Psichiatria Clinica e Salute Mentale PDF - Disturbi Mentali, DSM

Summary

Questo documento tratta la psichiatria clinica e la salute mentale, esaminando modelli di approccio, strumenti diagnostici come il DSM e le classificazioni dei disturbi mentali. Si discute l'importanza della valutazione e della visita, i criteri diagnostici e le diverse tipologie di disturbi.

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PSICHIATRIA CLINICA E SALUTE MENTALE È una branca della medicina, in cui segni e sintomi vengono rilevati tramite il “colloquio”. Ci sono poi i cosiddetti “test psicometrici” che servono a dare un’indicazione di come è strutturato il carattere/personalità di una persona. Questa branca studia la psic...

PSICHIATRIA CLINICA E SALUTE MENTALE È una branca della medicina, in cui segni e sintomi vengono rilevati tramite il “colloquio”. Ci sono poi i cosiddetti “test psicometrici” che servono a dare un’indicazione di come è strutturato il carattere/personalità di una persona. Questa branca studia la psiche che tuttavia è nascosta immisurabile e risiede nel cervello. Esiste però un rapporto stretto fra cervello e psiche, infatti alcuni sintomi psichici possono dipendere non per forza da patologie psichiatriche ma da altre cause (neurologiche, metaboliche ecc). NB. La diagnosi psichiatrica viene fatta solo una volta escluse patologie di tipo medico. (Bisogna valutare aspetti organici in primo luogo) Modelli I modelli sono le modalità con cui ci si approccia alla patologia psichiatrica. 1) Modello Medico-Biologico (Cervello - Mente), l’approccio è farmacologico e ha come obiettivo la correzione dei sintomi. 2) Modello Psicologico, afferma che la causa della comparsa di patologie psichiatriche sia da attribuire all'ambiente psicologico in cui vive e ai traumi che il paziente ha avuto. L’approccio è la psicoterapia. 3) Modello delle Relazioni Sociali, ritiene che società che nel suo mutare scateni la patologia psichica. L’approccio tenta il reintegro per quanto possibile all’interno della società. Il modello attualmente considerato comprende tutti e tre e viene definito Modello Bio-Psico-Sociale. Modello Bio-Psico-Sociale Questa visione più “olistica” ritiene che i disturbi nascano principalmente da una vulnerabilità di tipo biologico (prevalentemente dei sistemi neurotrasmettitoriali) su cui agiscono fattori psicosociali e traumatici per cui l’intervento comprenderà, a seconda delle situazioni, tutti i tipi di approcci (con tuttavia, se necessario, più prevalenza di uno sull'altro e viceversa) e questo è il motivo per cui non viene escluso un modello su un altro. Strumento medico per formulare la diagnosi Viene utilizzato il manuale : Diagnostic and Statistical Manual for mental disorders. Il DSM è uno strumento di classificazione dei disturbi mentali. I criteri diagnostici sono costituiti dalla descrizione di una serie di sintomi necessari per fare diagnosi; essi possono essere sia di inclusione, sia di esclusione, e in genere viene specificato un numero minimo la cui presenza è necessaria per la diagnosi. L'approccio del DSM è ateorico, adotta cioè un approccio non eziopatogenetico, ma descrittivo e il più possibile ateoretico nei confronti del disturbo mentale. DSM I - 1952 DSM II DSM III DSM III R DSM IV DSM IV TR DSM V - 2013 DSM V TR - 2022 Le ultime due versioni (attualmente in uso) eliminano il sistema multiassiale usato fino al 2013 Un sistema multiassiale prevedeva la presenza di assi diversi, ognuno dei quali può aiutare il clinico a pianificare il trattamento e prevedere l'esito. ASSE I: DISTURBI CLINICI (bipolarismo, disturbo ossessivo compulsivo ecc) ASSE II: DISTURBI DI PERSONALITA' + RITARDO MENTALE (affezioni della personalità, quindi del carattere- temperamento) ASSE III: CONDIZIONI MEDICHE GENERALI ASSE IV: PROBLEMI PSICOSOCIALI E AMBIENTALI ASSE V: VALUTAZIONE GLOBALE DEL FUNZIONAMENTO DSM V Le patologie vengono valutate per categoria diagnostica e viene anche stabilito un cut-off (numero minimo di sintomi che ho per poter fare diagnosi). È un sistema descrittivo, ateorico, ateoretico. Aspetto negativo: è piuttosto sterile poiché non tiene conto di altri fattori influenzanti (metabolici per esempio) nel verificarsi dei sintomi. NB. Il DSM V è utilizzato in tutto il mondo, da tutti gli psichiatri. La psichiatria È una disciplina che studia la psicopatologia, quindi le dimensioni psicopatologiche, formula la diagnosi e cura il disturbo. A volte trasversalmente alle diagnosi psichiatriche appaiono delle alterazioni psicopatologiche che sono spesso ricorrenti. Alcune alterazioni sono comprensibili per quanto riguarda la sua eziopatogenesi (es. Depressione - Può essere riscontrata in chiunque abbia provato nella vita uno stato di tristezza intensa per un qualunque motivo). Altre invece, come la psicosi, non sono comprensibili o comunque logicamente non deducibili (allucinazioni o deliri). 1 Valutazione e visita Spesso le situazioni che portano la persona all’attenzione del medico sono tre. 1) Il paziente spontaneamente entra in contatto con lo psichiatra per essere aiutato (indice molto importante di consapevolezza) 2) Il paziente non riconosce il suo stesso problema (meno favorevole poichè è stato convinto magari da familiari a farsi visitare) 3) Il paziente ha perso completamente una visione obiettiva di sé (totale rifiuto del trattamento poiché c'è la convinzione di non avere il problema). In quest’ultimo caso il primo approccio è farmacologico (per stabilizzarlo e ridurre l’agitazione) e poi in seguito viene stabilito un contatto. Crisi pantoclastica: Il paziente, in preda all’agitazione, distrugge tutto ciò che gli capita, tipico del disturbo bipolare. Diagnosi psichiatrica, come ci si arriva? 1) Discriminazione tra normalità e patologia nei comportamenti del paziente. 2) Colloquio osservazionale dello stato generale del paziente. Si caratterizza per il fatto che il medico psichiatra pone le domande giuste per indirizzare il discorso ed esplorare la psiche del paziente. Prima ancora del colloquio valuta come si presenta poi la deambulazione, la mimica, la memoria, l’eloquio, il linguaggio (appropriato o no), l’andatura, se è orientato o no, se il pensiero è organizzato o no, coerenza o no, se le idee hanno un contenuto e sono concatenate, se riconosce la realtà, la percezione di sé(allucinazioni/dispercezioni), affettività e umore (Eutimia: umore in equilibrio), ansia psicologica o/e somatizzata. Bisogna ancora indagare se gli istinti fondamentali sono conservati o meno (libido, appetito, sonno/veglia, istinto di autoconservazione) NB. Non sempre si possono coinvolgere i familiari poiché questa scelta spetta al paziente, che, nonostante l’ infermità (conclamata o presunta) mantiene i suoi diritti sulla riservatezza. 3) Altro, al completamento della visita internistica neurologica si eseguono indagini di laboratorio e strumentali ad esempio il dosaggio di ormoni tiroidei, infatti una disfunzione dell’attività tiroidea è spesso causa di sintomi psichiatrici. Abbiamo anche a disposizione test psicodiagnostici e scale di valutazione. Esame obiettivo psichico Si compone di due macro parti da valutare: 1) Stato generale: Valutazione del paziente dal momento in cui entra nella stanza. Valutazione del peso Abbigliamento consono. Cavità orale (per valutare tossicodipendenza/bulimia). Età apparente / età anagrafica. Postura e irrequietezza nei movimenti (segno di disturbo di panico). 2) Attività neuromotoria quindi: o Mimica. Ipermimia, ipomimia (tipica della depressione), amimia (diagnosi differenziale del Parkinson), paramimia (mimica discordante con quanto si sta dicendo) o Comportamento/atteggiamento in relazione con il medico (e disponibilità). o Eloquio. Esistono disturbi quantitativi (logorrea / mutacismo/ bradifasia / tachifasia ) e qualitativi, in cui avro ad esempio verbigerazione (ripetizione di frasi o parole in modo continuo), eloquio circostanziato (discorso privo di contenuto ma estremamente articolato e ricco di dettagli), neologismo (termini inventati), ecolalia (il paziente ripete quanto detto da chi sta parlando), aprosodia (il tono del discorso è sempre uguale e monocorde). o Stato di coscienza, quindi se è in uno stato di lucidità, orientatezza, sopore/vigilanza. o Iperattività, in particolare un incremento dell’attività finalizzata in cui i movimenti del paziente hanno uno scopo preciso, ma vengono eseguiti con estrema rapidità (sia in ambito della gestualità che in ambito lavorativo o nel tempo libero) o Agitazione: ipermotilità non finalizzata (tamburellare, schioccare le dita, sfregarsi le mani...) o Acatisia: sindrome delle gambe senza riposo. NB. L’ecolalia e il neologismo sono alterazioni tipiche di disturbi schizofrenici. Funzioni cognitive Memoria: funzione che permette di richiamare le informazioni immagazzinate. Le amnesie possono essere classificate come retrograda, anterograda, di fissazione, working memory, amnesie puntiformi (legate a specifici eventi ad es. traumi psicologici). Nel delirium posso avere disturbi della memoria, che sarà frammentata e, nelle lacune (ovvero i buchi di memoria), ci sarà un riempimento con falsi ricordi. In alternativa, nelle fasi di delirium, possono esserci riempimenti per confabulazione (ovvero quando durante un racconto, nel tentativo di collegare i pezzi, il paziente parla di cose che non c’entrano niente). 2 Attenzione: è la capacità di concentrarsi su parti dell’esperienza specifiche. Possono insorgere: distraibilità, disattenzione selettiva, ipervigilanza, iperprosessia). Può rivelarsi deficitaria in molte patologie (ad es. disturbi d’ansia e fasi maniacali): Il paziente sarà facilmente distraibile e non riuscirà a fissare l’attenzione. Riguardo al declino delle funzioni cognitive, un esempio particolare è quello della depressione, nell’ambito della quale si parla di pseudodemenza (riscontrabile anche in episodi depressivi moderati). In questi casi, l’impatto sulle funzioni cognitive è importante: il paziente avrà difficoltà a ricordare, a concentrarsi, e ne sarà consapevole, con conseguente timore di essere diventato demente. È definita "pseudo" perché i sintomi cognitivi sono simili alla demenza, ma comunque reversibili una volta ripristinato un tono dell’umore equilibrato. La demenza è invece progressiva. Percezione: permette di elaborare stimoli fisici in informazioni psicologiche, permettendo i rapporti con il mondo esterno. Le alterazioni da ricordare sono illusioni e allucinazioni. L’illusione è definita come una percezione distorta di un oggetto esistente, e non è sempre patologica. Nell'allucinazione, invece, manca l’oggetto percepito: è quindi un plus percettivo, lo stimolo esterno non esiste. Le allucinazioni sono sempre patologiche e possono essere uditive, visive, olfattive, ecc... Una terza alterazione della percezione è la pseudoallucinazione, definibile come un pensiero che prende voce, una sensazione interna che si presenta come una voce che viene dal paziente. Viene criticata, identificata dal paziente come un pensiero che prende voce (ad es. il paziente non si sente bravo in qualcosa e la sensazione viene verbalizzata). Ci sono poi le allucinosi, legate a condizioni organiche neurologiche, (ad es. nelle demenze), dove il paziente sente voci ma sa che queste non esistono. Ad es. l’allucinosi alcolica, da uso cronico, è di tipo visivo (con visione di insetti = microzoopsie). Pensiero: può essere alterato per forma o per contenuto. Sono fondamentali due alterazioni del contenuto: ossessione e delirio. L’ossessione può essere un’idea, un’immagine, una parola estremamente intrusiva, che il soggetto è costretto a subire, con conseguente ansia. La caratteristica fondamentale dell’ossessione è che è egodistonica: l’idea viene quindi riconosciuta dal paziente come prodotto della propria mente e non vi aderisce. Nel delirio, al contrario, il paziente crede fermamente in quell’idea (falsa) e lo definiremo quindi egosintonico. Possiamo classificare i deliri in: - primari: non sono generati da condizioni particolari (ad es. quelli psicotici e schizofrenici con deliri di persecuzione) e sono preceduti da umore predelirante; - secondari: nascono a partire da alterazioni cliniche (ad es. il delirio di rovina nel pte con episodio depressivo maggiore. Qui, la sintomatologia depressiva si “sgancia” dalla realtà manifestandosi, in alcuni casi, come delirio di rovina ed è un delirio secondario ad un’alterazione dell’umore). Contenuti del delirio: depressivi, di grandezza, gelosia, mistico, di persecuzione... Le alterazioni di forma del pensiero riguardano il modo in cui le idee si susseguono e sono sovrapponibili alle alterazioni dell’eloquio: la forma del pensiero è infatti valutabile da ciò che il paziente ci dice, in quanto riguardano la struttura del flusso del pensiero. Le possibili manifestazioni (sintomi positivi di flusso) sono: - deragliamento: dove il paziente parte da un punto e apre varie parentesi, tipiche degli episodi maniacali; - tangenzialità: nel rispondere alle domande, il paziente tocca solo marginalmente l’argomento per poi allontanarsi. Anche questa alterazione è riscontrabile in ambito maniacale; - circostanzialità: presentazione di idee molto articolate, ma dal contenuto povero. Nell’eloquio circostanziale il paziente non viene al dunque; - incoerenza: l’idea che segue contraddice la precedente; - assonanza: l’idea che segue richiama il suono della precedente. Il paziente stabilisce dei legami tra i suoni delle parole e non tra i contenuti; - allentamento dei nessi associativi: prosegue sino a quando i nessi saltano completamente. Ne consegue la cosiddetta fuga delle idee (anche questa tipica degli episodi maniacali), dove il pensiero va talmente veloce che non è riproducibile tramite l’eloquio. A noi sembra illogico ma il paziente segue il suo filo. - sintomi negativi di flusso, ovvero bradipsichismo: velocità di pensiero rallentata e conseguente povertà di eloquio, sino al blocco delle idee. Riscontrabile ad es. nella depressione grave, dove aumentano tempi di risposta. Umore e affettività: l’umore è un’emozione pervasiva che influenza la percezione del mondo da parte del soggetto. Quando si è in una situazione di equilibrio parliamo di eutimia, dove il soggetto reagisce in modo equilibrato e flessibile ai cambiamenti. Nei disturbi dell’umore, invece, si può osservare rigidità rispetto ai cambiamenti repentini e difficoltà di adattamento. L’umore potrà rivolgersi al polo negativo, e sarà allora definito deflesso, o depresso; o al polo positivo, e potrà essere espanso, o maniacale, e/o irritabile, disforico. Ansia: si tratta di un sistema di allarme. Può manifestarsi sul piano mentale, e/o somatico, legata quindi al SN neurovegetativo. La parte somatica si manifesterà con aumento della frequenza cardiaca/respiratoria, aumento della pressione arteriosa, aumento della tensione muscolare, ipervigilanza, tutte tipiche della reazione di lotta o fuga. Le manifestazioni psichiche sono invece caratterizzate da un costante stato di allarme, disagio, apprensione, sino al senso 3 di terrore, di morte imminente e di perdita del controllo. I possibili sintomi cognitivi dell’ansia sono la derealizzazione e la depersonalizzazione, i quali che si manifestano con la sensazione di essere estraniati dalla realtà circostante, sensazione di dissociazione e depersonalizzazione. Istinti fondamentali: - alimentazione e appetito, con iporessia e iperfagia - libido, aumenta o si riduce - sonno: dall’insonnia all’ipersonnia - autoconservazione: idee di morte e propositi anticonservativi Critica di malattia: capacità di insight, ovvero consapevolezza della malattia. Può esserci negazione, consapevolezza della malattia, attribuita però ad altre cause, insight intellettivo ed insight emozionale. Disturbi dell’umore La depressione maggiore ricorrente è il disturbo più frequente. In generale, i disturbi dell’umore si dividono in unipolari e bipolari. Nei bipolari si ha un’alternanza tra fase depressiva, con umore rivolto al polo negativo, e fasi di umore rivolte invece al polo positivo. Nei disturbi unipolari il tono dell’umore è rivolto solo al polo negativo. I disturbi unipolari sono più frequenti nelle donne (depressione maggiore); nell’uomo, incidenza lievemente maggiore per disturbo bipolare, soprattutto quello di tipo 1. La depressione maggiore esordisce difficilmente prima dei 30 anni (picco attorno ai 20-30), mentre il disturbo bipolare ha esordio precoce (già in adolescenza si manifestano sintomi prodromici), entro i 18 anni. Eziopatogenesi Disturbo bipolare: grande ruolo della componente biologica/genetica (80% del peso): è quindi un disturbo ereditario. Solo il 20% delle cause di insorgenza è legato ad elementi psico-sociali. Rischio sino al 15% nei familiari primo grado. Un altro disturbo ad impronta biologica è la schizofrenia. Depressione maggiore: potere genetico del solo 40% con grande ruolo attribuito all’elemento psico-sociale. Rischio del 4-6% di insorgenza in familiari di primo grado. Nella valutazione e diagnosi dei disturbi dell’umore è necessario tener conto di due prospettive: quella trasversale, dove valuto il momento attuale, ovvero quello in cui incontro il paziente, e quella longitudinale, dove indago la sua storia ed eventuali episodi passati analoghi. Al momento della valutazione trasversale potrò così individuare un episodio in corso, depressivo o maniacale che sia, ma non potrò fare diagnosi perché un solo evento depressivo non è sinonimo di disturbo depressivo maggiore ricorrente. Si rende necessaria di conseguenza l’adozione della prospettiva longitudinale, tramite la quale potremmo scoprire, ad esempio, che due anni prima il paziente ebbe un disturbo maniacale (la diagnosi, a questo punto, sarà per forza di cose quella di disturbo bipolare). In sintesi, per fare una diagnosi di disturbo, occorre adottare la prospettiva longitudinale, la quale permette di individuare episodi analoghi o contropolari. Nel caso di un paziente che affronta il primo episodio depressivo della sua vita, potrò fare esclusivamente una diagnosi di episodio depressivo maggiore. Sarà quindi necessario un follow up stretto e la valutazione della necessità di terapia, in corso della quale valuterò miglioramenti e peggioramenti, ciclo sonno-veglia, eloquio. Qualora emergano sintomi che tendono verso il polo positivo, sospenderò la terapia, in ragione del sospetto di un disturbo di tipo bipolare. Episodio depressivo maggiore In prospettiva trasversale, si parla di episodio depressivo maggiore se, per almeno due settimane, si manifestano: - umore deflesso; - anedonia; Sono da tenere in considerazione le conseguenze di queste manifestazioni sul funzionamento dell’individuo nei vari ambiti, ad es. relazionale. Umore depresso e anedonia (per almeno 15 giorni) sono due elementi imprescindibili per la diagnosi. Il valore temporale di due settimane è invece importante per distinguere le situazioni patologiche da quelle fisiologiche, che tutti hanno vissuto. L’episodio depressivo maggiore è inoltre caratterizzato da: - frattura nel continuum del paziente: l’umore cambia in modo deciso; - uno stato diverso dai normali livelli di tristezza e non correlabile ad evidenti fattori scatenanti; - compromissione del funzionamento; - vissuti pessimistici, autosvalutazione, desiderio di morte sino a propositi anticonservativi; - appetito, solitamente ridotto, con conseguente calo del peso corporeo. Esistono inoltre delle forme di depressione atipica caratterizzate dall’aumento dell’appetito e quindi aumento del peso corporeo. L’episodio sarà definito come “depressivo maggiore con caratteristiche atipiche"; - sonno: insonnia, che a volte può anticipare la depressione, può essere di tipo iniziale (difficoltà a prendere sonno), terminale (risveglio anticipato) o mista. Esistono anche casi di ipersonnia, che vanno a configurare, anche in questo caso, degli episodi depressivi maggiori con caratteristiche atipiche; 4 - rallentamento motorio, reattivo, dell’eloquio. In alcune forme nei giovanili si ha invece agitazione per via dell’associazione con la sintomatologia ansiosa. L’episodio depressivo maggiore, inoltre, si manifesta acutamente e con maggior prepotenza in termini di sintomi durante la mattina, per poi attenuarsi con il trascorrere della giornata sino ad una sintomatologia serale di tipo lieve. Si tratta di un andamento tipico ma non obbligato, che dipende ovviamente dal caso. Nei casi gravi è comunque spesso presente questa sorta di andamento circadiano, e ne troviamo conferma nei tassi di suicidio, che sono alti soprattutto al mattino. I sintomi hanno inoltre andamento stagionale: se la depressione è ricorrente, potrà essere scaturita dai cambi di stagione; se l’episodio depressivo è in corso, i sintomi potrebbero peggiorare. Episodio maniacale All’opposto dell’episodio depressivo si colloca quello maniacale. La durata dell’episodio depressivo si esprime in mesi (senza trattamento si arriva sino a 6 mesi - 2 anni); quello maniacale è invece un episodio di breve durata, anche in ragione delle energie necessarie al sostentamento di questo stato (il paziente non si sente mai stanco ed è sempre in movimento. Possiamo definire un episodio “maniacale” quando vi sono: - sintomi persistenti per almeno una settimana; - umore espanso (polo positivo), con allegria, felicità, sensazione di onnipotenza ma, nell’interazione con gli altri, facile riscontro di nervosismo, irritabilità. Si ha quindi una variazione di umore dall’espanso all’irritabile (disforico); - autostima ipertrofica (opposto della depressione): si sentirà il migliore tra tutti, onnipotente; - elevato flusso di idee, con tachifasia, agitazione psicomotoria, impulsività, sino alla mania, che porta a crisi pantoclastiche; - coinvolgimento in attività pericolose, ad es. guidare a velocità importanti, e rischio suicidio, in questo caso perché, ad esempio, i pazienti pensano di poter volare; - fuga delle idee, distraibilità e loquacità; - ridotto bisogno di sonno Si tratta a tutti gli effetti di un’emergenza psichiatrica: il paziente va ospedalizzato. il paziente con crisi maniacale non soffre di insonnia! Quest'ultima prevede infatti che il paziente non dorma pur sentendosi stanco e avvertendo la necessità. Nell’episodio maniacale o ipomaniacale, invece, si ha un ridotto bisogno di sonno e la mancata percezione del bisogno di riposare. Vi sono poi altri disturbi dell’umore affini a quelli appena trattati. Si definisce “episodio ipomaniacale” quello caratterizzato dagli stessi sintomi di quello maniacale, ma di minore intensità e con minor compromissione del funzionamento. Questo potrà restare tale o, in certe situazioni (ad esempio nel disturbo bipolare di tipo I), evolvere in episodio maniacale. Altra differenza importante riguarda la presenza di sintomi psicotici, presenti solo nel maniacale e MAI nell’ipomaniacale. Sono definiti sintomi psicotici i deliri e le allucinazioni. I deliri possono essere: - congrui al tono dell’umore: ad es. se umore espanso (polo positivo), avrò deliri mistico religiosi, o di grandezza; - non congrui al tono dell’umore: ad es. di persecuzione, quindi l’idea ci sia un complotto in corso ai danni del paziente; - di riferimento: il paziente vede la tv o due persone che parlano e pensa immediatamente che si riferiscano a lui. Anche nello schizofrenico possono esservi i deliri, ma in questo caso il paziente pensa ad es. che parlino di lui per un determinato motivo, con un sottofondo di ostilità; il maniacale pensa che parlino di lui perché sono gelosi delle sue qualità. Altro elemento caratterizzante è la presenza di confusione, ovvero la mania confusa. Si ha un’alterazione dello stato di coscienza, disorientamento e deficit memoria. Non sono per forza presenti nel maniacale e, quando assenti, facciamo diagnosi differenziale tra maniacale e ipomaniacale in base alla presenza di compromissione del funzionamento e necessità di ospedalizzazione: il maniacale è completamente fuori controllo. È inoltre possibile l’insorgenza di episodi con caratteristiche miste, dove ho un episodio ipomaniacale alternato a sintomi depressivi, dove il paziente sente di non valere niente e prova angoscia. Posso avere inoltre elementi ipomaniacali nel corso di un episodio depressivo maggiore. Classificazione del disturbo bipolare secondo la prospettiva longitudinale - Disturbo bipolare di tipo I: presenza di almeno un episodio maniacale, al quale possono associarsi quelli depressivi e ipomaniacali. Se c’è il maniacale, la diagnosi è automatica; - Disturbo bipolare di tipo II: presenza di episodo depressivi e ipomaniacali, ma MAI maniacali. - Disturbo bipolare ciclotimico: oscillazione, alternanza senza intervalli liberi tra fasi depressive e fasi di sopraslivellamento, senza mai arrivare al livello maniacale. Si tratta di un disturbo bipolare di minore intensità, senza intervalli liberi da sintomi, e rappresenta il corrispettivo della distimia in ambito depressivo, dove si hanno sintomi depressivi ridotti, i quali non configurano un episodio depressivo maggiore e si protraggono per oltre due anni. Vengono di seguito riassunti i disturbi dell’umore trattati, tramite dei casi: l'episodio viene esaminato partendo dalla prospettiva trasversale, per poi passare a quella longitudinale: Caso 1: l’umore, da una condizione di eutimia, va verso il basso, dando luogo, seguendo la sola prospettiva trasversale, ad un episodio depressivo maggiore (EDM). Passando alla prospettiva longitudinale, mi occupo di verificare l’eventuale esistenza di eventi passati di alterazione dell’umore: in caso di riscontro negativo, potrò fare unicamente diagnosi di 5 EDM singolo; invece, nel caso del riscontro di un altro EDM due anni fa, potrò fare diagnosi di disturbo depressivo maggiore ricorrente (DDM ricorrente). Caso 2: situazione di eutimia. Stando alla prospettiva trasversale, l'umore va nuovamente verso il basso, ma non abbastanza per raggiungere i livelli di un EDM. Adottando la prospettiva longitudinale, ci accorgiamo che il disturbo persiste da due anni: possiamo quindi fare diagnosi di distimia. Caso 3: all’analisi longitudinale emerge, a distanza di anni, il susseguirsi di EDM, episodi maniacali, ipomaniacali, e poi nuovamente EDM. La diagnosi è quella di disturbo bipolare di tipo I, giustificato dalla presenza di anche un solo episodio maniacale. Gli archi temporali liberi da sintomatologia (depressiva o maniacale) vengono detti intervalli liberi da sintomi (IL). Rispetto a questo ultimo caso, possiamo anche affermare che l’intervallo di tempo tra un episodio e quello successivo di uguale polarità (ad es. l’intervallo che va da un EDM all’EDM successivo), è importante in quanto, spesso, il ciclo bipolare presenta lo stesso andamento. Di conseguenza, si avrà un ripetersi di depressione, mania e depressione secondo schemi costanti. All’interno di questa ciclicità, sarà necessario individuare quale fase prevale, se la depressiva o la maniacale, al fine di impostare in modo ottimale la terapia. Caso 4, raro: seguendo la prospettiva longitudinale individuiamo l’alternarsi di disturbo maniacale e disturbo depressivo minore. Nonostante l’assenza di un EDM, possiamo fare diagnosi di disturbo bipolare di tipo I: anche se la fase depressiva è più attenuata di un EDM, è comunque presente la fase maniacale. Nel bipolare di tipo 2, invece, ricordare che manca il maniacale; infine il ciclotimico. Depressione maggiore La depressione maggiore va trattata perché il rischio che si ripresenti aumenta rispetto al numero delle ricadute. Va trattato con la terapia se lieve, se è medio o grave con psicofarmaci o anche psicoterapia. Quando ho 3 ricadute, il rischio che se ne verifichi una quarta è del 90%. Per prevenirle: - trattamento con farmaci antidepressivi per almeno 8-12 mesi, se va meglio poi si può ridurre fino a toglierli, se ho un episodio - se più episodi devo fare un trattamento cronico per evitare il rischio di ricaduta Rischio suicidario: Prevalenza dei suicidi portati a termine: 15%. Il principale fattore di rischio associato a suicidio è un precedente tentativo anticonservativo. Es abuso alcolico è uno scopo automedicativo Sono inoltre fattori di rischio abuso alcolico, isolamento sociale Importante che i sintomi vadano incontro a regressione. Trattamento opposto nei disturbi bipolari e unipolari. Disturbo unipolare Depressione unipolare → per DDR, disting, EDM - farmaci con sintomi moderati-gravi → prima scelta SSRI ( es Sertralina, paroxetina, fluoxetina→ nei disturbi del comportamento alimentare, escitalopram, citalopram, fluoxamina. La scelta tra essi si basa sui sintomi del pz). Latenza d’azione perché il sistema serotoninergico ha bisogno di almeno una settimana/un mese per assettare i recettori ed essere quindi efficace. Efficacia si vede dopo 4-6 settimane. Se non ho effetto aumento il dosaggio, se dopo 8 settimane non ho una risposta passo a dei farmaci di seconda scelta - seconda scelta SNRI → duloxetina e venlafaxina - terza scelta→ farmaci triciclici, agiscono su tutti e tre i sistemi neurotrasmettitoriale. Hanno però molti effetti collaterali. ( Amitriptilina, clomipramina= anafranil, usato nel disturbo ossessivo compulsivo ) Interventi di psicoterapia nei sintomi lievi, sono solitamente brevi, 16-20 sedute. Quelli efficaci sono: - CBT→ terapia cognitivo comportamentale - IPT → terapia interpersonale - terapia psicodinamica breve Le prime due sono quelle con maggiore efficacia. Di solito vengono unite al trattamento farmacologico= gold standard Disturbo bipolare Disturbi bipolari MAI antidepressivi da soli. Usati: - stabilizzanti del tono dell’umore per prima cosa→ farmaco che come effetto riporta l’umore in equilibrio senza aumentare il rischio di un episodio contropolare ( episodio maniacale ). Sono il sale di litio→ rilascio prolungato con quindi meno effetti collaterali. Meccanismo sconosciuto.Richiede delle misurazioni prima di darlo, controllare: tiroide, rene e cuore. Chi soffre di ipo o iper tiroidismo deve prima trattare la parte endocrinologica, quindi non è una controindicazione. Nel tempo il litio può provocare ipotiroidismo. L'insufficienza renale è invece una controindicazione perché provoca un danno ai tubuli renali andando a ridurre la filtrazione. Queste due devono essere controllate nel tempo, nei primi mesi molto frequentemente e poi dopo che il pz è stabile si fanno controlli semestrali. Se la persona ha avuto un infarto, 6 scompenso cardiaco o aritmie severe il litio è sconsigliato. Vengono usati quando ho una prevalenza di episodi maniacali. Poi valproato, carbamazepina, lamotrigina→ sono farmaci anticonvulsivanti. Tra questi i farmaci più usati sono: 1 sali di litio 2 valproato → per episodi misti. Fare attenzione al fegato perché sballa le transaminasi 3 lamotrigina→ per prevalenza di fasi depressive. Fare attenzione alla pelle perché dà delle eruzioni cutanee. Può dare la sindrome di Steven Johnson che può portare alla morte Non ci sono dei dosaggi, devono stare in un range ematico. Quindi si fanno dei prelievi in cui guardo la litiemia che deve stare tra 0,6-0,8 mEq, se ho episodi maniacali posso arrivare a 0,8-1 mEq ma non di più perché poi diventa tossico!! Il valproato deve stare tra 50-100 mg/L. All’inizio è da monitorare settimanalmente poi ogni 6 mesi, poi dipende da pz a pz. Il pz deve bere per non avere una concentrazione nel sangue elevata, quindi fare attenzione nei periodi estivi. Fase maniacale Se un pz ha un episodio maniacale acuto gli stabilizzanti dell’umore non vanno bene perché hanno una latenza maggiore degli antidepressivi ( un mese ) quindi sono usati antipsicotici che hanno effetto immediato ( 2 ore ). Usati i neurolettici: aloperidolo= Serenase, clozapina= Enteprim, promazina= Talofen, sono tutte di prima generazione. Sono per le acuzie poi vanno sostituiti per gli effetti collaterali. Sono stati sostituiti da quelli di seconda generazione. Antipsicotici di seconda generazione sono: aripiprazolo→ stabilizzanti dell’umore, olanzapina, quetiapina → per le fasi depressive. Mentre faccio questi farmaci inserisco insieme gli stabilizzanti dell’umore. Fase depressiva Pz bipolare in fase depressiva deve assumere: 1 stabilizzatori 2 usati quando gli stabilizzanti hanno raggiunti la giusta quota nel sangue si possono aggiungere SSRI Quando il pz inizia a stare meglio tolgo gli SSRI perchè terapia basata sugli stabilizzatori. Per i disturbi bipolari sono usati come terapia non farmacologica: - CBT - IPT, usata la terapia interpersonale e dei ritmi sociali perché in questo disturbo il pz deve mantenere dei cicli circadiani più regolari possibili, deve avere un certo numero di ore di sonno e veglia, mangiare alla stessa ora perché si è visti che se ci sono degli insulti a questo sono dei trigger per scatenera distirni maiacali. Ci sono delle scale che valutano questo. - psicoeducazione→ pz deve capire bene cos’è la sua patologia, sapere quali sono i campanelli d’allarme ANSIA L'ansia è una reazione fisiologica deriva dall'attivazione del sistema di allarme che permette di individuare i pericoli e di prevenirli con un'adeguata reazione comportamentale. È un vissuto soggettivo. Reazione d’allarme data dal sistema simpatico. Organismo risponde all'innalzo delle catecolamine con Somatico Psichico Tachicardia Disagio ipertensione Stato d’allarme Aumento frequenza respiratoria Senso di terrore Aumento tono muscolare Individuazione del pericolo Aumento vascolarizzazione muscolare Pianificazione di attacco e fuga Il pz con attacco di panico NON sviene grazie a questo compenso. La persona può avere paura di morire. 3 situazioni: 1. paura→ reazione di allarme determinata da un oggetto e/o una situazione specifica che induce una stessa risposta, anche se di varia intensità, nella maggioranza degli individui che compongono la popolazione di riferimento → reazione oggettiva, di tutti 2. fobia→ reazione di allarme e intenso malessere determinata da un oggetto e/o una situazione specifica che non inducono la stessa risposta nella maggioranza degli individui che compongono la popolazione di riferimento. Il soggetto conosce l’oggetto del suo timore è consapevole che si tratta di una reazione emotiva sproporzionata o immotivata o irrazionale, ma non riesce a controllarla→ reazione che riguarda il singolo individuo 3. ansia→ reazione di allarme e intenso malessere con correlati cognitivi e neurodegenerativi. Ha come contenuto svariati stimoli che si identificano con le abituali preoccupazioni della vita quotidiana. Il soggetto si sente intimorito, spaventato, preoccupato, ma non sa riconoscere una causa precisa DSM 5 classifica i disturbi d’ansia: 7 - disturbo d'ansia di separazione - mutismo selettivo - disturbi di panico - disturbo d’ansia generalizzata - fobia specifica - disturbo d’ansia sociale - agorafobia Disturbo di panico Dato da ricorrenti attacchi panico, tra uno e l’altro c’è ansia anticipatoria→ preoccupazione che possa tornare attaccodi panico. Devono essere presenti da almeno un mese. Nel DSM c’è sempre un limite temporale per classificare le patologie. Attacco di panico = acuzia improvvisa che raggiunge il culmine in 10-15 minuti e poi scema, al max 20 min. Ho tutti i sintomi somatici che riguardano la stimolazione adrenergica (sistema simpatico) e poi sintomi cognitivi→ derealizzazione/depersonalizzazione: sensazione di estraneità rispetto alla realtà o a sé, paura di perdere il controllo, paura di morire. Prevalenza a 12 mesi 2-3%, di più nel genere femminale. Di solito nell'età adulta ( 6 mesi, di cui almeno 1 dei sintomi produttivi se persiste per un mese fino a 6: diagnosi di disturbo schizofreniforme se meno di un mese : episodio depressivo D. esclusione di psicosi affettiva e disturbo schizoaffettivo E. esclusione di sostanze o altre condizioni mediche Sottotipi clinici: - paranoide: avrò una sintomatologia prevalente di tipo positivo, avrò deliri di persecuzione e allucinazione di tipo uditivo. Prognosi buona perché ha pochi sintomi disorganizzati. Esordio tardivo, acuto con deliri, può avere riacutizzazioni, ha allucinazioni concordanti insieme ad allucinazioni uditive (pensa ad un complotto e sente voci che parlano del complotto), possono essere presenti sintomi disorganizzati. - disorganizzata (ebefrenica): prevalenza di sintomi disorganizzati, posso avere sintomi produttivi come deliri e allucinazioni ma quando sono presenti non sono ben strutturati. esordio precoce (20 anni), decorso cronico, possono 11 esserci delle acuzie con sintomi positivi, rischio suicidario elevato (10%), prognosi sfavorevole, presenza di manifestazioni premorbose del disturbo - catatonica: rara, sono presenti sintomi catatonici e meno sintomi negativi e disorganizzati, non ci sono sintomi positivi. Molto grave, evoluzione della schizofrenia disorganizzata, il pz va ricoverato per prevenire e contenere il rischio di acting out che può interrompere lo stato catatonico( il pz ha uno sblocco improvviso ed essere agitato), monitorare le condizioni generali e trattarlo. - residua: sono forme di schizofrenia che sono cronicizzate nel tempo, anche se è stata presente sintomi positivi ora non c'è più e rimangono i sintomi negativi e alcuni sintomi disorganizzati. Terapia 1. trattamento farmacologico: imprescindibile -->AP di nuova generazione: antagonisti della dopamina e serotonina (SDA): clozapina, olanzapina, quetiapina. Agiscono sia sui sintomi positivi che negativi. Neurolettici: antagonisti della dopamina: aloperidolo, clotiapina, bloccano la dopamina in tutto l'organismo provocando effetti collaterali importanti. Peggioravano i sintomi negativi Altri AP di nuova generazione: agonisti parziali e recettori di DH2 e 5HT1a come l'aripiprazolo (disturbo bipolare perstabilizzare l'umore). 2. psico-socio-riabilitativo : aiutano il pz a essere reinseriti nel sociale, svolti nei centri diurni dove ci sono figure sanitarie che fanno attività di gruppo, aperti 5 giorni a settimana, sono di aiuto per varie attività come cura di sé, pulizia, poi ci sono attività come arteterapia, attività per riprendere capacità manuali 3. eventuale psicoterapia supportiva No alla terapia psicodinamica perché non viene riconosciuto il sé. Disturbo delirante e disturbo schizoaffettivo I farmaci impiegati sono neurolettici/antipsicotici di I° gen. (Es. aloperidolo 2/10 mg, clotiapina, promazina (talofen)) e di II° gen. (Es. olanzapina, aripiprazolo, risperidone (sono anche stabilizzatori dell’umore)) Esistono formulazioni Long Acting (o “Depot”) a somministrazione periodica e sono l’abilify (è l’aripiprazolo) e il trevicta. Questa formulazione va somministrata solo una volta stabilizzato il paziente. Sono farmaci usati inizialmente per pazienti poco complianti e poi per pazienti che preferiscono una somministrazione una tantum. Disturbo Delirante Caratteristiche psicopatologiche principali: è un'alterazione del contenuto del pensiero, una falsa convinzione (irrealistica) non sottoponibile a critica quindi un convincimento assoluto riguardo uno o più aspetti della vita. È un’idea che non può essere cambiata o modificata, inoltre è estremamente ben organizzata e articolata (logicamente sensata nella mente del paziente). Non c'è una disgregazione della vita psichica, e perciò è difficile notare la presenza di tale condizione poiché non si manifesta in maniera palese (oltretutto il paziente tende a non parlarne). Possono esserci (in rari casi) allucinazioni, collegate alla tematica delirante ma soprattutto abbiamo la presenza di deliri per almeno 1 mese. Tipi di delirio Erotomanico: delirio centrato sul fatto che altri, anche sconosciuti, sono innamorati del paziente; Grandioso: incorreggibile convinzione di avere grandiosi e non riconosciuti talenti e/o di aver fatto scoperte importanti; Geloso: incorreggibile convinzione che il partner sia infedele. È caratteristico anche di pazienti alcolisti cronici maschi. Persecutorio: delirio centrato su tematiche persecutorie (essere seguito, spiato, avvelenato...) Somatico: delirio centrato su alterazione di determinate funzioni e sensazioni somatiche. Misto. Il tipo geloso e persecutorio sono i più comuni. Equamente distribuito fra i 2 generi, ha una prevalenza dello 0.2%. Il disturbo delirante entra spesso in diagnosi differenziale con la schizofrenia paranoide. La differenza fra le due è che il disturbo delirante a differenza della schizofrenia ha un esordio tardivo in fase adulta (40 anni) e non in fase adolescenziale. Una sua caratteristica, come abbiamo detto prima, è che essendo il paziente fermamente convinto della sua idea delirante, tale idea tenderà a non menzionarla facilmente in un colloquio, infatti una volta conquistata la fiducia del paziente, il terapeuta riuscirà a farsi rivelare i pensieri deliranti che il paziente ha. NB. Altro aspetto importante da menzionare è che non è raro che in concomitanza si sviluppi anche una depressione secondaria, collaterale al disturbo delirante, qualora la condizione porti a un isolamento o alla sensazione che la propria vita stia venendo, in qualche modo, controllata o manipolata volontariamente da altri. Il trattamento è difficile sia dal punto di vista farmacologico sia dal punto di vista del colloquio clinico e tende a cronicizzare. I farmaci di prima linea sono in realtà un’unione di antipsicotici (olanzapina, quetiapina, risperidone ecc) + eventuali antidepressivi e/o ansiolitici con ipnotico induttori (in sostanza farmaci serotoninergici). 12 Disturbo Schizoaffettivo È un disturbo piuttosto raro che fa convivere due disturbi al suo interno: 1)Alterazione del pensiero (schizofrenia) e 2) dell'affettività (disturbi dell’umore). Si costituisce da: Un periodo ininterrotto di delirio e/o allucinazione con sopraslivellamento (o sottoslivellamento) del tono dell’umore + almeno 2 settimane di sintomi psicotici in assenza di alterazione del tono dell’umore. La diagnosi differenziale è abbastanza complessa da eseguire poiché se convivono delirio, allucinazione e tono dell’umore alterato (sovra/sotto slivellato) può essere confuso con il disturbo bipolare con episodi maniacali. Tipologie Tipo depressivo e Tipo bipolare il primo è caratterizzato da episodi depressivi con sintomi psicotici (es deliri) mentre nel secondo si alternano fasi depressive e fasi maniacali con umore in equilibrio ma con deliri e allucinazioni. La prevalenza è dello 0,3% con incidenza maggiore nelle donne. L’esordio è piuttosto precoce e la gravità è “intermedia” fra disturbi bipolari e schizofrenia (è meno grave della schizofrenia ma più grave del bipolarismo). La terapia è basata su stabilizzatori dell’umore come litio e acido valproico + antipsicotici come olanzapina e aripiprazolo, tutto ciò in associazione con antidepressivi (se presenti episodi) anche se si tendono a evitare. Isteria Freud fu il primo a parlarne, infatti il concetto di isteria deriva dalla psicoanalisi ed è definito come un conflitto intrapsichico inconscio fra due delle tre istanze (io, es e super io), in questo caso il conflitto è fra Es (pulsioni, istinti, irrazionalità) e Io (la razionalità). Tale conflitto genera ansia e disagio. Non viene attualmente definita con questo nome nel DSM V ma viene chiamata psiconevrosi. L’isteria è detta Psiconevrosi definita da sintomi somatici. I sintomi sono la manifestazione dei cosiddetti meccanismi di difesa (Sono la parte inconscia dell’Io che usa per difendersi dagli attacchi dell’Es). Alcuni meccanismi sono più maturi e altri meno. Tra i più maturi abbiamo la razionalizzazione e l’ironia e tra i meno maturi abbiamo la proiezione e la rimozione. Quando l’attuazione dei meccanismi di difesa fallisce o non è sufficiente, il conflitto si “riversa” sul corpo con sintomi somatici, in particolare abbiamo i sintomi neurologici, detti anche disturbi conversivi perché l’ansia si converte in un sintomo neurologico senza una base organica, e anche i cosiddetti disturbi coesivi, che abbiamo quando l’ansia trova uno sfogo sul corpo mediante un sintomo puramente somatico. Esempi. Gastrite apparentemente senza una causa (disturbo coesivo), improvvisa pseudoparalisi di un arto (disturbo conversivo). Il fatto che il conflitto si sia spostato sulla sfera “fisica” porta una serie di vantaggi. Vantaggio primario: la consapevolezza dell’esistenza del conflitto interiore non c'è ed è inconscia ma resa sopportabile. Vantaggio secondario: Il fatto che venga somatizzato il conflitto interiore, lo rende visibile esternamente agli altri e questo fatto viene consciamente sfruttato per assumere il ruolo di malato e avere una serie di vantaggi sociali (es. la persona ricerca agevolazioni dal punto di vista lavorativo o scolastico) L’isteria viene scorporata in 3 componenti: - manifestazioni a livello somatico→ disturbi funzionali motori o sensitivi, che riproducono malattie organiche cerebrali (es. paralisi, anestesie, cecità, crisi convulsive→ le simulano ma sono di origine neurologica) senza correlati all'e.o. neurologico. Sono su basa psicologica-funzionale→ un sintomo si manifesta a livello somatico ma è di origine psichica. Disturbi funzionali viscerali (es. spasmo faringeo/bolo isterico, dispepsia, dismenorrea)--> quando sintomi colpiscono altri organi, somatizzo l’ansia - manifestazioni a livello psichico→ dissociazione di una funzione psichica rispetto alle altre es. amnesia selettiva per contenuti mentali inaccettabili → ho in alcuni momenti questo stato di dissociazione di uno stato rispetto ad un altro. Subisco un evento traumatico importante e la mia psiche per proteggersi dissocia la memoria. Fuga dissociativa→ la persona ad un certo punto non sa più come è arrivato in un luogo, può essere dato anche da TIA. Può durare al massimo un’ora. Nella sintomatologia psichica per motivi psichici il paziente non ricorda più il percorso che ha fatto per arrivare in quel punto - manifestazioni personologiche→ personalità istrionica→ disturbo della personalità Questi disturbi nel manuale DSM sono indicati come: - sintomi fisici→ disturbi da sintomi somatici e correlati (disturbo da sintomi fisici, disturbo da ansia di malattia, disturbo di conversione) - sintomi psichici→ disturbi dissociativi (disturbo dissociativo dell'identità, amnesia dissociativa, disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione) - aspetti personologici→ disturbo istrionico di personalità Disturbi da sintomi fisici e correlati Hanno come caratteristica comune la centralità del sintomo fisico→ ho spostato l'angoscia sul soma. Associato a importante disagio o menomazione, presentato e interpretato con modalità caratteristiche→ il sintomo c’è ma la sua preoccupazione legata a quel sintomo è eccessiva. Vale per i sintomi somatici ma non vale per quelli da conversione ( sono neurologici ), qui non ha una preoccupazione eccessiva al sintomo, ha un’indifferenza, 13 questo mi permette di fare una diagnosi differenziale tra un sintomo reale e uno neurologico. Per gli altri sintomi somatici il paziente ha un’apprensione eccessiva quindi inizia a fare il giro di tutti gli specialisti. Caratteristiche dei disturbi : disturbo descrizione Criteri accessori Prevalenza M:F lifetime Disturbo da sintomi 1 o più sintomi fisici Esordio intervista strutturata - MCMI-III (Millon Clinical Multiaxial Inventory) TRATTAMENTO ATTUALE: FARMACOTERAPIA A BASE DI STABILIZZATORI DELL'UMORE, ANTIDEPRESSIVI - Topiramato 100 mg/die - Duloxetina 60 mg/die COLLOQUIO PSICHIATRICO A CADENZA BISETTIMANALE / MENSILE Sedute di PSICOTERAPIA INDIVIDUALE presso curante di fiducia a cadenza settimanale, con beneficio CONDIZIONI CLINICHE ATTUALI: Discreto compenso psichico da circa 2 anni; Buoni il controllo degli impulsi e la gestione della rabbia; Maggiore integrazione dell'identità e stabilità delle relazioni interpersonali; Progressivo miglioramento del funzionamento socio-relazionale e lavorativo. 30

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