Psicologia Clinica PDF
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Questo documento analizza la nascita e l'affermazione della psicologia clinica, evidenziando la sua evoluzione storica. Si esaminano approcci clinici, idiografici e nomotetici. Viene discusso il ruolo della psicoterapia e l'importanza della comprensione dei disturbi mentali, sottolineando anche il contesto culturale.
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PSICOLOGIA CLINICA NASCITA E AFFERMAZIONE DELLA PSICOLOGIA CLINICA (Capitolo 1) Il termine “CLINICA” deriva dalla parola greca “kline”: indica l'attività che il medico svolgeva al letto del malato. QUINDI, fin dal suo...
PSICOLOGIA CLINICA NASCITA E AFFERMAZIONE DELLA PSICOLOGIA CLINICA (Capitolo 1) Il termine “CLINICA” deriva dalla parola greca “kline”: indica l'attività che il medico svolgeva al letto del malato. QUINDI, fin dal suo etimo, la psicologia clinica fa riferimento alla MALATTIA e alla SOFFERENZA e al fatto di dare aiuto col ricorso a conoscenze e metodi psicologici → Per estensione, l'approccio clinico sta ad indicare un’osservazione diretta della persona malata, che si contrappone ad un'attività di tipo intellettuale e al ricorso di diagnosi e terapie per sillogismi ↓ APPROCCIO CLINICO ha sempre indicato il primato dell’osservazione diretta minuziosa e prolungata, non rifacendosi a teorie e leggi generali, e del riscontro empirico a fronte della teoria. Oggi l’approccio clinico si avvicina ad un APPROCCIO IDIOGRAFICO, ovvero che si centra sul singolo nella sua forma storicamente determinata, piuttosto che un APPROCCIO NOMOTETICO, che cerca di scoprire le leggi della natura e delle cose. → APPROCCIO IDIOGRAFICO ≠ APPROCCIO NOMOTETICO: 1. Approccio idiografico: si basa sulle esperienze soggettive ed esclusive degli individui → approccio basato sull’ottica del particolare e l’approfondimento del singolo caso e delle sue specificità 2. Approccio nomotetico: si basa su dati numerici e spiegazioni universali del comportamento ES. DEPRESSIONE: disturbo classificato a livello nomotetico, in quanto consente di individuare degli aspetti comuni e ricollegare le persone che presentano tali aspetti a tale malattia → Alcune classificazioni diagnostiche sono più sul versante nomotetico altre sul versante idiografico, ovvero analizzare la situazione sul singolo individuo oppure a livello generale ed universale Gli psicologi clinici sono coloro che, tra gli psicologi, si occupano specificatamente di DISTURBI MENTALI e lavorano quindi i servizi e strutture che si occupano di salute mentale → La DEFINIZIONE DI PSICOLOGIA CLINICA maggiormente utilizzava viene introdotta dall'American Psychological Association, la prima associazione che diede vita ad una sezione di psicologia clinica: La psicologia clinica è una disciplina che integra scienza, teoria e pratica sia al fine di capire, predire e alleviare disadattamento, disabilità e disagio, sia al fine di promuovere l'adattamento umano e lo sviluppo personale. Si concentra sugli aspetti intellettivi, emotivi, biologici, psicologici sociali e comportamentali del funzionamento umano lungo tutto l’arco della vita, nelle varie culture e a tutti i livelli socioeconomici Si tratta di una definizione piuttosto ampia, che tiene insieme diversi ambiti della psicologia clinica che sono molto vasti, ma comunque strettamente connessi: ogni psicologo si specializza in uno specifico ambito di competenza Nel nostro paese, alcuni anni fa, è stata fornita in forma ufficiale un'altra definizione da parte di un'associazione scientifico-professionale denominata Collegio dei professori universitari e dei ricercatori di Psicologia clinica delle università italiane: La psicologia clinica è un settore della psicologia i cui obiettivi sono la spiegazione, la comprensione, l’interpretazione e la riorganizzazione dei processi mentali disfunzionali o patologici, individuali e interpersonali, unitamente ai loro correlati comportamentali e psicologici. La PSICOTERAPIA nelle sue differenti strategie e metodiche, costituisce l’ambito applicativo che più caratterizza la psicologia clinica, come punto di massima convergenza tra domanda, conoscenze psicologiche disponibili, fenomeni indagati e metodi utilizzabili. L'enfasi in questa definizione è sia sulla COMPRENSIONE, che sulla CURA ↓ QUINDI, quando si parla di psicologia clinica, si delinea un insieme scientifico e professionale centrato sulla psicoterapia, ma ben più ampio della psicoterapia → esistono infatti delle prospettive emergenti, come la psicologia della salute e antiche pratiche venute in auge come la riabilitazione e la consulenza. La stessa nozione di psicoterapia risulta essere sfuggente: è difficile definire in modo minuzioso i confini tra psicoterapia, intervento psicologico, trattamento, counselling … 1 NORMALITA’ e PATOLOGIA come due termini complessi: - Quando si parla di adattamento e normalità è necessario fare attenzione: sono termini che hanno un certo peso specifico. E’ quindi importante evitare degli eccessivi negativismi, negando l’esistenza delle patologie psichiatriche, ma ricordandoci anche che il concetto di patologia mentale è fortemente determinato dal punto di vista culturale, soprattutto in relazione a determinate patologie → PSICOPATOLOGIA FORTEMENTE DETERMINATA DA ASPETTI CULTURALI ES.disturbi alimentari, disturbi di personalità: determinati atteggiamenti vengono considerati più o meno patologici a seconda della cultura di riferimento OPPURE l’omosessualità, che viene considerata ancora oggi una malattia mentale in molti paesi PRINCIPALI TAPPE STORICHE DELLA PSICOLOGIA CLINICA ➔ La PSICOLOGIA nasce nel 1875, quando Wilhelm Wundt crea il primo laboratorio di psicologia a Lipsia: prima la psicologia non veniva considerata una scienza autonoma, ma era il risultato delle riflessioni congiunte da un lato della filosofia e dall’altro della medicina ➔ La fine dell’800 è anche un periodo significativo per la psicologia clinica, in quanto si comincia a sviluppare la PSICOANALISI (≠ corrente opposta: COMPORTAMENTISMO, con principale precursore John B. Watson): i primi scritti di Freud risalgono alla fine dell’800 e all'inizio del ‘900. Freud si era formato in Francia nell'istituto di Jean-Martin Charcot, il prestigioso direttore dell'ospedale di Salpetrière a Parigi che ottenne il riconoscimento ufficiale dell’IPNOSI come legittimo trattamento medico della psichiatria (1880) → L’ipnosi è un trattamento basato sulla suggestione utilizzato all’epoca per il trattamento dell’isteria, nonché la prima patologia mentale individuata da Freud. Il pensiero psicoanalitico oggi è abbastanza in decadenza, ma all'inizio la psicoanalisi ha dominato il mondo della psicologia clinica e della psicoterapia, soprattutto dagli anni ‘40 e ‘50 in poi ➔ Nel 1883 Emil Kraepelin, considerato il padre della psicologia clinica moderna, tenta le prime classificazioni diagnostiche della malattia mentale pubblicando il suo manuale di psichiatria suddiviso in 4 volumi ➔ Nel 1892 viene fondata l’American Psychological Association, la prima associazione di psicologi al mondo → Nel 1919 si costituisce la sezione di psicologia clinica ➔ Nel 1900 Freud pubblica “L’interpretazione dei sogni” e presenta l’analisi dei sogni e delle liebre associazioni, come metodi teraputici per le psiconevrosi ➔ Nel 1904 viene approvata in Italia la legge 36/1904, che identifica il MANICOMIO come struttura cardine della cura dei malati mentali ➔ Nel 1909 muore a Torino Cesare Lombroso: considerato il padre dell’antropologia criminale, popolare per le sue TEORIE FISIOGNOMICHE, per le quali i tratti somatici e la struttura del cranio indicherebbero tratti del carattere e inclinazioni criminali ➔ Nel 1917, con l'inizio della Prima guerra Mondiale, negli Stati Uniti agli psicologi viene chiesto di selezionare delle persone, che fossero consone ad essere arruolate nell’esercito → Da questa tradizione nascerà poi la tradizione della psicodiagnostica attuale ➔ Nel 1925 viene fondata la Società psicoanalitica italiana, che esiste ancora oggi (SPI) → Ogni paese ne presenta una e tutte queste società fanno riferimento ad un’unica Società psicoanalitica Internazionale ➔ Nel 1952 l’American Psychiatric Association pubblica la prima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-I), prendendo atto dell’immobilismo dell’Organizzazione mondiale della sanità nel mettere a punto una classificazione internazionale delle malattie mentali: oggi siamo alla quinta edizione rivista (DSM-5tr). Dal DSM-III in poi cè un graduale distacco dalla psicoanalisi (ES. solo nel 1987 viene rimossa l’omosessualità dal DSM-III come disturbo mentale) ➔ Nel 1976 la psichiatria diventa una vera e propria scienza autonoma in Italia staccandosi dalla Neurologia ➔ Nel 1978 in Italia viene approvata la Legge Basaglia, che elimina i Manicomi e dispone che le persone affette da malattia mentale debbano essere trattate nel territorio. La legge per molti aspetti è tra le più avanzate il problema è che spesso, a fronte di una carenza di risorse economiche, l’applicazione pratica della legge non è stata all’altezza della legge stessa, quindi risulta difficile curare e trattare il malato mentale sul territorio senza chiuderlo in una comunità o, in generale, in una struttura (il malato può essere rinchiuso in una struttura solo per un tempo limitato, in quanto l'aspetto importante e sviluppare è il suo REINSERIMENTO NELLA SOCIETA’) 2 La psicologia clinica trae origine dalla confluenza di due diverse tradizioni e professioni: 1. La pratica dei REATTIVI MENTALI (ES. test di intelligenza, valutazione dei bambini) → tutta questa tradizione testale confluisce nella tradizione diagnostica moderna 2. La pratica dell’IPNOSI (trattamento dell'isteria) → utilizzo di tecniche per il trattamento del disturbo mentale che vanno ad originare una serie di filoni, che confluiscono poi nella psicologia clinica Concludendo, le matrici culturali che hanno portato alla nascita della psicologia clinica poi sono europee, più precisamente franco-tedesche e fanno riferimento ad una serie di personalità fra cui Binet, Janet, Freud e Jung → MA, ciononostante, la psicologia clinica ha avuto il suo sviluppo maggiore negli Stati Uniti: ciò è dovuto all’estremo DINAMISMO che interessa la società americana già all'inizio del Novecento. Si consideri il peso culturale dell’orientamento funzionalista e pragmatista, che fu egemone nella cultura americana del Novecento e portò all’elaborazione di una nuova visione, secondo la quale la psicologia doveva porsi nell’ottica della trasformazione e del miglioramento del funzionamento umano. ↓ I momenti di massima espansione per la psicologia clinica furono i CONFLITTI MONDIALI, dove forte fu la richiesta sociale di collaborare con test mentali e attitudinali alla selezione dei militari e di prodigarsi nell’opera di reinserimento sociale dei reduci di guerra → Alle origini e per buona parte del Novecento, il trattamento degli individui affetti da malattia mentale non era considerato tra le mansioni degli psicologi, ma terreno esclusivo dei MEDICI: solo nel secondo dopoguerra, si cominciano a vedere psicologi che lavorano nei servizi e negli ospedali psichiatrici. PSICODIAGNOSTICA (Capitolo 2) ESAME PSICODIAGNOSTICO → L’ottica utilizzata in tal caso dallo psicologo clinico è quella del PARTICOLARE ↓ L’ESAME PSICODIAGNOSTICO può essere definito come un processo di raccolta, analisi ed elaborazione delle informazioni volto a rispondere a uno dei tanti quesiti di pertinenza della psicologia clinica. La struttura formale dell’esame psicodiagnostico è costituita da una successione sistematica e intelligentemente organizzata di approfondimenti successivi → Quanto più ampia è la base di conoscenza della ricerca scientifica e di esperienza dello psicologo, tanto più ampio è il ventaglio di ipotesi e alternative che egli prende in esame: man mano che progredisce l'esame psicodiagnostico, diminuisce l’incertezza circa le variabili di rilievo clinico. ATTENZIONE: NON si tratta di una passiva raccolta di informazioni, ma un processo attivo sostanzialmente simile a un processo di problem-solving e decision-making → NON opera nell’ottica della CLASSIFICAZIONE NOSOGRAFICA (classificazione categoriale): l'obiettivo non è quello di ricollegare la persona ad uno specifico disturbo mentale, MA raccogliere informazioni che permettano di individuare non solo gli aspetti patologici ma anche le risorse della persona, in modo da poter impostare un intervento (ACQUISIZIONE DI UNA CONOSCENZA PIU’ APPROFONDITA DEL SOGGETTO) Uno degli strumenti più importanti utilizzati nel processo diagnostico è il COLLOQUIO CLINICO (c’è sempre e questo si affiancano altre tecniche diagnostiche) → ovviamente questo ha delle caratteristiche specifiche e non sempre questo è facile da affrontare. Il colloquio clinico ha come finalità primaria l’ESAME DEL PROBLEMA DEL PAZIENTE: sta allo psicologo clinico collocare tale problema all'interno di un reticolo di elementi costitutivi della storia della persona e delle risorse che questa ha a disposizione. ↓ Tutto ciò, presuppone un PROCESSO DI INDAGINE ATTIVO, con lo scopo di fornire un senso psicologico a quanto esposto dal paziente: In primo luogo, il colloquio clinico utilizza MATERIALE VERBALE ed esplora il cosiddetto sistema COGNITIVO-VERBALE: ciò che il paziente pensa e ciò che il paziente dice. + In secondo luogo, il colloquio rappresenta un setting di di osservazione specifico e strutturato: allo psicologo clinico offre un segmento di osservazione del comportamento del paziente in una situazione data In terzo luogo, il colloquio rappresenta un esempio di comportamento interpersonale significativo, consentendo l’analisi delle variabili di relazione che si stabiliscono nell’interazione paziente-psicologo → Di 3 fatto, il colloquio ha come seconda finalità quella di stabilire una relazione di fiducia nella diade PAZIENTE-PSICOLOGICO: tale interazione alle volte rivela degli aspetti patologici del paziente stesso FASI TIPICHE DEL COLLOQUIO INIZIALE: 1. FASE DEI PRELIMINARI: il primo colloquio, solitamente, prende avvio con alcuni limitati convenevoli sociali, ovvero azioni di cordialità per mettere la persona a proprio agio 2. APERTURA: successivamente il colloquio prende avvio, in genere con una domanda molto aperta del tipo “Di che problema parliamo?” → è sempre meglio evitare la parola “disturbo” o “malattia”, con lo scopo di evitare di far sentire la persona in difetto 3. SPECIFICAZIONE DEL PROBLEMA (Fase del problema iniziale): Lo psicologo cerca di ottenere un’ampia e precisa descrizione del problema attuale presentato e sofferto dal paziente 4. ANALISI DELLE VARIABILI FUNZIONALMENTE CORRELATE: individuazione delle variabili che influenzano gli aspetti elementari del problema in esame 5. ALLARGAMENTO (Fase dei problemi attuali): Una volta esaurita l’esplorazione del problema iniziale, lo psicologo prende in esame ulteriori problemi presenti attualmente nella vita del paziente(al di fuori di quello presentato principalmente in analisi) 6. STORIA DEI PROBLEMI: Il colloquio risale poi al primo insorgere del problema e lo ripercorre nel tempo fino al momento attuale 7. STORIA PERSONALE (Fase del profilo complessivo): Un ampio spazio viene dedicato alla storia personale della persona, mettendo a punto gli elementi problematici e presumibilmente patologici che hanno dominato il colloquio 8. ANALISI DELLE ASPETTATIVE: Il colloquio esamina che cosa si aspetta il paziente dallo psicologo clinico e dall esame psicodiagnostico in corso 9. RESTITUZIONE E CHIUSURA: Lo psicologo richiama il filo logico che ha guidato il colloquio o i colloqui intercorsi e fornisce informazioni sui sui vari test, esami e tecniche psicodiagnostiche che possono essere e che sono state impiegate MODELLO MULTIDIMENSIONALE (DEVE SEMPRE GUIDARE IL PROCESSO DIAGNOSTICO) Per condurre l'esame psicodiagnostico, lo psicologo ha la possibilità di rifarsi ad un innumerevole quantitativo di informazioni → Tali informazioni, sono state classificate in CLASSI a seconda del canale dalle quali provengono e, tradizionalmente, possiamo distinguere TRE CLASSI PRINCIPALI DI INFORMAZIONI: 1. Informazioni che provengono dal CANALE VERBALE: informazioni che il soggetto fornisce durante il colloquio, informazioni provenienti dalla compilazione di un questionario, di un diario… → Naturalmente queste informazioni NON sono neutre, in quanto risultano essere influenzate da variabili legate al contesto entro il quale esse vengono raccolte, dalle variabili interconnesse alla relazione interpersonale, da variabili proprie dello psicologo… 2. Informazioni che provengono dall’OSSERVAZIONE DIRETTA DEL COMPORTAMENTO DELLA PERSONA: informazioni offerte dal comportamento non verbale della persona nel corso del colloquio clinico… → Nemmeno queste informazioni sono neutre, poiché sono influenzate anch’esse dalle variabili di contesto, dalle variabili connesse all’osservatore, dalle variabili di relazione… 3. Informazioni che provengono dalle REGISTRAZIONI STRUMENTALI DELL’ATTIVAZIONE PSICOFISIOLOGICA DELL’INDIVIDUO → Informazioni ricavabili dalla registrazione delle risposte elettrodermica, dalla temperatura cutanea, dalla frequenza cardiaca, della frequenza respiratoria… PROBLEMA RISOLTO NEGLI ANNI ‘70: Viene messa in discussione l’idea tacita secondo cui, indici provenienti da diversi canali descrivono i medesimi fenomeni e costrutti o colgono, al massimo, angolature differenti di una realtà indiscutibilmente unitaria → Negli anni ‘70, grazie a numerosi studiosi, si arrivò alla conclusione che misure relative a uno o all'altro canale non sono intercambiabili: si tratta di MISURAZIONI RELATIVAMENTE INDIPENDENTI ↓ Una valutazione multidimensionale cerca di integrare informazioni e misurazioni provenienti da diversi piani come il piano delle emozioni, quello dell'auto-osservazione e del comportamento manifesto, quello dell'osservazione esterna, quello dell’interazione interpersonale, quello delle relazioni significative… 4 L’esame psicodiagnostico si avvale di una PLURALITA’ DI TECNICHE: 1. ASSESSMENT PSICOFISIOLOGICO: E’ il segmento dell’esame psicodiagnostico volto alla valutazione delle specifiche modalità del sistema di risposte psicofisiologiche della persona in esame → Lo psicologo registra in forma continua, per un certo periodo di tempo che può oscillare tra i 20 e i 45 minuti, una serie di indici psicofisiologici. I più comuni sono: ➔ Attività mioelettrica: indica il livello di tensione muscolare ➔ Frequenza cardiaca: rilevazione dei battiti al minuto tramite un cardiotacometro ➔ Frequenza respiratoria: numero di cicli inspiratori ed espiratori per minuto ➔ Temperatura periferica cutanea ➔ Pressione sistolica e diastolica ➔ Conduttanza cutanea: rilevazione delle modifiche dell’attività delle ghiandole sudoripare della pelle e rappresenta la più antica forma di rilevazione psicofisiologica Altre volte, ma prettamente solo per scopi di ricerca, l’assessment psicofisiologico indaga anche l’attività elettrica cerebrale, l’attività oculomotoria, l’attività gastrointestinale o si vale delle moderne tecniche di neuroimaging. Sostanzialmente, tutto ciò viene fatto nell’interesse dello psicologo di confrontare il livello di attivazione a riposo (LINEA DI BASE) con il livello di attivazione in presenza di condizioni stimolo (REAZIONE DI ATTIVAZIONE), che inducono stress, attivazione, sforzo mentale, forti emozioni… → Si parlerà allora di PROFILO PSICOFISIOLOGICO È possibile riscontrare correlazioni molto basse tra il RESOCONTO SOGGETTIVO e le RILEVAZIONE PSICOFISIOLOGICHE → La spiegazione che viene offerta per tale anomalia fa riferimento alla nozione di ALESSITIMIA introdotta da Sifneos nel 1973 nella teoria psicodinamica: il mancato riconoscimento cognitivo da parte della persona della presenza di lievi tensioni, che interferiscono con vari aspetti della quotidianità e ciò porta all’insorgenza di malattie psicosomatiche 2. OSSERVAZIONE NATURALISTICA: Si parla di OSSERVAZIONE NATURALISTICA quando l’osservazione ha luogo nell’ambiente naturale, nel quale spontaneamente si verifica il comportamento in esame → alcuni specialisti trovano utile, ad esempio, pranzare con il paziente per comprendere determinati aspetti comportamentali di questo, benché si tratti di un’osservazione in parte falsata dalla stranezza della situazione. Infatti, in alcuni casi, è possibile identificare comportamenti problematici solo nel contesto quotidiano (ES. ADHD) Si definisce REATTIVITA’ DI COMPORTAMENTO il cambiamento che il comportamento di una persona viene ad avere, per il solo fatto di essere osservato (aumento/diminuzione della frequenza) → In linea di massima, la reattività va scemando con il protrarsi e il ripetersi delle osservazioni (PERIODI DI OSSERVAZIONI: è importante evitare di portare avanti osservazioni episodiche) ↓ Talvolta, una semplice osservazione, permettete allo psicologo esperto di riconoscere le contingenze che caratterizzano la comparsa dei comportamenti: i contesti tipici, le forme, le reazioni degli altri, i fattori che concorrono al mantenimento di tali comportamenti…. Altre volte invece risulta necessario usare modalità di osservazione sistematica Osservare e registrare il comportamento manifesto può sembrare semplice, solo a chi non ha esperienza → In realtà, l'osservazione richiede un grado di elaborazione concettuale e di sofisticazione tecnica non 5 inferiore alle altre tecniche psicodiagnostiche. Fortunatamente, raramente lo psicologo clinico si trova a dover costruire la griglia di valutazione ex novo, perché solitamente può attingere al nutrito corpus di ricerche che ha incontrato nella sua formazione accademica. Una tecnica intermedia tra la valutazione soggettiva e l’osservazione è l’AUTOMONITORAGGIO → Le prime applicazioni di questa tecnica furono fatte in una ricerca sulla riduzione del fumo di sigaretta: lo psicologo consegna al partecipante un piccolo quaderno, nel quale questo registra ora e minuto ogni volta che fuma una sigaretta. L’automonitoraggio è la procedura più prossima all'osservazione, nei casi in cui quest’ultima non è possibile per motivi pratici o etici → L’automonitoraggio è anche la procedura d’elezione per quanto riguarda eventi interni, come impulsi, emozioni e pensieri (ES. Lo psicologo può concordare con il proprio paziente un periodo di automonitoraggio dei pensieri di rabbia, che prova nei confronti del coniuge) 3. INTERVISTE STRUTTURATE: A metà strada tra l’osservazione diretta e l'autovalutazione soggettiva, le interviste strutturate sono una tecnica standard dove contenuto e modalità delle domande sono prestabiliti e può essere utilizzata in fase avanzata dell’esame psicodiagnostico → Esse si snodano in maniera simile al colloquio clinico, ma sono molto meno libere. QUINDI l'intervista strutturata è una tecnica standardizzata, che presuppone l’ottenimento di uno stesso risultato a fronte di un differente intervistatore → Essa infatti presenta due differenze sostanziali dal colloquio clinico: 1. L’intervista strutturata valuta un costrutto specifico 2. L'intervista strutturata dà luogo a una classificazione o un punteggio, relativo a quel costrutto ESEMPI DI INTERVISTE STRUTTURATE: ➔ Adult attachment interview (George, Kaplan e Main, 1985): Tale intervista strutturata ha lo scopo di classificare lo “stile di attaccamento", in età superiore ai 16 anni → Si tratta di un'intervista semistrutturata di 18 domande aperte, che indagano l’esperienza del soggetto con le principali figure di riferimento dell’infanzia (verosimilmente i genitori). Il sistema di classificazione si conclude con l’assegnazione a una categoria principale dello stile di attaccamento: attaccamento distanziante, attaccamento sicuro, attaccamento coinvolto o preoccupato, attaccamento con lutti o traumi non risolti e attaccamento inclassificabile. ➔ Strange situation (Ainsworth et al., 1978) ➔ Type-A Coronary Prone Behavior Structured Interview (Friedman, 1996): Intervista provocatoria volta in parte a porre l’attenzione al contenuto delle risposte del paziente, ma soprattutto all'osservazione del comportamento dell'intervistato, alla mimica del volto, alla variazione dell’intonazione di voce e alla gestualità → Il costrutto indagato è detto TIPO A: i pazienti che presentavano un certo pattern di risposte, le quali combaciavano con il costrutto indagato di TIPO A, andavano incontro negli anni ad una maggiore incidenza di malattie croniche ➔ Structured Clinical Interview for the DSM-IV (First, 2000) ➔ Camberwell Family Interview (Rutter e Brown, 1966) ➔ Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Goodman et al., 1989) ➔ Kiddie-Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia Present-Lifetime Version (Sogos, 200XX) 4. TEST PSICODIAGNOSTICI AUTOVALUTATIVI: Accanto ai colloqui clinici e ad integrazione di essi, si collocano i TEST PSICODIAGNOSTICI → Essi vanno considerati come “strumenti” che potenziano il lavoro di esplorazione del colloquio clinico e che forniscono "misurazioni" di specifici costrutti. Sostanzialmente, possono essere concepiti come delle lenti di ingrandimento, che permette di esplorare con maggiore sistematicità, facilità, rapidità e chiarezza un determinato costrutto psicodiagnostico. 6 L'impiego di test autodiagnostici va strutturato GERARCHICAMENTE: vengono utilizzati di test ad ampio spettro nelle prime fasi del colloquio, cioè test di carattere molto generale dai quali emergono ipotesi di allargamento e di approfondimento del problema utili allo psicologo nella messa a fuoco della strategia di colloquio e di esame. Invece, verranno utilizzati test di carattere più mirato e specifico nelle fasi successive ESEMPI DI TEST PSICODIAGNOSTICI AUTOVALUTATIVI, ovvero che si basano sulle risposte fornite dal paziente, in relazione ai suoli comportamenti e alle sue caratteristiche psicologiche: ➔ Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI): Si tratta del questionario di personalità più diffuso e longevo, il cui intento principale era quello di effettuare uno screening: discriminare tra normalità e psicopatologia → Il presupposto teorico alla base era che le differenti forme psicopatologiche non sono altro che la caratterizzazione in grado estremo di caratteristiche personologiche, che sarebbero distribuite normalmente nella popolazione. Nel corso del tempo, gli studiosi identificano una serie di item, che permettono di differenziare dalla popolazione normale i pazienti con diagnosi psichiatriche (Ipocondria, depressione, isteria, deviazione psicopatica…). Alle scale cliniche si aggiungono anche le scale di controllo. ➔ Batteria CBA (Cognitive Behavioral Assessment) ➔ State-Trait Anxiaety Inventory (STAI) ➔ Beck Depression Inventory (BDI) ➔ Millon Clinical Multiaxial Inventory-III ↓ ESPERIMENTO DI KANIZSA (Gaetano Kanizsa) Uno dei più grandi psicologi italiani Gaetano Kanizsa, somministrò a due gruppi di studenti del primo anno di una scuola per assistenti sociali, un curioso test → Consegnò loro una matita e un foglio bianco sul quale chiese di tracciare uno scarabocchio, senza mai staccare la punta della matita dal foglio per la durata di un minuto e con la massima spontaneità. Spiegò che si trattava di un test di origine francese, che permetteva di cogliere le dimensioni più autentiche e profonde della personalità. Ritirò i fogli e, qualche giorno dopo, consegnò a ogni studente un foglio che riportava l'interpretazione del suo scarabocchio: il titolo era “Profilo di personalità” e conteneva affermazioni relative all'affettività, al temperamento, all'emotività, alla capacità di giudizio, all'intelligenza, all'aggressività e alla memoria. Chiese poi a ciascuno studente di soffermarsi su ciascuna affermazione e valutare se si riconosceva o dissentiva → Kanizsa raccontò che tutti e 46 gli studenti dichiarano, che la diagnosi era nel complesso ben riuscita. Kanizsa raccontò tutto ciò in un articolo intitolato “Sulla validazione delle diagnosi di personalità”, nel quale riportò le elevate percentuali di accordo che gli studenti avevano dato dei profili di personalità e raccontò che tali profili apprezzati dagli studenti non erano individualizzati, quindi sostanzialmente erano falsi → un profilo di personalità è costituito per necessità ed affermazioni generiche e, secondo Kanizsa, il soggetto di fronte a determinate affermazioni tende a riconoscerle o a respingerle, in base al ricordo di concrete manifestazioni della propria vita che gli sembrano confermare o escludere quelle particolari affermazioni. Pertanto, ogni persona viene prevalentemente a riconoscersi in qualsiasi profilo sia sufficientemente generale, ma si sarebbe riconosciuta altrettanto in un profilo diametralmente opposto. Negli stessi anni, esperienze simili vennero condotte dallo psicologo americano Bertram R. Forer, che affermò la presenza di un effetto che può essere chiamato “Effetto Forer o effetto di convalida soggettiva”: ogni individuo, posto di fronte a un profilo psicologico che crede sia riferito specificamente a lui, tende a immedesimarsi in esso ritenendolo preciso e accurato, senza accorgersi che quel profilo è abbastanza vago e generico da adattarsi a un numero molto ampio di persone. Le ricerche hanno dimostrato che viene dato maggior credito a tale profilo di personalità se: a. Il soggetto crede che l'analisi sia personalizzata b. L'analisi elenca principalmente tratti positivi c. Il soggetto in esame attribuisce credibilità e autorevolezza all'esaminatore ↓ Questo effetto è però più noto con la denominazione di EFFETTO BARNUM 7 5. TECNICHE PROIETTIVE: Le tecniche proiettive rappresentano una delle modalità che si possono utilizzare nell’ambito del processo psicodiagnostico e si basano sull’IPOTESI PROIETTIVA: le risposte di un soggetto ad uno stimolo ambiguo e poco strutturato che gli viene presentato, riflettono degli attributi significativi e stabili della sua personalità ES. Se viene chiesto ad ogni soggetto di produrre una storia sulla base di un'immagine, che ritrae due persone che stanno parlando in una stanza; ciascun soggetto produrrà una storia diversa sulla base di caratteristiche stabili della propria personalità → l’interpretazione che una persona fa a partire da uno stimolo è diversa rispetto a quella fatta da altri soggetti, in quanto tale interpretazione si basa su caratteristiche stabili di personalità ATTENZIONE: Si preferisce parlare di tecniche proiettive e NON DI TEST PROIETTIVI per molteplici motivi: Il test presume sia una rigida standardizzazione, sia la possibilità di venire ripetuto a breve distanza di tempo, con i medesimi risultati. MENTRE le tecniche proiettive risentono di stati emotivi temporanei e la loro applicazione può portare a riscontri differenti, influenzati da fattori accidentali Le tecniche proiettive non danno luogo a veri e propri punteggi, che rispettano i principi rigorosi fissati dalla teoria dei test, ma offrono indicazioni generali che lasciano un’ampia libertà di interpretazione allo psicologo ↓ IPOTESI PROIETTIVA VS. PROIEZIONE: E’ importante non confondere questi due concetti → La proiezione è considerata un meccanismo di difesa, ovvero una strategia mentale inconscia volta a gestire fonti di stress interne o esterne (ES. Negazione: succede qualcosa di traumatico e difficile da accettare, la prima reazione difensiva è quella di negare l’evento → trasferire cose che appartengono al mondo interno, nel mondo esterno) ⇒ Con ipotesi proiettiva, invece, si fa riferimento al ruolo attivo della persona nella percezione e nell’interpretazione della realtà I primi metodi proiettivi di cui si ha notizia risalgono alla fine dell’Ottocento: si trattava di liste di libera associazione di parole, ovvero venivano comunicate al paziente determinate parole e si chiedeva a quest’ultimo di rispondere associando la prima parola che gli venisse in mente → In seguito si svilupparono numerosi test proiettivi, tra cui: a. Interpretazione di stimoli privi di contenuto (Reattivo psicodiagnostico di Rorschach, Test delle macchie di Holzman) b. Interpretazione di stimoli dal significato incompleto (Test di appercezione tematica di Murray (T.A.T): questo test si basa su tavole, che raffigurano delle persone in situazioni diverse e, sulla base di queste, viene chiesto al paziente di elaborare una storia di fantasia. Esistono tavole diverse per uomini e donne e ne vengono selezionate alcune in base alle caratteristiche del paziente → Il T.A.T viene spesso usato insieme ad altri test, come se fornisse qualche informazione in più collegabile a dati di ricerca scientifica più quantitativi) c. Test semi proiettivi con stimoli simili a fumetti incompleti (The picture-association method for assessing reactions to frustration di Rosenzweig) d. Produzione di disegni (disegno della casa, disegno dell’albero e della figura umana, disegno della famiglia): anche qui, l’interpretazione è collegata a determinate caratteristiche → la persona si disegna vicino o lontano agli altri componenti della famiglia, i colori utilizzati… e. Scelta dei colori (Test di Luscher) f. La manipolazione e il gioco (Gioco del vassoio con la sabbia, Sceno test) ↓ La più nota tecnica proiettiva è decisamente quella elaborata nel 1921 da HERMANN RORSCHACH, utilizzata inizialmente per studiare le capacità percettive dei pazienti schizofrenici → Le tavole vengono ottenute facendo cadere poche gocce d'inchiostro su un foglio di carta e ripiegandolo, in modo da tenere figure approssimativamente simmetriche. Le tavole elaborate da Rorschach sono 10 e, durante il test, lo psicologo mostra al soggetto ogni tavola con la consegna di dire cosa si vede, cioè cosa potrebbe rappresentare ciascuna tavola → Lo psicologo annota la risposta del soggetto, il tempo impiegato per rispondere, la posizione in cui vengono tenute le tavole e ogni altra eventuale manifestazione del comportamento del soggetto. Una volta terminata la presentazione, lo psicologo ripresenta ciascuna tavola chiedendo quali parti e quali aspetti della figura hanno determinato la risposta o le risposte. 8 Successivamente, lo psicologo procede alla siglatura del protocollo che fa le veci dello scoring nei test classici → Le categorie originariamente proposte da Rorschach sono 4: a) Fattore determinante la risposta: la forma della macchia, il colore, l’impressione del movimento… b) Localizzazione: la risposta può essere un'interpretazione della tavola nella sua globalità oppure di una sua parte c) Contenuto della risposta: può riferirsi ad animali oggetti animati, uomini, parti anatomiche… d) Originalità della risposta L’INTERPRETAZIONE, secondo Rorschach, offrirebbe sia una valutazione globale della personalità, sia una valutazione quantitativa dell’intelligenza, sia un aiuto alla diagnosi differenziale → Rorschach morì prematuramente, un anno dopo aver pubblicato il suo celebre saggio: in quest’ultimo egli indicò la tecnica per interpretare il test, ma non le basi teoriche. Ecco perché oggi esistono una molteplicità di metodi d’impiego del reattivo di Rorschach, che differiscono tra loro sia per vari dettagli nella somministrazione e nella siglatura, sia nei criteri di interpretazione. 6. TEST DI INTELLIGENZA: La valutazione clinica può includere anche l’uso di test che riguardano la SFERA COGNITIVA → Questa valutazione può essere volta ad ottenere una stima complessiva e unitaria (riferimento al concetto di intelligenza), oppure a raccogliere indici più specifici relativi a singoli aspetti del funzionamento mentale (percezione, pensiero, memoria, apprendimento, visualizzazione, attenzione) ↓ La valutazione dell’intelligenza spesso si rivela utile per affrontare la questione relativa alla possibilità, che le disfunzioni di un individuo siano associate a una debolezza intellettiva complessiva (ES. valutazione dell’intelligenza su una persona anziana, per capire se le difficoltà da questa riscontrare sono riferibili a un ritardo mentale/demenza oppure riguardano fattori più specifici). Ovviamente, nel corso del tempo, sono stati elaborati numerosi test: uno degli strumenti più utilizzati in questo campo è la SCALA STANFORD-BINET, utilizzata per ottenere una valutazione complessiva dell’intelligenza (QUOZIENTE INTELLETTIVO → Q.I.): Un’intelligenza media prevede un Q.I. che oscilla tra 85 e 100 ETA’ MENTALE: età corrispondente alle prove cognitive che l’individuo è in grado di superare ETA’ CRONOLOGICA: età effettiva della persona I test dell’intelligenza sono SUSCETTIBILI AD ASPETTI CULTURALI: attraverso i primi test di intelligenza, gli studiosi erano riusciti a dimostrare che gli afroamericani erano più scemi dei bianchi. A questa scoperta, che ovviamente è stata smentita negli anni a venire, si è arrivati perché le domande del test erano studiate per essere più adatte ad una cultura occidentale: quindi coloro che non rientravano in tale cultura, facevano più fatica su alcuni aspetti. ⇓ Attualmente, fra i numerosi test di intelligenza, le scale ideate dallo psicologo David Wechsler (SCALE WECHSLER) sono quelle che godono di maggiore popolarità per la loro solidità, flessibilità e standardizzazione → David Wechsler elaborò tre scale: a) Scala WAIS per gli adulti b) Scala WISC, per i bambini sopra i 6 anni c) Scala WPPSI, per i bambini sotto i 6 anni Le scale Wechsler si basano sulla somministrazione di una serie di prove selezionate sia verbali che non, che esaminano aspetti differenti del funzionamento cognitivo → Sulla base di ciò la persona riceve due risultati ovvero il Q.I. VERBALE e il Q.I. PERFORMANCE, che sommati permettono di ottenere un unico punteggio (STIMA COMPLESSIVA DELL’INTELLIGENZA) 9 7. VALUTAZIONE COGNITIVA E NEUROPSICOLOGICA DI SPECIFICHE FUNZIONI In tutti quei casi in cui una stima complessiva dell'efficienza intellettiva dell'individuo è insufficiente, è necessaria una valutazione clinica di specifici aspetti del funzionamento mentale, con lo scopo di ottenere informazioni più precise → Le valutazioni specifiche hanno numerosi vantaggi: a) Consentono una diagnosi più precisa, rispetto al problema del malato b) Possono offrire informazioni preziose, anche per una valutazione medica generale o per una valutazione delle aree interessate da un disturbo neurologico c) Permettono di prendere decisioni attente rispetto alle modalità di intervento, in relazione al problema rilevato Il patrimonio di strumenti disponibili è molto ampio → E’ necessario primariamente fare una distinzione tra strumenti: ➔ in riferimento alle funzioni cognitive esaminate (memoria, attenzione, linguaggio, ecc.): - Test della figura complessa di Rey - PRCR - Rivermead - Test di memoria remota - Test di Bentos di ritenzione visiva ➔ in riferimento alle aree del cervello che si ipotizza siano interessate: - Test della torre di Londra - Test della torre di Hanoi - Wisconsin card sorting. 8. LA CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI MENTALI Già alla fine dell’Ottocento, si ebbero dei primi tentativi di realizzare una classificazione delle malattie internazionalmente condivisa → Con l’istituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tale compito fu assolto con la creazione del Manual of the International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death (ICD) che però, nella sua prima elaborazione, ignorava le malattie mentali. Si trattava quindi di una classificazione altamente grossolana, che scatenò la comunità degli psichiatri americani che, nel 1952, diede vita al Diagnostic and Statistical Manual of Mental Diseases (DSM) → La revisione attuale è nota come DSM-V-TR, mentre per quanto riguarda l’ICD oggi si usa l'undicesima revisione. ⇓ Entrambi i sistemi diagnostici offrono classificazioni categoriali e suddividono i disturbi mentali sulla base di set di criteri, con caratteristiche descrittive. Inoltre entrambi i sistemi sono ATEORETICI, ovvero non seguono una teoria psicologica specifica, ma si limitano ad identificare le tipologie più frequenti di disturbo mentale e a fotografare gli elementi associati nel modo più oggettivo e trasversale possibile → QUINDI questi sistemi a-teorici si basano sui SINTOMI (SINDROME: costellazioni di sintomi, che tipicamente sono collegati tra di loro). Anche per questo motivo, il DSM e l’ICD sono definiti dei SISTEMI FENOMENOLOGICI-DESCRITTIVI, che quindi si basano sull’espressione e sulla manifestazione della malattia mentale (VANTAGGI: velocità nella diagnosi, universalità…) DSM-IV: classificazione categoriale e suddivisione dei disturbi mentali sulla base di set di criteri con caratteristiche descrittive → E’ scritto e pubblicato dall’APA (American Psychiatric Association). Il DSM-IV presenta una CLASSIFICAZIONE MULTIASSIALE, ovvero esistono 5 assi su cui il paziente deve essere valutato: 1. ASSE I: comprende i principali disturbi e altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica (ES. disturbi d'ansia, disturbi depressivi, disturbi bipolari, disturbi ossessivo compulsivi…) 10 2. ASSE II: comprende disturbi di personalità e disturbi specifici dello sviluppo → All’epoca si riteneva che i disturbi di personalità fossero qualcosa di diverso rispetto ai disturbi clinici (quelli dell’Asse I), in quanto andavano ad intaccare tratti stabili della persona mentre i disturbi clinici erano più sintomatici. 3. ASSE III: riguarda le malattie organiche e le condizioni di ordine fisico (ES. trauma cranico: aspetti e traumi organici e biologici, che spiegano aspetti e danni neurologici) 4. ASSE IV: riguarda gli eventi psicosociali stressanti 5. ASSE V: valutazione globale del funzionamento (scala 0-100), ovvero della gravità del quadro clinico Quello della classificazione multiassiale era un sistema molto lungo e complesso, che infatti viene eliminato nel DSM-V (2013) e nel DSM-V-TR (2022): NON esistono più gli assi, ma i disturbi vengono organizzati in capitoli → I disturbi clinici e di personalità sono inclusi nella seconda sezione del DSM, nonché cuore del DSM-V, mentre nella terza sezione sono elencate delle proposte che dovrebbero essere sviluppate nell’arco degli anni ⇒ QUINDI, il DSM-V e il DSM-V-TR (sono state aggiornate solo poche cose) eliminano il sistema multiassiale e introducono anche elementi dimensionali. Il sistema del DSM è CATEGORIALE e ciò ha delle implicazioni importanti: considerare i disturbi categoriali significa valutare la persona per esclusione, in relazione ad un determinato disturbo (il disturbo ce l’hai o non c’è l’hai); quando a dire il vero, la realtà clinica è molto più complicata → Il sistema del DSM non considera quadri sfumati, tuttavia qualche elemento dimensionale è stato introdotto dal DSM-V-TR. Un altro cambiamento introdotto con il è che, mentre prima c’era una divisione netta tra l’abuso di stupefacente e la dipendenza da esso, nel DSM- V non c’è più questa divisione ⇓ ESISTONO ALTRI SISTEMI CLASSIFICATORI a) ICD-11: sistema di classificazione categoriale redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità → Nel 2018 è stata pubblicata l’undicesima edizione, entrata effettivamente in vigore nei paesi che fanno parte dell’OMS nel 2022. L’ICD, a differenza del DSM, non include solo i disturbi psichiatrici ma è una CLASSIFICAZIONE DI TUTTE LE MALATTIE, anche quelle mediche b) PDM (Nel 2017 pubblicato il PDM-2): Manuale di impostazione psicodinamica. Esso è un SISTEMA MULTIASSIALE composto da 3 assi: 1. Funzionamento della personalità, volto a valutare il livello di gravità del paziente 2. Funzionamento mentale (ES.meccanismi di difesa) 3. Sintomi e preoccupazioni manifeste Il PDM è un manuale di impostazione PSICODINAMICA (=psicoanalitica) ed è quindi molto diverso rispetto ai due manuali precedentemente citati (ICD e DSM). Si individuano sostanzialmente tre livelli di gravità: 1. Nevrotico 2. Borderline 3. Psicotico LA MALATTIA MENTALE (Capitolo 4) VINCENZO CHIARUGI, professore all’Università di Pisa, fu forse il primo al mondo a parlare di MALATTIA MENTALE → Ciononostante, la storia del concetto di “malattia mentale” è molto vasta ↓ Sul finire dell’Ottocento, la scena scientifica e psicologica era dominata dagli studiosi tedeschi → Con EMIL KRAEPELIN, considerato il vero padre della psichiatria moderna, si apre la lunga stagione della PSICHIATRIA DESCRITTIVA: il compito principale dei grandi clinici era quello di descrivere quadri clinici ed evoluzioni tipiche dei disturbi. QUINDI i fenomeni psicopatologici vengono concettualizzati come manifestazioni di sottostanti malattie mentali, ognuna delle quali presenta un’evoluzione tipica. 11 Ma la cultura tedesca sviluppò profondi oppositori del modello presentato da Kraepelin → LUDWIG BINSWANGER e KARL THEODOR JASPERS diedero vita alla PSICOPATOLOGIA FENOMENOLOGICA: la malattia mentale non è che uno dei modi di porsi dell’essere umano, ovvero una peculiare disposizione soggettiva nei confronti della realtà. ↓ Il RIMPROVERO che venne mosso alla psichiatria descrittiva fu quello di interessarsi più delle malattie che del malato; MENTRE, quello che venne mosso alla psicopatologia fenomenologica fu quello di contemplare filosoficamente una cosa, che in realtà non riuscivano a spiegare L’eccezione a queste due visioni fu portata da SIGMUND FREUD: con l’avanzare del pensiero psicoanalitico si ebbe un graduale ammorbidimento del concetto di malattia mentale e venne ripristinata la continuità tra NORMALITA’ e PATOLOGIA. Per gran parte del tempo, la prospettiva psicoanalitica dominò il campo delle scienze psicologiche → Dalla perdita dell’egemonia psicoanalitica emerse il MODELLO FAMILIARE SISTEMICO OGGI prevale pressoché universalmente il riferimento al PRINCIPIO DI CAUSALITA’ MULTIPLA → Delle malattie sappiamo tuttora molto poco: l’unica cosa certa è che le malattie NON sono mai attribuibili ad un’unica causa, ma sono sempre attribuibili a molteplici fattori. Si usa distinguere tali fattori, a seconda che siano più remoti o più prossimi al momento dell’esplosione del disturbo: PIU’ REMOTI → FATTORI DI DIATESI (vulnerabilità) PIU’ PROSSIMI → FATTORI PRECIPITANTI (stress) Proprio a partire da questa distinzione, si parla di MODELLI DIATESI-STRESS in tutti quei casi in cui si cerca di ricostruire le complesse interazioni, che si possono determinare tra molteplici fattori → Da ciò si avanza l’ipotesi che la maggior parte dei disturbi sia causata da una combinazione di fattori di diatesi e fattori precipitanti Si parla spesso anche di MODELLI SOCIO-PSICO-BIOLOGICI, che considerano le tre grandi classi di fattori che si incontrano nello studio delle malattie mentali: 1. Fattori che traggono origine dall’ambiente sociale, culturale, educativo e familiare 2. Fattori che traggono origine da una specifica elaborazione psicologica, che il soggetto opera nella propria esperienza (ES. personalità, processi di pensiero…) 3. Fattori che traggono origine dall'ereditarietà e da successive possibili alterazioni del funzionamento del sistema nervoso STIGMA SOCIALE: Il termine STIGMA indica un insieme di atteggiamenti, stereotipi e credenze che un gruppo sociale o una società nel suo complesso nutre nei confronti di gruppi sociali particolari, che ritiene “devianti” e tiene ai margini → I “malati mentali” sono stati e continuano ad essere oggetto di stigma sociale. Il processo di stigmatizzazione è stato descritto in 4 fasi: 1. ETICHETTATURA: si crea un'etichetta che identifica un gruppo di persone e che può essere descritta come un “marchio negativo" 2. L’etichetta è associata a credenze e stereotipi, propri di quella società (ES. i malati mentali sono pericolosi) 3. Le persone che rientrano in questa etichetta non sono considerate per se stesse, ma in virtù degli attributi propri dell’etichetta e per questo vengono ritenute “meno umane” 4. In virtù dell’etichettamento, quel gruppo di persone ha una perdita di status e viene fatto oggetto di discriminazioni Sulla base di tutto ciò, i professionisti della salute mentale hanno un terrore fondato delle PROFEZIE AUTO-ATTUATE (EFFETTO ROSENTHAL) → Concetto secondo cui, chi prevede contribuisce all’attuazione dell’evento predetto: etichettare una persona con un termine che può essere decifrato da questa come “ritardato o malato mentale” e quindi farla sentire inferiore e diversa, potrebbe esacerbare i suoi comportamenti problematici. ↓ CAPACITA’ DI INTENDERE: capacità di riconoscere correttamente il significato e il valore dei fatti e delle azioni compiute e le loro conseguenze morali e giuridiche, secondo la cultura corrente CAPACITA’ DI VOLERE: capacità di agire come conseguenza di una scelta libera e ragionata 12 ATTENZIONE: “Capacità di intendere e di volere” è un concetto LEGALE e non psichiatrico o psicologico → Gli atti in sede civile non sono validi e possono essere annullati se si dimostra che, nel momento in cui sono stati compiuti, l’interessato non disponeva pienamente delle sue capacità di intendere e di volere. Nei casi una persona è affetta da “abituale infermità mentale”, su provvedimento del tribunale, può essere nominato un tutore TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO (TSO: istituito con la Legge Basaglia 180/1978) Il TSO è una procedura esclusivamente finalizzata alla tutela della salute e viene disposto quando: ➔ Esistono alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici ➔ L’infermo non vuole sottoporsi volontariamente a tali trattamenti ➔ Non vi siano le condizioni che consentano di adottare tempestive e idonee misure straordinarie extraospedaliere Il TSO è disposto dal sindaco del comune dove risiede la persona o dove momentaneamente si trova in presenza dei vigili urbani, su proposta motivata del medico e convalidata da un medico del servizio sanitario di zona → Il ricovero ha luogo nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) presenti negli ospedali generali e ha una durata di 7 giorni, rinnovabili in caso ne permanga la necessità o per ricovero volontario del paziente. ISTITUZIONE TOTALE: Un’istituzione totale può essere definita come un luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che, tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo, si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato In Italia il movimento antistituzionale è legato alla figura di Franco Basaglia → Sulla spinta dell’onda antistituzionale, ai giunse all’approvazione della Legge 180/1978, anche nota come Legge Basaglia che impose la chiusura dei manicomi e limitò il trattamento sanitario obbligatorio ↓ Le intenzioni primarie della legge erano quelle di ridurre la segregazione, quindi di rifiutare categoricamente l’istituzionalizzazione, a favore di un ampio supporto territoriale e assistenza domiciliare → QUINDI, accanto al rifiuto dell'istituzione totale veniva proposta una rete di servizi territoriali diffusi, con un vasto ricorso all'assistenza domiciliare e all'uso di strutture residenziali non ospedaliere, day hospital e comunità terapeutiche orientate verso la riabilitazione. SALUTE MENTALE BASATA SULLE EVIDENZE A partire dagli anni ‘80, si diffuse in tutto il mondo delle professioni sanitarie un nuovo atteggiamento volto a migliorare la qualità delle cure e delle prestazioni sanitarie → Il principale precursore di tale orientamento fu ARCHIBALD COCHRANE, che richiama l’attenzione internazionale sulla grande ignoranza esistente circa la reale efficacia di alcune pratiche sanitarie e l’assenza di controlli nelle strutture e nelle attività sanitarie. 1. Un primo punto ruotava sull'opportunità di far dipendere le decisioni sanitarie da adeguate PROVE DI EFFICACIA: una terapia va considerata inefficiente fino a prova contraria → Decidere in base a evidenze di efficacia implica una crescita della metodologia e della qualità della ricerca 2. Un secondo punto riguardava la DIFFUSIONE DI CONOSCENZE IN MATERIA SANITARIA: la consultazione della letteratura non era agevole per il professionista, che voleva andare a fondo sull’efficacia o meno di un farmaco o di un trattamento e ciò era ancor meno accessibile al paziente → Gli sviluppi delle comunicazioni informatiche hanno potenziato l’accesso alle informazioni Questo movimento internazionale prende il nome di MEDICINA BASATA SULLE EVIDENZE ed è volto a: a) Promuovere standard di cura migliori b) Attenuare le differenze nel livello delle prestazioni sanitarie tra le diverse regioni c) Basare sull’evidenza le decisioni nelle politiche sanitarie d) Valutazione quantitativa dell’efficacia degli interventi e) Valutazione quantitativa della qualità delle cure e della soddisfazione degli utenti f) Diffusione dei risultati delle ricerche in forma accessibili g) Creare delle linee guida che siano d’aiuto al professionista ↓ LE LINEE GUIDA 13 L’espressione “Linee guida” indica un insieme di strategie diagnostiche e terapeutiche, mirate a facilitare le decisioni cliniche → Si tratta di una serie di raccomandazioni, che possono trovare impiego nell’iter diagnostico e terapeutico, per specifiche categorie di pazienti. Esse possono essere sviluppate da gruppi locali di professionisti, da gruppi rappresentativi nazionali o internazionali o da riviste scientifiche: l’autorevolezza delle linee guida varia a seconda della credibilità scientifica degli organismi, che le hanno elaborate. Esse nascono dall’integrazione tra i dati empirici e le opinioni del gruppo di lavoro e rendono esplicito il livello di affidabilità delle singole raccomandazioni → Le raccomandazioni sono spesso accompagnate da una sigla: La lettera A sta ad indicare una procedura o un test diagnostico fortemente consigliato, perché sostenuto da prove scientifiche di buona qualità Le lettere B e C indicano procedure e interventi sui quali si nutrono dei dubbi Le lettere D e E indicano procedure sconsigliate Gli OBIETTIVI principali della redazione delle linee guida sono: migliorare la qualità dell’assistenza, ridurre la disparità geografica e sociale, ridurre i costi, promuovere comportamenti professionali rivolti verso l’efficacia e l’appropriatezza → Le linee guida NON hanno mai un carattere prescrittivo: il giudizio finale rispetto all’applicazione di un determinato programma terapeutico deve essere espresso dal clinico, rispetto alla situazione fattuale del paziente. Esistono dei limiti associati alla crescente diffusione delle linee guida: a) Difficoltà di applicazione in contesti assistenziali degradati e disomogenei b) Rischio di favorire un approccio superficiale e trascurare lo studio approfondito del paziente c) Difficoltà di coniugare la rigidità delle linee guida, con il bisogno di autonomia e specificità degli operatori sanitari d) Timore per l’incremento del numero di cause intentate per negligenza professionale (Timore finora infondato) EPIDEMIOLOGIA DEI DISTURBI MENTALI L’Epidemiologia è la disciplina che studia la frequenza e la distribuzione dei fenomeni morbosi (disturbi mentali) e alcune variabili che contribuiscono alla loro insorgenza e diffusione → Un concetto importante nello studio dell'epidemiologia è il TASSO DI PREVALENZA: il numero di casi, vecchi e nuovi, che sono presenti nella popolazione in un dato momento. Ci sono due principali archi temporali, a cui possiamo fare riferimento rispetto al tasso di prevalenza: 1. Prevalenza a un anno (intervallo temporale di 12 mesi) 2. Prevalenza lifetime (intero corso della vita) ↓ Gli studi epidemiologici sono complessi e costosi: alcuni sono condotti su piccole cittadine, dove è possibile passare al vaglio l’intera popolazione e identificare coloro, che presentano un dato disturbo (ES. studio delle malattie cardiovascolari) → Tali studi mancano di RAPPRESENTATIVITA’: i loro risultati possono essere influenzati da una variabilità di fattori locali e non possono essere generalizzati con sicurezza all’intera regione, tanto meno all’intera nazione. In Europa è stato effettuato uno studio epidemiologico a cui hanno partecipato sei paesi: Belgio, Spagna, Francia, Germania, Italia e Olanda → La sezione europea è denominata European Study on the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD). Le valutazioni sono state condotte tra il 2001 e il 2003 e hanno considerato in Europa un totale di 21.425 persone. In linea di massima, i tassi di prevalenza riscontrati nell’ESEMeD sono inferiori rispetto a quelli indicati negli studi precedenti: in Europa una persona su quattro va incontro ad un disturbo mentale nel corso della propria vita → Tra i disturbi maggiormente riscontrati troviamo la depressione maggiore e fobie più specifiche 14 Nell’epidemiologia delle malattie mentali, non sono insolite differenze ampie tra paesi più vicini o tanto simili questo perché ci sono molteplici fattori che hanno un’influenza cruciale nel definire il disturbo: fattori ambientali, i livelli di sviluppo socioeconomico, i modelli culturali, i livelli di stigma sociale rispetto alla malattia mentale e gli stili di vita comuni in un dato paese → Inoltre, le differenze in rapporto al genere sono fortissime: le donne hanno circa il doppio delle probabilità di andare incontro ad un disturbo mentale rispetto agli uomini. Infine, solitamente si riscontra un decrescere della malattia con il procedere dell’età. COMORBIDITA’: La comorbidità indica la presenza contemporanea di due o più disturbi mentali → Spesso, le diagnosi dei disturbi mentali non si autoescludono: soffrire di un determinato disturbo, di fatto, aumenta la possibilità di poter soffrire anche di altri disturbi mentali. Notoriamente, la depressione e i disturbi della personalità sono spesso associati ad altri disturbi → Invece, le fobie specifiche sono raramente associate ad altri disturbi. Infine, secondo diversi studi condotti in EU e negli USA, la maggior parte delle persone con problemi mentali non è assistita dai professionisti del settore, né dai servizi sanitari in generale → In ciò, pesano alcune variabili culturali oltre che la struttura più o meno accessibile ed efficace dei servizi sanitari nazionali GRAFICO: Tipo di trattamento ricevuto da coloro che si sono rivolti a professionisti della salute mentale e servizi sanitari nei dodici mesi precedenti l’intervista PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO (Capitolo 3) Lo studio dei disturbi psicologici in età evolutiva riprende in parte gli elementi che valgono a tutte le età, ma in parte presenta ELEMENTI SPECIFICI che nell’adulto non compaiono o sono diversificati. Inoltre, dal punto di vista clinico, lavorare con gli adulti è molto diverso rispetto a lavorare con dei bambini → Relativamente a questi elementi specifici, NON sempre è facile tracciare un confine tra quella che è una CRISI TRANSITORIA nel percorso maturativo e ciò che costituisce invece un vero e proprio DISTURBO (Manifestazioni asintomatiche, che non necessariamente esitano in una vera e propria psicopatologia e che scompaiono naturalmente) ⇓ QUINDI è importante conoscere le tipiche problematiche che possono comparire nei bambini nelle varie età e che poi, tendenzialmente, con la crescita si dissolvono TABELLA: Problematiche che più frequentemente compaiono alle varie età e poi scompaiono 15 ⇓ La presenza di questi problemi NON costituisce un elemento psicopatologico, a meno che l'intensità e la frequenza di comparsa siano eccessive → Ciò non esclude che anche disturbi gravi possono avere tipiche età d’insorgenza (ES. Il manuale di psicopatologia dello sviluppo di Carr si articola distinguendo per fasce d’età i principali disturbi evolutivi). Si cammina sul filo del rasoio: da un lato c'è un RISCHIO di psico-patologizzare un comportamento che poi non si sviluppa come una patologia e, al contrario, dall’altro lato c’è il RISCHIO di non notare determinate manifestazione che poi risultano concretizzarsi in psicopatologia. Alle volte, ci sono alcune manifestazioni che possono sembrare quasi delle REGRESSIONI: ad esempio, i bambini di 6/7 mesi tendono a essere più o meno socievoli con tutti quanti, anche con gli estranei. A partire dagli 8 mesi circa, si comincia a manifestare una certa angoscia legata alla presenza dell’estraneo → Di primo impatto questa sembra quasi una regressione, ma in realtà è segno di strutturazione di un legame di attaccamento nei confronti dei genitori. TABELLA: Disturbi con tipica comparsa nelle diverse fasce di sviluppo QUANDO SI PUO’ PARLARE DI DISTURBO IN ETA’ EVOLUTIVA? ➔ Nel definire il disturbo mentale in età evolutiva, c’è chi si rifà a MODELLI OTTIMALI DI ADATTAMENTO PERSONALE alla realtà esterna e quindi, confrontando i bambini a questi modelli, si riscontrano delle incrinature nel loro equilibrio psicologico. ➔ Altri clinici invece sostengono che il disturbo mentale in età evolutiva può essere definito sulla base di PRINCIPI STATISTICI ELEMENTARI, stabilendo a priori che si può considerare problematico un comportamento disadattivo, che viene presentato da meno di una certa percentuale della popolazione di cui il bambino fa parte (ES. Curva a campana) Si parla in questo caso di SINDROMI per far riferimento al fatto che un singolo elemento, anche se poco frequente, non deve costituire fonte di preoccupazione; mentre una serie di elementi, non casualmente compresenti, possono giustificare una diagnosi clinica La psicopatologia è animata da un acceso dibattito volto a definire se sia meglio un SISTEMA DIMENSIONALE o un SISTEMA CATEGORIALE di classificazione → La TASSONOMIA DEI DISTURBI (Sistema categoriale) si riferisce alla misura in cui i disturbi vengono classificati con sistemi tassonomici, che distinguono in CATEGORIE distinte i vari disturbi che possono presentarsi. Questi sistemi hanno il vantaggio di una maggiore chiarezza, ma presentano anche degli SVANTAGGI: a) Eccessiva schematizzazione della complessità dei fenomeni reali b) Impossibilità di distinguere tra i disturbi in caso di comorbidità (presenza di più disturbi) c) Effetto psicologico dell'etichettatura sul bambino, che potrebbe vedere influenzato il modo in cui affronta la vita per il solo fatto di essere associato ad un disturbo d) Grado di continuità: mancata considerazione delle “vie di mezzo” e della gradualità del sintomo specifico 16 (Il sintomo c'è o non c'è) → I TRATTI PATOLOGICI risultano essere continui, piuttosto che discreti SISTEMA DIMENSIONALE: Descrizione dell’individuo e delle sue problematiche lungo una serie di DIMENSIONI, quindi come tutte potenzialmente compresenti in uno stesso individuo e a tutti i livelli possibili di intensità. Un sistema dimensionale che ha raggiunto una certa influenza è la CLASSIFICAZIONE DI ACHENBACH, che ha portato all’elaborazione delle SCALE CBCL, volte a valutare il comportamento psicopatologico → Queste scale creano un punteggio dimensionale, che esprime la presenza nel bambino di problemi in relazione a specifiche aree di funzionamento. Le valutazioni relative ad aspetti potenzialmente problematici nel bambino, che vengono fatte attraverso le scale sono riconducibili a DUE FATTORI: 1. SINTOMI INTERNALIZZANTI: Disagio soggettivamente percepito e caratterizzato da un ripiegamento interno (ES. ansia, fobie, eccessivo autocontrollo, preoccupazioni, timidezze…) 2. SINTOMI ESTERNALIZZANTI: Problemi diretti verso l’ambiente e altre persone (ES. aggressività, disobbedienza, oppositività…) Un'altra dimensione della psicopatologia è l'AUTOCONTROLLO: i problemi di un bambino possono essere caratterizzati o da un ECCESSIVO AUTOCONTROLLO, che si riversa maggiormente sul versante del internalità attraverso una fatica nel manifestare le proprie difficoltà e una paura ad affrontare il mondo esterno; o da uno SCARSO AUTOCONTROLLO che si riversa sul versante del esternalità, rivolgendo verso gli altri i propri disagi TEORIE E FATTORI SOTTOSTANTI DISTURBI PSICOLOGICI DELLO SVILUPPO: Vi sono NUMEROSI APPROCCI nel campo che possono influenzare la maniera in cui il bambino viene preso in considerazione nella valutazione e nel trattamento → Questi approcci riprendono in parte i concetti propugnati dalle grandi scuole psicologiche e gli orientamenti generali di psicologia clinica/psichiatrica, in parte invece si riferiscono a maggiori specializzazioni del campo psicoterapeutico. I diversi orientamenti teorici si distinguono principalmente, per il diverso peso attribuito a determinati fattori: FATTORI BIOLOGICI (genetica) FATTORI LEGATI ALL’ESPERIENZA ↓ Di fronte ad un bambino che presenta un disturbo psicologico, ci si può domandare in che misura sia il risultato delle caratteristiche con cui egli è venuto al mondo e in che misura invece dipenda da esperienze successive alla procreazione ⇒ La maggior parte dei ricercatori e dei clinici convengono tendenzialmente verso una posizione che attribuisce importanza ad entrambi i fattori: ciononostante ci sono alcuni disturbi che tendono più da un lato rispetto che dall’altro come, ad esempio, la SINDROME DI DOWN che è data dal tutto da fattori genetici Come è stato detto precedentemente, sono stati elaborati diversi MODELLI di riferimento: ➔ APPROCCIO BIOLOGICO: Si tratta di un approccio che adotta una posizione dicotomica (presenza/assenza del disturbo), che si basa sulla CENTRALITA’ DEI FATTORI GENETICI → L'approccio biologico trova una conferma più evidente in quelle malattie psicologiche, in cui il riscontro genetico è determinante per produrre un vero disturbo (ES. Sindrome di down). Tuttavia, all’interno di questi profili ben delineati, ci sono molti elementi di variabilità: ad esempio, il fatto che negli ultimi decenni la longevità delle persone con la sindrome di down sia nettamente migliorata, conferma l'importanza dei fattori ambientali. ➔ RICERCA PSICOBIOLOGICA: L’approccio psicobiologico non si limita alla genetica, ma si muove in numerose altre direzioni interessate ad approfondire gli aspetti psicofisiologici sottostanti il disturbo (ES. enuresi notturna, disturbo da deficit attentivo, disturbo non verbale dell'apprendimento) → In ambito psicobiologico, possiamo identificare due settori importanti, che hanno dato contributi significativi nell’esame dei disturbi psicologici dello sviluppo, ovvero la NEUROPSICOLOGIA (studio del sistema nervoso centrale) e la PSICOFISIOLOGIA (studio del funzionamento degli altri organi del corpo). ➔ MODELLI COGNITIVISTI: La ricerca cognitivista è volta ad analizzare i meccanismi di funzionamento cognitivo sottostanti il disturbo, dando importanza sia ai fattori ereditari che a quelli ambientali. Si tratta di una RICERCA FUNZIONALE, ovvero si cerca di descrivere come agisce e si configura un determinato effetto (≠ RICERCA EZIOLOGICA: capire quali fattori hanno prodotto un certo effetto) ES. La dislessia è stata studiata non solo nelle sue cause, ma anche nei modi in cui si configura 17 ➔ TEORIE DELLO STRESS: Tali teorie hanno spesso sottolineato che una predisposizione al disturbo sfocia in PATOLOGIA, solo se si manifestano determinate situazioni di stress (Condizione psicofisica determinata da molteplici fattori) ➔ APPROCCIO SOCIALE: Si tratta di una delle posizioni, che riversa una maggiore importanza data ai fattori esperienziali senza passare da una mediazione biologica → Un vantaggio evidente di questo approccio è che generalmente è accompagnato da una maggiore fiducia nella possibilità di cambiamento e dell’intervento psicologico ➔ APPROCCIO COMPORTAMENTISTA: L'approccio comportamentista da molta importanza ai processi sottostanti all'apprendimento e all'esperienza → Soprattutto nelle sue versioni più antiche tale approccio era portato a pensare, che lo sviluppo psicologico fosse quasi totalmente il risultato dell’esperienza assimilata attraverso i principi di base dell'apprendimento quali: - Condizionamento classico - Condizionamento operante - Apprendimento basato sull’osservazione Al di là degli approcci, la psicopatologia deriva da un CONCORSO DI FATTORI alcuni dei quali sono riconoscibili come FATTORI DI RISCHIO SOCIALI → Un insieme di fattori di ordine sociale portano alla propensione della manifestazione di una PSICOPATOLOGIA. Tra le principali variabili di rischio troviamo: FAMIGLIA: La famiglia costituisce l’ambito fondamentale di vita del bambino ed esso può essere più o meno ottimale: più specificatamente, fattori di ordine storico, culturale, religioso e sociale influiscono sull'assetto famigliare e ciò non può non avere un riscontro sullo sviluppo psicologico del bambino → Popoli e culture diverse hanno organizzazioni familiari differenti, con ruoli e pesi diversi al loro interno, strutture ristrette o allargate, che possono sfociare in situazioni più o meno è problematiche. CONSEGUENZE DELLO SVANTAGGIO SOCIOCULTURALE: Lo svantaggio socio-culturale costituisce condizioni handicappate, che hanno un EFFETTO MOLTIPLICATIVO per tutte le situazioni già di per sé a rischio o disagiati → In relazione alle difficoltà familiari sopracitate, molti sono i risvolti dello svantaggio socioculturale: - In primo luogo, la condizione di povertà della famiglia non permette di offrire al bambino le opportunità e le sicurezze, di cui può godere un suo coetaneo - In secondo luogo, i familiari non possiedono adeguate risorse culturali e intellettuali, per offrire al bambino stimoli ricchi e articolati - In terzo luogo, lo svantaggio può accompagnarsi all’emarginazione della famiglia → Ci sono varie forme di emarginazione, ove le più severe interessano i nuclei familiari isolati, mentre le più imponenti riguardano interi gruppi. GRUPPI MINORITARI: I gruppi minoritari affrontano spesso, fra i vari disagi, anche quello di non conoscere bene la lingua del paese che li ospita e ciò non esclude la possibilità di particolari problemi, tanto nella vita quanto nella scuola. ABUSO SESSUALE: Povertà, discriminazione e isolamento sociale sono condizioni che insieme a stress e scarsa accettazione del ruolo parentale, aumentano la possibilità che si verifichino fanomeni gravi di abuso dell’adulto sul bambino, sia a livello fisico che psicologico → Una forma particolarmente grave di abuso riguarda la sfera sessuale: le perosne che abusano dei bambini sono spesso adulti, che hanno un rapporto di parentela o ravvicinato col bambnino. Ciò comporta forti conseguenze emotive per il bambino, ma implica anche il fatto che l’adulto non ricorre alla forza, che il bambino non riporta l'evento e che si stabilisce tra i due soggetti una relazione distorta, che può mantenersi nel tempo. L’abuso può provenire anche da estranei, ma si tratta di casi episodici e relazionati alla violenza fisica. E’ difficile fornire un quadro unitario relativo alle conseguenze dell’abuso su un bambino, sia perché l’abuso può assumere forme differenti, sia perché i bambini reagiscono in maniera diversa → L’abuso può arrecare specifici disturbi nella sfera relazionale e sessuale: seri maltrattamenti possono provocare 18 danni alla personalità, ma anche alla crescita intellettiva e, durante la fase adolescenziale, possono indurre disturbi aggressivi, distruttivi, riconducibili ai disturbi della condotta, soprattutto nei maschi. BULLISMO: Il bullismo viene definito come un comportamento prepotente manifestato con costanza e nel tempo che produce una interazione prevaricante su una vittima, dovuto a caratteristiche di personalità e fattori sociali → Sul piano delle caratteristiche individuali, il bullo può essere un bambino con caratteristiche di dominanza, aggressività e rifiuto dei coetanei, che entra in un interazione disturbata con un bambino con caratteristiche di debolezza e introversione TOSSICODIPENDENZA: Problematiche indubbiamente più serie, e a caratterizzazione sociale più forte, sono rappresentata dalla tossicodipendenza e dalla delinquenza giovanile → A FATTORI INDIVIDUALI A RISCHIO, si assommano con un peso maggiore FATTORI SOCIALI e SISTEMI DI INTERAZIONE ATTUALI. QUINDI il tossicodipendente non nasce da un profilo individuale chiaro: i fattori scatenanti possono essere molteplici. E’ noto che la tossicodipendenza è strettamente legata alla DELINQUENZA GIOVANILE: come la tossicodipendenza, anche la delinquenza non nasce da un profilo individuale chiaro, anche se certe caratteristiche del ragazzo possono essere APERTI FACILITATORI (ES. CH o ADHD) → Vi sono stati diversi tentativi di differenziazione di tipologie di adolescenti con comportamenti delinquenziali. Per esempio, è stata fatta la distinzione tra: 1. Delinquente “socializzato”: condivisione con altri compagni del proprio comportamento delinquenziale 2. Delinque “non socializzato psicopatico”: il comportamento delinquenziale non è legato ad un gruppo, quindi il ragazzo agisce da solo sfidando l’autorità e non sperimentando sensi di colpa 3. Delinquente “nevrotico disturbato”: tende ad agire da solo, ma presenta caratteristiche diverse rispetto a quello precedente che sono spesso internalizzanti (ES. timidezza, isolamento e ansia) Anche aspetti cognitivi e scolastici possono essere predittori della delinquenza → Si osserva che il delinquente manca spesso di abilità cognitive, di pianificazione, di anticipazione delle conseguenze delle proprie azioni e di gestione di tali conseguenze. Come abbiamo detto fin dall'inizio, il DSM-V e l’ICD sono i principali sistemi di classificazione dei disturbi psicologici e sono quasi del tutto sovrapponibili → Molte delle patologie che riguardano lo sviluppo, si ritrovano nella sezione del DSM-V dei “Disturbi del neuro-sviluppo” e nella sezione dei “Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta”. Altri disturbi invece sono inclusi tra i disturbi d'ansia, i disturbi depressivi, i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e quelli dell’evacuazione (DSM-V e DSM-V-TR) ⇓ Va aggiunto, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha condotto altre elaborazioni e classificazioni, una delle quali (ICDH-2) riguarda l’handicap e sottolinea l’importanza di distinguere tra: 1. MENOMAZIONE: lesione al sistema nervoso centrale (handicap sensoriale) 2. DISABILITA’: difficoltà ad affrontare una data attività 3. SVANTAGGIO: impedimento ad affrontare determinate situazioni E’ interessante osservare, come l’OMS indichi esclusivamente dei CRITERI STATISTICI per definire la fascia di gravità di un problema in relazione al grado di compromissione. Le diagnosi del DSM (non solo i disturbi dello sviluppo) sono: CATEGORIALI: definiscono delle categorie discrete, nelle quali o stai dentro o stai fuori DESCRITTIVE: si basano sugli aspetti fenomenologici, ovvero i sintomi visibili o quelli riferiti dal paziente POLITETICHE: ci sono diversi criteri diagnostici alcuni dei quali devono essere diagnosticati (ES. Lo psicologo clinico ha una lista di 10 sintomi, tra questi 10 sintomi devono esserne soddisfatto almeno 4 affinché il disturbo possa essere diagnosticato) In tutto ciò, attraverso l’utilizzo di queste diagnosi, si va a creare il PROBLEMA DELL’ ETEROGENEITA’ DELLE DIAGNOSI: a fronte dell’elaborazione della stessa diagnosi effettuata a due pazienti, si osservano manifestazioni 19 cliniche diverse → Si assiste ad un secondo problema, ovvero quello delle SOGLIE ARBITRARIE: in base a cosa lo psicologo decide se il paziente presenta 4 sintomi, 5 o 3? Si tratta di una decisione che NON ha una fondatezza empirica ma è totalmente arbitraria e, al contempo, ha un peso importantissimo sulla vita delle persone (La differenza nell'avere o meno il disturbo, lo fa un solo sintomo). Infine, un ultimo problema sta nello stabilire la GRAVITA’ DEL DISTURBO, in quanto i sintomi non hanno tutti lo stesso peso. ↓ PRINCIPALI DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO NEL DSM-V DISABILITA’ INTELLETTIVA ➔ Disturbo dello sviluppo intellettivo (ritardo mentale) ➔ Ritardo globale dello sviluppo DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE ➔ Disturbo del linguaggio ➔ Disturbo fonetico-fonologico ➔ Disturbo della fluenza (balbuzie) ➔ Disturbo della comunicazione sociale DISTURBI DELLO SPETTRO DELL’AUTISMO DISTURBI DA DEFICIT D’ATTENZIONE/IPERATTIVITA’ (DC; ADHD; DOP) DISTURBO SPECIFICO DELL'APPRENDIMENTO ➔ Compromissione nella lettura, nell’espressione (DSA) scritta, nel calcolo… DISTURBI DEL MOVIMENTO ➔ Disturbo dello sviluppo della coordinazione ➔ Disturbo da movimento stereotipato ➔ Disturbi da tic (ES. Tourette) PRINCIPALI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO DIROMPENTE NEL DSM-V DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO DISTURBO ESPLOSIVO-INTERMITTENTE DISTURBO DELLA CONDOTTA Esordio nell’infanzia, nell’adolescenza, non specificato DISTURBO ANTISOCIALE DELLA PEROSNALITA’ L’unico disturbo di personalità che prevede una componente evolutiva, cioè è necessario dimostrare che ci sia stato un disturbo di condotta prima dei 15 anni affinché venga diagnosticato un disturbo di personalità PIROMANIA CLEPTOMANIA ➔ DISTURBI DELLA CONDOTTA e i DISTURBI DI ATTENIONE/IPERATTIVITA’ (Disturbi del neurosviluppo) DISTURBI DELLA CONDOTTA (DC): Tali disturbi si riferiscono a comportamenti scarsamente controllati che violano i diritti degli altri e, nei casi più gravi, le norme sociali → Il disturbo si manifesta con almeno 3 dei 15 criteri elencati: - Aggressione a persone o animali - Uso delle armi che possono causare un danno fisico serio agli altri - Il bambino è stato fisicamente crudele con le persone/animali 20 - Furto con confrontazione diretta della vittima - Forzare qualcuno a fare attività sessuali - Violazione tendenziale delle regole - … Tali disturbi, nel DSM-V vengono suddivisi in due momenti, quelli con esordio nella FANCIULLEZZA (anteriori ai 10 anni d’età) e quelli con esordio nell’ADOLESCENZA (posteriori ai 10 anni d’età) DISTURBI DI ATTENZIONE/IPERATTIVITA’ (ADHD): Si tratta di disturbi che si riferiscono alla difficoltà di mantenere l’attenzione (INATTENZIONE) e di controllare il grado della propria attività (IPERATTIVITA’) → Generalmente si distinguono, al loro interno, i disturbi di sola attenzione, quelli di sola iperattività e quelli combinati che presentano entrambi i profili (Possibilità di definire se il quadro ha una prevalenza di aspetti di inattenzione, di inattività oppure avere una compromissione in entrambi i fronti). ↓ I disturbi della condotta (DC) e quelli di attenzione/iperattività (ADHD) sono presenti in siua molto maggiore nei maschi, rispetto che nelle femmine e, in particolare i ADHD, sembrerebbero essere disturbi che presentano una base biologica tanto è vero che, già in età evolutiva, vengono trattati farmacologicamente, tramite dei derivati delle anfetamine. Inoltre i due disturbi, e in larga misura il DC, appaiono maggiormente presenti in certi ambienti facilitanti come, ad esempio, gli ambienti urbani o quelli di basso livello socioculturale. DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO (DOP): Disturbo legato ad aspetti di opposizione e contrapposizione con l’autorità, senza conseguenze antisociali particolarmente gravi e senza violazioni della legge (≠ DC) → Tendenzialmente, il DOP viene considerato meno grave del DC, in disturbi della condotta grave infatti il DC include le caratteristiche del DOP: ciò significa che, nel momento in cui viene avanzata una diagnosi di DC non si effettua congiuntamente una diagnosi di DOP, in quanto si ritiene che esso sia potenzialmente già esplicitato nel profilo DC. ⇓ OGGI si tende ad evidenziare la DIFFERENZA tra DC, ADHD e DOP. Essa è data dalla presenza o meno di comportamenti contro gli altri → E’ più facile che questi disturbi non emergano in situazioni a due (tranquille), ma in CONTESTI DI VITA QUOTIDIANA caratterizzati da richieste di controllo più problematiche: spesso viene chiesto all'insegnante di collaborare nella raccolta di informazioni relative a queste problematiche, in quanto la scuola rappresenta un contesto di vita quotidiana caratterizzato dalla presenza di molte persone e stimoli e dalla mancanza di un rapporto diretto interpersonale con un adulto, che possa aiutare il bambino a regolarsi (ruolo dell’insegnante nella diagnosi del ADHD). In tutto ciò va sottolineato, che i bambini ADHD sono capaci di ETEROREGOLAZIONE ma incapaci di AUTOREGOLAZIONE: tali bambini riescono maggiormente a regolarsi quando hanno un soggetto terzo accanto, mentre risulta difficoltoso per loro pianificare i propri comportamenti e usare strategie efficaci per affrontare determinati compiti. Infine, gli STUDI SUL TEMPERAMENTO condotti da Thomas e Chess hanno rilevato, che bambini con bassi valori nelle dimensioni fondamentali del temperamento, ritmicità, adattabilità, umore e persistenza e più alti nelle dimensioni dell’attività e distraibilità, hanno un’ALTA possibilità di sviluppare negli anni problemi DC o ADHD e, anche se più limitatamente, problemi nell’apprendimento della lettura → Il TEMPERAMENTO viene considerato con una forte base biologica, quindi può fungere sia da fattore di rischio che di protezione nello sviluppo dei disturbi della condotta e ADHD (Generalmente parlando, un bambino con un temperamento difficile ha maggiori probabilità di sviluppare un disturbo) 21 ➔ DISTURBI SPECIFICI DELL'APPRENDIMENTO (DSA) I bambini che presentano un disturbo specifico dell’apprendimento si caratterizzano per il fatto di presentare gravi difficoltà a scuola mantenute nel tempo, che NON sono riferibili ad un chiaro fattore esterno (demotivazione, ambiente sociale, handicap…) bensì sembrano avere una fisionomia intrinseca (dislessie, discalculie, disgrazie e disortografie) → Vengono definiti “SPECIFICI” in quanto riguardano esclusivamente l’apprendimento, senza la compromissione di altre capacità come nel caso del ritardo mentale. Criteri diagnostici dei DSA condivisi ampiamente in Italia e in altri paesi, sottolineano che il disturbo è diagnosticabile nel momento in cui il bambino presenta: Bassa prestazione in una prova standardizzata di apprendimento Esclusione causale di fattori quali danno cerebrale, svantaggio socioculturale, scarsa istruzione e problemi emotivi ES. Nel caso dello svantaggio socio culturale, risulta inutile fare una diagnosi di DSA ad un bambino arabo appena arrivato in Italia, perché non sa leggere l’Italiano: in tal caso, sicuramente non si parla di un disturbo bensì del fatto che il bambino non sa la lingua. ➔ DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE → DISTURBO DEL LINGUAGGIO Nell’ambito dei disturbi della comunicazione possono essere previste molte categorie distinte, a seconda che il problema riguardi maggiormente la SFERA RICETTIVA o la SFERA ESPRESSIVA, o interessi maggiormente una delle DIMENSIONI DEL LINGUAGGIO (fonologica, lessicale, testuale, pragmatica…) → Inoltre si evidenzia come un disturbo del linguaggio, tipicamente preso in considerazione per la fascia prescolare, possa poi sfociare in un disturbo dell’apprendimento ↓ Un caso particolare di disturbo del linguaggio, che non segue la storia degli altri disturbi della comunicazione, è la BALBUZIE: essa provoca nell’individuo interessato, ma anche negli interlocutori, un disagio emotivo e comunicativo che può essere di elevata entità. Non è detto che questo sia la causa, anzi esso funge alle volte come un fattore di mantenimento del disturbo ➔ DISTURBI DELLA COORDINAZIONE MOTORIA Si tratta di un disturbo fortemente relazionato con quello specifico dell'apprendimento, che si caratterizza per una difficoltà a sviluppare abilità di movimento e di coordinazione del corpo → Il bambino con tale disturbo può presentare: - Ritardi nelle prime fasi dello sviluppo neuromotorio (ES. deambulazione) - Ritardo nell’esecuzione di azioni coordinate (Imitazione ed esecuzione di movimenti complessi) - Ritardi nell’esecuzione di azioni finalizzate (ES. vestirsi, allacciarsi le scarpe…) ➔ DISABILITA’ INTELLETTIVA (RITARDO MENTALE) A differenza del disturbo specifico dell’apprendimento, la disabilità intellettiva si caratterizza per la pervasività delle difficoltà cognitive, che si estendono a quasi tutti gli aspetti del funzionamento mentale e dell’apprendimento provocando problemi cospicui di adattamento alla vita sociale → In effetti, la diagnosi di disabilità intellettiva si basa sulla compresenza di un DEFICIT INTELLETTIVO GLOBALE e di un PROBLEMA DI ADATTAMENTO I TRE criteri utilizzati per definire il ritardo mentale sono: - DEFICIT INTELLETTIVO GLOBALE: generalmente viene utilizzata una stima del QI del bambino e, per una diagnosi di ritardo mentale, esso deve risultare minore di 70 - DIFFICOLTA’ DI ADATTAMENTO (criterio inserito nel DSM-V): il problema di adattamento viene valutato in relazione alla capacità dimostrata dal bambino di affrontare contesti e situazioni della 22 vita quotidiana → Tra le aree che vengono indagate, che si rifanno alla definizione classica di adattamento, troviamo: la comunicazione, la cura personale, la vita nella comunità, l’autogestione, la salute e la sicurezza, le abilità scolastiche funzionali, il tempo libero e il lavoro. - COMPARSA IN ETA’ EVOLUTIVA: tendenzialmente il ritardo mentale si manifesta precocemente → Nel caso in cui il ritardo mentale si manifesti dopo una certa età è necessario accertarsi che non ci siano dei processi di deterioramento cerebrale di altro tipo. = DIAGNOSI DI RITARDO MENTALE (RM) Nella valutazione dei fattori sottostanti alla disabilità intellettiva, si è tradizionalmente distinto tra FATTORI BIOLOGICI e AMBIENTALI. I fattori ambientali sono risultati potenziali cause di basso funzionamento intellettivo, in molti casi irreversibile → Tra le principali cause troviamo: Deprivazioni precoci Ambiente disagiato Situazioni emotive gravi Nella considerazione dei fattori biologici sta assumendo centrale importanza la ricerca di profili comportamentali differenziabili e riconoscibili a seconda del GENOTIPO sottostante. ➔ DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO L’espressione “Disturbi generalizzati dello sviluppo” veniva utilizzata nel DSM-IV-TR per riferirsi ad un gruppo di problematiche, di cui l’autismo era quella più nota e significativa → Si tratta di gravi deficit e di una compromissione generalizzata di molteplici aree dello sviluppo, fra cui in particolare quella di INTERAGIRE e COMUNICARE con gli altri, con la presenza di comportamento stereotipato. Il disturbo più importante è rappresentato dall’AUTISMO INFANTILE PRECOCE, talora associato al nome di Kanner. Un altro disturbo importante è quello del DISTURBO DI ASPERGER, il cui profilo è in parte simile all’autismo, ma con una minore compromissione dello sviluppo dell’autonomia, del linguaggio e della comunicazione. Un altro tipo di disturbo, che rientra in questa categoria, è il DISTURBO DISINTEGRATIVO, che compare un po’ più tardi rispetto all’autismo. ↓ Nel DSM-V è stato introdotto un cambiamento e compare una sola macrocategoria per tutti i profili di autismo (dentro i disturbi del neurosviluppo) Con il DSM-V sono stati introdotti anche dei CRITERI SPECIFICI per la diagnosi di autismo: 1. “Deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in contesti multipli”, che si riferiscono ad una scarsa reciprocità emotivo-sociale (approccio atipico all’altro, ridotta