare (es. Red Bull, Coca Cola, Partesa vs. Horeca) Non ci sono sempre dei modelli pure, ma esistono anche forme ibride di VDS (es. un’impresa che usa il canale diretto, ma anche i canali indiretti, il marketplace, ecc…). I tratti comuni delle attività commerciali sono: 1. Il luogo sico e/o virtuale in cui avviene il commercio (merce in cambio di denaro), che serve come piattaforma per accogliere i clienti 2. Una selezione di merci/un sistema di produzione di servizi 3. Un'organizzazione che consente di essere e cienti e di generare pro tto 1 fi fi ffi fi L’obiettivo di un’azienda retail è quello di soddisfare sia i clienti che gli investitori = creare valore per i clienti e soddisfare gli investitori. I pro tti ricompensano gli investitori, ma dovrebbero anche generare la crescita della rete commerciale: una catena apre i suoi negozi perché quelli precedenti hanno generato pro tti che vengono in parte reinvestiti per aprire nuovi negozi (questo perché la formula commerciale è vincente). Questa, infatti, è la principale di erenza se si confrontano le formule di vendita al dettaglio moderne con il commercio tradizionale. Walmart è l’azienda più grande del mondo e con più successo, con sede negli Stati Uniti. Le funzioni di base del retail sono: - Trasporto → da dove valgono meno a dove valgono di più - Storage (=immagazzinamento) → le merci non possono essere sempre in movimento; funzione logistica = le cose piccole si muovo velocemente, mentre quelle grandi conviene stoccarle perché spostarle costa molto - Adattamento quantitativo → delle quantità messe a disposizione dalla produzione alle quantità richieste sul mercato - Adattamento qualitativo → sotto uno stesso tetto metto diverse alternative, quindi ti mette nelle condizione di scegliere; un retailer, per quanto grande, seleziona dei prodotti, non li ha tutti, e quindi o rono un servizio di scelta I prodotti però non sono tutti uguali, quindi funziona per molti ma non per tutti; in alcune categorie magari ci sono più venditori specializzati (monomarca o poche marche = abbigliamento). Dalla prospettiva del retailer, deve vendere, quindi si occupa di: - funzione logistica (trasporto e stoccaggio) - adattamento: quantitativo, tra domanda e o erta qualitativo, de nendo un certo assortimento (category management) Per il consumatore, invece, questa immagine rappresenta come funziona un’attività al dettaglio (es. un negozio). Un'attività al dettaglio svolge un'intermediazione tra l'o erta e la domanda, creando valore per entrambe le parti e, alla ne, per se stessa. L’esperienza che si vive nel negozio genera valore, e se generi valore, acquisterai e se acquisti vuol dire che è una formula commerciale vincente. Nel retail è centrale il concetto di margine, che rappresenta la di erenza tra due prezzi (acquisto e vendita). Ci sono due modi per generare pro tto: 1. Aumento del potere d'acquisto per diminuire i costi → per a rontare fornitori più forti e quindi negoziare i migliori prezzi al ne di ottenere margini più elevati, è importante avere una dimensione considerevole 2. Aumentare i prezzi → ma come fare per aumentare i prezzi con successo? Non tutti possono diminuire i costi, quindi agisco sui prezzo. I fattori di di erenziazioni nel retail sono, innanzi tutto, la frequenza d’acquisto (vendere pane e vendere abiti da sposa in termini commericali non è la stessa cosa), e la motivazione (per acquistare vestiti c’è più motivazione, ma per acquistare prodotti alimentari meno). Un’altro fattore di di erenziazione sono le tipologie di acquisto: - Prodotti Convenience/Routine → acquisti frequenti, immediati e con sforzo minimo (normalmente beni non durevoli) 2 fi fi fi ff fi ff ff ff ff ff fi fi ff ff - Prodotti Shopping → sono quelli che il consumatore desidera confrontare in base a dimensioni come qualità, prezzo e stile, facendo uno sforzo moderato (includono beni durevoli come mobili, abbigliamento e grandi elettrodomestici, apparecchiature elettroniche di consumo) - Prodotti Speciali → hanno caratteristiche uniche o identi cazione di marca per le quali gli acquirenti sono disposti a fare uno sforzo di acquisto speciale (includono auto, abiti per il matrimonio ecc…) - Prodotti non ricercati → sono quelli che il consumatore non conosce o di solito non pensa di acquistare, come rilevatori di fumo, assicurazioni sulla vita, ecc… richiedono pubblicità e supporto della forza vendita Il tipo di acquisto in uenza l’attività retail: - un acquisto routinario (es. pane) rende il consumatore esperto, familiare, riduce l'emozionalità associata all’esperienza; deve essere un acquisto veloce, comodo e semplice; inoltre, il prezzo del pane (4€/kg) è accessibile a molti. Questo tipo di retail dovrebbe puntare alla delizzazione del cliente, può avere margini bassi e far uso della leva promozionale - un acquisto speciale (es. abito da sposa) espone a dubbi, rischi, investimenti di tempo ed energie. Il prezzo per un abito da sposa personalizzato (min. 5.000€) non sarà accessibile a tutti; è, quindi, necessario trasmettere conoscenza, sicurezza, esperienza e un servizio eccellente. Dal punto di vista logistico, il negozio può essere distante, il consumatore può visitare diversi negozi prima di decidere, dandosi della loro conoscenza e/o della pubblicità. Questo tipo di vendita deve massimizzare il margine per coprire i costi di servizio e guadagnare un buon pro tto I retailer di eriscono in base al livello di servizio che o rono, dalla completa automazione self- service, a servizi di alta qualità, in base al tipo di prodotto (ma ci sono eccezioni). L'altra grande di erenza sta nell’avere un'esclusiva sulla vendita dei prodotti (es. l’iPhone di Apple, e la borsa Kelly di Hermès). Il prezzo di vendita dell’iPhone è noto e il cliente può confrontare tra diversi negozi e punti vendita, o è su ciente digitare il codice del prodotto su Google per conoscere il prezzo online e nei negozi sici, promozioni ecc… Per i retailer ciò si trasforma in pressione sui prezzi. Per la Borsa Kelly, se si è interessati, ci si deve recare da Hermès, che ha 22 negozi in Francia, 17 in Italia. Forse si avrà la possibilità di ordinarla, ma si dovrà aspettare 6-8 mesi e il prezzo (da 6.000 € in su) sarà deciso da loro. L'unica vera alternativa per Hermès è che il potenziale cliente scelga un'altra marca di borse molto costose e di lusso o che «il marito» preferisca un diamante come regalo. La sensibilità al prezzo è in uenzata da: - Prestazioni superiori del prodotto, o percezione delle stesse - Rischio percepito associato al cambio di marca, quindi unicità dell’o erta - Incertezza sulla qualità del prodotto, o di coltà di confronto con altri prodotti - Comunicazione delle promozioni - Ammontare speso Quasi tutte queste cause possono essere manipolate in un ambiente di vendita al dettaglio, il che, insieme ad altri fattori (es. il livello di servizio), aiuta a evitare la concorrenza sui prezzi. 3 fi ff fi ffi ff fl fi fl ffi fi ff fi ff Elementi di un’attività retail La retail location è, ad oggi, la decisione più di cile nel retail, per molte ragioni strategiche: - è la maggior di erenza tra vendita sica vs. online (un negozio in centro costa più di uno in periferia, perché c’è un accesso diverso del tra co) - è molto costosa - è una decisione vincolante e di cile da cambiare - è legata alla missione dell'azienda, ai clienti target, alle vendite, al layout (e alla shopping experience), all'assortimento (cosa vendo e quanto merce devo esporre) e al personale (in zone a ollate, con a tti elevati, un buon presidio del punto vendita richiede la disponibilità di molto personale per accogliere i visitatori) Le catene di vendita al dettaglio testano diversi tipi di location, trovano quella più adatta e redditizia per il loro business e cercano di replicarla il più possibile Una metafora che funziona bene nel retail è quella della rete da pesca: il fatto che nel retail sia comune usare termini come "area di cattura" o "esca" per indicare il bacino di attrazione di un negozio o il potenziale di attrazione di un display all'interno del negozio, suggerisce come la metafora sia ampiamente applicata. Un negozio può essere "immaginato" come una rete da pesca: il mercato è “il mare", i clienti sono "i pesci" che nuotano nel mare, passano davanti alla rete da pesca e possono rimanerci intrappolati. I retailer devono rispondere alla domanda su dove posizionare la rete da pesca: In un mare pescoso con molte altre reti e pescatori? O in un mare più calmo e meno a ollato? Nessuna rete da pesca è adatta per ogni tipo di mare e pesce, ma deve essere adattata. Ci sono tre cose importanti nel commercio al dettaglio: location, location, location! (70% del fatturato è determinato dalla location) La posizione è strategica nell’in uenzare come un negozio viene gestito perché determina la “catchment area” (la distanza che la gente è disposta a fare per arrivare al negozio) o bacino di utenza, cioè il mercato di riferimento e de nisce anche la concorrenza. Sulle mappe rappresentate, la "dimensione dell’area evidenziata" è funzione del potenziale di attrazione (di solito parametrato alle dimensioni di un negozio e al tipo di prodotto). Può essere stimata o misurata empiricamente (es. attraverso le carte di credito o le carte fedeltà). 4 ff ff fl ffi ffi fi fi ffi ffi ff Il valore di un'area può essere dedotto da fattori come la densità, il valore delle abitazioni, il valore dei veicoli parcheggiati nell'area, ecc… A: Il rosso identi ca le aree ad alta densità che hanno anche un valore di vendita al dettaglio più elevato. B: I colori più scuri identi cano il valore delle abitazioni. Il valore dipende anche dai ussi di tra co Ci possono essere dei vantaggi se due negozi simili sono situati vicino l'uno all’altro perchè insieme formano un super assortimento, e poi valutare e vedere prodotti simili uscendo ed entrando tra i negozi. Si ha un vantaggio quando un negozio potenzialmente attrae consumatori che possono acquistare anche dal tuo negozio. Costi ssi e variabili dello shopping: - costo sso → sono i costi che rimangono costanti indipendentemente da quanti acquisti si e ettuano o da dove si acquista. (es. il viaggio, il tempo) - costo variabile → sono i costi che variano in base a quanto si spende spendi o a cosa si acquista. I costi variabili includono il prezzo dei prodotti acquistati, e possono dipendere da sconti o promozioni 5 ff fi fi fi fi fl ffi Due negozi simili possono per attirare più clienti perché insieme formano un “super- assortimento", che signi ca una maggiore varietà all'interno di una singola location, e quindi maggiori possibilità di scalare i costi ssi. Questo dipende a sua volta: - dalla tipologia di acquisto - dal tra co generato dai negozi - dal potere attrattivo dei negozi (i brand, gli assortimenti): I brand hanno la capacità di attirare clienti in base alla loro reputazione, alla qualità dei prodotti o ai servizi o erti - dal grado di compatibilità tra i negozi → Quanto è compatibile l'o erta dei due negozi? Quanti clienti del negozio X comprerebbero anche nel negozio Y? La compatibilità tra i prodotti può in uenzare la decisione di acquisto in entrambi i negozi; in generale, la cooperazione tra negozi simili può portare a sinergie positive e ad attrarre un pubblico più ampio Ci sono diverse tipologie di location: 1. High Street location/distretti dello shopping/gallerie → attraggono sia clienti potenziali e sia persone di passaggio, concentrano svariate categorie di prodotti no al lusso, alta concorrenza ma anche complementarietà tra negozi, alto tra co. 2. Negozi di prossimità/vicinato → attraggono principalmente residenti che fanno acquisti per comodità, numero inferiore di categorie di prodotti, bassa concorrenza e basso grado di complementarietà tra negozi, basso tra co. 3. Centri o parchi commerciali → attirano clienti che intendono fare acquisti e persone di passaggio, location solitamente di poco esterne ai centri cittadini, molte categorie di prodotti, possono trattare prodotti shopping o specialty, alta concorrenza e complementarietà tra negozi, tra co medio-alto. 4. Outlet/Travel → i clienti di queste location possono essere spinti ad e ettuare acquisti d'impulso. I negozi o rono un'ampia varietà di prodotti; di solito situati nelle periferie, o rono sconti per attrarre i clienti, oppure comodità (es. stazioni o aeroporti); alta concorrenza e complementarietà tra negozi, tra co medio-alto Classi cazione dei formati dei negozi sici monomarca: 1. Negozi indipendenti: - Flagship stores ⇢ non sono solo lì per vendere, ma per funzionare come pubblicità vivente = brand awareness (a tti molto alti, elevati costi del personale, spese pubblicitarie elevate) - Negozi complementari (o concept stores) ⇢ posizioni prestigiose, negozi di dimensioni ridotte (a tti elevati ma inferiori a quelli di un agship, elevati costi del personale) - Temporary stores ⇢ sfruttano situazioni temporanee, alto tra co, vendite stagionali, sono valide alternative perchè l’investimento è molto ridotto. 2. Negozi situati nei locali di altri rivenditori: - Negozi nei centri commerciali ⇢ sono punti vendita indipendenti che pagano un a tto al centro commerciale e contribuiscono alle attività comuni di pubblicità e promozione del centro - Negozi nei parchi commerciali ⇢ simili ai negozi nei centri commerciali, ma di erenti per quanto riguarda la zona di in uenza, poiché il usso di clienti dipende meno dalle altre marche nel parco e di più dalla propria marca - Negozi outlet ⇢ negozi situati in strutture speciali dedicate alla vendita scontata di diverse marche (centri outlet) - Shop-in-shop in un grande magazzino ⇢ funziona in modo simile a un negozio indipendente con pareti su almeno tre lati e una porta aperta; l’azienda possiede la sua merce e paga il personale, ma non paga l'a tto. Il grande magazzino guadagna una percentuale ssa sulle vendite (un costo variabile) (es. dentro la Rinascente) - Corner in un grande magazzino ⇢ il personale è pagato dall'azienda, ma la merce è di proprietà del grande magazzino 6 ffi fi ffi ffi fi fl ffi ff fi ffi fl ffi fi fi ffi ffi fl fl ffi ffi ff fi ff ff ff ff Checklist per la scelta della location La scelta della posizione deve prendere in considerazione diversi elementi: - potenziale di attrazione dell’area - concorrenti/complementarità - tra co mezzi/pedonale - clientela target (residenti, gravitazionali) - ussi e percorsi/accessibilità - impatto e visibilità - dimensione e spazio La metafora della rete da pesca è utile per comprendere le basi statistiche del retail. La location è il "mare" in cui decido di posizionare la mia rete da pesca: un mare ricco di pesci sarà più costoso e a ollato, mentre un mare meno noto sarà meno battuto da altri pescatori, anche meno costoso, ma sfortunatamente con meno pesci. Questo è il punto del commercio al dettaglio: Come fare la mia scelta? Dove aprire i negozi? Nelle aree commerciali ad alto tra co, che forniscono un alto usso di potenziali clienti ma hanno costi di a tto molto elevati (es. Corso Vittorio Emanuele a Milano, Champs Elysées a Parigi, Passeig de Gracia a Barcellona, Via Margutta a Roma); e per capire questo dobbiamo fare un passo indietro: per generare pro tto occorre e ettuare vendite che generano margini in grado di coprire i costi. Partiamo dal concetto di vendite, dal modo in cui vengono generate, analizzate ed valutate rispetto al concetto di location. Ma come analizzereste le vendite di un negozio, quali sono gli elementi che le determinano? Per capire quale location sia migliore, dobbiamo considerare che le vendite sono correlate al numero di clienti che entrano nel negozio (a uenza al negozio) e che, a sua volta, l'a tto è correlato a questo numero: più è alto il numero di visitatori, più è alto il numero di potenziali acquisti. Le vendite Ogni KPI (Key Performance Indicator) nel commercio al dettaglio si riferisce sempre a un'unità di tempo (giorno, mese, trimestre, anno). Il KPI più importante è il fatturato = N. di scontrini * valore medio della transazione (scontrino medio) (es. se ieri ho realizzato €10.000 su 312 scontrini, allora il valore medio di ciascuna transazione è di € 32). Gli scontrini sono un "contatore" che indica quanti clienti hanno acquistato in una determinata unità di tempo, e possono essere utilizzati per monitorare il tra co in risposta a pubblicità, promozioni delle vendite e sono in generale un buon indicatore della soddisfazione del cliente; sono ovviamente determinati anche dai concorrenti che si trovano nelle vicinanze. 7 fl ffi ffi ff fi ffi ffl ff fl ffi ffi Il valore medio della transazione (scontrino medio/basket/carrello) è composto da quanti prodotti il cliente acquista e dal valore di tali acquisti; è un indicatore di quanto il negozio sia bravo a attirare e generare vendite; un negozio con uno scontrino medio più alto vende di più. Se torniamo all'esempio del pani cio rispetto al negozio di abiti da sposa, la selezione della location da scegliere diventa logica; se la mia attività richiede molti scontrini, devo andare in una zona di alto passaggio e comoda da raggiungere e per questo dovrò pagare a tti più elevati e viceversa. Una volta che le vendite sono state scomposte (o aggregate), è possibile confrontarle con diversi elementi, tra cui: - risultati passati (n-1, dove n rappresenta il giorno, la settimana, il mese, il quarter, l’anno, ecc…); questo confronto consente di valutare le prestazioni attuali rispetto alle prestazioni storiche - il budget stabilito dalla gestione su base mensile e utilizzato per monitorare il raggiungimento degli obiettivi ⇢ se il budget devia signi cativamente dalle aspettative, è possibile che gli obiettivi debbano essere rivisti - altri negozi della stessa catena (se esiste una catena), suddivise per aree geogra che, tipo di formato ecc… questo confronto consente di valutare le prestazioni di ciascun negozio all'interno della catena e identi care le di erenze o le similitudini - i concorrenti nella stessa area geogra ca o mercato (attraverso studi di ricerca acquistabili) → questo confronto consente di valutare la posizione competitiva rispetto agli altri attori del mercato Il confronto dei dati di vendita consente di valutare le prestazioni internamente, identi care punti di forza e debolezza, e confrontarsi esternamente con i concorrenti per agire su eventuali problemi. Altri KPI del negozio sono: - Attraction rate (Tasso di Attrazione) → percentuale di persone che passano davanti al negozio e decidono di entrare; si calcola dividendo il numero di persone che entra nel negozio per il numero totale di persone che passa davanti ad esso - Gross Conversion Rate (Tasso di Conversione Lordo) → percentuale di clienti che e ettuano un acquisto (ovvero il numero di scontrini emessi) rispetto al numero di persone che entrano nel negozio - Net Conversion Rate (Tasso di Conversione Netto) → percentuale di clienti che e ettuano un acquisto nelle categorie principali del negozio rispetto al numero totale di persone che entrano - Penetration of Category (Penetrazione di categoria) → percentuale delle vendite che proviene da una determinata categoria del negozio - Loyalty Rate (Tasso di Fidelizzazione) → percentuale delle vendite che proviene da clienti abituali vs. occasionali - Sell In → vendite al dettagliante. Ad esempio, se vengono consegnate 100 unità di un prodotto al dettagliante, si tratta di 100 pezzi di "sell in" - Sell Out → vendite nali e ettuate dal dettagliante in una stagione o periodo speci co (es. se il dettagliante ha venduto 60 pezzi di un prodotto su 100 disponibili, il “sell out" è del 60%) - Sell Through → percentuale delle vendite totali e ettuate in un dato periodo (es. se sono stati venduti 40 pezzi di un prodotto nei primi due mesi, 12 nel terzo mese e 8 nel quarto mese, il "sell through" sarà del 40% dopo due mesi, del 52% dopo tre mesi e del 60% dopo quattro mesi = questo signi ca che il 40% dell'ordine rimane da vendere alla ne della stagione “saldi") - Orders (Ordini) → in alcuni settori, come quello automobilistico, le vendite non sono concluse con una singola transazione di acquisto ma passano attraverso tre fasi: preventivo (senza impegno), ordine (con deposito) e vendita (saldo); analizzare questa "pipeline" può essere importante per prevedere le vendite e adottare eventuali azioni correttive 8 ff fi ff fi fi fi fi ff ff fi fi ffi fi fi ff fi Altri KPI e rapporti di produttività: - vendite per metro quadrato ⇢ misura la quantità di vendite generate da un metro quadrato di super cie di vendita; è utile per confrontare le prestazioni di formati di negozio diversi - vendite per addetto ⇢ calcola la produttività della forza lavoro in base al costo di un dipendente a tempo pieno; è importante considerando che il costo della forza lavoro è spesso il costo sso più alto: si calcola dividendo le vendite totali per il numero di addetti - a tto rapportato alle vendite ⇢ in alcune categorie, come il lusso e la moda, può avere un impatto signi cativo sul modello di business - altri costi operativi rapportati alle vendite ⇢ questi includono tutti i costi operativi sostenuti dal negozio e dall'azienda, come le spese per il personale, il marketing ecc. Sono espressi come percentuale delle vendite per valutare se sono in linea con altri negozi, il budget e i competitor - margine lordo ⇢ rappresenta la di erenza tra il valore delle vendite (al netto dell'IVA) e il costo delle merci vendute (COGS); esprime la percentuale di pro tto lordo sulle vendite - margine netto ⇢ tiene conto di sconti fuori fattura e delle perdite dovute a furti o rotture (shrinkage); si calcola sottraendo queste voci dal margine lordo - margine lordo per metro quadrato ⇢ questo indicatore calcola il margine lordo in relazione allo spazio di vendita; è utile per confrontare la redditività tra diverse categorie di prodotti 9 ffi fi fi fi ff fi Il capitale umano nel retail Contesto in cui operano le organizzazioni Dalla ne degli anni ’80, la scuola di guerra degli Stati Uniti adotta l’espressione V.U.C.A. per descrivere il mondo complesso e multilaterale che emergeva alla ne della guerra fredda; esso indica anche i moderni teatri di battaglia de nendoli come volatili, incerti, complessi e ambigui. Il concetto è stato successivamente adottato anche nel contesto aziendale per descrivere le s de che le organizzazioni devono a rontare in un mondo sempre più dinamico e incerto. - Volatilità, si riferisce alla natura, alle dinamiche e alla velocità dei cambiamenti, le cui conseguenze sono che i risultati, pur soddisfacenti nel presente, non costituiscono più una garanzia per il futuro - Uncertainty (incertezza), è generata dalla mancanza di prevedibilità degli eventi e dei problemi; anche se piani chiamo bene ci sono sempre elementi sui quali non abbiamo controllo, perché non li comprendiamo o perché non possiamo dominarli. - Complessità, è generata dalla molteplicità di fattori presenti all’interno e intorno al sistema organizzativo, che interagiscono fra di loro in modi che rendono poco chiare le relazioni causa-e etto - Ambiguità, è generata dalla possibilità di leggere le stesse informazioni attribuendo loro signi cati diversi, potenzialmente tutti validi; l’ambiguità si manifesta anche nel fatto che dobbiamo lavorare sempre di più con la diversità Dal V.U.C.A. al “NEW NORMAL” al “NEVER NORMAL” → non potremo ricostruire un nuovo punto stabile nel quale ricostruire la nostra comfort zone e ricomporre il nostro puzzle vita (es. lavoro), e ci viene richiesto di modi care prospettiva di continuo e abituarci a cambiare ed arricchire di continuo le nostre conoscenze e competenze, adattando il nostro mindset e accogliendo il cambiamento come un’opportunità e non un ostacolo. Funzionamento delle organizzazioni e capitale umano Ogni organizzazione per funzionare e cacemente ha bisogno di dotarsi di molteplici meccanismi operativi che concorrono a determinare i comportamenti individuali al ne di permettere all’organizzazione stessa di raggiungere gli obiettivi che si è pre ssata. Con questi meccanismi l’organizzazione de nisce come le attività si devono svolgere e concretizzarsi. 10 ff fi fi fi fi fi fi fi ffi ff fi fi fi Classi cazione dei principali processi aziendali: A. Sistemi di determinazione degli obiettivi e di allocazione delle risorse: - Sistemi di piani cazione strategica - Sistemi di piani cazione e controllo B. Sistemi di gestione del personale: - Sistemi di ricerca, selezione e inserimento del personale - Sistemi di valutazione - Sistemi di retribuzione - Sistemi di carriera - Sistemi di addestramento e formazione - Sistemi di programmazione del personale C. Sistemi relativi ai processi decisionali: - Sistemi informativi - Sistemi di decisione I sistemi di regolazione dei vari processi aziendali dell’area risorse umane sono profondamente connessi tra di loro: per funzionare devono essere messi in coerenza gli uni con gli altri e non è possibile intervenire su uno di essi senza che questo non abbia ripercussioni sugli altri. A determinare il valore del capitale umano sono le competenze possedute e le esperienze che abbiamo fatto, che ci permettono di essere attrezzati alle s de di oggi e a quelle del futuro. Il funzionamento aziendale: Sempre più negli ultimi anni, per e etto di uno spostamento da una economia della produzione a una economia della conoscenza, si sta ponendo l’attenzione al concetto di capitale umano. Il concetto ha due dimensioni: 1. Sociale (collettiva), azienda, gruppi, associazioni, nazioni 2. Individuale, conoscenze, competenze, abilità del singolo individuo. Studi economici, sociologici e indagini OCSE confermano da tempo l’importanza del fattore del capitale umano e il suo impatto sulla crescita economica. Dal punto di vista organizzativo rappresenta una delle risorse fondamentali per il raggiungimento delle nalità e degli obiettivi delle imprese; di conseguenza si guarda sempre più alle risorse umane come a un capitale dell’azienda. Ma cosa si intende per capitale umano? Secondo la de nizione dell’Ocse: “le conoscenze, le competenze e gli attributi degli individui che facilitano la creazione di benessere personale, sociale ed economico”. Include sia le competenze tecniche professionali acquisite attraverso l’istruzione e la formazione, sia le competenze comportamentali e relazionali sviluppate attraverso le esperienze di vita e di lavoro; si tratta, quindi, di un bene incrementabile attraverso l’istruzione, la formazione, l’esperienza consapevole e ogni altra forma di apprendimento nella vita e nel lavoro. 11 fi fi fi fi fi ff fi Quindi il capitale umano: - non è qualcosa di innato - si sviluppa e si accumula durante tutto il corso della propria vita in un’ottica di apprendimento continuo - è il potenziale produttivo degli individui - ci consente di preservare e sviluppare la nostra “employability” Il capitale umano è fondamentale per la crescita economica e il benessere sociale, poiché individui con un alto livello di capitale umano tendono ad essere più produttivi, innovativi e capaci di adattarsi ai cambiamenti. Ingredienti fondamentali nel contesto attuale. In azienda la risorsa del capitale umano è la più complessa da gestire e di cile da riprodurre, e la sua importanza deriva dal fatto che rappresenta un fattore chiave per le organizzazioni per raggiungere i loro obiettivi e uno dei pochi che può fare davvero la di erenza. Questo vale per ogni organizzazione, ma a maggior ragione per le organizzazioni retail dove, attraverso il servizio e la relazione con il cliente, le persone determinano l’esperienza del cliente e quindi, alla ne, il risultato economico della società. Il capitale umano rappresenta una delle risorse fondamentali per il raggiungimento delle nalità organizzative. La ricchezza delle aziende, il loro patrimonio, sono persone capaci e motivate che diano costanti contributi di qualità e forniscano all’organizzazione un vantaggio competitivo. Processi di gestione delle risorse umane La gestione e cace delle persone fa la di erenza: Le fasi del ciclo di vita del personale e i processi di gestione: 12 fi ffi ff ff ffi fi Ruolo e contratto di lavoro La relazione lavorativa è articolata in base a un contratto formale che prevede l’inquadramento e le responsabilità di ruolo e un contratto non-formale (=contratto psicologico) che opera a livello di aspettative reciproche (tra datore di lavoro e lavoratore). Con ni formali → svolgere l’attività prevista dal contratto, e dalle leggi, durante il normale orario di lavoro in cambio di una retribuzione; de nisce i diritti e doveri delle parti. Con ni informali o reali → soddisfare aspettative più o meno esplicite. Queste aspettative sono reciproche: - datore di lavoro = risultato, lealtà, motivazione, passione, extra sforzo, disponibilità, apprendimento, responsabilità, a dabilità, ecc… - lavoratore = formazione, crescita, prospettive di carriera, miglioramento retributivo, status, bene ts, ecc… Zona della non accettazione = richieste lontane dai propri valori o obiettivi personali. Il contratto di lavoro formale: - la relazione lavorativa è disciplinata dal contratto di lavoro che è un accordo tra un datore di lavoro e un lavoratore, in cui il lavoratore si obbliga a prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro, in cambio di una controprestazione, ossia la retribuzione; la prestazione d’opera del lavoratore può essere sia di carattere manuale, sia di carattere intellettuale (v.art. 2094 cod. civ) - la durata del contratto può essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato: nel primo caso gli e etti del contratto cessano alla scadenza stabilita e il periodo contrattuale può essere prorogato solo nei limiti di legge; in caso di contratto a tempo indeterminato, la cessazione può avvenire in tre casi: risoluzione consensuale tra le parti, licenziamento o dimissioni - il contratto di lavoro può contenere un periodo di prova che deve sempre risultare da atto scritto con il quale si stabilisce la durata della prova stessa (dai tre ai sei mesi salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi di categoria). In assenza di atto scritto il patto di prova è considerato nullo; durante il periodo di prova le parti possono recedere liberamente dal contratto senza dover dare preavviso Il contratto di lavoro psicologico: - il contratto formale non può comprendere tutti gli elementi della relazione lavorativa anche in considerazione del contesto in continuo e veloce mutamento - insieme all’accordo giuridico, e a volte anche prima, si sviluppa un contratto psicologico: è un accordo non scritto che riguarda le aspettative che il datore di lavoro nutre nei confronti del collaboratore e il complesso delle aspettative che il lavoratore ha nei confronti dell’azienda - può essere composto da attese o promesse, implicite o esplicite; interpretazioni personali e percezioni: riduce l’incertezza circa gli impegni e le aspettative reciproche - la sua funzione è dare concretezza al ruolo e al rapporto azienda collaboratore, de nendo tutti gli aspetti della relazione lavorativa che non possono essere disciplinati in modo formale; serve anche al collaboratore per meglio interpretare il proprio ruolo e orientarsi nell’organizzazione e valutare costantemente se quanto gli viene richiesto è anche in linea con le sue attese presenti e future Il contratto psicologico è frutto della percezione e delle credenze, di conseguenza può dare adito a equivoci e delusioni perché si presta ad essere interpretato in modo diverso dalle parti, ed è importante che venga periodicamente veri cato e rinnovato. Un contratto psicologico disatteso costituisce un freno all’impegno, e può essere fonte di forte demotivazione e portare al disimpegno o all’abbandono: la sua rottura porta a dei costi direttamente proporzionali al coinvolgimento e alle attese che si erano generati; al contrario, un contratto psicologico condiviso e ben gestito può consentire ai collaboratori di essere parte attiva nella vita dell’organizzazione e costituisce la base per una relazione appagante e produttiva capo-collaboratore. Quindi, il contratto psicologico incide direttamente sui comportamenti delle persone all’interno delle organizzazioni. 13 fi fi fi fi ff ffi fi fi Il ruolo è il modo più sintetico ed e cace per de nire le aspettative di comportamento, e in particolare rispetto alle nalità e agli obiettivi che i ruoli devono perseguire e rispetto ai requisiti necessari per ricoprirli. La posizione organizzativa è la descrizione delle nalità per le quali il ruolo esiste, le responsabilità e le principali attività da compiere. Il ruolo è un aspetto dinamico che non può sempre essere contenuto integralmente e de nitivamente nella job description; inoltre, i ruoli sono in evoluzione perché il contesto esterno cambia e le risposte delle organizzazioni devono adeguarsi velocemente. - Ruolo formale = la “fotogra a” del ruolo indicata nella job description o “mansionario” - Ruolo sostanziale = cosa ci si aspetta da noi (il capo, i colleghi, gli utenti, ecc…) Per dare signi catività ad una job description e ad un job pro le bisogna rappresentare i seguenti aspetti: L’organigramma possiamo de nirla come mappa dell’organizzazione che mostra le varie parti (funzioni e u ciali aziendali) e il modo in cui sono collegate. 14 fi ffi fi fi fi fi ffi fi fi fi A livello minimo, i dati seguenti consentono di de nire sinteticamente una posizione di lavoro e la sua posizione all’interno dell’organizzazione. Selezione ed ingresso Con il processo di selezione, le aziende mirano ad individuare le persone “giuste”, ovvero le persone con le caratteristiche e competenze rispondenti al pro lo che si va cercando. Un e cace processo di selezione nasce dall’analisi dei bisogni e da quanto indicato nel job pro le e quindi mira a ricercare nei candidati le conoscenze, competenze, caratteristiche anche personali che servono per ricoprire e cacemente il ruolo. Trovare le persone giuste non è sempre facile e ancor meno lo è attrarle, formarle, motivarle e trattenerle: bisogna tenere adeguatamente in conto le loro aspettative e i loro interessi che possono mutare nel tempo (v. contratto psicologico). Un processo di selezione ben fatto, per non essere vani cato, deve poi proseguire con un percorso di inserimento e addestramento al momento dell’ingresso del candidato in azienda. Employer branding: la capacità di un’azienda di di erenziare e promuovere la propria identità ai candidati che è interessata ad assumere. Candidate experience: l’esperienza vissuta dalla persona durante il processo di selezione, dal primo contatto alla conclusione (con assunzione o scelta di altra candidatura). 15 ffi fi ffi fi fi fi ff “La cultura organizzativa è l’insieme dei modi di pensare, comuni a un gruppo, che orientano le azioni dei suoi membri. La cultura guida le azioni degli individui e dei gruppi all’interno delle organizzazioni; è quindi essenziale per capire il senso delle azioni”. (Gavin e Howe "Il concetto di cultura organizzativa designa i valori dominanti di un’organizzazione, le norme che vigono e si sviluppano nei gruppi di lavoro e nell’interazione tra i membri, i modelli di comportamento utilizzati con regolarità e frequenza, i linguaggi ed i rituali, le regole che i nuovi assunti devono apprendere per orientarsi all’interno dell’organizzazione e per essere accettati come membri, il lay-out e le modalità di interazione con gli interlocutori esterni”. (Avallone) La cultura organizzativa dell’organizzazione è: - un complesso di dati consci ed inconsci - un sistema di componenti visibili e nascoste - un equilibrio dinamico tra processi cognitivi e razionali, e processi emotivi e razionali L’iceberg della cultura organizzativa: Il processo di selezione ideale parte da un’analisi dei bisogni dell'organizzazione e dal pro lo professionale, cercando quindi candidati con il know-how, le competenze e le caratteristiche (anche personali) per ricoprire il ruolo con e cacia. Trovare le persone giuste è di cile, e ancor più di cile è formarle, motivarle e trattenerle. L’ingresso delle persone nelle organizzazioni non può pertanto esaurirsi con la selezione e la conseguente assunzione, ma deve essere completato con la cura del loro inserimento. Il processo di inserimento ha una duplice nalità: 1. Presentare e far conoscere l’azienda al nuovo assunto 2. Seguire la persona no al suo completo inserimento nell’organizzazione e nel ruolo, il tutto senza trascurare gli aspetti emotivi e relazionali Per inserimento si intende una speci ca attività di people management che ha lo scopo di progettare e realizzare l’ingresso dei nuovi assunti in azienda per favorirne l’acquisizione dei meccanismi operativi e organizzativi e facilitarne la comprensione del ruolo e la cultura di impresa. Si traduce in due processi distinti anche se connessi: 1. Onboarding ⇢ attività nalizzata a trasferire le conoscenze utili a un veloce inserimento aziendale per i nuovi assunti (regole della casa, politiche aziendali, funzioni e ruoli, ecc…) 2. Induction ⇢ consiste in una vera e propria formazione di ingresso per consentire alla persona di diventare operative al più presto e padroneggiare le conoscenze speci che del ruolo Ingredienti della professionalità e della prestazione Le dimensioni della professionalità sono: competenze tecniche (conoscenze), competenze comportamentali (capacità) e anche la motivazione. 16 fi fi ffi fi ffi fi ffi fi fi Prestazione: rapporto motivazione e competenze → nelle aziende e in qualunque organizzazione è necessario che vengano prodotte prestazioni di qualità. Le prestazioni determinano i risultati, e risultati positivi sono condizione necessaria per la sopravvivenza delle organizzazioni; inoltre, è il risultato conseguito rispetto agli obiettivi che volevo raggiungere. Cosa fa sì che le persone diano il loro meglio, si integrino, collaborino e portino risultati? Questo è il cuore del people management e di chi gestisce persone; quindi, il tema diventa: come faccio a fare in modo che le persone producano e siano messe in condizione di produrre risultati di qualità? E cosa determina la prestazione? È determinata dal rapporto tra la motivazione e le competenze. Competenze professionali: La competenza professionale che ci caratterizza è composta da due categorie di requisiti: le conoscenze tecniche-professionali e le competenze comportamentali (capacità). Le conoscenze sono costituite dal sapere acquisito che consente di fornire risposte pertinenti e valutazioni corrette; perché le conoscenze possano essere utilizzate in modo produttivo, occorre mettere in atto dei comportamenti che sinteticamente vengono de niti capacità, competenze comportamentali o anche soft skills. Con il termine capacità si fa riferimento a speci ci comportamenti indispensabili per mettere a frutto le conoscenze e per ottenere risultati (es, capacità: la risoluzione di un problema, la comunicazione, la piani cazione, la gestione dei collaboratori, l’organizzazione, l’innovazione, ecc…) Le competenze (conoscenze e capacità) costituiscono per ogni persona il suo capitale, e operano come tool del mestiere, le capacità come speci che modalità di fare che permettono di agire al meglio nei contesti in cui operiamo. Gli assiomi delle capacità: 1. Le capacità producono e etti diretti sui risultati ⇢ in un mondo che cambia velocemente le capacità facilitano il cambiamento se sono e caci (modalità d’azione funzionale allo scopo); se le capacità sono scarsamente e caci ostacolano il cambiamento e aumentano la fatica e la di coltà realizzativa 2. Le capacità sono il risultato del nostro apprendimento ⇢le capacità, essendo dei comportamenti che caratterizzano il nostro modo di fare, sono il risultato di ciò che abbiamo imparato a fare; apprendimento e allenamento sono le condizioni per rendere e caci le capacità 17 ffi fi ff ffi ffi fi fi ffi fi 3. Il livello di e cacia delle capacità non rimane stabile nel tempo → se non allenate, come i muscoli, si atro zzano e rallentano l’azione; viceversa, se allenate potenziano la loro e cacia d’azione Performance Management e valutazione della prestazione Il Performance Management è un metodo di gestione dei collaboratori con cui il manager: - de nisce gli obiettivi da raggiungere - misura i risultati conseguiti - valuta le competenze espresse e le necessità di formazione Serve a: - allineare i comportamenti individuali con i valori e gli obiettivi aziendali - sviluppare le competenze dei collaboratori - stimolare la motivazione individuale Nei processi di performance management la gestione delle competenze permette di curare costantemente la crescita delle competenze aziendali in linea con le esigenze del mercato e dello sviluppo del business → questo processo è funzionale a fornire solide indicazioni per le azioni gestionali, di sviluppo e formazione. Quindi, individuare le competenze chiave (trasversali) che facilitano il raggiungimento degli obiettivi; aumentare la cultura della qualità realizzativa accanto alla quantità realizzativa (What + How). 18 fi ffi fi ffi La valutazione della prestazione → le persone inserite nel contesto organizzativo sono chiamate a fornire il loro contributo in termini di performance per raggiungere gli obiettivi dell’impresa. È il processo attraverso il quale viene guidato e riconosciuto il contributo di ciascun collaboratore al raggiungimento dei risultati aziendali e allo sviluppo delle competenze necessarie a ricoprire il ruolo; esso è strettamente connesso al processo di sviluppo delle persone e delle loro competenze, questo sia in termini di carriera verticale, ma anche, e sempre più, in termini di crescita orizzontale, vale a dire di crescita continua delle competenze e del “valore” della persona. Infatti, in un contesto sempre più dinamico e in continuo cambiamento, la conoscenza e la competenza personale è vista come il reale patrimonio su cui investire per gestire ed adattarsi alle incertezze del futuro. Ma perché valutare le prestazioni? In qualsiasi organizzazione, di qualsivoglia natura e dimensione, le persone sono valutate sempre e comunque, implicitamente o esplicitamente; è sempre più condivisa la necessità di dover orientare l’azione di tutta l’azienda verso l’ottenimento dei risultati, misurati e misurabili non soltanto in termini economico-quantitativi, ma anche in termini qualitativi, ma: - aiuta a crescere - serve per conoscere e riconoscersi aiutando l’autoconsapevolezza - fornisce la direzione ed evidenzia le criticità - responsabilizza le persone e valorizza l’impegno Valutare, “dare un peso” alle persone in questo senso diviene un’attività particolarmente complessa che va integrata con la gestione corrente delle risorse umane. Diagnosticare, ossia raccogliere informazioni più complete possibili per identi care: - i punti di forza e di miglioramento di ogni collaboratore - i punti di forza e di debolezza dell’organizzazione - le persone in grado di »fare la di erenza» 19 ff fi Sviluppare, ossia avviare, a partire dalla diagnosi, programmi e iniziative di crescita personale e professionale per: - migliorare le criticità emerse e potenziare le aree di forza rispetto al ruolo ricoperto - avviare lo sviluppo di capacità in vista di un passaggio a un ruolo più elevato Gestire/Trattenere, ossia fare in modo che il patrimonio di risorse resti nell’organizzazione (retention), che vuol dire soprattutto: - capire il grado di t tra la persona e l’organizzazione - identi care percorsi futuri in funzione delle ipotesi di sviluppo della persona e dell’organizzazione stessa I vantaggi della valutazione della prestazione sono: - Per l’azienda: ottenere valutazioni coerenti e il più possibile oggettive identi care i livelli di contributo ai risultati forniti dai singoli in relazione al contenuto delle posizioni di lavoro ricoperte evidenziare le caratteristiche di prestazione dei singoli anche ai ni di interventi formativi, di sostegno e sviluppo professionale migliorare il livello generale di comunicazione all’interno dell’azienda - Per il capo: individuare le azioni necessarie ad una migliore copertura del ruolo favorire lo sviluppo professionale del collaboratore acquisire informazioni per un più e cace utilizzo delle risorse nell’ambito della propria unità operativa gestire la relazione e migliorare il proprio rapporto con il collaboratore migliorare i risultati della propria unità attraverso la continua analisi dei compiti e delle responsabilità dei collaboratori, individuare i punti di forza e di debolezza del personale e l’ottimale distribuzione delle risorse - Per il collaboratore: misurarsi con le aspettative; ottenere informazioni relative alla propria prestazione in relazione a ciò che è richiesto dalla posizione che occupa veri care la propria prestazione in funzione degli obiettivi aziendali ricevere indicazioni per orientare più e cacemente il proprio comportamento e la propria azione essere grati cato per ciò che ha fatto bene sviluppo personale e professionale Formazione La formazione è la leva della gestione delle risorse umane composta dall’insieme dei processi per lo sviluppo delle competenze e conoscenze professionali e manageriali delle persone e che permette il loro adeguamento ai livelli attesi dal ruolo. Attraverso lo sviluppo delle competenze si mira ad accrescere il capitale umano delle persone e dell’organizzazione, e ha un e etto anche di motivazione. Gli interventi formativi mirano al miglioramento della performance attraverso l’uso combinato di diverse possibili leve. 20 fi fi fi fi fi ff ffi ffi fi Il modello della Learning Agility nasce dagli studi di Michael Lombardo e Robert Eichinger e de nisce l’agilità come la propensione di imparare nuove competenze e abilità “per essere in grado di operare in condizioni nuove, di cili o di erenti”. L’agilità di apprendimento diventa in un contesto veloce e in perenne mutamento come quello attuale un vero e proprio fattore critico di successo. I professionisti in grado di usarla possono assicurare l'agilità nel business sviluppando i processi e i sistemi migliori, grazie alla loro capacità di apprendere costantemente dall’esperienza. La motivazione lavorativa Nelle aziende, e in qualunque organizzazione, è necessario che vengano prodotte prestazioni di qualità: le prestazioni determinano i risultati, e i risultati positivi sono condizione necessaria per la sopravvivenza delle organizzazioni. Quindi, la prestazione è il risultato conseguito rispetto agli obiettivi che si volevano raggiungere. Ma cosa determina la prestazione? La prestazione è determinata dal rapporto tra la motivazione e le competenze. “Ci sono tre grandi cose al mondo: gli oceani, le montagne e una persona motivata” (Winston Churchill) Motivazione, dal latino “motus” (movimento, suggerisce la spinta del soggetto verso un qualcosa; è ciò che porta ad agire), signi ca letteralmente “motivo all’azione”; in altre parole, è il desiderio e la volontà che ci spingono a portare a termine qualcosa come un lavoro o un compito. Essa indica il complesso processo delle forze che attivano, dirigono e sostengono il comportamento nel tempo. Tre ingredienti compongono l’energia motivazionale: - attivazione o direzione - persistenza o continuità nel tempo - intensità o profondità del desiderato Occuparsi di motivazione signi ca: comprendere la natura del comportamento, poterne prevedere la manifestazione e poterlo in uenzare. La motivazione può essere: - estrinseca ⇢ quando a muoverci è qualcosa che viene dall’esterno, indotto dal di fuori (es, denaro, status, carriera, ecc…) - intrinseca ⇢ qualcosa che viene dall’interno, un desiderio che nasce dentro di noi (es. il lavoro in sé, il piacere di fare una cosa, sviluppare competenze, ecc…) Teorie motivazionali L’organizzazione scienti ca del lavoro (Taylor, 1911) → riteneva che la motivazione dei lavoratori fosse determinata prevalentemente dal loro interesse per il denaro; quindi, maggior denaro in cambio di maggior produttività. Aumentando la produttività il lavoratore può aumentare il proprio stipendio, riuscendo così ad aumentare la propria autostima ed il proprio tenore di vita. Si fonda sull’idea che le persone si danno da fare se esortate dall’esterno, e la conseguenza è il ricorso ai due popolari strumenti: bastone e carota. Ma può essere il denaro l’unica motivazione possibile? Movimento delle relazioni umane (Mayo, 1927) → dimostrò che aumentando l’intensità luminosa miglioravano le condizioni di lavoro e aumentava la produzione (Western Electric Hawthorne): per veri care la validità dell’ipotesi, diminuì la luminosità no a raggiungere il grado di illuminazione originario per ritornare al livello di produzione iniziale; ma, in realtà si veri cò il contrario, la produttività continuò ad aumentare. Ma perché è successo questo? Tre ragioni del fenomeno: 21 fi fi fi fl fi ffi fi ff fi fi 1. Compattezza del gruppo ⇢ le operaie erano amiche, costituivano un gruppo e i rapporti tra i gruppi condizionano i comportamenti; la compattezza del gruppo si basa su relazioni orizzontali tra pari 2. Orgoglio e attenzione ⇢ chi partecipò all'esperimento fu orgoglioso di farlo, era qualcosa di diverso dal solito e li poneva al centro dell’attenzione; le operaie lavoravano meglio anche senza motivazioni economiche 3. Cambiamento dello stile di direzione ⇢ i capi coinvolti, considerando l’esperimento importante, si interessarono di più alle operaie Le teorie di Mayo e la nascita del Movimento delle Relazioni Umane: l’uomo è motivato dai bisogni di natura sociale, ottiene dal rapporto con gli altri il suo senso di identità personale. La parcellizzazione del lavoro lo rende privo di signi cato, e un nuovo signi cato si genera nei rapporti sociali che si formano sul lavoro. Il lavoratore è più in uenzato dalla forza sociale del suo gruppo che non dagli incentivi; inoltre, risponde alla direzione nella misura in cui il suo superiore sa rispettare i suoi bisogni sociali e soddisfare il suo bisogno di essere accettato. Il riconoscimento è un bisogno primario dell’uomo. La gerarchia dei bisogni (Maslow, 1954) → classi ca i bisogni umani che ci accompagnano e spingono per tutta la vita come guida dei nostri comportamenti in 5 grandi categorie. Un bisogno nasce dalla di erenza fra una situazione presente o futura e uno stato delle cose desiderato, una distanza che si cercherà di ridurre. Secondo la teoria della gerarchia dei bisogni, la motivazione si sviluppa in sequenza secondo una scala gerarchica di cinque livelli prede niti di bisogni; solo soddisfatti quelli al livello inferiore si manifesteranno quelli di livello superiore. I fattori duali (Herzberg, 1959) → Herzberg e i suoi collaboratori giunsero alla conclusione che i fattori che in uenzano gli individui nel lavoro sono di due tipi: i fattori igienici e i fattori motivanti. Se l'insoddisfazione costituisce un problema, si agirà sui fattori igienici, ma per migliorare la prestazione, il manager dovrà agire sui fattori motivanti, cioè modi care la natura deI lavoro e renderlo maggiormente stimolante e intrinsecamente grati cante. 22 fl fl ff fi fi fi fi fi fi Perché il controllo eccessivo non funziona? L’uso costante di uno stile autoritario, di controllo e punizioni non motiva le persone: può funzionare sul breve o in situazioni di emergenza ma sul lungo termine porta a due problemi: 1. De-responsabilizza le persone facendole diventare semplici esecutori 2. Disa ezione di usa Limiti della motivazione basata sul controllo: qualunque nostra prestazione si collocherà sempre in un punto di un continuum che ha ai suoi estremi l’idea di eseguire un compito e quella di assumersi la responsabilità di un risultato. Uso e l’abuso degli incentivi: gli incentivi funzionano solo a breve termine, infatti l’incentivo e il livello d’impegno sono correlati solo nella fase iniziale; di fronte agli obiettivi vissuti come troppo di cili, faticosi o rischiosi, l’incentivo non funziona. L’incentivo aumenta leggermente la produttività in compiti di tipo ripetitivo (un compito dove basta seguire una procedura ben de nita per raggiungere l’obiettivo); ma la danneggia in quelli creativi → e etto asticella. Gli elementi della motivazione profonda sono: 1. Autonomia In buona parte, la natura delle persone è di essere curiosi ed autodiretti e non di avere bisogno di continue spinte, che non va confusa con indipendenza; signi ca agire in base alle proprie scelte anche in modo interdipendente con gli altri. Il senso di autonomia produce un potente e etto sulla prestazione e l’atteggiamento delle persone, e l’opposto dell’autonomia è il controllo e il suo eccesso. Il controllo conduce all’accettazione, l’autonomia al coinvolgimento e alla responsabilizzazione. 23 ffi ff ff ff fi ff fi 2. Padronanza È il desiderio di migliorare sempre più in quello che per noi è importante e accrescere la nostra competenza: l’accettazione può essere una strategia e cace per la sopravvivenza, ma è pessima per la soddisfazione personale. La padronanza richiede impegno, fatica e perseveranza, ed è sorretta da un atteggiamento mentale ed è in uenzata dalle nostre convinzioni di essere capaci di migliorare (Carol Dweck). Sul lavoro si può acquisire attraverso: obiettivi chiari, feedback costante e costruttivo, attività calibrate sulle nostre capacità. Meccanismo virtuoso della motivazione: la motivazione produce impegno, impegnandoci diventiamo più bravi e aumentiamo il nostro senso di competenza e auto-e cacia 3. Scopo “Chi ha un perché per vivere, può sopportare quasi ogni come.” (Friedrich Nietzsche) Lo scopo fornisce: - il contesto alla padronanza e all’autonomia - fornisce energia di attivazione alla vita Il senso di far parte di qualcosa di più grande e duraturo rende la vita più piena. Comportamento di acquisto e servizio al cliente Ogni acquisto nasce da una necessità (più o meno primaria) o da un desiderio → le necessità diventano bisogni in maniera conseguente e naturale. I desideri per perfezionarsi come acquisti, richiedono invece un maggior numero di passaggi cognitivi ed emotivi che il venditore (l’azienda) deve favorire nel rapporto con il cliente: - la de nizione del bisogno - il reperimento del prodotto - la comparazione dei prodotti - la conferma (prova) che il prodotto risponde al bisogno - lo storytelling che spiega come funziona, i suoi vantaggi e i suoi bene ci - il convincimento che risponderà ai requisiti - la delizzazione che porterà a ripetere In generale, l’esistenza di un bisogno non soddisfatto in modo adeguato crea una tensione nell’individuo che lo porta a cercare attivamente una soluzione al problema; l’esistenza di un bisogno insoddisfatto costituisce la condizione necessaria per il sorgere della motivazione e quindi la spinta ad agire nalizzata all’obiettivo di soddisfare, in modo adeguato, il bisogno che si è manifestato. La motivazione è un fattore dinamico del comportamento umano che attiva e dirige la persona verso una meta. Quando il consumatore percepisce un bisogno insoddisfatto, nasce una tensione che determina la motivazione a interessarsi dei prodotti il cui acquisto potrebbe risolvere il problema: quanto maggiore è la tensione tanto maggiore sarà il coinvolgimento e la spinta ad informarsi sulle alternative disponibili e l’attenzione che verrà posta nella loro valutazione. Il coinvolgimento può essere descritto in termini di importanza che il bene, oggetto di acquisto, riveste per l’acquirente. I bisogni sono potenziali, e si attivano quando il livello di soddisfazione ad essi relativo è insu ciente: questa condizione crea una nuova tensione nel consumatore, per ridurre la quale è necessario acquistare un bene adeguato ⇢ in questo modo il bisogno viene soddisfatto e ritorna al suo stato potenziale. I bisogni sono: - innati, che costituiscono i bisogni siologici e primari la cui soddisfazione è necessaria per la sopravvivenza; sono comuni a tutti e si di erenziano solo limitatamente, in base ad età, cultura, caratteristiche individuali che possono indurre i consumatori a esprimere desideri diversi 24 fi ffi fi fi ffi fi fi ff fl ffi - acquisiti, sono quelli che emergono dalla interazione con l’ambiente sociale e culturale nel corso della crescita e della vita dell’individuo; questi bisogni psicologici si di erenziano molto da persona a persona Tutti i bisogni umani interagiscono tra loro e quindi anche i bisogni siologici sono fortemente condizionati dalle esperienze di vita e dal contesto sociale, economico e culturale in cui si vive. Il coinvolgimento psicologico può essere descritto in termini di importanza che il bene in oggetto riveste per l’acquirente; è un elemento necessario da comprendere per de nire il livello di servizio di vendita da o rire al consumatore. Il coinvolgimento dipende da diversi fattori: - interesse verso la categoria ⇢ componente soggettiva e non generalizzabile perché dipende dalle valenze funzionali, dalle occasioni d’uso e dal valore emotivo associato al processo di consumo - grado di rischio percepito ⇢ legato alla incertezza della decisione di acquisto e alla rilevanza di eventuali conseguenze negative che possono essere di natura economica, ma anche psicologica e sociale - importanza sociale dell’acquisto ⇢ il consumo è anche un atto di visibilità sociale La commercializzazione di una categoria associata ad alto coinvolgimento psicologico richiede una impostazione strategica completamente diversa rispetto a categorie a basso coinvolgimento. In presenza di un alto coinvolgimento è molto importante il servizio informativo o erto al cliente e, quindi: 1. Qualità della selezione 2. Profondità dell’assortimento 3. Assistenza del personale 4. Visual merchandising e atmosfera coerenti Quando il livello di coinvolgimento all’acquisto è inferiore diventano rilevanti i servizi logistici intesi come comodità e facilità dell’acquisto. Distinzione tra beni banali e beni problematici: - beni banali, possono essere: di consumo immediato (non durevoli) di consumo frequente di valore unitario basso livello di personalizzazione degli acquisti basso il consumatore possiede - beni problematici, che sono: consumati nel tempo e acquistati di rado di alto valore unitario il consumatore possiede poche informazioni e conoscenze personalizzazione dell’acquisto elevata Attributi dei servizi commerciali → il consumatore acquista sempre un mix costituito da beni (componente materiale) e servizi commerciali o di vendita (componenti immateriali). Ed è da questo insieme combinato di componenti dell’o erta che il cliente ricava l’utilità e formula un giudizio rispetto all’esperienza di acquisto. Gli attributi elementari del servizio commerciale e i loro corrispettivi in termini di costo per i clienti: 25 ff ff fi ff ff fi Griglia FCB o Matrice di Vaughn: Retail management e soddisfazione del cliente ⇢ due domande preliminari: 1. In una situazione di acquisto in store: qual è il peso del prodotto e quale quello del sistema retail sul prezzo del bene? Pesa più il retail del prodotto 2. Il retail modi ca la qualità intrinseca del prodotto? Quindi cosa faccio per raggiungere la soddisfazione del cliente? - Store experience, ovvero creare un’esperienza unica e coinvolgente in negozio - Storytelling, ovvero raccontare una storia avvincente e autentica che risuoni con i clienti - Digital contents, ovvero avere una forte presenza online e contenuti digitali di qualità - Sostenibilità, ovvero impegnarsi in pratiche sostenibili e responsabili - Qualità del prodotto, ovvero o rire prodotti di alta qualità che soddisfano le aspettative dei clienti Gli obiettivi del retail management sono: - perseguire i risultati economici orientando la store experience del cliente ad un positivo stato emotivo e comportamentale - gestire coerentemente le variabili di immagine, funzionali ed economiche del retail - generare la massima soddisfazione del cliente per generare fedeltà e reputazione In tutti i negozi, o ambienti retail a vendita assistita, la leva del personale è strategica rispetto al successo del business, in quanto l’esperienza del cliente è fortemente in uenzata dalla relazione con il personale di vendita o di assistenza. Nelle strutture a libero servizio o nella GDO in cui il momento di contatto con il cliente ha minore rilevanza, il personale svolge comunque funzione fondamentale per gestire tutti gli aspetti organizzativi, logistici, espositivi, rotazione dei prodotti, comunicazione interna, ecc… Una e cace gestione del personale di vendita, oltre all’attenzione ai processi di selezione, inserimento, formazione e sviluppo, richiede grande cura degli aspetti gestionali e organizzativi in store. Questo perché per soddisfare le aspettative del cliente pesano sia le competenze e la motivazione del personale, ma anche una adeguata organizzazione del punto vendita in termini di servizio; questo vale per ogni organizzazione, ma a maggior ragione per le organizzazioni retail dove, attraverso il servizio e la relazione con il cliente, le persone determinano l’esperienza del cliente e quindi, alla ne, il risultato economico della società. 26 ffi fi fi ff fl Specialmente in settori ad alto valore aggiunto, quando i prodotti sono ad alto contenuto emotivo, ad alta complessità, con contenuti tecnologici, nel lusso…saranno indispensabili grandi conoscenze di prodotto e capacità relazionali. Quelle che possono cambiare sono le competenze chiave nei diversi contesti, non l’importanza della leva del personale e del capitale umano. Le attese del cliente: la soddisfazione del cliente è determinata dalla continua ricerca di un punto di equilibrio tra attese razionali ed emotive. La vendita è servizio, ed il servizio è il valore aggiunto che il cliente percepisce in termini di attese razionali ed emotive: a nessuno piace che gli venga venduto qualcosa, ma tutti amano comprare, ma sicuramente tutti gradiscono essere aiutati. Il servizio si nota per mancanza, infatti scopri che esiste quando non funziona. Tutto ciò che si scambia sul mercato e che non può cadere di mano, ed il servizio, in quanto immateriale, è l’unico valore aggiunto che non può essere copiato dai concorrenti. Il retail è soddisfazione dei desideri e non solo dei bisogni, perché implica una serie di componenti psicologiche che hanno una in uenza molto forte sul processo di acquisto e sul grado di soddisfazione che il cliente raggiunge. Per vendere un prodotto, servono: - caratteristiche - vantaggi - bene ci ma sempre meno si acquistano prodotti, sempre più si acquistano storie, valori, emozioni. 27 fi fl Cerimonia di vendita e shopping experience 1. Accoglienza e primo approccio: - esterno (vetrine, zona d’ingresso, ingresso e tecnologie in-store) - interno (atmosfera del negozio, circolazione e percorso del cliente) - esposizione (aree di vendita, ordine e pulizia, cataloghi, tecnologie in-store) - addetti vendita (divisa e cura della persona, linguaggio del corpo) - benvenuto e primo approccio (saluto con cortesia, accoglienza e attenzione al cliente, tempo d’attesa, primo e secondo contatto) 2. Scoperta del cliente: - domande appropriate di scoperta del cliente - empatia e costruzione della relazione - ascolto attivo della richiesta e comprensione del bisogno della cliente - gestione della curiosità e scoperta dei desideri e delle preoccupazioni - gestione accompagnatori 3. Brand e prodotto: - proposta iniziale (spontaneità, preparazione tecnica, ecc…) - gestione delle obiezioni - o erta di alternative (conoscenza di alternative) - gestione del prodotto (cura, rispetto, ecc…) - descrizione degli articoli e storytelling - presenza elementi peculiari della prova (es. calzascarpe, carta nelle borse, ecc…) - presenza di tecnologie in store di supporto (tablet, schermi, QR Code…) 28 ff 4. Cross-selling e prova camerino: - camerino e preparazione (pulizia, luci, grandezza, sedia, appendini, specchi, ecc…) - presenza di tecnologie all’interno del camerino - o erta di alternative (cross selling e upselling) - gestione obiezioni, rinforzo scelta e feedback - servizi aggiuntivi proposti (sartoria, ecc…) - supporto nel confronto con lo specchio 5. Fine vendita e congedo: - supporto e incoraggiamento nella scelta nale - invito a ritornare (con motivi reali) - consegna di brochure, cataloghi, business card 6. Cassa: - accompagnamento alla cassa - preparazione packaging - eventuale omaggio - consegna card aziendale - pagamento - possibilità tax-free - richiesta di consegna - richiesta dati per iscrizione a mail, newsletter, programmi fedeltà, ecc… - saluto di congedo e invito a tornare 7. Follow up: - creazione scheda cliente - invio lettera di ringraziamento - contatto tramite mail, telefono, ecc… - richiamo/aggiornamento scheda - inserimento nel CRM aziendale La competenza di servizio al cliente si basa su tre grandi capacità: 1. Ascolto, per comprenderne esigenze e bisogni 2. Empatia, per mettersi nei panni dell’alto 3. Flessibilità, per trovare la soluzione adeguata A queste va aggiunta una profonda conoscenza del prodotto che costituisce la base per instaurare una relazione credibile con il cliente e creare un rapporto di ducia per la competenza e la capacità di dare una risposta adeguata al bisogno. Risultati economici, KPI di intervento e impatto del personale: L’impatto del personale è diretto sul tasso di conversione e sullo scontrino medio, indiretto, ma comunque signi cativo, anche sugli ingressi del negozio. Valutazione della soddisfazione del cliente Il servizio del personale impatta direttamente sull’esperienza dei clienti e quindi sui risultati dei punti vendita; oltre che attraverso il lavoro dei propri manager, le aziende utilizzano una serie di modalità per valutare e monitorare il grado di soddisfazione dei propri clienti e il livello di performance di negozio. 29 ff fi fi fi Strumenti e metodi per la valutazione della experience: 1. Analisi dei dati e dei KPI di vendita I KPI sono uno strumento essenziale per misurare e monitorare costantemente l’e cacia delle nostre azioni e valutare il successo di una organizzazione, di un team, di un individuo nel raggiungimento degli obiettivi; variano a seconda delle priorità aziendali e degli obiettivi speci ci. Finalità: - monitorare le prestazioni rispetto agli obiettivi pre ssati - prendere decisioni informate basate su fatti anziché su intuizioni o ipotesi - identi care aree di miglioramento - mantenere allineamento strategico delle varie componenti aziendali - focalizzare e motivare le persone Processo: - individuare i KPI rilevanti (tasso di conversione, scontrino medio, prezzo medio, vendita le metro quadro, ritorno del cliente, cluster cliente, ecc…) - raccolta dei dati e sistemi di analisi (completezza data base, CRM, analisi delle vendite, ecc…) - utilizzo dei KPI (obiettivi di vendita complessivi e individuali, indicatori di negozio, miglioramento delle prestazioni, ecc…) - benchmarking ⇢ confrontare i KPI tra negozi e con quelli dei competitor per avere visione più completa della performance 2. Mystery shopping Metodologia e tecnica di ricerca utilizzata per valutare la qualità del servizio clienti e l’aderenza agli standard aziendali attraverso visite anonime di individui appositamente formati, chiamati mystery shopper, che agiscono come clienti normali. Finalità: - misurare la capacità dei punti vendita di rispondere alle aspettative dei clienti - valutazione del servizio clienti misurando la qualità dell’interazione tra personale e clienti - veri ca della conformità delle procedure e politiche aziendali - identi cazione delle problematiche e delle aree miglioramento, non sempre identi cabili attraverso altre forme di valutazione (visite aziendali) - confrontare la performance dei punti vendita, individuare best practice e migliorare la formazione del personale Processo: - piani cazione delle visite, stabilire gli obiettivi della veri ca, KPI di osservazione, predisporre questionario - formazione dei mystery shopper per rispettare il pro lo dei clienti target - esecuzione delle visite; simulazione dell’esperienza cliente e raccolta dati in base al questionario di visita - analisi dei dati per identi care punti di forza e aree di miglioramento - feedback all’azienda e al personale per migliorare il servizio o gli standard e continuo monitoraggio Aree di valutazione tipiche ⇢ oltre a speci ci aspetti de niti di volta in volta in sede di impostazione del mystery, esistono alcune aree tipiche di valutazione che possono essere declinate in modo diverso dalle singole aziende: - esperienza del client nel suo complesso (es. NPS, relazione con venditori, ragioni del non acquisto…) - atteggiamento e comportamento generale del personale di vendita (es. valorizzazione come cliente, ascolto e proattività, ecc…) - accoglienza e contatto iniziale (es. saluto e benvenuto, tempi di approccio, ecc…) - creazione di un rapporto (es. numero di domande, comprensione del bisogno, empatia, ecc…) - valorizzazione del prodotto e del brand in coerenza al bisogno (es. coerenza delle proposte, consigli forniti, ecc…) - storytelling di prodotto e di brand - cross selling e up-selling - conclusione e commiato (es. impressione nale, valorizzazione, ecc…) - follow-up (es. scheda cliente e gestione dati, informazioni aggiuntive, ecc…) 30 fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi ffi fi 3. Net Promoter Score (NPS) Il Net Promoter Score (NPS) è una metrica utilizzata per misurare la soddisfazione e la fedeltà dei clienti, basata sulla probabilità che i clienti raccomandino un prodotto o servizio ad altri. Domanda di base: "Quanto è probabile che tu consigli questo negozio a un amico o collega?" Finalità: - misurare la soddisfazione dei clienti: fornisce un'indicazione chiara del livello di soddisfazione dei clienti - identi care i promotori: aiuta a identi care i clienti più fedeli che possono diventare ambasciatori del marchio - riconoscere i detrattori: permette di individuare i clienti insoddisfatti e a rontare i loro problemi per migliorare l'esperienza complessiva - monitorare le performance nel tempo: consente di tracciare l'andamento della soddisfazione dei clienti e valutare l'e cacia delle iniziative di miglioramento - benchmarking ⇢ confrontare l'NPS con quello dei competitor per capire la posizione relativa del marchio sul mercato Processo: - raccogliere i punteggi - classi care i rispondenti - calcolare l’NPS - utilizzo dei dati per azioni di miglioramento 4. Feedback diretto dei clienti Il feedback diretto dei clienti si riferisce alle opinioni e ai commenti che i clienti forniscono in modo sollecitato o spontaneo e immediato riguardo alla loro esperienza con un prodotto o servizio; questo può avvenire attraverso vari canali, come sondaggi, recensioni online, focus group e interazioni sui social media. Finalità: - comprendere le aspettative dei clienti: aiuta le aziende a capire cosa i clienti apprezzano e

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