Psicologia Sociale Riassunto PDF
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Questo documento è un riassunto di Psicologia Sociale. Copre argomenti come la definizione della psicologia sociale, il metodo scientifico, il comportamentismo, la psicologia cognitiva e la neuroscienza. Il testo è una buona introduzione ai concetti e alle teorie della psicologia sociale, adatto a studenti universitari.
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CAPITOLO 1: CHE COS’È LA PSICOLOGIA SOCIALE? La psicologia sociale è il ramo della psicologia che studia l’interazione tra persone analizzando manifestazioni, cause, conseguenze e processi psicologici che sono coinvolti nel comportamento. Per Allport essa è l’indagine scientifica di come i pensieri,...
CAPITOLO 1: CHE COS’È LA PSICOLOGIA SOCIALE? La psicologia sociale è il ramo della psicologia che studia l’interazione tra persone analizzando manifestazioni, cause, conseguenze e processi psicologici che sono coinvolti nel comportamento. Per Allport essa è l’indagine scientifica di come i pensieri, sentimenti e comportamenti siano influenzati da 3 elementi: Presenza oggettiva: persona fisicamente in presenza di altre persone Presenza immaginata: immaginare di essere in presenza di altre persone Presenza implicita degli altri: come l’interazione umana attribuisce significato alle cose Gli psicologi sociali sono interessati alla spiegazione del comportamento umano e lo studiano in quanto osservabile e misurabile. Sono interessati a sentimenti, pensieri, credenze, atteggiamenti, intenzioni e obiettivi non direttamente osservabili ma inferiti dal comportamento. Gli psicologi sociali hanno interesse verso il movimento fisico e quello che le persone (non) dicono e il modo in cui lo dicono. La relazione tra questi processi non osservabili (dimensione psicologica del comportamento, perché hanno luogo nel cervello) e la manifestazione del comportamento è un punto cruciale della ricerca. Attinge a concetti e metodi di ricerca da altre discipline e si prefigura come intersezione di altre discipline: è influenzata (è una sottodisciplina della psicologia generale ed è stata influenzata dall analisi psicodinamica di Freud, dalla psicologia cognitiva, dalla sociolinguistica e dallo studio del linguaggio e comunicazione) ed influenza aree della sociologia applicata (psicologia dello sport, salute e delle organizzazioni. 1. IL METODO SCIENTIFICO (METODO SPERIMENTALE E NON) “Fare psicologia sociale” significa utilizzare il metodo scientifico partendo da un’ipotesi, sottoposta ad esperimenti per confermare o confutare la validità delle ipotesi, per creare una tesi. Gli psicologi sociali costruiscono le teorie dai dati e/o dalle teorie precedenti e quindi conducono ricerche empiriche. Gli psicologi sociali prima sviluppano ipotesi o previsioni basate su teorie o osservazioni precedenti, e poi raccolgono dati per verificare se le ipotesi sono corrette. Nella psicologia sociale, il numero della probabilità è 0.05. Se le statistiche dimostrano che l’effetto ha una probabilità più bassa del 5% di essere un evento dovuto al caso, allora l’ipotesi è stata confermata, al contrario non lo è. Vi sono 2 tipologie di metodi (sperimentale e non), la scelta del più appropriato dipende da fattori come la natura dell’ipotesi indagata, delle risorse disponibili e dalle basi etiche. La fiducia nella veridicità della nostra ipotesi aumenta se l’ipotesi è stata confermata da differenti gruppi di ricerca che utilizzano diversi metodi: il pluralismo metodologico aiuta a ridurre la possibilità che la conclusione derivi dall’utilizzo di un particolare metodo. L’esperimento sistemico è il metodo di ricerca più importante della psicologia sociale e richiede: La manipolazione (ovvero l’intervento) di 1 o più variabili indipendenti La misurazione dell’effetto della manipolazione su 1 o più variabili indipendenti La misurazione dell’effetto della manipolazione su 1 o più variabili dipendenti La variabile indipendente è il fattore che il ricercatore manipola per osservare il suo effetto, si presume che influenzi o causi cambiamenti nella variabile dipendente. La variabile dipendente è il fattore che il ricercatore misura per valutare l’effetto della variabile indipendente, cambia in risposta alle modifiche della variabile indipendente. La variazione della variabile dipendente dipende dalla variazione della indipendente. Il vantaggio di condurre un esperimento in laboratorio è dato dalla possibilità di controllare la situazione: gli sperimentatori mantengono la manipolazione a un basso livello di “realismo mondano” (si riferisce al grado in cui una situazione sperimentale somiglia a situazioni della vita reale, l’obiettivo è quello di rendere l’esperimento il più vicino possibile alla realtà fuori del laboratorio). Lo scopo è il realismo sperimentale, ovvero il grado in cui una situazione sperimentale coinvolge i partecipanti (indipendentemente se somigli o no alla vita reale), l’obiettivo è quello di far in modo che i partecipanti prendano l’esperimento seriamente e rispondano in modo genuino. Il metodo sperimentare ha limiti, come: Effetto pavimento: quando i punteggi in una misura o test sono troppo bassi per differenziare tra i partecipanti. Succede perché il compito è troppo difficile o la scala non permette di misurare adeguatamente le differenze Effetto soffitto: quando i punteggi in una misura o test sono troppo alti e tutti ottengono risultati vicini al massimo possibile. Ciò accade quando il compito è troppo facile o la scala è limitata verso l’alto Confusione: quando una variabile estranea interferisce con il rapporto tra la variabile indipendente e la dipendente, dando l’impressione di un effetto che in realtà non esiste o distorcendo. Ciò riduce la validità dei risultati non si può distinguere l’effetto reale della variabile indipendente 1 I metodi non sperimentali sono: ricerca d’archivio (indagare fenomeni del passato e usati per dei confronti tra culture o nazioni differenti in merito a dei fenomeni), studio di un caso (analisi approfondite di un caso adatto per studiare fenomeni rari o inusuali. Un punto critico è la paura del giudizio, sorge quando le persone sono al centro dell’attenzione), analisi del discorso (attenzione posta su ciò che le persone dicono e non con un discorso), ricerca basata sull inchiesta e ricerca sul campo (il ricercatore osserva, registra e codifica azioni spontanee in un contesto normale. Il limite è l’influenza involontaria del ricercatore sul partecipante). 2. RICERCA ETICA SUGLI ESSERI UMANI, TEORIE E METATEORIE Gli psicologi sociali si confrontano con temi etici e per orientare i ricercatori, l’associazione degli psicologi americani ha stabilito una serie di principi etici per la ricerca sugli esseri umani (1972). Nelle università occidentali una ricerca può essere condotta solo se verificata la sua conformità a 5 principi, ovvero: protezione del danno, diritto alla privacy, inganno, consenso informato e trasparenza. Una teoria è un insieme di concetti e principi correlati che spiegano un fenomeno, è usata per comprendere, prevedere e controllare eventi o comportamenti. La teoria socio psicologica è un insieme integrato di proposizioni che illustra le cause del comportamento sociale nei termini di 1 o più processi socio psicologici. Nella psicologia sociale le teorie sono raggruppate per tipologie di teorie riflettendo le metateorie ovvero un insieme di concetti e principi intercorrelati che indicano quali teorie o tipi di teorie sono appropriate. 3. COMPORTAMENTISMO, LA PSICOLOGIA COGNITIVA, LA NEUROSCIENZA E LA BIOCHIMICA Il comportamentismo (o behaviorismo) deriva dagli studi di Pavlov e Skinner, ed è una corrente della psicologia che si concentra sullo studio del comportamento osservabile come principale oggetto di indagine scientifica, escludendo e minimizzando l’importanza di processi mentali in quanto difficili da misurare. Per il comportamentismo radicale il comportamento è spiegato e previsto in termini di programmi di rinforzo (qualsiasi stimolo o evento che aumenta la probabilità che un comportamento venga ripetuto in futuro). Il neo comportamentismo per spiegare il comportamento sociale sostiene la necessità di fare ricorso a costrutti che non sono osservabili. La psicologia cognitiva è una branca della psicologia che si occupa dello studio dei processi mentali interni. Essa nasce nella psicologia della Gestalt, una corrente psicologica che si concentra sullo studio dei processi percettivi e cognitivi, sottolineando come le persone tendano a organizzare le informazioni in unità strutturate e significative. Una delle prime teorie cognitive della psicologia sociale fu la teoria del campo (di Lewin) che descrive il comportamento umano come il risultato dell’interazione tra la persona e l’ambiente (considerati come un campo dinamico). Tra il 1950 e il 1960 la psicologia sociale era dominata dalle teorie della coerenza cognitiva che si basano sull’idea che le persone tendono a mantenere coerenza tra i loro pensieri, credenze, emozioni e comportamenti. Quando c’è una discrepanza, si genera un disagio psicologico (dissonanza) che le persone cercano di ridurre. La coerenza tra pensieri, emozioni e comportamenti spinge gli individui a conformarsi al gruppo per evitare dissonanza, soprattutto in situazioni di unanimità, le persone tendono a conformarsi per mantenere la coerenza interna, anche se ciò significa opporsi alle pressioni esterne o sacrificare gli interessi personali (l’individuo aderisce alle aspettative sociali per preservare l’integrità e l’equilibrio psicologico). Dalla fine del 1970 è la cognizione sociale (processi, attività e strutture per spiegare il comportamento sociale) ad assumere il ruolo di prospettiva dominante in psicologia sociale, includendo teorie su come processi e rappresentazioni cognitive sono costruiti e influenzano il comportamento. La neuroscienza e la biochimica è un approccio che si basa sulla prospettiva secondo cui la cognizione è associata ad attività cerebrale di tipo elettrochimico. Si hanno metodologie basate sulla ricostruzione di immagini cerebrali per studiare comportamenti che hanno correlati neuronali e biochimici. 4. PSICOLOGIA SOCIALE EVOLUZIONISTICA, PERSONALITÀ E TEORIE COLLETTIVISTICHE La psicologia sociale evoluzionistica ha una visione secondo cui la gran parte del comportamento umano affonda le radici nel passato della nostra specie. Fondamentale è il principio darwiniano di selezione naturale secondo cui vi sono dei comportamenti che hanno permesso la sopravvivenza. Gli psicologi sociali hanno cercato di spiegare il comportamento sociale in termini di attributi durevoli della personalità considerata come una spiegazione parziale dei comportamenti. Le teorie collettivistiche si concentrano sul modo in cui le persone prendono socialmente forma grazie alla loro collocazione nelle categorie sociali e gruppi dando corpo alla società. Le persone si comportano in un modo per come si rappresentano interiormente le norme di gruppo socialmente che influenzano il comportamento in contesti specifici. Le teorie si dividono in: Collettivistiche: (approccio top down) il comportamento sociale individuale è in riferimento ai gruppi Individualistiche: (approccio bottom up) il comportamento sociale individuale è costruito a partire dalla cognizione e personalità del singolo individuo 2 Tra il 1960 e 1970 la psicologia sociale vive un periodo di crisi poiché viene accusata di essere riduzionista (ovvero di spiegare un fenomeno con il linguaggio e concetti appartenenti ad un livello di analisi inferiore) e positivista (l’accettazione del metodo scientifico come unico modo per giungere alla conoscenza senza il grado di oggettività richiesto). Doise propone una soluzione al problema del riduzionismo affermando che vi sono dei livelli di spiegazione: Intrapersonale: analisi del modo in cui le persone organizzano le esperienze nell'ambiente sociale Interpersonale e situazionale: analisi dell'interazione interpersonale Posizionale: analisi dell'interazione in specifiche situazioni (ruolo della posizione sociale considerato) Ideologico: analisi dell'interazione interpersonale considera ruolo delle credenze sociali generali e delle relazioni sociali tra gruppi 5. BREVE STORIA DELLA PSICOLOGIA SOCIALE I primi esordi risalgono a degli studiosi tedeschi influenzati da Hegel (ovvero i demopsicologi). Nel 1860 Steinthal e Lazarus parlano di mente collettiva come modalità di pensiero sociale interna singolo individuo e forma di pensiero transindividuale per includere un intero gruppo di persone. McDougall (1920) afferma il concetto di mente di gruppo, le persone adottano modo di pensare qualitativamente diverse quando sono in gruppo (le persone vengono trasformate delle situazioni collettive). A partire dalla fine del 1800 si è aperto un dibattito su quale approccio fosse più adatto per studiare la psicologia sociale (top-down o il bottom-up), poi tale disciplina si sviluppò poi nel modello bottom-up. La pubblicazione spartiacque per la psicologia sociale fu quella di Allport 1924 in cui sosteneva che la psicologia sociale si sarebbe diffusa come scienza sperimentale. La psicologia sociale si è sviluppata con declinazioni diversi, come: Studio degli atteggiamenti e come si connettono al comportamento: psicologi appartenenti a questo programma di ricerca sono Hovland (studiò la modificazione degli atteggiamenti per scoprire le tecniche di propaganda) e Festinger (con la teoria della dissonanza cognitiva) Studio dei comportamenti in gruppo, leadership e dinamiche di gruppo: uno dei massimi esponenti è Lewin (padre della psicologia sociale sperimentale) con cui difese il rapporto tra ricerca di laboratorio e le applicazioni realizzate tramite ricerca sul campo Moscovici e lo studio sull'influenza delle minoranze: una minoranza coerente poteva portare le persone a vedere le cose da un altro punto di vista Malgrado le origini europee tale disciplina si è diffusa negli Stati Uniti nel 1920 con l'adozione del metodo sperimentale dove si ebbe una predominanza della psicologia sul sociale. Dal 1960 si è assistito ad una rinascita della psicologia sociale europea (tra i nomi più incisivi vi sono Tajfel e Moscovici), ad oggi è una disciplina affermata e la sua ricerca è complementare alla statunitense. CAPITOLO 2: COGNIZIONE E PENSIERO SOCIALE Il pensiero sociale coincide con il linguaggio interiore e con i simboli che usiamo (è conscio poiché è qualcosa di cui siamo più o meno consapevoli). La cognizione si riferisce a processi mentali che possono essere inconsci di cui non ne siamo consapevoli, ce ne accorgiamo solo con l’attenzione, è un’attività mentale non osservata direttamente con cui si elaborano, comprendono e memorizzano informazioni percettive. 1. ATTIVITÀ COGNITIVA, APPROCCIO DELLA COGNIZIONE SOCIALE, COERENZA COGNITIVA La psicologia sociale ha proposto le teorie dell’attività cognitiva per spiegare il comportamento sociale. L’approccio della cognizione sociale ha dominato la psicologia sociale a partire dalla fine del 1970 con forme differenti. Lewin riteneva che si interpretasse il comportamento nel miglior modo considerandolo in funzione del modo in cui le persone percepiscono il proprio mondo, manipolano e collegano le rappresentazioni mentali. Durante il 1940 e 1950 il nuovo approccio di ricerca degli psicologi sociali produsse teorie alla base delle quali si poneva il concetto di coerenza cognitiva, un modello di cognizione sociale secondo cui le persone riducono l’incoerenza tra le proprie cognizioni poiché spiacevoli. Le teorie della coerenza cognitiva persero popolarità nel 1960 quando divenne chiaro che le persone hanno tolleranza nei confronti dell’incoerenza cognitiva. I ricercatori iniziarono ad adottare il modello “dello scienziato ingenuo” secondo cui le persone hanno necessità di attribuire specifiche cause ai comportamenti e eventi (le persone dovevano essere razionali e scientifiche nell’analizzare cause ed effetti). Tale modello si pone alla base delle teorie attribuzionali del comportamento sociale che domina la psicologia sociale del 1970. Per descrivere il fatto che spesso giungiamo ad una conclusione in modo rapido invece che accurato si utilizza l’espressione “economizzatore cognitivo”. Il pensatore sociale è tattico motivato, un modello di cognizione sociale secondo cui le persone dispongono di molteplici strategie cognitive che selezionano in funzione di obiettivi o necessità personali. 3 Uno sviluppo recente della cognizione sociale è la neuroscienza sociale, metodologia in cui l’attività cognitiva è monitorata dalla risonanza magnetica funzionale che scopre e localizza l’attività elettrica cerebrale associata ad attività o funzioni cognitive. Le valutazioni cognitive generano o sono associate ad emozioni specifiche e a reazioni fisiologiche (prove derivanti dal modello dell’infusione dell’affetto dimostrano come il nostro giudizio sulle persone sia influenzato dall’umore). La formazione delle impressioni (sono influenzate da alcune informazioni più che da altre) e la percezione della persona sono aspetti importanti della cognizione sociale. 2. ASCH TRATTI CENTRALI E PERIFERICI (EFFETTO PRIMACY E RECENCY), TEORIA IMPLICITA Asch si collega all'effetto primacy (priming) e recency dividendo i tratti centrali (hanno influenza importante sulla configurazione delle impressioni su una persona) e i tratti periferici (hanno influenza poco significativa). L’effetto primacy (priming) consiste nell’incidenza sproporzionata delle prime informazioni (funzionano come tratti centrali) sulle impressioni generali del destinatario. È stata dimostrata l’esistenza di un effetto recency che si verifica quando le ultime informazioni hanno un impatto più decisivo delle prime. Nel formare le nostre impressioni sugli sconosciuti la prima informazione di cui disponiamo è il loro aspetto che svolge un ruolo uguale all’effetto primacy. La nostra prima impressione cade sull’apparenza e in generale sull’aspetto fisico. I costrutti personali sono modi personali con cui si rappresentano gli altri, con questi si possono formulare molteplici teorie implicite della personalità (le impressioni che si hanno su qualcuno sono influenzate dall’ordine in cui si ricevono le informazioni al suo riguardo). Tali argomenti sono strettamente legati alla formazione delle impressioni e all’associazione di tratti, che sono il focus della teoria di Schneider. La teoria implicita della personalità riguarda il modo in cui le persone formano giudizi e impressioni sugli altri basandosi su informazioni incomplete. 3. GLI SCHEMI, LA CATEGORIZZAZIONE, GLI STEREOTIPI E IL PRINCIPIO DI ACCENTUAZIONE Un'attività mentale comune è la memorizzazione sotto forma di schemi, ovvero un insieme circoscritto e coerente di cognizioni interconnesse che ci permette di comprendere rapidamente una persona o situazione sulla base di informazioni limitate. Determinati indizi attivano uno schema agevolando il processo top down (o deduttivo), il processo opposto è quello bottom up (o induttivo). I tipi di schema sono: Schemi di persona: schemi formati su persone specifiche Schemi di ruolo: strutture conoscitive che riguardano chi ricopre il ruolo Script: schemi che riguardano eventi Schemi di sé: schemi del proprio sé (diverso da quelli altrui) Schemi senza contenuto: regole per elaborare le informazioni Per applicare un dato schema è necessario categorizzare (le categorie sono insiemi di attributi correlati definiti “prototipo”, ovvero caratteristiche ideali che definiscono una categoria) un’istanza in modo adeguato. Il processo di categorizzazione può portare a una distorsione percettiva che conferisce alla stereotipizzazione delle caratteristiche distintive. Nel momento in cui le persone acquisiscono familiarità con una categoria si passa da prototipi ad esemplari. Gli stereotipi sono schemi di gruppi sociali, immagini semplificate dei membri di un gruppo che diventano più marcati e ostili quando insorgono tensioni sociali e conflitti tra i gruppi. La stereotipizzazione è una scorciatoia cognitiva che ha funzione adattiva dal momento che permette di formarsi rapide impressioni sulla gente e sono difficili da cambiare. Tajfel sostiene che quando giudichiamo uno stimolo utilizziamo qualsiasi informazione in grado di aiutarci a formulare il nostro giudizio. Affidarsi a categorie per chiarire le percezioni è un'attività umana indispensabile che produce distorsioni cognitive percettive generalizzate. Il principio di accentuazione deriva dal fatto che la categorizzazione accentua le somiglianze o le differenze tra i gruppi in merito ad aspetti che le persone credono correlate alle categorizzazioni stesse. 4. TEORIA DISTINZIONE OTTIMALE, MODALITÀ CAMBIAMENTO DEGLI SCHEMI E CODIFICA SOCIALE Secondo Rosch le persone tendono a fare riferimento a categorie di base (ovvero di ampiezza media che godono di priorità cognitiva perché utili). Secondo la teoria della distinzione ottimale le categorie che si collocano ad un livello di base rispondono alla necessità di considerare un individuo simile ad altri ma diverso da altri ancora. Gli schemi non cambiano facilmente, Rothbart ha individuato 3 modalità di cambiamento: Registrazione: gli schemi cambiano di fronte all’accumulo di prove Conversione: gli schemi cambiano all’improvviso dopo una massa critica di prove discordanti Formazione di sottotipi: per rimediare alle prove discordanti gli schemi formano una sottocategoria La codifica sociale è il processo di rappresentazione degli stimoli esterni nelle menti delle persone e dipende da ciò che cattura la nostra attenzione, influenzata da salienza (distingue uno stimolo dagli altri in contesto specifico) e accessibilità (indica la facilità nel richiamare categorie o schemi già in mente). 4 La codifica sociale ha 4 fasi: analisi preattentiva (scansione automatica e inconscia dell’ambiente), attenzione focalizzata (identificazione e categorizzazione consapevole degli stimoli), comprensione (attribuzione di significato agli stimoli) ed elaborazione inferenziale (collegamento tra stimoli e conoscenze per fare inferenze complesse). 5. MEMORIA, INFERENZA SOCIALE, CORRELAZIONE ILLUSORIA E 3 TIPOLOGIE DI EURISTICHE La memoria opera come una rete di associazione, anche se osserviamo il comportamento in modo diretto il modo in cui ricordiamo un atto è influenzato dalle nostre inferenze e dal suo fine. Si possono organizzare le informazioni riguardanti le persone per individuo o per gruppo (possono coesistere). Ricordiamo le persone considerandole come un insieme di informazioni che combinano tratti di personalità, comportamenti e caratteristiche fisiche. Organizzare così la memoria ci permette di produrre ricordi ricchi e accurati. L’inferenza sociale indica il modo in cui elaboriamo informazioni sociali per formarci impressioni sulle persone ed esprimere giudizi a loro riguardo. Le informazioni possono essere elaborate attraverso processo bottom up (gradualmente) o con processo top down (l’informazione elaborata analiticamente a partire dai costrutti psicologici o teorie). Le nostre inferenze sono meno accurate e scientifiche di quanto potrebbero essere. La “teoria dell’inferenza corrispondente” di Jones e Davis spiega come le persone affermano che il comportamento di un individuo corrisponde a una sua disposizione di fondo o tratto della personalità. Nella teoria dell’inferenza corrispondente, il comportamento è fondamentale perché gli osservatori lo usano per trarre conclusioni sulle disposizioni interne di una persona. Gli indizi per suggerire l’inferenza corrispondente sono libera scelta, minaccia e desiderabilità sociale dell'atto. La correlazione illusoria è un'esagerazione cognitiva della frequenza con cui si manifestano insieme due stimoli o eventi con una correlazione inesistente. Chapman osservò che una correlazione illusoria può giustificare una credenza nella magia. Ci sono 2 basi per la correlazione illusoria, ovvero il significato associativo e la differenziazione condivisa (entrambe consentono l’attivazione dello stereotipo). I nostri i processi inferenziali sembrano adeguati poiché si basano sulle euristiche, ovvero delle strategie e scorciatoie cognitive che forniscono la capacità di produrre inferenze sufficientemente accurate. La mancanza di accuratezza può portare allo sviluppo di stereotipi. Vi sono 3 tipologie di euristiche: Euristica della rappresentatività: esemplari assegnati a categorie sulla base della somiglianza complessiva che presentano nei confronti della categoria Euristica della disponibilità: la frequenza del verificarsi di un evento si basa sulla velocità con cui vengono alla mente esemplari o associazioni Ancoraggio e accomodamento: le inferenze sono collegate a modelli iniziali o schemi 6. COSA CAUSA UN COMPORTAMENTO, MODELLO DELLA COVARIAZIONE E TIPI DI ATTRIBUZIONE Uno dei motivi chiave è il raggiungere una comprensione degli altri per prevedere come si comporteranno e come dovremmo comportarci noi. Le cause del comportamento si basano su 2 fattori: Individuali: (attribuzione interna o disposizionale) un processo di assegnazione delle cause del comportamento nostro o altrui a fattori interni o disposizionali Ambientali: (attribuzione esterna o situazionale) un'assegnazione delle cause del comportamento nostro o altrui a fattori esterni o ambientali Secondo Heider le cause interne sono nascoste e le possiamo inferire solo se non ci sono cause esterne. Kelley formulò il “modello della covariazione” in cui le persone assegnano la causa del comportamento al fattore che varia più sistematicamente con il comportamento (le persone decidono se attribuire un atto alle disposizioni interne o a fattori ambientali esterni). Per prendere questa decisione considerano: Coerenza: in quella situazione lo fa sempre? Valore distintivo: lo fa sempre anche in altre situazioni? Consenso: e lo fanno tutti gli altri in quella situazione? Webinar si è interessato alle cause e conseguenze dei tipi di attribuzione compiuti dalle persone quando eseguono un compito con successo o no. Nell'attribuzione del risultato si considerano 3 dimensioni della prestazione (luogo, stabilità e controllabilità), ma è un modello di tipo dinamico poiché prima le persone valutano se hanno avuto successo o fallito (avvertono un'esperienza emotiva positiva o negativa). Il concetto di attribuzione comportamentale (e causale) si riferisce al processo attraverso il quale le persone interpretano e spiegano le cause del comportamento proprio o altrui, attribuendolo a fattori interni (disposizionali) o esterni (situazionali). Questo tema è centrale nella psicologia sociale ed è stato approfondito da autori come Haider (teoria dell’attribuzione) e Kelley (modello della covariazione). 5 Nell'attribuzione interna il comportamento è spiegato come derivante da caratteristiche personali dell’individuo, come tratti di personalità, abilità o intenzioni. Nell’attribuzione esterna il comportamento è spiegato come risultato di fattori esterni, come le circostanze, la situazione o le pressioni sociali. 7. LA TEORIA DELL’AUTOPERCEZIONE Bem formulò la teoria dell’autopercezione secondo cui aumentiamo la conoscenza di noi stessi solo facendo autoattribuzioni (ciò svolge un ruolo anche nel definire le emozioni, costituite da due componenti distinte, ovvero l’attivazione fisiologica e le cognizioni). Secondo tale teoria produciamo attribuzioni interne riguardo al nostro comportamento e le utilizziamo per formare impressioni sulla personalità di qualcuno. Uno dei classici modi per conoscere il proprio sé è esaminare i propri pensieri ed emozioni ma quando sono deboli produciamo inferenze di noi stessi in base a ciò che facciamo. Questa idea si pone alla base di tale teoria, e non vi è una differenza da autoattribuzioni e attribuzioni nei confronti degli altri (le autoattribuzioni hanno importanti implicazioni sulla motivazione). 8. TENDENZE SISTEMATICHE ATTRIBUZIONALE, EFFETTO ATTORE-OSSERVATORE Tutti fanno attribuzioni ma si differenziano nello stile attribuzionale, ovvero una predisposizione individuale alla base di un certo tipo di attribuzione causale del comportamento. La prima tendenza sistematica attribuzionale è l’errore di attribuzione, ovvero la tendenza delle persone attribuire ad un individuo un comportamento derivante in realtà dal suo ruolo (assume la forma estrema di essenzialismo, ritenere che il comportamento rifletta caratteristiche immutabili e innate della personalità. È una variazione culturale che porta le persone a considerare in modo eccessivo il comportamento come prodotto di stabili caratteristiche di base della personalità). Pettigrew definì “l’errore ultimo di attribuzione” ovvero la tendenza ad attribuire a fattori interni i comportamenti negativi di un outgroup e quelli positivi a fattori esterni. Nel momento in cui produciamo attribuzioni del comportamento dell’ingroup, realizziamo attribuzioni intergruppo in un processo di assegnazione della causa del comportamento proprio o altrui all'appartenenza a un gruppo mentre le attribuzioni intergruppo sono etnocentriche. Attribuiamo il nostro comportamento a fattori esterni e il comportamento degli altri a fattori interni, tale asimmetria è l’effetto attore-osservatore e tra le cause: Centro dell’attenzione: se gli altri lo sono, li giudichiamo senza guardare il contesto Asimmetria dell’informazione: conosciamo il nostro comportamento e sappiamo quando è influenzato da fattori situazionali Una terza tendenza sistematica attribuzionale è l’effetto del falso consenso, ovvero considerare il proprio comportamento più diffuso di quanto effettivamente lo sia. Esistono poi tendenze sistematiche come: A vantaggio di sé: è la strategia autolesiva, ovvero l’attribuzione a fattori esterni espressa pubblicamente in maniera anticipata a proposito di un proprio fallimento imminente. Sono distorsioni che proteggono o migliorano l’autostima o il concetto di sè Per migliorare l’autostima: si ha la tendenza sistematica all'autoaccrescimento (accreditiamo i nostri comportamenti positivi come espressione di ciò che siamo). Per proteggerci: si ha la tendenza sistematica all'autoprotezione e giustifichiamo i nostri comportamenti negativi sulla base di fattori situazionali esterni. 9. TEORIE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI, TRASMISSIONE VOCI, TEORIE DELLA COSPIRAZIONE La “teoria delle rappresentazioni sociali” di Moscovici descrive uno dei modi attraverso cui è possibile costruire e trasmettere la conoscenza culturalmente determinata a proposito delle cause di qualcosa. Le rappresentazioni sociali sono interpretazioni sociali consensuali (condivise tra i membri di un gruppo) che emergono nella comunicazione informale quotidiana (tendono a trovare fondamento nei gruppi e differiscono in base al gruppo). Il modo in cui le rappresentazioni sociali si sviluppano attraverso la comunicazione informale ricorda come si sviluppano e si diffondono le voci (informazioni non verificate diffuse che cercano di capire eventi incerti e confusi). La trasmissione delle voci avviene durante una situazione di crisi. Le teorie della cospirazione sono teorie casuali astruse che attribuiscono disastri naturali e sociali ad attività intenzionali e organizzate da parte di specifici gruppi sociali. 6 CAPITOLO 3: SE, IDENTITÀ E SOCIETÀ Sé e identità sono costrutti cognitivi (concetti astratti o teorici che non sono osservabili ma sono utilizzati per spiegare o chiarire un fenomeno) che condizionano l’interazione sociale e percezione e che subiscono l’influenza della società. L’idea di avere un sé è nuova nata grazie a cambiamenti sociali, politici e culturali che investono la società a partire dal 1500. Il primo a parlare di sé fu William James. 1. LA PSICOANALISI E FREUD La psicoanalisi fece emergere il problema secondo cui il sé e l'identità sono connesse a dinamiche complesse nascoste in profondità della nostra idea e di chi siamo. Freud ritenne che gli impulsi libidici asociali ed egoistici fossero repressi e tenuti sotto controllo da norme interiorizzate provenienti dalla nostra società ma che occasionalmente gli impulsi repressi emergessero in superficie. Secondo questa visione si può davvero conoscere sé stessi solo attraverso procedure come ipnosi o psicoterapia. Le idee di Freud sul sé hanno influenzato la psicologia sociale, un esempio è la teoria della personalità autoritaria sviluppata e utilizzata per interpretare le manifestazioni del pregiudizio. Freud considerava il sé molto soggettivo e privato, come l’apice dell’individualità. Inizialmente si credeva che il sé fosse un qualcosa di individuale in quanto si riteneva che i gruppi fossero costituiti da singoli individui che interagivano tra loro. Gli individui che interagiscono in aggregati costituiscono la sfera di competenza della psicologia sociale (gruppi come collettivi sono oggetto di studio della sociologia). La visione secondo cui il sé trae le sue proprietà dai gruppi è sostenuta da psicologi sociali (teorizzatori del comportamento collettivo) secondo cui al di là dell’interazione degli individui si sviluppava una mente di gruppo con una realtà e un’esistenza diversa da quella dei singoli. Esiste un sé collettivo che ha il proprio fondamento nella vita di gruppo. 2. TEORIA DELL'IDENTITÀ SOCIALE Di recente il sé collettivo è stato sviluppato dalla teoria dell’identità sociale di Tajfel e colleghi (tipica dell'individuo, consiste nella sua concezione di sé in quanto membro appartenente a un gruppo), partendo dalla categorizzazione sociale. Si basa sul paradigma del gruppo minimale, una metodologia sperimentale usata per dimostrare la discriminazione intergruppo anche quando si viene categorizzato casualmente o a partire da criteri irrilevanti. Nel cercare un’identità sociale vi sono strategie basate su 2 sistemi di credenze: mobilità sociale (confini intergruppo valicabili, una persona passa da status inferiore a superiore) e cambiamento sociale (confini intergruppo invalicabili, lo status può migliorare sfidando la legittimità della posizione di uno status superiore). L’importante è appartenere ad un gruppo per capire le relazioni intergruppo. Tajfel ideò un paradigma per rispondere alla domanda su quali fossero le condizioni minime per il comportamento intergruppo, il paradigma del gruppo minimale, ovvero una metodologia sperimentale usata per dimostrare la discriminazione intergruppo, anche quando le persone vengono categorizzate casualmente o a partire da criteri irrilevanti. Fu portata avanti una ricerca, la quale suggeriva che il mero atto di essere categorizzati in un gruppo fosse sufficiente per generare etnocentrismo e comportamento competitivo intergruppo. I risultati dimostrarono che la categorizzazione sociale ha un ruolo fondamentale nel comportamento intergruppo e un motivo per cui le persone si identificano con i gruppi sia dato dal desiderio di ridurre l’incertezza soggettiva. La categorizzazione produrrà identificazione e discriminazione solo se ci si identifica con la categoria. L’identità sociale è quella parte del concetto di sé che si sviluppa dall’appartenenza a un gruppo per cui le persone si conformano a determinate norme e dimostrano sia solidarietà sia favoritismo ingroup: comportamento favorevole per il proprio gruppo rispetto agli altri (l’identità sociale non è uguale all’identità personale). L’identità personale è la parte del concetto di sé che deriva dai tratti individuali e dai rapporti peculiari che intratteniamo con gli altri ed è associata al comportamento individuale e interpersonale. Le persone hanno tante identità sociali quanti sono i gruppi con cui si identificano e tante identità personali quanti sono gli attributi o rapporti stretti con cui si definiscono. I prototipi obbediscono al principio del metacontrasto (un contrasto tra contrasti) e il loro contenuto può variare dal contesto sociale. L'approccio dell'identità sociale offre una spiegazione nel conflitto intergruppo e del cambiamento sociale. Parlando di categorizzazione sociale, identificazione di gruppo e relazioni intergruppo, si ha il contesto ideale per introdurre 2 concetti fondamentali. Ingroup è il gruppo sociale al quale un individuo sente di appartenere e con cui si identifica. I membri di un ingroup condividono un senso di identità comune, norme, valori e spesso dimostrano atteggiamenti positivi verso il proprio gruppo (favoritismo ingroup). Mentre outgroup è un gruppo sociale percepito come diverso o esterno rispetto al proprio ingroup. Gli individui dell’outgroup sono spesso visti come “altri” e possono essere oggetto di stereotipi, discriminazione o atteggiamenti negativi. 7 Le attribuzioni intergruppo riguardano il modo in cui le persone spiegano i comportamenti dei membri del proprio gruppo (ingroup) e di gruppi esterni (outgroup). Questi processi attribuzionali sono spesso influenzati da bias intergruppi, come il favoritismo verso il proprio gruppo e gli stereotipi negativi verso l’outgroup. I bias dell’ingroup sono comportamenti positivi dei membri dell'ingroup che vengono attribuiti a caratteristiche interne (abilità, valore morale), mentre quelli negativi sono spiegati con fattori esterni (sfortuna). Mentre i bias dell’outgroup sono comportamenti negativi dell’outgroup vengono attribuiti a caratteristiche interne, mentre quelli positivi a fattori esterni (un errore chiamato “errore ultimo di attribuzione”). 3. INTERAZIONISMO SIMBOLICO Un punto di svolta dalla concezione del sé collettivo è segnato dal riconoscere che il sé nasce e si forma grazie all’interazione sociale, si parla perciò di “interazionismo simbolico” sviluppato da Mead. Richiede che le persone si scambiano simboli (attraverso linguaggio e gesti) che sono condivisi e rappresentano proprietà astratte. Tale modello offre un elaborata e complessa riflessione in merito alla formazione del sè: poiché esso proviene dal vedere noi stessi come ci vedono gli altri (sé riflesso), il modo in cui giudichiamo noi stessi dovrebbe essere connesso al modo in cui ci giudicano gli altri (delle ricerche provano che le persone tendono a vedersi nel modo in cui immaginavano gli altri fanno). 4. L’AUTOCONSAPEVOLEZZA E TEORIA DELL’AUTOCONSAPEVOLEZZA L’autoconsapevolezza è uno stato in cui si è coscienti di sé come di un oggetto, alcuni autori parlano di “autoconsapevolezza oggettiva” generata da ciò che focalizza l’attenzione su noi stessi come oggetto, portando la scoperta dei nostri limiti (in cui si correggono i difetti per avvicinare il proprio sé all'ideale). Carver e Scheier elaborarono una teoria dell’autoconsapevolezza in base alla quale distinsero: Sé privato: (pensieri) con l’autoconsapevolezza privata adattiamo il comportamento ai modelli interiori Sé pubblico: (modo in cui gli altri ci vedono) l’autoconsapevolezza pubblica è orientata verso l’autopresentazione di noi stessi agli altri sotto una luce positiva L’autoconsapevolezza può migliorare l’introspezione e intensificare le emozioni. La riduzione dell’autoconsapevolezza è stata identificata come una componente chiave della deindividuazione (uno stato in cui le persone hanno limiti alla consapevolezza di sé come individui distinti, l’individuo perde il senso della propria identità e agisce anti-socialmente, definizione di Mann applicata al contesto di aggressività collettiva come aggressione combinata da parte di un gruppo verso un altro) che può essere riconosciuta nel modo in cui si comportano le folle in altre forme di disordine sociale. 5. CONCETTO DI SÉ, EFFETTO DI SOPRA GIUSTIFICAZIONE E TEORIA DEL CONFRONTO SOCIALE Markus affermò che il concetto di sé era complesso e multisfaccettato con un numero ampio di schemi distinti del sé. Le persone tendono ad essere schematiche su alcune idee ma non su altre (avere una molteplicità di schemi di sé aiuta a proteggere le persone dalle avversità della vita). L’effetto di sopra giustificazione prevede che in assenza di chiare cause esterne per il nostro comportamento supponiamo di aver scelto spontaneamente quel comportamento perché ci piaceva. Condry ha dimostrato che l’introduzione di ricompense può avere un effetto contrario rispetto a quello sperato in quanto riduce la motivazione e il piacere che si prova nello svolgimento di un compito precedentemente motivato intrinsecamente, allo stesso tempo può portare a degli effetti positivi. Festinger ha sviluppato la “teoria del confronto sociale” per descrivere come le persone acquistano conoscenza di sé attraverso il confronto con gli altri (confronto reciproco, coerente e corretto di opinioni e comportamenti). Gli esseri umani hanno bisogno di avere fiducia nella validità delle proprie percezioni, visto che non vi è una misura obiettiva di validità, cercano persone simili a sé. 6. MODELLO DI MANTENIMENTO DELL’AUTOSTIMA, TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SÉ Wood ha osservato che alcuni confronti sociali indirizzati verso l’altro possono avere effetti dannosi sull’autostima. È possibile evitare ciò con il modello di mantenimento dell’autostima di Tesser secondo il quale cerchiamo di minimizzare la nostra somiglianza con l’altra persona o interrompiamo il rapporto con lei. Secondo la teoria della categorizzazione del sé il processo fondamentale vede le persone che si considerano in un gruppo di autocategorizzazione come membri del gruppo e interiorizzare in modo automatico nel giudizio su di sé gli attributi che descrivono il gruppo (bringing significa godere della vittoria riflessa in quanto ottenuta dal membro di un gruppo). La categorizzazione del sé è come realmente siamo, a differenza di come vorremmo essere. 7. TEORIA DISCREPANZA (AUTOREGOLAZIONE) DEL SÉ, CLASSI MOTIVAZIONALI E TIPI DI SE Gli schemi di sé descrivono ciò che siamo e anche chi vogliamo essere: con una serie di sé potenziali, schemi indirizzati al futuro di ciò che vorremmo accadesse o che temiamo possa accadere. 8 La “teoria della discrepanza e autoregolazione del sé” di Higgins è relativa alle conseguenze dei confronti tra sé reale e ideale e tra sé reale e normativo quando mettono in luce le discrepanze del sé. Gli aspetti della rappresentazione del sé sono: reale (come siamo), ideale (come vorremmo essere) e normativo (come dobbiamo essere), gli ultimi due sono guide del sé. Se il sé reale è distante dal sé ideale si crea depressione mentre se il sé reale è distante dal sé normativo si crea ansia. La discrepanza tra realtà-ideale-norma può motivare ad un cambiamento per far corrispondere il nostro comportamento ad un modello ideale o normativo. Si usano strategie di regolazione del sé per arrivare al livello dei propri modelli e obiettivi con l’utilizzo di: Sistema di prevenzione: adempiere alle norme in un'ottica negativa (strategia di allontanamento) Sistema di promozione: concretizzare gli ideali in un'ottica positiva (strategia di avvicinamento) Le nostre identità si sono sviluppate da relazioni sociali che abbiamo vissuto, vi sono 2 classi di identità per i tipi di sé: l’identità sociale (definisce il sé in termini di appartenenza a un gruppo) e l’identità personale (definisce il sé in termini di relazioni e tratti personali). Per Brewer e Gardner le forme di sé sono 3: sè individuale (basato su tratti personali che differenziano il sé dagli altri), sé relazionale (basato su collegamenti e relazioni di ruolo con altre persone) e sé collettivo (basato sull’appartenenza a gruppi che differenziano noi da loro). L’identità sociale porta al sé collettivo, attributi condivisi con altri che differenziano gli individui da un outgroup specifico o dagli outgroup in generale. L’identità personale porta al sé individuale con attributi unici del sé che differenziano l’individuo da specifici individui o da altri individui in generale (per ottenere un senso coerente di sé utilizziamo numerose strategie). Dal momento che sono punti di riferimento su cui basiamo la nostra vita, siamo motivati ad assicurarci la conoscenza di sé. Vi sono 3 classi motivazionali che influenzano la costruzione e ricerca del sè: Autovalutazione: per confermare noi stessi (tratti periferici, desiderio di conoscersi di più) Autoverifica: per essere coerenti (tratti centrali, desiderio di confermare ciò che si conosce su di sé) Autoaccrescimento: per dare una buona impressione (tratti positivi piuttosto che i negativi) 8. TEORIA DELL’AUTOAFFERMAZIONE TRIADE DELL'AUTO ACCRESCIMENTO E L’AUTOSTIMA Avvalendosi della “teoria dell'auto affermazione" secondo cui le persone riducono il pericolo di minacce dal proprio concetto di sé focalizzandosi e affermando la loro competenza in qualche area, Sherman e Cohen hanno descritto la modalità attraverso cui questo motivo si rivela. Le persone si impegnano ad affermarsi soprattutto quando è stato messo in crisi un aspetto della personalità. Le persone fortemente motivate a pensare bene di sé tendono all'auto accrescimento, al contrario le persone minacciate o ansiose esibiscono un egoismo automatico (un’immagine ampiamente positiva di sé). Secondo la teoria dell'autoaffermazione di Steelett la dissonanza cognitiva deriva dalla percezione di non essere riusciti ad affermare positivamente un proprio atteggiamento. Spesso le persone tendono a sovrastimare i propri punti forti, il controllo sugli eventi e sono ottimiste in modo irrealistico formando così la “triade dell'auto accrescimento" (eccessiva ostentazione di sé, scarsamente adattiva poiché non è la realtà). L’autostima è strettamente connessa all’identità sociale, grazie all’identificazione con un gruppo, il prestigio e lo status sociale di quel medesimo gruppo si incarnano nel concetto di sé di un individuo. Le persone sono alla continua ricerca dell’autostima perché ci fa stare bene ed è un indice dell’accettazione e inclusione sociale. 9. PAURA DELLA MORTE E TEORIA DELLA GESTIONE DEL TERRORE Per quanto riguarda la paura della morte, Greenberg ha individuato che una delle ragioni che spinge gli individui a cercare l’autostima è data dalla volontà di superare la paura della morte. La teoria della gestione del terrore è una nozione secondo cui la motivazione umana davvero fondamentale è la riduzione del terrore provocato dall’ineluttabilità della morte (l’autostima può essere coinvolta in una gestione del terrore efficace). I sé si costruiscono e si modificano attraverso l’interazione con gli altri. Il sé che proiettiamo ha conseguenze sulle reazioni degli altri, ne controlliamo la presentazione e mostrare agli altri l’immagine migliore di noi stessi. 10. L’AUTOMONITORAGGIO, MOTIVAZIONI STRATEGIE PER PRESENTARCI L’automonitoraggio è il controllo attento del nostro modo di presentarci caratterizzato da differenze individuali e legate al contesto. Sono state identificate 5 diverse motivazioni strategiche nel modo in cui tentiamo di presentare noi stessi: autopromozione (sembrare competenti), accattivamento (piacere agli altri con scarso effetto sull’apprezzamento di un osservatore), intimidazione (sembrare pericolosi), esemplificazione (sembrare rispettabili) e supplica (impietosire). L’autopresentazione strategica si focalizza sulla manipolazione delle percezioni che gli altri hanno di noi. L’identità richiede la conferma sociale per esistere e avere una utilità. 9 CAPITOLO 4: ATTEGGIAMENTI E PERSUASIONE Gli atteggiamenti sono le nostre valutazioni in merito a persone, oggetti ed eventi che appartengono al nostro mondo (sono un'organizzazione stabile di credenze e sentimenti e si manifestano nel nostro modo di agire verso gruppi o oggetti). Alcuni sono radicati e vengono facilmente in mente e sono difficilmente modificabili, altri sono influenzati dalla persuasione e di conseguenza vengono rimodellati. Secondo Allport, un atteggiamento è uno stato di disponibilità mentale e neurale, organizzato attraverso l’esperienza, che esercita un’influenza direttiva o dinamica sulla risposta degli individui a tutti gli oggetti e situazioni collegate. 1. MODELLO DI ATTEGGIAMENTO A 3 COMPONENTI, COMPORTAMENTO Secondo il modello di atteggiamento a 3 componenti (di Rosenberg e Hovland) si ha: ➔ Componente cognitiva: (pensiero) le credenze sull’oggetto di un atteggiamento ➔ Componente affettiva: (sentimento) sentimenti positivi o negativi associati a un atteggiamento ➔ Componente comportamentale: (azione) uno stato di prontezza a intraprendere l’azione Gli atteggiamenti si presentano come relativamente stabili (resistenti nel tempo e nello spazio), sono limitati a eventi o a oggetti socialmente significativi e sono generalizzabili e almeno parzialmente astratti. Questo modello ha il problema di dare per scontata l'esistenza di un collegamento tra atteggiamento e comportamento, in realtà il loro rapporto è controverso. Il comportamento si riferisce a qualsiasi azione osservabile di un individuo o di un gruppo, influenzata da fattori interni ed esterni. Gli atteggiamenti accessibili esercitano una forte influenza sul comportamento, rafforzano il collegamento tra atteggiamento e comportamento e sono più stabili, selettivi nel giudicare informazioni rilevanti e resistenti al cambiamento. Solo un'associazione forte consente l'attivazione automatica di un atteggiamento. 2. COME SI APPRENDONO GLI ATTEGGIAMENTI E L’EFFETTO DELLA MERA ESPOSIZIONE Apprendere gli atteggiamenti è parte integrante del processo di socializzazione, essi possono svilupparsi per mezzo dell'esperienza o in modo indiretto (attraverso le interazioni con gli altri) o essere un prodotto dei processi cognitivi. Gli psicologi sociali hanno condotto ricerche sulla formazione dell'atteggiamento. L'effetto della mera esposizione prevede un'esposizione ripetuta a un oggetto che dà come risultato una maggiore attrazione nei suoi confronti (può influenzare il modo in cui la si valuta). Gli atteggiamenti si possono formare attraverso l'apprendimento sociale e manifestarsi in assenza di rinforzi diretti. Bandura ha concentrato la sua ricerca sul modellamento, secondo cui il comportamento di una persona funge da modello per un'altra. Il controllo graduale degli impulsi aggressivi in un bambino dipende da un prolungato processo di apprendimento. La teoria dell’apprendimento sociale è un approccio psicologico di tipo comportamentale adottato da Bandura per rendere conto delle origini del comportamento antisociale. Grazie al processo di socializzazione i bambini imparano ad aggredire. L’apprendimento può essere per esperienza diretta (basata sui principi del rinforzo, un comportamento è stabilizzato grazie alle ricompense o alle punizioni effettivamente esperite dal bambino) o per esperienza vicaria (si verifica attraverso modellamento o con l’osservazione e l’imitazione) 3. COME SI RIVELANO GLI ATTEGGIAMENTI, SCALE E CARATTERISTICHE Un modo per scoprire gli atteggiamenti delle persone è chiedergli direttamente ma le persone mentono per evitare imbarazzi o critiche. Può essere utilizzata anche la tecnica del falso collegamento, una tecnica di misurazione che induce le persone a credere che una "macchina della verità" possa monitorare le loro risposte emotive, misurando i loro atteggiamenti reali. Le misure non invasive sono degli approcci basati sull'osservazione che non interferiscono sui processi che vengono studiati e portano le persone a comportarsi in modo non spontaneo (una misura non intrusiva può rivelarci un atteggiamento implicito di cui una persona può non essere consapevole). Le misure su cui si è concentrata la ricerca sono: Tendenza sistematica nell’uso del linguaggio: atteggiamenti legati al modo in cui le persone utilizzano le parole (analisi del discorso e indizi non verbali per rilevare atteggiamenti nascosti) Attivazione dell’atteggiamento: possiamo rispondere più velocemente quando un atteggiamento fondamentale è corrispondente a una risposta corretta Test di associazione implicita: basato sul tempo di reazione, finalizzato a misurare gli atteggiamenti Le scale di atteggiamento furono sviluppate nel 1930 e vennero usate per misurare i punti di vista delle persone su temi fondamentali come la politica, religione e razza (le scale sono: di Thurstone, di Likert, di Guttman e il differenziale semantico di Osgood). La scala di Likert ad esempio rileva la convinzione delle persone sull’accordo/disaccordo riguardo l’atteggiamento. LaPierre ha dimostrato che il comportamento delle persone cambia a seconda della situazione in cui era registrato ma differenza non significa che l'atteggiamento cambia. 10 Venne dimostrata l'esistenza di caratteristiche dell'atteggiamento (oltre ai fattori situazionali) in grado di favorire o ostacolare la connessione tra un atteggiamento e un'azione, esse sono: Accessibilità: sono facilmente recuperabili dalla memoria, più probabile l'attivazione automatica Forza dell'atteggiamento: sono altamente accessibili e più collegati all'azione. Essa è un caso di euristica della disponibilità, una scorciatoia cognitiva in cui la stima della frequenza o della probabilità del verificarsi di un evento è basata sulla velocità con cui vengono in mente esempi o associazioni. Il differenziale semantico è una tecnica di misurazione utilizzata in psicologia sociale per valutare atteggiamenti, opinioni e reazioni emotive delle persone verso un oggetto, una persona o un concetto. Fu sviluppato da Osgood e si basa su una serie di scale bipolari, ognuna con due aggettivi opposti (ad esempio buono-cattivo o forte-debole). I partecipanti indicano la loro posizione su una scala numerica tra questi opposti, fornendo così una misura quantitativa delle loro percezioni. 4. LA TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA E LA TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO La teoria dell'azione ragionata (TRA) è stata la prima che ha affrontato esplicitamente il problema dello scarso collegamento tra atteggiamento e comportamento elaborato da FIshbein e Ajzen. Prevede l’idea che i comportamenti siano mediati dalla predisposizione che l’individuo ha nei confronti di quella specifica azione. Il miglior modo di prevedere un comportamento consiste nel chiedere alla persona se intende metterlo in atto. Tale teoria include componenti come la norma soggettiva (il risultato di ciò che l'individuo pensa che gli altri credano, altre persone fungono da orientamento rispetto a cosa è giusto fare), l’atteggiamento verso il comportamento (basato sulle credenze individuali relative al comportamento specifico e sulle modalità di valutazione di tali credenze, è un atteggiamento riguardante un'azione e non un oggetto), l’intenzione comportamentale (è una dichiarazione interiore di agire) e il comportamento (è l'azione eseguita). Tale teoria enfatizza la razionalità del comportamento umano e la convinzione che esso sia controllabile. La percezione di controllo sul comportamento, ovvero l'aspettativa circa la facilità o difficoltà a mettere in atto quel determinato comportamento. Alcune azioni sono meno di altre sotto il controllo delle persone. La teoria del comportamento pianificato (TPB) di Ajzen suggerisce che la precisione di un comportamento a partire dalla misura di un atteggiamento aumenta se le persone ritengono di aver controllo su quel comportamento (includendo la componente del controllo del comportamento percepito con cui la precisione nella misurazione di un atteggiamento ai fini della previsione di un comportamento è migliorata). Introduce un nuovo antecedente delle intenzioni comportamentali, ossia il controllo comportamentale percepito. Il controllo del comportamento percepito è il punto a cui la persona crede sia facile o difficile compiere un'azione. Quando assumiamo decisioni pensiamo alle esperienze passate e agli ostacoli presenti. Le due teorie non sono in conflitto. Le teorie tra loro connesse hanno introdotto l'idea che prevedere un comportamento specifico richiedesse la misura dell'intenzione da parte della persona di eseguire l'azione in questione. La capacità di previsione migliora se si conoscono le norme rilevanti fornite dagli altri e il grado di controllo dell'individuo sull'azione. Il fatto che atteggiamenti e comportamenti possano essere incoerenti ha una conseguenza di ampia portata, può rivelarsi una delle forze più potenti che inducono le persone al cambio degli atteggiamenti. 5. LA DISSONANZA COGNITIVA La dissonanza cognitiva fa parte della famiglia delle teorie sulla coerenza cognitiva, presuppongono che le persone desiderino credere di essere coerenti nel modo di pensare, sentire e agire. La teoria della dissonanza cognitiva venne elaborata da Festinger e divenne il tema più studiato nell'ambito della psicologia sociale durante il 1960. La dissonanza è uno stato di tensione mentale negativo che si verifica quando una persona ha più cognizioni incoerenti tra loro e non si armonizzano. Le persone sono motivate a ridurre la tensione respingendo una delle cognizioni. Festinger ha proposto l'idea secondo cui noi tendiamo all'armonia nei nostri atteggiamenti, convinzioni e comportamenti e tentiamo di ridurre la tensione che sorge dall'incoerenza tra questi elementi. L'incoerenza tra atteggiamenti e comportamenti è un tema centrale nella teoria della dissonanza cognitiva che affronta il conflitto tra le credenze di una persona e la discrepanza tra il comportamento e i sottostanti atteggiamenti. Quanto maggiore è la dissonanza, tanto più forte è il tentativo di ridurla. La ricerca si occupa del cambio di atteggiamento che si verifica inducendo qualcuno a eseguire un'azione contraria a un atteggiamento esistente. 11 La ricerca ha individuato 3 modi di produrre dissonanza: Giustificazione dello sforzo: un caso speciale di dissonanza cognitiva è l'incoerenza quando una persona compie uno sforzo considerevole per raggiungere un risultato modesto. Prevede un modello di cognizione sociale in cui le persone riducono l'incoerenza tra le cognizioni poiché la trovano spiacevole Obbedienza indotta: L'incoerenza è esperita quando un individuo è persuaso a comportarsi in modo contrario ad un suo atteggiamento. Un aspetto importante dell'obbedienza indotta è che la pressione esercitata non dovrebbe essere percepita come una forzatura contraria alla propria volontà Libera scelta: è basato sullo schema di Festinger dell'elaborazione del conflitto nel processo decisionale, il periodo pre decisionale è segnato da incertezza e dissonanza mentre il post decisionale da relativa calma e fiducia. La riduzione del conflitto è un fenomeno che caratterizza le scommesse su eventi sportivi, corse di cavalli, giochi d'azzardo ecc Per quanto riguarda l’obbedienza indotta all’autorità, Milgram nel suo esperimento, voleva dimostrare che le persone subiscono un processo di socializzazione che li porta a rispettare le autorità dello stato, entrando in quello che viene denominato "stato d'agente" nel quale il soggetto, guidato da un'obbedienza incondizionata, trasferisce le proprie responsabilità alle autorità, a chi impartisce gli ordini, assolvendo se stesso dalle stesse. L’esperimento di Milgram mostrò che molte persone obbediscono a figure autoritarie, anche quando ciò comporta infliggere dolore ad altri. I partecipanti, credendo di dare scosse elettriche a un allievo (in realtà un attore), continuarono nonostante le grida di dolore, spinti dall’autorità dello sperimentatore. In parallelo, gli studi di Asch dimostrarono che le persone tendono a conformarsi alla maggioranza, anche se questa esprime giudizi palesemente sbagliati. Entrambi gli esperimenti evidenziano la tendenza umana all’obbedienza e al conformismo sotto pressione sociale o autoritaria. Nell'esperimento di Milgram l'adesione all'ordine impartito dal ricercatore aumenta se la parte della vittima veniva recitata dallo sperimentatore stesso. Gli studi di Milgram hanno dimostrato che il grado di sottomissione dei soggetti alle richieste dello sperimentatore variava in funzione della distanza fra allievo e insegnante. Milgram ha interpretato i risultati dei suoi esperimenti sull'obbedienza all'autorità facendo riferimento alle caratteristiche di personalità: vi erano differenze rilevanti nell'obbedienza fra persone con caratteristiche di personalità diverse. La norma dell'obbedienza all'autorità colpisce solamente individui predisposti alla sottomissione. Tra i fattori che influenzano l’obbedienza, vi sono la contiguità della vittima (vicinanza o l’esplicita presenza della vittima rispetto al partecipante), della figura autorevole e la sua legittimità (permette di rinunciare alla responsabilità diretta delle azioni). La partecipazione si deve basare sul consenso pienamente informato. I partecipanti devono essere esplicitamente informati della possibilità di ritirarsi, senza subire sanzioni, in ogni fase della ricerca. I partecipanti devono ricevere una relazione completa e onesta alla fine dello studio. 6. LA PERSUASIONE E LA PAURA La teoria della dissonanza cognitiva rimane una delle spiegazioni del cambiamento di atteggiamento e di molti altri comportamenti sociali più ampiamente accettate. La persuasione è un messaggio destinato ad un pubblico di cui si intende cambiare un atteggiamento e i comportamenti ad esso collegati. Il programma di ricerca di Yale è un approccio alla comunicazione e della persuasione, si concentra su 3 tipi di fattori: 1. Fonte o comunicatore: (chi) la fonte è il punto di origine di una comunicazione persuasive 2. Messaggio: (che cosa) il messaggio è la comunicazione originata da una fonte e diretta al pubblico 3. Pubblico: (a chi) il pubblico è il bersaglio a cui è destinata la comunicazione persuasiva Una variabile del messaggio è il ricorso alla paura, la teoria della motivazione della protezione si è concentrata sui modi in cui le paure delle persone sono sfruttabili per promuovere pratiche di vita salutare e ha offerto chiarimenti sul modo in cui il ricorso alla paura può avere successo o fallire nell'eliminare abitudini pericolose per la salute. Due modelli teorici si sono occupati di come le persone prestino attenzione al messaggio persuasivo e non sono in conflitto tra loro (descritti di seguito). 7. PERCORSI A DUE PROCESSI VERSO LA PERSUASIONE Il modello della probabilità dell'elaborazione (ELM) è un modello di cambiamento di atteggiamento proposto da Petty e Cacioppo, quando le persone ascoltano attentamente un messaggio, usano un percorso centrale per elaborarlo altrimenti utilizzano un percorso periferico. Quando le persone ricevono un messaggio persuasivo pensano alle argomentazioni implicite (non lo fanno necessariamente con profondità o attenzione poiché ciò richiede un notevole sforzo cognitivo). La persuasione segue due percorsi, a seconda della quantità di sforzo cognitivo impegnato nel messaggio. Se le argomentazioni del messaggio sono prese in carico in maniera approfondita è utilizzato un percorso centrale. Assorbiamo le argomentazioni contenute in un messaggio, estraiamo un nucleo che risponda ai nostri bisogni e indugiamo anche mentalmente in controargomentazioni se ci troviamo in disaccordo con alcuni argomenti. 12 Se deve essere usato il percorso centrale indirizzato alla persuasione, gli elementi concettuali del messaggio devono essere esposti in modo convincente poiché ci verrà richiesto un notevole sforzo cognitivo cioè duro lavoro su di loro. Usando gli indizi periferici, agiamo in modo meno diligente, preferendo un prodotto in base a un motivo superficiale. Il modello euristico-sistematico (HSM) è un modello di cambiamento di atteggiamento proposto da Chaiken secondo cui quando le persone ascoltano attentamente un messaggio, usano un'elaborazione sistematica altrimenti elaborano l'informazione attraverso le euristiche. Tale modello tratta gli stessi fenomeni utilizzando concetti differenti e distinguendo tra: Elaborazione sistematica: si verifica quando le persone esaminano e considerano gli argomenti di caso dell'elaborazione euristica Elaborazione euristica: le usiamo pensando che le argomentazioni più lunghe siano le più solide Le euristiche hanno diverse regole basate sulla semplicità decisionale. Secondo Petty, le euristiche saranno usate finchè soddisferanno il nostro bisogno di avere fiducia nell'atteggiamento che adottiamo. Quando non disponiamo di sufficiente fiducia, ricorriamo alla più faticosa modalità di elaborazione sistematica. La nostra capacità di concentrarci sul contenuto di un messaggio può essere influenzata da qualcosa di provvisorio (come l’umore). Mackie ha dimostrato che quando siamo di buon umore il modo in cui si presta attenzione all'informazione cambia. Wegener ha dimostrato che le persone che sono già felici non sempre prestano un'attenzione superficiale al messaggio: se il contenuto del messaggio è in sintonia con i nostri atteggiamenti (coerente con il nostro umore) allora anche l'essere felici conduce a elaborazioni più dettagliate. 8. RESISTERE ALLA PERSUASIONE La maggioranza dei tentativi di persuasione si conclude con un fallimento per 3 ragioni: reattività, preavvertimento ed effetto immunizzazione. La reattività prevede un incremento della resistenza alla persuasione che si verifica quando gli sforzi del comunicatore per persuadere sono evidenti. Le tecniche per rafforzare la resistenza includono il preavvertimento e la difesa basata sull'immunizzazione. La teoria di Brehm afferma che le persone cercano di proteggere la loro libertà di azione e agiscono per recuperarne il possesso quando ne percepiscono la riduzione. Il preavvertimento prevede una conoscenza a priori di un'intenzione persuasiva, significa anticipare a qualcuno che si cercherà di influenzarlo. Cialdini e Petty sono giunti alla conclusione che se la conosciamo in anticipo la persuasione è meno efficace specialmente rispetto agli atteggiamenti e alle questioni che consideriamo importanti. Quando le persone sono avvisate hanno il tempo per recuperare le contro argomentazioni utilizzabili come difesa. Può essere considerato un caso speciale di immunizzazione (consapevolezza che si sta per diventare il bersaglio di un tentativo di persuasione per resistere). L’effetto di immunizzazione è una forma di protezione e una modalità con cui si rendono le persone resistenti alla persuasione. Fornendo controargomentazioni deboli si permette agli individui di formulare confutazioni efficaci di una successiva, più forte argomentazione. La tecnica dell'immunizzazione prende avvio esponendo un individuo a una debole argomentazione contro attitudinale. La migliore forma di difesa dalle controargomentazioni è essere esposti a piccole dosi di tali argomentazioni. McGuire parla di 2 tipi di difesa: ➔ Basata sul sostegno: fondata sul rafforzamento dell'atteggiamento con argomentazioni aggiuntive che sostengono le credenze originali ➔ Basata sull' immunizzazione: impiega controargomentazioni e può avere maggiore efficacia. Una persona apprende gli argomenti dell'opposizione e poi ascolta come vengono smontati. È efficace nel opporre resistenza a un attacco verso il proprio atteggiamento CAPITOLO 5: NORME, CONFORMISMO E CAMBIAMENTO SOCIALE Le norme sono credenze condivise circa la condotta di un membro di un gruppo considerata appropriata e possono essere descrittive e prescrittive, nascono in gruppo ma influenzano gli individui anche quando sono soli. Norme (comportamento condiviso nel gruppo) e stereotipi (immagine valutativa condivisa in un gruppo sociale e dai suoi membri, generalizzazioni condivise a proposito di altri gruppi) sono strettamente correlati poiché il comportamento normativo e quello stereotipato rappresentano la stessa cosa. Un modo in cui i gruppi ci influenzano è con le norme, la loro mera presenza esercita influenza su di noi. Le norme possono prendere forma di ruoli espliciti (imposti dalla legge) o ruoli impliciti (date per scontate). Garfinkel ideò delle modalità per mettere in luce le norme di fondo (ovvero le implicite), si parla di etnometodologia, una tecnica che consiste nel violare una norma per attirare l’attenzione degli altri. 13 Le norme hanno un potente effetto sulle persone e dimostrano una resistenza al cambiamento data la loro funzione di fornire stabilità e prevedibilità ma alcune si presentano come rigide e restrittive altre più flessibili. Gli studi dimostrano che quando le persone sono sole, tendono ad esprimere giudizi che rispondono alle proprie valutazioni mentre quando si trovano in un gruppo utilizzano giudizi espressi dagli altri membri per raggiungere una coesione con il resto del gruppo. Sherif lo giustificò affermando che le persone si basano sul comportamento altrui per stabilire l’insieme dei comportamenti possibili, utilizzano uno schema di riferimento di cui si servono per instaurare confronti in un determinato contesto. Secondo tale schema le posizioni centrali o comuni sono più corrette rispetto alle marginali. L’esperimento carcerario di Zimbardo (Stanford Prison Experiment) è uno studio fondamentale della psicologia sociale che dimostra come i ruoli sociali e il contesto possono influenzare profondamente il comportamento umano, portando anche persone comuni a compiere atti estremi. Questo esperimento evidenzia l’importanza delle situazioni sociali nel determinare le azioni degli individui, mettendo in luce fenomeni come la deindividuazione e la conformità ai ruoli sociali. Durante l’esperimento, Zimbardo divise i partecipanti in due gruppi (guardie e prigionieri) e simulò una prigione. I risultati mostrarono come le guardie assunsero comportamenti autoritari e abusivi, mentre i prigionieri svilupparono atteggiamenti sottomessi, dimostrando che il potere dei ruoli sociali può sovrastare le caratteristiche individuali. 1. CONFORMISMO, PARADIGMA DI ASH E NORME CULTURALI Asch rimase colpito dall’esperimento di Sherif, egli riteneva che il conformismo riflettesse un processo razionale in cui le persone costruiscono una norma partendo dal comportamento degli altri in modo da determinare il corretto e appropriato comportamento per loro stessi. Il conformismo è un cambiamento profondo, personale e duraturo nel comportamento e atteggiamento, dovuto alle pressioni del gruppo. Per l'esperimento di Asch i tratti centrali presentano intrinsecamente correlazione con altri tratti. Asch creò un paradigma sperimentale diventato classico dal quale emerse che coloro che inizialmente erano insicuri sulla posizione da prendere successivamente seguivano la maggioranza e si conformano in modo da evitare la disapprovazione sociale (se i partecipanti non si preoccupassero della disapprovazione sociale non esisterebbe una pressione soggettiva verso il conformismo). Tendenzialmente a conformarsi sono le persone con bassa autostima, forte bisogno di sostegno o di approvazione sociale e caratterizzate da sentimenti di inferiorità. I risultati delle ricerche dimostrano che le persone che si conformano in una situazione non lo fanno in un’altra, dimostrando che i fattori situazionali contano più della personalità. Le norme culturali incidono sul conformismo, i popoli legati a valori collettivistici si conformano alle norme del proprio gruppo più di quanto facciano chi appartiene a popolazioni legate a valori individualistici. L’adeguamento a norme di gruppo è diffuso nelle culture orientali o interdipendenti dove è considerato una sorta di collante sociale. Le persone tendono ad essere più inclini al conformismo in alcuni contesti rispetto ad altri. Ci sono due fattori su cui si è indagato: la dimensione del gruppo e l’unanimità. Il sostegno a rimanere indipendenti non risulta essere il fattore cruciale per ridurre il conformismo, la mancanza di unanimità sembra essere più efficace. Responsabili del conformismo sono 2 processi di influenza sociale: Influenza informativa: accettare le opinioni degli altri come prove della realtà (momenti di sicurezza) Influenza normativa: adeguarci alle aspettative positive degli altri per ottenere approvazione sociale o evitare la disapprovazione sociale (quando il gruppo ricompensa o punisce in base a ciò che si fa) Dal momento che tali processi di influenza sociale non si concentrano sull’importanza dell’appartenenza al gruppo è stata introdotta l’influenza informativa del referente, ovvero la pressione che porta a conformarsi alla norma di un gruppo che definisce un individuo come membro del gruppo stesso, contenuta all’interno della teoria dell’identità sociale (non ci si adegua ad altri ma ad una norma). 2. ACQUIESCENZA E TECNICHE PER ACCRESCERLA L’acquiescenza fa riferimento all’influenza di un gruppo su un individuo, è una risposta comportamentale alla richiesta di un altro individuo. Tra le tecniche per accrescerla vi sono: Accattivamento: tentativo strategico di conquistare l’apprezzamento di una persona per ottenere l’acquiescenza verso una richiesta, utile se manifestiamo accordo con le persone per apparire simili a loro o per farle sentire a proprio agio. Può essere controproducente e porta al dilemma dell’adulatore (più evidente è il profitto che si raggiungerà meno è probabile il successo) Norme di reciprocità: principio secondo cui dovremmo trattare gli altri come loro trattano noi. Vi sono diverse tecniche basate sull’uso di richieste multiple in cui viene utilizzato un processo a due fasi in cui la prima richiesta è un pretesto o mezzo per attenuare la seconda richiesta (l’autentica). 14 I 3 tipi classici di norme di reciprocità sono: ❖ Tecnica del piede nella porta: ottenere acquiescenza in cui la richiesta cruciale è preceduta da una richiesta minore destinata a essere accettata. Non sempre funziona poiché se la prima è troppo esigua o la seconda troppo grande il collegamento tra le molteplici richieste può essere rotto ❖ Tecnica della porta in faccia: ottenere acquiescenza in cui la richiesta cruciale è preceduta da una richiesta più impegnativa destinata al rifiuto (sfruttata al meglio utilizzando un effetto contrasto) ❖ Tecnica del colpo basso: una persona che acconsente a una richiesta continua a sentirsi coinvolta anche dopo aver scoperto che essa presenta costi nascosti. L’efficacia dipende dalla capacità di indurre ad accettare una richiesta prima di rivelarne determinati costi nascosti 3. INFLUENZA DELLA MINORANZA E CAMBIAMENTO SOCIALE Asch mostrò interesse per il deviante, per colui che non si conforma. La minoranza aveva una certa influenza sulla maggioranza sebbene nell’esperimento di Asch ciò non emergesse. Il cambiamento sociale sarebbe molto difficile da spiegare senza l’effetto mediatore dell’influenza della minoranza, processi di influenza sociale grazie ai quali minoranze, in termini di numero o di potere, cambiano gli atteggiamenti della maggioranza. Se la sola forma di influenza sociale fosse quella della maggioranza allora regnerebbe l’omogeneità sociale. La tendenza sistematica al conformismo formulata da Moscovici porta a considerare l’influenza sociale un’esigenza adattiva della vita umana. Il grado di certezze delle nostre opinioni dipende dal grado in cui concordiamo con le opinioni altrui. I gruppi hanno dei conflitti al loro interno, superati in 3 modi: Conformandosi: la maggioranza persuade la minoranza fino ad adottare il suo punto di vista Mediando: si raggiunge un compromesso che porta alla convergenza Innovando: la minoranza crea il conflitto persuadendo la maggioranza al proprio punto di vista Il conflitto sociale non piace alle persone e tentano di evitare, la minoranza sfrutta questa tendenza per attirare l’attenzione e accentuare il conflitto (avendo la meglio sulla maggioranza, l’efficacia dipende dallo stile comportamentale che adotta, il più importante è la coerenza). Le minoranze sono reputate importanti e vengono prese in considerazione solo se espresse da coloro che fanno parte di un gruppo e non sono considerati outgroup (contratto di tolleranza). Le minoranze provocano un effetto di conversione (condizione in cui l’influenza della minoranza produce un cambiamento interiore e privato negli atteggiamenti della maggioranza) come conseguenza dell’attività presa in carico dal punto di vista della minoranza. La teoria dell’impatto sociale di Latanè afferma che quando una fonte di influenza cresce ha un’influenza maggiore ma con l’aumentare delle fonti l’impatto non incrementa in modo direttamente proporzionale. CAPITOLO 6: LE PERSONE NEI GRUPPI I gruppi sono categorie di persone ed esistono degli attributi che identificano chi fa parte di un gruppo e chi no (vi sono gruppi più piccoli o grandi, di breve durata o lunga durata, alcuni strutturati e organizzati con una grande precisione altri organizzati in maniera più informale. Gli psicologi sociali ritengono che i gruppi umani siano caratterizzati da insiemi infuocati di attributi collegati e sovrapponibili. Hamilton e Sherman usano il termine “entitatività” per descrivere la fisionomia gruppale. Un gruppo entitativo è omogeneo e dotato di una struttura interna precisa ma non tutti gli insiemi di persone sono gruppi in senso psicologico. 1. EFFETTO DI FACILITAZIONE SOCIALE, PAURA DEL GIUDIZIO, PULSIONE E METANALISI Allport dimostrò l’effetto di facilitazione sociale grazie a cui la presenza di altri che non partecipano migliora l’esecuzione di un compito ma è possibile che si venga a creare una situazione opposta in cui la presenza del pubblico può produrre inibizione sociale o il peggioramento dell’esecuzione del compito. La teoria della pulsione di Zajonc afferma che la presenza fisica di membri della stessa specie provoca istintivamente un’attivazione che stimola l’esecuzione di modelli di comportamento abituale. L’attivazione della motivazione è una reazione istintiva alla presenza sociale. Per Zajonc ciò che provoca l’attivazione è la mera presenza degli altri mentre per Cottrell è il timore di essere giudicati dagli altri, infatti secondo il modello della paura del giudizio di Cottrell le persone apprendono che le ricompense e le punizioni sociali ricevute dipendono su come gli altri ci giudicano. La pulsione è un concetto psicologico difficile da misurare che svolge un ruolo importante nella facilitazione sociale. Un’alternativa della pulsione è la teoria della discrepanza di sé tra sé reale e ideale che aumenta la motivazione e l’impegno per portarsi al livello dell’ideale: in questo modo l’esecuzione dei compiti più facili migliora, i compiti difficili non ottengono alcun risultato in quanto la discrepanza è troppo grande. Un’altra possibilità è stata avanzata da Bond che utilizza la metanalisi, in cui in presenza di altri, le persone si preoccupano di ottenere la migliore prestazione possibile. Per i compiti più facili ciò è possibile e la presenza sociale migliora la prestazione. Per i compiti più difficili, la presenza di altre persone porta a commettere degli errori: la presenza sociale ha un impatto più forte quando le persone interagiscono tra loro. La perdita di coordinazione rappresenta un peggioramento della prestazione in gruppo rispetto alla prestazione individuale, dovuta a problemi nella coordinazione del comportamento. 15 2. INERZIA SOCIALE, COESIONE, CARATTERISTICHE GRUPPI E MODELLI DI SOCIALIZZAZIONE La perdita di motivazione viene definita “inerzia sociale” ovvero la tendenza delle persone a lavorare meno durante in un compito a cui credono stiano lavorando anche altri. Russell ha individuato diverse ragioni che ci portano a rimanere inerti in un gruppo, che sono: equità del risultato, paura del giudizio e conformità allo standard. Vi è una situazione in cui trovarsi in un gruppo incrementa la motivazione individuale e l’impegno, si ha quando il compito e il gruppo sono importanti e l’individuo sente il bisogno di compensare l’inerzia di altri membri del gruppo (si parla di compensazione sociale). La coesione è una proprietà basilare di un gruppo che lo porta a rimanere unito come una solida entità autonoma caratterizzata da uniformità di condotta. I fattori in grado di incrementare l’apprezzamento incrementano anche la coesione che se forte genera conformità agli standard del gruppo. L’apprezzamento reciproco tra i membri è un indice di coesione in piccoli gruppi dove le persone si conoscono l’un l’altra (è meno affidabile in gruppi più grandi e numerosi). Una delle caratteristiche principali dei gruppi è il loro sviluppo nel tempo in cui i membri si adattano a credenze, costumi e pratiche del gruppo (gruppi attivi nel socializzare con i membri). Il modello di socializzazione di gruppo indica la relazione dinamica tra il gruppo e i membri descrivendo il loro percorso in termini di coinvolgimento e cambiamento di ruoli. I processi con cui ciò avviene sono: valutazione, coinvolgimento e transizione di ruolo. 3. SOCIALIZZAZIONE, RITI INIZIAZIONE, DIFFERENZE TRA MEMBRI E TEORIA INCERTEZZA-IDENTITÀ La socializzazione di un gruppo avviene con diversi ruoli: 1. Non membro: membri potenziali che non sono entrati in quel gruppo o ex membri 2. Quasi membro: nuovi che non hanno raggiunto lo status a pieno titolo o marginali che lo hanno perso 3. Membro a pieno titolo I riti di iniziazione diventano una parte centrale della vita del gruppo, con tre funzioni: simbolica, di apprendistato e di fidelizzazione. Più dura è l’iniziazione più è probabile che porti ad una dissonanza e a un favorevole giudizio nel tempo. Le differenze tra i membri si riflettono nella struttura del gruppo: Ruoli: modelli di comportamento che distinguono le attività nel gruppo e che si collegano a maggior vantaggio del gruppo. Governano le relazioni e le interazioni tra sottogruppi appartenenti al gruppo (sono informali o impliciti ed emergono nei gruppi per delineare una divisione del lavoro) Status: non tutti i ruoli sono uguali poiché alcuni hanno uno status più elevato degli altri. Le gerarchie di status variano nel tempo e attraverso le situazioni. Reti di comunicazione: insieme di regole che governano il modo in cui avrà luogo la comunicazione tra i differenti ruoli di un gruppo (differiscono nel grado di centralizzazione). I membri periferici di un gruppo sentono di avere meno autonomia e potere (riducendo soddisfazione, armonia e solidarietà) La teoria dell’aspettativa di status riconosce che lo status in un gruppo deriva da caratteristiche come: Caratteristiche dello status specifico: riguardano direttamente la persona Caratteristiche dello status generale: generalmente valutati positivi/negativi Caratteristiche dello status generale creano aspettative favorevoli che vengono estese a tutti i tipi di situazioni. Molte sono le ragioni che ci fanno entrare a far parte di gruppi o ce ne fanno formare (come la prossimità fisica, la realizzazione di obiettivi che da soli non si potrebbero conseguire). Secondo la “teoria dell’incertezza-identità” le persone non amano provare incertezza su chi siano o su atteggiamenti e comportamenti che si riflettono sul proprio essere. Entrare in un gruppo o identificarsi con esso è un modo efficace per ridurre l'incertezza sul nostro sé. I gruppi ci forniscono un modo riconosciuto per definire e valutare chi siamo, come ci dobbiamo comportare e come interagire con gli altri. Essere esclusi da un gruppo può portare a condurre un’esistenza solitaria in cui viene meno l’inclusione sociale e il sostegno emotivo. 4. LA LEADERSHIP, LEADER E TEORIE DELLA CONTINGENZA Quasi tutti i gruppi hanno un leader che permette ai gruppi di funzionare come insiemi produttivi e coordinati. La leadership è un processo di influenza sociale attraverso il quale un individuo ottiene e mobilita l’aiuto degli altri nel raggiungimento di uno scopo collettivo. Bisogna distinguere tra: Leadership efficace: colui che fissare obiettivi, persuade gli altri a realizzarli con successo (è innata) Leadership buona: valutare se un leader sia buono o cattivo richiede un giudizio soggettivo Le teorie della contingenza si propongono di rilevare se un determinato stile di leadership sia efficace in relazione alle caratteristiche della situazione. Vi sono 2 diverse teorie della contingenza (teoria di Fielder e la teoria del percorso-obiettivo). La prima è la teoria formulata da Fiedler che classificò le situazioni di leadership in termini di controllo della situazione (varia da alto a basso). 16 Si ha una distinzione tra: Leader orientati al compito: autoritari, puntano sul successo del gruppo e traggono autostima dal risultato, sono efficaci quando il controllo della situazione è scarso Leader orientati alla relazione: rilassati, amichevoli, non autoritari, socievoli e traggono autostima da relazioni di gruppo felici e armoniose. Sono più efficaci quando il controllo della situazione si trova in una posizione intermedia tra alto e basso La seconda teoria, ovvero la teoria del percorso-obiettivo, presuppone che una delle funzioni principali del leader sia motivare i gregari chiarendo percorsi per aiutarli a raggiungere i propri obiettivi con 2 classi di comportamento: la strutturazione (il leader dirige attività connesse al compito, è più efficace quando i gregari non hanno chiari i propri obiettivi e i modi con cui raggiungerli) e la cura (il leader si dedica ai bisogni personali ed emotivi, usato quando i compiti sono noiosi o sgradevoli). 5. TEORIE LEADERSHIP TRANSAZIONALE, TEORIA CATEGORIZZAZIONE DEL LEADER Le teorie della contingenza non colgono la dinamicità delle leadership, un limite affrontato dalle teorie della leadership transnazionale che considerano le leadership come processo di scambio. La teoria transnazionale più famosa della leadership è la teoria dello scambio-gregario secondo cui la leadership efficace si basa sulla capacità del leader di sviluppare relazioni di scambio personali di buona qualità con singoli gregari. La leadership transazionale è paragonata alla leadership trasformazionale (trasformare un gruppo), ovvero un approccio che si focalizza sul modo in cui i leader trasformano gli obiettivi e le azioni di gruppo. Il carisma gioca un ruolo chiave perché tali leader devono avere fascino e forza seduttiva ed essere capaci di esercitare una leadership carismatica. Secondo la teoria della categorizzazione del leader le nostre percezioni delle leadership influenzano le decisioni che prendiamo in merito alla selezione e al sostegno del leader. Esistono diverse categorie di leadership che le persone rappresentano come schemi o prototipi. Il ruolo delle percezioni di gruppo è affrontato dalla teoria dell’identità sociale della leadership secondo la quale i gruppi forniscono alle persone identità sociale. Più saliente è un gruppo, più è forte l’identificazione in esso e più la prototipicità diventa una caratteristica della leadership efficace. 6. FENOMENO DEL SOFFITTO DI VETRO, STEREOTIPI E MINACCIA DELLO STEREOTIPO Eagly ha individuato il fenomeno del “soffitto di vetro”, ovvero una barriera invisibile che impedisce alle donne e alle minoranze di ottenere posizioni di leadership di alto livello. La teoria della coerenza con il ruolo è usata per spiegare la modalità di funzionamento del soffitto di vetro. Gli stereotipi sociali caratterizzano gli uomini come individui attivi e le donne come individui devoti. Le donne temono gli stereotipi negativi riguardanti il loro sesso e per questo si sentono meno motivate ad assumere il comando (si parla del fenomeno minaccia dello stereotipo). Tale fenomeno è un'idea che si è giudicati e tratti in base agli stereotipi negativi attribuiti al gruppo e confermati poi con il comportamento. Vi sono 4 barriere per le donne: incoerenza con il ruolo, mancanza di esperienza nel dirigere, responsabilità della famiglia e mancata motivazione. 7. PRENDERE DECISIONI, BRAINSTORMING, RISCHIO ED EFFETTO DEL CARRO VINCITORE Una delle funzioni più significative dei gruppi è prendere decisioni che hanno impatto sulle nostre vite. Quando un gruppo prende una decisione, ha bisogno di una memoria per recuperare le informazioni. Persone differenti recuperano informazioni differenti, quindi il gruppo ricorda di più del singolo. Il ricordo di gruppo è di più di un rigurgito collettivo di fatti attraverso il discorso e si forma una versione soggettiva della verità. Ogni membro ricorda anche “chi ricorda che cosa” per sapere dove andare per trovare le informazioni necessarie e ciò assume il nome di memoria transattiva. Alcuni compiti decisionali necessitano di soluzioni creative e originali andando a creare il brainstorming, la produzione libera del maggior numero di idee possibili in un gruppo, per accrescere la creatività. In tale contesto il problema più significativo è il blocco produttivo, ovvero una riduzione nella creatività e produttività individuale dei gruppi di brainstorming dovuta alle interruzioni e alle attese del proprio turno. I gruppi prendono decisioni più prudenti di quanto farebbero i singoli individui. Questa visione presume che gli individui affrontano dei rischi mentre la decisione di gruppo è un processo di bilanciamento orientato alla prudenza. I gruppi possono prendere decisioni rischiose o adottare posizioni esterne, tale fenomeno è definito polarizzazione di gruppo e delle spiegazioni adottate sono: Teoria delle argomentazioni persuasive: le persone nei gruppi sono persuase da informazioni originali che avallano la loro posizione di partenza che viene sostenuta in modo più estremo Confronto sociale e valori culturali: con la discussione di gruppo le persone modificano le proprie opinioni, conformandosi a ciò che pensano gli altri o a ciò che è culturalmente apprezzato 17 L’effetto del carro del vincitore afferma che una volta che viene individuato il polo socialmente desiderabile verso cui il gruppo propone i suoi membri entrano in competizione per sembrare i più forti fautori di tale posizione. La giuria è un tipo speciale di gruppo, composta da persone non specialista che forniscono un'alternativa al giudice. In alcune culture rappresenta il simbolo di una società giusta. Ma l’etnia influenza la giuria: giurie più ampie hanno più probabilità di includere persone provenienti da gruppi di minoranze e se acquistano rilievo punti di vista minoritari hanno più impatto sulle giurie più grandi che sulle più piccole. CAPITOLO 7: IL PREGIUDIZIO E RELAZIONI INTERGRUPPO Il pregiudizio è un atteggiamento sfavorevole e ostile verso un gruppo sociale e i suoi membri fondata su schemi di gruppo (stereotipi) che può manifestarsi con la discriminazione. Un aspetto terribile del pregiudizio è la disumanizzazione di un gruppo di persone (privazione della dignità e umanità) che può condurre al genocidio (sterminio di un intero gruppo sociale). Allport sottolinea che il pregiudizio faceva riferimento ad un giudizio prematuro che portava al suo interno la definizione e la valutazione. Sono stati evidenziati 3 diversi tipi di comportamento che possono celare pregiudizi di fondo: Riluttanza ad aiutare: incapacità di aiutare altri gruppi a migliorare la propria posizione nella società Tokenism: pratica in cui si fanno piccole pubbliche concessioni a un gruppo di minoranza per sviare le accuse di pregiudizio e discriminazione Discriminazione inversa: (forma estrema del tokenism) le persone con atteggiamenti residuali di pregiudizi possono fare uno strappo alla regola e favorire i membri di un gruppo verso cui nutrono dei pregiudizi in misura maggiore dei membri di altri gruppi. Può infondere fiducia ma anche ridurre l’autostima e incoraggiare verso una visione infondata delle loro capacità e delle prospettive future 1. RAZZISMO, SESSISMO E LA TEORIA DELLA SELEZIONE SESSUALE Le due tipologie di discriminazioni più studiate sono razzismo e sessismo. Il razzismo è una discriminazione basata sulla razza o sull’etnia ed è storicamente responsabile dei più terrificanti atti di inumanità di massa (nel corso del tempo si è ridimensionato ma non estinto). Il sessismo è un pregiudizio e una discriminazione verso le persone sulla base del loro genere sessuale, quasi sempre verso le donne, gli stereotipi di genere sono condivisi. L’assegnazione dei ruoli è determinata e perpetuata dal gruppo sociale con più potere (gli uomini). La teoria della selezione sessuale propone una spiegazione biologica all’assegnazione di ruolo. Gli atteggiamenti di pregiudizio sfociano in un comportamento discriminatorio manifesto o nascosto e col tempo crea degli svantaggi. Una credenza stereotipata può creare una realtà che conferma la credenza: è un caso di profezia che si autoavvera. 2. L’IPOTESI DELLA FRUSTRAZIONE-AGGRESSIVITÀ E LA PERSONALITÀ AUTORITARIA Essendo il pregiudizio concepito come un atteggiamento, questo risponde alle stesse teorie che caratterizzano gli atteggiamenti. Durante il 1930 la crescita dell’antisemitismo in Europa ha portato Dollar a formulare l’ipotesi della frustrazione-aggressività con cui sosteneva che alla presenza del comportamento aggressivo presuppone l’esistenza della frustrazione e specularmente l’esistenza della frustrazione conduce sempre a qualche forma di aggressività. Tale teoria si basa sull’assunto psicodinamico che la mente umana abbia a disposizione una quantità fissa di energia psichica per lo svolgimento di attività psicologiche e completamento di un'attività psicologia sia catartico (dissipi l’energia attivata e ripristini l’equilibrio psicologico del sistema. La personalità autoritaria è una sindrome della personalità che ha origine nell’infanzia e predispone gli individui al pregiudizio. Secondo questa teoria le pratiche autoritarie e punitive seguite nell’educazione dei figli sono responsabili dell’emergere in età adulta di varie combinazioni di credenze, tra cui l’etnocentrismo. Rokeach propone un altro approccio alla personalità autoritaria ovvero quello del dogmatismo o chiusura mentale, una sindrome caratterizzata dalla compresenza di sistemi di credenze tra loro contraddittorie che vivono una condizione di isolamento e sono caratterizzate dalla resistenza al cambiamento. Nel 1960 è stata ripresa la teoria della personalità autoritaria alla quale è stato aggiunto il concetto di autoritarismo, un insieme di atteggiamenti formato da 3 componenti: convenzionalismo, aggressività autoritaria e sottomissione autoritaria. 3. TEORIA DELLA DOMINANZA SOCIALE E TEORIA DELLA GIUSTIFICAZIONE DEL SISTEMA Pratto e Sidanius portarono avanti un’analisi fondata sulle differenze individuali nelle relazioni intergruppo di sfruttamento basate sul potere chiamata teoria della dominanza sociale che spiega la misura in cui le persone accettano o rifiutano le ideologie o i miti della società che legittimano la gerarchia e la discriminazione oppure l’uguaglianza e l’equità. Coloro che sono fortemente orientati alla predominanza sociale sono soprattutto etnocentrici, nazionalisti, sessisti e razzisti. 18 Lo sviluppo della teoria della dominanza sociale la fa apparire molto più simile alla teoria della giustificazione del sistema, la quale sostiene che certe condizioni sociali portano le persone a contrastare il cambiamento sociale e a giustificare e sostenere il sistema sociale esistente sebbene esso mantenga le posizioni di svantaggio. 4. DEPRIVAZIONE RELATIVA (FRATERNA), CURVA J, MALCONTENTO SOCIALE E PROTESTA Esistono diverse teorie e linee di ricerca secondo cui gli atteggiamenti derivano dai gruppi ai quali apparteniamo. Dal momento che il pregiudizio trova i suoi bersagli negli outgroup, le sue origini sono negli ingroup: la discriminazione è un tipo di comportamento intergruppo. La deprivazione relativa è un divario percepito tra aspettative e i risultati ed è una condizione che anticipa l’aggressività intergruppo. Davies propone il modello di curva J per rappresentare il modo in cui le persone creano proprie aspettative future a partire dai risultati passati e attuali e come i successi possano improvvisamente risultare al di sotto delle proprie aspettative di crescita. Quando ciò accade la deprivazione relativa è acuta ed ha come conseguenza l’insoddisfazione collettiva. La deprivazione relativa fraterna indica una condizione per cui le persone pensano che la condizione complessiva del loro gruppo sia peggiore se messa a confronto con quella di altri gruppi (aspirazioni). Il malcontento sociale unito alla deprivazione relativa costituisce spesso una protesta finalizzata al raggiungimento di un cambiamento sociale. Klandermans ha identificato 3 concetti della protesta collettiva: Ingiustizia: Indignazione per il modo in cui le autorità trattano un problema sociale Efficacia: convinzione che la situazione