Psicodinamica dei Gruppi PDF
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Questo documento fornisce una panoramica sulla psicologia dinamica applicata allo studio dei gruppi, includendo concetti chiave come l'identificazione, la mentalità gruppale e i meccanismi di difesa.
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Premessa La psicologia dinamica insegna come il vertice gruppale sia quello della complessità e rappresenti una scelta epistemologica che si fonda sull’interpretazione pluralistica e processuale della realtà. Il lavoro con il gruppo se orientato secondo modelli psicodinamici guarda ad esso come ad u...
Premessa La psicologia dinamica insegna come il vertice gruppale sia quello della complessità e rappresenti una scelta epistemologica che si fonda sull’interpretazione pluralistica e processuale della realtà. Il lavoro con il gruppo se orientato secondo modelli psicodinamici guarda ad esso come ad una struttura che fa si che i lori rapporti producano delle configurazioni e dei processi specifici, molti dei quali sono collocati al di fuori della coscienza del singolo. Secondo il vertice e il livello di analisi considerato, il gruppo potrà essere uno spazio relazione/mentale intrapsichico, ma anche strumento operativo. Questo libro tratta di come la narrazione e la rappresentazione e relativi linguaggi possano essere utilizzabili nell’intervento psicodinamico con i gruppi. Nella riflessione su di essi diventa cruciale la domanda: chi ha espresso cosa? Interrogarsi su rappresentazione e narrazione comporta un’attenzione ai diversi livelli di simbolizzazione delle esperienze di soggetti individuali, gruppali ed istituzionali, attraverso una disposizione ai transiti, ai movimenti del campo, agli stati emotivi fluidi, in divenire, che non passano per il consueto codice verbale, ma che possono essere considerati dei linguaggi che aprono varchi verso la rappresentabilità. La nascita della psicodinamica di gruppo Freud: Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921): viene definito il concetto di massa chiedendosi come questa influisca sulla vita del singolo, quali caratteristiche psicodinamiche ha il gruppo e quali sono le modificazioni dell’individuo quando è in un un gruppo.Alla base del funzionamento dei gruppi Freud individua l’identificazione (processo psichico per cui si assimila qualcosa dall'altro e in base a quanto assimilato avviene una trasformazione). La nascita della psicodinamica di gruppo: Freud (2) L’identificazione viene utilizzata da Freud per spiegare il legame libidico tra più persone (investimenti libidici).In particolare tali investimenti libidici in gruppo vengono spiegati utilizzando il rapporto dei membri del gruppo con il leader che incarna le caratteristiche dell’Io ideale.La massa è per Freud, dunque, un insieme di persone che assumono il medesimo oggetto ad ideale dell’Io, di cui il leader è massimo rappresentante.Proiettando sul leader ciascuno i propri ideali, i membri della folla creano le condizione per un’identificazione reciproca, determinando un senso di unità ed appartenenza.A Freud interessa la massa come luogo in cui è possibile cogliere il funzionamento della realtà psichica attraverso i legami libidici tra più soggetti, la natura delle identificazioni, la formazione degli ideali e dell’Io Totem e tabù (1912): Freud spiega il passaggio dall’orda primitiva al gruppo sociale. E’ uno scritto «sociale» che spiega come è tramite la rinuncia al diretto soddisfacimento delle pulsioni che emerge la possibilità del costituirsi di un insieme sociale. Disagio e civiltà (1929): esplicita come l’istituzione della società comporti un prezzo che l’individuo deve pagare a livello di rinuncia personale del soddisfacimento immediato delle sue pulsioni. Gli scritti sociali mostrano il continuo confronto tra istanze individuali e necessità sociali. E’ mediante la rinuncia al diretto soddisfacimento delle pulsioni che emerge la possibilità di costituirsi in un insieme sociale.Ciò che è interessante notare, nel modello freudiano, è l’apparire di una dimensione sociale dell’inconscio. Il modello di gruppo di Bion→ Bion lavorò con i gruppi durante la II Guerra Mondiale in un reparto psichiatrico che ospitava reduci militari.In questo contesto egli cominciò ad utilizzare il gruppo per motivi pratici e di necessità.Tale esperienza è stata sintetizzata in Esperienze nei gruppi (1961).Mentre per Freud i gruppi si avvicinano a modelli di comportamento nevrotico, per Bion i gruppi si avvicinano a modelli di comportamento psicotico.Nel gruppo le persone tornano ad utilizzare meccanismi mentali primitivi e la regressione. Il modello di gruppo di Bion(2) Mentalità gruppale: il gruppo ha una mentalità propria, collettiva che può essere in conflitto con desideri, impulsi, pensieri individuali.La mentalità gruppale prevede due modalità di funzionamento: la prima è che ogni gruppo si riunisce sempre per fare qualcosa, guidato da un obiettivo consapevole (gruppo di lavoro),mentre la seconda è che all’interno del gruppo compaiono tendenze emotive(anche dette assunti di base) molto forti che possono ostacolare gli individui sia nel raggiungimento degli obiettivi sia nella capacità di pensare. Cultura gruppale: è la dimensione organizzativa adottata dal gruppo in un determinato momento. Differenza tra gruppo di lavoro (con una funzione razionale, unito attorno ad un obiettivo) e assunti di base (fantasie inconsce comuni che proteggono il gruppo dall’angoscia di disintegrazione psicotica). Gli assunti di base secondo Bion Adb di dipendenza: caratterizzato dalla fantasia che una sola persona, il leader, possa proteggere il gruppo. I membri del gruppo si sentono impotenti e delegano al leader (in alcuni casi il terapeuta nei gruppi terapeutici) debba svolgere tutto il lavoro. Adb di attacco-fuga: il gruppo si organizza per difendersi e fuggire da un nemico o per aggredire qualcuno percepito come minaccioso o pericoloso per il gruppo. Adb di accoppiamento: è la formazione di alleanze interne,di micro coalizioni interne al gruppo.Il gruppo individua il motivo del suo esistere nel fatto che da un’unione interna al gruppo possa nascere qualcosa che rappresenti continuità e vita nel gruppo. Gli assunti di base sono comunque presenti ma possono acquistare maggiore visibilità in alcuni momenti. Foulkes e la gruppoanalisi Secondo Foulkes l’individuo nasce in un gruppo ed è il punto nodale di una rete di rapporti dinamici in una sfera di interazioni rappresentata dal gruppo e dalla cultura familiare d’origine.Tutti i processi consci e inconsci acquistano un senso nel contesto di una rete-network di relazioni che trovano nel gruppo lo strumento terapeutico elettivo. Matrice: concetto utilizzato da Foulkes per spiegare la natura psicodinamica dei rapporti gruppali.Matrice come terreno comune da cui è stato generato un gruppo.La mente ha una struttura matriciale e il gruppo è la matrice della vita mentale dell’individuo. Essa è il contesto in cui gli individui si incontrano. Matrice personale (dell’individuo a partire dall’esperienza nella famiglia di origine,viene attualizzata nel gruppo terapeutico e concorre a formare la matrice dinamica) e matrice dinamica (che emerge nel gruppo terapeutico) Caratteristiche del gruppo secondo Foulkes Il suo interesse primario è legato alla pratica clinica e alla terapia. Egli approfondisce come avviene lo scambio comunicativo nei gruppi attraverso l’aspetto metodologico che è la “discussione liberamente fluttuante” che rappresenta il corrispondente gruppale delle libere associazione del processo analitico. Fenomeni specifici di esso sono: -Transfert -Risonanza -Polarizzazione o condensazione del materiale -Reazioni speculari -Socializzazione La gruppoanalisi è una forma di psicoterapia praticata dal gruppo nei confronti del gruppo compreso il suo conduttore. Gli sviluppi francesi CEFRAP→ gruppo di grande rilievo fondato da D. Anzieu negli anni 60’ Per Anzieu il gruppo vive in funzione dei desideri messi in comune dai partecipanti; il gruppo può costituirsi come uno spazio transizionale.Il gruppo, come il sogno o il sintomo, è l’associazione di un desiderio inconscio e di una difesa. Fantasma di gruppo : è ciò che emerge dal gruppo come rappresentazione che mette in scena diversi personaggi. Differente dall’imago che è, invece, qualcosa di più evoluto e strutturato. Nozione di Io Pelle applicata al gruppo: il gruppo ha funzione protettiva, di contenimento degli individui. Kaes: getta un ponte tra la realtà intrapsichica e intersoggettiva.Il gruppo è una realtà specifica prodotta e trasformata da ciò che Kaes indica come assemblaggio gruppale delle menti o apparato psichico gruppale.La psiche sarebbe organizzata come un gruppo.I gruppi interni o organizzatori psichici inconsci agiscono a fondamento dell’apparato psichico gruppale che tratta la realtà psichica del e nel gruppo. Lavoro psichico dell’intersoggettività: implica l’idea che l’altro/gli altri possano effettuare per un soggetto un lavoro di legame,connessione e trasformazione della realtà psichica. Il filone argentino Attenzione al lavoro gruppale per ragioni storico-sociali. Oggetto di studio è il rapporto tra struttura sociale e mondo interno del soggetto,che si evidenzia nel concetto di vincolo(=struttura interna stessa della relazione d’oggetto) o legame. Pichon-Rivière (1977): gruppo operativo, è un gruppo centrato sul compito che ha la finalità di apprendere a pensare risolvendo difficoltà nate e sviluppate in gruppo. Tecnica nata nell’ospedale Las Mercedes, contesto psichiatrico degradato. Da Lewin al modello di campo gruppale Kurt Lewin (1890-1947) è uno psicologo berlinese che emigra negli Stati Uniti e le sue concezioni fanno capo alle ricerche della psicologia sociale e ai principi della Gestalt. Egli ricerca i rapporti dinamici tra gli elementi costituenti, il sistema di forze che fanno agire e glielo impediscono, descrivendo così un metodo, ovvero la dinamica dei gruppi.Il gruppo è qualcosa di più/di diverso dalla somma dei suoi membri. Ha una struttura propria. I suoi membri sono interdipendenti al suo interno(CONCEZIONE STRUTTURALE del gruppo) Si crea nel campo gruppale una realtà sovraindividuale che ha una vita psichica propria. Campo bipersonale (Coniugi Baranger, 1969): campo emotivo che comprende fenomeni arcaici nati dallo spazio intersoggettivo di due menti nella situazione analitica. LINGUAGGI Il linguaggio del sogno: Freud vs modelli psicoanalitici attuali Freud: il sogno come soddisfazione di un desiderio in forma allucinatoria. Essendo il sogno un compromesso tra desiderio rimosso e istanza removente, secondo Freud, l’interpretazione è una traduzione, uno svelamento di significato. Nel sogno agiscono, secondo Freud, condensazione, spostamento e simbolizzazione. I modelli psicoanalitici attuali vedono nell’interpretazione uno strumento di costruzione di senso e non di svelamento di significato. Spostano l’attenzione sul modo di agire il racconto del sogno, sui processi comunicativi. Il linguaggio del sogno: Bion Bion pone l’attenzione sui processi trasformativi dalla sensorialità alle immagini del sogno; sulla possibilità di costruire un apparato per pensare e quindi sognare. La funzione alfa elabora e trasforma gli elementi beta (esperienze emotive grezze) trasformandole in elementi alfa, che saranno elaborati per costruire i pensieri onirici. Dunque, pensare e sognare sono processi mentali che comportano entrambi la capacità trasformativa della funzione alfa. Il linguaggio del sogno: evoluzioni Resnik (2002): Oltre ai meccanismi descritti da Freud, nel sogno agirebbero sempre nuove realtà e regole di linguaggio Ferro (2008): la seduta analitica come un sogno. Interesse all’onirico come categoria dell’incontro analitico, prodotto nello stato di veglia dall’incontro tra l’analista e il paziente. Dunque: -Il sogno come modalità primaria di resocontare su se stessi -Il sogno come oggetto/messaggio relazionale che compone e costruisce il campo, come nuova creazione della relazione -Il sogno come prodotto che nasce in un contesto. Gruppo e sogno Anzieu (1971). Il gruppo è un sogno. Come nel sogno e nel sintomo, il desiderio associato alla difesa trova nel gruppo la possibilità di essere soddisfatto. Kaes (2002). Il gruppo utilizza una forma narrativa simile al sogno Cosa accade quando un gruppo lavora sui sogni in terapia? Corrao (1981). Funzione gamma: Gli elementi gamma producono pensieri gruppali onirici e organizzano una barriera gamma che differenzia il conscio dall’inconscio nella struttura gruppale. Gruppo e sogno(2) L’interpretazione dei sogni in gruppo richiede una cooperazione di tutti i membri (Resnik, 2002). Pontalis (1975). Il sogno è una risposta all’inconscio del gruppo. I sogni nel gruppo trattano della storia e della vita del gruppo. Gaburri: costellazioni oniriche : sono sogni risognati dal gruppo Corrente (2001): il sogno rende conscio ciò che era inconscio nel gruppo. Friedman (2004). Per sognare ci deve già essere uno sviluppo psichico. Il Social Dreaming Tecnica di lavoro in gruppo sui sogni messa a punto da Gordon Lawrence. Le persone che partecipano sono invitate a narrare e condividere i loro sogni, a fare libere associazioni e individuare connessioni attraverso sequenze, elementi comuni, pattern e ad esplorare il possibile significato sociale. Centratura sul significato sociale del sogno stesso. Il conduttore non interpreta ma garantisce il setting e fa circolare la comunicazione, evidenziando nessi. La narrazione La narrazione ha alcune finalità: 1.Comunicare per acquisire e trasmettere conoscenze 2.Dare un ordine e significato agli eventi 3.Allargare un contesto pragmatico a un interlocutore. L’intervento psicologico ha tutte e tre queste finalità. Concetti connessi alla narrazione Sé narrativo (Stern, 1985): il suo costituirsi è nello sviluppo evolutivo ciò che consente di tradurre in termini linguistici le rappresentazioni mentali del bambino. Bruner (1991): la comprensione di Sé e dei fatti sociali è narrativa. Concetto di verità narrativa (Spene, 1982; Schafer, 1983) che si oppone a una verità storica. Qualsiasi narrazione ha senso soltanto tenendo conto del narratore e del suo fruitore, in un rapporto circolare tra testo e contesto. Narrazione e intervento psicologico Lo psicologo riflette su narrazioni e sui differenti piani narrativi del colloquio. In particolare nel colloquio vi è: 1.La narrazione del soggetto: non soltanto ciò che racconta ma anche la relazione con lo psicologo 2.La narrazione dello psicologo: riguarda una posizione che si pone in un’ottica di metanarrazione rispetto a quanto raccontato dalla persona. L’intervento psicologico è, dunque, una costruzione di una narrazione comune Narrazioni e linguaggi del gruppo Neri (1995): la narrazione efficace o racconto efficace esprime il linguaggio dell’effettività (di cui parlava Bion), ossia la possibilità di comunicare facendo entrare chi ascolta in rapporto con pensieri ed emozioni presenti nel gruppo. Nel gruppo la narrazione è la costruzione di un’identità del gruppo in divenire, con i corrispondenti assetti difensivi. Il discorso di gruppo è una rappresentazione condivisa dai membri del gruppo sulla base di elementi rimossi. Nella catena associativa gruppale alcuni elementi possono diventare utilizzabili accedendo al preconscio. Foulkes aveva parlato di discussione libera fluttuante nel gruppo. Il linguaggio dell’azione nel gruppo Freud parlò di acting out in relazione al caso di Dora (1901) che interruppe improvvisamente l’analisi. In tal senso l’agire era visto come una resistenza che si opponeva alla condotta mentalizzato, al pensiero. Ma quale è il senso dell’agire in gruppo? C’è differenza tra azione e messa in atto. Nel gruppo l’acting non è per forza una modalità difensiva espulsiva che disturba la comunicazione come nel caso di Freud, sebbene talvolta possa esserlo. Può essere, invece, una modalità che veicola comunicazioni e che ha funzione integrativa. Azione come analizzatore di situazioni (acting in). Narrazioni e rappresentazioni psicodrammatiche Lo psicodramma di Moreno - Psicodramma, dal greco psiche e drama (azione): psiche in azione. -Metodo di gruppo che utilizza la rappresentazione e la narrazione come mezzi di espressione ed elaborazione di affetti ed emozioni. -L’eredità di Moreno è legata agli spunti esperienziali della tecnica che mise a punto. Egli lavorò in pieno clima bellico nel 15-18, svolgendo un lavoro sul campo. Nel 1921 fonda il Teatro della Spontaneità dove l’attore recita per un lavoro di crescita personale. -Man mano dal Teatro della Spontaneità giunge allo psicodramma classico, in cui si abbandona l’idea dell’attore per dare spazio alla persona. Lo psicodramma di Moreno (2) -Funzione catartica della drammatizzazione. -Liberazione dei conflitti poiché nello psicodramma uno stato emotivo si traduce in azione di riparazione e trasformazione. -Il gruppo resta sullo sfondo, funziona da cornice. Ma al centro della scena vi è il singolo. Sottovaluta cioè la situazione gruppale che è quella che consente il verificarsi e l’espressione della catarsi. -Si tratta di un intervento rivolto al singolo in gruppo. -Lo psicodramma è per Moreno un modo per entrare in contatto con la spontaneità originaria attraverso l’assunzione di nuovi ruoli. -1925: Moreno fonda il Bacon Institute. Oltre lo psicodramma Role playing: psicodramma applicato alla vita professionale Sociodramma: metodo di studio e di intervento legato alla rappresentazione di relazioni tra gruppi e ideologie collettive. Moreno ha approfondito i conflitti razziali nei vari gruppi sociali e lavorato con uno psicodramma delle madri per istruire le giovani mamme ad occuparsi dei figli piccoli. Sociometria: Moreno mise appunto tecniche che permettevano la rappresentazione e la misurazione della struttura dei rapporti, relazioni, reti all’interno di un gruppo. Lo psicodramma psicoanalitico: gli sviluppi francesi Negli anni ‘50 lo psicodramma analitico iniziò ad essere utilizzato come supporto alla psicoanalisi classica, ponendo l’accento sulla possibilità di esprimere conflitti, resistenze e difese tramite la drammatizzazione. Importante la spinta alla sua applicazione nel lavoro con bambini ed adolescenti. Serge Lébovici e René Diatkine (1958): applicazione dello psicodramma al trattamento di bambini e adolescenti, spesso psicotici. Gli sviluppi francesi (2) In Francia due applicazioni: lo psicodramma analitico individuale e lo psicodramma analitico di gruppo. Modello che privilegia la componente non verbale della comunicazione Schutzenberger (1955): psicodramma triadico che si fondava sull’integrazione tra tre discipline: psicodramma classico moreniano, dinamica di gruppo e sociometria. Approfondì il T-Group, in cui era presente anche un osservatore. Anzieu (1956): lavoro sulla simbolizzazione. L’efficacia dello psicodramma è simbolica; la persona drammatizza attraverso una serie di personaggi una situazione conflittuale originaria. Funzioni dello psicodramma secondo Anzieu 1.Creare una situazione che permetta alla persona di essere 2.Creare una situazione in cui la persona possa provare esperienze che lo portino a vivere esperienze che gli facciano provare sensazioni, affetti, fantasie, desideri. 3.Innescare un lavoro psichico di simbolizzazione allo scopo di conoscere ciò che si prova. Lo psicodramma psicoanalitico di gruppo di KAES Concetti chiave nell’utilizzo dello psicodramma, secondo Kaes: 1.Il lavoro psichico dell’intersoggettività 2.Il rapporto tra parola, gioco e gruppo 3.Lo spazio del preconscio -Lo psicodramma è cioè un’area d’incontro intersoggettivo attraverso il gioco, quest’ultimo reso possibile dalla parola, che mette in gioco il lavoro del preconscio. -Utile per l’elaborazione di esperienze traumatiche. Lo psicodramma argentino Argentina: gruppi operativi di Pichon-Rivière, in cui la drammatizzazione è anche liberazione della creatività. - Giochi drammatici: drammatizzazioni predefinite e strutturate usate in una fase iniziale come sorta di riscaldamento per passare da una modalità di pensiero discorsivo ad una modalità per scene. I linguaggi dello psicodramma -Nello psicodramma è ben differenziato il tempo per «giocare» dal tempo in cui si ripensa il gioco. -Utilizzo in quelle situazioni di blocco tra conscio, preconscio e inconscio. -Gioco come mediatore tra spazi interni e realtà esterna (dimensione del «come se»), sorta di spazio transizionale. -Fornisce altri vertici di lettura. La teoria della tecnica: transfert e controtransfert in gruppo,lo strumento dell’interpretazione,il setting -Studi sull’isteria (1892-1895) : transfert come falso nesso associativo che si instaura tra il medico e le rappresentazioni che emergono in analisi, sorta di spostamento dell’affetto da una rappresentazione ad un’altra -Caso clinico di Dora (1901): transfert come resistenza alla cura -Dinamica della traslazione (1912) e Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1914): transfert come fattore terapeutico. -Ricordare, ripetere, rielaborare (1914) : transfert come ripetizione nel presente di materiale rimosso. Il transfert: successive teorie e ampliamenti -Melanie Klein: Le origini della traslazione (1952): il transfert riflette le relazioni intrapsichiche del soggetto con i suoi oggetti interni e si sviluppa anche nell’analisi dei bambini.Tra le prime relazioni intrapsichiche del bambino troviamo il suo rapporto con la madre.Nell’approccio della Klein attraverso il gioco si può drammatizzare un’attività di personificazione,attraverso la quale si inventano personaggi attribuendo dei ruoli. Per la Klein è importante interpretare in maniera precoce emozioni, angosce e difese. - Greenacre, 1952: transfert di base che si instaura nella relazione madre-bambino. - Laplanche e Pontalis (1967): il transfert è il terreno su cui si gioca la situazione analitica: situazione attuale vs situazione infantile; transfert vs elementi di realtà. Il transfert: tipologie di transfert. Transfert di tipo erotico Transfert psicotico (Searles, 1979) Transfert narcisistico (Kohut, 1984) Oggi si tende a vedere al transfert come la collocazione di esperienze «conosciute non pensate» in una nuova forma che contiene una dose di sperimentazione emotiva che rielabora creativamente il passato (Schafer, 1983) Il controtransfert Come per il transfert, si è passati nel tempo a considerarlo da ostacolo al lavoro analitico a strumento elettivo di conoscenza. Winnicott → Odio nel controtransfert (1947): sottolinea lo sforzo emotivo dell’analista, le possibili reazioni negative spontanee e l’importanza di utilizzare tali sentimenti negativi nell’interesse del paziente. Il transfert oscilla tra l’inconscio, il preconscio e il divenire cosciente. Per essere elaborato deve essere contestualizzato, ossia correlato ad altre categorie di eventi come l’interpretazione e il setting. Transfert e campo gruppale: chi e cosa si trasferisce Nel gruppo il fenomeno del transfert assume una configurazione più complessa. Transfert laterali (Slavson, 1953), operati da soggetti su altri partecipanti. In un’ottica bioniana il transfert confluisce nella dinamica degli assunti di base. Bejarano (1971). Quattro oggetti possibili di transfer: terapeuta (centrale), gli altri membri del gruppo (laterale), il gruppo come oggetto psichico e il transfert verso il mondo esterno. Chi e cosa si trasferisce: verso l’ottica di campo -Campo gruppale: costruzione intersoggettiva creata all’unisono da analista-conduttore e da i partecipanti e che insieme li condiziona. -Campo bipersonale (coniugi Baranger, 1961-1962): concetto di bastioni difensivi, ossia fenomeni arcaici che nascono nello spazio intersoggettivo di due menti nella situazione analitica. -Corrao (1986): campo come funzione il cui valore dipende dalla posizione nello spazio-tempo -Neri (1995; 2006): il concetto di campo offre la possibilità di accogliere le esperienze emotive non ancora organizzate spostando l’attenzione agli aspetti trasformativi; ponte tra individuo e gruppo. -Correale (2006) campo storico vs campo attuale Quando, dove si trasferisce in gruppo -Bion: atemporalità del gruppo in assunto di base -Foulkes; Corbella: i parametri del transfert in gruppo sono di tipo orizzontale e non verticale; nel gruppo si attivano livelli multipli di realtà (passato, presente e futuro) -Guelfo Margherita (2007): transfert sincronico: nel gruppo non si può distinguere un prima o un fuori, per assenza di categorie spazio-temporali. -Duez (2000): transfert dinamico(relazione terapeutica duale) vs transfert topico (nei gruppi). Transfert e contesti Analisi della domanda (Carli e Paniccia, 2003): analizzare l'agire emozionale espresso nella relazione del committente con lo psicologo consulente. Transfert istituzionale o culturale (Salvatore e di Carlo, 2005): dinamiche inconsce che riguardano un modello culturale dell’organizzazione investita simbolicamente da chi partecipa al contesto. Intertransfert: aspetti inconsci che legano quei colleghi che conducono in due il gruppo Cenni sull’interpretazione -Freud: Con L’interpretazione dei sogni si passa dal semplice flusso delle libere associazioni alle prime interpretazioni: interpretare il contenuto manifesto del materiale simbolico inconscio (del sogno o del sintomo) per accedere ai contenuti latenti. -M.Klein: tutto il lavoro clinico sfocia nell’interpretazione: dagli oggetti corporei ci si è spostati verso l’interpretazione dei significati mentali della comunicazione analitica. -Bion (1965): lega il concetto di interpretazione a quello di trasformazione: i contenuti mentali, le esperienze emotive non elaborate devono trovare un contenitore che le metabolizzi e trasformi in pensieri (elementi beta; funzione alfa). L’interpretazione deve aprire a nuovi pensieri e associazioni, a nuovi nessi. Cosa, quando e come interpretare 1.Interpretare prima il materiale superficiale poi quello profondo 2.Interpretare prima l’ansia e poi le difese 3.Interpretare prima le difese e poi i desideri. 4.Definire il ruolo delle difese e delle resistenze nell’interpretazione. 5.La scelta del momento in cui interpretare dipende dalla sensibilità e dall’ascolto attento dello psicologo. La funzione interpretativa del gruppo -Il gruppo è un contesto autointerpretante capace di generare connessioni, dove la funzione interpretativa non è solo una funzione del conduttore ma una risorsa collettiva, comune -Il conduttore è nel gruppo un garante di uno sazio di trasformazione che, attraverso la narrazione, consente ai partecipanti di esprimere emozioni e affetti traducendoli in pensiero e linguaggio -Interpretare in gruppo oscillando continuamente tra livello individuale e livello collettivo. Setting gruppale Lo psicologo quando lavora in gruppo non si concentra sulla singola persona ma sulla totalità di esso. Possiamo trovare diversi tipi di gruppi: -gruppi terapeutici -gruppi di counselling -gruppi di formazione -gruppi monosintomatici o monotematici Ogni gruppo effettua un’ analisi del lavoro volta ad analizzare l’andamento attraverso tre punti: -Fondazione ed istituzione del setting -Manifestazione nel gruppo della propria storia -Bilancio finale Kaes René -senso di onnipotenza -setting strutturato per l’età evolutiva Il conduttore è il creatore della violenza fondatrice,ed in seguito ad una sua accurata analisi ne consentiva la separazione. Osservazione e resoconto… Il protocollo di osservazione e il resoconto clinico sono due strumenti che lo psicologo ha a disposizione i quali attraverso strutture linguistiche rappresentano emozioni durante l’intervento. Agli inizi degli anni ‘50 due protagoniste donne come ANNA FREUD e DOROTHY BURLINGHAM iniziarono ad interessarsi all’osservazione psico-analitica attraverso le HAMSTED WAR NURSERIES ovvero luoghi che accoglievano i bimbi orfani di guerra. Metodologie di gruppo Lo psicodramma PSICODRAMMA→ Metodo di approccio psicologico che consente alla persona di esprimere, attraverso la messa in atto sulla scena,le diverse dimensioni della sua vita(affetti/emozioni) e di stabilire dei collegamenti costruttivi fra di esse (Galimberti, dizionario di psicologia, 2006).E’ un metodo che condensa saperi derivanti dalla pedagogia, dalla psicologia dell’apprendimento e dalla psicologia del profondo. Etimologia: ψυχή = anima, soffio vitale, psiche e δραμα= azione → psiche in azione Jacob Levi Moreno →Nasce nel 1889 a Bucarest e conseguì gli studi a Vienne in medicina; Durante la Prima Guerra Mondiale conduce giochi di improvvisazione teatrale ed espressione spontanea con bambini.Cominciò ad occuparsi di problemi dell’espressività mediante esperienze di gruppo con prigionieri di guerra.Nel 1921 fonda il «Teatro della Spontaneità» dando vita alle esperienze che avrebbero preso il nome di Psicodramma. Moreno VS Freud Freud: Moreno: > (Jacob Levy Moreno, 1912) Moreno e Jung Moreno con il suo psicodramma apre: 1.Nuove possibilità per la comprensione dinamica dei gruppi; 2.Attraverso il gioco dei ruoli va verso un processo di guarigione dell’anima. In più i ruoli psicodrammatici possono essere visti come personificazioni di immagini archetipiche (es. estroversione e introversione). Concetti innovativi nello psicodramma moreniano La drammatizzazione si sviluppa nel «qui ed ora» ; Lo Psicodramma NON E’ UN GIOCO CATARSI (dal greco κάθαρσις= purificazione) → liberazione dell’individuo da una contaminazione. In questo caso il gruppo funge da contenitore delle emozioni TELE’ → corrente che lega in modo invisibile e reciproco una persona con un’altra. TELE’ è diversa da EMPATIA diversa da TRANSFERT Aspetti metodologici - Spontaneità →Capacità di agire comportamenti funzionali alle esigenze reali degli individui. Si distinguono 4 forme: 1.Essa è un impulso; 2.Essa è acquisizione culturale; 3.Essa è una creazione di un’espressione libera della personalità; 4.Essa è una risposta adeguata a situazioni nuove. -Ruolo → modo di essere reale che assume l’Io; il modo di essere e di agire che l’individuo assume nel momento in cui reagisce ad una data situazione, nella quale sono impegnate altre persone o oggetti. Si distinguono: ruoli emergenti, ruoli latenti, ruoli superati, ruoli attuali, ruoli psicosomatici; ruoli sociali; ruoli psicodrammatici; ruoli individuali e ruoli collettivi. -Gruppo → Lo psicodramma è un’esperienza vissuta in gruppo: di gruppo, attraverso il gruppo e con il gruppo. Strumenti Regista (o conduttore o psicodrammatista) → è colui che promuove l’azione Protagonista→ primo attore, tende a rappresentare il gruppo nella sua esibizione psicodrammatica Ego ausiliari→ membri del gruppo usati nella seduta come estensioni del regista e del protagonista. Il loro compito è di ricoprire ruoli significativi nella vita dell’attore e facilita la messa in scena dei vissuti del protagonista. Tecniche Inversione dei ruoli→ far assumere al protagonista il ruolo di altre persone significative; Il doppio→ il paziente rappresenta se stesso e contemporaneamente viene rappresentato da un Io ausiliario; Il soliloquio→ recitare ad alta voce i propri pensieri (può essere abbinata alla tecnica del doppio); Proiezione nel futuro→ il protagonista mette in scena situazione che pensa di dover affrontare in futuro; Tecnica dello specchio→ un Io ausiliario impersona il protagonista; Interpretazione teatrale di un sogno→ il protagonista, invece di raccontare un sogno, lo mette in scena; Ipnodramma→ il protagonista viene ipnotizzato ed è libero di agire sulla scena; Shock psicodrammatico→ viene chiesto di rivivere un’esperienza allucinatoria quando è ancora viva; Improvvisazione per la valutazione della personalità→ situazioni standard in cui il protagonista è inserito, che permettono al regista di valutare il profilo; Psicodramma didattico o di gioco→ usato in formazione; Psicodramma familiare→per terapia familiare i membri sono considerati come un gruppo. Setting Setting: Palcoscenico (per psicodramma classico) Palcoscenico immaginario (per psicodramma analitico); Partecipanti: da 8 a 12; Tempo: 1 h e 30 m/ max 2 h; Si svolge in tre tempi: 1.Warming up (riscaldamento); 2.Drammatizzazione; 3.Commenti del gruppo. Case Study: Uso dello psicodramma formativo su operatori di comunità terapeutiche per prevenire il burn out Lo psicodramma è utilizzato anche nella formazione perché è portatore di un potenziale di trasformazione.In questo studio viene utilizzato per prevenire il burn out in operatori che lavorano in Comunità Terapeutiche. Obiettivi: Sviluppare negli operatori la capacità identificatoria, aiutandoli a porsi dal punto di vista dell’altro attraverso una visione empatica; Focalizzare l’attenzione degli operatori sulla relazione , in quanto è grazie alla libertà e spontaneità, che ognuno si definisce. Metodo: Gli operatori si riuniscono in gruppo con un conduttore,per un tempo fisso di due ore.Un partecipante espone agli altri membri del gruppo una situazione lavorativa importante e che vuole «rivedere» Finito il gioco Daniela si siede silenziosa, rigida. Il terapeuta ed il gruppo non parlano, rispettano i suoi tempi. Ad un certo punto alza lo sguardo verso i colleghi, ha gli occhi lucidi “sono io che non sopporto di non riuscire a farlo camminare, io non odio lui, odio me perché non riuscirò mai più a farlo camminare!” Gruppi di auto-aiuto Verso una definizione di auto-aiuto Gruppo auto-aiuto= 1-condivisione di un problema 2-similarità delle storie di vita tra i partecipanti 3-competenza di base su esperienza concreta 4-identificazione speculare tra chi aiuta e chi viene aiutato (contemporaneamente fruitori e prestatori di cura) “Un gruppo di auto-aiuto nasce quando due o più individui decidono di unire le loro risorse per far fronte a un problema specifico. La condivisione del medesimo disagio è l’elemento fondante che porta i partecipanti a sostenersi reciprocamente. Le esperienze di vita diventano una risorsa, le difficoltà diventano un’opportunità di crescita. Chi partecipa ad un gruppo di auto-aiuto acquisisce competenze per la gestione della propria sofferenza e abbandona la cultura di delega del proprio benessere ai professionisti”. Fondazione Andrea Devoto AUTO-AIUTO=>MUTUO-AIUTO Un pò di storia -Inghilterra (seconda metà dell’Ottocento), successivamente Stati Uniti: nascita di diverse tipologie di organizzazioni, le “Trade Unions”->ambiti di supporto e di aiuto in situazioni di difficoltà (disoccupazione, scioperi, malattie); -Sempre negli stessi Paesi (anni ’30): formazione di istituzioni educative per i lavoratori, con programmi improntati sul mutuo-aiuto e sul reciproco impegno dei partecipanti->in questi anni nascono formalmente i primi veri gruppi di auto-aiuto, che si occupano sia di assistenza sociale sia di problemi sanitari. Prima esperienza formale costituita dal gruppo di Alcolisti Anonimi: nasce nel 1935 con lo scopo di aiutare le persone dipendenti dall’alcool ad uscire dalla dipendenza; -In Italia: primi gruppi AMA diffusi grazie allo psichiatra Hudolin che ne aveva sperimentato l’efficacia con gli alcolisti e i loro famigliari. Grazie all’opera di Hudolin si è sviluppata e diffusa la pratica dell’AMA come efficace forma di intervento sociale nel disagio psichico e negli stili di vita; -Nel tempo i gruppi AMA si sono diffusi e organizzati fino ad essere riconosciuti anche ufficialmente a livello internazionale a partire dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). PERCHÉ IL GRUPPO È IMPORTANTE? -Nasciamo e viviamo in “gruppi”: familiare, parentale, amicale; facciamo parte di gruppi: scolastici, sportivi, culturali, religiosi; diventiamo membri del “branco”, dell’associazione, del sindacato, del Club, dell’azienda, dell’equipe, della società. -Kropotkin: la stessa specie umana non si sarebbe mai evoluta senza l’attitudine “naturale” degli uomini a riunirsi fra di loro per la difesa della specie,per cooperare e sostenersi a vicenda. “Nel gruppo scopriamo aspetti di noi, affettivi ed intimi, che non conoscevamo; scopriamo noi stessi: è quindi un luogo di apprendimento e di testimonianza.” Margherita Gobbi -Il gruppo gioca un ruolo fondamentale nella costruzione del senso d'identità sociale. AVVIARE UN GRUPPO DI AUTO-AIUTO DEFINIRE LA CORNICE Non è utile definire troppe regole prima che il gruppo abbia iniziato ad incontrarsi, ma bisogna prendere alcune decisioni per poter avviare l’esperienza, definendo la cornice entro la quale ci si muoverà: chi sarà il facilitatore del gruppo, sede e frequenza degli incontri, chi sono i partecipanti, quali sono le modalità di accesso al gruppo.È importante sapere fin dall’inizio che le decisioni che si prendono ora potranno essere modificate in base alle esigenze delle persone che al gruppo parteciperanno. BISOGNI E OBIETTIVI: IL PERCHÉ DEL GRUPPO DI AUTO-AIUTO A quale bisogno si vuole rispondere -Interrogarsi e verificare presenza di altre organizzazioni -Stabilire obiettivi del gruppo Levy distingue quattro tipi di gruppi in base ad essi: gruppi orientati al controllo dei comportamenti e alla riorganizzazione delle condotte (alcolismo, tossicodipendenza, obesità, fumo); gruppi orientati al sostegno e alla difesa dallo stress; gruppi orientati all'azione sociale contro l'emarginazione e i pregiudizi; gruppi di crescita e autorealizzazione FACILITATORI, MEMBRI, PROMOTORI: IL CHI DEL GRUPPO DI AUTO-AIUTO -Promotore=facilitatore? -Facilitatore: leadership condivisa e principio dell’helper terapy -Segretario -Membri del gruppo -Promozione del gruppo COME: STRUMENTI, METODI E PROCESSI DEI GRUPPI DI AUTO-AIUTO Modelli di comportamento da adottare tesi a valorizzare: la collaborazione; l’autenticità; la libertà di interagire e la possibilità di esprimere opinioni su qualsiasi aspetto del funzionamento del gruppo, in qualsiasi momento; la confidenzialità. Le regole del gruppo: tutte condivise e accettate dai partecipanti,i nuovi ingressi nel gruppo vanno sempre informati delle regole, e devono accettarle. Nel gruppo non si giudicano le credenze personali. Ci si rivolge all’altro con gentilezza. Si rispetta il silenzio. Si racconta la propria esperienza, ma non si danno soluzioni. I partecipanti si impegnano a mantenere assoluta riservatezza sulle esperienze personali degli altri. Il gruppo decide quando e se fare entrare nuovi membri. Il gruppo definisce le modalità di accoglimento. Facilitatore: apre e chiude, convoca incontri; egli favorisce: i processi distintivi dell’auto-mutuo aiuto, in particolare produzione di sostegno emotivo e lo scambio informativo→ indipendentemente dalle tecniche che decide di utilizzare (domande circolari e aperte, metodiche di animazione, brevi riassunti di ciò che viene detto, chiarificazione di strategie di fronteggiamento dei problemi ecc) deve creare nel gruppo un’atmosfera calda e accogliente, di autentica fiducia, che incoraggi le persone a parlare di sé e favorisca il rispecchiamento reciproco e uno stile di ascolto empatico. QUANDO E QUANTI: TEMPO E DIMENSIONI DEL GRUPPO DI AUTO-AIUTO -Tipo di gruppo: aperto o chiuso? Castiglioni: sufficientemente aperto -Dimensione del gruppo: 5-7 partecipanti assidui (Steinberg), in Italia 15-16 -Sede incontri -Frequenza e orario degli incontri IL CASO Dalla solitudine alla condivisione della sofferenza nel mondo del lavoro: la nascita di un gruppo di auto-aiuto in azienda Intervista condotta dalle psicoterapeute M. Mione, E. Conte a Paola Fontana, impiegata Eutelia Gruppo auto-aiuto formatosi grazie ai delegati sindacali e alla Camera del Lavoro di Milano, in seguito alla presa in atto di un’allarmante situazione di disagio tra i lavoratori in cassa di integrazione. Paola Fontana racconta di un ambiente lavorativo che diventava sempre più logorante per lei e i suoi colleghi, in seguito all’acquisizione delle loro aziende Getronics e Bull Italia da parte di Eutelia...e racconta di come la proposta di C. Mandreoli (responsabile delle politiche sociali della Camera del Lavoro di Milano), e a M. Cirri (psicologo presso la Camera del Lavoro di Milano) della creazione di un gruppo in cui, chi voleva, poteva parlare del proprio disagio, della propria sofferenza e confrontarsi con altri che si trovavano nella medesima situazione, sia stata accolta con favore ma anche con qualche riserva perché si trattava di qualcosa di inusuale in ambito lavorativo. Scrive una delle partecipanti al gruppo Paola Fontana, inoltre, racconta di come ‘’all’interno dei luoghi di lavoro la cattiva qualità del clima aziendale determina disagio e sofferenza, vissuti in solitudine e quasi di nascosto, perché non è un ambito che favorisce o in cui è previsto esporsi con le proprie fragilità.’’ Al contrario, il gruppo di auto-aiuto ‘’ha dato un senso di radicamento e di appartenenza, fattore importante questo in un momento in cui la situazione che si sta vivendo fa sentire isolati dal mondo e fuori luogo.Il fatto di condividere la stessa esperienza ha permesso di aprirsi gli uni agli altri,ognuno con le proprie modalità, e di confrontarsi con le diverse esperienze condivise nel gruppo.’’ Infine,alla domanda diretta delle psicoterapeute sull’utilità dei gruppi di auto-aiuto e se si tratta di una forma di incontro da esportare in altre situazioni lavorative, Paola Fontana risponde in maniera più che positiva:..perché non cogliere questa testimonianza come un invito ad iniziare a pensare ai gruppi di auto-aiuto più spesso all’interno dei contesti aziendali? T-Group Premessa: «tutto sta in un gruppo di persone con grande talento che si scontrano,che discutono,che litigano a volte e che fanno baccano… lavorando insieme si perfezionano l’un l’altro….. E lavorando insieme nascono delle bellissime pietre levigate….» S.Jobs Con questa metafora S.Jobs evidenzia l’importanza degli altri e delle relazioni con gli altri per arrivare a un obbiettivo finale…. IL CAMBIAMENTO…. Nel vivere quotidiano il gruppo viene ricercato e al tempo stesso temuto. Si sente il bisogno del gruppo per essere riconosciuti, accettati, per sviluppare le proprie potenzialità, per realizzare le proprie aspirazioni, per ….. incidere, trasformare e cambiare la realtà di vita e di lavoro. Nel gruppo si discute, ci si confronta, si affrontano i problemi e si cercano soluzioni. In ogni caso per qualsiasi attività che si realizza, dal divertirsi allo studiare/lavorare, nel gruppo si entra in rapporto con e fra le persone Tutto questo è presente nel T –group…. Il Training Group (più comunemente noto come T-Group) è un’esperienza di indagine e di cambiamento che un gruppo fa su se stesso con l'aiuto di un conduttore o trainer.Carl Rogers ha definito il T-Group "la più potente tecnica di intervento sociale inventata nel XX° secolo". T-Group sta per Training Group, abbreviazione di Sensivity Training Group, cioè "gruppo di addestramento della sensibilità". La tecnica è stata inventata da Kurt Lewin nel 1946, e praticata per la prima volta nel 1947 in Inghilterra dai suoi allievi Benne, Bradford e Lippit.L’innovazione principale introdotta da Lewin e dai suoi collaboratori con la pratica dei t-groups fu il concetto di dinamica di gruppo, che spostò il focus della psicologia applicata dall’interpretazione dell’intrapsichico individuale all’osservazione dei fenomeni interpersonali di gruppo. Negli anni passati ha avuto diverse denominazioni: seminario di sensibilizzazione alle dinamiche di gruppo, laboratorio di dinamiche di gruppo, esperienza autocentrata di lavoro sul gruppo, gruppo di autodiagnosi, gruppo di base, ecc.. Il T-group è un particolare strumento di formazione e di ricerca che permette di sperimentare e di sperimentarsi, di imparare quale sia il proprio modo di relazionarsi agli altri e quali siano i molteplici modi attraverso cui gli altri costruiscono percezioni e legami interpersonali.Esso viene proficuamente utilizzato ovunque sia necessario sviluppare comunicazioni efficaci e relazioni interpersonali efficienti, dall’addestramento degli psicoterapeuti e dei formatori a quello dei medici ai managers. Obbiettivi Il T-Group si propone di : a) favorire nei partecipanti una visione consapevole delle dinamiche interpersonali e di fornire una chiave di lettura delle strategie comunicative individuali e dello sviluppo inconsapevole del gruppo (difese, episodi, fenomeni) b) sviluppare relazioni: il T-group è la più efficace forma di apprendimento in ambito relazionale. c) migliorare le competenze di relazione, autoanalisi ed empatia d)incrementare la sensibilità circa il comportamento altrui e)aumentare le capacità di azione Il Training Group è quindi una full immersion nelle dinamiche di gruppo e nelle relazioni interne ad un gruppo…. chi partecipa a un T-group impara qualcosa sui gruppi e su se stesso, stando all'interno della esperienza di gruppo, venendo cioè direttamente a contatto con la realtà che studia. La composizione dei gruppi I gruppi sono generalmente composti da 8-12 partecipanti ciascuno (da 1 a 4 gruppi). I partecipanti al gruppo possono essere omogenei o eterogenei tra loro per età, sesso, professione, back-ground, etc. Sulla base dell’esperienza, molti auspicano che il gruppo sia eterogeneo in modo tale che i partecipanti contribuiscano alle dinamiche con differenti esperienze e punti di vista (Spaltro, 1969; Trentini, 1988; Ancona, 1979; Amovilli, 1995). La composizione dello staff Lo staff è formato da un trainer (uno psicologo esperto in dinamiche di gruppo) e da un osservatore (uno psicologo in supervisione) per gruppo. L’esperienza di conduzione di un t-group è estremamente ansiogena per il formatore, che è spesso oggetto di attacchi, anche personali, da parte del gruppo. Il setting Il training group si svolge in forma residenziale in strutture alberghiere o equivalenti. Il luogo prescelto deve essere gradevole e possibilmente fuori dai centri urbani. Bisogna disporre di un’aula magna per le riunioni in plenaria e di tante stanze quante sono i gruppi. Le aule devono essere confortevoli e silenziose. L’arredo comprende un numero di sedie pari alla numerosità del gruppo più due sedie -una per il trainer, l’altra per l’osservatore- sistemate in cerchio. I tempi La durata minima complessiva va dalla giornata e mezzo ai tre giorni di formazione organizzati in sessioni continue di 60-90 minuti. Lo staff deve rispettare scrupolosamente i tempi. Qualunque cosa il gruppo stia facendo o dicendo, trainer ed osservatore lasciano la stanza allo scadere dei novanta minuti. Le regole La regola aurea dell’apprendimento nei sensitivity groups è l’hic et nunc , cioè il qui ed ora: si apprende e si esperisce nel luogo e nel tempo presenti. Nel luogo e nel tempo del gruppo si impara ad imparare, si progettano relazioni, si sperimentano ambivalenze e si apprende a gestirle. Le cinque regole che seguono sono state riprese dalla scuola di Anzieu e Martin, che hanno diffuso con successo la tecnica dei training groups in Francia a partire dal 1956. Regole strutturali→Corrispondono alle tre unità del teatro classico: l’unità di tempo, l’unità di luogo e l’unità d’azione; Unità di tempo: il gruppo ha dei tempi precisi: Unità di luogo: lo spazio del gruppo è la stanza in cui si tengono le sessioni. Quello che succede all’interno di tale spazio è l’oggetto del training. Unità d’azione: nel rispetto delle regole di spazio e di tempo, il gruppo può fare e dire liberamente qualunque cosa. Regole di non omissione→Riguardano soprattutto lo staff, che ne deve promuovere il rispetto, soprattutto nei momenti in cui la dinamica di gruppo si conforma a schemi di comportamento e di relazione rigidi. Libertà di pensiero: ogni partecipante può esprimere nella massima libertà tutto ciò che vuole. Regole d’astinenza→Assenza di programma. Lo staff si astiene dalla produzione e dalla messa in atto di un programma.Nel t-group non esistono contenuti, il gruppo è centrato su sé stesso. Relazione staff-partecipanti: lo staff non comunica con i partecipanti o col gruppo al di là dell’unità di spazio. Regole di discrezione→Tutto quello che accade nel corso del training non può essere discusso al di fuori del gruppo. Regola dell’analisi del contro-transfert→Riguarda il ruolo dell’osservatore.L’osservatore non parla mai al gruppo, ma osserva le relazioni gruppali e le interazioni tra i singoli.Il trainer corre costantemente il rischio di allearsi col gruppo e proiettare parti di sé sulle dinamiche in corso. Poiché il transfert ed il contro-transfert derivanti dall’applicazione di questa tecnica sono molto intensi, è importante che il conduttore abbia svolto un percorso terapeutico formativo individuale e di gruppo. Dinamiche Tutti i partecipanti partono alla pari e attraverso il loro investimento emotivo/intellettivo si creano gli eventi. Attraverso il confronto, il mettere in comune lo scambio di feedbacks, l’esercizio del proprio potere (inteso come potenzialità e non come dominio), si può imparare poi a trasformare le proprie abitudini mentali, a “vivere” le situazioni e non a subirle, a non accontentarsi di risposte preconfezionate. Se consideriamo il cambiamento come il passaggio da uno stato ad un altro, e se valutiamo tale cambiamento come la via d’uscita da uno stato critico, allora vediamo come il T—Group abbia un impatto enorme nell’avvio di una crisi, senza la quale il cambiamento viene respinto. Infine, il T—Group ha una grande valenza autodiagnostica: molte persone imparano a conoscere meglio le proprie motivazioni, i propri problemi, i propri bisogni. Le fasi La fine del t-group è spesso vissuta traumaticamente dai partecipanti, sia perché non vogliono scindere il gruppo così faticosamente costruito, sia perché sentono di aver compiuto un’esperienza utilissima, ma non sono in grado di descriverla. Lo staff dovrà progettare un momento di chiusura che promuova la riflessione progettuale sulle trasformazioni avvenute. Molti training group terminano con un’esercitazione in plenaria, durante la quale ogni partecipante elenca su un biglietto anonimo le cose che crede di aver appreso durante il laboratorio. I biglietti vengono poi raccolti dallo staff, mischiati e ridistribuiti. Ai partecipanti è data la possibilità di leggere ad alta voce il contenuto del biglietto in loro possesso. In questo modo, si rende possibile un confronto tra il proprio apprendimento e quello altrui Il percorso adottivo Il gruppo di genitori tra sostegno e valutazione Il termine adottare(ad-optare) comprende in sé la dimensione di desiderio e scelta. Ieri→I bambini abbandonati venivano messi dentro le ruote o in delle pentole per sollevarli almeno da terra e non fargli patire troppo il freddo. Oggi→Il protagonista è il bambino. Funzioni del gruppo di genitori 1.informazione e preparazione (ruolo maturativo) 2.supporto e sostegno (accompagnamento, tutor) dal pre al post 3.valutazione da parte dei professionisti (ambivalenza del ruolo dell’equipe) Fasi e funzione del gruppo 1.gruppo omogeneo ma non unito 1.definizione di obiettivi comuni 1.condivisione, rispecchiamento, contenimento, accoglienza 1.trama gruppale e capacità di accoglienza Pre-affido -stati emotivi e testimonianza- -Percorso pre-affido; -Importanza del tragitto è la consapevolezza delle proprie emozioni ed elaborare attraverso l’aiuto di psicologi; -Difficolta’ in diverse aree per i figli adottivi ESPERIENZE DI MALTRATTAMENTO, ABUSI ED INCURIA SU TUTTI I FRONTI Genitore adottivo cautela attenzione delicatezza L’ESPERIENZA DI GIOVANNINO L’adozione può essere sia nazionale sia internazionale. Adozione nazionale→ adozione di un bambino dichiarato in stato di adottabilità all’interno del contesto giuridico dello Stato Italiano. -incontri bambino/ famiglia presso comunità ospitante del bambino -decreto idoneità(=il giudice decide se rilasciare un decreto di idoneità o se emettere invece un decreto attestante l'insussistenza dei requisiti all'adozione)→affidamento preadottivo(=in Italia ha la durata di un anno,durante tale periodo i servizi sociali territoriali incontreranno la famiglia per valutare la situazione e svolgeranno gli opportuni interventi per favorire l'inserimento del minore nella sua nuova famiglia) -il bambino entra in famiglia, l’assistente sociale, il tutore e i soggetti indicati dalla legge stileranno una relazione da inviare al Tribunale -Decreto di adozione Adozione internazionale→ adozione di un bambino straniero nel suo Paese, rispetto alle autorità e alle leggi vigenti in quest’ultimo -decreto idoneità→Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) e Ente -orientamento verso un Paese grazie agli incontri organizzati dagli Enti -l’autorità straniera invia all’Ente la disponibilità all’incontro con il minore -parere positivo sull’abbinamento inviato al CAI -Art. 4 Convenzione de l’Aja -provvedimento Giudice Straniero→CAI→ ingresso in Italia -affidamento preadottivo→ adozione Gruppo maturativo/di sostegno supporto alla genitorialità “lutto” per la sterilità paure per l’incontro con il bambino spazio condivisione affettiva ed emotiva DIRITTO DELL’ADOTTATO A CONOSCERE LE PROPRIE ORIGINI(legge 184 del 1983) L’art 28 della legge n. 184/1983 riconosce al comma 5 il diritto potestativo dell’adottato ad avere accesso alle informazioni relative ai genitori biologici una volta compiuto il venticinquesimo anno di età, salvo il limite posto dal comma 7, ossia quando la madre abbia dichiarato al momento del parto di rimanere anonima. Raccontare l’adozione L’adozione può essere raccontata attraverso: – verità narrabile(favole,giochi e metafore) – domande(sull’adozione,l’abbandono e le origini) →Non tutti i genitori sono disposti a raccontare ai propri figli la loro origine e le motivazioni dell’abbandono e della conseguente adozione.Motivi alla base: - paura che l’affetto dei figli non sia più lo stesso di prima dopo aver conosciuto i veri parenti. - rifiuto nel riconoscere che il figlio abbia avuto un’altra famiglia prima di quella adottiva. CAPIRE IL PERCHE’ DELL’ABBANDONO E ANDARE ALLA RICERCA DEI GENITORI NATURALI Si insinua nei loro pensieri un chiodo fisso che li porta a tutti i costi a voler capire le motivazioni di questo abbandono.Nonostante le poche informazioni sul loro conto, li cercano in tutti i modi possibili.I figli sono anche disposti,in caso i genitori vivessero lontano,ad affrontare viaggi lunghi pur di incontrare e soddisfare il loro desiderio di risposte. RIPRESA DEI RAPPORTI CON LA FAMIGLIA D’ORIGINE PRO: – famiglia naturale si ricostituisce e si crea una famiglia allargata tra quella attuale e quella naturale. – nel caso più comune il figlio ritrova uno dei due genitori e ci rimane in contatto. CONTRO – i genitori naturali rifiutano i figli come già fatto in precedenza e quindi questa cosa potrebbe nuocere di molto sulla salute psicologica del figlio il quale potrebbe non reggere un secondo rifiuto. POST-ADOZIONE I gruppi di genitori nella fase post-adozione sono lo strumento di lavoro più efficace con le famiglie adottive.Alcune delle finalità di questo intervento sono: – sostegno alla genitorialità – il benessere del nucleo familiare – controllo dell’ansia e dei timori – accompagnamento nell’affrontare determinate situazioni e tematiche – creazione di una rete comunicativa tra partecipanti Definire un gruppo – obiettivi specifici – contenuti – conduzione Struttura ed organizzazione → Età; Tempo trascorso dall’arrivo nella famiglia adottiva; Specifica difficoltà del bambino; Provenienza del bambino. Il gruppo e la gruppalità nel web Psicodinamica del cyberspazio - Nuova dimensione dell’esperienza. - Web 2.0, visione dell’ online come luogo. - Sherly Turkle e l’online. “Insieme ma soli” - Guignard e i criteri metapsicologici guida. Suler individua diverse dimensioni del cyberspazio: – Identitaria: mostrare alcune parti del proprio sé reale. – Sociale: combinazioni relazionali online. – Di interazione: livello di partecipazione dell’individuo nell’online. – Testuale: linguaggi narrativi. – Sensoriale: web 3.0. – Temporale: tre tipi di comunicazione. – Reale: ambiente online in relazione con la realtà offline. – Fisica: scissioni o integrazioni del rapporto mente-corpo. GRUPPALITÀ ONLINE – La psicoanalisi di gruppo porta ad evidenziare alcune tematiche che riguardano il web. – Freud si chiedeva come la dinamica della massa influisse sulla vita del singolo. – La prima forma di legame emotivo tra individui è l’identificazione. – Longo si occupa del Psyco-media distinguendo diverse forme di gruppalità mediatiche. Il web come teatro del disagio contemporaneo Il malessere online può avere diverse forme associate ad un uso problematico di internet, causando delle conseguenze a cascata. Un fenomeno contrario all’autopromozione è l’ Hikikomori che comporta il confinamento domestico con l’interruzione dei rapporti sociali al di fuori di casa. Le Cyberviolence sono forme di violenza online che rendono invisibile alla vittima il suo perpetuatore cosicché la violenza diventi ancora più morbosa. E-COMMUNITY COME DECLINAZIONE CONTEMPORANEA DELLA PSICOPATOLOGIA – Pro-anoressia (1990 Stati Uniti) →Rischi: disturbi alimentari – Gruppi online – Autolesionismo→Non suicidar self-injury – Ambiente psicotecnologico e i suoi obiettivi – Blog self-injury – Ambienti online→Diminuzione isolamento; Normalizzazione condotte autolesive. GLI ILLNESS E HEALTH BLOG – Online – E-community →Illness blog – Online con la pandemia – Scrittura per la salute fisica e mentale – Patient blog – Blog → Sclerosi multipla; Cancer-blog La clinica dell’online tra deviazioni e trasformazioni Gli Stati Uniti sono stati il luogo in cui ha preso maggiorente forma la psicoterapia online psicodinamicamente orientata.Lo strumento tecnologico può essere pertanto definito un "e-third" della relazione psicoterapeutica, inteso come presenza costante multivalente.Nel dibattito in seno alla SPI, Società Psicoanalitica Italiana, è stato proposto un utilizzo dell'online "temporaneo".Le psicoterapie di gruppo online non sembrano adatte a tutti i pazienti.Lo stravolgersi del setting come ambiente depositario di elementi invarianti "not changing", fonti di stabilità genera nuovi processi e configurazioni gruppali.Gli elementi "scenografici" caratterizzanti il setting, risultano inutilizzabili, per cui Weinberg sottolinea che fare terapia di gruppo online equivale a svolgere delle sessioni su uno sfondo trasparente, intenzionalmente ignorato.La ricerca sulle psicoterapie di gruppo ha mostrato che per quanto riguarda l'alleanza terapeutica, il setting online preserva la possibilità di costruire obiettivi e compiti condivisi, mentre dubbio rimane il discorso sul possibile instaurarsi di una buona qualità della relazione.Riteniamo che la cultura degli schermi possa essere messa al servizio dello sviluppo se si terrà fermo un pensiero per immagini, un linguaggio in cui le immagini siano al servizio dell'immaginario, come nello spazio del sogno.